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focus Ghetti off

Il gioco del cerino

Foto: Fabio Lovino

polis Provincia di Foggia Le donne stanno a guardare

Giovanni Allevi “Il concerto? Un incontro di anime�


editoriale di Maria Grazia Frisaldi Non abbiamo mai avuto paura di sembrare ripetitive. Non abbiamo mai avuto paura di sembrare monotone. Al contrario, abbiamo sempre creduto che, in materia di contrasto alla violenza sulle donne, le parole non fossero mai abbastanza. E che ogni iniziativa di informazione/sensibilizzazione sull’argomento fosse un necessario sasso lanciato in uno stagno, pronto a smuovere l’acqua cheta. A darci in qualche modo ragione (nostro malgrado) sono arrivati i dati - davvero preoccupanti - dell’anno giudiziario appena concluso in Puglia. Il report fotografa una situazione emergenziale. A balzare subito ai nostri occhi è il dato relativo ai femminicidi, che nel 2016 sono aumentati del 46%. Un dato che arriva forte come un diretto, dalla relazione letta dal presidente della Corte di Appello di Bari facente funzioni, Egiziano Di Leo, durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. Dall’analisi dei reati su cui indagano le Procure di Bari, Trani e Foggia, infatti, emerge che in un anno sono stati aperti 19 nuovi procedimenti per omicidio volontario consumato in danno di donne e 21 (il 50% in più) per tentato omicidio volontario, ma sono diminuiti i casi di stalking (886, ovvero - 5 %). Per noi, non si tratta (solo) di numeri, ma di storie di donne e di uomini, e di un percorso - ancora tutto in salita - da tracciare nel solco dell’educazione di genere. Per noi, non si tratta solo di statistiche, ma di nuovi punti di partenza per rinnovare il nostro piccolo-grande contributo alla causa. Tra gli argomenti che emergono, con forza, dalle pagine della medesima relazione, poi, vi è anche il tema del Focus di 6Donna di Febbraio: l’emergenza ghetti in Capitanata, una vergogna ed un continuo calpestare diritti che è sotto gli occhi di tutti. “I ghetti clandestini del Foggiano, ma anche i centri di accoglienza per Richiedenti Asilo costituiscono un attentato ai principi fondamentali che presidiano le regole della convivenza umana”, ha spiegato il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bari, Annamaria Tosto. In questo numero abbiamo provato a tracciare le coordinate del fenomeno, per una riflessione che sia realmente ampia e condivisa. Buon lettura!

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Mensile di attualità e informazione. Registrazione presso il Tribunale di Foggia n° 2/2002 del 26/09/2002

Editore Publicentro Servizi Pubblicitari s.r.l. Direttore Responsabile Maria Grazia Frisaldi Direzione commerciale Angela Dalicco

Redazione Foggia Via Tressanti, I trav. (Vill. Artig.) Tel. 0881.72.81.15 - Fax 0881.72.81.13

sommario Personaggio 4 Giovanni Allevi, “Il concerto? Un incontro di anime”

Premio 6Donna 5 Alla ricerca di belle storie

In redazione Mariangela Mariani Dalila Campanile

E-mail marketing@6donna.com redazione@6donna.com

Hanno collaborato Michela Serafino Ilaria Di Lascia

Sito internet www.6donna.com

Focus 6 Ghetti off, il gioco del cerino

Rubriche dott.ssa dott.ssa dott.ssa dott.ssa dott.ssa dott.ssa avv. arch.

Monica Mancini Floredana Arnò Vanessa A. Magistro Debora Penna Nella Santoro Graziana Muti Valentina Dinisi Simona Campanella

La Capitanata “naviga” a vele spiegate

Salute 14 Infezioni urinarie: curarsi con la natura Al femminile 16 CAV, 300 bambini strappati all’Ivg 17 Rubriche

Gli invisibili sotto gli occhi di tutti

Social facebook: 6Donna twitter: @6DonnaMagazine

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L’itinerario dell’inferno in Capitanata “Bambini privati dei diritti essenziali”

Ambienti 22 Una cucina a misura di casa

Impaginazione e stampa Publicentro Graphic

Polis 8 Provincia, le donne stanno a guardare

Turismo 23 Il crowdfunding per liberare

La collaborazione è volontaria e gratuita. I testi e le foto da voi inviate non verranno restituite. Questo numero è stato stampato in 43mila copie e distribuito gratuitamente a domicilio nella città di Foggia

febbraio - duemiladiciassette

Cucina 13 L’affinità di coppia passa per la gola

10 Speciale Lui&Lei

‘La Partenza’ dall’incuria Slow tourism, nuovo modo di viaggiare


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personaggio

La sua ‘rivoluzione’: farci riscoprire la poesia tra le pieghe dell’esistenza

on appena annunciata, la tappa foggiana del tour europeo di Giovanni Allevi ha registrato il tutto esaurito: il prossimo 20 febbraio, il Teatro Umberto Giordano ospiterà l’unica data annunciata nel Meridione d’Italia dal compositore, direttore d’orchestra e pianista di fama mondiale del suo “Celebration Piano Tour” con pianoforte solo, che finora ha toccato Spoleto e Genova. A portarlo in città, per un concerto di beneficenza a sostegno di progetti in favore dell’infanzia, è il Club per l’Unesco di Foggia, presieduto da Floredana Arnò, coadiuvata nell’impresa da Lucy Petrucci, musicista e organizzatrice di eventi, socia dello stesso Club per l’Unesco. Il teorico della Musica Classica Contemporanea, dunque, sarà a Foggia con “Piano Solo” (ingresso 20.30, sipario 21.00) per celebrare i suoi primi 25 anni di carriera live con oltre un milione di dischi venduti solo in Italia. Venticinque anni vissuti nella musica, per la musica compiendo una vera e propria rivoluzione copernicana (l’affermazione dell’emozione sul rigore accademico, ad esempio) tratteggiando i canoni di una nuova scrittura musicale attraverso un linguaggio colto ed emozionale, così come la commistione - con esiti inaspettati - di melodie perfette con i suoni del quotidiano. Insomma, tutto quello che, in questi anni, ha conquistato le platee di tutto il mondo, annichilendo il mondo accademico, sopraffatto da idee tanto rivoluzionarie e per certi versi sovversive. In attesa di esibirsi sul palcoscenico, Allevi apre uno spiraglio sul suo mondo creativo. Maestro Allevi, in passato si è detto particolarmente legato al Foggiano e definì il Gargano (ai tempi del Festival ‘Peschijazz’) un “luogo dell’anima”. Con quali sentimenti e aspettative si esibirà a Foggia? Dopo una gavetta infinita durata anni, in cui suonavo la mia musica al pianoforte in giro per il mondo, riuscii a mettere in piedi una prima parvenza di tour di sole cinque date: Hong Kong, New York, Shanghai, Peschici e Cerisano. In quel famoso Peschijazz il pubblico italiano si accorgeva della mia musica. Da allora sono stato invitato più volte, a Peschici, a Foggia, ed ogni concerto è stato un misterioso incontro di anime, sullo sfondo di un paesaggio unico al mondo. Ora, dopo tanti anni, tante battaglie, momenti di esaltazione, di sconfitta e di momentanee rivincite, torno tra voi, nella speranza di aver lasciato un segno, lo stesso che avete lasciato indelebile nel mio cuore. Con le sue idee ed il suo carisma ha tratteggiato i canoni di una nuova musica classica contemporanea. Cosa che, a parole, sembra quasi una contraddizione in termini… E’ stato Nietzsche ad illuminarmi e ad ispirare la mia definizione di Musica Classica Contemporanea. Nella sua opera “La nascita della tragedia” evidenzia come la vera arte contenga sempre una forma classica/apollinea e un contenuto dionisiaco/contemporaneo. La classicità è data dalla forma, e come tale è eterna, fuori dal tempo, mentre il contenuto è legato al presente, cioè alla temporalità. In questi termini, tra forma classica e contenuto contemporaneo non può esserci alcun ossimoro o contraddizione. Per questo io oggi posso comporre un concerto per violino e orchestra, utilizzando una forma fuori dal tempo, così come hanno fatto i compositori nell’arco di secoli di storia, ed inglobare all’interno di essa ritmi, melodie ed armonie che sono prese dal mondo attorno a noi in

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Il Club per l’Unesco porta in città il pianista e compositore di fama mondiale Al Teatro Giordano l’unica data nel Meridione del “Celebration Piano Tour”

questo momento. Ecco la musica classica contemporanea! Ma affrontarla significa compiere un gesto di grande coraggio, perché implica il confronto con le stesse forme dei grandi del passato, mentre oggi tutti inseguono il successo, che non si ottiene certo componendo un concerto per violino e orchestra o una sinfonia; sono forme troppo complesse per l’ascolto frettoloso ed immediato dei nostri tempi. Solo i folli possono avventurarsi in un simile sentiero. Ma cos’è per lei il talento? I talent televisivi ci stanno educando ad una idea sbagliata del talento; Mozart o Einstein sono diventati tali non perché qualcuno ha detto loro “per me è un sì”. Il vero talento è una ricerca solitaria, che non ha nulla a che fare con la competizione, ma piuttosto con la conoscenza di sé ed il superamento dei propri limiti. Il vero talento non è immediatamente riconoscibile. Per questo adoro la descrizione che ne dà Platone nel mito del dymon: ognuno di noi ha un talento, che rappresenta ciò che siamo destinati ad essere, la nostra completa realizzazione. E’ dentro di noi, ma quando nasciamo lo dimentichiamo. Da quel momento abbiamo tutta la vita per riconoscerlo e per seguirlo. Questo breve esempio mi fa pensare che il “tecnologico” mondo contemporaneo è tutt’altro che avanzato. E’ chiuso dentro stereotipi banali, e alla gente, giustamente, manca l’aria. Si è sempre mostrato un ‘puro’, e non ha mai avuto paura di mostrare le sue fragilità e le sue debolezze. Con questa predisposizione d’animo ha dovuto affrontare, negli anni, critiche feroci da parte della cosiddetta musica d’accademia. Queste esperienze l’hanno in qualche modo cambiata? Si, è stato davvero difficile, anche perché

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nessun esponente del mondo accademico (di cui io sono una creatura) ha mai accettato di confrontarsi con me su questioni che sono molto più complesse di quanto si immagini: cosa significa giudicare un’opera d’arte, cosa è davvero la musica classica, che senso ha una critica feroce, qual è il vero movente che la solleva. E’ davvero un peccato, perché a partire dal caso Allevi, tutti i giovani compositori che hanno il fucile puntato contro di me, allo stesso tempo si sentono giudicati, col risultato che nessuno scrive più una nota, e se ne guarda bene dal farla ascoltare. Quando scoppiò la polemica su di me, per un attimo ho pensato che si fosse creata una frattura generazionale, tra difensori del passato e giovani progressisti. Purtroppo mi sbagliavo. Mi sono ritrovato solo contro tutti, oggetto di un vero ostracismo mediatico e culturale. Essere veri ribelli, può avere un prezzo altissimo. Ma sono contento lo stesso: che vita, che furore! Ogni sua composizione trae origine da “frammenti del quotidiano” messi in musica: amore, libertà, vita. Come definirebbe il suo processo creativo? Quando passavo le mie ore, a volte in solitudine, tra le aule del conservatorio di Milano e la biblioteca, spesso mi fermavo a riflettere sul senso della sperimentazione estrema che stavamo inseguendo. Grappoli di note, schemi matematici, sequenze di Fibonacci, tutto per incasellare la musica dentro una direzione il più possibile razionale e controllata. Ma dov’era la carezza della madre al proprio bimbo appena addormentato? O il profumo del caffè, lo spartiacque tra la notte e il giorno? Dov’erano il traf-

“Il ribelle è l’anomalia di un sistema, il primo a percepire l’esigenza di una nuova strada”

foto Alberto Bevilacqua

“Il concerto? E’ un misterioso incontro di anime” N

fico, la fila alla posta, uno sguardo improvvisamente incontrato e subito distolto? Se la musica non avesse raccontato tutto ciò, per quanto perfetta, avrebbe mancato il suo obiettivo, cioè quello di farci riscoprire la poesia che è nascosta tra le pieghe dell’esistenza quotidiana. Dal rigore della musica alla libertà delle emozioni. In questi 25 anni di musica crede che la sua ‘rivoluzione’ sia ormai compiuta? Quale altro obiettivo si propone? Il grande mistico Osho è molto chiaro in proposito. Il ribelle è l’anomalia di un sistema, il primo a percepirne la fine, la sua inattualità, e l’esigenza di intraprendere una nuova strada. Se il ribelle incontra il favore e l’appoggio di molti altri che credono nel cambiamento, allora innesca una rivoluzione, che porterà il sistema a trasformarsi in qualcosa di nuovo. Come ho già detto, sono il reietto, e non ho avuto l’appoggio e la solidarietà dei giovani, che sperano ancora di ottenere piccoli vantaggi da un sistema per me inattuale. Ci vorrà del tempo prima che la società riconosca il valore della musica colta e soprattutto il ruolo ed il significato di essere compositori. Ci vorrà ancora più tempo affinché giovani creativi lascino stare comunicati stampa, foto ed interviste, per aprire una partitura d’orchestra vuota e riempirla di note di fuoco, per scrivere nuove sinfonie, nuovi melodrammi, nuovi concerti, colmando un buco che è lì da più di un secolo. Sinceramente non so cosa sarà di me; dico ai miei, scherzando, che forse finirò in un ospedale psichiatrico. Nel caso, venitemi a trovare e portatemi dei cioccolatini! L’evento è organizzato dal Club per l’Unesco di Foggia con il contributo del Gruppo Salatto e il patrocinio del Comune di Foggia, in partnership con il Free Magazine 6Donna che ha curato segreteria organizzativa e ufficio stampa e Fabbrini che ha offerto il suo supporto tecnico. Maria Grazia Frisaldi


