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Inchiesta Foggia Frontiera dell’immigrazione

Benessere Rimedi anticellulite Foto: Lello Cocozza

Moda La tentazione è donna

Cure dolci La dieta della calma

Viaggi

Francesca Curcetti:

arte e passione

Welcome to Miami


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sommario

ditoriale di ANNA RUSSO Molteplice in ogni sua espressione. E equilibrato. E’ così che definirei questo numero di 6Donna. Perché è la molteplicità il tratto che lo contraddistingue? Perché con questo termine voglio raccogliere gli aspetti più variegati della multietnia e del cosmopolismo. Multietnico è il volto che la città di Foggia sta assumendo nel corso degli ultimi anni. Le percentuali rivelano un incremento notevolissimo degli stranieri presenti, regolari e non. Certo, se si confrontano i dati con quelli registrati in grandi centri urbani come Roma e Milano, l’affermazione di una Foggia multietnica non regge. Eppure, un altro confronto credo si debba fare e cioè tra come la città (ma in realtà l’intera provincia) è oggi e come appare nei nostri ricordi di poco più di un decennio fa. Basta visitare i luoghi simbolo della città in metamorfosi per comprenderne la rivoluzione etnica. Per anni, da studentessa prima, da lavoratrice poi, in ogni caso pendolare, ho frequentato la zona della stazione ferroviaria e tornarci oggi mi dà il senso del cambiamento di cui parlavo prima. Soprattutto nel primo pomeriggio e a partire dall’imbrunire, viale XXIV Maggio si popola di cittadini stranieri. Le parallele, in particolare sul lato di via Fiume e via Trento, sono piene di attività commerciali, cinesi innanzitutto e, da qualche tempo, anche indiane e arabe. Agli incroci semaforizzati cittadini, inoltre, è davvero una rarità non essere intercettati da lavavetri e le scene di accattonaggio sono all’ordine del minuto. Di recente, poi, l’area antistante il centro commerciale di viale degli Aviatori è diventata (con qualche rara eccezione dovuta all’intervento della vigilanza) regno incontrastato di extracomunitari, per lo più originari del Corno d’Africa. E’ un dato di fatto che non vuole presentarsi né come un attacco né come una difesa ai migranti, ma solo come una fotografia equilibrata e realistica, visibile a tutti e a cui ognuno guarda con piglio personale. Durante la preparazione di questa inchiesta poi, sono inciampata in alcune figure relativamente nuove del servizio sanitario, cioè quelle delle mediatrici interculturali, giovani donne provenienti da Paesi dell’Est, alle cui particolari vicende di vita abbiamo deciso di dedicare la pagina delle Storie al femminile. Molteplice è, infine, anche il Personaggio del mese, Francesca Curcetti, artista poliedrica, romantica e cosmopolita, affascinata dall’amore e affascinante nel suo insieme complesso e variegato. Origini foggiane e lucane, è vissuta per molti anni a Bari. Dopo una breve sosta a Barcellona, si è trasferita a Milano che però potrebbe non essere la sua meta definitiva. Questo “perché nella vita tutto può accadere”.

4 Personaggio del mese • Francesca Curcetti, artista a tutto tondo 5 storie al femminile • Angeli della mediazione 6 Inchiesta • Le frontiere dell’immigrazione cambiano. Foggia terra promessa o corsia di passaggio? 8 Attualità • Il latte della mamma non si scorda mai • “Scene di una strage”: in memoria di Luigi Pinto 10 Benessere • Senza buccia (d’arancia) 11 Bellezza • Giochi di seduzione 12 Spazio bimbi • Un mondo di fiabe 13 Moda • Quando la tentazione è donna 14 Piante • Rosa, regina di fiori 15 Ambienti • Cartongesso, materiale tutto da scoprire 16 Spettacolo • Spaccato dolce-amaro dell’universo femminile 17 Rubriche 21 Cure dolci • La dieta della calma 22 Viaggi • Welcome to Miami


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personaggio del mese

Pittrice e couselor. Ora leader al concorso di Vogue Italia ed Elizabeth Arden

Francesca Curcetti, artista a tutto tondo La carriera da avvocato che aveva scelto non la soddisfaceva per cui, a 26 anni, ha deciso di dare una svolta alla propria vita iscrivendosi all’Accademia di Belle Arti. Oggi, a 34 anni, espone le sue opere in tutta la Puglia, fino ad arrivare in diverse città italiane e a superare i confini del Paese. Francesca Curcetti, alias Sonikasik, foggiana di origine, barese per necessità, milanese per scelta, cosmopolita per indole, ha di recente vinto il concorso per nuovi designer indetto da Vogue Italia ed Elizabeth Arden. Barese, milanese, foggiano. Qual è il lato di se stessa che preferisci di più? La mia vita è legata a queste città in un modo estremamente profondo, ma mi sono sempre sentita cittadina del mondo e mai veramente legata ad un’unica città, quindi preferisco quello che ancora sperimenterò. Artista per gioco, passione o professione? Artista, o meglio pasticciona, per gioco quando a 3 anni con la mia mamma dipingemmo un bosco grande quanto una parete della mia cameretta; passione quando mi accorgo

che sono le 4 di mattina e mi sono dimenticata di andare a dormire tra pennelli e colori; professione Francesca Curcetti quando unisco la mia arte al mio essere counselor e mi dedico all’arte-terapia. Sonikasik: uno pseudonimo bizzarro. A cosa è dovuto? Ad un soprannome, ad una delle mie canzoni preferite, alla mia prima mostra a Firenze, alla mia ossessiva passione per la simmetria… Come definirebbe la sua arte? Una serie di fermi immagini sulla vita di una donna, che racconta a tutti del mondo femminile, narrata da me che sono semplicemente una “raccontastorie”. Ogni artista ha un rapporto particolare con il corpo, qual è il suo? Io vedo il corpo come il più forte mezzo di comunicazione artistica possibile. Ci lavoro perchè anch’esso è tela. Il corpo è lo strumento che

maggiormente ci permette di comunicare. Noi parliamo con ogni suo centimetro, con ogni suo anche minimo movimento. E’ quando ho compreso il suo esser vivo che ho imparato a rispettare e ad amare il mio. La mia storia, poi, è simile a quella di molte altre ragazze: una lotta che dura anni contro la propria immagine, anzi, contro la distorsione di essa di cui si è vittime. La mia esperienza personale di amore ed odio si è tramutata in arteterapia: sono diventata una counselor che lavora all’interno di situazioni che vedono protagoniste

CARTA D’IDENTITÁ Nome

Cognome Nata a Il Residente a Origini Professione Film Libro

ragazze/i o bambine/i che soffrono di qualsiasi tipo di disturbo alimentare (anoressia, bulimia, obesità). L’opera con cui ha vinto il concorso di Vogue Italia ed Elizabeth Arden è “Go and open The safe door, please!” con cui afferma che ogni donna possiede dentro di sè una cassaforte. Lei cosa ripone nella sua? L’eternità che mi lega a mio fratello, il profumo di mia madre, la voce di mia nonna, il Brasile di mio padre, il mio pianoforte, i miei libri d’arte, la mia vecchia bilancia arancione, la mia

Francesca Curcetti Milano 11.01.1977 Milano foggiano-lucane artista - counselor “Three... extremis” Ariel ed. Di Marsico

gatta Minou, i sì e i no delle vere amiche, le scarpe col tacco 12, il gelato artigianale, la mia tesi sul cinema di Andy Warhol, i viaggi, il coraggio, la consapevolezza, gli abbracci del mio Amore, il mio presente… Tra rivendicazioni femministe e mercificazione del corpo femminile, come vede il rapporto uomo/donna? Una divertente diatriba eterna di cui ci si lamenta, ma senza la quale non ci sarebbero: talk show televisivi; libri di pseudo esperti sui rapporti di coppia in ogni libreria o supermercato; una serie di film e commedie che ci piace guardare per sentirci una perfetta Bridget Jones… Bari, Milano, Foggia: la città che più ama, quella che più la fa arrabbiare, quella senza la quale la sua vita non sarebbe stata la stessa. Bari è quella che mi ha vista trascorrere la maggior parte della mia vita e senza la quale non sarei quella che sono diventata. Foggia è quella che più mi fa arrabbiare perché potrebbe valorizzarsi molto di più. Milano è quella che mi ha vista nascere e che ora mi vede iniziare la mia nuova vita. Quella che più amo? Forse la prossima in cui vivrò. Anna Russo


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storie al femminile

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In una Foggia multietnica la chiave di svolta è nell’intercultura

Angeli della mediazione Giovani donne punto di riferimento per l’orientamento degli stranieri Un tempo, quando, clandestine o con un permesso studio, sono arrivate in Italia, la “mediazione interculturale” non era nulla di più che una voce del dizionario di lingua italiana. Oggi, sono loro stesse, giovani donne ormai stabilizzate sul territorio, a dar corpo a quella voce e a rappresentare, per i connazionali che continuano a varcare il confine, un valido punto di riferimento e orientamento. Lucia Visan, Olena Hordionok, Ana Shahini sono tre delle mediatrici interculturali che partecipano ad un progetto della ASL di Foggia finalizzato all’accoglienza, all’accompagnamento e al disbrigo delle pratiche di ordine amministrativo e sanitario dei cittadini stranieri che hanno difficoltà a rapportarsi con il servizio sanitario anche a causa della lingua e della non conoscenza delle strutture sanitarie.

Dall’Ucraina

Un discorso valido soprattutto per gli irregolari, sia europei che extracomunitari. Il compito delle mediatrici è di accogliere gli stranieri e di orientarli a utilizzare nella maniera più appropriata i servizi sanitari. Lucia Visan delAccanto a questo progetto, che prevede l’implementazione la rete dei servizi rivolti ai cittadini stranieri irregolari, nella ASL è attivo un secondo progetto sulla prevenzione materno-infantile con cinque mediatrici impegnate in alcuni consultori della provincia dove si orientano in modo particolare le donne all’utilizzo dei servizi consultoriali per le problematiche specifiche femminili, per le interruzioni di gravidanza, per l’educazione alla contraccezione. Mediatrici al lavoro, ma anche donne, ognuna con la propria storia fatta di viaggi, abbandoni e prospettive future, ma sempre con uno sguardo rivolto indietro, verso le proprie radici.

Dall’Albania

Olena Hordionok Ana Shahini: dalla laurea Niente legami, in viaggio per avventura in Scienze Religiose a mediatrice multilingue Olena Hordionok, è una donna ucraina di 42 Ana Shahini, di origini albanesi, è giunta in Italia quindici anni fa per moanni. Vive a Foggia dal 2001, dopo una breve pativi di studio. Iscritta alla Facoltà di Scienze Religiose, mentre completava gli sturentesi in Calabria. “Ho lasciato il mio Paese non di ha ricevuto la proposta di lavorare come interprete nel Centro di Accoglienper necessità ma per curiosità, per conoscere il monza di Borgo Mezzanone. “Era il 1999, agli esordi della guerra nel Kosovo. do. Mi dicevo, vado, vedo come va e poi torno, invece Quando cominciarono ad arrivare i profughi sorse la necessità di un interpresono rimasta per 10 anni”. In Ucraina Olena ha late di origine albanese e così fui chiamata. Ho continuato a lavorarci per sette ansciato la madre che torna a trovare una volta all’anni, anche dopo la partenza dei profughi miei connazionali, come interprete di no. “Il distacco è stato duro, ma l’ho vissuto molto lingua inglese”. Nel frattempo Ana ha freprima, già dall’età di 17 anni quando, per frequenquentato corsi per mediatrice interculturatare l’Università, ho lasciato la mia città e mi sono le e ha iniziato a collaborare con la Caritas trasferita a diversi chilometri di distanza. Già alloin un progetto finalizzato a facilitare l’intera tornavo a casa solo due volte l’anno”. Spirito ingrazione della donna immigrata attraverdipendente e avventuroso, sin dall’inizio Olena, riso corsi di formazione base e professionaposta nel cassetto la laurea in Farmacia, ha accettato le. “La scelta è caduta su Foggia un po’ per Mensile di attualità e informazione. di svolgere i lavori più umili, dalla badante all’ascaso, anche perché era una città vicina alla Registrazione presso il Tribunale di Foggia sistente agli anziani, sino alla cameriera in bar e pizmia terra e più facile da raggiungere. n° 2/2002 del 26/09/2002 zeria. “La mia laurea qui non è riconosciuta, ma faOra sono soggiornante di lunga durare la badante non è stato degradante per me proprio ta. In patria ho lasciato i miei genitori che Editore perché ho vissuto tutto come un’avventura, anche se Sa sinistra: Olena Hordionok e Ana Shahini però vengono spesso qui dove vive anche Publicentro Servizi Pubblicitari s.r.l. ho subito delle umiliazioni. Solo in un secondo momio fratello con la sua famiglia”. Arrivando Direttore Responsabile mento ho iniziato a frequentare corsi di formazione come mediatrice interin Italia, Ana non ha potuto non constatare un pregiudizio molAnna Russo culturale e ho deciso che quella sarebbe stata la mia strada”. to radicato nei confronti degli albanesi. “Se un italiano, purOlena si considera una pioniera rispetto ai connazionali che attualmentroppo, incontra uno studente albanese lo accoglie con molta Caporedattore te arrivano in Italia. “Quando sono arrivata dieci anni fa, non c’era la minima apertura, cosa, invece, che non accade nei confronti di colf e baAngela Dalicco informazione. Anche l’Italia adesso è più pronta a ricevere gli immigrati. Pridanti anche se spesso tra loro ci sono donne laureate, costretHanno collaborato ma ci consideravano solo come badanti o colf, adesso anche gli italiani sono te a fare questo lavoro perché non trovano un altro sbocco”. più aperti nei nostri confronti quindi, per chi arriva ora, è tutto più semplice. Maria Rosaria De Leonardis Come i suoi genitori, Ana continua a restare legata alla sua paAdesso, avendo un titolo come mediatore culturale, sono felice di aiutare gli Maria Grazia Frisaldi tria. “Io mi sento sempre albanese anche se mi trovo bene qui, altri a realizzarsi in qualche modo”. Oggi Olena vive da sola. “Per adesso è Mariangela Mariani ho un fidanzato italiano, ma non perderò mai le mie radici. questa la mia casa, qui ho i miei progetti che cercherò di realizzare, ma nelDalila Campanile Quando avrò dei figli insegnerò loro l’albanese perchè è giusto la vita nulla è mai detto”. Elisabetta Ciavarella che mantengano il legame con la propria terra”.

Irma Mecca prof.ssa Maria Santillo avv. Antonietta Colasanto

Dalla Romania

Lucia Visan in Italia per realizzare il suo sogno d’amore

Lucia Visan, trentottenne romena, da 16 anni vive in Italia. Innamoratasi di un giovane italiano conosciuto in patria, per amore si è trasferita a Foggia. “L’impatto iniziale è stato difficile perché venivo da una cultura diversa. Mi ero appena laureata, ma in Italia era difficile ottenere il riconoscimento degli studi svolti all’Estero, quindi ho iniziato un percorso lungo e burocratico per ottenere il riconoscimento dei miei titoli”. In Romania Lucia ha lasciato i genitori ed un fratello a cui fa visita regolarmente ogni anno. “Al mio arrivo a Foggia mi sono dedicata esclusivamente alla formazione: corsi di inglese, informatica e professionali; poi ho iniziato a lavorare come interprete in tribunale e come mediatrice interculturale in campo sanitario. Quello che svolgiamo nell’Azienda Sanitaria è un lavoro che spazia dal campo sanitario a quello sociale, nel senso che forniamo agli immigrati le informazioni più varie, mettendoli in rete con le altre istituzioni”. Come è cambiata oggi l’accoglienza agli stranieri? “Per me è stato più difficile rispetto a chi arriva oggi. Io sono giunta nel 1995. Allo-

ra non si parlava ancora di integrazione, di intercultura quindi il Lucia Visan mio percorso è stato molto più duro rispetto a quello di chi sta immigrando adesso. Gli stranieri che arrivano oggi hanno già la strada fatta, mentre noi di prima generazione ce la siamo fatta da soli. Foggia, poi, è molto accogliente. Sono gli stessi immigrati che vanno nel nord Italia a cercare lavoro a riferirci, al loro ritorno, di non aver trovato una città così accogliente come Foggia”. Lucia si è così ambientata da escludere l’eventualità di un ritorno in Romania. “Dopo aver trascorso quasi metà della mia vita qui è difficile per me pensare ad un ritorno in patria. Le mie radici restano però nella mia terra d’origine”.

