Giovanni Colacicchi fotografo

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Immagini del Lazio meridionale 3

Manuela Pacella

GIOVANNI COLACICCHI FOTOGRAFO

Istituto di storia e di arte del Lazio meridionale Anagni 2011


Š Istituto di storia e di arte del Lazio meridionale Palazzo Bonifacio VIII I - 03012 Anagni (Italy)

La BancAnagni Banca di Credito Cooperativo, che qui si ringrazia, ha promosso la stampa del presente volume

Curatore: Giampiero Raspa Impaginazione e design: Real&Virtual - Elide Bottini

Finito di stampare ecc.


Sommario A. NATALIA E G. RASPA, Premessa

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F. COLACICCHI, La giornata di lavoro di mio padre

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GIOVANNI COLACICCHI FOTOGRAFO

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Introduzione

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1. Da Anagni a Firenze: La famiglia Colacicchi e la fotogra a

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2. L’immagine di sé e il rapporto problematico con la fotogra a

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3. Modelli visivi per l’opera artistica e uso creativo della fotogra a

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DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

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Indice delle tavole

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Indice dei nomi

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PREMESSA Il libro che qui si pubblica è opera di Manuela Pacella, giovane studiosa di arte e di storia della fotogra a, che con lungo e metodico lavoro ha raccolto una vasta e preziosa documentazione fotogra ca di primissima scelta, per la maggior parte originale e inedita, a testimonianza dell’ interesse di Giovanni Colacicchi per la fotogra a, interesse divenuto nel tempo vera e propria passione. Il lavoro di riordino sistematico da lei realizzato sul ricco materiale disponibile, analizzato con grande attenzione e competenza, l’ha condotta alla “scoperta” della produzione fotogra ca del pittore, dalla quale si può cogliere in eri il suo progressivo coinvolgimento anche emotivo con il nuovo mezzo tecnico, che per le sue eccezionali possibilità allora d’avanguardia rappresentò all’inizio del secolo XX una moda e una passione che prese molte delle menti più vive e vivaci della nostra cultura. La pubblicazione rappresenta una scelta che iniziò a maturare sin dal tempo del Convegno, svoltosi ad Anagni nell’ottobre 2007, nell’auditorium della Cooperativa Hernica Saxa, dedicato alla gura di Giovanni Colacicchi, convegno organizzato dall’Associazione culturale “Anagni viva” e dall’Istituto di storia e di arte del Lazio meridionale, col sostegno di BancAnagni. Nell’occasione, coordinati da Anna Natalia, parlarono Susanna Ragionieri, Giampiero Raspa, Manuela Pacella e Francesco Colacicchi. Quest’ultimo, uno dei gli di Giovanni Colacicchi, portò una testimonianza affettuosa raccontando una giornata di lavoro del padre. Susanna Ragionieri, considerata tra i principali studiosi, conoscitori e critici dell’opera del pittore, spaziò in un dotto quadro complessivo della sua produzione. Giampiero Raspa approfondì alcuni temi, già da lui toccati in un precedente scritto, sull’amicizia che lo legò all’artista. Fra tutti gli interventi, quello che risultò più denso di novità e tale da attirare subito l’attenzione e l’interesse del pubblico fu appunto l’intervento di Manuela Pacella, che dette qualche primo saggio del suo studio su Giovanni Colacicchi fotografo che qui adesso si pubblica integralmente e con il suo corredo completo di documentazione fotogra ca. Abbiamo ritenuto consono al carattere dell’iniziativa far precedere l’opera, che raccoglie un gran numero di fotogra e, scattate tra gli anni venti e i primi anni novanta dello scorso secolo, dalla testimonianza liale di Francesco Colacicchi; il libro rappresenta a nostro parere una ulteriore espressione dell’unanime sentimento di ammirazione, affetto e stima profonda che circonda la gura di un uomo ed artista che vivente ha onorato Anagni e sempre più la onora nella intatta e riconoscente memoria.