Il free-magazine di genere foggiano continua a far brillare il suo sogno

Premio 6Donna, alla ricerca di storie L’obiettivo: dire “grazie” alle donne che lavorano per la comunità Gli occhi sono ancora pieni dei sorrisi, il cuore gonfio di storie eccezionali, quelle delle donne che ci sono state presentate in questi primi due anni del ‘Premio 6Donna’, l’iniziativa promossa dall’omonimo free-magazine e sostenuta dalla Publicentro, che intende premiare l’impegno al femminile. Il mensile di genere foggiano continua, dunque, a far brillare il suo sogno, ma nulla può fare senza le tante donne che rendono più bella, più umana e più viva la città, lavorando sodo per la collettività. La redazione è al lavoro per la terza edizione dell’iniziativa, immaginando nuovi scenari e nuove ‘menzioni speciali’ per le nostre ‘eroine’ di tutti giorni. Siamo alla ricerca di perfette sconosciute, che non ricoprano o abbiano ricoperto in passato alcun ruolo o incarico di prestigio, foggiane o donne che vivano la città e si adoperino per migliorarla, o che si dedichino al prossimo. Cerchiamo, ancora, donne che abbiano portato alto il nome di Foggia fuori dai confini regionali e nazionali, affermandosi ognuna nel proprio campo professionale. Per candidare quella che ritenete sia una donna straordinaria, la cui storia merita di essere raccontata, è sufficiente inviare un’e-mail all’indirizzo di posta elettronica redazione@6donna.com o telefonare allo 0881.723246, in-

dicando nell’oggetto la dicitura ‘Candidata Premio 6Donna 2017’. Chiunque - un collega, il capo, un amico, un utente - può inviare la proposta, con tutti i riferimenti utili per rintracciare l’aspirante vincitrice, indicando la motivazione a sostegno della sua candidatura. Sarà poi cura della redazione vagliare ogni proposta e verificarne la veridicità ‘intervistando’ chi è a stretto contatto con la candidata ed effettuando eventuali sopralluoghi. Come ormai tradizione, il premio sarà assegnato, a Foggia, nella settimana dell’8 marzo, nella Giornata Internazionale della Donna, nell’ambito di una serata di riflessione, interventi e performance al femminile. IL PREMIO. Il mensile 6Donna, unico free magazine al femminile in Puglia dedicato alla famiglia, distribuito a Foggia in 43mila copie, ha istituito il premio nel 2015 per conferire un riconoscimento alle donne ordinariamente straordinarie che, silenziosamente, contribuiscono alla crescita della città. Potrebbe essere la dipendente di un’azienda pubblica o privata che lavora con dedizione, passione e abnegazione, oppure un medico, un’infermiera che si prende cura amorevolmente dei suoi pazienti, o ancora una volontaria impegnata nel sociale. L’idea nasce dal desiderio di conferire un riconoscimento, dire “grazie” alle donne che altrimenti resterebbero nell’anonimato.

l’iniziativa La Capitanata “naviga” a vele spiegate

Al via Black CocOnuT, un programma sportivo e di marketing sviluppato dall’Asd All Blacks

Da marzo ad ottobre, un equipaggio tutto foggiano sarà imbarcato su un M37 parteciperà a competizioni di altissimo livello tecnico promuovendo il territorio l territorio di Capitanata si pro- Trieste, e la successiva Barcolana, muove nella grande vetrina del- per chiudere con la Pizzomunno l’Adriatico, trasformando Cup, davanti alle coste del Gargano, l’impegno di un affiatato gruppo in ottobre. sportivo in un vero e proprio fenoL’iniziativa è stata presentata ufmeno mediatico e strumento di ficialmente nella Sala Giunta del marketing territoriale. I simboli di Comune di Foggia dove, insieme al Foggia, infatti, veleggeranno con or- sindaco Franco Landella e al presigoglio in mare, grazie ad un pro- dente della Sezione foggiana della getto coraggioso e ambizioso: è il Lega Navale Italiana Antonio Tulino, Black CocOnuT, un programma ha partecipato gran parte del team sportivo e di marketing sviluppato All Blacks e tutti i partner dell’inidall’associazione sportiva dilettan- ziativa. tistica All Blacks. A partire da marzo e fino all’autunno successivo, un equipaggio tutto foggiano imbarcato su un M37 (per intenderci, uno dei modelli più competitivi del panorama velistico internazionale) battezzato ‘Black Coconut’, parteciperà ad una decina di competizioni di altissimo livello tecnico, tra le quali il mondiale ORC di Vela d’al- La conferenza stampa tura, in calendario a luglio a

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L’equipaggio ha una buona esperienza, maturata negli anni passati in altri importanti appuntamenti agonistici, e avrà la possibilità di ottenere risultati di grande rilevanza, portando il “marchio” della Puglia, della Capitanata e di Foggia in particolare, sui campi di regata più prestigiosi e frequentati. “Siamo orgogliosi di una imbarcazione e di un equipaggio che portano con fierezza i ‘marchi’ della propria terra – ha dichiarato il sindaco Landella – e per questo abbiamo subito patrocinato l’iniziativa che speriamo porti i migliori risultati possibili”. Dal canto suo, il presidente Tulino ha subito portato una buona notizia sul versante del supporto economico all’iniziativa:

L’equipaggio

“Ricorre, quest’anno, il 120° anniversario della Lega Navale Italiana per cui ho fatto presente alla dirigenza nazionale il progetto foggiano e loro hanno risposto con grande entusiasmo: “Black Coconut” avrà il sostegno della LNI e sarà in buona compagnia, perché la Lega Navale lo ha concesso solo ad un’altra imbarcazione, cioè Moro Ter che quest’anno parteciperà alla sfida di Coppa America”. Gli ‘All Blacks’ si sono dotati di uno staff “a terra” che si occuperà di seguire ed accompagnare l’impegno agonistico con un adeguato

piano di comunicazione multicanale che vede, tra le altre, inserite anche le testate giornalistiche specializzate negli sport di mare. Alle altre già espresse, si aggiunge una mission ambientale che sarà a breve sviluppata ed ufficializzata in collaborazione con il FAI-Fondo Ambiente Italiano. A breve, sarà reso noto il calendario degli appuntamenti cui l’imbarcazione prenderà parte e, soprattutto, partirà il racconto online, un vero e proprio ‘Diario di bordo’ virtuale, attraverso il quale l’equipaggio racconterà il percorso di Black Coconut verso e durante le competizioni più rilevanti. Angela Dalicco

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focus una questione di Stato. Il Viminale non può più chiudere un occhio, anzi due. I ghetti urlano vendetta. Il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano vuole mettere il Governo spalle al muro e inchiodarlo alle sue responsabilità. Chi vive a stretto contatto con la realtà della baraccopoli ha il vago sentore che questa possa essere la volta buona. Ma il quinto incendio delle case di cartone dei migranti non merita una parola, né ufficiale né social del Sindaco di Puglia, Michele Emiliano. Manco un tweet. Come se si potesse ripiombare nello sfinimento da un momento all’altro. Nessuno è sindaco di quel fazzoletto di terra ridotto a una Chernobyl a cavallo tra tre comuni che sposterebbero i confini pur di scaricare la patata bollente. Ha imparato a chiamarlo Gran Ghetto, per non urtare il sindaco di Rignano. Il timore è che possa scivolare pericolosamente giù nell’agenda fino alla prossima emergenza.

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Rischia di archiviarlo come un fallimento sulla scia del progetto Capo freeGhetto Off . Il suo predecessore, quello dei corridoi umanitari e dunque animato dai più nobili propositi, aveva congegnato un piano di azione sperimentale per un’accoglienza dignitosa e il lavoro

Ghetti off, il gioco del cerino regolare dei migranti in agricoltura. Il Ghetto doveva sparire, dovevano chiuderlo già nel 2014: “La Puglia deve ribellarsi fino in fondo a qualunque residuo di schiavismo e di Medioevo”, disse all’epoca Nichi Vendola. Avrà lasciato una Puglia migliore ma pure i ghetti. Intanto, però, il seme l’ha gettato, con tutti i presupposti, solo che sull’off è tornato l’interruttore. Emiliano ha ereditato anche le rimostranze di chi il campo dietro casa non ce lo voleva prima e non lo vuole oggi. Ad agosto del 2016, in quel di Foggia, terzo piano della Prefettura, aveva annunciato che la Regione avrebbe allestito tre campi di accoglienza: a Lucera, Apricena e San Severo, con l’obiettivo di smantellare gradualmente il Gran Ghetto, con tanto di mezzo del trasporto pubblico regionale per accompagnare i braccianti a lavoro. Non se n’è fatto più niente. La Regione ha ospitato in emergenza un’ottantina di migranti presso la sola azienda agricola regionale Fortore. Il 25 gennaio, in sede di Conferenza delle regioni e delle province autonome, ha chiesto al ministro dell’Interno Marco Minniti che il Governo si accollasse le

sue responsabilità. “Gli ho chiesto sostegno per porre fine alla presenza di organizzazioni criminali, probabilmente di natura mafiosa, che creano il racket del lavoro in agricoltura in Puglia: sono vent’anni che questa situazione viene

Cumuli di rifiuti al Ghetto dei Bulgari

sopportata dal Ministero degli Interni. Io – riferendosi alla questione dei ghetti sono stato il primo presidente della Regione Puglia a denunciare l’esistenza di questi luoghi e ho preteso che vengano riportati sotto la legislazione italiana. Ho chiesto che si cominci un tavolo di lavoro permanente tra Regioni e Governo per la gestione dei fenomeni migratori”. All’indomani della morte di un giovane nel ghetto dei bulgari, a dicembre, aveva già avvisato il Governo: “La Regione Puglia,

pur avendo una competenza residuale, si sta assumendo notevoli responsabilità ma non ha intenzione di continuare a lavorare tra mille ostacoli e promesse ministeriali non mantenute. Quella che si vive nella provincia di Foggia è una emergenza umanitaria e di ordine pubblico che il Governo non può ignorare. I protocolli d’intesa per superare i ghetti non sono sufficienti se poi non vengono messe a disposizione le risorse necessarie per portare avanti gli obiettivi. C’è bisogno di attivare una rete di ospitalità in immobili pubblici e privati non utilizzati. La Regione Puglia continuerà nel suo piano di riattivazione e ristrutturazione degli immobili di sua proprietà non utilizzati, ma non può da sola far fronte ad una situazione che necessita dell’intervento di tutti”. Il sindaco di Foggia, Franco Landella, chiede alla Regione di individuare terreni e fondi comunitari per creare un campo di caravan e roulotte dotati di energia elettrica e acqua corrente sul modello francese: i nomadi vengono ospitati purché mandino i bambini a scuola, paghino le utenze e non rifiutino i lavori proposti dai servizi sociali. La

Al via un progetto sperimentale per la scolarizzazione dei piccoli migranti

Gli invisibili sotto gli occhi di tutti Arrivano dai paesi dell’Est, con le loro famiglie, per lavorare alla raccolta dei frutti che la terra di Capitanata offre anche durante i lunghi mesi freddi. Sono uomini e donne europee, una realtà per lo più sconosciuta di lavoratori stanziali. Si tratta degli abitanti del cosiddetto ‘Ghetto dei Bulgari’, una manciata di baracche sparse tra cumuli di rifiuti in decomposizione e latrine a cielo aperto, situato a Borgo Tressanti, a pochi chilometri da Foggia. Sono quasi duecento le persone che, stando all’ultimo censimento, hanno trascorso il rigido inverno in quelle baracche improvvisate, costruite con materiali improbabili, tossici, altamente infiammabili. Uno scenario già così desolante, difficile da accettare nel contesto di un paese civilizzato, diventa drammatico se pensiamo che a dover vivere in condizioni ai limiti della sopravvivenza sono anche donne con i loro bambini. Bambini che giocano tra cumuli di rifiuti, persone che vivono senza luce, né gas e, fino a pochi mesi fa, senza acqua potabile. Senza assistenza sanitaria, perché, paradossalmente,

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I volontari: “La via dell’integrazione è l’unica da perseguire” non essendo extracomunitari non hanno diritto a convenzioni mediche. Senza le fondamentali norme igieniche, perché nessuno dei due comuni limitrofi assicura loro un servizio di rimozione dei rifiuti. In una parola senza dignità, se non quella misera parvenza assicurata loro dal motivo per cui sono qui: un lavoro da una manciata di euro l’ora che in Bulgaria non riuscirebbero altrimenti ad ottenere, perché vittime delle discriminazioni e dei pregiudizi di cui sono oggetto i Rom in patria, come ci spiega il dottor Antonino Scopelliti, medico ginecologo. Insieme alla pediatra Laura Cusmai, si occupa da anni di provvedere alle esigenze mediche di queste persone, di arginare emergenze sanitarie e fare informazione per prevenire gravidanze indesiderate. I volontari dell’associazione Solidaunia, in sinergia con l’Anolf Cisl di Foggia e, dallo scorso dicembre, la Caritas di Manfredonia lavorano per portare, o non far scemare, l’atten-