Rubriche avv. Katia Monopoli avv. Rosangela Loriso avv. Rosa Schena dott.ssa Mariagrazia Bellantuono dott.ssa Marcella Bevilacqua dott.ssa Alessandra Marinari dott.ssa Valeria Ventura Redazione Foggia Via Tressanti, I trav. (vill. Artig.) Tel. 0881.56.33.26 - Fax 0881.56.33.19 e-mail 6donna@virgilio.it Impaginazione e stampa Publicentro Graphic La collaborazione è volontaria e gratuita. I testi e le foto da voi inviate non verranno restituite. Questo numero è stato stampato in 43mila copie e distribuito gratuitamente a domicilio nella città di Foggia


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inchiesta

Coste aperte ai migranti e spazio agli italiani di seconda generazione.

Le frontiere dell’immigrazione cambiano. Molti arrivano per i lavori agricoli stagionali, altri con la speranza di trovare un’occupazione stabile. All’inizio erano i vu cumprà africani, poi gli albanesi durante la guerra in Kosovo. L’ingresso nella Comunità Europea dei Paesi dell’ex Unione Sovietica ha invece accelerato l’arrivo di polacchi, ucraini e romeni. Fino ad oggi, con i conflitti nel nord Africa che spingono le popolazioni magrebine e libiche a imbarcarsi alla volta dell’Italia. Non vanno dimenticati, poi, i numerosissimi cinesi, ormai stabili sul territorio. Terra promessa o solo corsia di passaggio, il volto della nazione sta cambiando notevolmente. E la reazione dei cittadini italiani oscilla tra l’accoglienza e una diffidenza malcelata. A Foggia e in provincia, la presenza degli immigrati è in costante aumento: l’Istat rileva che, nel 2007, sono giunti regolarmente 9.860 stranieri: 4935 uomini e 4925 donne. Già nel 2008 il numero delle presenze è salito a 14.004 (6777 uomini e 7272 donne) con un aumento del 29,82%. Nel 2009, i cittadini stranieri regolarmente presenti in provincia di Foggia sono stati 19.524. Gli immigrati in Provincia di Foggia rappresentano il 2,9% della popolazione residente, i dati più alti registrati in Puglia, dove l’incidenza media é del 2,1%. L’immigrazione in Capitanata é un fenomeno che coin-

Avvocato

volge oramai tutti i comuni della Provincia, dove Foggia costituisce il polo di maggiore attrazione con 3.857 cittadini stranieri regolarmente presenti, di cui 1.800 maschi e 2057 femmine. A questi occorrerà aggiungere le centinaia di richiedenti asilo (che si avvicendano presso il C.A.R.A. di Borgo Mezzanone) e un migliaio di irregolari, dato destinato ad aumentare durante le attività stagionali nelle campagne. Nel 2009 il numero delle donne ha superato quello degli uomini, segnando una inversione di marcia. Confermando il dato nazionale, la comunità più numerosa é quella dei rumeni che costituiscono il 22,37 % degli immigrati regolari, seguono gli albanesi con il 13,99%, i marocchini con il 7,52%, i polacchi (7,02%), gli ucraini (6,50%), gli asiatici, soprattutto cinesi, con il 4,86%. In risposta alle continue ondate di migranti sono sorte numerose associazioni di volontariato tra cui il Centro Interculturale “Baobab-sotto la stessa ombra”, nato sei anni fa con lo scopo di favorire percorsi e processi di integrazione sul territorio. “Baobab, gestito dalla cooperativa Sociale “Arcobaleno – spiega Domenico la Marca, responsabile del Centro Interculturale - rappresenta una svolta importante per la nostra città e il territorio in una concezione delle politiche locali di im-

Permesso di soggiorno e reato di clandestinità

LA NORMATIVA VIGENTE La normativa vigente in materia di immigrazione nel nostro Paese è la c.d. legge Bossi-Fini (L. 30 Luglio 2002 n.189), che modificò in maniera decisamente restrittiva il decreto legislativo del 40/98, già definita legge Turco-Napolitano. Attualmente per entrare nel nostro Paese e soggiornarvi per un periodo più lungo di tre mesi è necessario ottenere e possedere il permesso di soggiorno ed un contratto di lavoro. Il permesso di soggiorno ad un irregolare viene concesso solo allo straniero che ha già un contratto di lavoro. Il permesso durerà due anni; se nel frattempo lo straniero ha perso il lavoro dovrà tornare in patria, altrimenti diverrà irregolare. Solo dopo 6 anni l’immigrato può richiedere la Carta di Soggiorno per la permanenza regolare definitiva. La Bossi - Fini prevedeva l’”accompagnamento alle frontiere” (e rimpatrio) per gli irregolari (ovvero coloro senza permesso di soggiorno ma con documento di identità) e la permanenza fino a 60 giorni nei Centri di Permanenza Temporanea per i clandestini (senza permesso di soggiorno e senza documento di identità). A seguito dell’entrata in vigore della legge 24 luglio 2008 n.125 (c.d. Pacchetto Sicurezza), la legge Bossi-Fini è stata integrata con l’introdu-

zione del reato di “ingresso e soggiorno irregolare”, configurabile quando non sussistono i su menzionati presupposti di ingresso regolare, che prevede la comminatoria di una multa da 5.000 a 10.000 euro ed il rimpatrio immediato senza il nulla osta dell’autorità competente; inoltre, il menzionato “pacchetto sicurezza” prevedeva anche la pena della reclusione per il reato in predicato. La Corte di Giustizia UE sez.I, con sentenza 28-04-2011 n° C-61/11 si è pronunciata negativamente circa quest’ultima previsione: difatti, in quella sede è stato stigmatizzato che ‘’una sanzione penale quale quella prevista dalla legislazione italiana può compromettere la realizzazione dell’obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali’’. Gli argomenti adottati dall’autorevole Consesso europeo hanno premiato soprattutto chi da sempre crede nel rispetto della persona come momento imprescindibile di qualsiasi disciplina del vivere sociale e che aborre il ricorso ad interventi sommari e privi di specifica regolamentazione, suscettibili di consentire gravi violazioni dei diritti umani. Avv. Antonietta Colasanto

Domenico La Marca, responsabile Centro Interculturale “Baobab”

migrazione, non più arenata sulla prima accoglienza, emergenza sempre presente, ma tendente a favorire la partecipazione e il protagonismo dei cittadini stranieri”. I dati non ci parlano solamente di una città che ha cambiato volto, ma anche di cittadini che, lavorando soprattutto in agricoltura, nei servizi alla persona e nel commercio, in questi anni sono stati raggiunti dai loro familiari, che hanno figli che frequentano le scuole foggiane e che, con molta probabilità, non

torneranno più in patria. “ Accanto allo sportello informativo che ogni anno segue più di 500 cittadini stranieri nelle pratiche relative alla regolarizzazione, il centro organizza diversi momenti di condivisione di scambio culturale dove, ad incontrarsi, non sono le culture, ma le persone. Chi si rivolge al Centro lo fa per avere informazioni sul rinnovo o richiesta del permesso di soggiorno, per i ricongiungimenti familiari, per avere informazioni sull’assistenza sanitaria, sull’iscrizione a scuola dei figli o per denunciare situazioni di sfruttamento o di disagio”. In questi anni il centro ha incrociato sguardi e storie, molte delle quali di illusioni frantumate, di guadagni facili mai ottenuti, di caporalati e di sfruttamenti, condizioni di vita disumane. Grazie alla collaborazione di Enti, Istituzioni e organizzazioni del privato sociale, molte di queste istanze hanno trovato risposta da Questura, ASL, organizzazioni sindacali. “Non abbiamo una storia in particolare da ricordare, ma grazie alla storia di ognuno ‘sotto la stessa ombra’ al Baobab, ci siamo raccontati, abbiamo assaporato gusti e profumi del mondo intero, abbiamo ballato danze del mondo e sicuramente non ci siamo senAnna Russo titi soli”.

Ambulatorio per migranti Anche agli irregolari il diritto all’assistenza sanitaria Quattro anni fa è partito il progetto più sperimentale della Regione Puglia, cioè l’apertura degli ambulatori per gli immigrati irregolari. Dieci dipendenti della ASL di Foggia, partendo dalla considerazione che gli immigrati che giungevano in Capitanata per i lavori stagionali erano il quadruplo rispetto alle quote di ingresso stabilite dal governo, decisero di fondare un gruppo di lavoro per la tutela dei migranti irregolari, di quelli cioè che non arrivavano attraverso i canali legali e che, di conseguenza, non avevano alcuna tutela sanitaria. Di loro si occupava l’associazione Medici Senza Frontiere. “Abbiamo così proposto di aprire – spiega Ennio Guadagno, dirigente sociologo dell’Azienda Sanitaria Locale di Foggia - venti ambulatori in tutta la provincia nei comuni interessati dalle varie tipologie di lavoro stagionale, con personale selezionato per l’accoglienza”. La veloce attività di promozione degli ambulatori STP (Stranieri Temporaneamente Presenti), comunemente definiti per “migranti”, attraverso la distribuzione di depliand informativi in dodici lingue, ha fatto registrare negli ultimi due anni, quasi 15 mila visite. “Nonostante l’ambulatorio di Foggia sia dislocato in una zona decentrata, via Spalato – chiarisce Stefania Di Gennaro, dirigente medico– è molto frequentato. Oggi funziona come un ambulatorio di medicina generale, aperto tutti i giorni, tre ore la mattina e tre nel pomeriggio e rimane chiuso solo nei festivi e nei sabati e nelle domeniche”. Da quando sono attivi gli ambulatori per migranti, l’associazione Medici Senza Frontiere ha potuto lasciare il territorio e rivolgere altro-

I dirigenti della ASL FG. Da sinistra: Ennio Guadagno, Stefania Di Gennaro , Giuseppe Chiodo

ve la propria attività. “Noi, in questo modo – conclude Giuseppe Chiodo, dirigente infermieristico - abbiamo assicurato la tutela sanitaria a tutti. E’ bene che si sappia, inoltre, che a tutti i migranti irregolari il Servizio Sanitario offre tutte le prestazioni ospedaliere con le classiche impegnative rosse. Gli irregolari hanno la certezza di non essere denunciati come tali”. Nel 2010 a fare fare ricorso alle cure dell’ambulatorio per migranti di Foggia sono stati 1.024 extracomunitari, per la maggior parte macedoni (Rom), e 1.051 europei non in regola. Anche la comunità cinese inizia a frequentare l’ambulatorio. Lo scorso anno hanno ricevuto assistenza 8 cinesi, 2 maschi e 6 femmine, un dato irrisirio a prima vista, ma in realtà importante perché segnala l’inizio di un dialogo con la comunità più refrattaria presente sul territorio. La ASL FG ha inoltre appena siglato con Amnesty International un accordo per assicurare assistenza sanitaria agli stranieri che vivono nelle campagne, dove gia.r. rano mediamente 2.000 persone.


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inchiesta

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Così è scandita l’era presente declinata al futuro

Foggia: terra promessa o corsia di passaggio? In giro per le strade simbolo della città che cambia. Tra accoglienza e diffidenza, come i foggiani percepiscono il nuovo volto della city ZONA MENSE

FOGGIA, ZONA STAZIONE

I timori dei commercianti Anche Foggia è diventata ormai una città multiculturale, sono diversi infatti i cittadini stranieri che hanno scelto la città quale fissa dimora, e amministrazioni, associazioni e cittadini hanno dovuto adeguarsi alla nuova situazione. Centri di accoglienza, servizi e attività commerciali sono sorti al fine di rendere il loro ‘soggiorno’ più confortevole possibile. Presso la parrocchia del Convento dell'Immacolata, nel 1959, è nata la "Mensa dei Poveri San Pio da Pietrelcina". La mensa serve giornalmente duecento pasti caldi, è sostenuta dalla Provincia e dalle opere di carità di fedeli e benefattori. I poveri che usufruiscono del servizio sono nella quasi totalità extracomunitari (africani e dell'est europeo). Il servizio è garantito da quaranta volontari e due cuoche. Nel 2007, in via Orientale, dopo quattro anni di stop, è stato riavviato anche il servizio mensa della casa di Santa Maria del Conventino, gestito dalla Caritas. Il servizio mensa assicura tre pasti al giorno, dal lunedì al sabato, è svolto da circa settanta volontari che appartengono a diversi gruppi parrocchiali. All’interno della struttura è presente anche l’ambulatorio medico, un servizio svol-

“TERRA DI TUTTI,

TERRA DI NESSUNO”

to in convenzione con l’Azienda Sanitaria Locale che offre gratuitamente prestazioni sanitarie e medicinali. Molto spesso però, proprio nei quartieri che ospitano le mense, si verificano episodi che preoccupano i residenti: atti vandalici, risse, situazioni moleste e pericolose sono frequenti nelle zone limitrofe alle due strutture. Spesso ubriachi vagano per le strade tirando fuori dai cassonetti tutto ciò che potrebbe tornare loro utile e lasciando a terra il resto; bivaccano, dormono e mangiano nei giardinetti pubblici e sulle panchine. I commercianti si dichiarano stanchi e non tutelati, hanno paura, temono continuamente per se stessi, per le loro famiglie e per la merce che espongono all’esterno dei propri negozi, ma le loro lamentele, le loro denunce sembra siano rimaste ancora inascoltate. Le stesse raccolte di firme non hanno avuto sino ad ora seguito. Maria Rosaria De Leonardis

L’UOMO NERO DI VIALE DEGLI AVIATORI

Lì dove gli extracomunitari chiedono denaro... e una mela Si prega di affrettarsi alle casse. Ore 21. L’ipermercato è in chiusura. Ma loro non hanno smontato. Le donne, a passo svelto, difendono il loro carrello fino al portabagagli, poi si guardano intorno, circospette, mentre un uomo di colore si avvicina e chiede denaro. Non se ne va. Perché non si allontana nemmeno quando entri in macchina e inserisci la chiusura centralizzata. Ce ne sono decine nel piazzale antistante il Centro Commerciale Mongolfiera, e si aggirano come zombie anche nel parcheggio sotterraneo. Sbucano tra le macchine appena togli le chiavi dal quadro. Al buio dell’ora di chiusura il loro turno non è ancora finito. Le donne sole sono visibilmente le più infastidite da quella presenza, e neanche un semplice “ciao” dell’uomo di colore le tranquillizza. Angela, 25 anni, ci racconta che una volta, mentre era in macchina con delle amiche, uno di loro ha tentato di aprire lo sportello. La chiusura centralizzata ha impedito che potesse farlo, mentre continuava a insistere bussando contro il vetro. Le ha spaventate, tanto da costringere la ragazza alla guida ad una manovra inconsulta. Manuela, 35 anni, accanto a lei c’è un uomo. “Non mi sento assolutamente al sicuro. Vederli di sera o anche di giorno fa un po’ paura, non si può mai sapere quello che può suc-

cedere, soprattutto quando qualcuno di loro è ubriaco, perché capita di incontrarne alcuni che nemmeno si reggono in piedi”. È turbata anche Cinzia, 49 anni, ma non solo dalla presenza degli stranieri in quel parcheggio. “Purtroppo sono un po’ dappertutto, in tutti gli alimentari e i centri commerciali, sono diventati oramai di casa, e se non mi sento al sicuro non è solo per gli extracomunitari”. Elvira, 58 anni, è dalla parte degli stranieri. Lei che con la sporta della spesa va a passo svelto quando il centro commerciale ha ormai abbassato le saracinesche. “Sono figli di Dio pure loro, il timore c’è sempre, ma non per questo possiamo cacciarli, o trattarli male, potrebbe essere uno dei nostri figli, o dei nostri fratelli. Il timore c’è ma non solo degli extracomunitari, quanto di tutti gli uomini in genere”. Ad Anna tre uomini si avvicinano per chiedere una delle mele che ha nella busta. Prima si spaventa, poi, torna indietro e ne lascia tre. “Sono figli di Dio pure loro”. Mariangela Mariani

“Questo è un quartiere atipico, in cui si evidenzia fortissimamente la presenza di cittadini stranieri. Arrivano periodicamente, a frotte, soprattutto dal nord Africa e dai Paesi dell’est Europa. Ormai ne conosciamo anche gli orari”. A parlare, con tono placido e sereno, è don Giuseppe Bisceglia, parroco orionino della chiesa di Santa Maria della Croce. La parrocchia, in viale XXIV Maggio, costituisce - forse inconsapevolmente - un osservatorio privilegiato per analizzare da vicino e comprendere quelle dinamiche che regolano i rapporti tra la comunità locale e le comunità straniere presenti nella “Zona Stazione” che, come in ogni città, rappresenta un crocevia di arrivi e partenze, un’interfaccia di razze, religioni, culture diverse. Don Giuseppe, in questa parrocchia da 3 anni, certe dinamiche le conosce bene avendo trascorso 18 lunghi anni a Messina, dove ha contribuito a fondare una casa di accoglienza per donne straniere. Per questo non ha problemi ad ammettere che “questa situazione provoca nei foggiani una certa apprensione, e la riscontro soprattutto negli adulti. La gente di questo quartiere spesso è diffidente e ha paura. Ci sono momenti della giornata in cui, se è possibile, evita addirittura di uscire”.

