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focus Madre Terra

L’agricoltura va di moda

foggia notes Magna Capitana

Come andrĂ a finire?

cucina Non tutto fa brodo

Innovazione ai fornelli

MARIA EMILIA DE MARTINIS Il 2016 della Camera Minorile di Capitanata


editoriale di Maria Grazia Frisaldi Giovanna Lazzari, Marta Lazzarin, Anna Massignan e Angela Nesta. Quattro donne accomunate dallo stesso terribile destino, quattro donne cui è stato negato loro - per errore umano o per tragica fatalità, questo sarà la Procura a stabilirlo - la grazia di diventare presto madri. Sono quattro donne “morte di parto”. O per lo meno così hanno titolato i giornali il giorno seguente ciascuna disgrazia. Per i quattro casi, tutti in rapida successione, è stata attivata una apposita task force del Ministero della Salute finalizzata ad individuare eventuali elementi di inappropriatezza nella gestione delle possibili complicanze sopraggiunte. Le ispezioni hanno interessato gli ospedali di Torino, di Brescia, di San Bonifacio nel Veronese e quello di Bassano del Grappa, tutti teatro del peggior dramma che una donna possa immaginare. Ai nomi di questi quattro nosocomi, spesso è stato associato quello degli Ospedali Riuniti di Foggia, chiamato in ballo per ben altra causa. Anche per il ‘Caso Foggia’, il punto di partenza è terribile. Una giovane donna al nono mese di gravidanza muore in casa. Era il 29 dicembre. Una tragedia che sarebbe stata doppia se i medici degli OO.RR. non si fossero adoperati per salvare la vita della bambina che portava in grembo e ormai prossima alla nascita. Così, grazie ad un cesareo post-mortem, sono riusciti a portare alla luce la neonata che mostrava ancora una flebile attività cardiaca. Un piccolo miracolo, quello eseguito dai medici del Punto Nascita e delle strutture di Ostetricia e Ginecologia: la nascita di un bimbo dopo la morte della madre, infatti, è un caso molto raro, non solo in Italia. Allora il senso della vita che (ri)comincia ha le fattezze di una bambina in fasce; due chili e novecento grammi di speranza, venuti alla luce grazie al coraggio e alla professionalità di chi, in una manciata di minuti drammatici, ha saputo scegliere e operare per il meglio. Probabilmente nessuno avrebbe potuto salvare la giovane mamma (sull’accaduto, la Procura ha aperto una inchiesta). Ma il pensiero di quella piccola vita, venuta alla luce in circostanze così drammatiche, diventa il leitmotiv di speranza di questo anno, anche lui, ancora in fasce.

so m ma rio Personaggio 4

Maria Emilia De Martinis Il 2016 nel segno dei diritti dell’infanzia

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Presto Cardiochirurgia a Foggia La promessa del Governatore Emiliano

Società Foggia Notes 5

Magna Capitana, come andrà a finire?

A spasso nella storia Il nuovo Museo Civico di Foggia

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Insegnanti assenti, mamme in trincea Lo strano caso di Faeto

Mondo Bimbi 13

Bambini on-line, l’incubo delle foto

Bellezza

Focus

14 Vapore, elisir di bellezza

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Madre Terra. L’agricoltura va di moda

Ortofrutta 3.0 Semina e raccolta in un’App

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L’impresa femminile mette “radici”

16 Non è vero che tutto fa brodo

La scommessa di Lucia Di Domenico “Posta Guevara”, caso di eccellenza

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Cucina Rubriche Sguardi d’arte

Politica 8

La paladina foggiana del Made in Italy Intervista all’on. Colomba Mongiello

Dentro il Palazzo Un bel sì o un bel no

Speciale “Premio 6Donna” 9

La città è femminile plurale

Buona lettura.

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Salute

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Cosa rimane dell’Expo?

Spettacolo 22 “Il codice del volo”, nel sogno di Leonardo •

Teatro Famiglia, Pauli e l’amore per l’ambiente

Lifestyle 23 La metamorfosi dell’uomo, animale “social” •

Marco Lodola, la luce si fa arte


gennaio - duemilasedici

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personaggio di Maria Grazia Frisaldi

Un selfie-calendario per i diritti dell’infanzia

Il 2016 sarà nel segno dei bambini L’idea creativa della Camera Minorile di Capitanata con Dirittominorile.it Il punto di Maria Emilia De Martinis, avvocatessa e presidentessa CMC ’è l’adulto che si ricopre di post-it con la scritta “Felicità”, a mo’ di promemoria, e il bambino vestito da Spiderman che, davanti ad una lavagna, rivendica il suo sacrosanto diritto al gioco. A vivere la sua età. Sono due istantanee di impegno sociale, tra le tante pubblicate nel selfie-calendario che in questi giorni viene distribuito gratuitamente in città, per diffondere la conoscenza di quelli che sono i diritti fondamentali dell’infanzia e dell’adolescenza e sensibilizzare la città sul tema. E’ l’iniziativa promossa dalla Camera Minorile di Capitanata, associazione di avvocati e giuristi che unisce oltre 50 togati tra Foggia e provincia che si occupano, specificatamente, del diritto di famiglia e del diritto minorile. A capo di tutti, vi è Maria Emilia De Martinis, foggiana, avvocatessa per passione e vocazione. La Camera Minorile di Capitanata, quindi, entra nelle case dei foggiani con il selfie-calendario, proponendo, ogni mese, una riflessione su un diritto inviolabile dell’infanzia e dell’adolescenza. Tante foto

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per illustrare col sorriso un diritto da tutelare: salute, famiglia, istruzione, felicità. La Camera Minorile di Capitanata, con il portale Dirittominorile.it, diretto dall ’ a v v o c a t o Massimiliano Arena, di diritti ne ha scelti 12 abbinando a ciascun postulato uno o più selfie a tema. “E’ un modo per indurre una riflessione e sensibilizzare la città. Ma in modo creativo, semplice e spiega positivo”, l’avvocato De Martinis, che con i colleghi Arena, Anna Lucia Celentano, Annalisa Cancellaro e Stefania Marottoli (prematuramente scomparsa), otto anni fa contribuì a fondare l’associazione che oggi presiede. La città ha risposto in modo sollecito e partecipe all’iniziativa: “Abbiamo ricevuto tantissime foto e le abbiamo sele-

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zionate poi seguendo i criteri del bando che avevamo lanciato”. Tra i selfie ricevuti, c’è anche quello del Foggia Calcio con la formazione al completo. “Purtroppo, ad oggi, sono tantissime le situazioni che minacciano i diritti dei bambini. In particolare, quelle che si vengono a creare in modo contestuale ai processi di separazione o divorzio dei genitori”. Situazioni che tracciano scenari nuovi, tutti da indagare, che investono la scuola, le agenzie formative, gli spazi sociali e che richiedono riflessioni e strumenti di tutela sempre nuovi. Una

realtà che vede coinvolta anche Foggia. “La fotografia della città non è positiva: c’è davvero tanto da fare, e non solo come cultura del diritto. C’è tanto da lavorare nella gestione e amministrazione degli spazi, o per garantire il rispetto delle età adolescenziali e dell’infanzia. Situazioni che sono figlie tanto di condizionamenti sociali, quanto di mancanza di conoscenza e sensibilità”, spiega De Martinis. “Ci sono cose che si potrebbero creare o conservare senza particolari costi, ma solo con un po’ di sensibilità in più”. Per quella che è la sua esperienza lavorativa (è tra le altre cose, curatrice e tutrice nominata dal Tribunale dei Minorenni, una delle tante attività che svolge grazie al prezioso supporto della collega Marcella Vitale, ”il mio braccio destro e sinistro”, spiega), il diritto che ha maggiormente a cuore è il diritto alla famiglia: “Perché per lavoro vedo tanti, troppi bambini crescere in comunità”, spiega scostando per un attimo le cortine di una realtà non sempre facile da affrontare, e che definisce a volte “psicologica-

mente massacrante”. Ciononostante sa di non poter fare altro che questo lavoro. “Sono avvocato dal 2004; dopo aver studiato qui, a Foggia, ho iniziato a fare pratica in tutt’altro ramo e settore. Poi ho trovato la mia dimensione in questo campo, delicatissimo ma altrettanto importante”. Per quanto riguarda la sua carica di presidente (ogni mandato dura tre anni), “Non ho un obiettivo in particolare da perseguire. Ma tanti e generalizzati. Ogni progetto portato a termine è per me un traguardo importante: questo mi aiuta a raccogliere più risultati e ad affrontare ogni progetto con lo stesso entusiasmo”. Un risultato importante, però, l’avvocato De Martinis e tutta l’associazione lo centreranno il prossimo settembre, quando a Foggia si terrà il Congresso Nazionale delle Camere Minorili d’Italia. “Si tratta dell’incontro annuale durante il quale verranno discusse in assemblea le linee guide per le associazioni, ma anche e soprattutto proposte di legge o modifiche che la Camera Minorile porta nelle varie Commissioni”. La scelta della città avviene su candidatura, ma viene premiata la Camera che si è mostrata particolarmente attiva e vivace. Un piccolo orgoglio foggiano.


foggianotes Il brutto presentimento del direttore Mercurio: “Si salverà la fotografia della Biblioteca”

Magna Capitana, come andrà a finire? o smantellamento della Biblioteca Provinciale di Foggia sembra una gigantesca assurdità che non sta né in cielo né in terra. Ci si può abituare alla pensione di Michele il barista, e dei suoi caffè tra una pagina e l’altra, ma non di certo allo smantellamento scientifico di una blasonata istituzione, relegando un patrimonio di inestimabile valore in una sorta di gigantesca sala lettura. “Noi non potremo consentire in nessuna maniera che la Biblioteca Provinciale di Foggia possa venir meno. Non sappiamo ancora come ma la salveremo, questo è poco ma sicuro”. Sono le esatte parole pronunciate dal governatore della Puglia, Michele Emi-

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liano, salvo poi aggiungere che “una biblioteca va rispettata anche nel costruire l’organico che la deve gestire. Il numero di addetti è molto elevato”. Al 15 gennaio, “dalla Regione zero novità”. A riferirlo amareggiato è il suo direttore, Francesco Mercurio che aveva suonato la sveglia già in tempi non sospetti e con un congruo anticipo rispetto al gong finale. Qual è la prossima scadenza? Teoricamente, il 31 gennaio. Forse l’unica novità, se c’è una novità, è che c’è un ritardo a livello nazionale: non tutti gli enti hanno comunicato i loro posti disponibili e quindi, probabil-

mente, abbiamo ancora un altro mese di tempo, perché ancora non sono usciti gli elenchi dei posti disponibili. I vostri dipendenti hanno già indicato una scelta tra le opzioni per la destinazione? No, proprio perché non c’è l’elenco dei posti disponibili. Il ministero non è riuscito a fare ancora l’elenco completo delle disponibilità. Secondo lei, come si risolverà? Cercare di indovinare è come vincere un SuperEnalotto. Non lo so. Io ho netta la sensazione che, se si salverà la Biblioteca, si salverà in extremis ma si salverà la fotografia della biblioteca.

Le rassicurazioni di Emiliano non bastano? Non è che non mi siano bastate le rassicurazioni di Emiliano. Ha detto “vedremo quello che possiamo fare”. Sta di fatto che è passato un altro mese e nessuno ci dice che cosa vogliono fare. Il ritornello è sempre “siete troppi”, come se fosse un problema di personale. Ed è chiaro che se dovessero maturare l’idea di salvare la biblioteca, nel senso che formalmente rimane aperta, con un numero ridotto di personale, ci sarà un numero ridotto di servizi. Io ho cercato di far capire in tutti i modi che sono sotto organico. Si può fare un ulteriore sforzo di ra-

zionalizzazione, ma mi mancano i bibliotecari, che sono andati quasi tutti in pensione. Il problema serio è che non arriva nessuna risposta, nessun segnale, nessuno dice nulla. Tutti aspettano qualcuno, qualcun altro. In realtà sembra un gioco al rinvio. La Regione pensa che il ministero debba fare il primo passo. Il ministero dice che non riesce a fare la conferenza Stato-Regioni, che è un passaggio obbligatorio previsto dalla legge per eventuali passaggi di queste strutture delle province. E, così, giriamo in tondo, continuando a raccontarci che vogliamo salvare la biblioteca. Mariangela Mariani

Ecco il nuovo Museo Civico di Foggia. Cuffiette, tablet e play: si parte

A spasso nella storia “IMuse” e i risultati di un imponente lavoro di riqualificazione del sito Così, in un percorso interattivo è racchiusa tutta la storia della Daunia uffiette, tablet e play. Comincia il viaggio. Piano terra: lapidario. Si entra nella stanza ricostruita a mo’ di tomba e ci si ritrova esattamente lì: nell’antica città di Arpi. Catapultati in un’epoca che non si conosce, ma si vive in quel preciso istante. Sulla destra, da una piccola finestrella c’è il ‘sepolcro dei cavalieri’, chiamato così per la raffigurazione di uomini a cavallo. A fare da guardia all’immensa struttura costruita in un fossato c’era il frontone di Medusa, la protettrice della tomba. Guai ad avvicinarsi: pietrificava con un solo sguardo. La guida sul tablet racconta cosa si sta osservando: la storia, l’epoca e le tradizioni. Ad accompagnarci in formato virtuale durante il nostro giro al Museo Civico di Foggia è Gloria Fazia, la direttrice. Ci imbattiamo nella moneta Augustale d’oro fatta coniare da Federico II di Svevia nel 1231. Isolati e immersi nella storia ad allietare le spiegazioni virtuali c’è una musichetta di sottofondo. Si cam-

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mina lungo il percorso segnato a terra con delle lettere, fino a quando non compare lo stesso Federico II. Una sua proiezione si attiva davanti a noi, narra dell’amore per Foggia e per la provin-

cia dauna. La storia della nostra città prosegue con i video dei bombardamenti del ’43, quando durante la II Guerra Mondiale, morirono più di 20.000 persone. Lasciamo il lapidario, saliamo le scale e al primo piano c’è la sezione etnogra-

fica. Si apre un mondo a parte. Entriamo nella Foggia che era. Ammiriamo la susta: la collana in oro che la donna sposata riceveva in dono dal neo marito. Vi era raffigurata l’immagine della Vergine o di un fiore. Venivano donati anche orecchini e spille in oro. Qualche passo più in là e si entra nel ‘900. In una stanza tipica di quel periodo: con

il letto matrimoniale, il camino dove veniva cotto il pane, le pentole e altri oggetti utili alla donna. Infine, il telaio

dove si trascorrevano ore a tessere. Forza, pazienza e costanza erano le qualità delle signore di quei tempi. Instancabili e dedite alla famiglia, al lavoro e ai tanti sacrifici. Alle pareti, i quadri con Madonne e Santi. La quotidianità si intrecciava alla spiritualità e alla fede. Sono esposti i vestiti tipici del ‘900 e un dipinto raffigurante Luisa Panniello, la 16enne eletta ‘Regina del grano’ nel 1910. Si fece una gran festa per la sua incoronazione e tutti i cittadini scesero in strada ad acclamare la giovane. Si va al terzo ed ultimo piano: la sezione archeologia e la pinacoteca. Si ammirano i ritrovamenti degli scavi: vasi, utensili, oggetti e quant’altro, ma ad attirare l’attenzione sono i dipinti di Francesco Saverio Altamura, esposti in tutta la loro bellezza. Chi è Altamura? Ce lo spiega lui stesso da una sorta di quadro vivente che si anima e si racconta. Il pittore foggiano ha ritratto la Patria, l’idea e la donna. Ha rappre-

sentato la vita dei semplici: dal bacio puro e casto di due ragazzi, dato quasi di nascosto, alla donna dedita alle faccende campestri. Ci sono opere di Nicola Parisi, con il suo ritratto gigante di Garibaldi. E poi c’è una sala, chiusa da tende. Si entra e comincia un filmato che riproduce una casa della vecchia Arpi. La famiglia che vi abita, in formato virtuale, ne racconta la storia. Ci sono i ritrovamenti dei mosaici dei pavimenti, gli oggetti usati all’epoca e alcune decorazioni da parete rinvenute durante gli scavi. Il tour è terminato. Si esce dal Museo Civico di Foggia stupiti, a bocca aperta. Il progetto “IMuse”, che strizza l’occhi all’interattivo (e all’interazione con i visitatori) è un allestimento all’avanguardia, come pochi in Italia e, soprattutto, poco conosciuta dai cittadini. Da quando il museo è stato riaperto, il 18 dicembre scorso, c’è stato un lieve incremento delle visite, ma non basta. Il biglietto costa solo 5 euro: minori e over 65 non pagano. Carmen La Gatta