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zione delle istituzioni sulla realtà del ghetto e per intervenire concretamente, soprattutto sotto l’aspetto socio sanitario e pratico. “Al momento ci sono in tutto 37 bambini, ci stiamo occupando con la Caritas del loro inserimento scolastico, coinvolg e n d o anche i genitori”, aggiunge Diego De Mita dell’Anolf. E’ stato appena avviato, infatti, un p ro g e t t o Visite pediatriche nel campo sperimentale di pre-scolarizzazione rivolto ai bambini dai 3 ai 5 anni, che verrà poi esteso anche ai ragazzini in età scolastica. “Li abbiamo accompagnati

presso la Casa della Carità di Manfredonia per prepararli e da questo mese inizieranno le attività presso il centro diurno di Borgo Mezzanone. I piccoli erano già lavati e ordinati, segno che le mamme sono entusiaste di portarli a scuola e loro erano felicissimi e curiosi. Ci muoviamo con molta cautela per non destabilizzare la comunità italiana del Borgo” ci racconta con discrezione Aneliya Genova, mediatrice culturale. Dopo l’incendio che lo scorso dicembre aveva causato la morte di un giovanissimo bracciante,

dritta arriva direttamente dall’ambasciatore bulgaro Marin Raykov ricevuto a Palazzo di Città nel giorno in cui è stata firmata l’ordinanza di sgombero del sito Masseria Fonte del Pesce, il Ghetto dei bulgari, anche a seguito della nota dell’Arpa Puglia del 31 gennaio che ha verificato la presenza di lastre di eternit in frantumi. La proposta è stata rimessa direttamente nelle mani del dirigente delle Politiche per le migrazioni della Regione Puglia, Stefano Fumarulo. I bambini andranno a scuola, le associazioni hanno rimediato delle sistemazioni di fortuna. Il Comune si appella alla Regione, la Regione chiede la collaborazione dei Comuni, richiama il Governo alle sue responsabilità, si rivolge al Consiglio d’Europa e alla Commissione Europea, ma rischia di restare con il cerino in mano. In bilico, col dito sull’interruttore e i listelli che tornano a sovrapporsi per alzare altre baracche, coi giorni che scorrono fino alla prossima campagna del pomodoro, quando si va a tremila. E in fondo ha ragione il Governatore, sono distanti dal centro abitato quanto basta per poter fare finta che non esistano. Mariangela Mariani si era parlato di sgombero da parte di Regione e Comune di Foggia e in effetti la Prefettura ha preso in mano la situazione. In concerto con le associazioni si sta occupando di trovare delle sistemazioni in loco, perché, come ribadiscono i volontari, queste persone hanno bisogno di lavorare e non possono spostarsi da queste campagne, né tantomeno vedersi allontanare i propri bambini. “Ma è come svuotare l’oceano con una conchiglia” ammette Scopellitti. Da marzo in poi, ogni anno, il numero di abitanti cresce a dismisura raggiungendo anche le mille unità nei mesi estivi e quando il lavoro nei campi richiede più manodopera. “E’ un processo lungo e difficile cui si può far fronte soltanto con la sinergia tra associazioni e la presenza costante delle istituzioni, sono necessari piccoli progetti ma che diano risultati costanti”, afferma Michele Gramazio di Solidaunia. I volontari sono concordi nel sottolineare come la via dell’integrazione sia l’unica da perseguire. “Soltanto facendo sì che queste persone vengano accettate gradualmente dalla comunità, si può assicurare loro la dignità che adesso neanche lontanamente posseggono”. Ilaria Di Lascia


focus

L’itinerario dell’inferno in Capitanata Nugoli di casolari e baracche, dimenticati da Dio e dagli uomini, eppure sotto gli occhi di tutti. Sono i ghetti di Capitanata, sparsi qua e là per il Tavoliere tracciando un itinerario di degrado e disperazione. Alcuni sono presenti dagli anni Novanta, e si sono strutturati nel tempo come vere e proprie cittadelle abusive. Altri sono prossimi a spegnere le dieci candeline, popolandosi solo durante la stagione estiva per poi essere abbandonati durante i mesi invernali. Non ci sono, purtroppo, solo il Gran Ghetto e il Ghetto dei Bulgari, nel Foggiano: “Ogni anno stimiamo oltre 20mila presenze tra i vari ghetti e accampamenti di Capitanata”, spiega Magdalena Jarczak, della segreteria Flai Cgil. “Immaginate una piccola città ambulante che improvvisamente arriva e mette radici sul territorio”, continua cercando di dare l’idea di un fenomeno davvero ampio e complesso. La prima tappa in questo itinerario è il ‘Gran Ghetto’. Il cosiddetto ‘villaggio di cartone’ che sorge nel triangolo di campi tra Foggia, San Severo e Rignano Garganico e che durante il periodo estivo (maggio-ottobre) conta circa 3000 pre-

senze. “Lo scorso anno anche qualcosa causa di un incendio accidentale, a diin più”, precisa. “E’ strutturato come una cembre, un bracciante di 20 anni ha piccola città: ci sono attività commer- perso la vita, riportando la vergogna di ciali, ovviamente illegali, e tutto è dispo- quel campo alla ribalta nazionale. nibile dietro pagamento, alimentando circuiti illeciti. Finita la stagione estiva, molti restano e vanno ad ingrossare le fila degli stanziali”. E’ il principale bacino per attingere forza lavoro da impiegare (in nero) nei campi. “Sono in maggioranza uomini e provengono dalla Costa D’Avorio, dalla Nigeria e dal Senegal. La presenza maggiore di donne si registra in estate, molte sono dedite alla prostituzione che non è solo ad uso e consumo degli ospiti del campo”, denuncia. Il gran ghetto è materia viva e cambia continuamente: si svuota e si rimpolpa Magdalena Jarczak seguendo il ritmo delle stagioni e le chiamate dei caporali. Scendendo verso il basso Tavoliere, Paradossalmente, le condizioni del a pochi km da Cerignola, vi è il Ghetto Gran Ghetto sono migliori rispetto al Tre Titoli, detto anche ‘Ghana House’, Ghetto dei Bulgari, dove in estate si su- per la provenienza dei suoi ospiti. “Un perano le 1000 presenze: interi nuclei centinaio sono stanziali, vivono qui tutto familiari che vivono nella miseria senza l’anno. In estate, con l’arrivo degli staacqua, luce, gas e servizi essenziali, “ai gionali, si contano anche 600 presenze”, margini di cumuli di rifiuti, che periodi- continua Jarczak. Non ci sono villaggi di camente vengono bruciati in zona, spri- cartone, qui, ma casolari occupati risagionando chissà cosa”. E’ qui che, a lenti al periodo della riforma agraria,

L’INTERVISTA

dove sono stati istallati generatori di corrente. “Anche qui è presente il fenomeno della prostituzione, e nel tardo pomeriggio o sera non è raro incontrare ragazzini sui motorini che da Cerignola raggiungono la borgata”. Rappresenta un vero e proprio ‘limbo’, invece, la cosiddetta ‘Pista’, a Borgo Mezzanone, un nucleo di container posizionati a ridosso del Cara. “Qui sono presenti quasi tutte le etnie”, spiega ancora Jarczak. “Si tratta di soggetti che hanno avuto diniego del riconoscimento di status di rifugiato, un mix di situazioni regolari e irregolari. Non tutti lavorano nei campi; molti si affidano all’elemosina. Il fenomeno della prostituzione è molto presente, organizzato e gestito da un gruppo di nigeriani”. E’ qui che, a dicembre, il corpo di una donna di 20 anni è stato trovato senza vita e parzialmente carbonizzato: forse aveva tentato di ribellarsi ai suoi sfruttatori. Sulla strada per San Marco in Lamis, tra casolari abbandonati, sorge il ‘Ghetto Cicerone’ che accoglie 250/300 persone, per lo più maliani e senegalesi. “Loro sono meglio integrati: lavorano

tutto l’anno e alcuni iniziano ad avere contratti regolari e, in alcuni casi, riescono ad accedere anche alla disoccupazione”. Nel pressi di Borgo Incoronata, ancora, vi sono circa 200 rumeni, intere famiglie che si spostano per permanenze che vanno dai 4 agli 8 mesi. Altro accampamenti ‘a tempo determinato’ è stato registrato a Borgo Tressanti, dove in casolari abbandonati si sistemano fino a 600 braccianti bulgari che spariscono al termine della stagione, ma tanti altri insediamenti non sono ancora censiti, rendendo i confini del fenomeno estremamente labili. E’ in questi luoghi che l’attività di sindacato di strada diventa fondamentale: “Il nostro scopo è informare le persone dei loro diritti, di ciò che possono rivendicare. Ma è necessario che le istituzioni si facciano carico di queste situazioni: ad oggi abbiamo leggi e strumenti importanti che però non vengono utilizzati”, rivendica . Per la Flai Cgil, per estirpare il fenomeno ghetti, è fondamentale combattere il caporalato, il motore immobile che ogni anno muove ed alimentale le cittadelle di invisibili. Maria Grazia Frisaldi

Rosy Paparella, Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Puglia

“Qui i bambini sono privati dei diritti più essenziali” E’ l’emergenza nell’emergenza. E’ quello che rende ancora più grave (se ciò può mai essere possibile) la realtà del cosiddetto ‘Ghetto dei bulgari’ rispetto ad altri accampamenti presenti nel Foggiano. Una condizione che grida vendetta e che richiede interventi rapidi e risolutivi: è la presenza, nella borgata che sorge tra rifiuti e degrado, di 37 minori (tra cui un neonato di appena un mese), e di due puerpere, probabilmente minorenni. “Bisogna intervenire urgentemente per consentire a quei bambini di vivere vedendo garantiti i più elementari diritti alla dignità e alla salute”, aveva dichiarato la Garante nazionale per l’Infanzia, Filomena Albano, in seguito al sopralluogo effettuato nella borgata, a gennaio, per il quale è stata designata a rappresentare l’Autorità Garante l’avvocato Milena De Troia. Insieme a lei, tra gli altri, vi era la presidentessa della Camera minorile di Capitanata, Maria Emilia De Martinis, che pretende chiarezza e assunzioni di responsabilità: “Chiediamo sia redatto e reso pubblico un preciso cronoprogramma di interventi che indichi quali azioni saranno compiute per affrontare la situazione, da

Rosy Paparella

quali enti e soggetti, con quali risorse e in che tempi”. Ad oggi, però, tutto tace. Ne abbiamo parlato con Rosy Paparella, Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Puglia. Dott.ssa Paparella, la situazione del cosiddetto “Ghetto dei bulgari” risulta emergenziale su più livelli. Quale problematica/aspetto della vicenda preoccupa maggiormente? Le condizioni dell’insediamento sono state oggetto di una nota dell’Ufficio Garante inviata a tutte le istituzioni competenti già a settembre dello scorso anno, per segnalare la loro assoluta incompatibilità con la dignità della vita di uomini, donne e bambini presenti. Per

inciso, alla nostra segnalazione ha risposto con una comunicazione circostanziata solo il sindaco di Manfredonia. Allo sfruttamento del lavoro agricolo, che sottende il contesto umano e sociale del campo e che è una dimensione drammaticamente radicata nel territorio, si aggiunge la specifica estrazione culturale e geografica degli occupanti, cittadini bulgari, quindi comunitari, di etnia Rom, in periodico spostamento dal paese d’origine alla ricerca di forme di sostentamento. Si tratta di un insieme di variabili di enorme complessità. Quali sono le problematiche più importanti da affrontare? I bambini sono privati dei diritti più essenziali: un luogo sicuro anche sotto il profilo igienico-sanitario, essere nutriti e vestiti in modo adeguato, essere inseriti in un percorso scolastico. Vivere in abitazioni che si fatica a definire baracche, a ridosso di rifiuti di ogni tipo, costituisce di per sé un inaccettabile pregiudizio per la loro salute e per il loro sviluppo. Ricordo peraltro che nei prossimi mesi con tutta probabilità arriveranno dalla Bulgaria altri nuclei con bambini. In questa fase sarebbe necessario attivare delle misure minime per

attenuare i rischi di tipo sanitario e incrementare la fornitura idrica. Dei 37 bambini presenti nel ghetto, pochissimi frequentano la scuola e i tentativi di integrazione sono pressoché nulli: da dove iniziare? Seguo in particolare l’iniziativa della Caritas di Foggia, frutto dei lavori del tavolo promosso dalla Prefettura, per cui i bambini saranno accompagnati nelle ore antimeridiane presso la scuola di Borgo Mezzanone dove, in aule non utilizzate, svolgeranno attività parascolastiche e/o prescolastiche. Si tratta di un tentativo che va monitorato sotto vari aspetti: i bambini, poco o per nulla scolarizzati, privi di conoscenza della lingua italiana andranno accolti, motivati (come i loro genitori) alla frequenza, che quantomeno consentirà loro di trascorrere parte della giornata al coperto, in un ambiente più idoneo. Ma è del tutto evidente che, pur preziosa, questa iniziativa non sostituisce il diritto all’istruzione, che, come espressamente indicato nel documento “Strategia Nazionale d’inclusione dei Rom, Sinti, e Caminanti 2012-2020” resta il fattore decisivo di emancipazione. Fino ad ora si è agito con interventi-

tampone e iniziative messe in campo da associazionismo e volontariato. Sulla vicenda è attivo un tavolo istituzionale, ma a suo giudizio quali azioni vanno intraprese per arginare la situazione nel breve termine? Esistono precedenti in altre zone d’Italia cui guardare? Conosciamo i limiti di una visione emergenziale che, anche in questo caso, affida buona parte degli interventi al lavoro dei volontari e delle associazioni. Il documento citato poco su, che dovrebbe costituire un impegno per governanti e amministratori, individua nella costruzione di processi partecipati anche dagli stessi Rom una possibile direzione. A questo proposito è strategico il ruolo della mediatrice culturale e linguistica che attualmente è già in relazione con gli abitanti del campo. Le esperienze italiane positive, in particolare in Emilia Romagna, in Toscana, ma anche a Scampia (Na), sono poco replicabili in quanto si riferiscono a insediamenti nelle zone urbane, quindi con tutt’altra relazione con la città. Tuttavia il compito di migliorare le condizioni relative a salute, lavoro e accesso ai servizi anche con il coinvolgimento diretto degli occupanti resta delle Istituzioni. m.g.f.