Ad avallare questa generalizzata percezione di paura, in alcuni casi addirittura di pericolo, i numerosi fatti di cronaca che vedono come protagonisti proprio gli stranieri e gli immigrati, siano essi di passaggio o in cerca di ventura. Risse, litigi, accoltellamenti, infatti, sono frequenti; molti episodi, considerati quasi di routine, non balzano nemmeno più agli “onori” della cronaca locale. “Certo, sono eventi che non si possono negare, ma nemmeno generalizzare – continua don Giuseppe – perché abbiamo anche esempi di stranieri lavoratori, che mandano i figli in parrocchia per la catechesi che cercano un sincero punto contatto con la comunità locale, verso una possibile integrazione”. “Per questo – conclude - da circa 2 anni stiamo lavorando alla costruzione di relazioni solidali e reciproche, che siano in grado di andare oltre il primo sguardo di diffidenza e giudizio, nei confronti dell’alterità e non solo. Se non abbiamo fiducia in noi stessi, come possiamo avere fiducia negli atri?”. Maria Grazia Frisaldi

IL POPOLO DEI SEMAFORI

Il rosso decreta. Che guerra (dei tergicristalli) sia Viale Michelangelo. Tra un clacson arrabbiato ed uno ululante, è il rosso del semaforo a segnare l’inizio della guerra dei parabrezza. Uno dopo l’altro, gli automobilisti, molti in realtà, alla vista di spruzzino e lavavetri, danno il via alla danza impazzita dei tergicristalli, sbraitando no e puntando l’indice minaccioso. Destra, sinistra, destra fino a quando il magrebino, che con quelle monete racimolate paga il fitto a fine mese, non va via alzando le mani in segno di resa. Peggio se l’autista acconsente e nel bel mezzo del lavaggio del parabrezza scatta il rosso. Allora la rabbia delle auto in coda esplode rumorosa. Al semaforo successivo l’attrezzo lavavetri è sostituito da un sorriso smagliante e da una mano tesa. “Ciao miss!” o “Come va amico?”. Questa volta, è facile capirlo dal volto, si tratta di un subsahariano, etiope o eritreo, che chiede denaro per pagare le spese legali e ottenere il permesso di soggiorno. Via Manfredonia, cambio di scena. O meglio, cambio dei protagonisti. Lo straniero ora ha la gonna lunga, è una rom e in braccio ha un frugoletto quasi sempre biondo e dagli occhi nocciola. La sua è una cantilena al limite del comprensibile, una litania più legata alle

tradizioni di un popolo che alle esigenze di sopravvivenza del singolo. E’ un mondo variegato quello che popola gli incroci cittadini. Da una parte i foggiani, i vari Francesco, Giovanna, Enzo, Peppe che reagiscono, ora stizziti ora inteneriti, di fronte alle mille richieste giornaliere capaci, raccontano, di spazientire anche i più tolleranti. Dall’altra un’intera umanità composita, con il proprio bagaglio di esperienze e con una sola combinazione alla valigia: il codice della sopravvivenza. Youssef è alla soglia dei quaranta, è magrebino e a Foggia ormai vive da cinque anni. La pelle stropicciata scaraventa il suo volto in uno spazio temporale indecifrabile. Moglie e quattro figli vivono in Marocco, ma il loro sogno è di andare in Francia dove un parente ha assicurato loro un lavoro e un tetto. Amir ha 20 anni, è congolese, vive a Foggia da un anno. Il suo sorriso aperto e il suo quasi perfetto dialetto foggiano regalano buonumore e gli fanno portare a casa ogni volta consensi e qualche spicciolo. Già. Ma quale casa? “A Foggia viviamo in sei in un piccolo pianterreno. Dividiamo le spese così ci rimane qualcosa da mandare a casa”. A casa, quella vera. Anna Russo


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attualità

Il Ministero della Salute promuove la campagna di comunicazione 2011

Il latte della mamma non si scorda mai

L'allattamento al seno come gesto d'amore: il latte materno è il nutrimento più prezioso e naturale Il latte materno è il miglior alimento per il neonato, fatto su misura per lui, ricco di qualità uniche, speciale anche per il suo valore affettivo-psicologico basato sul legame che si crea tra la mamma e il suo piccolo. E’ il messaggio dell’ultima campagna di promozione dell’allattamento al seno fortemente voluta dal Ministero della Salute e appoggiata dal Collegio delle Ostetriche di Foggia, in collaborazione con la Asl FG e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti”. Concomitante con la Festa della Mamma, ha visto protagonista anche il Sottosegretario di Stato alla Salute Eugenia Roccella. Nei primi 4/6 mesi di vita il neonato trova nel latte tutte le sostanze nutritive di cui ha bisogno

per crescere, una preziosa risorsa naturale, equilibrata e completa. “E’ importante offrirlo al proprio bambino – spiega Angiola Savastio, presidente del Collegio delle ostetriche - perché contiene anticorpi che aiutano a proteggerlo sia dalle infezioni che dalle enteriti; riduce il rischio di allergie, favorisce lo sviluppo neurologico e visivo; è il solo alimento ad essere perfettamente tollerato ed altamente digeribile, è sempre pronto, alla temperatura ideale, comodissimo per la mamma. L’allattamento al seno è unico e speciale, poiché offre vantaggi sia per il bambino che per la mamma”. Il latte materno, infatti, contribuisce ad una migliore conformazione della bocca, protegge contro le infezioni respiratorie, l’asma, le

otiti e riduce il rischio di diabete. Inoltre, aiuta la mamma a perdere il peso accumulato durante la gravidanza; riduce il rischio di sviluppare osteoporosi, previene alcune forme di tumore al seno e all’ovaio; è gratuito ed è pratico. “Allattare al seno è, prima di tutto, un naturale gesto d’amore – continuano le organizzatrici - che contribuisce a mantenere il legame straordinario e strettissimo di simbiosi tra mamma e bambino stabilito durante la gravidanza. Ha un grande significato affettivo per il piccolo che vi ritrova il senso di sicurezza, protezione, calore e dolcezza. E’ un momento ricco di emozioni, di condivisione e gratificazione da parte di entrambi: guardare il proprio bambino negli occhi mentre si attacca al seno è un momento speciale ed unico che viene accompagnato dal calore e dal suono del battito del cuore della mamma”. Una cultura attenta alla maternità in tutti i suoi aspetti è fondamentale, soprattutto in considerazione degli allarmanti dati Istat sulle “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari” del 2006: nelle zone del Sud Italia, soprattutto, il tasso di allattamento esclusivo al seno è risultato essere davvero molto basso. La giornata sull’allatta-

Gianfranco Meneo: “Transgender. Le sessualità disobbedienti” RISCOPRIRE UNA DIVERSA SESSUALITÀ ostacoli e pregiudizi dei nostri tempi Al giorno d’oggi vige una grande confusione riguardo l’orientamento sessuale, quasi una cattiva educazione fino a una sorta di ipocrisia che vuole stereotipare ed incasellare la sessualità in spazi predefiniti. La sessualità umana è invece ricca di sfumature. Gianfranco Meneo, giovane foggiano, insegnante nelle scuole secondarie di II grado, autore di “Transgender. Le sessualità disobbedienti”(editrice Palomar, Bari), analizza il fenomeno del transgederismo senza pregiudizi o influenze di natura politica o religiosa. Protagonista della trattazione, il corpo, contenitore di materia e di anima, oggetto del perverso intreccio tra politica e sessualità. Quando e come è nata l’idea di questo libro? L’idea nasce durante il percorso di studi che mi ha condotto a conseguire una seconda laurea. In quel periodo sono stato letteralmente stregato dalle tematiche attinenti le differenze di genere e ho cercato di tradurle in sapere, emozione, partecipazione. Ecco come questo libro vede la luce. In esso si respira l’istanza di movimento liberatorio che i corpi, contenitori di materia e anima, propongono quotidianamente nel loro proporsi diversi. Qual è la differenza tra trans e transgender? Transgender è chi vive come se apparte-

nesse a un altro genere, una sorta di identità ibrida che prende forma indipendentemente dal fatto di sottoporsi o meno a trattamenti ormonali o ad operazioni per una nuova assegnazione del sesso. Di fatto, nella lingua parlata, con transgender sono ricomprese, in via generale, tutte le varie situazioni. Il diverso perché scandalizza? Non è il diverso che scandalizza ma il nostro piccolo, limitato cervello che, incanalato nella logica binaria eterosessista, non accetta tutto ciò che sfugge a una logica precostituita. Intendiamoci: perché siamo morbosamente interessati a sapere con chi ha rapporti sessuali il gay, la lesbica o il transgender? Non mi risulta che nel quotidiano chiediamo, a chi riteniamo eterosessuale, di conoscere chi frequenta. Il prossimo progetto? In senso ampio, il mio progetto è quello di essere un attivista dell’azione laica che deve smuovere il nostro Paese dall’irrigidimento religioso che si traduce, poi, in ricatto politico e che impedisce di rendere operative le unioni civili, punto imprescindibile per un reale riconoscimento culturale oltre che di retribuzione economica. Sono un fautore del rumore, della disobbedienza, dell’alzare la voce per consentire di giungere a donarla a chi sembra averne meno e sia confinato nel limbo dei sospiri. E la posta in palio è la vita. Elisabetta Ciavarella

mento naturale ha dato così occasione di incontro e confronto molto importante per le neo mamme che sono alle prese con questo tipo di nuove esperienze di vita abbastanza impegnative. Per questo la Asl, gli ospedali, i medici, le ostetriche e tutto il personale competente dei Consultori Familiari, si impegnano quotidianamente per promuovere l’allattamento naturale e soprattutto sostenere psicologicamente tutte le donne che a volte possono sentirsi sole e inadeguate al mestiere di mamma. Nella cultura contemporanea a volte può capitare che una neo mamma si trovi persa di fronte

a un’organizzazione di tempi e spazi della modernità poco favorevoli e inclini ai tempi e alla spontaneità di quelli di un neonato. Contro la mancanza di sostegno delle mamme, la famiglia e le strutture diventano i punti cardine di riferimento. PER INFORMAZIONI: Asl Foggia-Attività consultoriale: Piazza della Libertà,1. Consultori Familiari e ambulatoriali per Corsi di Preparazione al parto e alla nascita e supporto all’allattamento: via Volta, 1; via Grecia, 6; via della Repubblica. Irma Mecca

FOGGIA, UN NOME, UNA STRADA...

Chi era Francesco De Sanctis La piazza intitolata a Francesco De Sanctis (1817 – 1883), scrittore dei più grandi del secolo XIX, si trova tra Piazza Cardinale Pericle Felici e Via Arpi, annessa al Largo della Cattedrale; in precedenza denominata Largo Vescovado e, ancor prima, Largo dell’Annunciata. L’amministrazione comunale nel 1917, centenario della nascita, nell’atrio del convento di San Gaetano, sede della Regia Scuola Femminile, oggi Liceo Musicale Umberto Giordano, ha onorato la sua figura con una lapide. Nel predetto convento il De Sanctis, Ministro della Pubblica Istruzione, l’11 maggio 1880 ha tenuto uno storico discorso, nel quale si rivela uomo politico di alto livello, benché la fondamentale matrice dei suoi interessi fosse letteraria. Nativo di Morra Irpina, a nove anni si reca a Napoli presso lo zio Carlo, che lo avvia agli studi classici. Nella città partenopea è discepolo di Basilio Puoti, fervido seguace del purismo, che lo impegna negli studi di grammatica e di retorica. Ottiene un posto d’insegnante nel collegio della Nunziatella, sino al 1848, anno in cui prenderà parte all’insurrezione. Nel 1850 è arrestato in Calabria e portato prigioniero nel Castel dell’Ovo sino al 1853. Si trasferisce a Torino, “santo asilo e tempio di libertà, d’onore e di misericordia”, ove scrive i primi saggi. Chiamato a reggere il dicastero dell’Istruzione da Cavour nel primo ministero nazionale, lo dirige per due anni (1860-!862). S’interessa attivamente di politica e propugna la costituzione di un partito progressista in opposizione a quello conservatore e pubblica i Saggi critici (1866): l’opera più significativa dell’800, che sente l’effetto dell’influsso dello spiri-

to romantico e patriottico dell’epoca. Inoltre, la Storia della Letteratura italiana (1868-1871) che rimane alla base della futura storiografia letteraria, tesoro d’idee da cui molti attingeranno e si presenta, dirà il Sansone, come “un vero esame di coscienza della nazione italiana all’alba della sua unificazione, ed è insieme un monito ad approfondire l’avviata unità della vita e dell’arte, per la salvezza stessa della nazione e della poesia”. In entrambe le opere balza evidente il gusto dell’indagine e della ricostruzione dialettica, lo spirito di educatore, maestro di moralità e di vita, uomo di fede. I nuovi saggi critici risalgono al 1872. Presso l’Università di Napoli tiene le Lezioni sulla letteratura del secolo XIX, raccolte dal suo discepolo Francesco Torraca. Dopo la caduta della Destra (1876) ricopre per due volte l’incarico di Ministro della Pubblica Istruzione (1878, 1879-1882) con lungimiranza e modernità. Negli ultimi anni si dedica alla preparazione del Saggio sul Leopardi e detta le sue memorie, che saranno pubblicate postume col titolo La giovinezza di Francesco De Rina Di Giorgio Cavaliere Sanctis.


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attualità

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Dopo sei anni di gestazione sarà presto diffuso nelle sale il film documentario

“Scene di una strage”: in memoria di Luigi Pinto Dal regista foggiano Lucio Dell’Accio tre ore di riprese sull’attentato di piazza della Loggia

L’attesa sembra essere terminata. Sei anni dopo l’inizio dei lavori, “Scene di una strage” il docufiction del regista foggiano Lucio Dell’Accio, sta per diventare Dvd. Racconta una storia per molti meno nota, all’interno di una più conosciuta ma dai contorni ancora non chiari. E’ il racconto della morte di Luigi Pinto, venticinquenne sindacalista foggiano, che perse la vita nell’attentato di Piazza della Loggia a Brescia. Il film dura 3 ore: sarà diffuso nelle sale e attraverso i canali televisivi. Accanto alle preziose testimonianze, anche alcuni inediti, come il sonoro della bomba, ricevuto da Radio Radicale, i funerali di Brescia e quelli a Foggia di Luigi Pinto, nel filmato amatoriale girato da Franco Carella e da Nico Cirasola. Le riprese del film sono partite nel 2004 a Milano, poi si sono spostate a Foggia e a Brescia. A Foggia, in particolare, Dell’Accio ha girato con Lorenzo Pinto, il fratello di Luigi, nella casa natale dove i due fratelli abitavano. Fra gli intervistati anche il senatore Giovanni Pellegrino, ex presidente della “Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo e le stragi”. Nel film c’è anche un contributo di Franca Rame, che recita un brano

di Pasolini; nella colonna sonora, brani di cantautori di quegli anni, come “Primo maggio di festa”, “Piazza bella piazza” di Claudio Lolli e “La tua prima luna” di Claudio Rocchi. Luigi Pinto era iscritto al sindacato scuola della Cgil. Di famiglia proletaria, aveva lasciato la città d origine subito dopo il diploma: fu operaio in uno zuccherificio, minatore in Sardegna, fino ai primi incarichi di insegnamento delle Applicazioni tecniche nella scuola media che lo portarono a Rovigo, poi a Ostiglia, infine

a Siviano di Montisola, in provincia di Brescia. Nel settembre del 1973 aveva sposato Ada, una compagna della scuola, anche lei militante comunista. Il 28 maggio 1974 Luigi Pinto è in piazza a Brescia assieme ad altre migliaia di persone per una manifestazione antifascista. Quella mattina, lentamente si formano i concentramenti in piazzale Repubblica, porta Trento e piazza Garibaldi, luoghi dai quali muoverà il corteo antifascista per confluire in piazza della Loggia. Nei giorni precedenti sono pervenuti alle redazioni di due quotidiani locali messaggi anonimi in cui si minacciano stragi imminenti. I giornali, d’accordo con la questura e il prefetto, non pubblicano la notizia

per non creare allarmismi. Non tutti i lavoratori hanno ancora raggiunto piazza della Loggia quando

prende la parola il primo degli oratori previsti dal programma, a nome della federazione unitaria dei metalmeccanici. Alle 10.12 in punto un’esplosione devasta una colonna del loggione, sotto il quale si erano rifugiati centinaia di lavoratori per ripararsi dalla pioggia battente. La bomba, con circa un chilo di tritolo, scoppia in un cestino dei rifiuti. Su quella colonna si era appoggiato Luigi Pinto. Morirà il primo giugno, a causa delle

ferite riportate, la schiena dilaniata dalle schegge di marmo. Sul selciato restano i corpi martoriati dallo scoppio, otto vittime in tutto; nonostante il panico e la paura di un’altra imminente esplosione, sono proprio i lavoratori i primi a prestare soccorso ai feriti, a creare un cordone sul luogo dell’esplosione. Le vittime vengono coperte con le bandiere rosse e gli striscioni. Una vita spezzata a 25 an-

ni. Ma Luigi Pinto è vissuto nella memoria dei suoi cari e dei suoi scolari: saranno loro, negli anni successivi, a ricordare la sua straordinaria capacità pedagogica, la naturale inclinazione a operare tra i più giovani, a stimolarli con la felicità dell’invenzione. Al giovane sindacalista la città di Foggia ha dedicato una strada.


