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Inchiesta Scuola: vita da precari

Moda Il ritorno degli anni ‘80

Benessere Mi rilasso, dunque sono

In esclusiva Storia di un italiano perbene Intervista a Giovanni Colasante

Anna Lepore

Il prezzo del successo


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sommario

ditoriale di ANNA RUSSO ovrei dire a tutte “ben ritrovate”, ma mi chiedo quante di voi siano andate realmente in vacanza questa estate e quante, invece, colpa della crisi o di cause contingenti, siano rimaste in città a soffrire per il forte caldo estivo che ancora non accenna a diminuire. Settembre però è arrivato e sta anche terminando, nonostante i capricci del termometro, e come è giusto che sia, ogni attività riprende il suo corso abituale. Noi di 6Donna siamo di nuovo, sempre qui, ad offrirvi compagnia con la nostra presenza, rassicurante ma anche innovativa. 6Donna, infatti, dà il via alla nuova stagione autunnale migliorando uno dei suoi vecchi pilastri, il sito web www.6donna.com. Rinnovato nella veste grafica, offre non solo la possibilità di sfogliare la nostra rivista dal proprio computer, ma mette a disposizione delle lettrici un archivio con tutti i numeri precedenti. Un modo per tenere 6Donna sempre a portata di mouse. Ma torniamo nel vivo del nostro magazine. Nell’inchiesta abbiamo affrontato un argomento che già a luglio si preannunciava “caldo” e che a settembre è diventato scottante, cioè la spinosa questione dei precari della scuola. Abbiamo raccolto i sogni, le speranze, le delusioni di alcuni giovani docenti in attesa non tanto della (pur) agognata immissione in ruolo, obiettivo davvero troppo ambizioso a trent’anni, ma almeno di una discreta collocazione in graduatoria e di supplenze lunghe e in luoghi non troppo distanti da casa. Pur di accumulare punteggio. Sì, perché l’immissione in ruolo, e la cronaca nazionale lo conferma, è ormai “roba” da sessantenni, ai quali è concessa l’ebbrezza del posto fisso solo alla vigilia della pensione. Attraverso l’occhio del sindacato Cisl abbiamo esaminato i fattori che stanno determinando tali difficoltà, vagliato le classi di insegnamento con maggiori sbocchi di lavoro e analizzato i nuovi percorsi formativi e di arruolamento. Il personaggio del mese è Anna Lepore, responsabile del Centro Antiveleni, attivo a Foggia da sette anni e salito agli onori della cronaca questa estate per un paio di casi di morsi di vipere. Nonostante non ami sorridere di fronte ad un obbiettivo, è una donna vivace, dotata di ambizione, spirito di iniziativa, ma anche capace di autocritica, dote rara al giorno d’oggi. Concludo con il segnalarvi l’intervista a Giovanni Colasante, l’informatico e consigliere comunale ormai noto in tutta Europa per essere stato arrestato in Svezia con l’accusa di molestie in famiglia. Cosa è accaduto realmente a Stoccolma. Dovrete sfogliare 6Donna fino all’ultima pagina per scoprirlo. Buona lettura.

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4 Personaggio del mese • Anna Lepore Responsabile del Centro Antiveleni 5 Sociale • Asili nido convenzionati: “Le rette non sono aumentate” • Bioetica interetnica e biocrazia cosmica 6 Inchiesta • Graduatorie, Attese, immissioni in ruolo: gli ingredienti di una vita da precari 8 Attualità • La Puglia dice no alla discriminazione femminile 10Benessere • Mi rilasso, dunque sono 11Bellezza • Parola d’ordine, la naturalezza 12Architetto • Voglia di un tuffo in piscina 13Piante • Leggenda e realtà • Vaccini naturali per i mali di stagione 14Moda • Il meglio degli anni ‘80 17Rubriche 22Viaggi • Antigua, isola dei Caraibi 23Esclusivo • Storia di un cittadino perbene


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personaggio del mese

ANESTESISTA E RIANIMATORE CON LA PASSIONE PER I THRILLER CARTA D’IDENTITÁ

ANNA LEPORE

Responsabile del Centro Antiveleni Una vita consacrata al lavoro. Con i figli il segreto è migliorare la qualità del tempo passato insieme

Dirige con grande impegno il Centro Antiveleni di Foggia, l’unico nel suo genere in tutta Puglia e nell’Italia Meridionale (insieme al CAV di Napoli), riconosciuto dal Ministero della Salute e dalla Regione Puglia. Lo fa ormai da sette anni, a seguito di una riorganizzazione della struttura di Rianimazione ospedaliera dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Foggia, che ha portato alla nascita di nuovi settori. Lei è Anna Lepore. Foggiana, 52 anni compiuti di recente, due figli e poco tempo da dedicare alla propria vita privata, è l’emblema della donna che ha consacrato la vita al lavoro. Specializzata in Ane-

stesia e Rianimazione e specializzanda in Medicina del lavoro, insegna essa stessa nelle Scuole di specializzazione. La sua attività predominante rimane però quella di responsabile del Centro Antiveleni. Un’attività impegnativa che le impone la reperibilità totale. “Sono l’unico medico della struttura (mi affianca il personale infermieristico) per cui sono obbligata a tenere il telefono cellulare sempre acceso, senza deroghe. Anche quando esco per una cena o una pizza in compagnia, faccio sempre attenzione a scegliere un locale dove ci sia copertura di rete. Stessa cosa accade durante le festività”. Lei che, prima di dare inizio a questa av-

ventura, aveva frequentato gli altri Centri Antiveleni d’Italia e seguito corsi e master per specializzarsi in materia, vanta una passione per la medicina risalente ai tempi del liceo. “Mio padre era contrario all’idea che io diventassi medico perché nel suo modo di vedere le cose una donna poteva trovare spazio solo nel campo dell’insegnamento. Io però fui più testarda di lui e la ebbi vinta”. Un percorso più facile nelle sue battute iniziali. “Oggi, più di ieri, la professione medica vede impegnate più donne che uomini per cui non fa scalpore vedere una gonna sotto il camice bianco. Le difficoltà, semmai, sorgono quando la

Nome Cognome Nata a Il Professione Hobby Libro

donna si pone obiettivi più elevati di carriera e punta a realizzarli. E’ allora, quando comincia ad emergere, che viene attaccata nella sfera personale e privata, nonostante magari abbia dovuto, per ottenere quei risultati, dimostrare di saperne di più degli uomini. Se poi ha anche il ‘grande difetto’ di essere una bella donna, allora gli attacchi e le insinuazioni diventano maggiori”. Ogni crescita professionale ha dunque un prezzo, pagato anche in famiglia. “So di aver penalizzato i miei figli, prima con i turni in Rianimazione, oggi con la reperibilità ventiquattr’ore su ventiquattro. Mi è capitato più volte di accompagnare

Anna Lepore Foggia 26/07/59 Medico rianimatore Lettura, tutti i thriller

mio figlio a fare compere o di essere con lui nella sua cameretta mentre mi raccontava qualcosa di importante che gli stava accadendo, quando è arrivata una telefonata a cui non potevo non rispondere. E l’incanto si è spezzato. Se mi pento delle mie scelte fatte? No, perché mi hanno permesso di raggiungere determinati obiettivi. Si può fare meglio? Si, ed è quello per cui mi sto impegnando, migliorando la qualità del tempo che passiamo assieme”. Sulla donna che ha assunto come modello nella propria vita non ha dubbi. Maliziosa risponde: “Anna Lepore”.

Per saperne di più Per il centro Antiveleni chiama lo 0881.732326 Il Centro Antiveleni di Foggia si occupa di intossicazioni acute e croniche che avvengono in maniera accidentale o volontaria. Al servizio, funzionante h 24, può rivolgersi chiunque voglia ricevere informazioni sull’uso di determinati farmaci, sull’inalazione o ingestione di sostanze tossiche, sulle punture di animali, insetti di ogni genere e serpenti. I casi

più frequenti di intossicazione registrati presso il Centro riguardano soprattutto l’uso di farmaci e episodi di autolesionismo, più numerosi durante questa estate rispetto a quella precedente. Con il rientro dalle ferie sono poi aumentati i casi di intossicazioni accidentali in casa, soprattutto a carico di bambini per l’ingestione di sostanze tossiche come candeggi-

na e detergenti vari. Anche in agricoltura si segnalano frequenti casi di intossicazione dovuti all’uso di diserbanti senza dispositivi di protezione. Nei giorni 27 e 28 ottobre prossimi il Centro Antiveleni ha organizzato presso la Sala Formedil (via Napoli km 3,800), un convegno di Tossicologia clinica dal tema “Alcool, droghe e disagio giovanile”.


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sociale

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Tutto pronto per l’inaugurazione del nuovo “nido” comunale

Asili nido convenzionati: “Le rette non sono aumentate” L’assessore all’Istruzione Matteo Morlino replica alle notizie di aumenti indiscriminati Risolto il dilemma del “bimbo dove lo metto”. Al fotofinish l’assessore Matteo Morlino stringe la mano ai gestori degli asili nido convenzionati. Sei strutture nelle quali le famiglie potranno spendere il loro bonus: San Francesco-Baby Garden, Scoletta Letizia, Scoletta Gaia, Casa dei Bambini-Maria Montessori, Il giardino di Karol e Pio, Mondo Piccolo. I privati sono in grado di accogliere 280 bambini. Ripartono all’insegna di un salomonico scordiamoci il passato i responsabili degli asili che, pur di ricominciare, dimenticano le pendenze, ma non abbuonano gli arretrati. L’assessore all’Istruzione del Comune di Foggia ne parlerà a quattr’occhi con il sindaco Mongelli anche per garantire pagamenti senza intoppi per l’anno in corso, impegnando in futuro risorse più adeguate per salvaguardare i livelli occupazionali. In verità, a Morlino era venuto in testa di affidare il servizio tramite gara per i prossimi tre anni. Ma se

l’è fatta passare: non è, infatti, possibile fare una stima delle disponibilità finanziarie per il triennio successivo, soprattutto in una città a rischio default. La proposta di deliberazione era pronta a maggio, ma la quinta commissione l’ha rispedita al mittente e ha propinato la delibera precedente. Peraltro, l’approvazione della gara avrebbe comportato altri due mesi di tempo per il suo espletamento, rischiando così di non partire. Il bonus alle famiglie piace anche ai gestori, che lo preferiscono di gran lunga alla gara d’appalto.

Sulla sua scrivania, l’assessore ha il prospetto delle rette, e replica ai detrattori che lo accusano di aumenti indiscriminati. “Le rette degli asili nido non sono state aumentate, la verità è che sono state enormemente ridotte. È questo per venire incontro alle famiglie in un periodo di crisi. Abbiamo preferito agevolare il più possibile le famiglie numerose, le famiglie monoreddito, e quei nuclei familiari che ne hanno più bisogno”. Carte alla mano, legge i calcoli del suo assessorato e parla in soldoni: “Una famiglia di 4 persone, con due figli, uno dei quali da mandare all’asilo, con un ISEE di 41.636 euro, quindi un Indicatore della Situazione Economica Equivalente medio, applicando il quoziente familiare, l’anno scorso avrebbe pagato 269 euro al mese. Quest’anno, la stessa famiglia pagherà 157 euro, 112 euro in meno. E poi ci sono vantaggi per le famiglie numerose: il primo figlio paga la tariffa intera, per il secondo si paga al 50%, per i

successivi non si paga alcuna retta. Le famiglie meno abbienti, con tre figli, pagheranno complessivamente 120 euro, cosa eccezionale in Puglia. Ed è un caso riscontrabile nella realtà, che il Comune ha risolto proprio quest’anno”. Si batte il petto l’assessore Morlino, che rivendica il primato di un sistema nido moderno e presto taglierà il nastro dell’asilo nido comunale, una struttura all’avanguardia. “È tutto pronto, stiamo aspettando che ci sia l’agibilità – garantisce -. È una questione di

giorni. Questo asilo nido sarà uno dei più moderni d’Italia. L’asilo passerà da una capienza di sessanta ad ottantacinque bambini. Abbiamo ristrutturato tutto, ampliato la cucina, il salone che può servire per le proiezioni. Non appena il giardino sarà completato, ci sarà l’orto, un piccolo zoo, un frutteto, per far conoscere la natura e tutto ciò che, vivendo in città, i bambini hanno perso. In tempi di crisi – conclude – siamo riusciti a realizzare una struttura ultra-moderna”. Mariangela Mariani

A lezione di vita con padre Alex Zanotelli

Bioetica interetnica e biocrazia cosmica

“Alla pace non si pensa, i Diritti Umani sono sempre più calpestati” Come recuperare il senso della vita secondo il missionario comboniano

“I Diritti Umani sono fondamentali; bisogna partire dallo studio della Bioetica per capire l’etica della vita”. Con queste parole padre Alex Zanotelli ha dato il via alla lezione introduttiva del corso di Bioetica Interetnica, tenutosi a Foggia venerdì 16 settembre, promosso da “Solidaunia” e dal Centro di Bioetica “Padre Crispino di Flumeri”. L’incontro, che rientra nell’ambito del Terzo corso di Bioetica e che quest’anno tratterà i temi dell’ambiente, della sicurezza sul lavoro, dell’accoglienza, ha avuto come punto fermo il principio che la Bioetica Interetnica, attraverso lo studio dell’etica della vita di tutte le popolazioni, può aiutare a capire gli errori commessi verso le classi più disagiate, evitando comportamenti che peggiorano la situazione del nostro Pianeta. Padre Zanotelli, missionario comboniano, è conosciuto ed apprezzato per la sua lunga permanenza nella baraccopoli di Korogocho, alle porte di Nairobi in Kenya e per il sostegno che ha dato e continua a dare ai più bisognosi, come coloro che popolano il rione Sanità a Napoli, dove attualmente egli vi-

ve. “Chi non soffre non può capire; il dolore è un principio ermeneutico fondamentale”, ha affermato Padre Zanotelli, ricordando la posizione della Chiesa che si schiera per la vita; “tutti i popoli hanno il diritto ad un’esistenza dignitosa. Non bisogna dimenticare che oggi ci sono più di un miliardo di poveri da aiutare e in Africa la situazione va sempre più peggiorando”. Ma l’Africa ha una cultura e una civiltà da difendere; la sua è una povertà sia economica L’intervento di Padre Alex Zanotelli che antropologica. Dal- al convegno sulla Bioetica interetnica la schiavitù al colonialismo, gli africani hanno attraversa- vito verso una maggiore sensibilizto momenti terribili; perfino il zazione dei Comuni in difesa dei laproblema ecologico del surriscal- voratori stranieri e in difesa di ciò damento del Pianeta toccherà il che è fondamentale alla vita delcontinente, innalzando la tempe- l’intera comunità. “Bisogna partire ratura di 3 o 4 gradi e provocando dal locale riappropriandoci degli milioni di rifugiati climatici. Sul- elementi fondamentali alla nostra l’impiego dei moltissimi Africani vita, quali l’aria, l’acqua, la terra ed come manodopera in condizioni di- il fuoco, utilissime fonti di energia”; sagiate Zanotelli ha lanciato un in- risorse da difendere con comporta-

menti corretti verso gli altri e l’ambiente. Ma “non si può parlare di Bioetica dinanzi alle leggi razziste italiane”, parole provocatorie quelle di padre Zanotelli, per smuovere le coscienze in difesa dei valori di uguaglianza che la “stessa Costituzione non riesce a difendere”. Rispetto del Pianeta e rispetto degli altri, forse un’utopia, per il missionario comboniano, in una società dove imperversano interessi classisti. “Dobbiamo recuperare il senso della vita; il Pianeta ha diritto ad essere rispettato quanto l’essere umano. Per una globalizzazione positiva ci vorrebbe una “biocrazia cosmica”. Si spera che nel prossimo convegno del giugno 2012, che si terrà a Rio de Janeiro e a cui parteciperanno tutti i governi in difesa dell’ambiente, si approdi a delle risoluzioni più concrete”. No agli inceneritori, sì alla raccolta differenziata, padre Zanotelli ha concluso il suo intervento invitando ad eliminare i comportamenti sbagliati che devastano il Pianeta e che portano alla sua distruzione. “Che vinca la vita”, ha chiosato, in un clima di commozione generale. Elisabetta Ciavarella