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focus Madre Terra. L’agricoltura va di moda on hanno il viso scavato dalla fatica, la pelle solcata dal sole, e nemmeno le mani incrostate di terriccio. Scordatevi i contadini di una volta. I giovani imprenditori agricoli - anche plasticamente - incarnano il cambiamento e sono fatti di un’altra pasta. Le loro aziende sono votate alla qualità, non ai numeri. Hanno radici profondamente ancorate al paese d’origine, ma i processi di internazionalizzazione li portano lontano: il loro market di riferimento è il mondo. Sono proiettati nel futuro dell’innovazione tecnologica applicata all’agricoltura sui campi dove voleranno i droni e cammineranno robot. L’espressione “ritorno alla terra” va di moda. E così sia. Le donne risiedono nei dettagli. Controllate l’etichetta, e fateci caso d’ora in poi: sempre più brand sono

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femminili. Nel packaging sono imbattibili. Lo stile è inconfondibile, che siano marmellate, olio, vino. Le misure per l’autoimprenditorialità, incentivi e finanziamenti per l’imprenditoria fem-

prese femminili del comparto agricolo erano 911, con 30 iscrizioni e 49 chiusure; l’anno successivo scendono a 872, con 28 iscrizioni e 57 cessazioni e nel 2015 risalgono a 934 con 19 iscri-

prese femminili nel 2013 a 982 nel 2015 con una parabola che si curva lievemente all’ingiù nell’anno in mezzo. E si riflette anche l’andamento delle imprese giovanili prettamente adibite

Elaborazione Centro Studi e Statistiche Camera di Commercio sulla città di Foggia per 6Donna

minile e giovanile hanno contribuito all’inversione di tendenza. Non che si assista ad un boom, beninteso, e lo confermano i dati del Servizio Studi e Statistica della Camera di Commercio di Foggia elaborati per 6Donna e riferiti agli anni dal 2013 fino al settembre 2015. Prendendo in considerazione la sola città capoluogo, nel 2013 le im-

zioni e una moria finalmente ridotta. Anche per le imprese agricole giovanili nel 2015 rallenta l’emorragia ma da 158 del 2013 si passa alle 140 dell’anno successivo e 139 a settembre del 2015. Se prendiamo in considerazione uno dei comuni della provincia con una vocazione agricola più marcata, Cerignola, il trend è lo stesso: da 979 im-

alle coltivazioni e alla produzione di prodotti animali che da 204 nel 2013 diventano 189 nel 2015 con una diminuzione delle cessazioni, salvo poi verifica dopo il terzo trimestre. Diversa la divisione dell’agroindustria che comunque conta numeri inferiori alla campagna in senso stretto. La crescita percepita è decisamente

amplificata rispetto ai dati reali, anche perché se ne fa un gran parlare, e si sperimentano nuovi approcci anche attraverso l’impiego di figure professionali finora estranee al mondo agricolo. “Da un punto di vista economico siamo in un periodo di transizione molto delicato - afferma il Presidente della Camera di Commercio di Foggia Fabio Porreca nel commentare i dati Per questo è fondamentale in settori strategici per il nostro territorio come l’agricoltura o il turismo, capacità di innovazione e voglia di mettersi in gioco; peculiarità che solitamente caratterizzano i giovani, così come le donne, che fanno impresa. Le difficoltà ovviamente non mancano, prima di tutto per quello che attiene l’accesso al credito, ma i dati evidenziano una forte vitalità che non potrà che giovare al sistema d’impresa nel suo complesso”. Mariangela Mariani

Ortofrutta 3.0, semina e raccolta in un’App Quasi pronta la piattaforma del team vincitore di Startup Weekend. L’evoluzione dell’e-commerce o sempre promesso a mio padre che se mai fossi tornato alla terra lo avrei fatto in modo tecnologico. È un lavoro così duro che nessuno vuole metterci le mani per innovare e se non lo si fa rimarrà un lavoro duro”. Gennaro ha 28 anni ed è figlio di un contadino. Si è laureato in Informatica e tecnologie per la produzione del software studiando di notte. Ha lavorato per quasi nove anni in un’azienda, da programmatore per i primi cinque anni e poi anche in qualità di responsabile dell’ufficio acquisti estero, viaggiando in India, Cina, Bangladesh per cercare fornitori. Cognome Divittorio (tutto attaccato, ma ugualmente evocativo). È il team leader del gruppo che si è inventato un’App per sostenere i piccoli produttori agricoli, 960mila. Nome provvisorio: YouZap. L’idea è nata a Foggia, concepita nei giorni della prima edizione di Startup Weekend, ma la squadra è pugliese. Sono in sei, equamente divisi tra uomini e donne. “Due ragazzi, tre ragazze e poi ci dobbiamo convincere che il ragazzo per eccellenza ha 64 anni (sorride)”. Gennaro è di Barletta, Giuseppe Montrone di Andria ed è suo coetaneo,

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Comingio Rossi è di Lucera ed è il più avanti con l’età, Claudia Carella ha 26 anni ed è di Canosa di Puglia, mentre sono foggiane Lucia Cataleta, 29 anni, e la più piccola del gruppo, Consiglia Ippolito di 17 anni, ancora liceale. Un sistemista, un imprenditore, una storyteller, una social media manager, un’aspirante strategyplanner. In fin dei conti il team leader è quello al quale l’agricoltura scorre nelle vene più degli altri. “Fino alle 17.30 del venerdì di Startup Weekend, cioè mezz’ora prima che cominciasse la competizione, quest’idea non era nemmeno contemplata - racconta Gennaro -. Ero venuto lì per presentarne un’altra però all’ultimo secondo non ero convinto di quello che stavo per fare”. In 54 ore, i parte-

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cipanti alla full immersion nella Cittadella dell’Economia sono stati chiamati a trasformare un’idea in startup. Contemporaneamente, accadeva in altre città italiane. “Siccome da buon figlio di contadino conosco bene il problema, ci ho provato e ne ho parlato con qualcuno che era lì. Risultava interessante come cosa. Ora sembra funzioni”. Il progetto, che ha vinto il contest, è una App che si avvale del videotelling, lo storytelling della generazione YouTube. I guadagni per i piccoli produttori attraverso i canali della grande distribuzione o del commercio all’ingrosso sono talmente risicati da metterli in ginocchio e non rimane nemmeno il minimo indispensabile per continuare a fare questa attività. Il team punta a “disintermediare, ovvero ad eliminare

i passaggi della filiera attraverso una piattaforma nella quale l’agricoltore racconta la storia del prodotto - spiega Gennaro Divittorio - documentandola dalla semina alla raccolta. Nel momento in cui il prodotto è pronto per la raccolta, tutti gli utenti registrati che sono interessati verranno informati e quindi potranno ordinare direttamente il prodotto dal produttore”. Stesso approccio dell’App Mizar per il mercato ittico. Eccome se funziona. Due settimane dopo Startup Weekend, il team già partecipava ai casting del business talent di Mediaset Shark Tank. In attesa dell’esito, si preparano all’investor Day di H-Farm, uno dei premi che hanno vinto: è l’opportunità di presentare l’iniziativa davanti a potenziali grandi investitori. E nel frattempo sviluppano il progetto: “Per quanto riguarda la realizzazione dell’applicazione, non voglio esagerare ma siamo già ad un buon 70%, perché abbiamo lavorato durante le festività e non ci siamo fermati mai. Adesso ci stiamo concentrando sull’identità del progetto: vogliamo creare un’immagine sia per la piattaforma e sia per un eventuale marchio che ne verrà fuori. La valutazione è proprio questa ora:

stiamo cercando di sciogliere questo nodo, se continuare a mantenere il nome con cui è nato, oppure cambiarlo per essere più efficaci nella comunicazione. E poi tutte le attività che ne conseguono, tipo il brand positioning (posizionamento di marca). Ora che siamo arrivati a questo punto, ci sembra doveroso ringraziare Startup Weekend Foggia per la possibilità che ci ha dato, Claudia Laricchia che ci fatto da mentor e Giuseppe Savino per l’aiuto”. Di un euro speso nel supermercato, nella migliore delle stime, al piccolo produttore tornano in tasca solo 18 centesimi. Il team punta a fargliene arrivare 82, mentre la restante somma rappresenterebbe la fee, ovvero il riconoscimento alla piattaforma. “Sogniamo di inculcare nella testa delle persone che il prodotto di qualità si può avere e si può avere facilmente. Non c’è bisogno di utilizzare canali come supermercati e ipermercati che riducono la qualità. Da qui al 31 dicembre vorremmo arrivare ad almeno dieci produttori recensiti per ogni provincia e 30mila utenti in termini di consumatori”. Mariangela Mariani


focus L’impresa femminile mette “radici” Il punto di Rosaria Ponziano, presidentessa regionale “Donne in Campo” – Cia u questo non c’è dubbio: tutto ciò che ha a che fare con la terra, l’agricoltura e l’agriturismo è sempre più donna. E contribuisce a far girare l’economia di Capitanata, come quella del resto d’Italia. Una tendenza riscontrata da fatti e dai numeri, quelli registrati dalle Camere di Commercio e relativi alle imprese agricole. Dati con i quali si confronta quotidianamente Rosaria Ponziano, presidentessa regionale associazione “Donne in Campo” – Cia. Il suo impegno nel settore la porta a sedere anche nel Consiglio Regionale per le Pari Opportunità, dove rappresenta sempre il mondo agricolo, e nel Comitato per l’imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Foggia, per quanto concerne l’imprenditoria agricola. Insomma, nessuno meglio di lei conosce e ha ben chiaro il quadro di questa nuovo “nuovo risveglio” economico. “L’imprenditoria femminile è

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per la donna una marcia in più”, spiega Ponziano. “Se la carta di identità identifica, la Partita Iva offre alle donne un ruolo, un compito e una competenza che da’ loro il giusto peso e la giusta importanza nel mondo in cui viviamo”. Questa nuova ‘primavera’ nel campo dell’agricoltura multifunzionale, è sicuramente figlia di quella capacità, tutta femminile, di reinventarsi e rinnovarsi, a seconda di venti e tendenze. “Sicuramente qui al Sud, è prevalsa la ragione economica, ovvero la necessità di produrre reddito: le donne si reinventano (o cercano di inventarsi un lavoro di sana pianta), per dare il

loro contributo economico in famiglia, ma anche per far emergere la loro individualità imprenditoriale”, puntualizza. “Oggi, infatti, la sorpresa più grande è notare come molte donne, dopo un percorso di laurea, decidono a prescindere di investire, di fare impresa, in agricoltura”. E con questo termine, non si intende solo la nuda terra e la produzione di beni primari, ma tutti quei fattori che ne conseguono. “Oggi, infatti, parliamo di agricoltura multifunzionale. A capo di tutto c’è l’impresa agricola tradizionale, ma il suo carattere multifunzionale da’ la possibilità, ad esempio, di coltivare erbe medicali; oppure la lavanda che poi la stessa imprenditrice trasforma

in prodotti di cosmesi; stessa cosa dicasi per l’olio d’oliva. Poi, tra le esperienze più interessanti, c’è l’agriturismo, l’agri-affido e tante altre possibilità ancora da sondare”, illustra Ponziano. È l’inventiva la chiave del successo: le Donne in Campo-Cia, ad esempio, si sono aggiudicate il prestigioso “Premio di impresa - We Women for Expo”, a Milano, con un progetto di Agri-Catering: in pratica, le imprenditrici agricole hanno dato vita ad una rete, e mettendo insieme tutti i prodotti delle agricoltrici e imprenditrici hanno creato un punto di ristoro con prodotti locali e propri. “Ma sono tante le opportunità legale all’agricoltura multifunzionale”, spiega ancora Ponziano. “Ad esempio, chi ha un casale (esperienza già testata altrove) può creare un agri-asilo in cui i bambini possono vivere la natura e l’ambiente in prima persona. Ancora, sta emergendo forte l’interesse per la

biodiversità, la ricerca ed il ritorno di colture e piante autoctone”. Insomma, la spinta all’innovazione viene fuori dalla volontà di rivalutare un mestiere nobilissimo, “ma trattato come la Cenerentola dell’economia italiana. Nel nostro territorio, su 6.000.000 di imprese iscritte con partita iva alla Camera di Commercio, 1.300.000 sono fondate e guidate da donne. Parliamo del 20% del totale degli iscritti. Il numero è ragguardevole. Certo, parliamo di impresa in generale, ma a prevalere, dato il contesto, sono le attività agricole e relative declinazioni. C’è grande vitalità e fermento: su 105 province italiane, Foggia risulta al 14° posto per imprenditoria femminile agricola e la prima in Puglia. Oggi – conclude – ci sono anche tutte le opportunità fornite dai vari bandi dedicati all’imprenditoria femminile. Il coraggio non ci manca, il segreto è lanciarsi nella sfida. Il terreno è fertile”.