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benessere

CELLULITE, INCUBO DI OGNI DONNA

Senza buccia (d’arancia)

Nemica da sempre dell’estetica femminile, la cellulite richiede impegno. Le donne sono costantemente alla ricerca di prodotti sempre più efficaci, ma soprattutto pratici. È la costanza nell’applicazione a garantire risultati in tempi rapidi: se un prodotto è di facile utilizzo, si inserisce senza problemi nella cura quotidiana del corpo. Ma il “prodotto o trattamento del cuore” è soprattutto quello che corrisponde alla personalità di chi lo utilizza. Chi apprezza la gestualità del massaggio può affidarsi alla professionalità della propria estetista e scegliere tra creme e gel, che vengono assorbite rapidamente, consentendo di indossare subito collant o pantaloni. Ancora più veloce è l’applicazione dei prodotti spray e, per chi ha i minuti contati, quella dei cerotti o patch, da posizionare sulle zone dove si concentrano gli inestetismi. E per chi può dedicare alla cura del corpo solo il tempo di una doccia, ci sono anche prodotti che si usano direttamente sotto il getto dell’acqua e che contengono anche sostanze esfolianti per favorire l’assorbimento dei principi attivi. Forse pensiamo di sapere già tutto sulla cellulite, ma è utile ribadire che la sua formazione è dovuta a numerosi fattori, spesso combinati tra loro. Il fattore più importante è quello ormonale: gli estrogeni, ormoni femminili, possono favorire l’insor-

Il più diffuso problema estetico femminile: tutte alla ricerca del prodotto “perfetto” genza della cellulite a causa della loro influenza negativa sul microcircolo. Esiste poi una predisposizione ereditaria, per esempio una particolare sensibilità all’azione degli estrogeni o una concentrazione dell’adipe nella parte inferiore del corpo. CAMBIARE ABITUDINI Altri fattori possono aggravare il problema circolatorio e quindi la corretta ossigenazione delle cellule. Anche se costa qualche sacrificio, modificare lo stile di vita è una

carta vincente e dipende solo da noi. E allora via con alcune regole fondamentali: evitare l’abuso di fumo, alcool o caffè, così come le cattive abitudini alimentari, che favoriscono il sovrappeso e influiscono negativamente sulla circolazione. Anche stress, mancanza di sonno e affaticamento psichico e fisico andrebbero evitati, perché possono influire sull’equilibrio ormonale. Possono ostacolare la circolazione anche biancheria intima e ve-

stiti stretti, soprattutto all’altezza del bacino, oppure calzature troppo alte o troppo basse, ma anche strette in punta. Certo non si può chiedere a una donna di rinunciare ai jeans aderenti, ma alternarli con capi meno costrittivi è possibile. Si possono tenere anche quelle scarpe bellissime con punta e tacco impegnativi, ma usandole solo per una serata speciale. E se il lavoro co-

stringe ad assumere posizioni “sbagliate”, muoversi il più possibile e concedersi delle pause farà bene alle articolazioni, ai muscoli, alla circolazione e, dunque, ostacolerà la Angela Dalicco cellulite.

Le alghe marine: virtù e proprietà Le alghe sono semplici organismi vegetali di origine antichissima: ne esistono di diversi tipi, suddivisi in oltre 25 mila specie. Possono essere di colorazione diversa (verde, giallo, rosso, blu, bruno), come diversificato è anche il loro habitat. Alcune specie vivono fissate agli scogli, altre ai fondali rocciosi, altre galleggiano libere a diverse profondità. Confrontate con le piante eduli terrestri, le alghe, pur con notevoli differenze tra i diversi gruppi sistematici, appaiono sensibilmente più ricche di proteine, carboidrati e soprattutto sali minerali e oligoelementi, in particolare iodio, ferro e calcio. Notevole è anche il patrimonio vitaminico: oltre al discreto contenuto di vitamina B1, B2 e C, le alghe costituiscono una preziosa fonte della rarissima B12 pressoché assente nei vegetali di terra ferma. Sono, quindi, uno degli alimenti più completi: esse infatti curano e prevengono molte malattie e disturbi come la demineralizzazione, le anemie, i reumatismi; contrastano invecchiamento, allergie, eruzioni cutanee e problemi della pelle in generale; combattono il colesterolo cattivo, rafforzano il sistema immunitario.

Oltre all’impiego alimentare, molte specie di alghe vengono utilizzate come principale ingrediente di preparati cosmetici per la cura, la bellezza ed il benessere della persona, in particolare per combattere la cellulite e gli inestetismi della pelle. La presenza di alte concentrazioni minerali attiva un azione di regolazione elettrolitica, definita “magnetica” per l attrazione che si determina sui fluidi in eccesso presenti nei tessuti, con effetto di decongestionamento cellulare. Proprio grazie a questo meccanismo sono possibili sia l azione drenante ed anticellulite che l azione seboregolatrice. Ecco perché le alghe vengono impiegate in una lunga serie di cosmetici anti-cellulite ed anti-smagliature in grado di tonificare, levigare ed idratare i tessuti e regalare al corpo un equilibrio idrolipidico ritardandone l’invecchiamento. In commercio esistono molti tipi di prodotti: dai fanghi d’alga al fangocrema, dal burro corpo alla crema dermotermica fino allo scruba; perché si possano ottenere dei buoni risultati è fondamentale il loro costante utilizzo e la consulenza di personale esperto.


bellezza

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Freddo, sole e vento possono seccarle e screporarle

Giochi di seduzione Le labbra sono la parte del viso dove maggiormente si concentra l’attenzione di chi guarda. Creme e rouge, i segreti per prendersene cura

“La bocca della signora si aperse ad un sorriso, che sembro’ misterioso poichè la lucentezza del velo nascondeva il resto del volto” Gabriele D’Annunzio, Il Piacere Sottolineate da un rosso vibrante, impreziosite da un luccichio a specchio, le labbra sono spesso protagoniste nel gioco della seduzione. Sussurri e baci appassionati vorrebbero però una morbidezza assoluta. Che non sempre è facile possedere: la delicatissima mucosa labiale, sottile, priva di sebo e povera di difese, perde con facilità idratazione, elasticità e compattezza. Il freddo, il sole, il vento e gli sbalzi di temperatura la seccano, la screpolano, a volte la segnano con dolorosi taglietti. L’uso quotidiano di un prodotto di trattamento, in crema o stick, può arginare efficacemente il problema: agenti idratanti, nutrienti, rigeneranti e protettivi donano infatti labbra elastiche e morbidissime, pronte per il rossetto, strumento seduttivo che invita al bacio e sottolinea la femminilità. COLORE E MORBIDEZZA Ma come si fa a colorare le labbra senza seccarle? Cere, oli, sostanze emollienti e pigmenti sono gli ingredienti base dei rouge. Con variazioni sul tema, frutto delle più avanzate tecnologie applicate alla cosmetica: grassi e cere di ultima generazione, capaci di formare un film sottile che aderisce alle labbra come una seconda pelle fissando il rossetto, pigmenti “impacchettati” in sfere di silicone che scivolano sulle labbra per dare un colore naturale e uniforme, agenti illuminanti lucidati come i metalli per offrire una brillantezza a specchio. Ma, se cambiano le formule del rossetto, immutate restano le regole per il suo miglior utilizzo.

I SEGRETI DEL ROUGE Si parte dalla scelta del colore: le tonalità naturali stanno bene a tutte, mentre quelle vivaci, specie il rosso fiamma, richiedono un trucco del viso molto curato, uniformato da un velo di cipria, e attenzione nella scelta della sfumatura, che deve essere in armonia con la carnagione. Il contorno delle labbra va disegnato con la matita, nello stesso tono del rossetto, mentre il pennellino piatto, usato partendo dagli angoli verso il centro delle labbra, garantia.d. sce un’applicazione a prova di sbavature.


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m a g g i o duemilaundici DI ANGELA DALICCO

È il copione millenario delle favole che, attraverso la password dei “C’era una volta”, permette ai bambini di accedere alla dimensione senza tempo e senza spazio della fantasia e di inventare un mondo più soddisfacente di quello che spesso s’incontra nella realtà. Le fiabe sono nate migliaia di anni fa proprio per questo, per essere raccontate ai piccini (ma anche ai grandi), che le ascoltavano in gruppo intorno al fuoco, guardando le ombre proiettate sui muri, stretti da una complicità intessuta di paure e di emozioni da affrontare insieme. Per dare un volto agli ostacoli dell’ignoto quotidiano, trovare la via per superarli, sentirsi eroi invincibili ogni volta che un “cattivo” veniva abbattuto. Suggestioni di cui non ci si rende conto al livello di coscienza ma che incidono sul mondo interiore. I bambini, soprattutto fino a cinque, sei anni, hanno bisogno di avvicinarsi alle favole: hanno bisogno di toccare i libri, sfogliarli, rendersi conto con le loro mani come sono fatti, scoprire che ogni copia ha immagini differenti e ben diverse da quelle che passano il cinema e la Tv. Le parole invece permettono

spazio bimbi

Un mondo di fiabe

Principi azzurri, principesse bionde, bambini sperduti nei boschi, draghi e l’immancabile bacchetta magica che alla fine rimette tutto a posto all’immaginazione di spaziare, riempiendola di significati a seconda di come viene usata. Così durante l’ascolto ogni bambino, guidato solo dalla sua fantasia, può attribuire ai perso-

naggi caratteristiche del tutto personali. E c’è un altro aspetto determinante: attraverso il racconto o la lettura, è la voce della mamma a fare da tramite dal mondo della realtà a quello della fantasia. Un messaggio inequivocabile di amore, come se gli dicesse sono qui vicino per proteggerti e rassicurarti. E senza dubbio per un bimbo nessuna voce è più magica di quella della mamma. FELICI E CONTENTI Ma è meglio leggere o raccontare una storia? Quelle classiche della tradizione, come Cenerentola, Biancaneve, è meglio che vengano raccontate, a meno che non si ricorra a un libro con disegni molto curati, che svolga una duplice funzione: illustrare la fiaba ed edu-

care il bambino all’arte e al senso estetico. In un caso come nell’altro, però, occorre non spiegare nulla e non dare interpretazioni personali perché fino a cinque o sei anni il bambino non dispone di un pensiero logico. È importante inoltre mantenere intatta la trama originale della storia senza improvvisare i finali, senza cambiare i ruoli dei personaggi: a quest’età gli orchi e i lupi devono restare cattivi ed essere puniti. Le fiabe possono, anzi devono, essere drammatiche purché finiscano bene. Nella prima infanzia le storie devono essere brevi e avere un inizio e una fine. Soprattutto un lieto fine, che trasmetta al piccolo un messaggio rassicurante: chi è capace di superare le prove riceve un premio.

Favole per sognare. E per vestirsi con stile e personalità Collezioni ispirate alle opere che hanno emozionato e colorato infiniti mondi Una collezione di abbigliamento ispirata alle favole che hanno fatto innamorare milioni di bambine a ogni latitudine in trepidante attesa del loro principe, e ai libri di avventura che hanno fatto sognare milioni di maschietti, in grado di emozionare anche e soprattutto i loro genitori, che rivivono attraverso colori sempre diversi gli anni dell’infanzia attraverso i loro figli, i loro sorrisi, i loro gesti. Un’idea semplice, ma geniale al tempo stesso, attualizzata e resa moderna da tessuti, tagli e stili da piena primavera/estate 2011, stagione da vivere pienamente attraverso un tuffo in un passato indimenticabile, che per le nostre bambine e i nostri fanciulli diventa un presente tutto da vivere e da scoprire. Una stagione all’insegna della fantasia: la fantasia di parole senza tempo e quella di stilisti in grado di trasmettere

e regalare stile e personalità a corpi e visi ancora da formare. Restituendo all’infanzia la sua peculiarità e centralità, con leggerezza e disinvoltura, con vivacità ed eleganza. Una collezione come quella proposta da “Sarabanda”, per esempio, molto à la mode, ma che lascia ampio spazio alla personalizzazione e alla scelta, attraverso l’ulteriore fantasia di proposte da intrecciare e abbinare seguendo il proprio gusto, il proprio stile, la propria favola, universale eppure personalissima. Una collezione che può nascere dal nostro mondo interiore, dal desiderio di trasmettere ai nostri figli i colori e le sensazioni che da nostre diventano loro e che, proprio addosso a loro, acquistano nuove forme, in una sfera che appartiene adesso soltanto alla magia del loro sorriso e della loro allegria.


m a r z o duemilaundici

moda

Quando la tentazione è donna Dal classico Chanel al versatile tronchetto: se la forma cambia, lo stiletto la fa da padrone Non servono miracoli per apparire in un’unica volta femminili, sensuali e – soprattutto – slanciate: indossare i tacchi a spillo è il segreto per assicurarsi quell’allure che rende irresistibili. Le amanti dello chic ultraflat sappiano che non sapranno resistere, considerando le moltitudini di forme e colori in cui lo stiletto è stato presentato sulle passerelle delle nuove collezioni: una tentazione per ogni donna che potrà scegliere quello che si addice maggiormente alla propria personalità. Unica avvertenza: non si scende al di sotto dei 12 centimetri e si sale ancora se si prende in considerazione la presenza strategica del plateau. Il piacere che si ricava quando si osserva la propria figura svettare, libera da qualsiasi remora, non ha prezzo. Questi i numeri standard mentre la forma si articola in diverse prospettive: resiste ancora

il modello Chanel, un classico romantico da sfoggiare con talloni curati e morbidi e se le vostre caviglie sottili rientrano tra uno dei vostri punti di forza. Il tronchetto, che ci ha tenuto compagnia per tutto l’inverno, si adegua al sole caldo attraverso tagli trasversali o materiale traforato, ma vale sempre il consiglio di tenere in considerazione quanto questo tipo di scarpa esalti o mortifichi la vostra gamba. Più versatile è la scarpa décolleté che conserva la provocazione dello spillo ma si aggancia alla caviglia attraverso un cinturino bon ton. I sandali poi non si fanno mancare uno stiletto acuminato e solido, in contrasto a cinturini e listini che in alcuni casi propendono per un nude look. Declinati così nella forma, i tacchi a spillo, ci lasciano ampia scelta anche nel materiale e nel colore: audaci le tinte fluo in alcuni modelli anche combinate in un contrasto cromatico, volto ad accentuare lo stacco tra la scarpa e il tacco, con l’uso di materiali come il camoscio e il suède. Le tinte si sfumano e per chi ha sempre voglia di un tocco più allegro non mancano i dettagli in me-

tallo come le mini borchie o il cinturino in pelle. Il plateau si dissocia dal tacco in un insieme monocromatico con la scarpa, scelta ideale per tutte quelle che non vogliono far notare come hanno recuperato qualche centimetro in più. Per le più alternative esiste anche la variante della rete che gioca con il contrasto bianco-nero in un rimando in pelle tra la punta galuchat e lo stiletto. La vernice accentua tacchi a spillo da vertigine in ogni tonalità senza evitare la versione metallizzata, addolcita da un fiocco al di sopra del tacco che richiama sicuramente sguardi indiscreti. Eleganza assicurata con i sandali vaporosi che avvolgono il piede con raso e chiffon dai colori che vanno dal bianco al corallo, al cipria. Da annodare lasciandosi guidare solo dalla fantasia. E infine non disdegnate uno stiletto rosso passione o un tronchetto open-toe impreziosito da ricami vagamente gotici per chi desidera ai piedi qualcosa dal sapore artistico. Qualsiasi sia il modello prescelto, sappiate che femminilità, presenza e falcata ne beneficeranno senza dubbio, non a caso Marilyn Monroe diceva «Non so chi abbia inventato i tacchi, ma tutti gli uomini gli devono molto». Dalila Campanile

Curiosità Non solo alleati della femminilità ma anche del piacere: secondo la ricercatrice Maria Cerruto, portare i tacchi a spillo apporterebbe un miglioramento all’orgasmo femminile perché questi rilasserebbero i muscoli pelvici che, acquisendo così maggior potere di contrazione, potrebbero procurarci più piacere. Non resta che provare.