Mensile di attualità e informazione. Registrazione presso il Tribunale di Foggia n° 2/2002 del 26/09/2002 Editore Publicentro Servizi Pubblicitari s.r.l. Direttore Responsabile Anna Russo Caporedattore Angela Dalicco Hanno collaborato Maria Rosaria De Leonardis Maria Grazia Frisaldi Mariangela Mariani Dalila Campanile Elisabetta Ciavarella Irma Mecca Emanuela Cafaro Rubriche avv. Rosangela Loriso avv. Rosa Schena dott.ssa Floredana Arnò dott.ssa Alessandra Mariani dott.ssa Alessandra D’Apolito dott.ssa Maria Grazia Bellantuono dott.ssa Ines Panessa Redazione Foggia Via Tressanti, I trav. (vill. Artig.) Tel. 0881.56.33.26 - Fax 0881.56.33.19 e-mail 6donna@virgilio.it Sito internet www.6donna.com Impaginazione e stampa Publicentro Graphic La collaborazione è volontaria e gratuita. I testi e le foto da voi inviate non verranno restituite. Questo numero è stato stampato in 43mila copie e distribuito gratuitamente a domicilio nella città di Foggia


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inchiesta

Un percorso sempre più in salita per assaporare il

Graduatorie, attese, immissioni in ruolo: Ogni docente una storia. Quando il desiderio di un posto di lavoro corre di pari passo alla voglia di un nucleo familiare proprio Sono i precari più famosi d’Italia. Certo, esistono anche nel mondo della Sanità o del Pubblico in genere, ma quelli della Scuola hanno una storia a sé stante. Lastricata di grandi intenti, anni di studio e condivisibili speranze, spesso infrante di fronte a graduatorie interminabili e a tanti nulla di fatto. Ed è così che, per lavorare e accumulare punteggio, accettano di percorrere chilometri e chilometri al giorno per raggiungere da Foggia il paesino sul Gargano, dal Gargano il paesino sul Subappennino e via discorrendo. Oppure emigrano al nord nella speranza di trafile meno lunghe. Gianna Marcone, CISL

Da tempo l’apertura delle scuole è anticipata da forti polemiche, quest’anno forse rese ancor più aspre dagli ultimi tagli operati dai ministri Tremonti e Gelmini, che da un verso hanno ridotto all’osso le risorse e aumentato l’età pensionabile e dall’altro hanno portato all’aumento del numero di alunni per classe (accorpamento delle classi) e alla conseguente riduzione degli organici. Scelte dolorose ma necessarie, secondo il gover-

no, inserite in un più ampio meccanismo di costrizione che ha colpito, con l’ultima manovra, ogni settore economico e lavorativo del Paese. I sindacati, dal canto loro, hanno reagito ai tagli nella Scuola, ognuno adottando una politica di azione fedele all’indirizzo dettato dalle segreterie nazionali, chi scendendo in piazza a protestare, chi partecipando a tavoli di concertazione. Quest’ultima è stata la strada intrapresa dalla Cisl che invita a non strumentalizzare la difficile ma antica condizione dei precari italiani e ritiene che il risultato delle recenti 67 mila assunzioni a tempo indeterminato per i precari della scuola sia stato un risultato “straordinario”. “La straordinarietà – commenta Gianna Marcone, della segreteria Cisl Scuola - consiste nel fatto che un numero di assunzioni così abbondantemente superiore al turn over non sia stato mai ottenuto nella storia della scuola italiana. Di fatto il numero dei posti di lavoro diminuisce vertiginosamente in una provincia come la nostra in cui il tasso di disoccupazione giovanile è preoccupante”. La situazione, secondo la Cisl, è complessa ed ha radici lontane. “E’ innegabile che tagli all’organico, interventi sull’età pensionabile e tutta una serie di manovre restrittive vanno ad incidere sull’immissione in ruolo dei precari che restano ad affollare le graduatorie. Diminuiscono le opportunità di lavoro per i precari, è vero, ma sta accadendo anche che alcune graduatorie ad esaurimento siano terminate. Ci sono poi docenti che non accettano perché, magari, hanno più offerte perché inseriti in più di una graduatoria, quindi bisogna fare attenzione a non generalizzare. Quest’anno, per esempio, nella provincia di Foggia, tra personale docente e personale amministrativo abbiamo avuto circa

FORMAZIONE E RECLUTAMENTO DEI DOCENTI

Un grande punto interrogativo Il sistema di formazione dei docenti è in fase di cambiamento. Proprio questo autunno partiranno nuovi percorsi abilitanti, i TFA. Spetterà ad Università, Conservatori e Accademie di Belle Arti organizzarli sulla base delle necessità previste dalle regioni per i prossimi tre anni scolastici. Saranno a numero chiuso per evitare l’accrescersi di sacche di precariato che resterebbero in piedi per anni. La loro organizzazione non è ancora chiara: per ogni classe di concorso si prevede un anno di Tirocino Formativo Attivo con accesso attraverso prova selettiva (quiz, scritta e orale). A seguito di un esame finale, sostenuto davanti a una commissione mista composta da docenti universitari, un insegnante “tutor” in ruolo presso gli istituti scolastici e un rappresentante dell’Ufficio Scolastico Regionale (ex Provveditorato) o del MIUR – si otterrà il titolo di abilitazione all’insegnamento. Requisito per l’accesso all’anno di Tirocinio

Formativo Attivo è il possesso del titolo di laurea magistrale e dei crediti previsti dalla classe di abilitazione. A questo nuovo sistema di formazione dei docenti dovrà essere affiancato anche un diverso sistema di reclutamento, sul quale però non si conoscono ancora le caratteristiche. Non si sa se saranno riattivati i vecchi concorsi che assicuravano un titolo di idoneità o se si opterà per un nuovo sistema. Intanto, i docenti che negli anni scorsi hanno ottenuto l’abilitazione con le SSiSS, Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento nella Scuola Secondaria, nonché con i Corsi attivati dai Conservatori e Accademie di Belle Arti la cui durata era di due anni, esattamente il doppio rispetto ai TFA e che per effetto dell’art. 5 bis della legge 169/2008 non hanno potuto accedere alle Graduatorie ad Esaurimento, sono già sul piede di guerra all’idea di dover dividere il percorso di Reclutamento (le graduatorie) con i futuri abilitati.

700 immissioni in ruolo. E’ vero anche che si vede una certa sofferenza dove sono stati fatti tagli agli organici - prevalentemente nella scuola primaria ed in quella superiore- e questo ha dato un segnale non positivo, ma le immissioni in ruolo dipendono da vari fattori. Innanzitutto dalle classi di concorso. Per

esempio, abbiamo appena avuto una settantina di pensionamenti nelle classi di italiano delle scuole medie con altrettante immissioni in ruolo”. Naturalmente bisogna fare una distinzione tra classi di concorso più fortunate e meno fortunate. “Quella dove le chances sono più alte è sicuramente Lettere nella scuola media; di recente vanno bene quella di Francese e di Spagnolo e Matematica nelle Scuola Media, oltre naturalmente al Sostegno; peggio vanno Latino, Greco, Storia, Filosofia e le classi di concorso impiegate nei laboratori delle scuole superiori. Alcune hanno ai primi posti docenti con trecento punti: se si considera che per ogni anno si sale di dodici, si può capire da quanto tempo va avanti il loro precariato. Abbiamo visto gente entrata nei ruoli anche a sessanta anni, in pratica alla soglia dell’età pensionabile”. Le materie più in sofferenza sono soprattutto quelle che hanno meno ore per classe di studenti come Arte, Educazione fisica e Musica. “A fare la differenza è innanzitutto il rapporto offerta – domanda. Se i docenti sono tanti e i posti sono pochi si creano attese di anni prima delle immissioni in ruolo. Per la musica, per esempio, ci sono meno cattedre persino rispetto ai docenti di ruolo per cui anche questi vengono utilizzati su ore residue in scuole diverse, senza una continuità didattica perché anno per anno sono soggetti a spostamenti, chiamiamoli d’ufficio. Figuriamo-

ci cosa rimane per i precari”. Esistono poi altri fattori che incidono sulle immissioni in ruolo. “Anche i tagli recenti, in verità pesanti, del governo, che pure hanno origine da precedenti disposizioni, hanno contribuito attraverso l’accorpamento delle classi e la conseguente riduzione degli organici. Nelle scuole superiori c’è stata anche una riduzione delle ore di lezione. Tra i fattori però c’è anche un decremento degli alunni rispetto agli anni scorsi, decremento registrato, in passato, nelle scuole primarie e che, via via, è andato avanti fino a raggiungere oggi, in pratica, le scuole superiori. I nostri organici hanno come primo termometro il numero delle nascite: se il livello demografico cala, di conseguenza cala anche il numero delle cattedre. Il problema è quindi atavico”. Neppure iscriversi alle graduatorie di altre province sembra assicurare una maggiore tempestività nelle immissioni in ruolo. “Se avessimo la sfera di cristallo magari potrebbe essere utile a indirizzare i precari, ma la scelta di determinate regioni come Lombardia, Emilia Romagna o Veneto non sempre risulta vincente. Negli anni passati, per esempio, in Romagna le domande di immissione in graduatoria si erano mantenute basse a beneficio dei precari in graduatoria; quest’anno invece nella sola provincia di Modena ne sono state presentate 3.500, sicuramente troppe”. Uno scenario di certo non confortante e oggi anche nebuloso a causa delle ultime novità nell’ambito della formazione (sono in corso di elaborazione i cosiddetti Tirocini Formativi Attivi) e che potrebbe indurre i giovani a imboccare strade diverse da quelle dell’insegnamento. “Le scelte che riguardano la vita lavorativa devono essere dettate innanzitutto da una volontà, una predisposizione personale. Io stessa, se avessi dovuto ascoltare i consigli della mia famiglia, oggi non sarei insegnante. Un ragazzo deve partire con l’idea che dovrà affrontare un percorso lungo e che il passaggio dagli studi universitari alla cattedra non sarà automatico. Andrà acquisito un gradino alla volta. E’ un percorso che riserva sorprese, in cui nulla è scontato”. Anna Russo

DATI STATISTICI COMPARTO SCUOLA Immissioni in ruolo ultimi cinque anni - Provincia di Foggia A.S. 2007/2008 Docenti ATA A.S. 2008/2009 Docenti ATA A.S. 2009/2010 Docenti ATA A.S. 2010/2011 Docenti ATA A.S. 2011/2012 Docenti ATA

Totali 804 97 901 342 102 444 84 114 198 Totali 139 86 225 Totali 358 337 695

Sc. Infanzia 111

Sc. Primaria 198

Sc. Media 239

Sc. Superiore 256

Sc. Infanzia 49

Sc. Primaria 69

Sc. Media 137

Sc. Superiore 87

Sc. Infanzia 24

Sc. Primaria 7

Sc. Media 41

Sc. Superiore 12

Sc. Infanzia 14

Sc. Primaria 38

Sc. Media 61

Sc. Superiore 26

Sc. Infanzia 36

Sc. Primaria 53

Sc. Media 180

Sc. Superiore 89


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inchiesta

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gusto di un posto fisso alla soglia della pensione

gli ingredienti di una vita da precari Emma, docente di Italiano e Storia: sul futuro una “spada di Damocle” “Essere un precario della scuola significa trascorrere ogni estate con una spada di Damocle sulla testa”. Emma Gioseffi, 34enne foggiana, da 6 anni vive l’angoscia delle graduatorie, delle convocazioni e degli “spezzoni” da completare. A settembre, la scure del precariato affila la sua lama: oscilla pericolosa, pronta a scagliarsi sul capo di ogni insegnante disposto ad accollarsi ogni giorno chilometri su chilometri pur di raccattare alcune ore di docenza in qualsiasi centro della Provincia. “Ogni giorno si attende il fatidico calendario delle convocazioni – spiega Emma che è laureata in Lettere Moderne ed ha conseguito l’abilitazione SSiSS in Italiano e Storia – e poi, se convocati, bisogna capire se si riuscirà a prendere una cattedra o uno spezzone che, pur di ‘raccogliere’ punti, va bene ugualmente”. Chi ha scelto la strada dell’insegnamento, però, sapeva di andare incontro a tempi duri. “Già ai tempi dell’università avevo capito che la strada per la sicurezza lavorativa sarebbe stata lunga e complicata. Di contro amo il mio lavoro – continua convinta – e ciò che più mi consola e mi gratifica è restare nei cuori dei miei

Emma Gioseffi

alunni ai quali cerco di lasciare un segno”. Passano gli anni e si affievolisce anche il mito della valigia di cartone: “Avevo pensato di trasferirmi altrove, soprattutto quest’anno, quando il ministro Gelmini diede la possibilità di inserirsi ‘a pettine’, con il proprio punteggio, nella graduatoria di un’altra Provincia. Ma poi ho desistito: con una casa ed una famiglia sulle spalle è davvero difficile”. Sul futuro è piuttosto possibilista: “Sono una persona che si dà da fare in diversi ambiti e poi, per quanto la situazione sia ‘nera’, lo scorso anno sono riuscita a lavorare da novembre a giugno, quindi voglio continuare ad essere ottimista e pensare positivo”. Alle matricole intenzionate ad intraprendere il suo stesso cammino, invece, Emma non lascia nessuno spiraglio alla speranza. “Scegliete una facoltà che dia maggiori sbocchi lavorativi e soprattutto non avvicinatevi nemmeno al cancello di una scuola: oggi la gavetta è ancora più dura e si rischia davvero di essere precari fino al giorno della pensione”. Maria Grazia Frisaldi

Attilio, matematica applicata: presente “precario” e futuro incerto Attilio Radogna

Ottocento km più a nord di Foggia la situazione non cambia: stesse ansie e stesse incertezze sul futuro che nemmeno una laurea scientifica, completata da abilitazione Siss e due corsi di perfezionamento post-laurea riescono a dirimere. Lo sa bene Attilio Radogna, foggiano 33enne, insegnante di matematica “emigrato” a Treviso. Convocazioni, graduatorie, spezzoni da completare: cosa significa essere un precario della scuola? “Significa muoversi in una giungla intricata di norme e regolamenti, stare sempre all’erta, anche durante le vacanze estive, portandosi dietro computer e connessione internet perché quello è il periodo clou. Lavorare con uno spezzone significa, vista l’esiguità degli stipendi degli insegnanti (fra i più bassi d’Europa), fare i salti mortali per arrivare a fine mese. Il guaio è che non si può rifiutare nulla, perché si perdono punti fondamentali per scalare la graduatoria e giungere, dopo anni di anticamera, al tanto sospirato “ruolo”. La mia classe di concorso poi, Matematica Applicata, ha subìto tagli impressionanti dalla riforma Gelmini, per cui ottenere una cattedra intera è un “mi-

raggio”. Stiamo organizzando, a livello sindacale, una class action per far valere i nostri diritti, aperta a tutti i colleghi della classe A/48”. “L’esercito” dei precari dovrebbe essere una potenza, eppure non riesce a far valere le proprie ragioni. Perché? “Difficile rispondere senza entrare nell’ambito politico. L’unica arma che noi lavoratori abbiamo è lo sciopero, creare un forte disservizio per costringere chi è “nella stanza dei bottoni” ad ascoltarci. Il problema è che un precario, che lavora poche ore, ha uno stipendio talmente basso che non può concedersi nemmeno il “lusso” di scioperare”. Si è mai pentito della sua scelta? “A volte mi capita di pensarci: se avessi l’opportunità di cambiare oggi, per un lavoro fisso, non ci penserei due volte, perché le prospettive in questo campo non sono affatto rosee. Un tempo, la figura dell’insegnante era rispettata e apprezzata, adesso non è più così”. Come guardi al futuro? “Non in maniera serena. Da un momento all’altro le cose possono andar male e non si lavora. Non è possibile pensare di acquistare una casa o formare una famiglia”. m.g.f.