La scommessa di Lucia Di Domenico “Posta Guevara”, il caso di eccellenza. Un universo che ruota attorno al “viver sano” è una “medaglia” appuntata metaforicamente sul petto dell’imprenditrice Lucia Di Domenico. Ed è sicuramente il suo orgoglio più grande: quello di essere stata la prima, in provincia di Foggia, a credere e ad investire nell’agriturismo e ad istituire la prima masseria didattica, sui Monti Dauni. Un vero e proprio universo, quindi, quello che ha creato attorno a “Posta Guevara” (agriturismo e fattoria didattica), ovvero la masseria di famiglia che le fu donata dalla madre e che ha sancito una inversione di rotta nella sua vita. O meglio una piccola rivoluzione: lei - progettista con studi in architettura - quindici anni fa decide di cambiare vita e trasferirsi con tutta la famiglia sui Monti Dauni, in agro di Orsara di Puglia, per reinventarsi in un settore che - ne era certa - sarebbe diventato presto una filosofia di vita. Così, nel 2000, Lucia Di Domenico ha puntato tutto sulla slow-life e sui postulati del mangiar sano e vivere sano. Un scelta che, lo dicono i fatti, si è rivelata vincente. “Credo che l’agricoltura moderna non può essere concepita se non a 360°”, spiega. “La masseria didattica è un punto

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di arrivo e non di partenza, perché tutto si riconduce a progetto complessivo: la ristorazione ( e le m e n t o basilare di un agriturismo), le tradizioni del territorio, ma soprattutto il senso dell’ospitalità, Lucia Di Domenico con Giandomenico Pazienza, imprenditore agricolo che per me è un vizio di famiglia. In quest’ottica, know how specifico. Poi con il tempo quindi, cucinare, produrre, servire e ci siamo auto-costruiti facendo espeoffrire sono tutti elementi che non rienze dirette sul campo e investendo possono prescindere l’uno dell’altro. su noi stessi e sulle nostre conoscenze”. Come una sorta di rituale. Anche la Tantissimi i corsi seguiti (e organizzati) masseria didattica rientra in questo nel campo della panificazione, della contesto: trasferiamo saperi e sapori ristorazione e della pasticceria per e l’agricoltore diventa una sorta di de- essere sempre preparati e all’avantentore di biodiversità, conoscenze, guardia. Numerose le qualifiche in campo alberghiero e da ultimo anche luoghi e tradizioni”. Ripercorrendo la storia di “Posta in quello della degustazione dei vini. Guevera”, Lucia Di Domenico racconta “Non si può parlare di tradizione, senza di quanto ha creduto nel progetto e in innovazione. Il segreto è saper proporre sé stessa: “Siamo partiti senza alcun i prodotti del territorio, ma sotto un

profilo accattivante, magari con tecniche di cottura nuove”. Ancorata al territorio e alle sue radici, Lucia Di Domenico ha anche fondato l’associazione “Grano Duro Senatore Cappelli”, che ha ricevuto importanti riconoscimenti e attestazioni. “Siamo andati a ritroso nel tempo, con vere e proprie ricerche storiche, per cercare e soprattutto recuperare i prodotti che erano appartenuti alle generazioni passate come il grano duro ‘Cappelli’, ad esempio - e che hanno caratterizzato i loro gusti e le loro pietanze”. Storicamente, spiega l’imprenditrice, è stato commesso un grave errore: quello di rinnegare le origini e “ubbidire alla formula ‘agricoltore = cafone’. Così abbiamo perso le nostre tradizioni, le nostre eccellenze, la nostra biodiversità. Tutto quello che oggi stiamo faticosamente cercando di recuperare”. Insomma, la sfida è quella di offrire servizi - secondo la formula dell’agricoltura moderna e multifunzionale che rispettino i tempi della natura e della terra. “Una scelta apprezzatissima. Il nostro target di riferimento è molto ampio: dai 30 ai 60 anni, ma

con la masseria didattica i nostri utenti sono anche i bambini delle scuole elementari. Il nostro segreto è quello di sussurrare una parola all’orecchio di ciascuno. Il nostro è un linguaggio universale per giovani, adulti, e bambini. La soddisfazione più grande è riuscire a coinvolgere soprattutto i più piccoli nelle tante attività laboratoriali che offriamo, che sono tante e diversificate, come “Chef per un giorno - Il cuoco contadino”, con la quale porto i piccoli nel campo e raccogliamo verdure spontanee e frutti che poi prepariamo insieme in cucina. E’ un processo che porta i bambini a familiarizzare con alcuni sapori e tipologie di alimenti”. Lucia Di Domenico esporta la cultura e la cucina pugliese in contesti nazionali ed internazionali, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti attraverso la partecipazione a programmi delle più importanti reti televisive. Non teme i ‘corsi e ricorsi storici’, né i venti impetuosi di mode e tendenze: “Giunti alle radici del benessere, non ci si può negare più questo piacere. Soprattutto se è legato ad un dare sincero. L’ospite se ne accorge e torna sempre. La moda non mi spaventa”.

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politica

Il Parlamento Donna, intervista all’ on. Colomba Mongiello

a cura di Mariangela Mariani

La paladina foggiana del Made in Italy La deputata sui temi più spinosi: trivellazioni, Gino Lisa, sicurezza conterranei li invocano senza nemmeno nominarli, indipendentemente dal colore. Parlamentari di Capitanata: un marchio identitario. Sono sei, e in mezzo a loro c’è una sola donna, Colomba Mongiello, deputato in quota al Partito Democratico. È in Parlamento da dieci anni, per due legislature in Senato, dal 2013 alla Camera, nella Commissione Agricoltura. Una donna tutta d’un pezzo, apprezzata per la sua semplicità e schiettezza. Soldatessa del PD, paladina del Made in Italy, il suo nome è indissolubilmente legato all’origine in etichetta, alla guerra alla contraffazione e all’olio d’oliva. Scegliamo di guardare con gli occhi di una donna attraverso lo spioncino di Montecitorio, ma anche di Palazzo Chigi, e non si sottrae ai temi più spinosi sull’asse Foggia-Roma. Quale ritiene sia il livello di attenzione verso la provincia di Foggia e quanto deputati e senatori della provincia di Foggia hanno saputo fare squadra? Quali risultati ritenete raggiunti finora nell’interesse della Capitanata? La premessa, doverosa e necessaria, è che il Parlamento si occupa dell’Italia, non dei singoli territori. Ogni attività, di governo e legislativa, ha come riferimento il Paese. Salvo casi eccezionali ed emergenziali, ad esempio la terribile alluvione che colpì il Gargano e altre zone della provincia di Foggia affrontata dal Governo con prontezza ed efficacia anche grazie all’incisiva azione di tutti i parlamentari della Capitanata. Il nostro territorio ha beneficiato, come gli altri, della positiva azione del Governo Renzi. Se guardo al mio settore di attività, l’agroalimentare, ho ottenuto l’approvazione del Piano Olivicolo Nazionale, sollecitato da tutte le organizzazioni di rappresentanza della filiera olivicola, che incentiverà la produzione e la qualità del prodotto; anche di quello foggiano. Stessa cosa vale per i produttori di agrumi grazie all’innalzamento della percentuale di succo di frutta nelle aranciate e limonate distribuite in Italia. In più, gli aranceti garganici otterranno un sostegno particolare a tutela dell’eccellenza produttiva. In ciascuno di questi casi, e in molti altri, ho sperimentato positivamente la sinergia istituzionale con i parlamentari foggiani e pugliesi. Il caso dell’autorizzazione alla Petroceltic: qual è il suo giudizio rispetto alla concessione da parte del Mise. Cos’è accaduto davvero? E, al momento del voto della Legge di Stabilità, ritenevate garantite le richieste referendarie delle Regioni che avevano proposto la consultazione popolare sulle trivellazioni? E’ accaduto che il ministro Guidi abbia rilasciato un’autorizzazione formalmente legittima, ma politicamente inopportuna, ad effettuare indagini geologiche ben oltre il limite delle 12 miglia dalla costa molisana, pugliese e tremitese. Ai più è sembrato che il Governo avesse raggirato il Parlamento che, con la Legge di Stabilità, aveva appena varato norme giudicate, dalla Corte di Cassazione, idonee a superare i quesiti referendari. Tutti tranne quello relativo alla durata della concessione, su cui si pronuncerà la

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Corte Costituzionale. Nessun raggiro, ma un adempimento tecnico apparentemente contraddittorio con la volontà del legislatore. I parlamentari pugliesi del PD hanno formalmente chiesto al Governo di revocare quell’autorizzazione. Gli equilibri tra Governo e Regione Puglia potrebbero risentire dei rapporti tra il Premier e il governatore pugliese, in un’eventuale prova di forza, come se le partite da giocare tra Bari e Roma fossero terreno di scontro per un congresso di partito? (questo, peraltro, sembra trasparire nella vicenda delle trivellazioni) La dialettica politica tra Renzi e Emiliano non ha prodotto alcuna conseguenza negativa per la Puglia. Il presidente della Regione fa bene a rappresentare gli interessi del territorio che amministra, come il presidente del Consiglio fa bene a promuovere tutto ciò che serve all’Italia. Evidente che possano insorgere conflitti, determinati dalla diversa sfera delle competenze di ciascuno dei due, ma posso serenamente affermare che la mediazione svolta dai parlamentari, soprattutto da quelli del PD, ha evitato la deflagrazione di quegli stessi conflitti. E la vicenda delle trivellazioni in Adriatico ne è la prova. Il problema sicurezza a Foggia come nel resto della provincia di Foggia. Siete stati più volte interpellati. Il Governo, a più riprese, ha garantito l’aumento di uomini e mezzi delle forze dell’ordine, specie in occasione dell’anno giubilare. Ma la loro presenza resta inferiore alle aspettative. Quanto è stato fatto davvero da Roma per la sicurezza in Capitanata? Il tema della sicurezza è decisivo. Il Governo e la maggioranza che lo sostiene hanno deciso di investire risorse finanziarie per uomini e mezzi dell’apparato di sicurezza, invertendo il trend avviato dal Governo Berlusconi e dal centrodestra. In occasione del Giubileo sono state inserite in organico 700 unità, alcune delle quali destinate a San Giovanni Rotondo. So benissimo che gli organici sono sottodimensionati in Capitanata, come nel resto d’Italia, e la nostra pressione politica sul Ministero dell’Interno è costante. La consapevolezza dei limiti di bilancio, però, non deve mai venir meno; per questo il Governo Renzi ha deciso di tornare ad investire nei presidi elettronici di sicurezza per il controllo del territorio, così da concentrare le risorse umane alle attività di investigazione e di contrasto dell’illegalità.

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Il Gino Lisa: il ministro dei Trasporti Graziano Delrio arrivato sul Gargano è stato tranchant sull’aeroporto (“ogni città non può averne uno”). Quante possibilità ha, secondo lei, di rientrare nel Piano degli scali di interesse nazionale? Il ministro delle Infrastrutture non ha preconcetti o pregiudizi sull’aeroporto di Foggia o sul porto di Manfredonia. Piuttosto pone questioni serie che non si possono svilire con semplificazioni o polemiche strumentali. La procedura per il potenziamento dell’aeroporto Gino Lisa è seguita dal Ministero delle Infrastrutture; resta, però, la consapevolezza delle difficoltà da affrontare per raggiungere i livelli di utenza necessari a garantire l’economicità dell’attività. Il porto Alti Fondali di Manfredonia non è stato affondato da Delrio, ma dall’inerzia della gestione commissariale. Il ministro non ha manifestato alcuna preclusione, ma una condivisibile valutazione: non si possono investire ulteriori risorse senza un chiarimento sulla governance, che deriverà dall’istituzione di una o due Autorità portuali regionali, e senza un’analisi delle prospettive di sviluppo dell’intero sistema portuale pugliese. In estate sarà operativo il Centro Servizi del Distretto Agroalimentare del Tavoliere a Foggia. Quanto può contare a livello nazionale? Si può ripensare all’Authority per la sicurezza alimentare a Foggia? Il CSDAT è un ottimo investimento, perché l’agricoltura foggiana e italiana ha bisogno di ricerca per migliorare se stessa e competere nel mercato globale, e Foggia guadagnerà prestigio e attenzione, nazionale e internazionale. Personalmente non ho mai smesso di cercare una strada istituzionale utile a rimettere all’ordine del giorno l’istituzione dell’Autorità per la sicurezza alimentare e la sua attivazione a Foggia; ma è oggettivamente difficile che ciò si realizzi. Purtroppo credo che il treno sia stato perso quando il PdL cedette alle pressioni della Lega che, non potendola ottenere per il Veneto, ne decretò la cancellazione. In occasione della firma del protocollo d’intesa fra Ministero delle politiche agricole e Intesa Sanpaolo il Premier, annunciando che nei prossimi 3 anni verranno stanziati 6 miliardi di credito dedicati all’agroalimentare, ha fatto un consuntivo dei provvedimenti fin qui adottati in materia agricola. Quali ricadute hanno e avranno sul nostro territorio? Tutte le ricadute che il mondo agricolo vorrà e saprà cogliere. Quei soldi sono destinati alle imprese, alle organizzazioni di prodotto, ai consorzi, alle cooperative per innovare le tecniche colturali e le reti commerciali, per riconvertire produzioni ormai inadatte al mercato e investire nella qualità e nelle certificazioni, per incrementare i livelli occupazionali e l’efficienza organizzativa. Direttamente, con il taglio dell’IMU e dell’IRAP, ed indirettamente, con i fondi statali e l’accordo con Intesa San Paolo, il Governo ha messo a disposizione del mondo agricolo un plafond finanziario che non ha paragoni con il recente passato. Ora bisogna avere idee e coraggio per venire definitivamente fuori dall’economia agricola del secolo scorso ed entrare in quella del nostro tempo. Abbiamo l’opportunità di globalizzare il cibo Made in Italy; dobbiamo coglierla.

DENTRO IL PALAZZO

UN BEL SÌ O UN BEL NO L’espressione in dialetto foggiano rende meglio, e non è neanche così greve. Per quanto siano rassicuranti le pillole indorate e le circonlocuzioni che possono prestarsi a diverse interpretazioni, l’inequivocabile è catartico. Che poi non è detto che ci si metta l’anima in pace con un no. Un ministro della Repubblica, per una buona volta, ha sputato il rospo: “Gli aeroporti non devono essere diffusi sul territorio, ogni città non può averne uno, i bacini di utenza per ora non danno grandi speranze all’aeroporto di Foggia. Bisogna potenziare il sistema ferroviario per collegare gli aero-

porti italiani, come avviene in tutta Europa”. Graziano Delrio, ministro dei trasporti, se mai ce ne fosse bisogno, ha disilluso i foggiani e li ha castigati su un treno per Bari. Pensiero archiviato come se l’avesse detto un turista per caso, di passaggio sulla Montagna del Sole. I programmi di housing sociale. Anna Maria Curcuruto, Assessore regionale alla Pianificazione Territoriale, se ne venne a Foggia con fumose risposte sull’emergenza casa. Un mese dopo, il Governatore Emiliano sarebbe stato meno pilatesco: da Foggia non è mai pervenuta la richiesta di case popolari. L’ex assessore comunale all’Urbanistica Augusto Marasco, a più riprese, aveva sollecitato un bel sì o un bel no. E così nei palazzi ci si riduce a rincorrere l’assessore di Bari, il ministro a Roma, portati in canzone da chi talvolta soffre della sindrome di Rossella O’Hara. Il popolo si straccia le vesti, condanna, ostracizza. Alla resa dei conti, a volte delega. Recentemente, il Rettore dell’Università Maurizio Ricci ha suggerito che dovremmo imparare a muoverci in maniera autonoma e non dovremmo sempre aspettare l’intervento di Roma. A proposito: i foggiani lo vogliono davvero l’aeroporto? Forse, dovrebbero dire un bel sì o un bel no anche loro.


“Premio 6Donna”, l’8 marzo il Teatro Giordano sarà il tempio dei talenti delle donne

La città è femminile plurale Al lavoro per la seconda edizione del premio che omaggia le “eroine di ogni giorno” eggiamo storie, immaginario visi, impariamo a conoscere cuore, tempra e coraggio delle donne foggiane. Un mix esplosivo che si traduce in impegno sociale, cura e attenzione verso il prossimo, amore per la propria città. Insomma, tutto ciò che oggi si tende a considerare di default o, peggio ancora, a sottovalutare. La redazione di 6Donna, invece, va in controtendenza, e in una società che sembra interessata solo all’eccezione che conferma la regola, vuole tornare alle radici della norma celebrando una normalità che sa essere straordinaria, se a vantaggio di tutti. Insomma, vogliamo “grattare” via le copertine patinate, per arrivare a chi ogni giorno opera in silenzio - senza nulla a pretendere - per miglio-

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rare la città in cui viviamo. CITTADINANZA ATTIVA | L’unico freemagazine della Puglia, accoglie con entusiasmo le candidature che giungono in redazione per la seconda edizione del Premio 6Donna, che intende omaggiare le “eroine” di ogni giorno, ovvero quelle donne sulle cui gambe cammina la città, e sulle cui spalle poggia il peso della quotidianità. Ma sempre con il sorriso sulle labbra e il cuore leggero. Leggendo le vostre segnalazioni, 6Donna spia dal buco della serratura di uffici, aziende, istituti scolastici, ospedali e associazioni di volontariato, un punto di vista privilegiato per scoprire esempi di cittadinanza attiva e consapevole, tante storie da raccontare, e altrettante donne

“Il Teatro Giordano sarà il tempio dell’impegno al femminile”

incredibili pronte a scriverle giorno dopo giorno. IL NOSTRO 8 MARZO | Galvanizzate dall’inaspettato successo della prima edizione del “Premio 6Donna”, siamo pronte a rimetterci in gioco. Noi con voi, per raccontare il lato bello, generoso e operoso di una Foggia tutta da scoprire e valorizzare. Come da tradizione, il premio sarà assegnato, a Foggia, il prossimo 8 marzo - data simbolo della Giornata Internazionale della Donna - nell’ambito di una serata di riflessione, interventi e performance al femminile. Ad ospitare i talenti delle donne che con la loro arte arricchiranno la serata, sarà il palco più prestigioso della

città: quello del Teatro Giordano, che per una sera sarà il tempio dell’impegno al femminile. L’entusiasmo è coinvolgente, e stiamo portando dentro la nostra idea di 8 marzo attrici, musiciste, artiste e performer foggiane che sapranno raccontare, ognuna secondo il proprio linguaggio artistico, Foggia come città femminile plurale. LE CANDIDATURE | Cominciate a spremere le meningi, a passare in rassegna tutti i nomi, i volti e le storie delle donne che rispondono al nostro identikit e scrivete alla nostra redazione. I requisiti per la nostra eroina di ogni giorno sono sempre gli stessi: la redazione di 6Donna vuole

“Cerchiamo storie da raccontare e donne incredibili a scriverle giorno dopo giorno”

premiare una perfetta sconosciuta, una donna che si distingue per le sue capacità, che fornisce alla comunità un contributo prezioso, che con altruismo si dedica al prossimo, ogni giorno, senza cercare vetrine o riconoscimenti di sorta. La nostra candidata ideale non deve ricoprire (o aver ricoperto in passato) alcun incarico dirigenziale o ruolo di prestigio. E deve essere foggiana, o comunque contribuire alla crescita della nostra città. Chiunque, un collega, il capo, un amico, un nostro lettore, può inviare la candidatura di una donna speciale, con tutti i riferimenti utili per rintracciarla e la motivazione. Anche quest’anno, la nostra redazione vaglierà le proposte, verificherà di persona le indicazioni pervenute, intervistando chi è a stretto contatto con la candidata ed effettuando eventuali sopralluoghi. La ricerca è partita: forsennata, certo; forse dissennata, ma sicuramente appassionata. La redazione è tutta un fermento: presentateci altre donne straordinarie, Foggia ne ha bisogno.