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piante

La sua coltivazione è semplice, attenzione alle potature

Rosa, regina di fiori Oltre che in botanica, è utilizzata anche in medicina e cosmesi DELLA DOTT.SSA MARIA SANTILLO

La rosa è una pianta molto antica conosciuta ed apprezzata dai nostri lontani progenitori per la sua bellezza, per il suo profumo delicato e per le sue proprietà officinali. Appartiene alla famiglia botanica del-

le Rosaceae, ha un andamento di crescita quanto mai vario: cespuglioso, rampicante, strisciante, sarmentoso e per questa sua versatilità trova largo impiego nella formazione di siepi, bordure ed elementi singoli. I suoi rami, rivestiti di spine più o meno pronunciate, sostengono foglie composte di un bel verde

brillante e sono punteggiati da morbidi fiori penta petali o doppi, a seconda che siano individui di primitiva origine o recenti cultivar. La sua coltivazione non presenta particolari difficoltà, la buca di impianto, esposta al sole, deve essere ben drenata e profonda per accogliere amorevolmente il pane di radici che sarà poi ricoperto da terreno soffice, arricchito con stallatico maturo ed annaffiato regolarmente. La sua crescita, stimolata dalla somministrazione di concime naturale o chimico, va guidata e controllata con potature di fine inverno-inizio primavera: si eliminano i rami vecchi e legnosi, quelli deboli e malati, si accorciano quelli sani al di sopra di 6 gemme ed infine si staccano quelli sfioriti per facilitarne una seconda produzione. Questa pianta ha nemici tenaci, resistenti ed agguerriti: i funghi e gli insetti. Le micosi più temibili sono provocate dall’oidio e dalla peronospora. Il primo ricopre le tenere fogliette ed i boccioli con una miriade di spore bianche simili ad un velo (mal bianco), la seconda forma macchie giallo brune che partendo da un punto molto piccolo, si allargano a macchia d’olio sui nuovi getti; queste infestazioni conducono l’organismo alla morte in

breve tempo. Gli afidi o pidocchi, invece, si insediano sulle parti giovani e tenere, ne succhiano la linfa disseccandole inesorabilmente. La lotta contro questi flagelli si articola in due momenti: la prevenzione e la cura vera e propria, per entrambe si irrorano prodotti molto pericolosi sia per l’uomo sia per gli insetti utili come le api, bisogna quindi adottare misure precauzionali indossando maschere e guanti appropriati e spruzzando il prodotto all’imbrunire in assenza di vento. La rosa non è impiegata solamente negli arredi botanici, contiene, infatti sostanze medicamentose con proprietà astringenti, base di farmaci contro i di-

sturbi gastroenterici; l’olio essenziale, racchiuso in vescicole epiteliali, alimenta l’industria cosmetica per la produzione di essenze e creme; utilizzato, inoltre, per massaggi e aromaterapia, sprigiona sostanze vola-

tili con effetti rilassanti e afrodisiaci. La storia della rosa ha origini lontanissime, comparve, infatti, sulla terra ferma prima ancora dell’uomo, poi, a seguito degli sconvolgimenti geologici che si abbatterono sul nostro globo, si spostò di continente in continente, lasciando tracce del suo passaggio sotto forma di fossili. Approdò anche in Cina e, in questa terra dal clima caldo ed accogliente, si fermò, si moltiplicò e diede vita agli esemplari capostipiti. Secondo un’antichissima leggenda, i discendenti furono portati di nascosto in occidente da Marco Polo di ritorno dal Katai (l’odierna Cina). Quasi sicuramente, quella “trafugata”, era la Rosa gallica, di cui parlano gli antichi testi, la prima conosciuta scientificamente ed inserita nell’albero genealogico di questa famiglia botanica. Da quel remoto evento, molti secoli sono scivolati via e nel corso di essi gli studi e gli incroci, sempre più perfetti, hanno dato vita alle stupende creature dei nostri giorni caratterizzate da ripetute fioriture (rose rifiorenti), dalla

presenza di una miriade di petali, a cuore, a coppa, ad unghia, a ricciolo (fiori doppi), dipinti con colori ora vivi, ora tenui, ora sfumati. La rosa ha influenzato incisivamente la vita artistica e letteraria per molti secoli: da essa derivano espressioni particolarmente dolci come “rosellina di maggio”, e ad essa si legano stati d’animo contrapposti, di felicità e di tristezza, di amicizia e di rancore, di vita e di morte, ma noi, inguaribili romantici, le affidiamo un unico compito, quello di esprimere il sentimento più appassionato ed intenso che cuore umano possa provare: l’Amore. L' A.C.S. ANTEAS ringrazia la prof.ssa Maria Santillo per l'accoglienza ricevuta domenica 15 maggio u.s., durante la visita presso il suo " PARCO DELLE MERAVIGLIE" , frutto di anni di amorevoli cure e fiore all'occhiello per l'intera citta di Foggia.


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ambienti

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Una soluzione versatile, veloce e di facile applicazione

Cartongesso, materiale tutto da scoprire Di grande effetto sono le cornici decorative, ideali per dare movimento Il gesso, materiale da costruzione fra i più antichi, il cui utilizzo risale a circa 7000 anni fa, era molto diffuso tra gli Egiziani e i Babilonesi nella costruzione delle piramidi. Il suo impiego raggiunge l’apice nell’antica Grecia e nella Roma imperiale e nella decorazione di edifici di civiltà islamica. Utilizzato durante tutto il Medioevo, compare in Europa nella prima metà del secolo scorso, realizzato e brevettato in modo innovativo negli Stati Uniti come “cartongesso”, costituito da gesso di cava, facilmente reperibile, racchiuso tra due fogli di cartone. Il cartongesso offre soluzioni veloci ed economiche, nonché durature. Moltissimi utilizzano nelle pro-

prie abitazioni cornici decorative in gesso; dallo stile classico a quello neoclassico, donano grande effetto a pareti piatte e monotone. La cornice in gesso viene applicata sia in ambienti spaziosi che in piccole stanze; per rifinire angoli e spigoli, acquisisce una duplice funzione, decorativa e di sicurezza. Le aziende specializzate sono innumerevoli e in grado di offrire una vasta gamma di prodotti tra cui scegliere. L’accostamento dei colori per le pareti e le cornici è del tutto per-

sonale. Gli stucchi vengono preventivamente trattati con isolante acrilico; se tinteggiati con vernice acrilica lucida bianca, risalteranno particolarmente. Le cornici in gesso, inoltre, possono essere usate per circoscrivere affreschi, quadri, nicchie o per delimitare gli spigoli di colonne sostenenti bassorilievi e busti in gesso; i soffitti rispecchieranno un maggiore senso di profondità e l’ambiente finale risulterà valorizzato. Dotato di ottimo potere termoisolante ed acustico, poi, il cartongesso è tale da rendere gli spazi di una casa più accoglienti ed eleganti. Utilizzato sia per dividere gli ambienti che per eseguire controsoffitti, è in grado di risolvere particolari problematiche come la presenza dell’umidità. Per la stanza da bagno e per la cucina possono utilizzarsi pannelli idrorepellenti; il cartongesso, abbinato a pannelli di polistirene estruso, contribuisce a risolvere i problemi della condensa. Ed è proprio l’edilizia leggera, nella costruzione a secco, ad utilizzarlo maggiormente in strutture che non si prestano a ricevere chiodi e tasselli. Sul merca-

to, il cartongesso è presente in pannelli con spessore da 1 a 2 cm. e con differenti caratteristiche tecniche, per resistere al calore, al fuoco e all’umidità. Ma oltre ai pannelli standard utilizzati per realizzare pareti e controsoffitti, esistono anche differenti pannelli curvi, in grado di realizzare particolari architetture. In funzione dello spessore, delle dimensioni e delle caratteristiche, varia anche il costo. Le pareti in cartongesso possono realizzarsi con strutture portanti sia in profili di legno che metallici; i profilati da poter acquistare presso una rivendita di materiali edili o un centro commerciale, dove rifornirsi anche della minuteria necessaria per l’assemblaggio. Le pareti, dopo essere state trattate con un isolante, sono quindi da tinteggiare o ricoprire con mattonelle e rivestimenti vari. Le congiunzioni tra pareti e controsoffitti si possono coprire e mascherare con cornici decorative, applicate anche per nascondere canalizzazioni, impianti, difetti murari o punti luce da cui far derivare un’illuminazione indiret-

ta, davvero suggestiva. Restano invece semplici elementi decorativi le colonne in gesso che possono coprire colonne in muratura preesistenti o come ornamenti per rendere un ambiente particolare. Elisabetta Ciavarella


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spettacolo

Al “Piccolo Teatro” quattro donne per raccontare il conflitto madre-figlia

Spaccato dolce-amaro dell’universo femminile “Mai stata sul cammello?” di Aldo Nicolaj chiude la stagione della Compagnia Palcoscenico Per la prima volta al Piccolo Teatro, tempio del vernacolo foggiano, è andato in scena uno spettacolo ‘in lingua’, frutto di un esperimento teatrale tutto al femminile, salutato alla sua “prima” da una sala piena e partecipe. Tre donne in scena e un’altra alla regia (Lucia Padalino, che ha curato anche la scenografia) per rappresentare un cortocircuito generazionale attraverso il conflittuale rapporto madre-figlia magistralmente messo a fuoco nel testo “Mai stata sul cammello?” di Aldo Nicolaj. Uno spettacolo al femminile e non femminista – precisano all’unisono le attrici – in cui ogni personaggio riassume in sè le varie sfaccettature ed i vari significati dell’essere donna oggi, ed essere insieme madre, figlia, lavoratrice, moglie, amante e tanto altro, tra doveri e responsabilità, debolezze e forza di volontà, bisogno di protezione e desiderio di indipendenza. Tutto lo spettacolo ruota attorno a tre donne diverse, appartenenti a differenti generazioni, per uno spaccato dell’universo femmi-

nile: Olga (Maria Pia Tavano), arzilla ed incorreggibile novantenne che ha conosciuto la vita, la passione e l’amore ma il cui carattere si è irrigidito ai limiti dell’egoismo col passare degli anni; Elsa (Lucia Ragone) la figlia cinquantenne, schiacciata dal fisiologico bisogno di libertà e il senso di responsabilità che la tiene legata alla capricciosa e anziana madre, un rapporto morboso che le impedisce di vivere un amore clandestino, ma sincero. La sua

sete di libertà si concretizza nel sogno ricorrente di andare in Africa e cavalcare un cammello (da cui il titolo della piéce); ed infine Iris (Monica La Salandra), la giovane vicina-tuttofare che prende la vita alla leggera, forse con troppa superficialità, filtrandola attraverso telenovele e programmi tv. I caratteri diventano le pedine di un gioco pericoloso e perverso tutto giocato sulla linea sottile tra affetto e senso del dovere, amore e odio, tra il tempo che fu e le logiche che regolano l’oggi. Esile la trama, ma funzionale a legare insieme i tre caratteri in scena e farne emergere contraddizioni e complessità. “Non è stato semplice trovare un testo teatrale per sole donne. Sono pochissimi infatti copioni di spettacoli pensati per un cast tutto al femminile che non fossero monologhi”, ha spiegato la regista Lucia Padalino. “Però sentivamo il forte desiderio di misurarci con un testo diverso - continua Lucia Ragone - e con personaggi diversi rispetto ai “tipi” della commedia dell’arte e del teatro tradizionale più volte interpretati insieme alla Compagnia Palcoscenico”. “Mai stata sul cammello?”, infatti, è un testo dall’ironia dolce-amara di Aldo Nicolaj, autore torinese che ha subito conquistato le

attrici per “il pregio – puntualizza Maria Pia Tavano - di avere una scrittura maschile più vicina all’universo femminile delle donne stesse”. Un testo degli anni ’90 ma che risulta assolutamente attuale anche oggi, nel quale confluiscono tematiche di grandissima attualità ed in grado di offrire vari punti di riflessione. Lo spettacolo, convengono le attrici, ha rappresentato anche una grande prova di fiducia da parte del direttore artistico del Piccolo Teatro, Enzo Marchetti, che ha voluto affidare loro l’onore e la grande responsabilità di chiudere con un progetto innovativo per il Piccolo Teatro - perché tutto al femminile ed “in lingua” - la 15esima stagione del teatro di via Delli Carri. Sei le date programmate, un vero e proprio test per nuovi progetti che potrebbero vedere la luce il prossimo anno. “L’idea sarebbe quella di varare una piccola rassegna di teatro al femminile – spiega in chiusura Lucia Ragone – presentare un progetto che possa costituire un valore aggiunto per il Piccolo Teatro, che lo possa aprire a nuove possibilità e nuovi schemi”. Perché il teatro sta all’emozione come la crescita al cambiamento. Maria Grazia Frisaldi


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Quando un bambino inala un corpo estraneo

PEDIATRA DI ALESSANDRA MARINARI

“Chi salva un bambino… salva il mondo intero”

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Necessario un attento controllo durante il gioco e l’alimentazione L’inalazione di un corpo estraneo in età pediatrica è un evento relativamente frequente e rappresenta un’emergenza il cui rapido riconoscimento e trattamento può prevenire conseguenze gravi, anche fatali, dovute alla completa ostruzione delle vie aeree. L’inalazione di corpi estranei è causa ogni anno di circa il 27% di tutte le morti accidentali dei bambini al di sotto dei 4 anni di età (dati 2007 Societa’ Italiana di Pediatria). L’incidenza maggiore (oltre il 70%) avviene in bambini nella fascia compresa tra 12 e 36 mesi, più soggetti al pericolo di inalazione per l’incompleta maturità dei meccanismi riflessi di coordinazione delle differenti funzioni delle vie aeree e per la tendenza a portare alla bocca qualsiasi oggetto, in quanto il contatto orale è il metodo con cui essi esplorano e conoscono il mondo circostante. Inoltre, il contatto orale avviene spesso simultaneamente ad altre attività, quali il gioco, il movimento o il parlare e il ridere, con notevole aumento del rischio d’inalazione accidentale. La maggior parte dei corpi

estranei inalati, in particolare dai bambini più piccoli, è rappresentata da cibo, soprattutto frutta secca (arachidi, noci, mandorle, pistacchi) carote, mela, pasta, granoturco. I bambini più grandi inalano anche oggetti quali tappi di penne, piccoli pezzi di giocattoli o monete. Al fine di ottenere un’adeguata prevenzione è necessario che tutti i genitori e tutti coloro che hanno il compito di accudire i bambini, soprattutto se sotto i 4-6 anni di età, siano informati sul possibile rischio d’inalazione di corpi estranei e su come sia necessario esercitare un attento controllo durante il gioco e l’alimentazione. Anche la scelta dei giocattoli da utilizzare deve essere adeguata all’età e conforme alle indicazioni date dai costruttori e scritte sulla scatola. Il quadro clinico che insorge al momento dell’inalazione di un corpo estraneo, spesso mentre il bambino sta mangiando o giocando con piccoli oggetti, è caratterizzato da

un’improvvisa difficoltà respiratoria, da un senso di soffocamento, da tosse abbaiante e, talvolta, da vomito. I violenti colpi di tosse sono spesso sufficienti a determinare l’immediata espulsione del materiale inalato, ma se la sintomatologia non si risolve in brevissimo tempo è necessario intervenire al più presto con le manovre per la disostruzione delle vie aeree che, se ben applicate, possono essere salvavita. Il non sapere genera errori: prendere per i piedi un bambino che è ostruito, o peggio ancora mettere le dita in bocca, sono le prime due cose che vengono fatte dal soccorrito-