Alessia, lingue: laurea, SSiSS e Master, tutto nel cassetto

Claudia, pedagogia e psicologia: quando un figlio arriva prima della cattedra

Alessia ha trentatré anni, ed è al suo quarto anno di precariato. Si è laureata nel 2005 all’Istituto Orientale di Napoli, la sua pergamena, con un 110 e lode ben in vista, è conservata nel cassetto esattamente da quel memorabile giorno in cui è stata insignita del titolo di dottoressa. Subito dopo la laurea Alessia ha dovuto sostenere un concorso molto selettivo per poter accedere alla SSISS (Scuola di Specializzazione per la formazione di insegnanti della scuola secondaria), con la speranza che dopo quelle due prove, una scritta l’altra orale, si sarebbero aperti per lei nuovi orizzonti. Risultò vincitrice di concorso, ma ancora due anni e trenta esami mancavano all’alba del suo nuovo giorno. Alessia non ha desistito, ha ripreso in mano i libri e ricominciato a studiare, con tanti sacrifici, soprattutto economici. Dal 2007, dopo l’esame di Stato, Alessia è abilitata all’insegnamento ed è inserita nelle graduatorie permanenti e d’istituto per l’indirizzo di Lingue straniere, ma da allora nel suo curriculum solo qualche breve episodio come interprete presso i tribunali di Foggia e Lucera e poi una lunga serie di espe-

“Mi chiamo Claudia, e all’alba dei miei 40 anni sono un’insegnante precaria”. Poche, ma chiare parole descrivono l’esperienza di una delle tante laureate che negli ultimi anni ha fatto purtroppo del precariato uno stile di vita. “Da circa dieci anni sono ritornata a Foggia, ho vissuto per quasi 7 anni a Bologna dove mi sono laureata in Sociologia, ero fidanzata con un ragazzo di qui, la mia famiglia era qui… insomma questioni personali e sentimentali mi hanno riportata nella mia città. L’insegnamento non era nei miei progetti, ma sono comunque riuscita ad accedere alla SSiSS a Bari, con enormi sacrifici dovuti ai frequenti viaggi e ai notevoli costi! Poi mi sono inserita finalmente in graduatoria per l’insegnamento di sociologia, pedagogia e psicologia, ma le mie prime ed uniche esperienze sono state nel sostegno. Mi sono adattata perché speravo che fosse solo una fase di passaggio, invece no, sono rimasta sul sostegno per 7 lunghi anni, e dallo scorso anno neanche più quello”. Ad un certo punto della sua vita ha dovuto tirare le somme. “A quarant’anni non potevo più aspettare e il desiderio di avere un

rienze ‘precarie’: dal doposcuola a domicilio a guida turistica in piccole località del sud Italia, e da qualche anno, per fare aggiungere qualche punteggio per il posizionamento in graduatoria, ha collezionato tutta una serie di master di specializzazione on line e on site, e qualche cattedra in istituti privati di Foggia e provincia, ovviamente’ a costo zero o quasi, e affrontando comunque notevoli spese di viaggio. Di cattedre per il momento non se ne parla. “Da un anno all’altro tutto cambia – ci racconta Alessia – per esempio lo scorso anno fortunatamente mi è stata affidata una supplenza, ma non per la mia materia, presso una scuola media di Foggia; quest’anno sono ancora in attesa e sinceramente questa cosa non mi fa vivere per nulla tranquilla. Mi trovo al punto di non poter prevedere alcun investimento per il mio futuro, non parlo di metter su famiglia, ma per lo meno di avere delle spese fisse come un abbonamento in palestra o la rata di una macchina. La mia vita è tutta un grande punto interrogativo”. Maria Rosaria De Leonardis

figlio ha avuto la meglio sulla necessità di avere una cattedra tutta mia. Ho deciso quindi di fare progetti personali e, seppur senza certezze per il futuro e con il lavoro da libero professionista di mio marito, mi sono sposata e da qualche mese sono diventata mamma”. I dati parlano chiaro, oggi tre giovani su quattro, in Italia, sono senza lavoro, e quando c’è è per lo più precario. A chi imputare la colpa di tutta questa situazione? “Sicuramente alla Gelmini e agli esponenti dell’attuale Governo che continuano ad applicare dei tagli a scapito dei docenti. Questa figura professionale viene sempre più sminuita, spesso siamo stati definiti anche incompetenti ed immeritevoli, e sulla base della mia esperienza personale posso dire che anche i sindacati hanno fatto davvero poco per perorare la nostra causa. Siamo in tanti, è vero, ma forse avrebbero dovuto gestire prima e meglio la situazione. Gli elenchi oramai sono strapieni, ora c’è solo da attendere e sperare che questa situazione prima o poi si sblocchi. Io nel frattempo continuo a fare la mamma”. mrdl


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attualità

Se ne è discusso in un convegno alla Fiera del Levante

La Puglia dice no alla discriminazione femminile Giovani donne a confronto su diritti, cultura, cambiamento e trasformazione della politica I trent’anni del rapporto ombra CEDAW, Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women) sono stati il tema di un importante convegno tenutosi alla Fiera del Levante di Bari. L’incontro è stato un lungo viaggio all’interno delle politiche di genere femminile, nel nostro Paese come altrove. Giovani donne si sono confrontate sul piano dei diritti, della cultura, del cambiamento e della trasformazione della politica a partire da quel di più e di quell’altro che proviene dal pensiero e dalla competenza delle donne; soprattutto, raccontando le loro sogDa sinistra: Francesca La Forgia e Barbara Spinelli

gettive esperienze, hanno stabilito un contatto profondo ed empatico con chi tra il pubblico di donne e qualche uomo, è accorso numeroso, nonostante la domenica. Presenti donne di spicca del panorama pugliese. Barbara Spinelli, avvocata, giurista democratica, autrice di Femminicidio, ha denunciato “l’assenza di una precisa volontà politica nell’applicare l’art. 51 della Costituzione italiana” e omaggiato l’energia delle donne del Sud che, afferma, “sono una forza per tutto il Paese”. Claudia Signoretti, di Pangea onlus, coredattrice del rapporto ombra, si è soffermata sulla tenacia, costante e trasversale “dei governi italiani nel dimenticare sistematicamente le indicazioni del rapporto”. Significativo il riferimento ad alcuni Paesi africani che hanno utilizzato la Convenzione per promulgare leggi e diritti. Valeria Pellegrino, foro di Lecce, ha raccontato la sua esperienza giuridica in merito alla difesa della rappresentanza politica di donne, ripercorrendo l’ultimo ventennio e puntando lucidamente il dito sulle responsabilità culturali che provengono dai retaggi del patriarcato, sulle resistenze, sulle

paure dell’immaginario maschile rispetto alla libertà delle donne. “Il punto non è il diritto – ha affermato - è una volontà culturale di ignorarlo”. I movimenti, la rete, i comitati, le commissioni di parità sono i luoghi del controllo”. I linguaggi hanno subito una trasformazione, svelando una coscienza femminile, una competenza altra nell’intervento di Serenella Molendini, consigliera di parità della Regione Puglia. Citando Luisa Muraro nella Politica del desiderio ha detto “non sempre il diritto contiene il desiderio”. Non sono le donne ad avere problemi. Pongono i problemi, che non sono delle donne, ma della società”. Nel suo intervento ha ripercorso l’esperienza Pugliese punteggiando il passaggio di leggi che hanno fatto la differenza, come la riforma delle politiche sociali (L.R. 19/06) e la norma sul benessere di donne e uomini in Puglia (L.R.7/07) per arrivare al Piano sul lavoro. “Il lavoro deve cambiare – ha precisato - nel senso indicato dalle donne del Manifesto sul Lavoro della Libreria delle donne di Milano. Il 33% del PIL, se calcolato, è formato dal lavoro di cura delle donne. Se il 60% delle donne lavorasse, il PIL aumenterebbe del 7%. Entità enormi”. Abbiamo cercato di dialogare con differenza e parità andando verso un cambiamento co0me relazione, riconoscimento e riconoscenza dell’autorevolezza femminile”. Magda Terrevoli, presidente Commissione di parità della Regione, ha ribadito: “le leggi non sono tutto, ma sono segni di un forte valore simbolico… Sacconi, affermando che le donne possono, se vogliono, sottrarsi allo strupro, rappresenta l’emblema di una cultura che si deresponsabilizza e che continua a puntare il dito sulle donne. Stiamo puntando su una formazione che proviene dalla differenza femminile. Dobbiamo rompere il substrato culturale che ancora serpeggia, con retaggi misogini, contro la libera espressione delle donne. Partiamo dai media, dalle giornaliste, dai TG. Abbiamo fatto una ricerca sui desideri delle donne perché abbiamo capito che, interrogate sul bisogno - categoria maschile - le donne non rispondevano, ponevano avanti il futuro delle loro figlie, dei loro figli e, alla domanda: Cercate posti di lavoro? Rispondevano sistematicamente, No! Vogliamo un cambiamento”. Ha chiuso i lavori Elena Gentile, assessora al Welfare e Lavoro della Regione Puglia, “I compiti a casa sono molti – ha affermato - ma Un momento del convegno

siamo pronte, e da tempo, a sostenere il processo di cambiamento e di trasformazione che proviene da noi donne. Abbiamo la responsabilità ognuna, nel proprio lavoro e nel proprio quotidiano ad impegnarci e contaminarci a vicenda. I tempi sono duri solo per chi, cavalcando l’onda della paura, approfitta della crisi per consolidare il potere, che per noi è un poter fare, invece. Abbiamo bisogno di solidarietà, accompagnata da un vero rilancio dell’economia. La Regione Puglia ha segna-

to l’impegno a sostenere lo sviluppo dei territori e dell’economia e ha fatto tesoro dell’esperienza delle donne”. Una lunga ovazione ha accompagnato il suo riferimento all’emendamento alla legge elettorale sull’obbligo alla doppia preferenza, uomo-donna, da lei presentata attivando una partecipazione massiccia e trasversale. “Siamo pronte a raccogliere le firme per una legge di iniziativa popolare” conclude, tra lunghi scrosci di applausi. Lina Appiano

FOGGIA, UN NOME, UNA STRADA...

Chi era Antonio Gramsci Via Antonio Gramsci (Ales, Oristano 1891 – Roma 1937) parte da Viale Ofanto e prosegue sino a Viale Kennedy. E’ una strada oggi molto frequentata anche per la presenza degli uffici comunali, universitari e della Questura; inoltre vi sono numerosi punti d’incontro per i giovani. La rinascita del marxismo teorico (19451950) in Italia è preparata attraverso la conversione al materialismo storico di due filosofi che nel 1945 giungono alla loro piena maturità come Galvano Della Volpe e Antonio Banfi, ma è attraverso la pubblicazione (1948 – 1951) dei Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci che diventa un elemento propulsivo della cultura militante italiana. Il 1924 è un anno importante nella vita dello scrittore; entra nell’esecutivo del Partito Comunista d’Italia e diventa segretario generale. In aprile è eletto deputato per la circoscrizione del Veneto; sarà arrestato nel novembre del 1926, in seguito alle leggi speciali del parlamento fascista. L’opera contiene la raccolta delle sue pagine scritte dal 1929 al 1935 e pubblicate postume: Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura, Il Risorgimento, Note su Machiavelli, La politica e lo Stato moderno, Letteratura e vita nazionale. Sulla generazione degli anni cinquanta ha avuto rilevanza, paragonabile solo a quella di Benedetto Croce nel primo decennio del secolo scorso. Opera educativa, non solo politica, con-

tiene qualcosa di più che una teoria del marxismo. Non è l’esercitazione filosofica per i filosofi, anche se l’autore si serve di Marx, riappreso attraverso Lenin, per fare i propri conti con l’idealismo crociano. Con Gramsci il marxismo come filosofia passa da un momento puramente didascalico (essenzialmente dottrinario, anche in Labriola) a quello dell’analisi e della ricerca sul vivo. Non un metodo soltanto, ma una concezione del mondo che aveva determinato una svolta, iniziando “intellettualmente un’età storica che durerà probabilmente dei secoli, cioè fino alla sparizione della Società politica e all’avvento della Società regolata”. Disegna una nuova coscienza del compito dell’intellettuale nella società, capovolgendo la massima di Benedetto Croce, secondo cui l’unico modo di fare politica per un intellettuale è di fare cultura. Egli sostiene che l’unico modo di fare cultura è di fare politica, cioè di dare il proprio contributo a trasformare la società, dal momento che o la cultura serve a trasformare la società, cioè è anch’essa un strumento rivoluzionario, o è un inutile passatempo. Altri uomini di cultura seguono le sue idee tra cui Elio Vittorini che, nel presentare il 19 settembre 1945 il primo numero del Politecnico, parla di una cultura capace di lottare contro la fame e le sofferenze! Rina Di Giorgio Cavaliere