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Un miracolo della natura

La “Bava di lumaca” È un ottimo rimedio per i segni dell’acne e le rughe Valido alleato nel trattamento delle smagliature A CURA DEL DOTT. GIANLUCA D’ALESSANDRO a millenni gli antichi avevano constatato le proprietà curative della bava di lumaca, l’aspetto particolarmente sano delle mani degli allevatori ed i tempi di cicatrizzazione particolarmente rapidi nel caso di ferite della pelle. Impropriamente nota con il termine di lumaca, ma più precisamente denominata chiocciola, la specie Helix aspersa è un mollusco gasteropode, che produce delle sostanze in grado di riparare immediatamente i tessuti della lumaca che vanno continuamente incontro ad abrasioni, scorrendo su superfici dure e scabrose. In commercio esistono delle creme che contengono questo cocktail naturale, che esercita sulla pelle una naturale azione esfoliante, permettendo una graduale eliminazione delle cellule morte, una forte azione nutritiva ed antiossidante, e un’eccezionale azione rigenerante. La bava di lumaca infatti contiene diversi componenti tra cui l’allantoina, che svolge un’azione idratante, disarrossante ed anche esfoliante, il collagene che mantiene tonica ed idratata la pelle, l’elastina che le conferisce elasticità, e l’acido glicolico che ha una grande capacità esfoliante e quindi rinnova lo strato più superficiale della pelle. Essa può rivelarsi molto utile sia per

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l’eliminazione di cicatrici che di segni dell’acne, ma anche per l’attenuazione di macchie, scottature e rughe. Se usata con costanza si potranno vedere i primi risultati sulle smagliature e rughe già dopo i primi 1-2 mesi. Un po’ più di tempo ci vuole invece per vedere i primi risultati su macchie e cicatrici, circa 3-4 mesi di applicazione. La bava di lumaca è inoltre molto ricca di sostanze antiossidanti capaci di rallentare il processo di invecchiamento eliminando i radicali liberi, e il suo contenuto in proteine è indispensabile per ridare all’epidermide un aspetto sano, giovane e tonico. E’ molto ricca in vitamine, riduce eventuali infiammazioni e favorisce l’abbronzatura garantendo l’idratazione della pelle. Inoltre funge da barriera protettiva nei confronti di agenti patogeni o radiazioni. Infatti, dopo la tragedia di Chernobyl, le lumache sono gli unici animali a non aver riportato mutamenti genetici come conseguenza delle radiazioni. Inoltre, tutti gli animalisti o comunque coloro i quali possano temere che alle lumache venga fatto del male possono stare tranquilli, perché il prelievo della miracolosa bava viene fatto in modo totalmente passivo, quindi le lumache non subiscono assolutamente alcun danno.


salute Emiliano: “Presto Cardiochirurgia a Foggia”

La struttura permetterà di valorizzare le eccellenze mediche già presenti agli OO.RR.

Festeggia il rettore Maurizio Ricci: centrato uno degli obiettivi più ambiziosi del settennato La struttura sarà attiva entro pochi mesi; a disposizione del nosocomio 2,5 milioni di euro l Governatore della Puglia, Michele Emiliano, promette (e mantiene). Il 2016, per l’azienda ospedaliero-universitaria “Ospedali Riuniti” di Foggia inizia nel migliore dei modi, ovvero con la realizzazione, a strettissimo giro, dell’Unità di Cardiochirurgia, struttura che sarà in grado di valorizzare le eccellenze mediche già presenti in organico ma di fatto inutilizzate, e di rispondere alle esigenze di un territorio vasto e geograficamente complesso, quale è la provincia di Foggia, che vede nel “Riuniti” il suo massimo punto di riferimento. Insomma, una vera e propria “conquista” che contribuirà ad avvicinare sempre di più il traguardo di ospedale di “Eccellenza”, inteso come struttura sanitaria in cui sono presenti tutte le strutture assistenziali della medicina moderna. Premiata dunque la “battaglia sociale” dell’Università di Foggia, una istanza che il magnifico rettore dell’ateneo dauno, Maurizio Ricci, ha fatto sin da subito propria, spendendosi in prima persona. L’unità di Cardichirurgia sarà dunque presto realtà. E ad annunciarlo

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urbi et orbi è stato lo stesso Emiliano, nel corso della tradizionale conferenza programmatica di via Capruzzi. Il presidente della Regione, pur congelando alcuni delicati provvedimenti in merito al “Piano di riordino ospedaliero” (ma relativi alle strutture della provincia), non ha esitato a dare la “lieta novella” agli operatori dell’informazione. “La sensibilità e la concretezza del Governatore della Regione Puglia, ci consentono di celebrare un risultato che personalmente considero davvero eccezionale. Senza la sua determinazione non ci saremmo mai arrivati”, ha spiegato a caldo il rettore dell’Università di Foggia, Maurizio Ricci. “La Capitanata celebra una grande giornata, in cui gli

Ospedali Riuniti compiono un enorme passo in avanti che impedirà, a centinaia di pazienti, di intraprendere lunghi viaggi della speranza, per usufruire di un fondamentale diritto costituzionalmente garantito: il diritto alla salute”. Festeggia dunque Ricci, che ha centrato uno degli obiettivi più importanti e ambiziosi del suo settennato: il suo impegno per l’ottenimento della Struttura di Cardiochirurgia è cominciato nell’aprile del 2014, ovvero cinque mesi dopo il suo insediamento alla guida dell’Ateneo. A più riprese, sempre garantendo un profilo sociale e soprattutto istituzionale al proprio appello, Ricci è intervenuto sull’argomento con motivazioni inoppugnabili: innanzitutto, la disponibilità di un cardiochirurgo già in dotazione organica all’Università di Foggia (il prof. Luca

Salvatore De Santo, inutilizzato rispetto alle proprie capacità professionali e assistenziali, in quanto privo di una Struttura operativa); in secondo luogo, una considerazione di natura orografica, visto che la provincia di Foggia coi suoi 610mila abitanti e un’estensione territoriale di 6.965 kmq è la seconda d’Italia; quindi, lo squilibrio nella distribuzione dei poli cardiochirurgici in Puglia, con Capitanata e B . A . T. completamente sprovviste di questi, a differenza d e l l e altre province pugliesi (quattro poli a Bari, due a Lecce, uno a Brindisi e uno a Taranto). A sostenere concretamente l’istanza dell’Aaienda ospedaliero-universitaria Ospedali Riuniti di Foggia anche il rapporto tra gli attuali costi so-

stenuti dalla Regione Puglia per via della mobilità passiva (oltre 5 milioni di euro l’anno) e i ricavi che invece deriverebbero dall’attrattiva assistenziale rappresentata dall’istituzione di una Struttura di Cardiochirurgia al Policlinico di Foggia (oltre 6 milioni di euro l’anno). Tempi serrati per l’attuazione: tutto dovrebbe avvenire entro il 2016. E fondamentale sarà adesso il ruolo del Direttore generale, Antonio Pedota, attivamente impegnato in prima persona nella richiesta presentata al competente assessorato regionale e in generale nella sua azione di governo dell’azienda mista, che lo ha visto ottenere in poco tempo già ottimi risultati. La Regione Puglia contribuirà con circa 2,5 milioni di euro, mentre l’azienda mista dovrà provvedere alle procedure selettive per l’assunzione di medici e del personale sanitario entro i primi mesi del 2016 e all’allocazione delle strutture ospedaliere. Angela Dalicco

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società Lo strano caso di Faeto, tra pluriclassi e sette “supplenti di supplenti“ in 4 mesi

Insegnanti assenti, mamme in trincea Le donne faetane scrivono al provveditore: “Così si nega il diritto allo studio” a ben quattro mesi ormai, i pochi bambini della scuola elementare di Faeto, facente parte dell’istituto comprensivo statale “A. Salandra” di Troia, si svegliano tutte le mattine all’alba per andare a scuola, ma senza avere la possibilità di essere seguiti da un insegnante, come invece spetterebbe loro. Le mamme, però, proprio non ce la fanno a sopportare ancora questa situazione e così hanno messo su un comitato per far sentire la propria voce: è di questi giorni, infatti, la protesta delle mamme scese in campo per ribadire i propri diritti sulla questione degli insegnanti assenteisti nella scuola del piccolo borgo dell’entroterra dauno. La situazione è la seguente: da molto

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tempo ben quattro classi sono prive degli insegnanti di matematica ed italiano, assenti per congedi parentali, e si è stati, quindi, costretti a creare due pluriclassi per riunire tutti i bambini: una costituita dalle classi II e III, guidata dalla presenza vigile della sola insegnante di italiano, e l’altra composta dalla IV e V primaria, seguita dall’insegnante di matematica. Si salva solo la classe I, in cui sono presenti entrambi gli insegnanti. “Fino ad ottobre c’era un’insegnante – racconta Giovanna La Nave, mamma di uno degli alunni della scuola di Faeto – ma, per congedi parentali, è andata via; al suo posto è stata nominata una supplente, che ha prestato servizio per un solo giorno, ed in seguito la “supplente

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della supplente”. Nella pluriclasse costituita dalla II e III elementare la situazione è ancora più grave: dall’inizio dell’anno scolastico si sono avvicendate, infatti, ben sette supplenti. Un giorno si sono assentate tutte le insegnanti e la maestra della classe I si è vista costretta a seguire le cinque classi per otto ore da sola. Alessandra Iannelli, nella duplice veste di madre e leader delle mamme faetane, ha così redatto una lettera per richiamare l’attenzione del provveditore, ribadendo quanto sia assurdo che a Faeto ci siano solo insegnanti fantasmi. “Mio figlio – afferma Iannelli – da quando ha cominciato la scuola ha cambiato sette insegnanti, è una vergogna. Ai nostri figli è stato negato il diritto allo studio!” Risulta facile comprendere come in tutto ciò, a pagarne le conseguenze siano i bambini, che sono costretti a

spostarsi di aula in aula con i loro banchetti per non rimanere senza guida in classe, perdendo tempo e concentrazione e lamentando lacune che difficilmente colmeranno, crescendo senza quella “formazione culturale e professionale” che tanto si decanta nello Statuto delle studentesse e degli studenti. Come se non bastasse, l’assenteismo minaccia anche l’insegnamento della lingua francoprovenzale nella suddetta scuola. Per la maggior parte di noi, parlare in madrelingua significa far riferimento alla lingua italiana, ma per le due minoranze linguistiche di Faeto e Celle di San Vito la lingua madre, la vera lingua materna, è quella francoprovenzale. Ancora fresca di stesura è la lettera di protesta contro l’abolizione del francoprovenzale a scuola, indirizzata alla dirigente Maria Michela Ciampi, in cui esperti e non, insegnanti, genitori e cittadini chiedono alla preside di trovare

una soluzione che consenta di rimediare a questa grave situazione. Per un popolo ancorato alle proprie radici, veder negato l’insegnamento della propria lingua, vuol dire mettere a rischio la sopravvivenza di un patrimonio culturale e la permanenza stessa della scuola a Faeto; ma, soprattutto, significa privare le giovani generazioni di un elemento fondamentale e caratterizzante della loro identità. Pronta la risposta della dirigente Ciampi che, con atti alla mano, afferma come tutte le assenze degli insegnanti siano state regolarmente giustificate e che anche la questione dell’insegnamento del Francoprovenzale è stata volutamente strumentalizzata, in quanto “il sindaco ed i genitori di Faeto – sostiene la professoressa Ciampi – ignorano che la scuola non dispone di fondi specifici per questo insegnamento.” Leonarda Girardi


mondo bimbi Tutelare i minori dai pericoli della rete

Bambini on-line, l’incubo delle foto Non è solo una questione di privacy: i rischi per i vostri figli esistono davvero i comincia con l’annuncio della nascita: basta uno status per condividere in modo semplice e veloce la gioia della famiglia che si allarga con tutti gli amici virtuali e si finisce per postare foto che ritraggano i propri figli nei momenti più importanti della loro vita. Sono tanti i genitori che ogni giorno non resistono alla tentazione di pubblicare scatti come il primo dentino, il primo giorno di scuola, passando per la recita scolastica fino al primo traguardo sportivo. Un gesto innocuo che invece potrebbe causare danni agli ignari minori la cui immagine è finita in pasto al mare magnum della rete. Non sempre i genitori sono in grado di utilizzare gli strumenti messi a disposizione dai social network per tutelare la privacy dei propri bambini: prima di pubblicare una foto che riempie di orgoglio mamma e papà sarebbe meglio pensarci due volte, perché i rischi potrebbero essere proprio dietro l’angolo.

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IMPOSTAZIONI DELLA PRIVACY | Mai sottovalutare le potenzialità dei social network: ogni immagine condivisa su queste piattaforme potrebbe essere raggiunta da un numero indefinito di utenti, magari con intenzioni poco lodevoli. Se ci sono foto di minori sul proprio profilo, meglio premurarsi di restringere il pubblico che potrà visualizzare

l’immagine solo agli amici più stretti e conosciuti anche nella vita reale. LA PEDOPORNOGRAFIA | Le foto dei vostri bambini sono l’emblema della purezza e della normalità? Nemmeno questo basta a tutelarli dal rischio dello sfruttamento di immagini per realizzare fotomontaggi ad uso pedopornografico. Evitare la pubblicazione di fotografie di minori resta la soluzione migliore. LA GEOLOCALIZZAZIONE | Attraverso l’utilizzo di questo strumento si corre il rischio di rendere pubblici una serie di dati sensibili come ad esempio il luogo in cui il bambino si trova in quel momento, la zona della propria abitazione e così via. Meglio disattivare questa opzione se si ha intenzione di postare una bella foto di famiglia con minori inclusi. CASI PARTICOLARI | Tutte le accortezze summenzionate andrebbero rispettate rigorosamente se tra i minori della propria famiglia ci sono bambini in adozione o affido, magari che per maltrattamenti sono stati allontanati dalla famiglia di origine. UN FUTURO ANONIMO | Infine bisogna anche tener presente che pubblicare le foto dei propri figli sui social network è un gesto superficiale che preclude loro un futuro anonimato sul web; non va nemmeno sottovalutata la possibilità che queste foto potrebbero essere rintracciate e dare origine ad episodi di cyberbullismo. Dalila Campanile

Parental Control, questo sconosciuto Il 40% dei bambini inizia a navigare su internet prima dei 10 anni usando il computer di famiglia o il tablet (fonte: People). I pericoli della rete però sono sempre in agguato: i minori potrebbero entrare in contatto con contenuti e immagini non adatte alla loro età oppure lasciar trapelare dati sensibili sui social network. Per scongiurare queste evenienze è importante che i genitori dedichino qualche minuto alla configurazione del “Parental Control”. Si tratta di un filtro personalizzabile presente sui più comuni

sistemi operativi, che agisce in due modalità: è in grado di bloccare i contenuti sgraditi oppure limita la navigazione ai soli contenuti consentiti, preventivamente individuati attraverso parole chiave o siti preferiti. Peccato che più del 50% dei genitori non lo utilizzi per mancanza di tempo (fonte: Altroconsumo). Per una copertura più efficace, via libera a browser pensati per la navigazione dei più piccoli e antivirus con funzioni apposite. Per i genitori che non amano la tecnologia meglio far navigare il minore sotto la propria supervisione.