Escluse cause organiche, il problema è psicologico

Ritardo evolutivo semplice del linguaggio A volte può essere collegato all’arrivo di un fratellino Il ritardo evolutivo semplice del linguaggio, a dispetto della sua dicitura complessa, non è altro che un rallentamento nell’evoluzione delle fasi dello sviluppo del linguaggio. Questa problematica come si manifesta? A volte si può presentare con un ritardo nella lallazione, altre volte, invece, i genitori si rendono conto che il bambino, in età prescolare, non si esprime con chiarezza o addirittura che le prime parole si fanno attendere, oppure accade che essi soltanto riescono a comprenderlo. In questi casi quindi un genitore come deve comportarsi? Ci si deve rivolgere al logopedista che, per escludere l’esistenza di un qualsiasi danno organico, farà eseguire degli esami strumentali. Una volta esclusa tale eventualità, provvederà a tranquillizzare i genitori, spiegando che il ritardo evolutivo semplice del linguaggio non è in relazione con cause di tipo organico. In seguito, però, sarà pure necessario accertare qual è il motivo che provoca nel bambino le problematiche nel linguaggio. E, per farlo in

maniera appropriata, il logopedista dovrà avvalersi della collaborazione dei genitori, ai quali rivolgerà alcune semplici domande. E, innanzitutto, chiederà loro se da poco è nato un fratellino. Apparentemente può sembrare un’informazione superflua, ma non tutti sono coscienti che la nascita di un fratellino può essere vissuta dal bambino come un trauma, perché egli identifica la presenza del nuovo nato con la perdita di tutto l’affetto della mamma, riversato solo verso l’altro. Così egli, per cercare inconsciamente di convogliare ogni attenzione verso di sé, presenterà una regressione nel linguaggio. Un’altra causa può essere collegata con una lunga degenza in ospedale, perché, in seguito ad un prolungato ricovero, il bambino non ha la possibilità di svolgere quella attività esplorativa indispen-

sabile per consentirgli di strutturare il suo linguaggio al meglio. Sono soprattutto questi i casi, in cui aumentano le possibilità che un bambino vada incontro ad un ritardo semplice di linguaggio. Dopo il colloquio con i genitori, finalizzato ad accertare la vera causa di questa problematica, si può dare inizio al trattamento logopedico. Se il bambino presenta un linguaggio dislalico, il logopedista interverrà sui singoli fonemi, ovvero imposterà quelli mancanti e correggerà quelli pronunciati in maniera non esatta. Conclusa questa prima operazione, provvederà, poi, a svolgere tutto un lavoro di ripetizione di parole e di frasi, ed infine passerà alle filastrocche, sempre lavorando sui fonemi interessati. Se, invece, il

re occasionale non preparato... e che di solito cagionano la morte del bambino. Ma allora cosa fare? Informarsi! E’ possibile trovare tutto il materiale informativo sulle manovre di disostruzione sul sito della Croce Rossa Italiana http://cri.it/manovredisostruzionepediatriche. Il merito di aver promosso il progetto della CRI “Chi salva un bambino… salva il mondo intero” che ha l’importante fine di divulgare, informare e insegnare le corrette manovre di disostruzione pediatrica da corpo estraneo, va a Marco Squicciarini, Referente Nazionale ed Internazionale Rianimazione Cardiopolmonare Pediatrica e Manovre Disostruzione. Condividi con i tuoi familiari, con la tua baby sitter, con le maestre dell’asilo dei tuoi figli o nipoti questi preziosi mezzi per far finire inutili ed evitabili tragedie di bambini che perdono la vita per il non sapere. Diventa anche tu moltiplicatore nella società.

LOGOPEDISTA DI VALERIA VENTURA Per i vostri quesiti: 6donna@virgilio.it Tel. 0881.563326

bambino presenta un linguaggio povero o addirittura assente, il logopedista interverrà in maniera diversa e, una volta escluso, come detto in precedenza, ogni causa organica, dedurrà che si tratta di un problema di natura psicologica. Pertanto, prima di intervenire con degli esercizi, il logopedista dovrà instaurare con il bambino un rapporto empatico, in modo da farsi accettare da lui e garantirsi la collaborazione necessaria per iniziare ogni sorta di trattamento. Soltanto quando avrà conquistata la fiducia del bambino, il logopedista potrà sfruttare il gioco, per stimolarne il linguaggio attraverso la denominazione dei giocattoli stessi. Questi giochi saranno utili anche per creare delle classificazioni, per capire l’uso di tali oggetti e farli verbalizzare al bambino. Subito dopo, il logopedista potrà passare all’impostazione degli esercizi bucco-linguali, potrà lavorare sul soffio e rafforzare le labbra, in modo da tonificare i muscoli addetti alla pronuncia dei fonemi. Naturalmente ogni attività verrà somministrata al bambino sempre sotto forma di gioco. Questi, in sintesi, sono alcuni degli esercizi che si possono fare eseguire al bambino. L’importante è stimolarlo su più canali ed è quindi fondamentale un lavoro di equipe.

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in poche parole

Famiglie in gara È stata aperta ufficialmente nel corso della Settimana europea della sostenibilità energetica la “European Citizen Climate Cup”, la Coppa climatica del cittadino europeo: una competizione per proclamare la famiglia campione energetico dell’anno. In palio vi sono 2000 euro in premi e un viaggio a Bruxelles. Il progetto, coordinato dalla società tedesca CO2Online e finanziato dalla Commissione europea, si avvale della collaborazione di 14 partner provenienti da 10 Paesi europei. Partecipare è semplice: basta collegarsi al sito http://it.theclimatecup.eu/ (è in italiano), aprire un proprio account sul software (EsaEnergy Saving Account), inserire l’importo di due bollette elettriche nel sito dedicato e si è automaticamente in gara. Adiconsum, referente per l’Italia dell’iniziativa, supporterà le famiglie italiane partecipanti. L’obiettivo della gara è favorire l’adozione di comportamenti volti al conseguimento del risparmio energetico: ridurre il consumo di energia riduce l’emissione di Co2 nell’ambiente e anche la bolletta energetica. La competizione, che individuerà il “Campione energetico dell’Anno” ed il Paese vincitore della “Coppa Climatica” che verranno premiati a Bruxelles, ha preso il via il 13 Aprile 2011 (durante la settimana Europea della sostenibilità Energetica ) e si concluderà a maggio del prossimo anno. Sarà il risparmio personale a permettere ad una delle famiglie aspiranti a vincere: il risparmio di ogni partecipante verrà monitorato da un software in rete (ESA - Energy Saving Account) che traccerà il consumo energetico. L’ ESA fornirà anche informazioni sul risparmio energetico ottenuto e calcolerà la riduzione delle emissioni di CO 2 delle diverse squadre nazionali. Il software stilerà una classifica delle squadre nazionali in concorso determinando il “Campione energetico dell’anno “ e il Paese vincitore della “ Coppa Climatica”. I partecipanti potranno inoltre ricevere regolarmente consulenza energetica e suggerimenti su come ridurre il consumo di energia. Chi vorrà partecipare dovrà mettere in pratica, nella vita di tutti i giorni, degli accorgimenti nello stile di vita (a partire da una riduzione, per esempio, del riscaldamento, la cui diminuzione in casa di 1° C, è in grado di tagliare la bolletta del 10%). L’obiettivo è quello di ridurre il consumo energetico familiare, diminuendo così la spesa energetica mensile e migliorando l’impatto ambientale. Riducendo infatti il consumo di energia si riduce l’emissione di CO2 nell’ambiente, questione talmente fondamentale che è uno degli obiettivi prioritari fissato dalla stessa Commissione Europea che ha imposto la riduzione del 20% della CO2 entro il 2020.


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in poche parole

Norme abbronzatura artificiale

Il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha vietato le lampade abbronzanti a raggi Uva ed i solarium ai minori, alle donne in stato di gravidanza, a chi soffre determinate patologie e a persone che non si abbronzano o che si scottano facilmente al sole. I lettini e i solarium con raggi ultravioletti utilizzati per dorare artificialmente il corpo dovranno possedere specifiche caratteristiche di sicurezza. Il decreto recepisce in qualche modo i consigli della Sidemast (Società italiana di dermatologia medica, chirurgica estetica e delle malattie sessualmente trasmesse), che già un anno fa avevano previsto il divieto delle lampade abbronzanti per certe categorie nelle loro linee guida. La stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms), del resto, ha ribadito di recente che i danni arrecati alla pelle dei più giovani sono potenzialmente assai più pericolosi: prima ci si espone a dosi eccessive di raggi Uva e maggiori sono le probabilità di sviluppare una qualche forma di tumore cutaneo in età adulta. Il decreto è rivolto ai centri estetici ed elenca, tra l’altro, le attrezzature che possono essere adoperate nei centri. Banditi alcuni apparecchi anticellulite e per il fotoringiovanimento a luce pulsata, mentre sono ammessi luce pulsata e laser per la depilazione. La parte sui lettini è certamente quella che coinvolge il più alto numero di consumatori e che ha determinato interventi decisi della comunità scientifica internazionale. La scheda elaborata dai tecnici ministeriali sottolinea una lunga serie di rischi, che si possono riassumere in tre punti: cancro alla pelle, invecchiamento cutaneo, danni alla vista. Nei centri estetici dovranno essere esposti cartelli ben visibili dove si sconsigliano le lampade alle persone con la pelle chiara, con lentiggini e nei e con una storia familiare di tumori alla pelle. Inoltre, bisognerà informare la clientela del fatto che i raggi possono interagire con l’uso di alcuni cosmetici e di diversi farmaci. Tra le raccomandazioni quella di non esporsi al sole nelle 48 ore successive a una seduta abbronzante, di evitare sedute troppo ravvicinate (almeno due giorni di intervallo tra l’una e l’altra) e rispettare lo stop di almeno un mese tra un ciclo di trattamento e il successivo.

Rinuncia, rassegnazione, impotenza e frustrazione

PSICOLOGA DI MARIA GRAZIA BELLANTUONO

Depressione, il male oscuro Dal disagio personale a quello familiare, necessario un supporto psicologico anche per i familiari Alcuni lo definiscono “il male oscuro” e, in effetti, lo è, perché la depressione toglie a chi ne soffre l’elemento indispensabile di ogni guarigione, vale a dire la speranza di poter essere aiutato. Caratteristica comune dei soggetti depressi è, infatti, un atteggiamento di rinuncia e di rassegnazione che mette a dura prova i familiari e gli amici più intimi, i quali sperimentano, il più delle volte, un profondo senso di impotenza e di frustrazione, che sfocia nella rabbia o, semplicemente, nell’accettazione arrendevole della malattia. Nel primo caso, coloro che circondano il paziente depresso si sforzano di spronarlo a reagire, attribuendo al malato la facoltà di cambiare la sua condizione e di attivarsi facendo leva sulla sua forza di volontà e sulla sua capacità di affrontare le difficoltà del momento, come se, in fondo, la guarigione dipendesse unicamente dall’impegno personale. Diversamente, coloro che reagiscono alla depressione del proprio caro chiudendosi, anch’essi, nel silenzio e nell’accettazione dolorosa della malattia, rischiano di sperimentare un vissuto di impotenza

analogo a quello del paziente, accentuando il senso di rassegnazione e di sconfitta caratteristico di questo male. La depressione, come tutti i mali dell’uomo, pur essendo il segnale di una sofferenza personale, spesso incomunicabile e mai del tutto “accessibile” agli altri, non può che coinvolgere e riguardare anche il contesto in cui prende forma e si manifesta, con inevitabili ricadute su tutto il sistema relazionale. Così, anche se chi assume farmaci e terapie è il cosiddetto “paziente designato”, non è raro che a necessitare di un so-

stegno psicologico siano le persone vicine al malato, che spesso si trovano in difficoltà a relazionarsi adeguatamente e sperimentano, anch’essi, vissuti di frustrazione e di impotenza tali da richiedere un aiuto concreto. Assistere ai sintomi tipici del “male oscuro”, dall’umore depresso, alla conseguente perdita di interesse e di piacere per le normali attività quotidiane, dal calo o dall’aumento cospicuo di peso a fenomeni come l’insonnia o l’eccessiva sonnolenza, dalla continua autosvalutazione ai pensieri di morte, può

QUANDO IL SONNO NON ARRIVA

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generare nelle persone che circondano il malato, profondi sensi di colpa, derivanti dalla sensazione di non riuscire a fare nulla per cambiare la situazione o, addirittura, di peggiorare lo stato della malattia. Il disagio e la sofferenza personale si trasformano, così, in disagio e sofferenza familiare, che sarebbe bene arginare facendo leva su risorse interne ed esterne al sistema, come il supporto psicologico e psicoterapeutico. “Nessun uomo è un’Isola, intero in se stesso”, scriveva il poeta John Donne, dando senso e valore al concetto di relazione, dal quale non si può prescindere anche quando sembra che il “male” e la sofferenza siano un “fatto privato”, come nel caso della depressione. Spesso, infatti, quest’ultima è la conseguenza di una perdita, di un lutto, di una separazione, vale a dire di eventi relazionali che possono ripercuotersi indubbiamente nella chimica del corpo, causando alterazioni a livello dei neurotrasmettitori o squilibri ormonali ripristinati, spesso, unicamente mediante l’uso di farmaci. Tuttavia, come diceva Jung, “l’incontro di due personalità è simile alla mescolanza di due diverse sostanze chimiche, un legame può trasformarle entrambe”, e sta in questo il potere terapeutico della relazione, indispensabile nel trattamento e nella cura di quel “male oscuro” che è la depressione.