Anna Natalia e Giampiero Raspa Anagni, 15 ottobre 2011

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La giornata di lavoro di mio padre Un anno fa davanti a un pubblico partecipe e attento nella ex chiesa di San Paolo ho parlato di come mio padre organizzasse le sue giornate di lavoro. Per l’occasione avevo portato da Firenze alcuni suoi quadri che si aggiungevano a quello degli Arcazzi della Banca di Anagni e all’altro prestato dalla famiglia Ranzani. Aver di fronte un pubblico interessato, come raramente avviene, è stata una spinta a trovare le parole giuste per cercare di descrivere come lavorava mio padre. Mi trovo adesso a ricordare quello che dissi allora, ma certamente non sarà facile, in uno scritto necessariamente più freddo della parola detta, ritrovare l’emozione di quell’incontro con tanti amici. Nel 1946 mio padre pubblicò un breve saggio e l’intitolò La Totalità della commozione nell’arte, e in questo testo mi sembra che una frase riassuma bene il suo pensiero sull’arte e sulla vita. “Non è opera d’arte o di poesia quella che non abbia impegnato intero l’uomo che l’ha prodotta e che pertanto non possa prendersi a documento dell’intera sua umanità”. Proprio su questo enunciato si è basato il suo lavoro e posso dire che mio padre predicava bene e razzolava meglio. Il suo essere solare e risoluto, deciso a prendere il meglio che la vita possa offrire, lo portava naturalmente a lavorare con costanza e metodo straordinari. In particolare nei mesi estivi dipingeva paesaggi e sempre in posti allora bellissimi - in Calabria, in Campania, nel Lazio, in Toscana. Si alzava con la prima luce del mattino e per alcuni giorni esplorava a piedi i luoghi che poteva raggiungere con la sua cassetta dei colori, a volte anche a un’ora di cammino dalla sua abitazione, e faceva solo dei disegni, spesso rapidissimi, ma a volte più condotti, con un accenno di chiaroscuro; quasi sempre con l’indicazione dell’ora giusta per iniziare il lavoro e con la dimensione della tela da adoperare: per esempio: ore 7 – 45 x 70. Solo dopo qualche giorno iniziava a dipingere e poteva portare avanti anche tre quadri nella stessa giornata. Diceva che mettersi davanti a una tela bianca era ogni volta un’emozione. Se faceva dei disegni più niti del primo schizzo li quadrettava e poi li ingrandiva sulla tela in studio, spesso uno studio di fortuna. Dipingeva dal vero e io, che anche sono pittore, posso dire che questo modo di lavorare dà molta maggior libertà che non dipingere da fotogra e o da diapositive proiettate sulla tela; metodo che oggi adoperano quasi tutti i pittori che si de niscono iperrealisti. Mio padre si è servito della fotogra a più che altro per ssare col modello pose troppo dif cili per poter esser tenute il tempo suf ciente o, proprio come fanno tutti, per ricordarsi i luoghi visitati. Una volta in Sud Africa l’ha usata per disegnare il volo di uno stormo di gabbiani. Per i dettagli dell’uso che mio padre ha fatto della fotogra a si veda l’interessante scritto di Manuela Pacella. Nei mesi in cui non poteva dipingere all’aperto il suo lavoro naturalmente si svolgeva secondo ritmi e modi diversi. E qui parlerò solamente del suo lavoro di pittore, perché la sua umana natura lo portò alle più svariate attività. Era nato con la vocazione della poesia e della letteratura e per tutta la vita ha scritto di arte e di politica dell’ambiente. Nel dopoguerra ha combattuto per tentar di impedire i disastri di una ricostruzione per realizzare la quale lo sviluppo delle città è stato, per dirla con Cederna, disegnato dalla matita degli speculatori. L’arte, in particolare la pittura, fu da lui scoperta a Firenze dove arrivò sedicenne e dai suoi racconti so che per lui fu importantissima insieme alla facilità con cui poté incontrare le più belle menti di quegli anni ’20 e ’30 in cui si formò. La tecnica del dipingere la imparò da Francesco Franchetti. I