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bellezza

A tutto relax: i benefici della sauna

VAPORE, elisir di bellezza Il bagno di calore in pieno inverno per una pelle più luminosa. È l’asso nella manica per perdere qualche chilo senza stress n’ora sola o intero week end di libertà? E’ l’occasione giusta per scegliere un’attività rigenerante per corpo e mente come la sauna, che proprio nella stagione invernale potenzia i suoi benefici. In città o in vacanza, sono ormai tante le strutture attrezzate che offrono pacchetti benessere a prezzi davvero interessanti: perché non approfittarne? Per ottenere dei vantaggi significativi però occorre sapere come sfruttare al meglio il caldo secco tipico di questo trattamento.

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LA SAUNA FINLANDESE | E’ la tipologia classica realizzata in legno, presente anche nella maggior parte dei centri benessere. Il caldo è secco, la temperatura si aggira intorno agli 80 – 100°, all’interno della cabina possono essere presenti pietre bollenti su cui andrà versata dell’acqua per ottenere il vapore. Il tempo ideale per una seduta oscilla tra gli 8 e i 15 minuti. LA SEDUTA INVERNALE | Fare la sauna nel periodo invernale significa innanzitutto tutelarsi dai malanni di stagione. L’alternanza caldo – freddo infatti produce dei benefici a livello del sistema immunitario che viene così fortificato.

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La differenza di temperatura è ideale anche per dare una sferzata alla circolazione e al metabolismo, punti cruciali per chi vuole migliorare la propria silhouette. IL CALDO TI FA BELLA | L’azione combinata di calore e vapore provoca un’abbondante sudorazione che scioglie le tossine, i grassi superflui e gli acidi che ristagnano rendendo la pelle del viso e del corpo opaca. Dopo la sauna infatti la pelle appare rigenerata e luminosa, grazie alla maggior irrorazione del sangue, mentre la perdita dei liquidi fa scendere l’ago della bilancia. Non solo: i muscoli sono distesi e recettivi. E’ il momento ideale per concedersi un bel massaggio, magari anticellulite, il cui effetto sarà potenziato. Per reintegrare i liquidi via libera all’acqua e alle tisane depurative. Una sudata in sauna è l’ideale anche per combattere lo stress e recuperare un aspetto rilassato che sicuramente giova alla bellezza. SUDARE NEL MODO CORRETTO | Per avvalersi dell’elisir di bellezza e benessere che il caldo secco rappresenta per il nostro corpo occorre rispettare una serie di accortezze: fare l’ingresso in sauna ben idratati e dopo aver consumato un leggero spuntino come uno yogurt. Dopo una doccia tiepida, entrare in sauna e trattenervisi almeno 8 minuti per dare il tempo al corpo di abituarsi alla nuova temperatura. In seguito, sottoporsi ad una doccia con acqua fresca per pochi minuti, puntando il getto dell’acqua prima verso le estremità e poi risalendo sul resto del corpo, lasciando come ultima parte la schiena. La seduta si concluderà con il riposo nella zona apposita, avvolti nel vostro accappatoio e sorseggiando una tisana. Dalila Campanile


PODOLOGA

DI

GRAZIANA MUTI

Ne soffrono soprattutto le donne, in età adulta

S.O.S. Alluce valgo Esistono vari fattori predisponenti a questa patologia. Non sono da sottovalutare, tra i fattori, le calzature ’alluce valgo è caratterizzato dall’adduzione del primo osso metatarsale (si allontana dagli altri raggi) e dalla deviazione laterale dell’alluce (si avvicina alle altre dita). Perché proprio l’alluce? E perché è una patologia così diffusa? Perché l’alluce, soggetto a stabilizzazioni sia di origine capsulo-legamentosa che dinamiche (muscolari), interviene nei meccanismi che riguardano il movimento che, se è alterato e scompensato, ha conseguenze sull’alluce. L’alluce valgo si presenta prevalentemente nelle donne adulte, nonostante ci sia anche una forma di deformità congenita. Esistono vari fattori predisponenti a questa patologia: l’ereditarietà sicuramente gioca un ruolo importante. Ma anche fattori come l’eccessiva pronazione del piede (la tendenza a ruotare il piede verso l’interno), l’instabilità articolare, La lassità legamentosa, vizi posturali possono causare, o comunque favorire, la deformità. Non sono da sottovalutare fattori esterni come le calzature: infatti il 33% delle persone calzate soffre di alluce valgo e solo l’1.9% di quelle non calzate. Una conseguenza precoce dell’alluce valgo è la borsite. Tra l’articolazione e la pelle ci sono una guaina mucosa e una borsa sierosa.

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Questa si infiamma a causa del continuo sfregamento con la scarpa. Un’altra conseguenza è l’ipercheratosi plantare a livello della II, III, IV testa proprio per compensare il deficit del primo metatarso, che funzionalmente si alza (dorsi flette) e quindi non svolge più correttamente il suo compito e lo scarica sui metatarsi laterali che però anatomicamente non sono idonei a svolgere determinate funzioni. Nei casi più avanzati, c’è una griffe del II dito e la sua sovrapposizione sull’alluce. Si può arrivare perfino a una lussazione parziale o totale del II dito. È curabile? La risposta è molto articolata. Quando si arriva ad uno stadio avanzato della deformità, l’unico modo per eliminare il problema è la chirurgia. Ad oggi esistono interventi poco invasivi, ma comunque risolutivi. Anche i fenomeni di rigidità successivi all’intervento sono sempre meno frequenti e il tasso di recidiva, seppur non trascurabile, è basso. Nonostante l’intervento sia l’unica soluzione definitiva, esistono anche altri modi per rallentare il processo di deformità o comunque per compensarne i difetti biomeccanici. Abbiamo detto che, nella maggior parte dei casi l’alluce valgo è l’espressione

di un quadro di eccessiva pronazione e di instabilità articolare. È possibile controllare questi processi. Esercizi mirati consigliati da fisiatri, ortopedici, reumatologi e podologi, ad esempio, possono rinforzare muscoli altrimenti poco attivi. Un plantare invece, può diminuire la pronazione e tutto ciò che essa comporta. In più può ridistribuire i carichi a

livello della pianta del piede eliminando i fastidi causati dalle callosità. L’invito è sempre quello di affidarvi al professionista competente per una corretta valutazione del caso, così da poter tracciare le linee di un corretto iter terapeutico.

Come promuovere il cambiamento del comportamento alimentare

Counseling nutrizionale: cos’è e come funziona? Importante per migliorare il proprio rapporto con il cibo A Foggia, consensi per il primo ciclo di incontri sul tema ell’ambito delle numerose attività che l’Ordine Tecnologi Alimentari Regione Puglia sta portando avanti, vi è sicuramente da sottolineare, per la sua unicità sul territorio, il 1° Corso di Counseling Nutrizionale svoltosi lo scorso mese di dicembre in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente dell’Università degli Studi di Foggia. L’OTA Puglia ha pensato di organizzare tale corso, ben cosciente che il counseling nutrizionale è utile in tutte le situazioni in cui una persona avverta l’esigenza di modificare i propri comportamenti alimentari, migliorare il proprio rapporto con il cibo, accrescere le proprie capacità di affrontare situazioni problematiche in ambito nutrizionale. Di qui la ne-

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cessità di far acquisire ai professionisti del

settore dell’alimentazione e della nutrizione strumenti di Counseling nutrizionali per pro-

muovere un cambiamento, nell’ambito della propria attività professionale, comportamentale rispetto al cibo. Il corso ha avuto una durata di circa 20 ore spalmate in due fine settimana e ha visto la presenza di tre docenti che si sono alternati in cattedra e che hanno dato un valido ed innovativo contributo al corso. La professional counselor, Mattea Belpiede, ha affrontato le tecniche di counseling e il colloquio motivazionale volto a suscitare nell’ utente la decisione di cambiare stile alimentare che può consentire anche il superamento di quell’atteggiamento ambivalente “voglio ma non voglio”. Pasqualina Capuano, tecnologa alimentare, si è occupata del rapporto dell’uomo con

il cibo, visto come identità e simbolismo, del comportamento alimentare, dell’evoluzione delle nostre abitudini alimentari e come, in ambito professionale, è possibile rilevarle ai fini di una migliore comprensione del comportamento alimentare stesso. La psicologa Giuseppina Cappa, invece, ha ritenuto opportuno porre l’accento sulle emozioni legate al cibo e su come esse scatenano in noi atteggiamenti distruttivi nel nostro rapporto con l’alimentazione. L’autostima e l’assertività hanno incorniciato tale intervento. Il Direttore di Dipartimento, Agostino Sevi, durante la chiusura dei lavori, ha poi sottolineato come tale iniziativa ha avuto anche il plauso di Direttori di Dipartimento di altre Università. L’OTA Puglia, da parte sua, si è impegnata, vista anche la richiesta dei partecipanti , a proseguire su questa strada ed organizzare altri corsi di questo genere e non solo.

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cucina Non è vero che tutto fa BRODO Per prepararne uno speciale ci vogliono pazienza ed ingredienti di qualità, meglio se “creativi” CREMA DI PLATANI E TAMARINDO CON POLPETTE DI POLLO Tempo di preparazione: 1 ora - Per 4 persone.

negozi bio ed etnici) sciolta in 4 dl di latte di cocco, versate 1 litro di brodo di pollo e portate a ebollizione. Abbassate la fiamma, cuocete per 30 minuti. Frullate a crema gli ingredienti, regolate di sale, aggiungendo a piacere anche 1 cucchiaio di sala i soia. Profumate con foglie di menta e coriandolo freschi. Volendo potete affettare finemente un platano, friggerlo in olio di arachidi e servirlo in croccanti chips salate, insieme con la zuppa. BRANZINO SELVAGGIO NEL TÈ VERDE Tempo di preparazione: 35 min. - Per 4 persone

Soffriggete, in 2 cucchiai di olio extravergine di oliva, 1 cipolla rossa, con 2 spicchi di aglio e 1 peperoncino. Unite 2 cucchiaini di semi di coriandolo e 1 cucchiaino di semi di cumino. Cuocete mescolando per 2 minuti. Aggiungete 2 platani molto maturi sbucciati e tagliati a rondelle, 1 cucchiaio di pasta di tamarindo (si trova nei

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Tritate 2 scalogni con 1 rondella di porro verde, soffriggeteli in una casseruola con 1 cucchiaio di olio, 1 cucchiaio di semi di anice e 1 presa di foglie di tè verde. Versateci sopra 5 dl di brodo di pesce e fate restringere a metà. Filtrate la salsa ottenuta e regolate di sale e pepe. Tagliate a julienne 1 carota, 1 piccola zucchina, 1 costa di

3 SEGRETI NEL MESTOLO

sedano, 1 foglia di porro. Saltate in 2 cucchiai di olio extravergine le verdure con 2 fettine di zenzero grattugiato. Salate e tenete da parte. Tagliate in 4 pezzi ogni filetto di branzino selvaggio da 700 gr, salate leggermente, tamponate con carta da cucina e cuocete nella padella ben calda dove avete saltato le verdure. Mettete in ogni piatto 2 trancetti di pesce con al centro le verdure, versate sul fondo qualche cucchiaiata di brodo, completate con olio crudo e una macinata di pepe.

Il brodo è la base di zuppe, salse, sughi. Le ricette più nuove e light lo preparano molto aromatico o da personalizzare a seconda del piatto per cui servirà. I segreti per averlo ricco e saporito sono poche e facili: • profumate l’acqua con sedano, carota, cipolla steccata con un chiodo di garofano, aggiungete erbe fresche legate insieme in un mazzetto che può variare. Per il brodo di carne: foglia di porro, prezzemolo, timo e alloro. Per quello di pesce: porro, rametti di finocchio, alloro e timo. Per il brodo vegetale o di pollo: zenzero e lemongrass. • mettete tutti gli ingredienti a freddo. L’acqua riscaldandosi lentamente avrà modo di liberare dagli ingredienti tutti i profumi e i sapori. • preparate il brodo con un certo anticipo e raffreddatelo in frigorifero per poterlo sgrassare filtrandolo attraverso un telo leggero di lino.


Per i vostri quesiti: marketing@6donna.com - Tel. 0881.728115 GINECOLOGA Due sintomi comuni a molti problemi ginecologici

DI TIZIANA

CELESTE

Prurito e bruciore vaginale, che fare? Spesso si tratta di infezioni causate da candida e trichomonas Buone norme per igiene intima corretta e vita sessuale sana rurito e bruciore vaginale, due sintomi che possono essere il segnale di una irritazione, magari causata da un detergente intimo troppo aggressivo, o segni che spesso si accompagnano alla menopausa o infine l’epifenomeno di infezioni vaginali, le cui cause più frequenti sono la candida e il trichomonas. Cos’è la candidosi? E’ una infezione scatenata da un fungo (miceti), della famiglia della candida, la cui forma più frequente e diffusa è la Candida albicans, presente normalmente in vagina, che in certe situazioni può iniziare a proliferare e passare così dallo stato di saprofita alla forma aggressiva. Di solito questo si realizza quando si verifica un calo delle difese immunitarie: in seguito a terapie antibiotiche, durante il ciclo mestruale, in gravidanza oppure a causa di cattive abitudini igieniche o per rapporti promiscui. aIl sintomo principale è un intenso prurito vaginale, di solito accompagnato da bruciore esterno, gonfiore ed arrossamento. Possono essere presenti anche una desquamazione della mucosa ed inoltre abbondanti perdite bianche simili a latte cagliato (cosiddette “a ricottina”).

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E’ un problema molto fastidioso, ma che si risolve rapidamente con una mirata terapia antimicotica, somministrata sia a livello orale che locale. Che cos’è l’infezione da Trichomonas? Spesso si trasmette tramite rapporti sessuali, ma altrettanto frequentemente si contrae dall’ambiente (servizi igienici ed asciugamani infetti). I sintomi principali sono perdite vaginali abbondanti, maleodoranti (tipico “odore di pesce putrefatto”), di colore giallo-verdastro, accompagnate da prurito e bruciore vaginali, sempre più intensi. Anche in questo caso necessita di una terapia specifica, che prevede l’uso combinato di antiprotozoari e antimicotici. Che cosa fare per prevenire le infezioni vaginali? Attivare tutte le precauzioni per evitare il contatto diretto delle parti intime con potenziali zone ove possono annidarsi

OSTETRICA Una scelta di salute per madre e bambino

funghi e microrganismi: bordo piscina, riva del mare, bagni pubblici, attrezzi delle palestre; privilegiare una dieta che

comprenda formaggi non fermentati, cereali integrali, frutta e verdura fresca di stagione; evitare invece cibi speziati, carne e pesce

affumicati, formaggi stagionati, cioccolata e bevande alcoliche; detergersi con la carta igienica sempre dal davanti verso il dietro, per evitare di trasportare microrganismi dalla zona anale a quella genitale. E’ altresì importante lavarsi le mani con acqua e sapone ogni volta che si va alla toilette, si inserisce l’assorbente interno oppure l’anello vaginale. Inoltre si devono evitare rapporti sessuali con il partner fino a completa guarigione per non rischiare contagi reciproci (effetto ping-pong). Che cosa fare per prevenire prurito e bruciore da cause non infettive? Mantenere sempre una corretta igiene delle parti intime, utilizzare un detergente intimo non aggressivo e con ph acido, risciacquare con acqua tiepida per eliminare ogni residuo di sapone ed asciugare delicatamente per non irritare la pelle. Per concludere, non sottovalutare mai questi primi segnali di disturbi intimi che, se ignorati e trascinati, alla lunga possono peggiorare la situazione fino a causare talvolta sterilità.