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benessere

Ridurre l’ansia per ritrovare l’equilibrio perduto

Mi rilasso, dunque sono Dalla garden therapy alle tecniche di rilassamento: un piccolo viaggio per riacquistare il contatto con le proprie emozioni ritrovando così se stessi e benessere Davanzali di tutto il mondo, unitevi!”. L’accorato invito che Serena Dandini, nella sua prima fatica letteraria, rivolge ai davanzali, sinteticamente racchiude un messaggio che va evidentemente oltre il prendersi cura delle proprie piante. La grande distensione che può dare il giardinaggio, è un dato certo che gli inglesi ormai da secoli hanno acquisito. Infatti, accudire un essere vivente, vederlo crescere, fiorire e farlo riprodurre può essere uno slancio a favore di una visione della vita più serena e positiva e nel contempo si riesce a godere di un momento di profonda distensione e relax. Tuttavia può accadere che un persistente stato di tensione diventi fonte di veri e propri disturbi come angoscia, insonnia o sovreccitazione incontrollata a cui conviene far fronte in maniera più mirata. Le tecniche di rilassamento possono rap-

presentare una risposta naturale e fisiologica allo stress; esse, infatti, sono uno strumento terapeutico preventivo o curativo che richiede uno sforzo limitato; ben si adattano, inoltre, ad ogni tipo di personalità. Secondo i sostenitori dei diversi metodi, alcuni dei quali privi di prove scientifiche a supporto, tutte le tecniche di rilassamento hanno in comune lo scopo di ridurre l’ansia riportandola ad un livello accettabile, così da ripristinare equilibrio ed armonia e favorire il benessere. In oriente le tecniche di rilassamento sono conosciute e seguite da secoli. In occidente invece, l’interesse per queste tecniche è stato scarso fino agli ultimi decenni, quando si è iniziato a considerare l’organismo costituito dall’interazione tra mente e corpo. Un contributo fondamentale allo studio del rilassamento fu apportato negli anni Trenta dallo psi-

chiatra tedesco Schultz, il quale sviluppò un metodo chiamato “training autogeno”. Concentrando l’attenzione su alcune parti del corpo attraverso immagini e sensazioni distensive, si arriva a non percepire più la sensibilità fisica ed anche la mente comincia a liberarsi dai pensieri continui e pesanti, conquistando così un totale rilassamento. Sulla pressione sanguigna, respirazione e battito cardiaco agisce invece la “musicoterapia”. Il concetto di musicoterapia come disciplina scientifica si sviluppa solo all’inizio del XVIII secolo, ma l’uso della musica a scopi terapeutici è documentato in numerose civiltà del mondo antico. Il paziente soggetto ad ansia o stress può raggiungere uno stato di relax e di calma ascoltando i brani musicali più indicati per lui, individuati e sele-

zionati da un musicoterapeuta. Il “rebirthing” si sviluppa negli Stati Uniti a metà degli anni ’70. Questa tecnica insegna a rallentare il ritmo respiratorio rendendolo anche più profondo per aumentare l’ossigenazione del sangue e favorire l’eliminazione delle tossine. Per quanti preferiscono la tradizione, certamente utili saranno gli esercizi di yoga, disciplina che aiuta a migliorare l’ossigenazione del sangue, regolarizza il battito cardiaco e la pressione scende arrivando così a raggiungere un ottimo stato di rilassamento. In ciascuna tecnica di rilassamento possiamo cogliere l’invito a prenderci un po’ cura di noi stessi, staccando ogni tanto dalla routine quotidiana, sorella gemella dello stress. La cura di sé è sicuramente un’occasione per stimolare dolcemente la nostra mente poiché solo così ha luogo il risveglio delle sue infinite capacità. In questo probabilmente dobbiamo cogliere la grandezza del rilassamento. Emanuela Cafaro


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bellezza

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Capelli: le nuove tendenze della stagione autunno-inverno 2011/2012

Parola d’ordine, la naturalezza

Il ritorno è al cotonato con acconciature dalle linee morbide e bombate L’arrivo della stagione fredda diventa problematico per chi vuole tenere sempre i capelli in ordine. Non c’è infatti, piega che tenga con il vento e l’umidità della pioggia e le donne ormai sono stanche di trascorrere interminabili ore di fronte allo specchio a lisciare la chioma. Ma la moda capelli per il prossimo autunno-inverno è pronta a dare loro una mano dando il via alla naturalezza. I capelli delle donne dovranno essere rigorosamente naturali. Le acconciature saranno morbide, con delle onde lasciate al caso e, per chi ama i tagli lunghi oltre la spalla, lo spunto viene dalla moda degli anni ’70, con chiome lisce dalla riga centrale o laterale, che fluiscono su una spalla. Avremo capelli lunghi e liscissimi in stile hippy oppure onde leggere al livello delle punte. Via libera anche a cerchietti, fiori di stoffa o veri e a fasce stile anni ’50. Per chi ama la frangia, sarà di tendenza portarla ben definita ed arrotondata, abbastanza lunga sulla fronte. Torna nuovamente il trend della frangia dritta e pesante con il capello lungo. Il taglio medio sarà forse il più gettonato, nelle sue tante sfaccettature. Dal liscio al riccio, dal lineare all’asimmetrico, con un effetto finale molto casuale e naturale, l’ispirazione è agli anni ’50 e ‘60, con pieghe ondulate. La frangia, però, nel taglio medio, lascerà il posto ad un ciuffo laterale, lasciato cadere ampiamente sugli occhi. Per quanto riguarda invece, i tagli corti, sarà ancora in auge lo stile mascolino con linee bizzarre e

mai precise e il caschetto anni ‘20. Per i capelli cortissimi è emersa una nuova e divertente variante, una leggera cresta (ma quasi impercettibile) nella parte centrale del capo. Per le acconciature, sarà molto chic lo chignon, da poter sfoggiare di sera su abiti eleganti, nonché l’intramontabile treccia da poter esibire in qualsiasi occasione, dal lavoro alle uscite con le amiche. I capelli andranno rigorosamente cotonati; occorre prima dividere la capigliatura, separando le ciocche da cotonare dalle restanti tenute ferme da pinze o mollette, il segreto è utilizzare un pettine a denti stretti pettinando i capelli al contrario con piccoli e brevi movimenti, dall’alto verso il basso. Bisogna poi aiutarsi a fissare il gonfiore ottenuto con una buona lacca spray. L’ultima ciocca deve essere lasciata più stretta e cotonata pochissimo, lasciata all’indietro a coprire le altre ciocche già cotonate. La bombatura ottenuta potrà essere quindi bloccata con delle forcine.

Per quanto riguarda il colore, anche questo dovrà essere assolutamente naturale, dal biondo chiaro, con riflessi miele, al castano con riflessi tono su tono. No ai contrasti troppo vistosi. Ma anche il colore rosso nelle sue più svariate sfumature, rimane una nuance di tendenza. L’accortezza è nello scegliere tra le tonalità, quella che si addice di più al proprio incarnato e alla forma del viso. Il consiglio è quello di affidarsi ad un professionista che, in base al tipo di struttura del capello, alla tipologia del viso e alla personalità della cliente su cui lavora, riesca a plasmare la linea migliore, non ricercando a tutti i costi immagini stereotipate, ma cercando di personalizzare il più possibile il look di ognuna. Non bisogna mai dimenticare che ogni donna ha delle caratteristiche uniche ed inconfondibili. Elisabetta Ciavarella

Caschetto uno stile, tante forme Per il tabloid inglese Daily Mirror, che gli ha dedicato una pagina, più che un taglio di capelli, è uno stile senza tempo. Il caschetto, o carrè, ha un secolo di vita ma, a dispetto dell’età, viene dato come la pettinatura più cool del momento. Riveduto, a volte reinventato, mai stravolto. Creato in Francia da un parrucchiere polacco, Antoine de Paris, innamorato del look “pulzella” di Giovanna d’Arco, il caschetto rappresentava già nelle sue intenzioni un’immagine femminile moderna e battagliera. Il che, per i tempi, equivaleva a una dichiarazione di mascolinità. Solo più tardi, negli anni ’20, il caschetto diventò un fenomeno moda grazie alle flapper girls che ballavano il charleston con abiti a frange, bocchino e sigaretta sempre accesa. Poi, negli anni ’60, il parrucchiere londinese Vidal Sassoon ne fece un simbolo dell’emancipazione femminile. Lo adottarono Twiggy, Mary Quant (ma anche i Beatles!), Mirelle Mathieu in Francia. Mentre in Italia, il taglio scolpito dai Vergottini fece il suo boom con Caterina Caselli (alias “casco d’oro”) e Raffaella Carrà. Finché, nel 1965, Guido Crepax inventò Valentina, uno dei grandi sex symbol della storia del fumetto. Ultimi avvistamenti? In ordine di lunghezza, partendo dal più corto, le pop star Rihanna e Natalie Imbruglia, più una schiera di attrici, capitanate da Katie Holmes, Eva Longoria…. Victoria Beckham, invece, ha un sito che tiene sempre d’occhio il suo carrè a tre punte. Già, perché ognuna può plasmare il caschetto a sua immagine. In versione multisfaccettata”, per esaltare il colore dei capelli. Oppure riccia e/o pettinata da un lato. L’importante è prendere le misure: se il collo è lungo, i capelli devono arrivare alle spalle. Altrimenti, ad altezza mandibola, per addolcire il viso. Per dare volume, invece, si scalano le ciocche. Quello che conta è il taglio: va ritoccato una volta al mese , poi il mantenimento a casa è semplice.


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architetto

Possederne una, non è più una meta irraggiungibile

Voglia di un tuffo in piscina Oggi il mercato offre numerose alternative per ogni esigenza e tasca Prima di costruire una piscina è necessario verificare la natura del terreno tramite un’indagine geologica. La soluzione ideale è quella di un terreno secco, compatto e ben stabilizzato. Nel caso in cui la piscina verrà usata principalmente da bambini è meglio, per questioni di sicurezza, costruirla non lontano dall’abitazione. In questo caso potrebbe diventare una sorta di appendice della casa, a scapito però di privacy e tranquillità. La posizione ideale per la piscina è quella in grado di assicurare la maggiore esposizione al sole durante la giornata. Attenzione quindi a eventuali ombre proietta-

te dall’abitazione stessa o da edifici circostanti. Da non trascurare è poi la presenza di piante sul bordo della piscina: rischiano di sporcare l’acqua con le foglie, complicando la manutenzione e la pulizia. Infine, è meglio costruirla al riparo dai venti, sfruttando schermature naturali o eventuali protezioni artificiali. Per quanto riguarda le dimensioni una vasca di 16x8 rappresenta la massima ampiezza adeguata a una piscina privata. In ogni caso la larghezza della vasca dovrebbe essere sufficiente ad accogliere due persone affiancate con le braccia aperte, circa 4 metri. In generale,

le dimensioni ideali per una piscina privata sono m 5x10 o m 6x12. Le vasche dalla forma regolare sono più economiche, la manutenzione è più agevole, la circolazione dell’acqua è facilitata come anche la pulizia. INIZIO LAVORI Bisognerebbe programmare in tempo il progetto della piscina che si vuole in maniera da poter dare la commissione all’azienda in ottobre per aver pronto l’impianto in primavera. TECNOLOGIE PER LA COSTRUZIONE: Cemento armato, è la soluzione classica, che garantisce una lunga durata, resistenza statica e la più ampia libertà nella forma. E’ superiore nella qualità, ma anche nei prezzi e con tempi di realizzazioni maggiori. Le tecniche più usate sono il getto tradizionale e il calcestruzzo sparato. Le piscine prefabbricate sono una valida alternativa al cemento armato. In questo caso è molto delicata la fase della messa in opera della piscina: si effettua, su terreni stabili e predisposti con un accurato livellamento, un getto di calce-

struzzo armato, che sarà trattato in modo tale da evitare cedimenti e distribuire la pressione su tutti i lati della struttura. I prefabbricati possono essere in acciaio galvanizzato, acciaio inox o in polimero. Questo metodo, oltre che velocizzare i tempi di costruzione, facilita la realizzazione di piscine di qualsiasi forma e dimensione. RIVESTIMENTO INTERNO E’ dalla qualità del rivestimento delle superfici interne che dipendono la completa impermeabilizzazione della vasca e la facilità di pulizia della piscina. Dal punto di vista puramente estetico, è consigliabile utilizzare le tonalità dell’azzurro, che esaltano la luminosità dell’acqua. Per quanto riguarda invece i materiali molte sono le alternative possibili.

DI ANGELICA RUBERTO

Per i vostri quesiti: 6donna@virgilio.it Tel. 0881.563324

Il mosaico vetroso con tessere simili alle piastrelle di clinker ceramico permette qualunque tipo di decorazione sul fondo della piscina. Telo liner in PVC, fogli di tessuto vinilico rinforzato saldati in opera: la pressione stessa dell’acqua mantiene l’aderenza alla struttura, perciò nella posa è sufficiente evitare la formazione di bolle d’aria tra il telo e la vasca. Le vernici adatte sia nelle piscine a struttura metallica sia in quelle in cemento armato intonacato, rappresentano la soluzione più economica, ma necessitano di manutenzione. LA COPERTURA Le coperture servono a trattenere il calore immagazzinato dall’acqua durante il giorno, soprattutto in estate, permettendo di recuperare 3° - 4° gradi che andrebbero persi giornalmente, e a proteggere l’acqua da foglie, insetti, polvere acc. Può variare dal semplice telo isotermico (opaco e di colore nero o blu scuro) fino alla copertura a tapparella: soluzione più costosa, ma di maggiore praticità e più sicura, infatti questa copertura sopporta pesi considerevoli evitando così il rischio di cadute fortuite di bambini ed animali.


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amiche piante

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Echinacea e Rubiacea, utili e decorative

Leggenda e realtà Usate sin dall’antichità a scopi terapeutici, sono oggi un valido aiuto in campo scientifico DELLA DOTT.SSA MARIA SANTILLO

Fra le tribù indiane d’America, circola, da sempre, la leggenda di una loro principessa che riusciva a guarire le ferite dei guerrieri, alleviava i disturbi dell’apparato respiratorio e digerente, ricomponeva le ustio-

ni, i morsi degli animali rendendo la pelle liscia e compatta. La giovane donna preparava unguenti e polverine, infusi e pozioni, utilizzando fiori, corteccia, foglie e rizomi di piante che lei sola conosceva e che crescevano spontanee nella foresta. Questa voce, rivelatasi poi profonda cultura in campo botanico, non si è persa nel tempo, ma, trasmessa di generazione in generazione, è giunta fino a noi. I nostri studiosi hanno sottoposto i vegetali in questione a rigorosi vagli scientifici che ne hanno convalidato l’efficacia terapeutica allargandone il campo di azione in settori un tempo sconosciuti quale quello delle difese immunitarie. L’esemplare principe di queste ricerche è l’Echinacea che appartiene alla estesissima famiglia delle Asteraceae o Compositae. La sua comparsa sulla nostra terra si perde nella notte dei tempi, e risalendo nei secoli, la si incontra nei trattati del grande Linneo che per primo la individuò chiamandola Rudbeckia in onore del suo predecessore e studioso Rudbeck. I suoi natali ebbero luogo in America da cui si distaccò propagandosi facilmente anche nel Vecchio Continente, per la facilità di adattamento alla variabilità climatica. E’ una pianta erbacea pluriennale, inizia la fase attiva della sua vita nel mese di marzo quando spuntano rosette di foglie di un bel verde intenso, a margine seghettato e rivestite di epitelio peloso. Dal loro centro si erge un consistente fusto di altezza variabile (50-150 cm), ricoperto anch’esso di peli e di foglie. Alla sua sommità si pone una spettacolare infiorescenza simile ad una grande margherita. Dal suo bordo spuntano i fiori sterili, ligulari, simili a leggiadri petali, di colore variabile dal rosa al fucsia,

il loro insieme mima un’appariscente corolla al centro della quale sono inseriti piccoli tubuli fertili. La loro produzione copre un arco di circa tre mesi, da giugno a settembre; in seguito, le sommità si seccano, gli steli si accartocciano, le foglie perdono il loro turgore; si avvicina, così, il riposo vegetativo, fase necessaria per la ricostituzione delle riserve energetiche: in primavera il ciclo della vita riprenderà in tutta la sua magnificenza. L’indubbia bellezza dell’Echinacea, in particolare della varietà purpurea, la pone, anche, nel novero delle piante ornamentali: le aiuole delimitate da bordure di questo fiore o che lo offrono agli sguardi come solitario punto focale, creano una scenografia di grande impatto estetico. Simili alla precedente, non per l’aspetto ma per alcune proprietà curative dei loro derivati, sono gli esemplari appartenenti alla famiglia delle Rubiaceae, diffusi in tutto il globo e particolarmente numerosi nelle zone caldo umide dell’America del sud. In questi luoghi, il clima favorevole determina notevoli differenze morfologiche per cui alcune piante hanno crescita cespugliosa, altre arborea, altre addirittura lianosa come la specie conosciuta col nome di Uncaria tomentosa o Unghia di gatto. Questa denominazione popolare, deriva dalla presenza lungo il particolare fusto a sezione quadrata, di sporgenze acute e pungenti simili agli artigli del felino. A sviluppo completo, raggiunge dimensioni ragguardevoli e inquietanti, ma l’intreccio dei rami spinosi è ingentilito e sdrammatizzato dai grandi e numerosi fiori vivacemente colorati Alle altre latitudini, invece, troviamo facilmente esemplari erbacei esteticamente meno appariscenti rispetto alle specie tropicali, ma pur sempre utilizzati in fitoterapia. E noi esseri pensanti, esponenti della classe superiore, dobbiamo sempre essere grati a madre Natura che ci elargisce questi doni, queste perle rare, supporti validissimi ed indispensabili nella lotta contro i flagelli dell’umanità.