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Allenarsi per combattere l’insonnia

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E’ nell’attività fisica il segreto per migliorare la qualità del riposo Notti in bianco passate a guardare il soffitto nella speranza di addormentarsi e di riposare. Tutti sappiamo cos’è l’insonnia per averla provata almeno una volta nella vita. Gli esperti la definiscono come un disturbo caratterizzato da una ridotta durata o una minore qualità del sonno, dovuta a un’alterazione del ritmo sonno-veglia con prevalenza di quest’ultima. Nel nostro Paese soffrono di disturbi del sonno circa 12 milioni di persone, numero che in genere aumenta a ogni cambio di stagione e in particolare con l’arrivo della primavera e dell’estate. Il brusco cambiamento delle condizioni climatiche e le variazioni della luce, determinano, infatti, uno shock per l’organismo che si adatta gradualmente alle nuove situazioni meteorologiche. A ingaggiare feroci battaglie col cuscino sono soprattutto le donne, che rappresentano circa il 60% della popolazione insonne, e gli anziani oltre i 55 anni. L’insonnia va considerata come una vera e propria malattia da cui guarire, perché quanti ne soffrono mostrano punteggi peggiori in tutti gli indicatori di qualità della vita: psicologici (ansia e depressione), emozionali (irritabilità) e cognitivi (difficoltà di concentrazione e di memoria). La depriva-

zione del sonno ha conseguenze negative anche sulla salute, accrescendo il rischio di eventi cardiovascolari come l’infarto o l’ictus e favorendo l’obesità e il diabete. Le tradizionali risposte al disturbo sono affidate quasi sempre ai farmaci: una soluzione che però risolve solo apparentemente la questione, mettendo a tacere il problema e creando dipendenza. Nella maggior parte dei casi basterebbe invece qualche semplice norma comportamentale per migliorare la qualità del sonno, come l’adozione di uno stile di vita che dia spazio all’attività fisica. Secondo gli studiosi quest’ultima, se praticata con moderazione, senza causare eccessiva stanchezza, migliora la qualità del riposo

e del sonno. Secondo una ricerca americana condotta dall’Università di Stanford che ha coinvolto quaranta persone dai 50 ai 70 anni, basta un programma regolare di ginnastica di sole tre ore alla settimana per produrre un netto miglioramento della qualità e della durata del sonno: dopo sei mesi di palestra le persone hanno dichiarato di dormire 45 minuti in più di prima, senza inoltre dover attendere molto per addormentarsi. Un altro studio pubblicato nel 2008 dall’Università di San Paolo del Brasile dimostra che un moderato esercizio aerobico riduce lo stato di ansia e migliora la qualità del sonno nei soggetti sofferenti di insonnia cronica. I ricercatori hanno osservato che le persone sottoposte a una sessione di allenamento aerobico si addormentavano prima (con una riduzione del periodo di latenza del sonno del 54%), dormivano più a lungo (il 21% in più) e meglio (l’ef-

ficienza del sonno aumentava del 12%), con una riduzione dell’ansia pari al 7%. Miglioramenti dovuti prevalentemente al fatto che l’attività fisica determina un rilascio delle endorfine (narcotici naturali) e una riduzione del cortisolo (l’ormone dello stress), a cui va ad aggiungersi un senso generale di relax indotto dall’effetto termico del movimento. L’esercizio fisico risulta quindi un sistema molto efficace per combattere l’insonnia e sicuramente meno dannoso del solito sonnifero. Una ragione in più per andare in palestra con l’arrivo della bella stagione e soprattutto con il passaggio dall’ora solare a quella legale, quando la variazione della luce rischia di acuire il problema nei soggetti più sensibili.


m a g g i o duemilaundici

AVVOCATO

Novità dal Consiglio dei Ministri

DI CATERINA MONOPOLI

Negoziazione del mutuo

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in poche parole

Farmacia dei servizi

Da tasso variabile a fisso, arriva anche la possibilità di prolungarlo fino ad ulteriori cinque anni Antonella ha contratto un mutuo per l’acquisto della sua prima casa, optando per il tasso variabile. La lettrice, alla luce della bozza del Decreto Legge per lo Sviluppo, vorrebbe avere qualche notizia in merito alla rinegoziazione dei mutui Cara Antonella, in effetti, il 6 maggio scorso è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il Decreto Legge che, tra gli altri provvedimenti, introduce alcune novità che riguardano la casa, i mutui e i finanziamenti. In tema di mutui, con il suddetto decreto, la rinegoziazione, che prima era una facoltà della Banca, oggi diventa un diritto del consumatore, pur se condizionata da alcuni limiti; infatti, fino al 31 dicembre 2012, sarà possibile rinegoziare con la propria banca i mutui oggi esistenti a tasso variabile ed ottenerne la trasformazione a tasso fisso per la restante durata del mutuo, con la eventualità di prolungarli fino ad ulteriori cinque anni (ma non oltre i venticinque anni totali di durata residua). La banca è tenuta a concedere la rinegoziazione ai clienti che ne faranno richiesta e che abbiano i requisiti previsti, anche se l’estensione di durata dovrà essere concordata dalle parti. Tale possibilità è concessa per

mutui di importo originario fino a 150.000 euro per l’acquisto o la ristrutturazione di immobili adibiti ad abitazione (quindi anche seconda casa) e per mutuatari il cui reddito ISEE non superi i 30.000 euro annui. La valutazione dell’opportunità della decisione di mutare il tasso del proprio mutuo, non sarà cosa semplice per il consumatore. I possibili effetti sul mutuo vanno considerati alla luce del fatto che, ai tassi attuali (relativamente bassi) tra il 2 – 3 %, mediamente, chi passasse da un tasso variabile a un tasso fisso rinegoziato, subirebbe, nell’immediato, un aggravio di almeno due punti percentuali, passando al 4 – 5 %. Ne deriverebbe, nella maggioranza dei casi, un aggravio della rata pagata rispetto al mutuo precedente, con una contrazione del risparmio nei prossimi 2 o 3 anni, ma con la certezza di avere una rata fissa negli anni, senza sorprese e, probabilmente, più leggera, come affermano gli economisti.

L’aumento della rata, naturalmente, sarà assai diverso a seconda delle condizioni di partenza e della durata residua del mutuo. In alcuni casi, come per i mutui di breve durata o alcuni di quelli per i quali la durata viene estesa, la rata potrebbe invece ridursi rispetto a quella originaria. Il consiglio degli esperti, quindi, è, ovviamente, di valutare con estrema attenzione ed adeguati strumenti di calcolo l’alternativa della rinegoziazione prima di decidere se richiederla o meno, considerando dall’altro lato le incognite legate al tasso variabile ed i possibili aumenti della rata in caso di forti risalite future del costo del denaro. La rinegoziazione sarà possibile fino al 31 dicembre 2012, ma è chiaro che risulta conveniente in questo momento nel quale i tassi sono ancora bassi. Man mano che i tassi cresceranno, l’effetto di conteni-

Promosso dal Ministero delle Politiche Agricole

mento delle rate diminuirà, mentre potrebbe salire il costo totale in termini di interessi pagati. In conclusione, cara Antonella, occorre verificare, in primo luogo, se hai i requisiti richiesti dal nuovo decreto, con riferimento sia al reddito, sia all’importo originario del mutuo; in secondo luogo, occorrerà valutare l’effettiva convenienza della rinegoziazione, relativamente alla tua situazione economica e familiare. E’ evidente che si tratti di scelte assolutamente soggettive, che vanno operate tenendo conto di svariati fattori; il suggerimento, quindi, è di consultare un operatore del settore che possa aiutarti a mettere sul piatto della bilancia i pro ed i contro di una rinegoziazione del tuo mutuo.

MOVIMENTO CONSUMATORI

Progetto “Sms consumatori”

DI ROSANGELA LORISO Per i vostri quesiti: 6donna@virgilio.it Tel. 0881.563326

Vuoi sapere quanto costa? Manda un sms al numero 47947 Il servizio completamente gratuito, informa i cittadini sui prezzi dei principali prodotti agroalimentari tramite messaggistica SMS. Il progetto “Sms consumatori”, promosso dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, realizzato assieme alle associazioni dei consumatori, prevede la rilevazione continua dei prezzi al consumo di oltre 80 prodotti alimentari in 2.200 punti vendita dei diversi canali distributivi: ipermercati, supermercati, discount, mercati rionali. La scelta dei prodotti da monitorare segue la stagionalità e la disponibilità presso i punti vendita; conseguentemente i prezzi di alcuni prodotti appartenenti al paniere “Sms consumatori” potranno non essere disponibili in determinati periodi dell’anno. La rilevazione viene effettuata quotidianamente, dal

martedì al sabato e prevede l’impegno giornaliero di 44 operatori. Il campionamento dei punti vendita a livello territoriale è effettuato con criterio proporzionale alla quota dei consumi alimentari nelle diverse regioni d’Italia. Inoltre, in ciascun capoluogo, i punti vendita sono selezionati in base alla localizzazione (centro, semicentro, periferia), all’insegna (per la grande distribuzione) ed alla posizione (nel caso dei banchi all’interno dei mercati). Per garantire la rappresentatività del campione il progetto prevede una rotazione delle ri-

levazioni su 2.200 punti vendita. L’articolazione territoriale del campione consente, accanto alla determinazione del prezzo medio di ciascun prodotto a livello nazionale, una sua indicazione per macroarea geografica (Nord, Centro e Sud), al fine di contestualizzare i valori raccolti al territorio di riferimento. Ma in cosa consiste effettivamente il servizio “Sms consumatori”? Il consumatore dispone di un numero, il 47947, dove inviare gratuitamente un messaggio per la richiesta dei prezzi. Digitando solo il nome del prodotto agroalimentare di cui si vuole conoscere il prezzo ed inviando il messaggio, l’utente riceverà informazioni sulle singole varietà del prodotto e precisamente: prezzo medio nazionale all’origine e all’ingrosso, aggiornato con cadenza settimanale e prezzo medio di vendita macro regionale rilevato

giornalmente. L’invio di una richiesta prezzo per un prodotto presente nel paniere con due o tre varietà, determina la ricezione, rispettivamente, di due o tre messaggi. Il numero massimo di sms richiesta prezzi è di 5 sms giornalieri e 30 sms mensili. La disponibilità dei prezzi giornalieri avviene a partire dalle 13.30; prima di questo orario sono validi i prezzi del giorno precedente. Il consumatore potrà segnalare attraverso il sito internet del progetto, al seguente indirizzo www.smsconsumatori.it eventuali prezzi anomali ovvero il non rispetto della normativa in materia di sicurezza agroalimentare, etichettatura e condizioni igienico-sanitarie. Dal sito internet, l’utente può accedere a servizi ulteriori ed aggiuntivi quali le schede informatiche, il carrello della spesa, il borsino dei prodotti alimentari.

Non solo farmaci, ma anche alcune specifiche prestazioni sanitarie. Dal 4 maggio anche fisioterapisti e infermieri potranno svolgere servizi nelle farmacie, così come stabilito da un decreto del ministero della Salute del 16 dicembre 2010 che, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n.90 del 14 aprile 2011, entrerà appunto in vigore fra alcuni giorni. Con le nuove disposizioni, dunque, i farmacisti potranno organizzare alcune attività aggiuntive erogate da fisioterapisti e infermieri, e coordinarne il lavoro anche per interventi a domicilio. Ma senza che tutto ciò comporti costi aggiuntivi per la finanza pubblica. In particolare - si legge sul sito www.salute.gov.it - in farmacia si potrà andare per avere supporto di un infermiere in caso di autotest, per effettuare medicazioni e “cicli inattivi intramuscolo”, accedere ad “attività concernenti l’educazione sanitaria e la partecipazione a programmi di consulting, anche personalizzato”. Le farmacie potranno anche organizzare “iniziative finalizzate a favorire l’aderenza dei malati alle terapie”. Inoltre, sempre gli infermieri, potranno svolgere sia in farmacia che a domicilio le prestazioni prescritte dal medico di base o dal pediatra, sempre fra quelle effettuabili autonomamente dal paziente. E ancora, sempre a domicilio, gli infermieri potranno partecipare ad iniziative per garantire l’uso corretto e appropriato dei medicinali. Per quanto riguarda invece i fisioterapisti, su prescrizione medica potranno stabilire percorsi di prevenzione e riabilitazione, oltre che attività terapeutica per la “rieducazione funzionale delle disabilità motorie,psicomotorie e cognitive viscerali utilizzando terapie manuali, massoterapiche ed occupazionali”, e infine potranno valutare gli effetti della terapia rispetto agli obbiettivi di recupero funzionale. Il decreto specifica inoltre che fisioterapisti ed infermieri devono essere in possesso di titolo abilitante ed essere iscritti ai relativi albi professionali, mentre spetta al farmacista accertarsi del possesso dei requisiti da parte dei professionisti che coordinerà all’interno della farmacia, “avvalendosi, se necessario, degli ordini provinciali dei medici, dei collegi provinciali degli infermieri e delle associazioni più rappresentative dei fisioterapisti, così come individuate dal ministero della Salute”. (Fonte Genitori.it)


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in poche parole

Saranno gemelli?

La risoluzione consensuale della lite dovrà rispondere ai reali bisogni delle parti

MEDIATORE FAMILIARE DI ROSA SCHENA Per i vostri quesiti: 6donna@virgilio.it Tel. 0881.563326

Mediazione familiare,

per un accordo senza vincitori e perdenti

Dall’aspetto dell’embrione è possibile valutare le probabilità di gravidanza e sapere se questa sarà gemellare. Tutto merito di una formula matematica che, analizzando cinque parametri, consente un calcolo predittivo con un’attendibilità che supera il 90 per cento. E’ quanto scoperto da alcuni ricercatori del Centro Procreazione Assistita dell’università di Torino. I ricercatori sono partiti con la valutazione morfologica degli embrioni attraverso la loro visione al microscopio e attenendosi a cinque variabili (numero di cellule a 48 ore dallo sviluppo, presenza o meno del nucleo al loro interno, regolarità delle dimensioni, se è rispettata la disposizione simmetrica a quadrifoglio e, infine, se ci sono anche cellule frammentate). Gli embrioni studiati con questi criteri, erano stati trasferiti due a due nell’utero di circa 3000 donne. Di queste, 700 hanno rivelato una gravidanza gemellare che ha confermato l’attecchimento di entrambi gli embrioni, mentre per circa 1500 l’impianto non ha dato esito. I ricercatori, allora, hanno confrontato le cinque variabili embrionali che hanno permesso l’attecchimento con le stesse variabili negli embrioni che, invece, non ce l’hanno fatta. Il risultato è stato la formula matematica che, con dei correttivi, permette di stimare con precisione il potenziale che ogni embrione ha di dar origine a una gestazione. La formula? Basta inserire le cinque variabili in un’equazione matematica per ottenere le probabilità di attecchimento. Il vantaggio per le coppie che si sono affidate alla procreazione assistita per mettere al mondo un figlio è notevole: potranno conoscere la reale probabilità di successo e anche prevedere se, in base alla struttura degli embrioni da impiantare, nasceranno due gemelli. Il software infatti, permette di trasferire nell’utero, in casi favorevoli, anche un solo embrione, e di azzerare la possibilità di una gravidanza gemellare. La formula matematica è già stata applicata in quattro cliniche scandinave. E sul tema dell’infertilità, interviene Cittadinanza attiva-Tribunale per i diritti del Malato con la campagna “Uno più uno fa tre”: un opuscolo che informa sul giusto percorso di procreazione assistita, sui diritti delle coppie e sulla scelta del centro giusto. (Fonte: Repubblica.it)

Si giunge ad una combinazione di soluzioni accettabili da tutti coloro coinvolti nella disputa familiare Due coniugi si avvicinano alla mediazione familiare in un periodo della loro vita di coppia caratterizzato da un conflitto che rende difficile la comunicazione. La mediazione si propone come un modello finalizzato alla riorganizzazione emotiva e relazionale con l’obiettivo concreto di proporsi come un percorso nuovo e diretto a condurre le parti verso la formulazione di un accordo, per la separazione o per il divorzio, frutto della volontà esclusiva dei confliggenti e sentito come attuabile nel concreto. Varie nel corso degli ultimi decenni sono state le definizioni attribuite al processo di mediazione, tutte realistiche e frutto di un attento studio delle vicende umane legate alla prassi. La mediazione familiare, in materia di divorzio o di separazione, è un processo in cui un terzo, neutrale e qualificato, nella garanzia del segreto professionale, viene sollecitato dalle parti per fronteggiare la riorganizzazione resa necessaria dalla separazione, nel rispetto del quadro legale esistente. Il ruolo del mediatore è quello di portare i membri della coppia a trovare da sé le basi di un accordo durevole e mutuamente accettabile, tenendo conto dei bisogni

di ciascuna parte e componente della famiglia e particolarmente di quelli dei figli, in uno spirito di corresponsabilità e di uguaglianza dei ruoli genitoriali. La lettura della definizione riportata porta a formulare alcune valutazioni sia sotto l’aspetto umano relazionale che prettamente giuridico. In generale i sistemi sociali hanno risolto i conflitti con delega degli stessi ai tribunali. L’immagine iconografica della giustizia quale dea bendata (indifferente), con una bilancia (giustizia distributiva), e una spada (taglio netto tra le parti) esemplifica la differenza sostanziale con la cultura della mediazione. Il giudice deve tendere ad una gestione delle parti in causa, ma è una triade che deve interagire; la mediazione tende ad una ricostruzione dei rapporti andando alla ricerca delle cause sottese al problema (la parte sommersa dell’iceberg, metafora figurativa ad uso scolastico, nettamente superiore rispetto alla punta che emerge e che rappresenta il conflitto apparente). La mediazione rappresenta una forma di giustizia che supera la dinamica vincitore/vinto e che applica modalità di risoluzione dei conflitti diverse nei modi e nell’origine dalla

giustizia retributiva, basate sul concetto di pena. Dall’introduzione della legge sul divorzio e successive si è concretizzata una prassi giudiziaria più o meno fallimentare in quanto le parti hanno dovuto porre in atto dei provvedimenti decisi da terze persone in seguito all’analisi delle vicende familiari portate in Tribunale. Sovente tali disposizioni non sono state accettate e sentite come giuste, ma subite dalle parti in quanto il frutto di una valutazione esterna, seppur effettuata in buona fede, ma non corrispondente alle reali e concrete esigenze delle parti. I coniugi, loro malgrado, si sono ritrovati ad accettare le disposizioni del Giudice, ritenute spesso ingiuste e parziali, soltanto perché provenienti da una autorità, oppure perché lacerati da una causa avvilente e massacrante sotto il profilo morale ed economico derivante da un’estenuante lotta legale con vittime sacrificali: i figli. La prassi evidenzia altresì la difficoltà per le parti di porre in essere in concreto le disposizioni del Giudice, spesso definite in base a modelli teorici astratti di comportamento, non applicabili nei casi concreti, con la conseguenza di dover nuovamente ricorrere al Tribunale per la modifica delle statuizioni. La mediazione familiare si propone al contrario un obiettivo completamente diverso, mette in atto un processo diretto a raggiungere un accordo voluto esclusivamente dalle parti e sentito come giusto da entrambi i conflig-

Dolore, formicolio, fastidio e senso di addormentamento

Parliamo di Tunnel Carpale

genti. Le parti, hanno la possibilità di procedere ad una prova della fattibilità dell’accordo raggiunto sia prima di stenderlo per iscritto che dopo averlo sottoscritto, al fine di modificarlo ove ritenuto di difficile applicazione. Soltanto quando l’accordo raggiunto sarà avvertito come proprio, di facile gestione nel quotidiano, le parti potranno siglarlo e dargli concretezza. Come è di tutta evidenza non vi è un compromesso tra i rispettivi interessi delle parti ma si giunge ad una combinazione di soluzioni accettabili da tutti coloro che risultano coinvolti nella disputa familiare fino all’accordo finale desiderato e accettato senza riserve mentali. La risoluzione consensuale della lite dovrà rispondere ai reali bisogni delle parti le quali svilupperanno la responsabilità personale e genitoriale, in quanto saranno essi stessi ad assumersi il compito di decidere come regolare le proprie vite in futuro, dopo la separazione o il divorzio, senza delegare ad altri l’individuazione di bisogni indelegabili. La mediazione dunque è una procedura alternativa alla lite legale e ad altre forme di assistenza terapeutica o sociale, in cui una terza persona imparziale e neutra, qualificata e con una formazione specifica, il mediatore, agisce per incoraggiare e per facilitare la risoluzione di una disputa tra le parti. E’ un processo informale e non basato sul piano antagonista vincitore - perdente, che ha per obiettivo quello di assistere le parti affinché raggiungano un accordo rispondente ai propri bisogni, ai propri interessi e a quelli di tutti i membri coinvolti. L’accordo raggiunto dovrà essere volontario, mutuamente accettabile e durevole. In mediazione l’autorità decisionale resta alle parti.