DI VIVIANA LOBUONO

Per i vostri quesiti: marketing@6donna.com - Tel. 0881.72.81.15

Allattare e lavorare è possibile Impresa da super-donne? No, basta organizzarsi. Consigli pratici per gestire i tempi delle poppate na delle tappe più delicate per una mamma che allatta al seno è rappresentata proprio dal rientro al lavoro in quanto impone un’organizzazione precisa e un riadattamento alla nuova routine. Come procedere? Sarà doloroso? Riuscirò a soddisfare le esigenze nutrizionali del bambino? E se il latte va via? Queste sono solo alcune delle domande che una mamma si pone prima di pianificare il rientro a lavoro. Una vera e propria sfida per la donna che a pochi mesi dal parto si ritrova ad allontanarsi dal suo bambino in tempi variabili a seconda della professione e del tipo di contratto l a vo ra-

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tivo. Studi statistici recenti dei paesi industrializzati mettono in evidenza che la maggior parte di queste donne tendono a svezzare, anche precocemente, i loro bambini al momento della ripresa lavorativa. Ma svezzare prima dei sei mesi di vita del neonato è davvero una necessità indispensabile? Assolutamente no. L’esperienza ci dimostra che continuare ad allattare

al seno lavorando non è un’impresa sovrumana riservata alle super-donne, ma è una scelta fondamentale per la salute e il benessere di entrambi. Basti pensare al bambino che dovrà essere affidato a qualcuno durante l’orario di lavoro della madre (sia al nido sia ad una baby sitter) e che si troverà quindi in contatto con molti germi nuovi, in questo caso gli anticorpi trasmessi dal latte materno possono davvero fare la differenza. L’allattamento poi è un valido alleato perché rende meno difficile il distacco e le poppate acquistano una rassicurante certezza in un momento di forte cambiamento. Prima regola dunque, procurarsi tutto l’occorrente per il tiraggio e la raccolta, rilassarsi e iniziare a impratichirsi con il tiralatte già qualche settimana prima del rientro a lavoro preparando contemporaneamente delle scorte di latte senza però mai interrompere le poppate giornaliere. L’obiettivo è lasciare a disposizione di chi si prenderà cura del bambino una scorta necessaria a soddisfare i bisogni del lattante in assenza della mamma. Una volta tirato, il latte potrà poi essere conservato in frigorifero fino a 72 ore oppure congelato fino ad un periodo di tre mesi. Sul posto di lavoro invece, informate il datore sulla vostra esigenza di continuare ad allattare e chiedetegli di poter sfruttare una stanza pu-

lita in cui poter tirare il latte serenamente rispettando gli orari delle poppate; occorrono all’incirca 10-15 minuti per completare il tiraggio da entrambi i seni, processo necessario ad assicurare una normale produzione di latte e una minore tensione mammaria. Come offrire il latte raccolto? Uno dei metodi più comunemente utilizzato è il biberon ma, non sempre questo dispositivo viene accettato dal bambino; allora niente panico perché il latte può essere offerto anche mediante l’utilizzo di un cucchiaino o di un bicchiere di dimensioni più piccole rispetto a quelle per l’adulto. In caso di dubbi rivolgetevi al pediatra o all’ostetrica, che professionalmente potranno supportarvi nella scelta. Un altro consiglio che la madre può mettere in pratica, prima del rientro, è organizzarsi in modo che il bimbo prenda confidenza, insieme a lei dei luoghi in cui verrà portato e della persona che si occuperà di lui. Conoscendoli e percependo la serenità della madre nei confronti di tutto ciò egli si affiderà a queste novità e accetterà più facilmente il cambiamento. Informazione, sostegno, fiducia in se stesse, ottimismo e organizzazione sono quindi le parole chiave per il buon proseguimento dell’allattamento che in questa nuova fase sarà, per madre e bambino, un momento unico in cui ritrovarsi e coccolarsi.

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in poche parole

Per i vostri quesiti: marketing@6donna.com - Tel. 0881.728115 PEDAGOGISTA Si può manifestare entro pochi giorni dalla nascita

DI VITTORIA SALICE

Il dono Baby blues e il legame di attaccamento più bello Più si allungano i tempi di avvicinamento madre - bambino più ci si espone al possibile rischio di patologie post partum

arlow e Timbergen nelle teorie dell’attaccamento ipotizzano l’esistenza di un periodo critico: il “baby blues”, come lo chiamò Winnicott. Esso si manifesta (ma non sempre) entro pochi giorni dalla nascita con una remissione dopo due settimane dal parto. Esso coincide con il periodo sensibile ovvero una registrazione visiva tra madre e bambino che dovrebbe avvenire entro le prime due ore per sentire il legame d’attaccamento tra madre e bambino. Nei casi di parto cesareo o parto prematuro, i tempi di avvicinamento della madre – bambino sono più lunghi. In tal caso il “periodo sensibile” si protrae fino a 36 ore o di più, e più si allungano i tempi più si è a rischio di patologie post partum, come: il baby blues, dalla 1^ settimana dopo il parto e si protrae per 10/15 giorni; la psicosi puerperale, insorgenza tra i primi

H L’Avis di Foggia tira le somme di un anno ricco di soddisfazioni. “L’anno che ci siamo da poco lasciati alle spalle è stato per noi tutti ricco di significato: il 2015 è stato, infatti, anche l’anno del 45° anniversario di fondazione della nostra Sezione”, spiegano i volontari in una nota stampa. Un anno trascorso intensamente; per le attività svolte, per le persone che hanno prestato la propria disponibilità, per gli amici che l’associazione ha acquisito. Tutti elementi che hanno caratterizzato la crescita dell’associazione. Una evoluzione che è stata resa possibile anche grazie agli incontri di sensibilizzazione che i giovani dell’associazione ed il presidente hanno avuto con gli studenti degli istituti secondari superiori foggiani, con l’assidua presenza nelle manifestazioni cittadine, ma soprattutto per la diffusione della cultura della donazione del sangue. La tenacia, la fermezza, la costanza, da parte del presidente e del Consiglio Direttivo, dei giovani e dei testimonial, dei volontari del servizio civile, ma soprattutto dei donatori dell’Avis Comunale di Foggia ha consentito al Centro Trasfusionale degli Ospedali Riuniti di Foggia di garantire le cure trasfusionali necessarie, senza mai entrare nell’emergenza sangue, ma nella più completa autosufficienza. Sono state 6166 le donazioni di sangue effettuate, “altrettanti “grazie” dell’Avis di Foggia, per l’incalcolabile carica di solidarietà e la consapevolezza che l’adempimento di un semplice gesto - la donazione del sangue, appunto – ha tracciato un percorso di ‘vita’ per chi ha sofferto e soffre”. Prossimo appuntamento per l’Avis di Foggia sarà il 25 febbraio con l’Assemblea Annuale e la consegna delle benemerenze ai donatori che hanno raggiunto un certo numero di donazioni sommati negli anni di iscrizione. “Diceva Sofocle, che ‘L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo’. Questa frase ha sottolineato l’anno sociale dell’Avis di Foggia”.

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giorni e le prime tre settimane dopo il parto; la nevrosi traumatica del post partum, chiamato anche disturbo post traumatico da stress post partum, dai primi giorni ad un anno; la depressione post partum 4/6 settimane oppure 6/8 mesi dopo il parto. La sicurezza, la fiducia, la soddisfazione e la felicità che riesce a c re a rs i nelle prime ore dopo la nascita, quando i genitori fanno conoscenza col loro bambino reale, dimenticando quello immaginato e forse anche temuto, diventano la base per il rapporto tra i genitori e il bambino per gli anni a venire, quella manciata di ore contiene un grande valore e gli errori che possiamo fare in quelle ore potrebbero richiedere anni per essere corretti.

PSICOLOGI Fobia sociale, cos’è e come si manifesta

Quando tale periodo viene rimandato lasciando i neo-genitori emotivamente sospesi, rischiando di produrre in loro insicurezze e paure inconsce, è utile il massaggio infantile, e se esso viene intensificato, garantisce un buon sviluppo per il futuro. Se la madre è incapace di avvicinarsi al piccolo perché non si può muovere o perché si rifiuta vivendolo come un baby blues, e quindi la vive anche come un lutto, le si chiede di aspirare regolarmente il latte dalla mammella facendole capire che il piccolo ha fame, facendole vedere delle foto del piccolo per farle capire che lui è suo figlio, parlandole e facendole capire con dolcezza che il piccolo/a ha bisogno di lei. Questo allattamento a distanza diviene come un secondo cordone ombelicale che ricostruisce il legame precedentemente interrotto. Il bonding permette anche alla neo-mamma di sentire un senso di competenza e adeguatezza: ad esempio, di sentire le mammelle tur-

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gide un attimo prima che il bimbo le reclami, che con il passare del tempo si trasforma in un legame di attaccamento in cui i ritmi interni ed esterni della madre e del piccolo, devono trovare una sincronia ottimale. In queste situazioni gioca un ruolo fondamentale la figura del padre, il suo compito, sta nel rassicurare la neo-mamma e contenere le sue paure, fungere da ponte fra lei e il piccolo, espletare le funzioni che sarebbero state proprie della madre.

DI

DEBORA PENNA

Quando il problema è relazionarsi Il timore principale è di sentirsi giudicati “inadeguati” Può causare palpitazioni, tremori, attacchi di panico a paura intensa di trovarsi in una situazione sociale, soprattutto non conosciuta, o la paura di eseguire prestazioni non all’altezza delle aspettative, da cui possa derivare un giudizio altrui negativo: sono le manifestazioni che caratterizzano il disturbo d’Ansia Sociale, detto anche Fobia Sociale. Le persone che soffrono di questo significativo disagio psicologico temono costantemente di dire o fare cose inadeguate o imbarazzanti oppure di mostrare agli altri i segni della propria agitazione. Il timore centrale è quello di sentirsi giudicati ansiosi, impacciati, stupidi o inadeguati; questo timore può essere così forte da produrre sensazioni di disagio molto intense (palpitazioni, tremori, sudorazione, malessere gastrointestinale) che possono provocare veri e propri attacchi di panico. Le situazioni che scatenano ansia sociale sono di varia natura (feste, riunioni di lavoro, conoscere nuove persone) e la fobia può essere specifica se si manifesta solo in alcuni contesti o generalizzata se si esprime nella mag-

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gennaio - duemilasedici

gioranza delle situazioni sociali. Spesso si accompagna ad altri disturbi, come la depressione e la dipendenza da sostanze che, grazie alla loro azione disinibente, aiutano ad alleviare l’ansia che origina dal confronto con le situazioni temute. I modelli cognitivi-comportamentali che cercano di spiegare l’origine e il mantenimento della Fobia Sociale evidenziano il ruolo dei processi di autovalutazione negativa, dell’ansia anticipatoria e della valutazione a posteriori dell’evento sociale. La caratteristica centrale di questa fobia è il forte desiderio di dare una buona impressione di sé agli altri, accompagnato da una grossa insicurezza sulla sua riuscita. Quando i fobici affrontano una situazione sociale la giudicano pericolosa, temono di correre il rischio di agire in modo inaccettabile, pensano che questo avrà conseguenze drammatiche per il loro status sociale e che saranno rifiutati e umiliati. Il timore non è solo il giudizio esterno, ma anche quello che l’individuo ha di sé: questi giudizi di pericolo attivano

un processo d’ansia che consiste in cambiamenti fisiologici, cognitivi, emotivi e comportamentali. Tali sintomi di ansia costituiscono ulteriori fonti di pericolo, poiché sono considerati come minacce per la propria capacità e per l’opinione di sé, conducendo ad un aumento dell’ansia e al mantenimento del problema. Per evitare le conseguenze temute, il fobico sociale utilizza comportamenti protettivi che in realtà perpetuano l’ansia e le credenze dell’individuo di essere valutato negativamente (ad esempio, ripetere mentalmente cosa dire prima di parlare, cosa che rende più difficile la conversazione). Tali comportamenti possono influenzare direttamente l’interazione con gli altri, facendo apparire meno spontanei e amichevoli. Inoltre, diversi studi evidenziano che persone con Fobia Sociale mostrano una notevole tendenza al perfezionismo disadattivo, che comprende l’eccessiva preoccupazione di commettere errori, il dubbio riguardo le proprie azioni, alti standard personali. In definitiva, è il modo in cui il fobico ritiene di apparire agli altri che influenza

il suo comportamento. La fobia sociale è una condizione che, se non adeguatamente trattata, può interferire seriamente con le relazioni interpersonali, le prestazioni scolastiche e lavorative, determinando un significativo scadimento della qualità di vita. Nell’intervento terapeutico è fondamentale guidare il soggetto ad esporsi alle situazioni sociali temute, quindi rompere il circolo vizioso perpetuato dagli evitamenti e dai comportamenti protettivi. Inoltre, appare decisiva la capacità di modulare le proprie reazioni emotive attraverso un diverso modo di pensare meno disfunzionale. La “ristrutturazione cognitiva” è un processo mentale cosciente, che permette di esaminare pensieri, emozioni e comportamenti legati a particolari eventi e di produrre una nuova valutazione degli eventi stessi, che sia più funzionale e costruttiva agli scopi dell’individuo.

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MEDICO CAV

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DI

ANNA LEPORE

in poche parole

Nel 2015 boom di richieste al Centro Antiveleni di Foggia

Quando il ‘sapere’ salva la vita Molte piante ornamentali possono avere gravi effetti sulla salute Tra le vittime di intossicazione, i bambini e gli animali domestici l Centro Antiveleni di Foggia, nell’anno appena trascorso, ha avuto un maggior numero di consulenze rispetto agli anni passati dovuto, sicuramente, alla maggiore conoscenza - o meglio, presa di coscienza - dell’esistenza di un CAV unico nella regione Puglia. Anzi, unico nel sud Italia, sia per le risposte immediate, sia per la dotazione di antidoti che vengono distribuiti nel momento di necessità. Ancora, per la richiesta di esami specifici (quali ad esempio la ricerca dell’amanitina urinaria in caso di intossicazione da funghi velonosi). Con la fine delle festività natalizie abbiamo imparato a conoscere che sono diverse le situazioni in cui l’attenzione non è mai troppa, soprattutto se sono presenti bambini o i nostri amici a quattro zampe. Ad esempio, abbiamo imparato a fare attenzione all’acquisto di piante ornamentali per le nostre case: vi ricordiamo, ad esempio, che la Stella di Natale contiene il triterpene che

I

DENTISTA

può avere effetti sull’apparato respiratorio, cardiovascolare, urinario, digerente e anche sul sistema nervoso e sulla cute.