I segreti di Madre Natura

Vaccini naturali per i mali di stagione A CURA DEL DOTT. GIANLUCA D’ALESSANDRO

L’estate è finita e una nuova stagione fredda sta cominciando ad aprire le sue porte. È giunto quindi il momento di cominciare a pensare a come proteggersi dai malanni tipici che si accompagnano all’abbassamento delle temperature. A questo proposito il primo passo è cominciare con i trattamenti immunostimolanti, utili per rinforzare le difese ed evitare di essere coinvolti in epidemie influenzali o disturbi gastrointestinali di origine virale. Infatti, con un sistema immunitario più forte, sarà più difficile ammalarsi o comunque il decorso della malattia sarà più breve. Una delle soluzioni più consigliate è quella offerta dai rimedi naturali, utili a garantire un’ottima funzionalità del sistema immunitario. Sono due le erbe che non devono assolutamente mancare nei nostri armadietti: echinacea (echinacea angustifolia) e uncaria (uncaria tormentosa). L’echinacea è una pianta

originaria del Nord America con proprietà antisettiche ed immunostimolanti; aumenta la capacità dei globuli bianchi di inglobare e distruggere batteri e virus, in particolare aumenta il numero dei linfociti T molto attivi nelle infezioni virali. Studi effettuati dimostrano che l’aumento dei linfociti T dopo l’assunzione di echinacea raggiunge il massimo dopo otto giorni di terapia, per poi rimanere su alti livelli proseguendo la terapia. Questa pianta è in grado di opporsi anche all’azione depressiva sul sistema immunitario tipica di molti antibiotici. È quindi impiegata con successo nelle sindromi influenzali e nelle riniti. L’uncaria arriva dal Sud America, contiene alcaloidi in grado di stimolare la fagocitosi sia da parte dei linfociti T che delle cellule natural killer (NK). Studi dimostrano che l’azione immunostimolante avviene dopo tre giorni dall’assunzione di principio attivo per quanto riguarda le cellule NK e dopo circa due settimane per i linfociti T. Di conseguenza l’uncaria può essere impiegata come un ottimo preventivo immunostimolante per le malattie da raffreddamento delle prime vie aeree. Affinchè si abbiano dei risultati validi, l’echinacea e l’uncaria vanno assunte come estratti secchi per un mese all’inizio della stagione autunnale: andando a rinforzare le difese immunitarie questi due prodotti della natura costituiranno dei veri e propri vaccini naturali.


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Gli anni '80 sono davvero tornati di moda: dalle pagine di Vogue ai video, dai look alle performaces di pop star come Lady Gaga, che dello stile eccessivo, spalline imbottite, vita alta, tulle e pailettes, hanno fatto un marchio di fabbrica

moda

Nuove collezioni: un vento che spira dal passato per

Il meglio degli C’è chi li ricorda con nostalgia. E chi li considera un capitolo definitivamente archiviato. Ma la moda è imprevedibile e la sua costante evoluzione punta dritto verso il revival: quest’anno non si sfugge al ritorno dei mitici anni ‘80. Qualche lettrice potrebbe pensare che sia giunto il momento di rispolverare il pezzo vintage di cui non si è mai voluta liberare; in realtà ciò a cui bisogna guardare è la sua possibilità di essere attualizzato. Infatti, per quanto si ispiri alle tendenze passate, la moda crea inevitabilmente qualcosa di innovativo. I leggings a d esemp i o non sono altro che la moder-

na evoluzione dei fuseaux. In comune con uno dei capi simbolo degli anni ‘80 hanno ancora l’elasticità e l’aderenza, ma, a differenza di questi ultimi, hanno conquistato il ruolo di capo passe-partout. Ideali quando non si vuole indossare un pantalone e si cercano leggerezza e comodità, i leggings sono lunghi fino alla caviglia e i diversi materiali e colori con cui vengono realizzati ci consentono di creare uno stile urban chic mai scontato. In questo caso l’accoppiamento nero lucido e lunghezza fino al ginocchio dei fuseaux è stato decisamente soppiantato dalla nuova alternativa

meno aggressiva e più versatile. La regola basilare che riguarda questo capo così rivelatore è che non va mai indossato senza una maxi maglia o un cardigan che scenda fino a metà coscia. Arriva direttamente dagli anni ‘80 quindi un accostamento strategico per nascondere qualche curva che non si vuole rendere protagonista; oggi tuttavia è ancora più facile distogliere l’attenzione da queste zone critiche: i capi si accendono con tinte che ci permettono di giocare su caldi tono su tono. E l’aspetto castigato e monocorde viene eliminato grazie alla presenza di cinte sottili da stringere in vita o qualche prezioso inserto. Chi non rinuncia alle contaminazioni audaci del proprio look potrà indossare gli skinny in pelle – che lasciano al 1980 la zip laterale – e il chiodo che oggi ha assunto fattezze molto più femminili. Restiamo sempre in un ambito oversize dato che sono tornati alla ribalta il neoblouson con le maniche a pipistrello e le grandi maglie con scollo asimmetrico stile “Flashdance”. Trent’anni fa rappresentavano il massimo della tendenza da sfoggiare nel tempo libero mentre oggi, complici i tessuti preziosi e le stampe animalier, vivo-


moda

una moda che ama ogni volta reinventarsi

anni ‘80 Tornano ciniglia, spalline imbottite e pelle, ma con un’allure tutta nuova no una nuova vita come mise notturne. Le pochette poi, completano da sempre il look e rappresentano un altro caposaldo del passato targato 1980. I materiali innovativi e le stampe inaspettate come il pitonato, rappresentano la frontiera della modernità in fatto di borsette. Onnipresenti nei capi anni ‘80 erano le spalline: eccole rispuntare per dare vita ad una silhouette squadrata che ben si abbina ai volumi ampi di giacche e cappotti (e solo su questi) che quest’anno ci avvolgeranno fino alla caviglia. Su quest’ultima poi si canalizza l’attenzione grazie al risvolto del jeans e agli ankle boots, tronchetti rispolverati da quel mitico passato ma reinterpretati in modo meno rock e più grazioso. Questi possono essere abbinati a miniabiti in paillettes cangiati e ad accessori dal sapore metallico: fa molto anni ‘80 ma con un allure futurista. L’ultimo tributo a questi mitici anni lo si può offrire indossando uno dei materiali più gettonati del periodo: la ciniglia, che oggi torna protagonista sulle tute intere. Le versioni presentano felpa e cappuccio o pantalone a zampa nei colori più inaspettati. Così potremo sfoggiare anche nello sport uno stile intramontabile, ma sempre al passo con i tempi. Dalila Campanile

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Irregolarità mestruali e riduzione dell’attività follicolare

GINECOLOGA DI ALESSANDRA D’APOLITO

Premenopausa e contraccezione

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Per una maggiore tranquillità ed un sicuro benessere della donna La “Premenopausa” è un periodo di transizione che precede di circa cinque anni la menopausa vera e propria ed è caratterizzato da irregolarità mestruali legate a una progressiva diminuzione dell’attività follicolare. Ciò nonostante, la fertilità è comunque mantenuta. Infatti, circa l’80% delle donne tra i 40 e i 44 anni risulta ancora in grado di procreare. In Europa l’incidenza di gravidanze spontanee nelle pazienti con più di 44 anni è di 1/3.000, scende a 1/1.000.000 nelle donne con più di 50 anni. A questa età la gravidanza esita in un aborto nel 50% dei casi, ed aumentano anche le patologie materne e fetali legate alla gravidanza (gravidanze extrauterine, malformazioni fetali/cromosomopatie, ritardo di crescita intrauterina, macrosomia per diabete gestazionale, preeclampsia, distacco intempestivo di placenta, emorragia post-partum). Per tutti questi motivi, ed anche per esigenze sociofamiliari, il 51% delle gravidanze sopra i 40 anni sono indesiderate e il 65% di queste vengono interrotte. Pertanto, la donna in questa fascia di età ha bisogno di una contraccezione sicura. Le esigenze contraccettive di

ogni singola paziente possono variare in base a diversi fattori, come il desiderio di una sterilizzazione irreversibile, la frequenza dei rapporti sessuali, la necessità di protezione verso malattie sessualmente trasmesse, ma anche il desiderio di benefici non contraccettivi (controllo del ciclo mestruale, della sintomatologia vasomotoria, prevenzione di patologie neoplastiche e dell’osteoporosi). Quando si parla di contraccettivi orali (CO) si pensa subito al rischio cardiovascolare ma occorre distinguere tra il versante venoso e quello arterioso. L’evento di maggiore importanza interessante il versante venoso è la tromboembolia che include la trombosi venosa profonda degli arti inferiori e l’embolia polmonare.

Per quel che riguarda il versante arterioso, gli eventi principali sono l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale. Il fumo di sigaretta, l’ipertensione e il diabete, a lungo ritenuti fattori di rischio per entrambi i versanti, recentemente sono stati considerati come responsabili solo della patologia interessante il versante arterioso. L’obesità, al contrario, è un fattore di rischio sia arterioso che venoso. Nel 1991 la Food and Drug Administration ha stabilito, che il rischio con CO contenenti più di 50 mcg di etinilestradiolo è limitato alle pazienti fumatrici e che l’età di per sè non può essere considerata un fattore di rischio. Un altro fattore di rischio indipendente è l’ipertensione arteriosa. I CO determinano un lieve, reversibile aumento dei valori di pressione sistolica e diastolica che si verifica

Oltre i confini della normalità senza essere folli

PSICOLOGA CLINICA DI MARIA GRAZIA BELLANTUONO

Lo “Psicologo tuttologo” La vulnerabilità umana non sempre è segno di disagio psichico A quale essere umano, più o meno “sano di mente”, non è mai capitato di riscoprirsi “isterico” nel corso di una lite familiare o “depresso” per aver subito un tradimento, o “paranoico” dopo un incidente diplomatico con i colleghi di lavoro o, ancora, “ansioso” per l’attesa dell’ennesimo esame da sostenere o, perché no, “iperattivo” nella foga di doversi occupare

contemporaneamente delle cose più svariate? “Siamo tutti un po’ malati ma siamo anche un po’ dottori” cantava Luca Carboni in una delle sue canzoni più famose, eppure, non è infrequente imbattersi in luoghi comuni che vorrebbero attribuire a tutti i costi un nome e una diagnosi ai più comuni e ordinari malesseri umani e che, di contro, con-

per lo più nelle prime fasi di assunzione della pillola. Diversi autori hanno chiaramente dimostrato che con l’avanzare dell’età si assiste ad un aumento del rischio cardiovascolare che diviene più marcato dopo la cessazione della funzione mestruale. L’età ha un effetto apprezzabile anche sul metabolismo di glucosio ed insulina. Studi recenti hanno peraltro dimostrato che l’utilizzo dei CO nelle donne diabetiche in perimenopausa non influenza i livelli di Hb glicosilata, la risposta alla terapia insulinica e la progressione verso le complicanze vascolari. Pertanto, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non ha ritenuto che sussistessero le condizioni per controindicare l’uso di contraccettivi orali a basso dosaggio nelle donne diabetiche in perimenopausa non fumatrici e senza altri fattori di rischio. La contraccezione ormonale non solo offre alle donne in perimenopausa la sicurezza contraccettiva, ma risolve i problemi di irregolarità mestruali (menometrorragie, sanguinamenti uterini disfunzionali) tipici di questa età che spesso portano alla isterectomia, intervento non privo di rischi e spesso associato a un forte disagio psicologico.

feriscono allo psicologo il potere di dirimere ogni conflitto nel momento stesso in cui si manifesta e di fornire una spiegazione immediata a qualunque cosa accada nella vita di chiunque. È il mito dello “psicologo tuttologo” o della “soluzione tascabile” alle difficoltà in cui, quotidianamente, ciascuno di noi si imbatte per il fatto stesso di essere al mondo. Così, a dispetto di chi pensa che il nostro Paese non sia ancora “culturalmente pronto” ad accettare di pagare per parlare di sé ad un “esperto sconosciuto”, c’è chi sostiene che dietro ad ogni lapsus si nasconda un segreto da svelare e che dietro ogni gesto o comportamento insolito ci sia un disturbo da individuare e correggere. Inutile dire che, se fosse così, ciascuno di noi avrebbe bisogno di uno psicologo di fiducia e, in parte, questo è anche vero, considerati i cambiamenti culturali che stanno rivoluzionando la società, i punti di riferimento e i valori di un tempo, quelli che facevano del vicino di casa il più fidato degli amici e che ora, invece, ne fanno il più spietato dei nemici. Certo è che esiste una sottile linea di confine, costantemente in

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movimento e non ben focalizzata, che separa la “normalità” dalla “patologia” e che ciascuno di noi, per un motivo o per un altro si trova a superare in qualche momento della sua vita, senza necessariamente essere folle, pur vivendo momenti di follia. Ciò che rende un problema realmente tale è la difficoltà, oggettiva e soggettiva, a gestirlo con le proprie risorse, evitando che questo comprometta lo svolgimento sereno delle proprie attività e della vita quotidiana, così come la sua persistenza oltre un determinato lasso di tempo. Se la difficoltà diventa invalidante al punto da pregiudicare la normale evoluzione lavorativa, scolastica, familiare, affettiva e sociale di chi ne è affetto, allora sarebbe insensato non richiedere un aiuto psicologico, dopo aver usufruito di tutte le risorse interne ed esterne a disposizione. Al contrario, può essere rassicurante ricordare che tutti noi, periodicamente, varchiamo i confini della normalità e che, per questo, potremmo riscoprirci aggressivi senza essere isterici, tristi senza essere depressi, pensierosi senza essere paranoici, preoccupati senza essere ansiosi e, perché no, vivaci senza essere iperattivi. Potremmo, semplicemente, riscoprirci umani e volubili, senza che questo significhi, necessariamente, essere “folli”.