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caffè, famoso quello delle Giubbe Rosse, erano luoghi dove ci si confrontava con Montale, Carocci, Rosai, Bramanti, Capocchini, Martinelli e tanti altri, molti gli stranieri – D.H. Lawrence ogni tanto passava di lì. Quasi un anno lo passò in Sud Africa dove arrivò nel 1935 e dove lavorò a dir poco freneticamente. Credo dipingesse più di settanta quadri. In uno di questi, che è dei più belli, Il Faro di Monille Point, un raggio di luce illumina un gabbiano in volo e ricorda certi lavori di Hopper, pittore che certamente a quel tempo mio padre non conosceva. Per dipingere questo volo di uccelli usò una serie di fotogra e che usò anche per Gli Esuli, proprio per non obbligare gli amici da ritrarre a pose troppe lunghe. I suoi quadri non hanno nulla di fotogra co, e in questo si distinguono da Hopper. La luce è quella delle predelle del ‘400. La tecnica è quella della pittura a olio come fu scoperta nel suo splendore prima dai Veneti poi da Velasquez e dagli Impressionisti. Una pittura con uno spessore del colore che la rende ricca e generosa. Tornato a Firenze nel 1936, nel 1939 iniziò a insegnare all’Accademica di Belle Arti di quella città e così la sua giornata si arricchì anche dal contatto con giovani artisti di tutto il mondo. Negli anni ’50 gli fu chiesto di fondare e dirigere un’Accademia di Belle Arti a Bogotà, ma poi venne una delle tante rivoluzioni che allora, in quel paese, erano il modo usuale di cambiar governo e così, invece di mandare in Colombia mio padre, arrivarono a Firenze molti bravissimi studenti di quel paese. Di questi Botero è, forse, quello diventato più famoso. Io ricordo bene mio padre dai primi anni ’50 – nel ’52 avevo dieci anni e allora, come ho accennato, la sua giornata di lavoro era molto ordinata. D’inverno si svegliava prestissimo per scrivere, in quegli anni si occupò nuovamente di critica d’arte sui giornali di Firenze. Spesso preparava da sé le sue tele (ed era bello vedere tutte quelle tele, prima con la colla poi con l’imprimitura a gesso, tutte stese ad asciugare) e si occupava di quello che gli artisti chiamano “la cucina” della pittura. Tenere pulitissimi i pennelli, la tavolozza, i colori. Ricordo che una volta ri utò con fermezza (ma cercando di non offendermi) una mia tavolozza perché gli pareva tenuta male, troppo incrostata di colori - e pensare che a me pareva pulitissima! Il pomeriggio, almeno due o tre volte la settimana, disegnava e dipingeva la modella o il modello necessari al quadro che portava avanti. Erano sedute molto intense e faticose per il modello - lo so bene io che qualche volta ho dovuto posare quando non c’era di meglio. Un lavoro fatto sia con modelli professionisti che non professionisti è stato quello per la Banca Commerciale di Firenze nel ’62. Il quadro di due metri per dodici e mezzo gli costò quasi un anno di lavoro. Sei mesi solo per il bozzetto e per i cartoni. Ricordo con quanta cura quadrettò questo bozzetto per ingrandirlo su fogli di carta tesi come tamburi su telai di legno. Questi fogli, abbastanza sottili ma grandi quanto il dipinto, si chiamano cartoni, non perché di grammatura pesante, ma perché sono carte di grandi dimensioni, cartoni appunto. E su questi mio padre disegnava a carboncino e poi ssava i disegni con un ssativo, altrimenti a toccarli il segno si sarebbe distrutto. Ricordo che lo aiutai io a calcare su pannelli telati questi cartoni che per fortuna ancora posseggo e sono molto belli. Sui sentimenti che mio padre provava quando dipingeva nature morte o paesaggi lui stesso ha scritto e vale forse la pena ricordare le sue parole a conclusione di questa mia testimonianza. “[Concepisco la natura morta] come parte o episodio di un paesaggio… La scelta degli oggetti può

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essere fatta nel ricordo di un certo paese, come suo simbolo, o per il loro potere di riportarlo alla memoria. Per anni, dopo essere stato al Capo di Buona Speranza, ho continuato a rivedere le sponde colme di conchiglie azzurrine, di valve polverizzate; negli intermittenti silenzi fra gli arrivi fragorosi dell’onda oceanica il leggero crepitio delle membrane seccate al sole. Dei paesaggi posso dire che sono stati l’occupazione più frequente, quasi continua della mia vita […] alcuni sono stati dipinti di ricordo; ma i più dal vero; come forse si può vedere da un modo di condurre il lavoro, in questi leggermente più concitato; magari per il mutare della luce, o del tempo. O per quella nervosa stanchezza che prende sul nire. Ma si può dire che quando si dipinge sul vero spesso si perde l’esatta coscienza delle reali condizioni in cui ci si trova, e quasi ci si sente non più davanti al paese, ma in esso, nel vento e nel sole. Allora nel dipingere c’è il piacere quasi sico d’un abbandono, d’una totale dedizione di se stessi”. Francesco Colacicchi Firenze, novembre 2008