Inoltre, il lattice, proveniente dalla lacerazione delle foglie o dal taglio del fusto, a contatto con l’epidermide può provocare eritema, prurito, bruciore della congiuntiva e della mucosa orale e faringea;

se ingerito da luogo a nausea, vomito, diarrea. Ancora, il pungitopo o il vischio offrono bacche ornamentali che sono tossiche ed irritanti. Pertanto, se le conserviamo ancora in casa, posizioniamo tali piante in posti non facilmente raggiungibili dai nostri bimbi e non solo loro. Altra temibile intossicazione dovuta al clima rigido è conseguente l’accensione di caldaie, camini, braceri mal funzionanti o con scarsa ventilazione. Ricordiamo di prestare la massima attenzione, infatti, il monossido di carbonio, comunemente chiamato “killer si-

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lenzioso” è un gas incolore, inodore e insapore prodotto durante la combustione incompleta di qualsiasi materiale contenente carbonio. QUALI SONO I PRIMI SINTOMI? Sono molto aspecifici: mal di testa, malessere, nausea, vertigini. Poi compare confusione sino a perdita di conoscenza e ulteriori complicazioni gravi. E in ultimo, anche se non ultime, come non parlare di sostanze tossiche quali detergenti? Non ci stancheremo mai di ricordarvi di prestare attenzione a riporre i detersivi usati in casa nei piani più alti di armadi e scaffalature. Sono in aumento, infatti, anche i casi di intossicazione per ingestione da parte dei bambini; inoltre cerchiamo di ascoltare le richieste di aiuto da parte di amici, parenti, conoscenti… Purtroppo, i dati dimostrano che ad aumentare sono anche i casi di intossicazione dovuti a tentativi di autolesionismo. Conoscere, informarsi e informare può servire a farci vivere meglio.

DI VALENTINA

LA RICCIA

L’abuso può essere controproducente

Antibiotici: maneggiare con cura Questo tipo di farmaco è efficace contro i batteri Nulla può sui virus, causa di sindromi influenzali ’inverno è arrivato e con esso anche i cosiddetti “malanni di stagione”. Al primo raffreddore o influenza, il ricorso immediato all’antibiotico è purtroppo molto diffuso tra i pazienti ma non è sempre giustificato, anzi rischia di trasformare una patologia più o meno banale e certamente risolvibile al meglio in altro modo, in un vero calvario. Questo tipo di farmaco infatti è una risorsa efficace esclusivamente contro i batteri (infezioni batteriche, ascessi, nella profilassi in vista di un intervento chirurgico etc.) mentre non ha nessun effetto sui virus che sono la causa di raffreddori e sindromi influenzali. In Italia la situazione non è positiva: secondo il rapporto dell’European Center for Diseases Control (Ecdc) del 2014, ogni anno in Italia si spende circa 1miliardo di euro

L

in antibiotici, a fronte di una spesa farmaceutica complessiva di 26 miliardi. “Antibiotics: Handle With

Care” è lo slogan della campagna OMS 2015 sull’uso consapevole degli antibiotici, perché si tratta dei farmaci più usati in modo poco responsabile, con conseguenze importanti come lo sviluppo di resistenze batteriche. I dati sono im-

pressionanti: dal rapporto del Cabinet Office britannico emerge che la diffusione dei batteri antibiotico-resistenti in grado di “disattivare” i farmaci, potrebbe causare 200mila contagi nei prossimi 20 anni e 80mila decessi nel solo Regno Unito. Abusare dei farmaci ha conseguenze importanti: infatti i pazienti ammalati non rispondono più alla terapia con gli antibiotici disponibili, la molecola scelta per combattere la patologia risulta inefficace e, per debellare la malattia, saremo costretti a cambiare antibiotico. Questo a sua volta

ha importanti ripercussioni negative sia sulla salute psico-fisica in quanto si ritarda la guarigione prolungando lo stato di malessere, che sul portafogli poiché bisogna fronteggiare un’ulteriore spesa economico-sanitaria e perché si registra un aumento della morbilità (numero di giorni di assenza dal lavoro). Se pensiamo anche al fatto che alcuni non possono beneficiare di tutte le classi di antibiotico esistenti, comprendiamo quale sia la portata dell’evento, infatti In Italia nel 2013 sono state più di 40mila le segnalazioni di reazioni avverse ai farmaci. È sempre importante approcciarsi ai medicinali solo se vi è la reale indicazione e su prescrizione del medico. Per contrastare il problema dell’antibiotico-resistenza, sono in studio nuove molecole antimicrobiche attive anche contro i batteri mutati ma intanto il consiglio è quello di assumere l’antibiotico solo se ve ne è l’indicazione. Non inficiamo l’utilità di questi farmaci, tanto importanti da marcare il passaggio dall’era pre-antibiotica a quella post-antibiotica: utilizziamoli responsabilmente e premuniamoci facendo prevenzione.

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5 volte “Roxana”

Quinta proroga ministeriale per i Progetti “Roxana” e “Aquilone” realizzati dalla Provincia di Foggia, in partenariato con quella di Avellino. Il Dipartimento per le Pari Opportunità - Presidenza del Consiglio dei Ministri ha comunicato che le azioni potranno continuare fino al 30 giugno 2016. “È una notizia che accogliamo con grande soddisfazione – spiega il presidente della Provincia di Foggia, Francesco Miglio - perché gli operatori dei due progetti potranno proseguire con le attività e garantire un percorso di assistenza e protezione alle persone vittime di tratta. Come in passato, saranno assicurati numerosi servizi, dall’inserimento socio-lavorativo alla formazione e all’orientamento e informazione, attraverso l’accoglienza in strutture presenti sul territorio dauno”. In sinergia con numerosi enti pubblici e del privato sociale, i progetti “Roxana” e “Aquilone”, attiveranno misure di sostegno e aiuto per i cittadini migranti sottoposti a riduzione o mantenimento in stato di soggezione, attuato mediante violenza, minacce, inganno, abuso di autorità o sfruttamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica, di una situazione di necessità o mediante la promessa e la consegna di somme di denaro o altri vantaggi. “Un fenomeno in continuo aumento”, aggiunge Miglio. “Nella maggior parte dei casi, le vittime di tratta sono donne costrette alla prostituzione, ma sempre più spesso sono coinvolti anche minori e uomini, sotto il profilo dello sfruttamento lavorativo”. Grazie al progetto “Roxana”, concluso nel dicembre scorso, sono state accolte 11 persone con una età media di 30 anni (7 donne e 4 uomini), provenienti da Camerun, Kenia, Cina, Nigeria, Somalia, Ghana, Romania e Polonia, Bangladesh. Nel progetto “Aquilone” invece, sono state ospitate 7 persone con un’età media di 28 anni (5 donne e 2 uomini), provenienti da Bangladesh, Senegal, Marocco, Polonia, Bulgaria, Romania. Nell’ambito dei progetti saranno attivati programmi di formazione individualizzati per i beneficiari, legati alle competenze e alle possibilità concrete di inserimento socio-lavorativo sul territorio: attività di formazione pratica in impresa, accompagnamento, stage.

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Per i vostri quesiti: marketing@6donna.com - Tel. 0881.728115 AVVOCATO Come si pone la legge italiana di fronte a questi episodi

DI

VALENTINA DINISI

Infanticidio e figlicidio: la cronaca più nera ’omicidio di un bambino colpisce la sensibilità delle persone più di ogni altro delitto. E la domanda è solo una: perché? Spesso accade che tale delitto venga consumato in famiglia; spesso accade che tale delitto venga commesso dalla mamma, la persona che non farebbe mai del male al proprio bambino. Omicidi commessi a volte senza rendersene conto... a volte con una mente terribilmente lucida. Ma cosa succede? Cosa scatta nella mente materna? E cosa prevede l’ordinamento giuridico italiano? Innanzitutto è opportuno distinguere l’infanticidio dall’omicidio comune. Questo perché la legge italiana punisce il delitto di infanticidio con una pena attenuata e più mite rispetto a quella prevista per l’omicidio doloso. Il codice penale, all’art. 578, disciplina l’infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale, punito con una pena da 4 a 12 anni di reclusione (l’omicidio classico vede una pena che va fino ai 21 anni di reclusione). Tale ipotesi attenuata di omicidio

L

trae le sue origini dal cosiddetto infanticidio per causa di onore, che vigeva nell’ordinamento italiano prima dell’attuale codice. E la rubrica “per causa di onore” la dice tutta: si trattava dell’uccisione del neonato perché concepito da una relazione clandestina, fuori dal matrimonio, perché la

Secondo le statistiche, l’orrore parte sempre dal disagio: 70mila donne sono colpite da depressione post partum

donna era stata violentata, tutte situazioni lesive della propria reputazione. L’attuale legislazione, invece, ha abbandonato

PSICOLOGIA Si differenzia dall’outing, pratica profondamente scorretta

la causa di onore e ha abbracciato l’ipotesi dell’”abbandono materiale e morale”, stato nel quale può trovarsi la partoriente o la puerpera, ipotesi che tiene conto delle particolari circostanze del parto, suscettibili di determinare un grave turbamento emotivo nella donna. I dati dicono che sono circa 70mila le donne che vengono colpite dalla depressione post partum, un malessere che si sta diffondendo, e che, a parte una limitata casistica di donne che già prima della gravidanza soffrivano di disturbi psichici, può colpire molte neomadri. Le cause sono molte: l’insufficienza di preparazione ed informazione su cosa realmente sia l’esperienza della maternità. Fare da madre ad un nuovo essere umano è il lavoro più complesso e stancante al mondo. Ma, se la maternità è una scelta con-

sapevole e matura, è anche l’esperienza più straordinaria della propria vita. La solitudine, l’inaspettata fatica fisica e mentale che comportano il nuovo status di madre, sono a volte troppo grandi soprattutto per le donne più giovani, meno acculturate, o in condizioni economiche precarie. Al contrario, l’uccisione di un bambino, benché in tenera età, è considerata dalla legge un omicidio comune. La psicologia forense è unanime nel ritenere che diverse possono essere le ragioni di tali comportamenti omicidi: la vendetta nei confronti di un compagno che ha abbandonato la donna-madre, la convinzione di queste madri assassine di risparmiare al proprio figlio una vita di sofferenze, la vergogna e l’ignoranza che, soprattutto nell’Italia del sud, hanno il sopravvento. Nella maggior parte dei casi i figlicidi possono essere evitati, facendo attenzione ai campanelli d’allarme. La famiglia gioca un ruolo importante. Le madri non uccidono i propri figli di punto e in bianco, ma arrivano a compiere questo gesto estremo lentamente, lanciando tanti piccoli segnali. Rivolgersi a uno specialista è, in molti casi, l’unico “salva-vita”.

DA SINISTRA GIOVANNI PAPA, TIZIANA CARELLA E CLAUDIA GIRARDI (*)

Coming out: che significa per chi lo fa? E’ l’esito di un lungo e spesso travagliato processo interiore e si sente di poter sostenere le reazioni e le opinioni dell’altro arliamo di coming out, probabilmente una delle fasi maggiormente significative nell’affermazione di una identità orientata in modo “differente” rispetto alla norma socio-culturale. Cos’è? E perché è così importante? L’espressione coming out deriva dalla frase inglese coming out of the closet (“uscire dal ripostiglio” o “uscire dal nascondiglio”), cioè “uscire allo scoperto”, ovvero dichiarare apertamente ad altri il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere, spesso confusa con il termine outing (“buttare fuori dal ripostiglio”) che invece designa dichiarazioni di terze persone rispetto all’orientamento sessuale di qualcuno/a senza il suo consenso. L’outing rappresenta dunque una pratica gravemente scorretta, che può nuocere in modo significativo la persona interessata. Fare coming out, infatti, significa scegliere di parlare di sé dopo essere passati dalla consapevolezza dei propri sentimenti e dei propri desideri, dopo un percorso, spesso vissuto in solitudine , di accettazione della propria diversità; e soprattutto dopo essere riusciti a dire a se stessi di potersi sentire “ok”, perché ciò che definisce una persona

P

non è il suo orientamento o identità di genere, ma sono i valori con i quali sceglie di vivere la propria vita. Questo momento, che potremmo chiamare coming out interiore, può avvenire in qualsiasi momento della vita, ma il più delle volte ciò accade nell’infanzia e nell’adolescenza. Nell’infanzia, il problema più grande è sicuramente la mancanza di mezzi psichici per affrontare la situazione e generalmente mancano totalmente i mezzi di paragone, modelli di identificazione positiva. Un esempio: in tutte le favole la principessa aspetta il principe… non sono previste “diversità”. Per questo, già da qualche anno, si producono letture senza stereotipi, per offrire possibilità di identificazione positiva a tutti/e, non solo a chi collima con la norma dominante. Durante l’adolescenza, l’individuo ha più mezzi psichici del bambino/a per affrontare la situazione ma è anche un periodo molto

confuso della vita in cui si va incontro a grandi cambiamenti, sia fisici che psicologici e sociali.

Il coming out, dunque, ha dei tempi assolutamente soggettivi ed arriva alla fine di un

processo interiore al termine del quale si sente di poter sostenere le reazioni e le opinioni dell’altro, perché la paura più grande è quella di non essere accettato, di essere discriminato, di essere allontanato e di perdere così i propri riferimenti affettivi. Per questo motivo c’è anche chi sceglie di non rivelarsi e di vivere solo in modo parziale, con vergogna e nascondimento, la propria vita. Accettare se stessi per poi rivelarsi agli altri, invece, offre un senso di libertà. Quando si è ormai dichiarata la propria appartenenza ad una minoranza non si ha più lo stress di doversi nascondere e si può godere delle piccole gioie della vita a viso aperto. Vivere in piena consapevolezza ed essere serenamente sé stessi è una sensazione meravigliosa, che rafforza la propria autostima e, più in generale, l’intera personalità.

(*)Tiziana Carella, Giovanni Papa e Claudia Girardi, psicologi e psicoterapeuti

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sguardi d’arte Milano da vedere, dopo l’esposizione universale. Idee per turisti e viaggiatori

Cosa rimane dell’Expo? L’arte nel segno di Leonardo e l’Expo di Milano ha chiuso i battenti il 31 ottobre scorso tra mille polemiche e qualche successo, è sotto gli occhi di tutti che la città ambrosiana si è presentata pronta all’occasione non solo curando il business (che pure lì è di casa) ma anche la proposta culturale dedicata ad operatori del settore e turisti, con un ricco cartellone di eventi collaterali. E la città del biscione ha vissuto nel segno di Leonardo questo importante appuntamento culturale, con due cantieri di restauro dedicati al pittore di Vinci: uno per il recupero di un ciclo di affreschi del Castello Sforzesco e l’altro legato al ripristino della vigna al Borgo delle Grazie, entrambi ancora aperti a memoria dell’appuntamento fieristico e non solo. Immancabile, diventa oggi, una visita alla Sala delle Asse del Castello Sforzesco; qui tutto parla del Da Vinci e del suo facoltoso committente Ludovico il Moro. Un recente restauro ha riportato alla luce un ciclo pittorico esteso quanto interessante: gli affreschi eseguiti dal pittore per una grande sala quadrangolare posta al primo piano del

S

La Sala delle Asse e la vigna di Leonardo candidate a rappresentare “La Grande bellezza” ambrosiana torrione nord-est del maniero milanese. Sono rimerse sotto uno strato di intonaco rimosso dai restauratori, le opere dipinte a monocromo dal grande maestro fiorentino. Queste ultime si candidano ad essere la “grande bellezza ambrosiana”; i lacerti di affresco, visibili sulle pareti dell’angolo nord della sala, con un gioco strabiliante di radici affondano le loro propaggini nella roccia stratificata, mentre sulla volta i rami, incrociandosi con corde dorate, danno vita a uno schema geometrico ripetuto, accostabile al tema dei famosi nodi vinciani. La decorazione

illusionistica delinea un fitto pergolato di rami di gelso intrecciati e sorretti da potenti fusti. La scelta del

gelso è dettata dal fatto che l’albero celebrerebbe il Moro, tanto che, ancor prima di chiamarsi «Sala delle Asse», era infatti conosciuta come «Camera dei Moroni» con evidente riferimento al duca Sforza, dall’incarnato scuro nonché impegnato

nella valorizzazione della produzione della seta che si basava su estensive colture del gelso, morus appunto. Ma il riferimento alla terra e ai suoi frutti (già temi dell’Expo) restano indelebili a Milano non solo per i racemi intrecciati del Castello Sforzesco ma anche per l’apertura al pubblico della così detta “vigna di Leonardo”. Sita in corso Magenta è ora visitabile lì dove le fonti ricordano la presenza di un lotto di terreno con tralci di uva di qualità “malvasia Candia”, donato da Ludovico il Moro a Leonardo come gesto di riconoscenza per le opere da lui eseguite, a pochi isolati nel Cenacolo vinciano. La vigna è citata, per la prima volta, in un atto notarile datato al 1498 e la donazione è confermata da una lettera autografa del Moro, datata al 26 aprile del 1499.