FARMACIA A CURA DELLA

FARMACIA SANTA RITA Per i vostri quesiti: 6donna@virgilio.it Tel. 0881.563326

Nelle condizioni croniche è necessario un intervento chirurgico da effetturare in laboratorio Il Tunnel Carpale è il dolore della mano e delle dita con alterazione della sensibilità, in particolare del dito medio. Più propriamente si parla di neuropatia del nervo mediano, che soffre e si ammala perchè strozzato nel canale del carpo. In condizione di affaticamento o degenerazione infiammatoria degli elementi che costituiscono il tunnel (ossa, legamenti e tendini), la pressione nel canale del carpo aumenta ed il nervo mediano rimane compresso, con una condizione di sofferenza che causa dolore e parestesie, cioè formicolii. Il dolore del Tunnel Carpale raramente è acuto, molto spesso si tratta di un senso di fastidio e di addormentamento che riduce la sensibilità e la funzionalità della mano malata. Il dolore si manifesta soprattutto di notte ed il movimento di scuotimento della mano attenua i sintomi. Nei casi più avan-

zati il problema persiste durante tutta la giornata, accentuandosi coi movimenti di flesso-estensione del polso. Poichè uno dei rami del nervo mediano va al complesso muscolare alla base del pollice, si può notare una riduzione di volume in questa zona. La diagnosi è soprattutto clinica sulla base della storia e sulla base dei test di Tinel e di Phalen, che evidenziano la sofferenza del nervo mediano nel tunnel carpale. Nel primo si percuote col martellino neu-

rologico sul polso, causando una scossa nel territorio del mediano; nel secondo si flette o si estende la mano sull'avambraccio per un minuto causando o accentuando i formicolii ed il dolore. La diagnosi deve essere confermata dall'esame elettroneurografico, che misura il grado di sofferenza del nervo mediano nel Tunnel Carpale. Radicolopatie cervicali, plessopatie brachiali, polineuropatie in genere, possono simulare i sintomi tipici della sindrome e devono essere escluse. La cura può essere di tipo medico e chirurgico. Quando il dolore è di insorgenza recente, specie a seguito di un sovraffaticamento della mano e del polso, si hanno buoni risultati, ed eventualmente la guarigione, con la terapia medica e l'immobilizzazione del polso. Le medicine più usate sono di tipo an-

tinfiammatorio, talora con infiltrazioni locali, per ridurre l'infiammazione dei tessuti nel canale del carpo, diminuendo il volume, e permettendo al nervo mediano di riconquistare il suo spazio. L'immobilizzazione del polso, con un tutore, serve a ridurre i movimenti del polso ed aiuta la guarigione del danno al nervo. Nelle condizioni croniche è necessario la liberazione del nervo compresso. I risultati raramente deludono. L'intervento consiste di una breve incisione, sul polso o sul palmo della mano, in anestesia locale, per esporre il legamento del carpo. L'apertura del legamento dà respiro al nervo, decomprimendolo per eliminarne la sofferenza e, quindi, il dolore. L'intervento dura dai 5 ai 15 minuti e si esegue ambulatorialmente o in day hospital. Segue poi una fasciatura, per qualche giorno, che permette la cicatrizzazione dei tessuti.


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cure dolci

CON L’AYURVEDA SI PUO’ VINCERE IL NERVOSISMO A TAVOLA

La

Dieta della calma

ACQUA

Il segreto è nella capacità di selezionare con cura le portate e unire i giusti sapori ETERE

FUOCO

Sei sempre nervosa? Basta poco per farti arrabbiare? Forse dovresti cambiare le tue abitudini alimentari. Lo suggerisce l’ayurveda, l’antica filosofia indiana del benessere (dal sanscrito Ayus, vita, e Veda, conoscenza), nata seimila anni fa. Secondo l’antica filosofia ci si può riappropriare dell’equilibrio psicofisico modificando lo stile di vita. Il cambiamento può iniziare proprio dall’alimentazione. Per l’ayurveda la dieta è, infatti, un modo di ritrovare l’equilibrio e il benessere, e andrebbe calibrata a seconda del carattere di ciascuno. Ci sono, comunque, dei criteri di base validi in generale per tutti, utili per attenuare nervosismo e irritazione: tutto si fonda su un complesso sistema di energie presenti nel cibo e nell’universo, sul modo in cui queste si associano tra loro e sul-

l’influenza che esercitano sulla persona e sull’ambiente. Aria, terra, acqua, fuoco ed etere: forze in equilibrio Tutto inizia dai cinque elementi che caratterizzano l’intero cosmo. La Terra, che rappresenta la continuità e la stabilità; l’acqua, cioè il cambiamento; il fuoco, che è la trasformazione; l’aria, il dinamismo; e l’etere, che simboleggia il suono. Questi elementi si manifestano nel mondo, nell’uomo e negli alimenti, dando origine a tre energie: quella del sistema nervoso e del movimento Vata (composta da etere e aria), quella della trasformazione Pitta, che è interessata più di ogni altra alla digestione e, quindi, all’alimentazione (contiene l’acqua e il fuoco) e l’energia Kapha, che cementa gli elementi nel corpo, costituita da acqua e terra. Nelle persone molto nervose c’è

Come strutturare i menù Le persone tendenzialmente nervose devono bilanciare la qualità e la quantità dei cibi: non tutto crudo (le insalate), non tutto cotto (la pasta), non tutto asciutto (il panino), non tutto liquido (il frullato). È indispensabile mangiare sempre cibi di stagione. In ayurveda è consigliato l’utilizzo di un unico piatto nel quale disporre tutti gli alimenti. Questa strategia aiuta anche a moderare le quantità. Bisogna cominciare con una verdura cruda che ne occupa la metà. Quindi, si dispongono i cibi cotti distribuendoli nella restante parte del piatto suddivisa a sua volta in due metà: in una vi trovano posto alcune verdure e nell’altra i cereali oppure le fonti di proteine (come la carne, le uova, i derivati del latte o il pesce). Per quanto riguarda il formaggio, bisogna sempre distinguere tra quelli veri e propri (gli stagionati come parmigia-

no, asiago, groviera e fontina) e i latticini (ricotta e formaggi freschi come primo sale e crescenza): i primi vanno bene anche per cena, purché se ne faccia un uso moderato, mentre i secondi sarà meglio mangiarli di giorno, perché di sera risultano poco digeribili. A ogni pasto, costituito dal piatto unico in cui non si devono associare più di tre gusti, si può accompagnare il pane (non più di due fette al giorno), che dovrà essere asciutto. Un discorso a sé merita l’acqua, che dovrà essere presente a ogni pasto nella misura di un bicchiere abbondante. Per ritrovare la serenità, rilassarsi e digerire bene, è utile bere acqua e infusi lontano dai pasti.

Sei categorie tra cui scegliere I sapori “energetici” classificati secondo l’ayurveda non corrispondono sempre al gusto dei cibi che si può apprezzare assaggiandoli. Ecco allora gli alimenti principali di ogni gruppo: • Dolce: grano, riso, zucchero, datteri, menta piperita, frutta matura. • Acido: frutta acerba, agrumi, solanacee (come pomodori, melanzane, patate, peperoni), yogurt, limone, • Salato: sale marino. • Piccante: spezie ed erbe aromatiche, cipolle, ravanelli, peperoncino, aglio. • Amaro: alcune verdure come tarassaco, cicoria, indivia, carciofo, cardo, birra. • Astringente: cavolini di Bruxelles, mirtilli, melagrane, tè, lattuga, banane acerbe.

una presenza eccessiva dell’elemento aria, con una preponderanza di Vata. Per bilanciarla, bisogna aumentare la presenza di acqua, terra e fuoco, grazie ad alimenti carichi di energia Pitta e Kapha. Alimenti rilassanti Secondo l’ayurveda, è con i gusti degli alimenti che si interviene sulle energie. I cibi giusti, dunque, vanno scelti in base al sapore che li caratterizza e all’influenza che questo esercita sull’umore. Ma è l’equilibrio fra i vari gusti (che comprendono anche piccante, amaro e astringente) a rilassare la persona nervosa che dovrebbe ridurre drasticamente il sapore piccante e l’astringente. Gli alimenti che hanno carattere equilibrante sono: la soia gialla, tutti i tipi di germogli, le carote, le zucchine, il mango dolce, l’uva matura, ma anche pollo, cardamomo, zenzero e curcuma. a.d.

TERRA

ARIA

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ALLA SCOPERTA DEGLI USA: LA FLORIDA

viaggi

Welcome to Miami

La metropoli caraibica dove l’estate dura tutto l’anno: sole, spiagge, palme, grattacieli e...tanto divertimento Per molti è la “Capitale delle Americhe”, uno snodo importante dei legami culturali e linguistici tra Nord America, Caraibi e Sud America. Per tutti è semplicemente Miami, una città situata sulla costa sud-orientale dello stato della Florida, bagnata dalle acque dell’Oceano Atlantico. La metropoli gode di un clima quasi tropicale con estati particolarmente piovose ed esposte, tra giugno e novembre, al rischio uragani. I mesi invernali sono invece caratterizzati da una minore piovosità e da temperature medie massime intorno a 26°C e minime di 16°C. Durante questa stagione spesso si verificano brusche irruzioni di aria più fredda dal nord che, mediamente una o due volte l’anno, possono portare le temperature minime anche sotto i 5°C con massime intorno ai 10°C. Sulla Baia di Biscayne, che si affaccia sull’Oceano Atlantico, è collocato il porto di Miami conosciuto come il “Cruise Capital of the World” (La capitale mondiale delle crociere), questo per il fatto che qui attraccano le più grandi navi da crociera esistenti. Il porto è collegato con il centro della città “Downtown Miami” dal ponte chiamato “Port Boulevard”. Miami è il perfetto mix tra una metropo-

li americana, dove enormi e altissimi palazzoni squarciano il cielo, e una località tipicamente caraibica che sfoggia le sue bellezze locali delle tradizioni cubane. E’ la meta ideale per una vacanza di tutto divertimento: dallo shopping sfrenato alle giornate d’ozio sotto il bollente sole sulle spiagge o in piscina; alle serate vivaci nei tanti ristoranti e locali alla moda o romantiche cene a bordo di splendide crociere notturne per osservare lo sfavillio delle luci sul mare. Il turismo è una risorsa di rilievo. Le spiagge di Miami sono note in tutto il mondo per le smisurate distese di sabbia e l’attrazione principale sono i locali notturni che animano il quartiere Art Decò di South Beach: ideale per gli amanti dell’architettura, è considerato uno dei quartieri più glamour del pianeta. Eleganza, moda, divertimento, mare, spiagge, luci e colori sono gli elementi che caratterizzano questa città che si estende per diversi chilometri in lunghezza. Nella trendy e famosissima South Beach troviamo Lincoln Road. Dagli anni ‘30 agli anni ‘50 via esclusiva per lo shopping di alta sartoria, oggi è un’area per il passeggio pedonale. E’ ricca di negozi aperti fino a tardi, di ristoranti di tutti i gusti e bar. Il Segafredo Café è probabilmente il locale più famoso, grazie alla buona musica e all’ambiente; da Le Bon si possono guastare ottime cene a base di pesce e crostacei; per gli amanti del Jazz al Van Dyke Café suonano i migliori musicisti. Non mancano inoltre le gallerie d’arte, i negozi d’arredamento e le librerie. A Miami la moda è sempre in primo piano: lo shopping è uno degli elementi più travolgenti che fa di questa striscia di sabbia sotto il sole una delle località più frequentate. In Oce-

Curiosità A Miami sono presenti molte etnie ed è forte l’influenza delle grandi comunità latino-americane e caraibiche di lingua spagnola e creola. La lingua ufficiale è l’inglese americano affiancato dalla lingua spagnola. La moneta è il dollaro americano e lo strumento di pagamento più utilizzato è la carta di credito. Di norma le mance per i camerieri sono inserite nella ricevuta fiscale ed incidono per il 15-20% del totale. Fuso orario: 5 ore in meno rispetto all’Italia. Per i cittadini italiani è necessario il nuovo passaporto elettronico. Il mezzo di trasporto pubblico più diffuso è il taxi. Negli anni ‘80, Miami si è trasformata nel più grande punto di transito della cocaina proveniente da Colombia, Bolivia e

Perù. L’industria della droga introdusse miliardi di dollari a Miami, ma causò anche una rapida escalation del numero di crimini violenti, fino a trasformarla in una delle città americane più violente e con un numero di crimini sopra la media. Quel periodo è ricordato con il nome “Cocaine Cowboy Era”. In questo scenario fu ambientata la fortunata serie televisiva Miami Vice, che aveva per protagonisti due agenti infiltrati della narcotici della polizia di Miami. Miami nel 2000 è stata teatro della più importante azione legale promossa negli Stati Uniti, nella quale migliaia di fumatori malati di cancro della Florida ottennero lo sbalorditivo verdetto di risarcimento di 145 miliardi di dollari a danno delle cinque più grandi aziende americane produttrici di tabacco.

an Drive e nel Fashion District su Collins Avenue si trovano le marche mondiali più prestigiose. Coconut Grove, quartiere storico di Miami, è oggi una zona esclusiva e raffinata, ricca di negozi, ristoranti e locali. Aspetto estremamente interessante della metropoli della Florida è l’arte contemporanea e da quando Miami è sede dell’Art Basel, la mostra più prestigiosa del mondo, di anno in anno è andato crescendo l’amore per l’arte ed il movimento artistico della città che ha dato vita a nuovi musei e gallerie. Il Miami Seaquarium è senza dubbio uno dei parchi acquatici più grandi e famosi del mondo: fra la variopinta fauna spiccano leoni di mare, balene, orche giganti, delfini ed alligatori. Meta di rara bellezza e tappa obbligata per immergersi nella natura più affascinante e selvaggia, il parco nazionale di Everglades: una singolare zona paludosa subtropi-

cale dove vivono molte specie di flora e fauna. Il parco ha un’estensione molto vasta ed è stato dichiarato dall’UNESCO patrimonio mondiale dell’umanità. Lontana da Miami, ma meta turistica annoverata nelle escursioni più gradite, è la famosa isola di Key West. E’ l’ultima di una serie di isolotti nell’estremo sud della Florida che si raggiunge attraversando una serie di quarantadue ponti, lungo la mitica Overseas Highway che separa il golfo del Messico dalIrma Mecca l’Oceano Atlantico.


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