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GIOVANNI COLACICCHI FOTOGRAFO



Introduzione Il mio interesse verso la produzione fotogra ca del pittore Giovanni Colacicchi (Anagni 1900 – Firenze 1992) ha un’origine lontana.1 Risale, infatti, al 2005-2006, quando iniziai ad appassionarmi

1 Sulla storia della fotogra a si veda: E.F. SCOPINICH, Fotogra a. Prima rassegna dell’attività fotogra ca in Italia, Milano 1943; W. BENJAMIN, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Arte e società di massa, Torino 2000 (1966); A. SCHARF, Art and Photography, London 1974 (1968); L. CARLUCCIO – D. PALAZZOLI (a cura di), Combattimento per un’immagine. Fotogra e Pittori, catalogo della mostra, Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino, Torino, marzo – aprile 1973; S. SONTAG, Sulla fotogra a, Torino 2004 (1978); P. BECCHETTI, Fotogra e fotogra a in Italia. 1839-1880, Roma 1978; Fotogra a italiana dell’Ottocento, Milano-Firenze 1979; C. BERTELLI - G. BOLLATI, Storia d’Italia. Annali 2. L’immagine fotogra ca. 1845-1945, t. 1-2, Torino 1979; R. BARTHES, La camera chiara. Note sulla fotogra a, Torino 2003 (1980); A. SCHWARZ, La guerra rappresentata, in “Rivista di storia e critica della fotogra a”, Torino 1981; F. ZERI, Storia dell’Arte Italiana. Gra ca e Immagine. II. Illustrazione fotogra a, parte III, vol. II, tomo 2, Torino 1981; P. GALASSI, Prima della fotogra a. La pittura e l’invenzione della fotogra a, Torino 1989 (New York 1981); B. NEWHALL, Storia della fotogra a, Torino 1984 (New York 1982); P. BECCHETTI, La fotogra a a Roma dalle origini al 1915, Roma 1983; P. FOSSATI – L. VERONESI, Luigi Veronesi. Fotogrammi e fotogra e, Torino 1983; F. ALINOVI, Fotogra a. La fotogra a in Italia negli anni Trenta, in gli AnniTrenta. Arte e Cultura in Italia, catalogo della mostra, Palazzo Reale – Galleria del Sagrato – Arengario, Milano 1983, pp. 409-434; E.A. MCCULEY, A.A.E. Disdéri and the Carte de visite Portrait Photograph, New Haven e Londra 1985; P. COSTANTINI – I. ZANNIER (a cura di), Luci ed Ombre. Gli annuari della fotogra a artistica italiana 1923 – 1934, catalogo della mostra, Firenze 1987; F. HEILBRUN – P. NÉAGU, Pierre Bonnard Photographe, Firenze 1988; C. BERTELLI, Iter italico fotogra co, in G. Celant - P. Hulten (a cura di), Arte Italiana. Presenze 1900-1945, catalogo della mostra, Palazzo Grassi, Venezia 1989, pp. 51-58; M. MIRAGLIA, Culture fotogra che e società a Torino. 1839-1911, Torino 1990; S. BORDINI, Aspetti del rapporto pittura-fotogra a nel secondo Ottocento, in La pittura in Italia. L’Ottocento, Milano 1991, vol. II, pp. 581-601; G. BENASSATI - A. TROMELLINI, Fotogra a & Fotogra a Bologna. 1839-1900, Bologna 1992; H. SCHWARTZ, Arte e Fotogra a. Precursori e in uenze, Torino 2002 (1992); T. GREGORY - M. MORELLI, L’Eclisse delle Memorie, Bari 1994; R. KRAUSS, Teoria e storia della fotogra a, Milano 2000 (1996); G. BORGHINI (a cura di), Il mondo in Stereoscopia. Henry Le Lieure fotografo e collezionista, catalogo della mostra, Chiesa del complesso monumentale del San Michele, Roma, dicembre 1996 – gennaio 1997; N. ROSENBLUM, Une Histoire Mondiale de la Photographie, Paris – New York – Londres 1998; A. BALDASSARI, Picasso