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Fumo e web Alla comunità europea preoccupa la parziale rimonta della dipendenza dal tabacco. Soprattutto tra le donne. E soprattutto nella fascia dai 25 ai 34 anni, che in Europa ammonta a 28 milioni di persone. Per questo è partita la nuova campagna triennale «Gli ex fumatori. Sono irresistibili», lanciata da John Dalli, Commissario europeo per la Salute e le Politiche dei consumatori, che batte strade alternative, che sfruttano il mix tra pensiero positivo, «psicologo» digitale e social media. Esempi in carne e ossa, prima di tutto, 27 giovani, uno per ogni Paese dell’Ue, che hanno provato con successo il programma i-Coach, un «percorso verso la libertà», ovviamente gratuito, su internet e che ora lo promuovono. Il fotografo di fama internazionale Rankin li ha trasformati nei «volti» della campagna che comparirà tra poco sui giornali. A ciascuno uno slogan. Quello di Davide, il bellunese di 34 anni selezionato per rappresentare l’Italia, recita: «Gli ex fumatori annusano meglio». Davide, che di mestiere fa il consulente per la sicurezza sul lavoro, vuole riuscire ad annusare il profumo della suo nuovo amore senza che la ragazza scappi disgustata dal fatto che lui puzza come un posacenere. È stata proprio lei la «molla» per smettere. Il percorso di i-Coach è strutturato in cinque fasi. Prima di tutto, occorre registrarsi e rispondere a una serie di domande. Il programma, pensato non solo per i singoli, ma anche per le aziende, elabora un profilo dell’utente e lo inserisce in una “fase”. Ogni giorno si ricevono suggerimenti via email per rafforzare la propria motivazione, consigli, tecniche, esercizi e mini-test tagliati su misura, fino al raggiungimento della fase finale. “È la prima volta che una campagna europea offre un aiuto pratico - sottolinea John Dalli -. Siamo partiti a giugno e già 20 mila fumatori stanno utilizzando i-Coach. Più di 650 mila persone muoiono annualmente nell’Ue a causa del fumo. Le autorità pubbliche sono chiamate a svolgere un ruolo importante per aiutare i cittadini a spezzare questo circolo vizioso di dipendenza e di morti e malattie evitabili”. Secondo gli ideatori, un terzo degli iscritti al programma avrebbe raggiunto le fasi 4 e 5, cioè quelle di chi ha appena smesso o ha smesso da qualche tempo. (Fonte: corriere.it)


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Via i cattivi pensieri Un brutto ricordo che assilla e rende ogni cosa difficile. Un’esperienza traumatica che continua a tornare in mente. Appare anche nei sogni, senza darci pace. L’idea di poter dimenticare tutto sembra impossibile. Eppure non è così: la risposta arriva dalla lontana Oceania. Un gruppo di ricercatori del Queensland Brain Institute di Saint Lucia, in Australia, ha fatto una scoperta che potrebbe essere utile per far sparire pensieri negativi e difficoltà. I risultati dello studio promettono di curare fobie e disturbi da stress posttraumatico. Gli studiosi, in pratica, hanno identificato una molecola di Rna, il mir-128b, che agisce direttamente su un gene e che regola i ricordi legati alla paura. Nel momento in cui viene riattivato il ricordo originale a cui è legato lo stato di negatività, il mir-128b può inibire in modo transitorio i geni ad esso associati. Gli studiosi sono riusciti a dimostrare per la prima volta che le paure possono essere cancellate grazie all’azione di questo polimero e si dichiarano convinti che questo studio potrà aprire la strada a nuove cure per affrontare i disturbi post traumatici da stress e fobie. GLI STUDI PRECEDENTI Già un anno fa una ricerca della John Hopkins University aveva aperto prospettive concrete sulla nascita di farmaci in grado di combattere i disturbi da stress post-traumatico. I ricercatori avevano studiato una proteina che si trova nell’amigdala, l’area cerebrale responsabile, tra l’altro, del condizionamento alla paura. Ricerche di questo tipo aprono la strada allo studio di farmaci usati per manipolare la memoria, un settore che spesso genera timori. Alcuni studiosi sottolineano la necessità di un atteggiamento più aperto verso lo sviluppo e l’uso di farmaci che possano essere in grado di alterare i ricordi, superando le riserve espresse da molti eticisti, che temono che in questo modo si possano alterare la personalità delle persone. Per esempio, un farmaco chiamato ‘Zip’ ha dimostrato di bloccare la dipendenza da cocaina nei topi, cancellando il ricordo del luogo dove potevano trovarla. E altri farmaci già testati sull’uomo sembrano capaci di alleviare la sofferenza legata a ricordi di eventi traumatici. (Fonte: repubblica.it)

Un nome da fiaba per una patologia da horror

PEDIATRA DI ALESSANDRA MARINARI

La Malattia di Anderson Fabry E’ fondamentale una diagnosi precoce per avviare immediatamente i pazienti alla terapia sostitutiva La malattia di Anderson-Fabry è una malattia multisistemica, progressiva, ereditaria del metabolismo glicosfingolipidico causata da mutazioni del gene GLA situato sul cromosoma X che codifica per l’enzima alfa-galattosidasi A. Il difetto dell’enzima porta al progressivo accumulo intracellulare di globotriosilceramide (Gb3) e galattosilceramide in tessuti diversi, interessando soprattutto l’endotelio e le cellule lisce vascolari, ma anche l’epitelio renale, i periciti, le miocellule cardiache e dell’interstizio, determinando così un progressivo coinvolgimento sistemico. Nella sua forma classica, la malattia colpisce maggiormente i maschi emizigoti, privi di attività dell’enzima alfa-galattosidasi A, ed

è caratterizzata da sintomi neurologici (dolore), cutanei (angiocheratoma), renali (proteinuria e insufficienza renale), cardiovascolari (cardiomiopatia e aritmia), cocleovestibolari (difetto uditivo neurosensoriale) e cerebrovascolari (ictus). La malattia colpisce tutte le popolazioni e ha una prevalenza che varia da 1 a 5 casi ogni 100.000, ma verosimilmente la prevalenza reale è sottostimata. I primi sintomi clinici compaiono durante l’infanzia tra i 4 e i 10 anni. Due sono le modalità tipiche con cui si presenta: le “crisi di Fabry” e le acroparestesie. Le prime sono rappresentate da episodi di dolore urente, intenso e lacerante, avvertito inizialmente al-

le mani e ai piedi, e successivamente irradiato anche ad altre parti del corpo. Si tratta di crisi che possono essere estremamente debilitanti, dalla durata variante da pochi minuti a diversi giorni, spesso in relazione a brusche variazioni di temperatura, situazioni di stress, affaticamento o episodi febbrili. Le crisi possono presentarsi con le caratteristiche di accessi di dolore addominale localizzato, simulando quadri clinici di appendicite o colica renale. Le acroparestesie sono invece descritte come un dolore alle mani e ai piedi, con il carattere di parestesie urenti, sia intermittenti che costanti. Le caratteristiche cliniche più frequenti comprendono la diarrea, la nausea, il vomito, l’ipoidrosi (riduzione della sudora-

C’è tempo fino a novembre

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zione), le lesioni cutanee e le alterazioni della cornea (cornea verticillata). Con l’avanzare dell’età diventano frequenti le anomalie cardiache (cardiomiopatia ipertrofica, aritmia e alterazioni della frequenza cardiaca) e cerebrovascolari (ictus e attacchi ischemici transitori) e progressivamente anche la funzione renale si deteriora. Durante l’infanzia, la diagnosi differenziale si pone con altre patologie che causano dolore (ad es. artrite reumatoide, febbre reumatica, neuropatie, eritromelalgia, dolori di crescita). Nella maggioranza dei casi, nonostante la presenza precoce di sintomi di sospetto, il processo diagnostico è lungo e si completa solo in età adulta, quando la malattia è pienamente sintomatica e l’accumulo è già progredito. Questa “difficoltà” di diagnosi può avere un peso prognostico rilevante per il singolo malato, specie ora che è disponibile la terapia enzimatica sostitutiva. È essenziale quindi migliorare la capacità di sospetto e diagnosi fin dall’età pediatrica, consentendo di avviare precocemente i pazienti alla terapia sostitutiva, evitando così la progressione della malattia e la comparsa delle complicanze d’organo.

MOVIMENTO CONSUMATORI

Addio canone RAI

DI ROSANGELA LORISO Per i vostri quesiti: 6donna@virgilio.it Tel. 0881.563326

Come disdettare l’abbonamento ed evitare controversie

Come è ormai noto l’obbligo del pagamento del canone di abbonamento al servizio radiotelevisivo pubblico discende dalla mera detenzione di un apparecchio, che si caratterizza, per attitudine o adattabilità alla ricezione di qualsiasi emittente radiofonica o televisiva, italiana o straniera, pubblica o privata e, di conseguenza, la competente amministrazione finanziaria è legittimata a pretenderne l’adempimento. Anche in presenza di una pluralità di apparecchi televisivi presso un’unica abitazione il canone dovuto è solo per un apparecchio. Infatti, il pagamento del canone di abbonamento consente la detenzione di uno o più apparecchi televisivi ad uso privato nei luoghi adibiti a propria residenza o dimora. E’ notorio, però, che il consumatore/utente spesso incontri grandi difficoltà a portare a compimento la procedura di disdetta del canone RAI, pur sussistendone i requisiti per farlo. Forse per la mancanza di

informazioni ed indicazioni in merito sul sito della Rai che, al contrario, abbonda di dettagli in ordine all’attivazione dell’abbonamento, alle sue variazioni ed agli eventuali obblighi connessi. Mettendo da parte le critiche e le polemiche, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza e di dare qualche indicazione. La materia è regolata dall’art. 10 del R.D.L. 21-2-1938 n. 246 (disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni)

Secondo tale prescrizione, ove l’abbonato non intenda o non possa, per qualsiasi ragione, più usufruire dal servizio radiotelevisivo e continui a detenere l’apparecchio presso di sé, deve presentare al competente Ufficio del Registro apposita denunzia su carta semplice non oltre il mese di novembre di ciascun anno, indicando il numero di iscrizione nel ruolo (il numero di iscrizione nel ruolo è indicato nel libretto di abbonamento e nei bollettini di pagamento del canone) e specificando il tipo di apparecchio di cui è in possesso, il quale deve essere racchiuso in apposito involucro in modo da impedirne il funzionamento, c.d. suggellamento. Il suggellamento consiste nel rendere inutilizzabili, generalmente mediante chiusura in appositi involucri, tutti gli apparecchi posseduti dal titolare dell’abbonamento e dagli appartenenti al suo nucleo familiare presso qualsiasi luogo di loro resi-

denza o dimora. La denunzia deve essere fatta con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno. Alla denunzia l’utente deve unire un vaglia postale di € 5,16 intestato all’Ufficio del Registro” Agenzia delle Entrate Ufficio di Torino 1 – SAT Sportello Abbonamenti Rai – Cas. Post. 22 – 10121 Torino”, indicando come causale “spese dell’involucro”. Qualora, invece, l’utente intenda cedere o alienare l’apparecchio a terzi è obbligato ad indicare nella denunzia di cui sopra il cognome, il nome ed il domicilio dell’acquirente. In questo caso, però, è esonerato dall’obbligo del pagamento della somma di € 5,16. In ultimo, all’atto del c.d. “suggellamento dell’apparecchio televisivo”, l’Agenzia delle Entrate, secondo quanto denunciato, potrebbe richiedere direttamente all’abbonato i dati identificativi di eventuali terzi conviventi a vario titolo con l’abbonato, sempre a fini anti-elusivi del pagamento del canone, in tal modo condizionando la disdetta dell’abbonamento al conferimento di tali informazioni. In mancanza di regolare disdetta l’abbonamento si intende tacitamente rinnovato ed il relativo canone da corrispondersi.


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Alla ricerca delle nostre radici

PSICOLOGA GIURIDICA DI INES PANESSA

L’evoluzione della Psicologia Giuridica

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A metà strada fra diritto e psichiatria forense, offre consulenze e perizie nei diversi settori: penale, civile e minorile La Psicologia Giuridica è oggi una disciplina applicativa, che valorizza approcci soprattutto di taglio psico-sociale ed accoglie ampi ed articolati spazi. In senso generale ha come oggetto di studio la giustizia, come campo di espressione del diritto, come organizzazione e come campo di attività centrato sulle decisioni dei giudici e sugli interventi tecnici collegati ad esse. Al termine del secondo conflitto mondiale la psicologia giuridica prova ad uscire dal silenzio in un clima giuridico caratterizzato dall’entrata in vigore nel 1931 del Codice penale e di procedura penale Rocco. Tale codice, che pure prevedeva l’utilizzo di categorie psicologiche, non prevedeva di fatto la presenza della psicologia, anzi ne poneva esplicito divieto. Si cominciava a parlarne soprattutto in ambito minorile (R.D.L. 1404/34 ) e nelle ipotesi di riforma del sistema penitenziario. Ad oggi l’attività dello psicologo giuridico ha grande spazio presso il Tribunale dei Minori, nato nel 1934 e tali spazi sono stati ampliati

grazie al DPR 448 del 1988. Il primo importante contributo in questa direzione proviene dall’apparizione in Italia nel 1966 del lavoro tradotto di Mira Y Lopez “Manuale di Psicologa Giuridica”. In esso si legge: “La psicologia giuridica è la psicologia applicata al diritto per consentirne un miglior esercizio”. Da allora lo sforzo è stato quello di dare una nuova identità alla psicologia giuridica, soprattutto ad opera di Ermentini, psichiatra e antropologo criminale e Gulotta, penalista e psicologo. Da un interesse frammentario e ad opera di pochi esponenti la psicologia giuridica si avvia ad un processo di autodefinizione. Si porrà nei confronti del diritto avendo il carattere di una scienza applicata che rivendica la propria autonomia. Tale cambiamento è altresì testimoniato dalla nascita di gruppi di ricerca, associazioni e dal riconoscimento in ambito accademico. La psicologia giuridica oggi Attualmente, la psicologia giu-

ridica sembra avere finalmente raggiunto un punto stabile di equilibrio fra le diverse discipline che regolano l’ambito forense, trovando una sua collocazione fra il diritto e la psichiatria forense. Possiamo quindi dire che, dopo un lungo periodo di chiusura verso questa materia, durato vari decenni, sono dunque attualmente ben percepibili concreti passi in avanti nel riconoscimento della psicologia giuridica come disciplina autonoma all’interno di altre discipline. E’ inoltre una disciplina che si sviluppa nell’ottica di una collaborazione fra diverse materie e figure professionali. Chi è lo psicologo giuridico? E’ uno psicologo che ha maturato una particolare esperienza nel proprio campo, che conosce il contesto professionale in cui gli operatori del diritto si muovono, che sa contestualizzare i propri strumenti diagnostici e di intervento, che ha

Nelle relazioni umane bisogna adattarsi agli altri

ben presente la specificità del proprio lavoro clinico in ambito forense. L’attività dello psicologo si esplicita almeno in tre settori fondamentali di intervento: Penale, Civile, Minorile. Ove l’esperto è incaricato dai legali direttamente nominati da una delle parti (nell’ambito civile, dal procuratore delle parti, attore o convenuto; nell’ambito penale, dal difensore dell’imputato o da altra parte), egli sarà indicato, sia in ambito civile che penale, come “C.T.P.”, (ossia “Consulente Tecnico di Parte”), e “Consulenza” è definita l’attività che egli avrà svolto. Sarà chiamato “perito” se nominato in ambito esclusivamente penale dal Giudice. Produrrà una “perizia”, dal termine latino “peritia”, che indica una maestria acquisita con studio e pratica.