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polis

a cura di Mariangela Mariani

Rosa Barone (M5S): “Strasoddisfatti di non aver partecipato a questo gioco squallido”

Provincia, le donne stanno a guardare Maura Di Salvia (Udc): “La politica è femminile ma lo scranno è maschile” l Consiglio provinciale di Foggia non è un posto per donne. La riforma Delrio le ha relegate in una riserva indiana. Avoglia a fare le crociate per la parità di genere. Le ultime elezioni sono state un esercizio di machismo: zero elette, su dodici nomi usciti dalle urne. Non che le liste fossero piene zeppe di candidate: erano sei in tutto su trentanove amministratori tra vecchie e nuove proposte. Delle cinque liste, solo Capitanata Popolare e Capitanata Civica ne

I

Antonietta Colasanto

Michaela Di Donna

In quelle stesse stanze di Palazzo Dogana, la Consigliera di Parità della Provincia di Foggia Antonietta Colasanto solo ora ha sbollito un po’ la rabbia. “Il problema è a monte: la partecipazione della donna in un ambito che è sempre stato ad appannaggio maschile, tant’è vero che noi abbiamo acquisito il diritto di voto 70 anni fa, come a dire che eravamo considerate soggetti non idonei a partecipare alla vita politica del Paese e tantomeno attivamente. A prescindere dal fatto che non le abbiano messe in lista, nei consigli comunali ce n’erano pochissime: è un serpente che si morde la coda. Se non si sostiene la partecipazione delle donne alla vita pubblica, quindi alla politica, come possiamo pretendere che occupino dei ruoli? La partecipazione, con questo sistema è solo ulteriormente pregiudicata. Chi fa politica - incalza Antonietta Colasanto - deve supportarle perché la loro sensibilità rappresenta un valore aggiunto. Ecco perché ci siamo battuti con la raccolta delle firme per la modifica della legge elettorale regionale con la proposta del 50 e 50. Non è un capriccio o una moda: è una questione di giustizia sociale”.

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Lampante è la fotografia del Consiglio comunale di Foggia con una sola donna tra i banchi, giunta a parte (che a prima vista salva le apparenze). Ma per la verità le donne nelle altre amministrazioni ci sono (i candidati erano sindaci e consiglieri) e sorge il ragionevole dubbio che le militanti della politica non siano state in grado di farsi valere nei partiti, ma alla provocazione non abboccano. “Credo che questo sia un luogo comune - risponde Michaela Di Donna del direttivo regionale di Forza Italia - anche se nei partiti comunque esiste una questione di genere. In Forza Italia, però, questo tema non è mai stato legato a rivendicazioni sterili, ma solo ed esclusivamente alle capacità individuali. Sono la prima dei non eletti alle ultime elezioni regionali, da tempo faccio parte del coordinamento regionale del partito, sin da giovanissima ho ricoperto incarichi nel coordinamento nazionale del movimento giovanile. Mi pare che siano tutte dimostrazioni della valorizzazione dell’universo femminile in Forza Italia, che, giova ricordarlo, alle elezioni provinciali appena concluse è stato uno dei pochi partiti a candidare donne, a differenza di chi, penso ad esempio al PD, non ne ha

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hanno inserite due. Il sindaco di Cerignola Franco Metta si è lamentato, all’indomani, della mancata elezione di Loredana Lepore, e si è detto avvelenato per quei due franchi tiratori che hanno tradito. Tant’è, e come sia sia, se alla precedente tornata almeno Maria Anna Bocola ce l’aveva fatta, questa volta è andata buca. A onor del vero, però, gli uomini sanno accapigliarsi più delle donne, per una poltrona senza gettone e senza portafoglio.

Maura Di Salvia

inserita nessuna in lista - conclude Michaela Di Donna - probabilmente utilizzandole esclusivamente come ‘richiamo elettorale’ piuttosto che come reale e convinto investimento politico”. Al centro, le donne hanno perfettamente chiaro il contesto in cui sono costrette ad operare: Maura Di Salvia, Commissaria provinciale Pari Opportunità dell’Udc, tranchant, individua lucidamente le criticità. “L’assenza è sempre una sconfitta - ammette - Se non ci sei non puoi influire sul corso degli eventi e neppure invertire la tendenza in atto. Tuttavia, il problema non è tanto nella composizione dei Consigli comunali, dove pure ci sono valide esperienze politiche al femminile, ma il peso specifico della politica al femminile. Manca, in questo senso, il riconoscimento sul territorio all’impegno delle donne in politica, ma non mancano spunti per essere ottimisti per il futuro prossimo. Purtroppo - conclude - la politica è femminile, ma lo scranno è maschile”. Tra i tumulti e le contraddizioni del PD, Patrizia Lusi, nel direttivo regionale del Partito Democratico, espressione di una delle tante correnti/affluenti, non si sottrae mai

Patrizia Lusi

alle analisi critiche. Attribuisce il risultato alla scarsa presenza di amministratrici e quando le si eccepisce che rappresenta un falso problema, chiarisce quanto sia difficile pretendere in un contesto maschile e maschilista: “L’assenza di donne dipende dal fatto che non siano state elette nei consigli comunali. Sono elezioni di secondo grado. Già quando si candidano e devono essere scelte dai cittadini non riescono ad attrarre consensi, figuriamoci in elezioni di secondo livello, in cui prevale una logica ‘politica’, di alleanze tra forze, di pesi e contrappesi. Discorsi dai quali le donne sono escluse nella maggior parte dei casi”. La pasticciata riforma Delrio tira acqua a un solo mulino: quello dei Cinquestelle. La consigliera regionale Rosa Barone non vedeva l’ora di parlarne e sfogarsi, come se si stesse levando un sassolino dalla scarpa. E seppure commettessero qualche leggerezza - come ammette candidamente - questi meccanismi potrebbero finire per favorire proprio loro. “Non mi meraviglio che non siano state elette donne, del resto, se ci ricordiamo, anche in Consiglio regionale, tolto il Movimento 5 stelle

Rosa Barone

che ha portato ben tre donne, ne abbiamo solo una in Forza Italia e tutti gli altri sono uomini, quindi siamo abituati, purtroppo, a una politica autoreferenziale che votando fra sé e sé continua a preferire gli uomini che magari sono più ‘potenti’. Le donne che sono più libere o che non hanno santi in Paradiso soprattutto quando si devono votare tra politici, in seguito ad accordi o a giri di poltrone, sono ancora più deboli. Una politica come quella del M5S, invece, addirittura premia le donne, mettendole a capo di città importanti come Roma e Torino e dà a tutti le stesse chance senza favorire sempre gli stessi in nome di correnti, di accordi o di poltrone. La gente è stufa di queste manfrine, di questi giochetti, di questi accordi sottobanco, di politici che tutti fieri si siedono su queste poltrone che non hanno neanche più valore, perché grazie alla riforma Delrio non avranno che pochissimi temi da trattare, pochissimi soldi, e in più ci saranno conflitti anche di attribuzione. Sono strasoddisfatta che il nostro movimento non abbia partecipato a questo gioco squallido, pienamente orgogliosa, ancor di più quando vedi che non c’è neanche una donna”.


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Inutile atteggiarsi a cinici e

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cucina

In un rapporto gli ingredienti sono molteplici, a seconda dei piatti della vita

Quando l’affinità di coppia passa per la gola Astri, pasticceria F e sentimenti: una classifica tutta stelle&gusto In ultima posizione, almeno per il 2017, la coppia Pesci e Sagittario. Hanno ottime possibilità di successo, ma hanno bisogno di un po’ più di tempo per conoscersi e apprezzarsi. Diciamo che tra loro inizia una relazione di testa più che di pancia. Coppia Celebre: John Lennon & Yoko Ono. Frase: L’attrazione mentale è molto più forte di quella fisica, di una mente non ti liberi neanche quando chiudi gli occhi. Dolce: Torta di mele, un dolce semplice che dà sicurezza ogni qualvolta si vuole trovar rifugio in qualcosa di buono senza sgarrare troppo. A seguire Cancro e Scorpione, un’esplosione di caratteri forti e testardi. Un amore fatto di interruzioni e ritorni, di riappacificazioni e liti. Coppia celebre: Frida Kahlo e Diego Rivera. Frase: I litigi fra gli innamorati completano l’amore (Terenzio) Dolce: Torta ubriaca al rum e vaniglia, un dolce che unisce alla dolcezza della vaniglia la nota alcolica del rum.

ebbraio, il mese più romantico dell’anno, è appena iniziato. Ma qual è la ricetta per una buona relazione di coppia? Si sa, in un rapporto spesso gli ingredienti sono molteplici e variano a seconda dei piatti della vita, ma la risposta potrebbe esser nelle stelle. Per quanto possiate esser scettici nei confronti degli astri, alle volte sanno indicare il giusto percorso da intraprendere o la persona più adatta a noi in base alla

La coppia composta da Acquario e Vergine è una coppia salda e forte. Un amore indipendente ma complice che dura nel tempo. Coppia celebre: Antonio e Cleopatra Frase: “Amami ora che non ho le parole per farti innamorare dei miei silenzi” (Merini) Dolce: Sorbetto al limone e mandorle tostate, un dopo pasto non molto dolce, ma a cui nessuno sa rinunciare. Al terzo posto della classifica, la coppia Toro e Ariete. Le due personalità si completano a vicenda: l’Ariete, impulsivo e frettoloso si butta a occhi chiusi nella relazione, mentre il Toro lascia che le cose prendano il loro corso. Coppia celebre: Richard Burton e Elisabeth Taylor Frase: “Mentre lui le insegnava a fare l’amore, lei le insegnava ad amare” (De Andrè) Dolce: Red Velvet, torta tipica della cucina del Sud degli Stati Uniti

data di nascita e al segno di riferimento. Come ha dichiarato lo stesso Paolo Fox, “l’astrologia non è una frottola, ma nemmeno una cosa a cui dare peso in modo cieco”, perciò ci limitiamo a stilare una classifica delle affinità dei segni abbinando un dolce di riferimento da gustare insieme al proprio partner. Perché non c’è amore più sincero che quello per i dolci. Al resto penserà Cupido!

La coppia più scoppiettante degli astri è la coppia composta da Gemelli e Capricorno che si merita così la medaglia d’argento. Sanno divertirsi insieme senza rinunciare alla propria indipendenza. Gemelli subisce l’influenza di Mercurio, mentre Capricorno subisce l’influenza di Saturno. I due pianeti, insieme, sviluppano un influsso positivo verso la vita e la realizzazione del proprio io. Coppia celebre: Bonnie & Clide Frase: “E ora amore, dopo una vita, cosa pensi che ti dica? Sei l’aurora boreale, sei la luce che squarcia il mio vuoto banale” (Negrita) Dolce: Tortino al cioccolato dal cuore caldo

Al primo posto troviamo la coppia formata dal Leone e dalla Bilancia. Un connubio di amore, stima e passione. Mentre il Leone, dominato dall’influsso del Sole, mette al centro del suo mondo l’amore, la Bilancia sa essere più posato nelle dimostrazioni, ma presente in ogni momento importante della vita. Nonostante l’amore non smettono mai di punzecchiarsi a vicenda. Coppia celebre: Eva Kant e Diabolic Frase: “L’amore guarda non con gli occhi, ma con l’anima” (Shakespeare) Dolce: La passionata, un dolce pugliese dal cuore di ricotta e copertura in pasta di mandorle. Un tripudio di sapori antichi e inconfondibili.