Lo Sforza era certo di far regalo gradito a Leonardo che veniva da una famiglia di vignaioli e il vino rientrava a pieno titolo tra i suoi svariati interessi, come dimostrano alcuni appunti. Dopo diverse traversie e cambi di proprietà, il lotto (un tempo esteso per 8000 mq) risulta nel 1788 all’interno dei possedimenti della famiglia Taverna, allora proprietaria della vicina Casa degli Atellani. In tempi più recenti, e precisamente nel 1919, Ettore Conti comprò la casa iniziandone una profonda ristrutturazione. Fu allora che Luca Beltrami, storico del periodo milanese di Leonardo, si recò in loco e riuscì a fotografare i pergolati ancora vivi di quella che era stata la vigna di Leonardo. Oggi, grazie all’enologo Luca Maroni, dopo 11 anni di studi è stato individuato un vitigno risultato superstite a seguito dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, ed è stato possibile reimpiantare le viti originarie e far rinascere l’antico vigneto con i “sapori” che furono cari al Da Vinci e che allietarono il suo soggiorno lombardo nei giorni trascorsi lontano dall’amata terra natìa. Francesca Di Gioia

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spettacolo “Il codice del volo”, nel sogno di Leonardo l genio e la curiosità. Il guizzo d’artista e la fantasia del sognatore. Bastano pochi tratti per definire la figura del più grande intelletto di sempre, Leonardo da Vinci, e restituirla fedelmente. Ed è un’emozione grande poter fare capolino, per il breve spazio di uno spettacolo teatrale, nella sua testa e spiare nel cassetto delle sue “visioni”. Anzi, entrare e toccare con mano il suo sogno più grande di tutti: portare l’uomo a volare. Un’impresa non semplice, ma eseguita magistralmente da Flavio Albanese, attore espertissimo, nella triplice veste di interprete, autore e regista de “Il codice del volo”, un gioiellino teatrale nato tra le mura del Piccolo teatro di Milano, fucina che da sola rappresenta tutto il teatro italiano, e presentato sul palco del Piccolo teatro impertinente di Foggia. Ne “Il codice del volo”, Albanese racconta in modo divertente e poetico

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la vita e la personalità del genio di Vinci e la genesi della sua più grande invenzione: la macchina per volare, aggeggio infernale quanto ardito. Tutto lo spettacolo è costruito sul filo della curiosità e calibrato sulla rivelazione costante; un crescendo di dati, aneddoti e racconti che portano lo spettatore dentro la testa di Leonardo e poi giù, fino al cuore: ovvero dentro il suo particolarissimo “ragionare sistemico”, figlio di un genio poliedrico, e fin dentro il midollo di una creatività smisurata che lo ha reso il simbolo del nostro Rinascimento. Protagonista assoluta della pièce diventa quindi la curiosità, l’inquieta tensione dell’uomo verso la scoperta,

l’incredibile capacità umana di spingersi oltre i limiti che la natura sem-

bra imporci. Sognando di andare ben oltre le nuvole. “Una macchina con un sogno dentro può volare”, spiega Albanese. “Ma anche il teatro è una macchina con dentro un sogno. To-

gliete il sogno al teatro avrete una macchina che non serve a nulla”. Con pochi strumenti - due ali carnevalesche, un uccellino di carta e una parete scura trapunta di stelle – Albanese affabula e affascina nel segno di Leonardo. Soddisfatto il direttore artistico della Piccola compagnia impertinente, Pierluigi Bevilacqua: “Flavio Albanese oltre ad essere un eccellente attore è probabilmente il migliore insegnante di commedia dell’arte in Italia in questo momento, degno erede della tradizione di Ferruccio Soleri e di una storia teatrale che ci rappresenta in tutto il mondo. Nei suoi lavori c’è una attentissima ricerca storica ed emozionale, coniugata con una leggerezza narrativa che fa di questo spettacolo, come degli altri in cui è in-

Appuntamento con la stagione del Piccolo Teatro “Mele, zucchero e cannella”

Pauli e l’amore per l’ambiente Non solo universitari: il C.u.t. Foggia apre al teatro famiglia na fiaba che insegna l’amore per l’ambiente e il rispetto per il prossimo. È “Pauli - il mostro del piano di sotto”, spettacolo di teatro famiglia targato C.u.t Foggia. Il Centro Universitario Teatrale, infatti, per la prima volta apre alle famiglie: la giovane compagnia teatrale, alla sua seconda stagione con il cartellone “Cultura è Passione”, sarà protagonista del secondo appuntamento della rassegna per famiglie del Piccolo Teatro “Mele, zucchero e cannella”, che vede coinvolti anche la compagnia Palcoscenico e la Crew Slup. I prossimi 23 e 24 gennaio, sul palco di via Delli Carri, andrà in scena lo spettacolo inedito di Marcello Strinati “Pauli - il mostro del piano di sotto”. Sul palco, insieme a Mariangela Conte, che ne cura anche la regia, ci saranno anche Deborah Carlucci, Stefano Corsi, Anna Laura D’Ecclesia e Marcello Strinati. Lo spettacolo sarà arricchito dalle musiche originali di Antonio Cicognara,

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pronto a sottolineare i passaggi più pregni di significato. LO SPETTACOLO. In una città futuristica, l’unica città esistente sulla terra, la vita di tre sorelle è sconvolta dall’arrivo di una creatura mai vista prima: parla una lingua incomprensibile ed è interamente ricoperta da una strana sostanza nera. Scoprono presto che è un ragazzo, sporco e malridotto, proveniente dai livelli bassi della città. Non avendo un nome, lo chiamano Pauli. Spinte dalla compassione, le sorelle accolgono in casa il ragazzo e, tra mille problemi, cercano di educarlo. Col passare del tempo e con lo scambiarsi delle reciproche esperienze, Pauli e le ragazze apprendono il funzionamento dei livelli superiori della città: vivere nel benessere vuol

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dire produrre scarti ed inquinamento, che inevitabilmente si riversano sugli abitanti dei livelli bassi. Pauli e le tre sorelle cercheranno un modo per risolvere i problemi che attanagliano la città. “Pauli - il mostro del piano di sotto” è una favola moderna, fantascientifica, pensata per i ragazzi dai 6 ai 14 anni. L’opera invita a riflettere su aspetti e temi attuali: l’accettazione della diversità, vista come arricchimento sociale e non impoverimento; la famiglia, motore della società; la tutela dell’ambiente e l’amore verso il cambiamento. “Questo spettacolo non è la classica fiaba che tutti conoscono – afferma Marcello Strinati, autore dell’opera – ma è una favola fantascientifica che tratta principalmente due temi: la diversità e la cura verso l’ambiente. Quando mi è stato proposto di scrivere un testo teatrale per famiglie, mi è subito venuto in mente

Pauli, con la sua coperta logora, con la sua gioia nello scoprire tutto ciò che è nuovo, con la sua ingenua ma profonda integrità morale. Avrei potuto tranquillamente adattare qualche favola o storia famosa continua Strinati - poiché il rischio di rappresentare un’opera inedita, con un soggetto inedito, è molto alto (il pubblico cerca quasi sempre il titolo noto, la fiaba ascoltata e vista più volte), ma l’idea di rappresentare il bene e il male, il sotto e il sopra, grazie a questa differente formula, ha prevalso. Pauli è quindi una scommessa”. Lo spettacolo andrà in scena sul palco del Piccolo Teatro di via Delli Carri, i prossimi 23 e 24 gennaio (ingresso alle 17 e sipario alle 17.30).

terprete, un momento che il pubblico di tutte le età può fare proprio, nei contenuti e nelle modalità espressive. Ed è’ un personale onore, essendo stato in passato anche il mio maestro, avere Flavio Albanese al Piccolo teatro impertinente; la sua presenza ha aggiunto al nostro “storico” una firma di alto livello e ne siamo orgogliosi”.

Mensile di attualità e informazione. Registrazione presso il Tribunale di Foggia n° 2/2002 del 26/09/2002

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Redazione Foggia Via Tressanti, I trav. (Vill. Artig.) Tel. 0881.72.81.15 - Fax 0881.72.81.13 E-mail marketing@6donna.com redazione@6donna.com Sito internet www.6donna.com Social facebook: 6Donna twitter: @6DonnaMagazine Impaginazione e stampa Publicentro Graphic La collaborazione è volontaria e gratuita. I testi e le foto da voi inviate non verranno restituite. Questo numero è stato stampato in 43mila copie e distribuito gratuitamente a domicilio nella città di Foggia


lifestyle La metamorfosi dell’uomo, animale “social” Dal palco del Giordano, attore Alessandro Preziosi “striglia” i cellulomani foggiani

i illudiamo che siano ignorati; in realtà, nella quasi totalità dei casi, vengono a mala pena tollerati. Per quieto vivere. Accade però che l’uso/abuso del cellulare nei luoghi pubblici possa far letteralmente saltare i nervi. E non si tratta di scarsa pazienza, ma di carenza di buon senso, educazione e “misura” del cellulomane di turno. In casi come questi, una bella strigliata non può che fare bene. Proprio come è accaduto recentemente a Foggia, dove dal palco del Teatro Giordano, una parte del pubblico (pagante) è stato elegantemente rimproverato dall’attore Alessandro Preziosi, nelle vesti del “Don Giovanni” di Moliére. L’attore, al termine dello spettacolo (e certamente al culmine della pazienza) ha sollevato una critica all’uso smodato degli smartphone in sala da parte degli spettatori. Durante la messa in scena, infatti, gli attori erano stati a lungo infastiditi da vere e proprie scariche di flash e dalle luci degli schermi piatti, sempre più grandi e con sempre più “pollici”, che si accendevano e spegnevano in continuazione. E poi, quella sensazione di non avere un pubblico attento alla pièce, ma solo intento a scattare foto e video, non

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Life Style, quando il concetto del multitasking sfugge di mano Educazione e (buon senso) dovrebbero regolare il traffico-dati figlio o nipote, si sono dovuti districare nella “foresta” di aggeggi atti ad immortalare l’evento, senza che poi nessuno dei presenti abbia potuto/saputo seguire realmente lo spet-

deve essere il massimo. Sì, perché ormai non c’è momento della nostra giornata che non meriti di essere immortalata e mostrata ad una platea di “amici” più o meno vera e più o meno interessata a tutto ciò che ci succede minutamente. Come se a valere davvero sia il parallelo della nostra vita social, rispetto a quella reale, concreta. E succede sempre più frequentemente: quanti di noi, andando alla recita natalizia del proprio

tacolo? E in casi come questo vige la regola: più tecnologicamente avanzato è il mio strumento, più posso essere arrogante. E guastare l’esperienza agli altri. Ancora più spesso, più succedere, magari al ristorante, di avere una interessante conversazione con il proprio commensale che, zitto annuisce. Ma solo perché nel frattempo sta con-

trollando le previsioni del tempo per il giorno dopo, rispondendo a tre sms, cliccando quattro like e commentando altri post, illudendosi in cuor suo di riuscire a trascorrere una bella serata, solo perché sta scattando selfie di ogni piatto sorridendo, facendo buffe smorfie e abbracciando tutti i presenti, con cui non è riuscito a scambiare null’altro che un saluto. Tutto ciò è diventato normalità per la maggior parte delle persone, forse è anche un modo per ostentare un certo stile di vita; ma il rischio di esagerare e di scadere nella maleducazione è grande ed è da un lato quello di essere sempre in un ”altrove” indefinito mentalmente, di non-vivere concretamente ciò che ci passa attraverso (e difficilmente tornerà); d’altro canto, c’è il rischio di risultare anche molesti nei confronti di chi ci è affianco, il quale subisce tutta una serie di gesti che disturbano. Si va dalla suoneria del cellulare puntualmente non disattivata prima di entrare ad esempio in

chiesa (alcuni parroci si sono attrezzati con cartelli del tipo “Il Signore chiama in tanti modi, ma di certo non al cellulare. Spegnilo!”), al trillino del messaggio con tanto di segnalazione luminosa, che irrompe nel buio della sala cinematografica; oppure nella sala d’attesa di uno studio medico, dove c’è sempre la signora che trascorre tutto il tempo tediando gli altri sventurati in fila, raccontando minuziosamente al suo interlocutore telefonico un aneddoto relativo alla nascita di suo figlio o su come è riuscita a risolvere i suoi problemi gastrointestinali. Perché non possiamo dedicarci a fare una cosa alla volta? Sarebbe bello stare (essere) di nuovo con gli altri. Come? Staccando i telefoni e parlando, dedicando loro tempo ed attenzione. Oppure ascoltare della buona musica, apprezzarla pienamente con tutti i sensi e le emozioni, per il solo gusto di vivere un momento piacevole per noi stessi, così come assistere ad uno spettacolo teatrale ed immergersi nella storia raccontata dagli attori, che a loro volta riceveranno un “ritorno” di emozioni dal pubblico. E’ diventato troppo difficile, semplicemente, vivere? Erika Frisaldi

A Foggia la personale di Marco Lodola

La luce si fa arte Fino al 13 febbraio, l’artista amato da Renzo Arbore uando la luce diventa arte. E, seppure immateriale, si fa materia duttile e malleabile. Dietro sagome e contorni netti, giochi di luce colorata danno forma e sostanza ad opere che mescolano insieme il Nuovo Futurismo alla Pop Art, per un mix unico e per questo riconoscibilissimo. Sarà una vera e propria pioggia di luce, quella che da 23 gennaio al 13 febbraio, investirà la Contemporanea galleria d’arte di viale Michelangelo, a Foggia, i cui locali

Q

ospiteranno la mostra personale di Marco Lodola, l’artista della luce che ha conquistato, tra gli altri, anche il foggiano Renzo Arbore. Il vernissage è in programma alle 18.30. L’ingresso è libero e all’evento sarà presente lo stesso Lodola, fresco di importanti traguardi e reduce da un anno intensissimo. Tra le esperienze da ricordare, quella artistica con il “signore del clarinetto”, folgorato dalla sua arte di luce e divenuto tra i suoi più grandi estimatori.

«Mi chiamo Renzo Arbore e sono abbastanza noto nel nostro paese per aver “effettuato” varie malefatte nel mondo della musica, della radio, della televisione e perfino del cinema. Ora, questo Lodola, vorrebbe che facessi danni anche occupandomi di arti figurative e, in particolare, di “scultura”. Dopo aver visto le opere di questo Lodola me ne sono innamorato e ora sono diventato il suo massimo interprete e portavoce. Ho capito la grandezza di Lodola e del suo “lodolismo” partendo da un concetto basilare e fondamentale nella pittura, nella scultura e nelle arti figurative in genere: “Anche l’occhio vuole la sua parte”. Lo so, può sembrare banale, ma appunto perciò valorizza la complessità, la raffinatezza, l’etica, l’estetica e perfino l’aritmetica delle sculture del Grande Pavese. Lodola con le sue sculture meravigliose “cala il secchio dei ricordi con la fune della cultura nel pozzo della fantasia”. Qualche volta si sporge di più. Qualche volta di meno ma nel pozzo non ci cade mai. Ma come fa a non prosciugarlo lui che vi attinge così tanto copiosamente? È il vero mistero di Lodola e del Lodolismo. Diavolo d’un uomo, dove la trovi tutta quella fantasia?»

Renzo Arbore

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