MEDIATRICE FAMILIARE

La comunicazione indiretta

DI ROSA SCHENA Per i vostri quesiti: 6donna@virgilio.it Tel. 0881.563326

Da Schopenhauer l’insegnamento su come migliorare una convivenza La fine dell’estate fa presumere una rigenerazione mentale e fisica in quanto la maggior parte di noi è riuscita a scaricare le tensioni e ad attenuare, ponendo in alcuni casi e ove possibile in pausa, i conflitti legati alla vita di relazione familiare, lavorativa e sociale. Non può, tuttavia negarsi che lo stress di un anno lavorativo sia venuto fuori anche duranta le vacanze, si pensi alle innumerevoli occasioni nelle quali è facile entrare in conflitto anche nel luogo di vacanza con persone che hanno una rappresentazione diversa, in quanto soggettiva, delle regole di condivisione degli spazi propri ed altrui. Fondamentale per ricercare ed ottenere un equilibrio che consenta di relazionarsi senza rilevare necessariamente l’accezione negativa dei comportamenti è lavorare con se stessi al fine di ottenere una comunicazione efficace con il prossimo, scevra da pregiudizi e condizionamenti. Nelle relazioni tutti gli esseri umani devono arrivare a comprendere che ogni giorno, ci si trova dinanzi a persone diverse in cultura familiare e sociale e non sempre si ha l’opportunità di conoscersi al punto tale da poter modificare il pro-

prio comportamento adeguandolo a seconda della persona che si ha di fronte, con la conseguenza che bisogna arrivare ad utilizzare un linguaggio efficace, capace di arrivare a tutti e di sviluppare la giusta empatia che non degeneri in invadenza dell’altrui mondo. Ritengo utile riprendere questo contatto giornalistico raccontando ai lettori una metafora, tipica espressione della comunicazione indiretta, che basandosi sulla costruzione di una storia, apparentemente non collegata al vissuto delle persone, si prefigge lo scopo di ottenere dei cambiamenti emotivi e di produrre un ascolto attivo che arrivi senza frapposizioni di ostacoli e retaggi culturali. Chi ascolta una storia, non si sente chiamato in causa, si propone all’ascolto con interesse e curio-

sità e in tal modo la recepisce come se non lo riguardasse. Soltanto in seguito la trasferisce sul suo vissuto e la metabolizza fino a farla propria, traendo dalla stessa tutti gli insegnamenti che le servono, senza schemi e filtri condizionativi. L’efficacia della metafora trova il suo fondamento nella sua potenzialità di giungere ad ogni ascoltatore in maniera diversa attraverso un messaggio implicito; ognuno la rende sua, la personalizza, secondo la sua mappa, il suo speciale vissuto e la utilizza secondo le proprie capacità emotive e intellettuali, sopperendo in alcuni casi a carenze lessicali dell’ascoltatore. La storia è il frutto della mia formazione professionale ed è una piccola favola di Schopenhauer. “In una fredda giornata d’inverno un gruppo di porcospini si rifugia in una grot-

ta. Per proteggersi dal freddo gli animaletti si stringono vicini. Ben presto però sentono le spine reciproche e il dolore li costringe ad allontanarsi l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li porta di nuovo ad avvicinarsi si pungono di nuovo. Ripetono più volte questi tentativi, sballottati avanti e indietro tra due mali, finchè non trovano quella moderata distanza reciproca che rappresenta la migliore posizione, quella giusta distanza che consente loro di scaldarsi e nello stesso tempo di non farsi male reciprocamente”. La lettura lascerà in ognuno di voi un messaggio diverso, soggettivo, legato al vostro personale vissuto, dal quale saprete trarre ciò che in questo momento vi è più utile.

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Alcol in gravidanza

Oltre 7 bimbi su 100 in Italia sono a rischio di esposizione all’alcol già nel pancione: lo ha calcolato l’Istituto superiore di sanità, che ha coordinato il primo studio italiano sul tema. Dalla ricerca - presentata in occasione della Giornata internazionale della consapevolezza sulla sindrome fetoalcolica - emerge anche che non è tuttora possibile conoscere la quantità tollerata di alcol, perciò il monito degli studiosi è di ridurre a zero l’uso di alcol in gravidanza; stessa cosa nei casi in cui si decide di avere un figlio e si iniziano i tentativi per averlo. Lo studio multicentrico, i cui risultati saranno pubblicati nel prossimo numero di Acer (Alcoholism: clinical and experimental research), è stato condotto attraverso un biomarcatore messo a punto dagli stessi ricercatori, l’etilglucuronide. Per l’indagine sono stati analizzati 607 neonati, grazie al coinvolgimento di 7 neonatologie di diversi ospedali italiani. Attraverso l’etilglucuronide è stato possibile rilevare l’esposizione alcolica dei bimbi attraverso l’analisi delle loro prime feci. Ne è emerso che il consumo di alcol in gravidanza è sottostimato o non riconosciuto da parte delle donne: l’esposizione media è del 7,6%, con una distribuzione nelle città diversificata. Si va, ad esempio, dallo 0% di Verona al 29% dell’Umberto I di Roma. “Il risultato di questo studio è di fondamentale importanza - spiega Simona Pichini, coordinatrice del gruppo di lavoro - poichè finora la diagnosi era affidata all’interpretazione e all’esperienza del medico. Una diagnosi precoce, invece, può essere molto utile per individuare possibili rischi e agire tempestivamente”. Secondo la coordinatrice, infatti, i neonati “devono avere un follow-up specifico, perchè ancora non si sa che percentuale di loro svilupperà una sindrome feto alcolica e quanti svilupperanno uno spettro di disordini feto alcolici”. I problemi principali dovuti all’esposizione all’alcol possono essere di tipo neurologico, neuromorfologico, di sviluppo cerebrale o disabilità. Una possibilità è anche l’insorgere della sindrome di iperattività e deficit di attenzione. Eppure, per ammissione dello stesso presidente dell’Iss, “le patologie pediatriche correlate all’assunzione di alcol restano un fenomeno sommerso”. (Fonte: DIRE, Notiziario Sanità)


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in poche parole

Depressione post partum Donne si nasce, mamme si diventa. Doversi destreggiare all’improvviso tra pannolini, allattamento, pappe e veglie notturne non è cosa da poco. Il mestiere di mamma, si sa, è gratificante ma spesso comporta instabilità fisica ed uno stato emotivo particolare. Una recente ricerca condotta dal Medical Research Council di Londra conferma, infatti, che una madre su tre soffre di disturbi depressivi dopo la nascita del bambino. Crisi di pianto, disturbi del sonno, stanchezza eccessiva, irritabilità e umore altalenante sono solo alcuni dei sintomi tipici della sindrome post parto. Che si tratti di normale e fisiologica tristezza o di depressione vera e propria, sono circa 19 mila le mamme che vivono con difficoltà questo momento ed il numero dei casi riscontrati ogni anno è spesso falsato da un’elevatissima percentuale di donne che non chiedono aiuto per questo disagio. I disturbi depressivi legati al parto, oltre al calo del livello degli estrogeni e del progesterone, sono causati anche dalla mancanza di un adeguato sostegno sociale. Le neomamme si trovano spesso sole ad affrontare questa profonda trasformazione o vivono in un ambiente familiare che non garantisce un buon livello di tranquillità. In questi casi, è importante ricorrere all’aiuto di un esperto soprattutto per ripristinare la comprensione reciproca con il bambino, sensibile nei primi mesi di vita alle alterazioni dell’umore materno. Nel post partum, supportare la mamma e alleviarla dalle fatiche, anche con un appoggio emotivo, diventa basilare. Pur essendoci delle cause naturali, legate alla fisiologia della donna, la natura del malessere è perlopiù di origine psicologica, legata agli eventi immediatamente successivi al parto, come il cambiamento di ruolo della donna in ambito sociale ed il timore nel doversi riconoscere in un nuovo ruolo. Nel post parto, la mamma vive in uno stato di costante preoccupazione legato al benessere e alla salute del bambino. Vengono a mancare le energie e si riduce la capacità di prendere decisioni, spiegano gli esperti. Molti dei dubbi e delle paure delle neomamme sono poi alimentati da quello che leggono. Consigli pratici e guide fai da te, invece di tranquillizzare, concorrono a creare il falso mito della “mamma perfetta” e generano frustrazione. In questi casi, bisogna avere il coraggio di esprimere le incertezza della maternità e chiedere aiuto. Una terapia di supporto studiata ad hoc, ad esempio, può lenire l’effetto della mancanza degli ormoni dovuta al distacco della placenta ed una cura omeopatica può aiutare a superare casi di depressione più seri. (Fonte: genitori.it)

Manovra economica e pensioni

PREVIDENZA SOCIALE

Stangata sociale

DI FLOREDANA ARNÒ

ENASCO Per i vostri quesiti: 6donna@virgilio.it Tel. 0881.563326

Contributi e reversibilità, ecco cosa prevede la legge L’ultima Manovra Economica appare in tutta la sua ampiezza come una “stangata” sociale inferta al Paese. Vediamo nel dettaglio cosa ha previsto la legge di Manovra relativamente agli aspetti pensionistici. Delle donne in particolare ci occuperemo sul prossimo numero. Riduzione e blocco del costo della vita sulle pensioni Per gli anni 2012 e 2013, dopo le modifiche e la riscrittura della norma in Parlamento, la legge di Manovra ha previsto che, gli importi di pensione che complessivamente non superano cinque volte il trattamento minimo (circa 30.383 euro annui nel 2011 ovvero circa 2.337 euro mensili lordi), mantengono il meccanismo classico della rivalutazione automatica e cioè: 100% di aumento fino a tre volte il minimo (1.402 euro mensili lordi); 90% per gli importi compresi tra tre e cinque volte il minimo (tra 1.402 euro e 2.337 euro mensili lordi). Per le pensioni, invece, di importo superiore a cinque volte il trattamento minimo (circa 30.383 euro annui nel 2011) la rivalutazione al costo della vita vie-

ne concessa nel modo seguente: 70% di aumento fino a tre volte il minimo (1.402 euro mensili lordi); nessun aumento per la parte eccedente tale soglia (da 1.402 euro mensili lordi in poi). Contrariamente a quanto si vuol far credere, non si tratta di un prelievo “una tantum” ma di un taglio che avrà effetti permanenti e crescerà nel tempo. Per avere un ordine di grandezza degli effetti futuri, si può fare riferimento a quanto è avvenuto tra il 1992 e il 1995. Anche allora la perequazione automatica fu applicata sia parzialmente sia sospesa per un tempo limitato. Una pensione concessa nel 1992, di importo pari a 4 volte il minimo Inps, nel 2010 ha perso circa 230 euro al mese, 3.000 euro lordi l’anno. C’è da dire anche che gli aumenti del costo della vita hanno la funzione di difendere il reale potere di acquisto delle pensioni, il suo parziale o non riconoscimento si traduce automaticamente nella privazione per i pensionati di quello strumento giuridico di attuazione del diritto, costituzionalmente garantito, al mantenimento e al miglioramento delle condizioni di vita.

Revisione delle aliquote di reversibilità Con effetto sulle pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2012, l’aliquota percentuale della pensione di reversibilità (generalmente pari al 60%) è ridotta qualora il matrimonio sia stato contratto da uno dei coniugi dopo i settanta anni, con una differenza di età tra i coniugi stessi di oltre venti anni. Tale riduzione è pari al 10% per ogni anno di matrimonio mancante rispetto alla durata minima di 10 anni. In caso di frazione di anno, la predetta riduzione percentuale è rideterminata proporzionalmente. La riduzione non trova applicazione in presenza di figli minori, studenti ovvero inabili. Resta fermo, in ogni caso, il regime di cumulabilità fra pensione di reversibilità e redditi di cui alla legge 335/1995. I 40 anni di contributi Ultima novità di rilievo riguarda i soggetti che vanno in pensione con 40 anni di contributi, e quindi non sono soggetti ad alcun

Compaiono nei primi anni di vita

Fascino e rischio dei nei

requisito anagrafico. Per queste persone (oltre alle finestre già in vigore: 12 mesi per i dipendenti, 18 mesi per gli autonomi) si introducono delle mini finestre che avranno l’effetto di ritardare il godimento della pensione (che oggi non era soggetto a limiti). Per chi matura i requisiti nel 2012, la pensione slitta di un mese; i mesi salgono a due per chi matura il diritto nel 2013, e arrivano a tre per le pensioni maturate a partire dal 1° gennaio 2014. Sono esclusi dalle regole tutti coloro i quali maturano la pensione entro il 31 dicembre 2011, oltre a un gruppo predefinito di 5mila persone, da selezionare tra quelle che matureranno il diritto dopo tale data e che abbiano determinate caratteristiche (lavoratori in mobilità, titolari di prestazioni a carico dei fondi di solidarietà).

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I cinque parametri di valutazione: asimmetria, bordi, colore, dimensioni, evoluzione I nei, più propriamente chiamati nevi, sono macchioline scure che possono diventare anche un segno distintivo e affascinante. Nella maggior parte dei casi, non sono pericolosi, ma devono essere tenuti sotto costante controllo. Si tratta di proliferazioni benigne di un particolare tipo di cellule, i melanociti, che hanno il compito di produrre melanina, il pigmento naturale che ci protegge dagli effetti dannosi dei raggi solari. Possono essere localizzati in qualsiasi parte del corpo e raramente sono presenti dalla nascita; di solito compaiono nei primi anni di vita e, in età adulta, la loro comparsa è ritenuta normale fino a circa trent’anni di età. In rari casi, però, la crescita di questi melanociti diviene incontrollata e può dare origine al temuto melanoma, un

tumore della pelle che, se non diagnosticato in tempo, può portare gravi conseguenze. Per questo motivo, un controllo periodico è caldamente raccomandato. Ovviamente la diagnosi spetta al dermatologo, ma è bene soffermare l’attenzione su qualche neo che non ci convince. Esistono, infatti, cinque parametri da considerare: l’asimmetria, se un neo è asimmetrico o lo diventa; i bordi, quando i bordi sono irregolari, frastagliati e mal delimitati; il colore, quando si nota una variazione del colore originario con la comparsa di sfumature nerastre, grigie, blu, rossastre, oppure quando il colore tende a sbiadire in una zona del neo; le dimensioni, quando le dimensioni superano i 6 millimetri di diametro; l’evoluzione, quando, nell’arco di poche settimane o mesi, si verificano modificazioni della forma, del colore, delle dimensioni, o diviene rilevato oppure sanguina. Anche la comparsa improvvisa di nuovi nei in età adulta deve essere

attentamente valutata; si ritiene, infatti, che la maggior parte dei melanomi si sviluppi su aree di cute normale. Ci sono, tuttavia, alcuni miti da sfatare: non è vero, ad esempio, che traumi e ferite trasformano il neo in tumore; né è vero che i nei non vanno mai toccati, anzi un intervento chirurgico di asportazione non rappresenta un pericolo, ma permette una valutazione più approfondita del tipo di lesione; né che il sole fa comunque male, tutto dipende da come lo si prende. Poco sole preso tutti i giorni pare che addirittura protegga dal melanoma. Molto pericolose sono, invece, le scottature solari ripetute, soprattutto dai 5 ai 18 anni, che tendono ad aumentare del 70% la probabilità di sviluppare melanomi nell’età adulta. E’ necessario, quindi, proteggere sempre la pelle dal sole, soprattutto quella dei bambini e dei ragazzi, specie durante le prime esposizioni, applicando protezioni solari e scegliendo i prodotti con i

filtri solari più adatti. Se non si è ancora abbronzati bisogna esporsi al sole gradualmente ed evitare le ore più calde tra le 11 e le 16; in queste ore, poi, non bisogna esporre i bambini di età inferiore ai 3 anni, nemmeno se protetti da creme. Occorre fare attenzione anche alle circostanze che riducono la percezione del sole, come l’altitudine, il vento fresco, le nubi, e ricordarsi che la neve riflette più dell’80% dei raggi UV, mentre la sabbia ne riflette più del 25%, quindi, anche sotto l’ombrellone, non siamo del tutto al riparo. Bisogna ricordare, inoltre, che anche i farmaci che si assumono possono spesso aumentare la sensibilità al sole. Attenzione, infine, all’esposizione ai raggi UV artificiali (lettini e docce solari): è stato dimostrato, infatti, che superando le dieci sedute l’anno, si aumenta il rischio di melanoma. Oltre ad una predisposizione familiare, ha molta importanza il fenotipo: chi ha capelli rossi o biondi, lentiggini, pelle molto chiara che si abbronza con difficoltà e si scotta facilmente, è più esposto al rischio di sviluppare melanomi. La protezione più efficace rimane, quindi, un’attenta osservazione della propria pelle. Nel dubbio, è bene rivolgersi subito allo specialista.