Valentina Pietrocola - La Cucina del Fuorisede

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salute

Prevenire è meglio che curare. I consigli del farmacista per prendersi cura di sè

Infezioni urinarie: curarsi con la natura pace di arrivare direttamente in vescica, contrastando efficacemente la cistite. Chi soffre di questi disturbi quindi farà bene a chiedere consiglio al farmacista che saprà suggerire il rimedio naturale più indicato. Non solo: il paziente potrà avvalersi di una formulazione vegetale realizzata dallo stesso farmacista, in cui sono state equilibrate le dosi giuste di tutti gli elementi naturali, da assumere preferibilmente sotto forma di estratto vegetale. L’approfondita conoscenza delle composizioni chimiche di frutti ed erbe, le materie prime di qualità certificata e l’attenta miscelazione in laboratorio dei composti naturali sono poi garanzia di sicurezza ed efficacia. Quando i sintomi delle infezioni si fanno sentire si può scegliere un integratore alimentare in grado di favorire la naturale funzionalità delle vie urinarie, dimenticandosi finalmente di effetti collaterali e spiacevoli disagi: una scelta di salute e soprattutto di benessere.

Mirtillo rosso, uva ursina e D-Mannosio per contrastare prurito e bruciore ’ sufficiente un periodo di stress con conseguente abbassamento delle difese immunitarie per ritrovarsi vittima delle fastidiose infezioni urinarie. Una delle più diffuse è la cistite, infiammazione della parete vescicale che si accompagna a spiacevoli sintomi come bisogno continuo di urinare, dolore e bruciore. Si tratta di una patologia che colpisce molte donne durante l’arco della vita: causata da batteri oppure da condizioni fisiologiche particolari dovute persino all’avanzare dell’età, la cistite può diventare cronica e influenzare negativamente la qualità della vita. Le cure classiche prevedono l’assunzione di medicinali e antibiotici, soprattutto nei casi più difficili da debellare: tuttavia assumere la terapia tradizionale a lungo termine rischia di depotenziare gli effetti dei farmaci. Prevenire è meglio che curare, si sa: scongiurare i fastidiosi sintomi delle infezioni urinarie e, di conseguenza, evitare la fase acuta è possibile anche con i preziosi alleati presenti in natura, da assumere sotto forma di integratori. Studi scientifici hanno dimostrato che il mirtillo rosso – Cranberry (Vaccinium macrocarpon) – è risultato essere uno dei rimedi naturali più efficaci nella cura delle infezioni alle vie urinarie. Il piccolo frutto di origine americana infatti vanta proprietà antibatteriche, in grado di rendere la mucosa delle vie urinarie

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antiaderente ai batteri patogeni, impendendo la loro riproduzione, prima causa scatenante della patologia. Assumere il mirtillo rosso a scopo preventivo può essere una buona soluzione, soprattutto in periodi particolari della vita che potrebbero prestarsi a far insorgere le infezioni. I prodotti naturali inoltre non hanno controindicazioni e possono essere combinati con la terapia farmacologica, con i probiotici e persino con altri rimedi naturali in modo da potenziarne gli effetti. Uno di questi è l’uva ursina, utilizzata già nell’antichità per le sue proprietà antisettiche, in grado di combattere crampi e bruciori. Arbusto di montagna, l’uva ursina è consigliata anche nelle fasi acute della patologia. Frutti ed erbe ottengono il massimo anche associate al D-Mannosio, uno zucchero semplice completamente naturale, adatto anche alle donne in gravidanza. Si è rivelato particolarmente attivo in combinazioni con il mirtillo rosso: si può definire un vero e proprio antibiotico naturale ca-

Dalila Campanile (In collaborazione con Farmacia Erboristeria Ronga Tartaglia)


benessere Un olio prezioso per la cura del corpo

L’olio di Jojoba Ha proprietà emollienti, disinfettanti e anti-age A cura del dott. Gianluca D’Alessandro L’olio di Jojoba deriva dalla spremitura dei semi della Jojoba (Simmondsia chinensis), un arbusto legnoso che raggiunge altezze sorprendenti in condizioni climatiche favorevoli. È tipico delle zone calde e desertiche come quelle della California, ma è diffuso anche in Messico e Arizona. Pianta longeva può raggiungere anche i 250 anni di età. Produce semi in abbondanza che contengono un liquido molto denso. I nativi americani usavano la pianta di jojoba per i suoi semi oleosi con i quali curavano scottature e infiammazioni cutanee. I semi contengono un olio liquido denso in elevata percentuale (circa il 54%), sono mangiati da scoiattoli e conigli, altri roditori e grandi uccelli. L’olio di jojoba è molto simile al sebo umano e per composizione non può essere paragonato a un olio di origine vegetale, ma ricorda la struttura dell’olio di capodoglio. Dal punto di vista alimentare non è tossico ma non è digeribile, per questo viene impiegato per uso cosmetico. Presente in rossetti, fondotinta, creme per la pelle, possiede proprietà benefiche sia per la cute che per i capelli. Grazie all’alta capacità di conservazione e resistenza alle alte

temperature, mantiene costante l’alta qualità della sua purezza. Possiede proprietà emollienti e protettive per il PH della pelle, inoltre è un idratante naturale e aiuta a regolarizzare le secrezioni sebacee. Non ultimo è un antirughe, un disinfettante e antimicotico naturale. Ricco di Vitamina E, B2 e B3 e minerali contrasta e lenisce problematiche legate alla pelle come psoriasi, pelle secca e desquamazioni, acne, prurito, eczemi e funge perfettamente come filtro solare. Penetra velocemente nella pelle, non unge e non appesantisce, ma lascia una sensazione setosa e morbida. Di facile applicazione bastano poche gocce dopo il bagno o la doccia, direttamente sulla pelle umida del corpo e del viso per un assorbimento rapido. Ottimo anche come antirughe basta picchiettarne qualche goccia lungo il contorno occhi. Sui capelli si può usare o come impacco pre-lavaggio per ammorbidirli oppure versandolo sulle lunghezze e sulle punte. Grazie alle sue proprietà emollienti è un toccasana per le labbra creando un effetto glossy, ma anche per le ciglia. Un olio dai mille usi, estremamente versatile e utile per il benessere del nostro corpo, un alleato della nostra salute che vale la pena conoscere.

LE RICETTE ESFOLIANTE CORPO

MASCHERA PER CAPELLI

L’esfoliazione della pelle è il giusto step, sotto la doccia, per eliminare tutte le impurità e le cellule morte. Per realizzarlo, servono: - ¾ di una tazza di zucchero di canna - Mezza tazza di farina d’avena - ¼ di tazza di miele - Una goccia dell’olio essenziale che più preferite Mescolate lo zucchero di canna con la farina d’avena e il miele in una ciotola. Coprite l’intero composto, con l’olio di jojoba e infine aggiungete l’olio essenziale. Lo scrub è pronto per essere utilizzato.

Per realizzare una maschera per capelli “homemade” avrete bisogno di: - 3 cucchiai di olio di jojoba - 3 gocce di essenza Ylang Ylang - 1 tuorlo d’uovo Mescolate tutti gli ingredienti in una casseruola e riscaldate a fiamma bassa. Dopo aver lavato i capelli, applicate l’impacco, ancora caldo. Lasciate agire per almeno 30 minuti. Risciacquate accuratamente. Un piccolo consiglio: per migliorare gli effetti della maschera, avvolgete i capelli in un asciugamano caldo.

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al femminile Parte da via Smaldone la crociata di Grazia Dechiaro conto l’aborto

CAV, 300 bambini strappati all’Ivg ella Parrocchia di Sant’Antonio, in via Smaldone, in vent’anni sono passate trecento minuscole vite condannate a morte certa prima di avere un nome ed un cognome. Dal 1997 è attivo il CAV, che in questo caso sta per Centro di Aiuto alla Vita. Ogni bambino strappato all’Ivg è un miracolo qui e per Grazia Dechiaro che lo guida c’è sempre lo zampino di Dio. È la responsabile da tre anni, prima il presidente era suo marito, Roberto Suriano: un tumore al cervello se l’è portato via, e lei lo racconta con la pietas dei credenti. “Il nostro impegno è quello di aiutare le donne a recedere dall’aborto per dare alla luce la propria creatura. Vengono al nostro centro d’ascolto pronte con il certificato dell’Ivg, interruzione volontaria di gravidanza. Proponiamo un aiuto economico, quello del progetto Gemma: si tratta di una quota di 160 euro per 18 mensilità, prima e dopo la nascita”. Ad oggi vengono emessi 26 assegni al mese. Il contributo serve a fronteggiare le spese che comporta un bambino, compreso il corredino. “La donna viene qui prima della dodicesima settimana. La maggior parte delle volte mi viene mandata dai consultori, noi l’ascoltiamo e prepariamo una relazione, spiegando perché vuole abortire - espongono casi terribili - dopodiché inoltriamo a Milano il fascicolo con il certificato dell’Ivg e una commissione lo esamina. Oggi, purtroppo - spiega rammaricata Grazia Dechiaro - con la crisi economica molti donatori che aiutano queste mamme sono venuti meno e il centro di Milano, quando non ci sono risorse, ridimensionate tantissimo, divide le somme. È capitato l’anno scorso: abbiamo tre mamme che percepiscono 80 euro mensili. Fu un periodo proprio nero per via della mancanza dei fondi”.

Il Centro di Aiuto alla Vita compie 20 anni Ogni mese 26 mamme ricevono un assegno

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volte, in famiglia. La donna che intende abortire si ritrova, spesso, a dover affrontare violenze fisiche e psicologiche nel contesto familiare. Molte volte è spinta dalla madre all’Ivg perché magari anche lei ha vissuto la stessa esperienza. Oggi aggiungiamo anche molte minorenni che già a 13-14 anni si ritrovano incinte e vanno anche da sole a praticare l’interruzione di gravidanza”. I contesti che descrive Grazia Dechiaro sono di estremo degrado sociale, povertà assoluta, nuclei familiari dove l’unico reddito è una misera pensione, i giovani sono senza lavoro e si vive in casa con i suoceri. Parla alle ragazze con il cuore in mano: “Alcune mamme non si sono mai perdonate, pur confessando il peccato, non hanno nemmeno accettato il perdono di Dio”. Una vita da salvare gliel’ha mandata direttamente don Francesco Catalano, direttore della Caritas diocesana: una ragazza, già mamma di tre figli, che alla quarta gravidanza aveva deciso di abortire, per colpa della disoccupazione e della povertà. “Ci siamo messi in preghiera, don Francesco da una parte e noi dall’altra. Lei si era presentata il giorno dell’aborto al reparto maternità, si era già messa la sua camicia da notte ed era entrata: quando si è girata intorno, ha visto i medici, forse ha fiutato che lì dentro c’era la morte e ci ha ripensato. Fuori c’era il marito che piangeva perché non ac-

cettava questa sua scelta, lei è uscita di corsa, lo ha abbracciato e gli ha detto ‘portami via’. Oggi mi viene la pelle d’oca a pensarci”. Solo l’anno scorso è finito il progetto di una mamma di appena 14 anni. Arrivano fino a 40 anni, molte donne che convivono, mamme che hanno già figli. Il Centro di Aiuto alla Vita, così come lo conosciamo oggi, è nato da un aborto. “Io dico sempre che ho due figli sulla terra e tre in cielo. Roberto era ateo. Quando ci siamo sposati avevamo un negozio ben avviato, due figli, una bella casa, ma non eravamo felici perché ci mancava qualcosa. Quando siamo entrati a far parte della comunità cristiana, volevamo il figlio della fede, rimasi incinta - prima di questo bambino ne avevo persi altri due - al quinto mese ho abortito perché un mioma me lo aveva soffocato. Ne soffrimmo tantissimo, Roberto era distrutto ma capimmo che quella era la volontà di Dio. All’epoca don Luigi portò l’esperienza Cav da San Severo a Foggia”. Davanti alla loro vicenda dolorosa, il parroco non ebbe alcun dubbio: era un segno, sarebbe stato proprio lui il presidente. “Da allora sono passati 280 bambini. Ho le fotografie di Roberto con loro in braccio che se li coccolava. Lui li amava e c’è un angelo in cielo che continua a pregare per il Cav con me”. Mariangela Mariani

Ogni bambino strappato all’Ivg è un miracolo e, per Grazia Dechiaro, c’è sempre lo zampino di Dio

Grazia Dechiaro

Le minorenni hanno la priorità. Il Cav non si limita ad un aiuto economico, ma cerca di capire cosa spinga la donna ad abortire. “A Foggia nel 2015 sono stati effettuati, statistica alla mano, 1060 aborti, nel 2016 per grazia di Dio sono diminuiti a 529. Dalla nostra esperienza, l’aborto nasce, la maggior parte delle

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50&PIÙ ENASCO

DI FLOREDANA

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ARNÒ

Cosa cambia per la pensione di vecchiaia e per la prestazione anticipata

Pensioni anticipate, come e per chi? a rigidità della riforma “Monti-Fornero” Legge n. 214/2011 (cioè: stretta sull’età di accesso alla pensione, aumento di 7 mesi per tutti legato alla speranza di vita e previsione periodica dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo), ha sollevato in questi ultimi anni un’ampia discussione politico/sindacale sulla necessità di cambiamento, che si sta sviluppando in una nuova strategia di anticipo e pianificazione possibile del trattamento pensionistico nel nostro Paese. Ma vediamo quest’anno e fino al 2018, cosa succede sia per la pensione di vecchiaia che per la prestazione anticipata (ex anzianità).

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PENSIONE DI VECCHIAIA | Per ottenere questa prestazione è necessario avere l’età e almeno 20 anni di contributi versati. I requisiti differiscono a seconda che i richiedenti siano o meno in possesso di contributi versati alla data del 31 dicembre 1995, data questa che rappresenta lo spartiacque tra pensioni in regime “retributivo o misto” e pensioni in regime “contributivo”. PENSIONE ANTICIPATA (EX ANZIANITÀ) | Sempre la riforma “Fornero” del 2011, già a decorrere dal 2012 in poi, ha previsto nei confronti di coloro che maturano i requisiti per la pensione anticipata non più una doppia possibilità e cioè: 35 anni di contribuzione minima insieme all’età e quota oppure il solo requisito contributivo minimo di 40 anni, ma il solo requisito più elevato di contribuzione senza quote né finestre. Tale prestazione riguarda tutte

La Riforma Maroni introduce in via sperimentale ‘Opzione Donna’ in favore delle lavoratrici appartenenti al settore pubblico o privato

le categorie di lavoratori che appartengono a tutti i regimi previdenziali dell’Inps (dipendenti, autonomi, ex Inpdap, ex Enpals, gestione separata ecc.). La pensione anticipata ha la particolarità di consentirne l’accesso nel tempo prima rispetto all’età prevista per la pensione di vecchiaia, perché si basa solo sul requisito contributivo (cioè non occorre attendere un’età minima). L’ACCREDITO DAL 1996 | Per coloro il cui primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996, l’adeguamento alla speranza di vita deve ap-

plicarsi al requisito anagrafico che già dal 2016 è di 63 anni e 7 mesi, che consente l’accesso alla pensione anticipata con almeno 20 anni di contribuzione effettiva.

La novità prevista dalla Legge di Bilancio 2017 (n. 232/2016) ha stabilito l’estensione dell’opzione alle lavoratrici che non hanno maturato entro il 31 dicembre 2015 i requisiti per effetto degli incrementi della speranza di vita. Pertanto interessa le donne che hanno maturato i 57 anni se dipendenti e 58 se autonome entro il 31 dicembre 2015 e con almeno 35 anni di contributi alla stessa data. Sono interessate oltre 4 mila lavoratrici. Rimangono, però, fermi gli incrementi della speranza di vita ai fini dell’accesso alla pensione, nonché la finestra mobile. Ciò vuol dire che il diritto vero e proprio alla pensione scatta all’età di 57 anni e 7 mesi per le lavoratrici dipendenti e 58 anni e 7 mesi se autonome, visto che ci sono stati due incrementi della speranza di vita: 3 mesi nel 2013 e altri 4 mesi nel 2016. L’effettiva erogazione della pensione ci sarà trascorsi altri 12 o 18 mesi (finestra) dal compimento di detti requisiti. (Si veda tabella).

OPZIONE DONNA | È questa la possibilità offerta alle lavoratrici donne di andare in pensione prima. Introdotta in via sperimentale dalla legge n. 243/2004 (Riforma Maroni), è stata prevista esclusivamente a favore delle lavoratrici donne, sia appartenenti al settore pubblico che al privato e sia dipendenti che autonome.

Per tutti gli eventuali approfondimenti sugli argomenti in esame (possibili scelte e, tra queste, le più convenienti) si consiglia di rivolgersi al nostro Patronato 50&PiùEnasco, che con esperti operatori assiste da sempre gratuitamente per ottenere tutti i chiarimenti ulteriori e per la presentazione all’INPS delle relative domande on-line.

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in poche parole

PEDIATRA

DI

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MONICA MANCINI

Colpisce circa il 50% della popolazione: diagnosi e terapia

Camminata di salute

La gastrite da Helicobacter pylori Microrganismo in grado di colonizzare la mucosa gastrica e duodenale causando un’infezione cronica associata a gastrite ed ulcera peptica elicobacter pylori (Hp) è un microrganismo in grado di colonizzare la mucosa gastrica e duodenale dell’uomo causando un’infezione cronica associata a gastrite ed ulcera peptica. L’infezione colpisce globalmente circa il 50% della popolazione mondiale. Il contagio avviene attraverso le vie fecaleorale e oro-orale soprattutto in particolari ambiti familiari in cui vi sono abitudini alimentari caratterizzate dalla condivisione dei piatti, bicchieri e cucchiai e assaggio dei cibi prima di alimentare i bambini. Spesso può succedere che vi siano più individui in una famiglia colpiti, per cui in caso di una diagnosi certa vanno testati anche gli altri membri della famiglia e trattati contestualmente. L’infezione può in molti casi passare inosservata, quando non determina sintomi. Quando la presenza dell’Helicobacter pylori a livello gastroenterico

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“Contro il cancro, la prevenzione è per sempre”: successo, a Foggia, per la prima camminata non competitiva dell’associazione Runners Parco San Felice. Oltre 250 partecipanti hanno preso parte all’iniziativa. Un folto gruppo variegato, composto da donne, uomini, famiglie, tutti mossi da un unico tema e da un unico slogan: combattere il cancro si può e si deve, la prevenzione è per sempre. L’associazione Runners Parco San Felice, in occasione della Giornata mondiale contro il cancro, ha voluto organizzare un evento particolarmente sentito e partecipato, e il riscontro è stato importante sia da parte delle associazioni che hanno voluto aderire, sia da parte della cittadinanza. Purtroppo, i dati in materia sono davvero allarmanti, con percentuali tumorali in crescita ovunque. Pertanto, occorre intensificare l’attività di informazione e prevenzione. Camminare è la prima forma di prevenzione, gratuita e per tutti. Studi scientifici affermano, sempre più consapevolmente, che l’attività motoria è uno dei pilastri della prevenzione del cancro, unitamente alla corretta alimentazione e nutrizione. Questi tre elementi devono interagire tra loro così da garantire una “buona prevenzione”. Basta poco per fare davvero tanto, per il nostro corpo e la nostra mente. La prima camminata contro il cancro ha davvero smosso tutti, malati e non, grandi e piccini. Da Piazza Pavoncelli, gli oltre 250 partecipanti hanno percorso le vie del centro urbano, attraversando l’isola pedonale, fino al Parco San Felice, sede dell’associazione promotrice. Ha aderito con grande partecipazione anche Francesco Morese, assessore all’Ambiente del Comune di Foggia. Una volta giunti al Parco Città, non è mancata la coloratissima foto di gruppo, lo “yoga pancia” e un ristoro sano e genuino a base di pane integrale e olio. Insomma, una camminata come tante ma sentita come poche: l’obiettivo è la promozione e l’adozione di uno stile di vita fisicamente attivo per sostenere il proprio benessere e la propria salute.

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OSTETRICA

con la produzione di tossine e ed enzimi genera un’ulcera, l’infezione diventa clinicamente manifesta determinando sintomi, quali dolore addominale acuto, vomito, nausea e difficoltà nella digestione. Esistono differenti test diagnostici per la ricerca dell’Helicobacter

pylori. Il test per eccellenza resta la biopsia effettuata durante un’esofagogastroduodenoscopia, esame invasivo da effettuarsi solo su consiglio

del gastroenterologo pediatra e con sintomi e clinica specifica oppure in caso di reinfezione o insuccesso della terapia specifica. Test meno invasivi comprendono la ricerca dell’HP nelle feci, la ricerca degli anticorpi specifici nel siero e l’urea breath test che in realtà hanno

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più specificamente la funzione di verifica dell’eradicazione dell’infezione dopo terapia e devono inoltre rispettare una precisa tempistica per risultare attendibili, ovvero due settimane dopo sospensione di farmaci inibitori di pompa e quattro settimane dalla sospensione degli antibiotici specifici. Negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva riduzione di efficacia della terapia convenzionale che si basa sull’uso combinato e contemporaneo di tre antibiotici a causa delle resistenze agli antibiotici di prima scelta, soprattutto claritromicina e metronidazolo. Pertanto le ultime linee guida ESPGHAN suggeriscono l’uso della terapia sequenziale che sembrerebbe presentare maggiore efficacia soprattutto nei casi claritromicinoresistenti. La terapia convenzionale resta, comunque, un efficace approccio di prima scelta nell’eradicazione dell’infezione.

DI VANESSA

ANNA MAGISTRO

E’ essenziale nella prevenzione dei difetti del tubo neurale

Acido folico, perché è importante? Le donne che programmano una gravidanza dovrebbero assumerlo in quantità aggiuntiva da 0,4 mg al giorno già prima del concepimento l nostro organismo utilizza l’acido folico, ovvero la vitamina B9, per produrre nuove cellule. Essa, attraverso meccanismi non ancora del tutto noti, è essenziale per la sintesi del Dna, delle proteine e per la formazione dell’emoglobina.La vitamina B9 è particolarmente importante per i tessuti che vanno incontro a processi di proliferazione e differenziazione, come per esempio, i tessuti embrionali ed in particolare quelli a carico del tubo neurale, la struttura embrionale da cui si sviluppa il sistema nervoso centrale (cervello, scatola cranica, spina dorsale, ecc). Il tubo neurale si chiude entro 30 giorni dal concepimento (tra il 17esimo e il 29esimo giorno tipicamente), quando la donna spesso non sa ancora di essere incinta. Negli ultimi decenni l’acido folico è stato riconosciuto come essenziale nella prevenzione delle malformazioni congenite a carico del tubo neurale definiti difetti del tubo neurale (Dtn) (spina bifida, anencefalia...) caratterizzate da una mancata o incompleta chiusura a

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vari livelli del tubo neurale stesso. Non è escluso, però, che la vitamina B9 possa intervenire anche nella prevenzione di altri difetti e malformazioni congenite, come la labio-palatoschisi e alcuni difetti cardiaci congeniti. Data l’importanza dell’acido folico in questa fase, tutte le donne che programmano una gravidanza o che s e m p l i ce m e n t e sono in fase riproduttiva e non applicano misure anticoncezionali dovrebbero assumere acido folico giornalmente. Una corretta supplementazione di acido folico può ridurre fino al 70% il rischio di difetti del tubo neurale. L’acido folico, infatti, non viene prodotto dall’organismo ma deve essere integrato, la quantità di folati introdotti con l’alimentazione, se varia ed equilibrata, è generalmente adeguata. Alimenti naturalmente ricchi di folati sono, per esempio, le verdure a foglia

verde (spinaci, broccoli, asparagi, lattuga), frutta secca (come mandorle e noci), i legumi (fagioli, piselli), la frutta (kiwi, fragole e arance) e per quanto riguarda i cibi di origine animale fegato e altre frattaglie hanno contenuti piuttosto elevati in folati così come alcuni formaggi e le uova, che vanno però consumati in porzioni limitate e non frequenti. Il processo di cottura però distrugge la grande maggioranza di folato presente nei cibi. Per le donne in età fertile, in gravidanza e allattamento il fabbisogno aumenta, infatti, il Network italiano promozione acido folico raccomanda l’assunzione per la donna in età fertile, che preveda e non escluda una gravidanza, di assumere una quantità aggiuntiva di 0,4 mg al giorno di acido folico a partire almeno da un mese prima del concepimento (periodo pre-

concezionale) e di proseguire per i primi tre mesi di gravidanza. È importante sapere che in Italia, l’acido folico a questo dosaggio è inserito nell’elenco di farmaci a rimborsabilità totale, pertanto, attraverso la prescrizione su ricetta rossa da parte del medico di famiglia è possibile acquistare questo integratore pagando solo il ticket previsto dalla propria Regione. Esistono in commercio alimenti “fortificati”ovvero, con aggiunta di acido folico (fette biscottate, biscotti, succhi di frutta ecc.) per i quali il Network italiano promozione acido folico per la prevenzione primaria di difetti congeniti (del Cnmr-Iss) mantiene un profilo prudenziale considerando il rischio di sovra-assunzione. È importante, infatti, tenere presente che l’assunzione deve essere fatta in modo responsabile e come consigliato per trarne il giusto beneficio.

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REUMATOLOGA

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DI

NELLA SANTORO

in poche parole

Colpisce molti pazienti, indipendentemente da sesso ed età

La Gonalgia: il ginocchio doloroso Si distinguono più forme ed altrettante indicazioni terapeutiche Uno stile di vita sano ed equilibrato è utile per la prevenzione a Gonalgia è il termine medico usato per indicare un generico “dolore al ginocchio” ed è un sintomo riferito molto frequentemente dai pazienti, indipendentemente dalla loro età e dal loro sesso. Si distinguono diverse forme di gonalgia a seconda delle strutture anatomiche coinvolte (capi ossei, tendini, menischi, ligamenti, cartilagine) e soprattutto della localizzazione del dolore articolare (anteriore, mediale, laterale, posteriore). Diverse sono anche le cause di gonalgia. Le più frequenti sono: i traumi (negli sportivi e non), il sovraccarico funzionale (dovuto a dismetrie degli arti, a patologie della colonna vertebrale, ad obesità), l’usura delle strutture anatomiche (per lavori come il muratore o il piastrellista), le malattie infettive (soprattutto batteriche), le malattie metaboliche (gotta, condrocalcinosi), le malattie reumatiche (artriti, artrosi) e i tumori (benigni e maligni). In particolare negli anziani la causa più frequente di gonalgia è

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PODOLOGA

data dall’artrosi del ginocchio, mentre nei giovani e negli sportivi dagli eventi traumatici.