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viaggi

Panorami unici, tuffi tra coralli ed esclusivi resort. Ma soprattutto privacy garantita

Antigua, isola dei Caraibi

Lasciatevi cullare dolcemente dalle onde dell'oceano e godetevi spiagge dove la sabbia bianca fa da sfondo a tramonti mozzafiato La magia delle splendide spiagge tropicali di Antigua, panorami tra i più suggestivi al mondo, i mulini a vento in pietra. L’atmosfera dolce di un Caraibi rilassato, che accoglie potenti e celebrities, ma rifugge dalla mondanità esasperata. Viene apprezzata soprattutto per la garanzia della privacy pressoché assoluta e a soggiornarvi sono persino Armani, Rania di Giordania, Bill Gates e Berlusconi. Ken Follett addirittura vi cerca “romanzesca ispirazione”. L’isola deve il suo nome al padre delle Americhe, Cristoforo Colombo, che la battezzò in nome della chiesa di S. Maria de la Antigua di Siviglia. Colonizzata poi dagli inglesi, oggi vive di turismo nel pieno rispetto e tutela dell’ecosistema. Gli abitanti sono cortesi e ospitali, ma anche molto religiosi; hanno un grande legame con la tradizione e un profondo senso del pudore, che è consigliabile, per rispetto, non turbare. Ecco perché è opportuno non passeggiare, al di fuori delle spiagge, in costume da bagno. La tintarella integrale è osteggiata praticamente ovunque (ad eccezione di una sola spiaggia per nudisti, a Hawksbill) e anche il topless è vietato in molte aree. E’ preferibile dunque

scegliere di mettere in valigia abiti leggeri ed informali per il giorno e cambi più eleganti per la sera, soprattutto se si alloggia in alberghi importanti o se si pensa di frequentare ristoranti raffinati, club privati e casinò, dove so-

no obbligatori, per l’uomo, giacca e pantaloni lunghi. La lingua ufficiale è l’inglese, la guida è a sinistra come nel Regno Unito. I mezzi di trasporto sono scarsi ed è possibile noleggiare un’auto a soli 50 dollari al giorno, ma per guidare è necessario avere la patente da almeno un anno e averne compiuti 21. A Barbuda (che con Antigua forma un unico Stato) non ci sono trasporti pubblici e neppure veri e propri taxi.

Spostarsi può essere perciò un problema e dunque è necessario scegliere il posto giusto dove soggiornare. Antigua e Barbuda godono di almeno 365 spiagge, “una per ogni giorno dell’anno” e sono davvero tutte da sogno. Per averne un’idea, basti pensare a distese di sabbia bianca e finissima che si srotolano per chilometri lungo le coste frastagliate, immergendosi in un mare cristallino dai fondali ricchi di vita, coralli e moltitudine di pesci dai colori variopinti. Un vero paradiso terrestre dove sposarsi con l’abito bianco accarezzato dai ven-

ti Alisei, ideale per trascorrere una vacanza in pieno relax nel verde e perdersi nell’azzurro dell’oceano.

La cucina creola dell’isola deve la sua originalità alle influenze di numerose e differenti popolazioni che si sono stanziate nel corso dei secoli. Fra le portate locali più diffuse: riso, spezie, noce di cocco, mango, papaia, avocado, banane e piatti tipici a base di pesce (aragoste, king fish, barracuda, cernie, sgombri). Rinomata dagli amanti della vela di tutto il mondo, Antigua offre anche molte altre possibilità per praticare gli sport più vari, sia d’acqua che di terra. Dallo snorkeling alle immersioni, alla scoperta di veri e propri tesori sommersi nei fondali e antichi relitti affondati; oppure avventurandosi in alcune delle suggestive grotte sottomarine, come la vasta Dark Cave, per avvistare un’infinità di creature degli abissi. Anche gli appassionati di windsurf, sci nautico, golf e tennis, possono dedicarsi alle attività favorite fra le bellezze naturali di Barbuda. Ad English Harbour si concentra il maggior numero di siti

storici di Antigua.Tappa obbligatoria è la Nelson’s Dockyard, la base navale britannica del XVIII secolo, così battezzata in onore dell’omonimo capitano inglese. Situato in uno dei punti più suggestivi di English Harbour, l’Abracadabra è il posto ideale per chi ama la vita notturna, frequentato da VIP, turisti e locali. Terra di reggae e calypso che si ballano su tutte le spiagge, i tramonti lasciano senza fiato e cenando con i piedi nell’acqua a lume di candele e fiaccole la vostra vacanza sarà ancora più indimenticabile. Agenda da viaggiatore Capitale: Saint John’s. Valuta: dollaro americano. Fuso orario: 5 ore in meno rispetto all’Italia (6 quando vige l’ora legale). Vaccinazioni non richieste. Documenti: passaporto in corso di validità (almeno 3 mesi dalla scadenza), soggiorno confermato e biglietto di ritorno. Per i turisti italiani non è necessario il visto. Regole entrata animali: non ammessi (solo cani e gatti provenienti da U.K.) Irma Mecca


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esclusivo

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In Svezia per una crociera tra i Fiordi, arrestato con l’accusa di maltrattamenti

Storia di un italiano perbene Il racconto scioccante di Giovanni Colasante: “Io, trattato come l’ultimo dei delinquenti” Solitamente, quando si pensa al rispetto per l’altro e ad un alto senso civico, il pensiero corre subito ai Paesi del Nord Europa, sempre più civili, meno furbi, molto lontani dalle classiche “commedie all’italiana”. Ma come spesso accade nelle migliori famiglie, dove contraddizioni profonde, quando esistenti, sono celate da vesti dorate, così è per quelle “grandi oasi di civiltà”, dove un pazzo può mettere in atto un attentato dalle proporzioni enormi, rischiando al massimo ventun’anni di carcere perché un Paese così civile non può conoscere pene più severe. Quando poi in quello stesso Paese, che ha bisogno di rimettere a nuovo di fronte al mondo intero la propria immagine, arriva un turista che non solo è italiano, ma appartiene anche a quella “brutta razza” che sono i politici, allora si ritiene sia arrivato il momento di dare un segnale di ritorno all’ordine. Tutto è accaduto nella seconda metà di agosto. Protagonista è l’ormai popolare informatico, più conosciuto come “il conGiovanni Colasante, informatico e consigliere comunale sigliere comunale” di Canosa di Puglia, partito con una comitiva di una trentina Infatti quando è stato ascoltato in tribunale di persone per una crociera tra i Fiordi e arre- come teste dell’accusa, il poliziotto ha racstato lo stesso giorno del suo arrivo a Stoccol- contato che io avrei dichiarato di aver picma per maltrattamenti. “Eravamo partiti la chiato mio figlio due volte quella sera. Cosa mattina presta da Canosa. Intorno alle 19.30 assolutamente non vera”. eravamo nella città vecchia in cerca di un riResisi conto delle difficoltà di comprenstorante. Il gruppo si è scisso, quelli senza sione i due agenti li hanno accompagnati in bambini da una parte e tre coppie con due fi- centrale, a bordo di due macchine distinte. gli, dodici persone in tutto, dall’altra. Mio fi- L’altro figlio di sei anni è rimasto con il resto glio maggiore, che ha dodici anni, era stanco della comitiva. “In centrale sono stato forper il lungo viaggio, voleva mangiare la pizza, malmente fermato, chiuso a chiave in una camentre noi avremmo preferito qualcosa di più mera di sicurezza in attesa dell’interprete che tipico. I suoi capricci incalzavano. Ad un cer- però tardava ad arrivare. Così mi hanno reto punto ha iniziato a correre”. Spaventato al- quisito gli oggetti che portavo con me e tral’idea che il figlio potesse perdersi o essere in- sferito in una cella dove poi avrei passato due vestito dalle auto di passaggio, Colasante lo giorni. Materasso durissimo senza cuscino. Al ha rincorso e, raggiuntolo, lo ha afferrato per suo arrivo il traduttore mi ha interrogato, mi il bavero della camicia in modo da fermare la ha rassicurato sul fatto che tutto si sarebbe sua corsa. “Lui ha i capelli lunghi, anzi, li ave- chiarito ma ha detto di dover chiamare il mava, perché adesso, (ndr sorride) li ha tagliati, e gistrato. Dopo aver parlato con lui, l’interpreprobabilmente, nel trattenerlo, ho afferrato te mi ha invece comunicato che lo stato di ferinavvertitamente tra le mani anche qualche mo si trasformava in stato di arresto. In quel capello, ma è una cosa che ho ammesso sin da momento mi è caduto il mondo addosso”. Sucsubito, dal primo interrogatorio”. Alla scena, cessivamente anche moglie e figlio sono staoltre al resto del gruppo, avevano assistito an- ti interrogati alla presenza dell’interprete. che tre svedesi che si sono avvicinati con fare “Non ha assistito uno psicologo, in barba a minaccioso. “Sono arrivati correndo, con i pu- quanto prevede la legge. L’hanno interrogato, gni levati al cielo e rivolti verso di me, tanto poi, senza filmarlo, altra deroga alla legge sveche mi hanno persino sfiorato il mento. Tre uo- dese. Per questo vizio procedurale la sua dimini, vestiti più o meno allo stesso modo, che chiarazione in sede processuale non è stata ci hanno aggredito verbalmente con parolac- tenuta in considerazione fino in fondo. Anzi, io ce in italiano e in inglese. Quando sono anda- ritengo che tutta l’indagine della polizia non sia ti via, noi abbiamo continuato nella ricerca del stata condotta bene perché sono stati interroristorante”. La tranquillità è però durata po- gati solo i testimoni dell’accusa e non i miei co. “Mentre eravamo seduti a tavola ho visto compagni di viaggio che avevano assistito aldalla vetrina una delle tre persone parlare con l’intera scena e che sarebbero partiti solo aldue poliziotti e indicare dalla mia parte. Ad l’indomani per la crociera alla quale avrei doun tratto i poliziotti sono entrati, mi hanno fat- vuto partecipare anch’io”. to alzare prendendomi ognuno per un bracEssendo troppo discordante la versione di cio davanti agli occhi terrorizzati dei miei fi- Colasante, interrogato nuovamente, da quelgli che hanno iniziato a piangere e mi hanno la dei tre testimoni dell’accusa, il magistrato portato fuori. Parlavano in svedese e inglese. non ha potuto commisurargli subito una mulIo pensavo che il tutto si risolvesse con un chia- ta ma lo ha rinviato a giudizio. Straniero e senrimento veloce, come accade in Italia, dove za un domicilio in Svezia, sarebbe dovuto reprendono le generalità, cercano di capire co- stare in carcere sino al processo. “Un altro sa è accaduto e invece sono stato trattato come abuso: sono cittadino europeo e non dovrei esse fossi l’ultimo dei delinquenti”. sere penalizzato solo perché non svedese. DeUno dei poliziotti è rimasto con Colasan- vo ringraziare mia moglie che, attraverso amite mentre l’altro, ad una certa distanza sul ci in Italia, ha preso contatti con la nostra marciapiede, interrogava il figlio e la moglie. Ambasciata in Svezia che mi ha fornito il do“Lui mi poneva delle domande ma io conosco micilio permettendomi di essere scarcerato. poco l’inglese e per nulla lo svedese per cui la Non prima però di ritirarmi il passaporto, secomunicazione risultava impossibile, tant’è condo me una privazione gratuita”. vero che si stavano generando degli equivoci. Dopo una decina di giorni si è tenuto il

processo. Poiché il procuratore aveva chiesto come pena massima la condizionale con la multa, il che non prevede l’arresto, finalmente la famiglia Colasante ha potuto lasciare il paese. “Un travaglio gratuito e ingiustificato a cui tutta la mia famiglia è stata sottoposta”. In particolare il figlio che, inconsapevolmente, aveva fatto scattare la macchina persecutoria. “Mio figlio è adolescente, ha capito cosa il suo comportamento aveva… non voglio dire ‘causato’ perché lui non ha fatto nulla così come non ho fatto nulla io. E’ chiaro che ha compreso però che se in quel momento lui avesse fatto meno capricci forse non sarebbe successo nulla”. Il 13 settembre è giunta la condanna ad una multa di 740 euro per maltrattamenti lievi, pena che Colasante non dovrà pagare perchè i metodi restrittivi già subiti (carcere, ritiro del passaporto, divieto di viaggio), “sproporzionati nel caso di sospetti di crimini di natura relativamente lieve come in questo caso” (come si legge testualmente nella sentenza del tribunale svedese), compensano l’ammenda comminata. “Il magistrato ha riconosciuto che era impossibile che io avessi scosso volontariamente mio figlio per i capelli, viste le sue dimensioni. Non ha però preso in considerazione il fatto che l’eventuale dolore che gli ho provocato, nell’afferrarlo dal bavero, fosse stato causato da una motivazione seria, cioè dalla mia preoccupazione per lui. Il solo fatto di aver provocato dolore a mio figlio per la giustizia svedese risultava meritevole di condanna. E’ una sentenza “pi-

Latesca”, in cui il giudice, pur rendendosi conto dell’effimerità delle accuse, per non smentire tutto il sistema giudiziario svedese, ha voluto salvare l’impianto accusatorio infliggendomi questa condanna lieve. Un modo per salvare capra e cavoli”. Calpestato nei diritti e denigrato da certa stampa, soprattutto svedese, forse, anche perché uomo politico. “Nella mia deposizione ho sottolineato di essere, prima che un politico, un lavoratore, di amare il mio lavoro e la mia famiglia e che è per queste doti che sono stato eletto consigliere comunale. Ci ho tenuto a sottolineare questo perché mi sono reso conto che l’epiteto “politico”, usato negativamente, veniva prima di ogni altra cosa ormai, e non escludo che il fatto di essere una persona pubblica, cosa che io stesso avevo riferito in fase di interrogatorio con l’intento di aumentare la mia credibilità, mi abbia invece nuociuto”. In merito al sistema educativo italiano, messo così in discussione, Colasante non ritiene che ci siano grandi differenze con quello svedese. “Ritengo di educare i figli esattamente come fa un genitore di Stoccolma, non ritengo affatto che le botte siano lo strumento migliore, ma penso che, probabilmente, una sculacciata se motivata, non faccia male”. Ancora voglia di terminare la crociera? “Stoccolma l’ho visitata, mio malgrado, nella settimana in cui sono stato costretto a fermarmi dopo l’arresto, il resto della crociera mi manca, ma mia moglie ha già dichiarato di averne abbastanza della Svezia. Anna Russo


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