Dal punto di vista clinico la gonalgia può manifestarsi come un dolore di intensità variabile, acuto o cronico e può accompagnarsi a segni locali di calore, tumefazione (in caso di versamento articolare) e limitazione funzionale. Altri sintomi e segni clinici possono essere la deformazione del ginocchio, il senso di debolezza o di instabilità dell’articolazione con conseguente difficoltà a mantenere

la stazione eretta, l’impaccio nei movimenti fino al blocco articolare e gli scricchiolii. Questi sintomi locali possono associarsi a sintomi extraregionali (ad esempio dolore alla colonna vertebrale) e sistemici (ad esempio febbre, astenia), a seconda della causa del dolore articolare. La diagnosi viene posta attraverso un’accurata valutazione clinica del paziente e mirati esami diagnostici (radiografia, ecografia, RMN e TAC), da scegliere sulla base dell’indicazione dello specialista che si orienterà tra i vari tipi di gonalgia. Il percorso terapeutico prevede l’utilizzo di farmaci (analgesici, antinfiammatori, condroprotettori), rimedi riabilitativi e procedure chirurgiche (artroscopia, meniscectomia), laddove

sia necessario. Molto efficaci sono i seguenti accorgimenti e trattamenti: riposo con ginocchio appoggiato su un cuscino; crioterapia (ghiaccio); infiltrazioni di cortisone; sedute di fisioterapia e di agopuntura. Dal punto di vista della prevenzione, è opportuno mantenere un peso corporeo ideale, utilizzare calzature adeguate, correggere i difetti posturali ed eseguire un moderato esercizio fisico. Uno stile di vita sano ed equilibrato serve a mantenere il benessere psico-fisico, utile a prevenire i dolori articolari compresa la gonalgia.

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DI

GRAZIANA MUTI

Biomeccanicamente, l’arto si presenta rigido, non ammortizzato e instabile

Piede cavo, che fare? Le terapie consigliate sono molteplici: dallo stretching All’uso di plantari personalizzati per equilibrare i carichi l piede cavo è un piede il cui appoggio è caratterizzato dalla parziale o completa scomparsa dell’istmo. Significa che in condizione di cavismo, il piede tende a poggiare quasi esclusivamente su tallone e avampiede, escludendo dal carico il mesopiede. Presenterà quindi un arco plantare molto accentuato. Il piede cavo può essere anteriore (equinismo) e quindi l’avampiede risulterà più “basso” (flesso plantarmente) rispetto al retropiede, oppure anterointerno. In base alle cause, possiamo classificare questa condizione podalica come congenita (rara), secondaria (legata a malattie reumatiche o neurologiche infantili, neuropatie periferiche, spina bifida, malattie neurodegenerative) o idiopatica (alcuni studi hanno di-

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mostrato che solo del 15% dei piedi cavi non si conosce la causa o che comunque non sono legati a nessuna patologia o trauma). Le caratteristiche cliniche che caratterizzano questo tipo di piede sono varie: varo di calcagno (primitivo o secondario), avampiede equino addotto, supinazione (appoggio sulla colonna esterna), retrazione in griffe delle dita e instabilità in inversione del piede. Biomeccanicamente, un piede cavo manifesta determinati problemi tra cui un piede rigido, non ammortizzato, ma anche un piede instabile poiché avrà un appoggio in supinazione dal momento che, avendo il retropiede bloccato, tenderà ad andare verso l’esterno. Questo potrebbe avere come conseguenza delle frequenti distorsioni. A livello plantare è tipico ri-

scontrare delle callosità sotto la I e IV testa metatarsale perché queste ultime vengono sovraccaricate. In altri casi però, è possibile trovare un’intera placca ipercheratosica a livello delle teste metatarsali e quasi sempre in questo caso si assiste a una progressiva retra-

zione in griffe delle dita (le cosiddette dita a griffe DA piede cavo). Inoltre, la deformazione del piede, quindi l’accentuazione della volta plantare, implica la riduzione della superficie d’appoggio del piede e quindi la compromissione

funzionale dello stesso. Non è raro infatti, che in un piede cavo si manifestino fenomeni artrosici, fasciti o più in generale ogni tipo di “tallonite”. Le terapie sono molteplici. Intanto è essenziale fare quotidianamente degli esercizi di stretching per allungare il più possibile i muscoli e diminuire così le tensioni. In questo modo migliorerà l’articolarità di tutto il piede e verrà comunque mantenuta la funzione. Ma, per poter camminare in maniera comoda e ripristinare i carichi è essenziale l’utilizzo di un plantare personalizzato che permette di riequilibrare la distribuzione del peso corporeo. É importante rivolgersi a un team di esperti del settore (ortopedici, fisiatri, podologi, tecnici ortopedici, fisioterapisti).

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Incontinenza Femminile

Un ambulatorio dedicato al trattamento dell’incontinenza urinaria della donna. E’ quello inaugurato presso la Clinica Urologica dell’azienda ospedaliero - universitaria Ospedali Riuniti di Foggia, dove sarà possibile eseguire tutte le più moderne tecniche diagnostiche per la cura di questa problematica. Le pazienti incontinenti, una volta inquadrato il problema, verranno avviate ad un trattamento farmacologico o chirurgico presso la Struttura di Urologia degli Ospedali Riuniti dove potranno essere eseguiti tutti gli interventi per la correzione della incontinenza urinaria, anche con l’uso del robot ‘da Vinci’. A tal proposito, i maggiori esperti in ambito nazionale ed internazionale su problemi della incontinenza urinaria si sono confrontati presso il Centro Congressi Casa Cava di Matera per il ‘Secondo Masterclass in Uroginecologia’ organizzato dalla Clinica Urologica degli Ospedali Riuniti di Foggia, diretta dal prof. Giuseppe Carrieri. Nell’ambito del congresso sono state presentate le nuove terapie farmacologiche e le tecniche chirurgiche per il trattamento della incontinenza urinaria realizzate sia dalla Struttura di Urologia del nosocomio foggiano che presso altre prestigiose istituzioni nazionali ed estere. Nel convegno, è stato organizzato anche un “social corner”, moderato da Michele Mirabella, per discutere come far emergere il problema della incontinenza urinaria che per molte donne rappresenta ancora un tabù. Per questo, fondamentale è stata la presenza della ginecologa e sessuologa prof.ssa Alessandra Graziottin per illustrare come queste problematiche possano influenzare anche la sessualità delle donne. Tra gli argomenti dibattuti, anche un tema di grande importanza: l’aderenza alla terapia. Circa il 50 % dei pazienti, infatti, non seguono le terapie che vengono loro prescritte dai medici, sia in ambito uroginecologico che urologico, con importanti aggravi di spesa per il Servizio Sanitario Nazionale.

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PSICOLOGA

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DEBORA PENNA

Siamo disposti a metterci in gioco per raggiungere i nostri scopi?

Quando cambiare fa rima con osare uante volte abbiamo cercato di modificare qualche aspetto della nostra vita, per migliorarne la salute fisica o il benessere psicologico? Ci si prova con tutte le buone intenzioni e con un discreto entusiasmo iniziale. Poi, però, alcuni non raggiungono il loro obiettivo e tendono a procrastinare la scelta di cambiare quella vecchia abitudine dannosa: “So che devo farlo, ma non ci riesco”. Ci si frustra perché non si riesce ad avere uno stile di vita sano, a mettere fine a un rapporto che ci fa soffrire, a fare qual viaggio tanto sognato, a causa, ad esempio, della paura di prendere l’aereo. Tutto ciò con grandi ripercussioni sull’autostima che, al contrario, si nutre quando raggiungiamo e teniamo presente i nostri scopi. Una delle massime autorità sulla psicologia giapponese negli USA, Gregg Krech, spiega che, secondo le scritture zen, esistono quattro tipi di cavallo: il primo è il migliore, perché obbedisce alla volontà del cavaliere prima ancora di vedere l’ombra della frusta; il secondo reagisce non appena sente la sua voce o vede l’om-

Q

Comprendere come affrontare al meglio la vita in varie circostanze, mettere in atto le mosse migliori in linea con i nostri obiettivi e scopi

bra della frusta; il terzo si mette a correre quando avverte il dolore della frusta sulla pelle; il quarto si muove solo quando il dolore gli penetra fino nel midollo delle ossa. Quando si tratta di passare all’azione, che tipo di cavallo siete? L’importante non è essere il cavallo migliore, ma comprendere come affrontare al meglio la vita: circostanze, emozioni, famiglia, malattie, difficoltà, delusioni. Comprendere cosa fare, quando e come farlo al meglio

AVVOCATO

delle proprie possibilità senza che arrivi la ‘frusta’ alle spalle. La vita si vive ogni giorno ed è in quel giorno che mettiamo in atto le mosse migliori in linea con i nostri obiettivi e scopi. Ma come si fa a sapere se quel cambiamento è quello migliore per sé? Chiedersi “Qual è il mio obiettivo? Che tipo di persona voglio essere? Cosa mi piace realmente?” è un ottimo modo per verificare se ciò che si sta facendo è davvero ciò che occorre fare. Proseguendo nello scopo, ci si può autodisciplinare, ma non a scapito della spontaneità e della leggerezza. Il problema è che alcuni sono più inclini alla spontaneità che alla autodisciplina: è abbastanza facile lasciarsi distrarre e molto più difficile concentrarsi su ciò che sappiamo di dover fare. Ma anche quando ciò che

si dovrebbe fare è chiaro, emergono le difficoltà, come la paura di non farcela, che alla fine ci blocca, facendoci restare nella zona di sicurezza in cui, nonostante sia dannosa, ci restiamo per paura del fallimento. Allora diventa fondamentale familiarizzare con il concetto di “ri-

schio”: viviamo in una società che raccomanda continuamente di non correre rischi, perché sono negativi e pericolosi. Da un lato ciò è vero, il problema nasce quando la ricerca di

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sicurezza domina tutta la nostra esistenza e non si lascia spazio a nessun rischio, anche a quello di fallire. Se ci pensiamo bene, le azioni che hanno modificato profondamente in meglio le nostre vite sono il risultato di una profonda riflessione e di un cambiamento che implica il rischio; quindi, rinunciare alla sicurezza del momento per ricercare qualcosa che ci migliori, pur correndo qualche rischio. Quanto siamo disposti a osare per raggiungere i nostri scopi? La verità è che non esiste un modo sicuro per farlo. Allora bisogna abituarsi alla paura e all’ansia che accompagnano il percorso di cambiamento, come anche alle insicurezze quando si affronta qualcosa di nuovo. Il rischio più grande è restare fermi, e non c’è età giusta per iniziare ad essere come si vuole essere. Concludendo con le parole di Lao Tzu: “Un viaggio di mille miglia comincia con il primo passo”.

DI

VALENTINA DINISI

È uno dei delitti che interessa più diffusamente gli anziani

Abbandono del genitore incapace: e i figli? Ogni abbandono può comportare un pericolo, che è da solo sufficiente a far scattare il reato er il figlio che non aiuta il genitore che si trovi in difficoltà, scatta il reato di abbandono di persone incapaci. E a dirlo è la norma del codice penale all’articolo 591 per cui l’“abbandono” è integrato “da qualunque azione od omissione contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia) che grava sul soggetto agente e da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l’incolumità del soggetto passivo”. Anche la giurisprudenza è concorde nel ritenere l’esistenza di questo reato in situazioni del genere. Ed infatti, recentemente il Tribunale di Firenze ha condannato un uomo per essersi disinteressato totalmente della propria madre, affetta da psicosi cronica con deficit cognitivo e lasciata a vivere isolata e in stato di degrado, sia morale che materiale. Il reato di abbandono di persone incapaci previsto dall’articolo 591 del codice penale è uno dei delitti contro la vita e l’incolumità individuale che interessa più diffusamente gli anziani, soprattutto se malati e non autosufficienti. Per la sussistenza di questo delitto non è necessario che si verifichi un danno, ma basta che, in conseguenza dell’abban-

dicamente” alla sua custodia. Il figlio, infatti, riveste sempre una posizione di garanzia nei confronti del genitore. Si tratta, oltre che di un dovere morale di cura, di un dovere giuridico, che trova le sue fonti non solo nel codice penale, ma anche nella Costituzione italiana alla cui base vi è il riconoscimento della famiglia come società naturale, ove si svolge la personalità dei singoli e l’adempimento dei doveri di solidarietà sociale. Anche dal punto di vista civilistico è possibile rinvenire quelle regole che impongono il dovere di rispetto dei figli verso i genitori, che diventa concretamente stringente in caso di stato di bisogno ed incapacità del genitore a provvedere al proprio

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dono, si verifichi un pericolo per la incolumità personale del soggetto incapace che viene abbandonato da chi ne ha la custodia o ne debba avere cura. Il delitto è certamente integrato allorquando un soggetto tenga condotte contrarie all’obbligo giuridico di cura che grava sullo stesso e si verifichi un pericolo per la persona trascurata. E a poco può valere il tentativo difensivo di sottolineare che sullo stesso figlio non gravi l’obbligo di assistenza solo perché il genitore non è affidato “giuri-

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mantenimento. Ma torniamo al reato. La norma di cui all’articolo 591 codice penale tutela il valore etico-sociale della sicurezza della persona fisica in caso di determinate situazioni di pericolo. Ad ogni situazione che richiede una protezione, si esige che il soggetto garante si attivi, in quanto ogni abbandono può comportare un pericolo, che è da solo sufficiente a far scattare il reato. Lasciare il padre anziano da solo può costituire, dunque, un’ipotesi di abbandono di persone incapaci penalmente sanzionata. Il delitto di cui all’articolo 591 del codice penale è perfettamente integrato allorquando un soggetto tenga condotte contrarie all’obbligo giuridico di cura su di lui gravante e si verifichi un pericolo per il soggetto trascurato. Autore del reato in questione è la persona che riveste una posizione di garanzia, come nel caso di un figlio nei confronti del genitore anziano e, in forza di questa relazione ha il dovere di non abbandonarlo. Se lo abbandona, con la coscienza e consapevolezza di lasciarlo in una situazione di pericolo, è penalmente responsabile.


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ambienti a tendenza dell’edilizia, oggigiorno, vuole case sempre più piccole, con requisiti minimi dei locali di abitazione davvero stringati (14 mq medi per abitante). Lo si vede negli appartamenti di nuova progettazione, lo si verifica nelle proposte di arredamento che, disponendo di superfici davvero condensate, tentano di inseguire soluzioni salvaspazio, sempre più tecnologiche e meno invasive. Dunque, sebbene la disponibilità di metri quadri sia in netto calo, la zona giorno gode di un momento di rinascita e valorizzazione. L’aspetto di maggior rilievo è l’importanza di uno spazio di comunione nel ménage sociale degli abitanti di una casa, grazie al suo valore di unione e convivialità, e per questa ragione la cucina tende ad ampliarsi, a discapito delle camere da letto e dei servizi, e della zona notte più in generale. Poi, che si possa inseguire l’idea più attuale di open space o della concezione di cucina loft, o che si desideri semplicemente una cucina cosiddetta “abitabile” (cioè che include anche lo spazio per tavolo e 4 sedie, quindi con superficie non inferiore ai 10 metri quadri), grazie alla progettazione componibile, si moltiplicano in ogni caso le soluzioni compositive tra cui scegliere, o arricchendosi di soluzioni diversificate che includono anche elementi con funzioni tipiche di una zona giorno, come le cucine a isola o a penisola, o basandosi sul concetto elementare di ampliamento ed apertura delle tipologie tradizionali ad angolo o lineari.

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Sviluppi contemporanei dello spazio principe della zona giorno

Una cucina a misura di casa

DI SIMONETTA CAMPANELLA ARCHITETTO

Soluzioni salvaspazio, sempre più tecnologiche e meno invasive La configurazione più tradizionale è quella lineare: questa tipologia risulta utile per ottimizzare l’utilizzo di spazio in ambienti rettangolari stretti e lunghi. Al suo interno, i nostri elementi d’arredo modulari vengono disposti lungo una parete sola e davanti ad essi viene lasciato libero uno spazio “di manovra”. Per incrementare la funzionalità di uno spazio così progettato, si suggeriscono ante a bascula, o a ribalta, tali da non generare ingombri aggiuntivi e da consentire la presenza di un tavolo per consumare i pasti con relative sedie. La seconda configurazione, anch’essa piuttosto usuale, è quella da angolo. In questo modo di comporre gli elementi, si dispongono questi ultimi su due pareti contigue. Inoltre, si cerca di ottenere il più possibile la specializzazione di una delle due pareti (ad esempio a dispensa, o concentrando in essa tutte le colonne), mantenendo invece sull’altra parete gli elementi bassi, con o senza pensili, di maggiore operatività, quali lavello, piano cottura, forno, piano di

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lavoro, rendendo più agevoli le attività di preparazione. Le cucine con penisola, invece, rappresentano il primo tipo di configurazione-ponte tra la zona cucina e la zona living. Caratteristica della penisola è

il fatto di essere un elemento continuo rispetto al top della cucina, dotato di molteplici vocazioni: contenitore, piano di lavoro, piano cottura, bancone, finanche alloggiamento del lavabo. Tali predisposizioni rendono questa composizione di cucina, basata sulla “continuità”, il vero cuore della casa. Qualora si volesse sottolineare il valore di elemento che dialoga con la zona giorno, si suggerisce l’utilizzo di elementi di testata a giorno come mensole e librerie. Infine, le cucine con isola rappresentano le cucine che richiedono la disponibilità di spazi maggiore tra tutti i tipi finora elencati, oltre a una forte attenzione alla progettazione impiantistica. L’isola, come già la penisola, può integrare lavello e piano cottura e lascia da parte la parete dei contenitori, della dispensa, delle colonne, da cui si stacca di almeno 120 cm, che rappresentano lo “spazio di manovra”. L’isola, infatti, rappresenta il fulcro dell’operatività complessiva di quell’ambiente: lì si può lavorare in modo omnidirezionale verso lo spazio circostante e diventa non solo il cuore della cucina, ma anche la quinta scenica di tutto l’ambiente. Grazie all’elemento isola, si possono collegare anche elementi di grande impatto dimensionale come cappottiere integrate, o altri più bassi come piani snack, contenitori a giorno e tavoli estraibili.


turismo

Una raccolta fondi per salvare il monumento simbolo degli emigranti

Il crowdfunding per liberare ‘La Partenza’ dall’incuria Parte da San Marco in Lamis l’iniziativa di Laura e Daniela Pirro enso di appartenenza, nostalgia, dolore del distacco, desiderio di ritornare. Era stato dedicato a quanti abbiano provato, e proveranno, questi sentimenti, il gruppo scultoreo de ‘La Partenza’, realizzato nel 2004 dall’artista, scultore, poeta e scrittore, Filippo Pirro, con il contributo dell’amministrazione comunale, e donato alla cittadinanza di San Marco in Lamis. Un omaggio a coloro i quali sono costretti ancora oggi ad allontanarsi dal ‘borgo natio’ per cercare fortuna altrove, un sentimento comune non soltanto agli abitanti di San Marco ma di qualsiasi altro paese della provincia del Sud.

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Ed è proprio a loro che fanno appello Laura e Daniela Pirro, figlie di Filippo, per salvare l’opera da incuria e vandalismo. Il gruppo scul-

toreo in bronzo, raffigurante i tre emigranti, padre madre e figlioletto, si muove sullo sfondo de ‘Il Paese’: case, vicoli e stradine di San Marco fedelmente ricostruite e realizzate in terracotta. Il progetto originario ne prevedeva la messa in opera in bronzo, per contenere i costi venne però realizzato in terracotta, debitamente trattata per resistere agli agenti atmosferici per un tempo limitato e con il proposito di provvedere al più presto alla sostituzione. Sono passati più di dieci anni e, oggi, ‘Il Paese’ appare seriamente danneggiato dalle intemperie, dallo scorrere del tempo, e, soprattutto, da incuria e vandalismo. Dopo la morte del padre, Laura e Daniela sentono l’urgenza di intervenire. Per onorarne la memoria, certo, ma anche per restituire agli abitanti di San Marco l’opera così come era stata immaginata per loro. Lo scorso dicembre, con l’adozione da parte del gruppo dei Lions di San Marco, La Partenza, che ormai giaceva in stato di semiabbandono e al buio, è stata nuovamente dotata di illuminazione.

Questo ha letteralmente riacceso l’attenzione sul monumento ed è stato l’input per le sorelle Pirro ad avviare una campagna di crowdfunding, una raccolta fondi lanciata sulla pagina Facebook ‘La Partenza’ e sul sito Il sentiero dell’anima.org, per promuoverne il restauro. “Vorremmo convertire la parte in terracotta in bronzo, così come era stata immaginata da mio padre. Abbiamo stimato che servirebbero all’incirca 12.000 euro - spiega Laura - Abbiamo fatto diversi sondaggi e sentito varie fonderie, ci siamo

occupate di visionare le carte del progetto per realizzare una ricostruzione in 3D delle parti mancanti. Ci occuperemo noi di tutto, gratuitamente: manodopera e direzione artistica sono assicurate ma abbiamo bisogno di fondi per quanto riguarda le spese della fonderia”. Il Paese, infatti, ha perso il campanile e alcune case e la conservazione su un supporto tanto fragile non è garantita in futuro. Le donazioni potranno essere effettuate su: IBAN IT45N0567617295PR0000406499, intestato a Daniela Pirro, con causale “donazione volontaria per il restauro del monumento La Partenza”. Si può donare anche tramite paypal : info.ilsentierodellanima@gmail.com Per le donazioni pari o superiori a 100€, il donatore vedrà inciso il proprio nome sulla targa di ringraziamento che sarà apposta ai piedi del monumento stesso. Ma c’è bisogno del più piccolo contributo, da parte di tutti. “Anche pochi euro possono fare la differenza”, spiega Laura. Stanno già arrivando numerose donazioni, in particolare da chi vive lontano da San Marco, segno che l’amore per il paese natale ci segue ovunque andiamo e non finisce mai di tenerci legati ai luoghi cari. Ilaria Di Lascia

Il turismo lento è sempre più diffuso, ma in pochi sanno cos’è

Slow Tourism, un nuovo modo di viaggiare L’esperienza ideale per un viaggiatore alla ricerca di tipicità e autenticità: La filosofia dietro una vacanza particolare e a basso impatto ambientale arebbe bello allontanarsi dalla frenesia quotidiana per dedicare un po’ di tempo a sé e al proprio relax. Ma come si fa? Nell’ultimo decennio, la crisi economica e la carenza di risorse hanno inciso fortemente sulle modalità di viaggio. Ormai, si è ben lontani dal turismo di massa e dalle classiche vacanze “mordi e fuggi”. Il turista, oggi, ha sempre meno disponibilità di denaro e di tempo. La domanda turistica, infatti, si indirizza alla qualità e cioè a strutture sostenibili e verso cibi biologici o a kilometro zero. Si è mai sentito parlare di Slow Tourism?

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Letteralmente “turismo lento”, una nuova filosofia socioculturale di viaggio basata sul turismo a basso impatto ambientale. Esso consiste nella scoperta dei territori rispettando la natura, gli usi e i costumi di un luogo. Come sostiene il geologo G. CòrnaPellegrini, “Esplorare la terra è un modo di amarla!”. Ma vediamo un po’ più da vicino cos’è lo Slow Tourism. Per capirne la sua identità, ci si deve focalizzare sui sei dimensioni principali: tempo, riappropriarsi dei propri “spazi” intimi; lentezza, per conoscere un luogo con occhi nuovi; emozione, lasciarsi andare alle sensazioni suscitate dal

luogo; autenticità, vivere un’esperienza insolita ed originale; contaminazione, abbandonare i pregiudizi e comunicare con culture diverse dalla propria; sostenibilità, viaggiare nel rispetto del territorio e in sintonia con la comunità autoctona. Sia nel caso di incoming (turisti stranieri in Italia) sia di outgoing (turisti italiani all’estero), il viaggiatore è alla ricerca di qualcosa di autentico, mai vissuto prima. Oltre all’arte senza eguali, alla radicata storia locale, l’Italia detiene beni naturalistici di inestimabile valore: vaste valli, infiniti laghi, vulcani ancora attivi, sentieri incontaminati, splendide coste, vigneti, colline. Insomma, l’ambiente ideale, in cui la cultura dello slow travel si incastra perfetta-

mente. Ed è così che il valore delle sagre di paese, del prodotto tipico, della cultura e della tradizione rurale aumenta tanto da poter attirare turismo anche nei periodi di bassa stagione.

Certamente, le città d’arte, chiese, musei e monumenti sono ancora la principale attrazione. Ad esse, però, si

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MICHELA SERAFINO SOCIOLOGA

aggiungono estese aree di interesse naturalistico e località bucoliche, contesti dove il visitatore potrà immergersi in quelli che sono gli autentici stili di vita locali attraverso l’ospitalità in strutture ricettive sostenibili come agriturismi, bed and breakfast, fattorie didattiche ed alberghi diffusi (case e camere che distano a circa 200m dal centro storico, nucleo dei servizi) e tramite innumerevoli attività sportive e naturalistiche: trekking, biketour, birdwatching, itinerari degustativi (es: strade del vino o vie dell’olio), ippoturismo, houseboat, ecc. Tutto ciò comporta l’abbandono dell’automobile per muoversi con mezzi di trasporto pubblico, a piedi, in bici e a cavallo. Tuttavia, bisogna fare ben attenzione a non confondere il turismo slow con la classica “gita fuoriporta” della domenica. Il turismo lento è un modo di viaggiare differente verso destinazioni che sanno creare un sistema ricettivo integrato a 360°, con servizi completi e di qualità tutto l’anno, tali da muovere l’economia delle piccole comunità rurali e garantendo un’opportunità di crescita e promozione territoriale nel rispetto dell’ambiente. Si tratta di una formula di turismo compatibile con il territorio sia in termini di ospitalità sia di accessibilità verso tutti.

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