e la fotogra a. Lo specchio nero, Firenze 1998; L. SCARAMELLA, Fotogra a. Storia e riconoscimento dei procedimenti fotogra ci, Roma 1999; Strutturazione dei dati delle schede di catalogo: beni artistici e storici. Scheda F, prima parte, ICCD, Roma 1999; D. M. KOSINSKI (a cura di), The Artist and the Camera: Degas to Picasso, catalogo della mostra, San Francisco Museum of Modern Art, San Francisco, 2 ottobre 1999 – 4 gennaio 2000 – Dallas Museum of Art, Dallas, 1 febbraio – 7 maggio 2000; S. BERSELLI - L. GASPARINI, L’archivio fotogra co. Manuale per la conservazione e la gestione della fotogra a antica e moderna, Bologna 2000; S. PALMA, L’Eritrea di Luigi Naretti, in “Quaderni Storici”, 109, n. 1, aprile 2002, pp. 83-147; M. DI DIO - E. SCAGLIA (a cura di), Gli Interguglielmi. Una dinastia di fotogra , catalogo della mostra, Loggiato di San Bartolomeo, Palermo, 7 febbraio – 19 marzo 2003; G. GUERCI - E. MINERVINI - R. VALTORTA, La catalogazione della fotogra a. La documentazione fotogra ca dei beni culturali, Museo di Fotogra a Contemporanea Villa Ghirlanda, Cinisello Balsamo 2003; A. CARTIER-BRESSON - A. MARGOTTA (a cura di), Roma 1850. Il circolo dei pittori fotogra del Caffè Greco, catalogo della mostra, Musei Capitolini, Palazzo Caffarelli, Roma, 29 novembre 2003 – 25 gennaio 2004 – Maison Européenne de la Photographie, Paris, 11 febbraio – 18 aprile 2004; U. LUCAS, Storia d’Italia. Annali 20. L’immagine fotogra ca 1945-2000, Torino 2004; I. PULINI - C. DALL’OLIO (a cura di), Sguardi da lontano, catalogo della mostra, Museo Civico Archeologico Etnologico, Modena, 18 dicembre 2005 – 18 giugno 2006; L. SELLA (a cura di), Paesaggi Verticali. La fotogra a di Vittorio Sella 1879-1943, catalogo della mostra, GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino, 26 gennaio – 17 aprile 2006; D. CAVALLI – A. MARGIOTTA – F. PIRANI (a cura di), Giuseppe Cavalli fotogra e 1936 – 1961, catalogo della mostra, Museo di Roma – Palazzo Braschi, Roma, 8 aprile – 31 maggio 2006. Su Giovanni Colacicchi si veda la seguente selezione bibliogra ca: Premio Ussi, catalogo della mostra, Palazzo delle Esposizioni, Roma, ottobre 1924; Prima Mostra del Novecento Italiano, catalogo della mostra, Palazzo della Permanente, Milano, febbraio - marzo 1926; C. CARRÀ, Novecenteschi Toscani, in “L’Ambrosiano”, Milano, 22 dicembre 1928; A. DEL MASSA, Mostra personale del pittore Giovanni Colacicchi, in “La Nazione”, Firenze, 16-17 novembre 1930; A. LORIA, Mostra individuale di Giovanni Colacicchi, in XVIII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, catalogo della mostra, Venezia, maggio-novembre 1932, pp. 124-125, ripr. p. 73; O. ROSAI, Mostra Colacicchi, in “L’Impero”, Roma, 2 febbraio 1933; E. VITTORINI, Mostre orentine: Peyron – Colacicchi, in “L’Italia Letteraria”, Roma, 12 febbraio 1933; R. FRANCHI, Mostra del pittore Giovanni Colacicchi a Firenze, in “Il Popolo di Roma”, Roma, 14 febbraio 1933; D.H. LAWRENCE,

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di fotogra a durante il corso di Storia del cinema e della fotogra a tenuto dal Prof. Vittorio Fagone

Reminiscences and Correspondance, London 1934; E. BIZZARRI, Arte Italiana in Sud Africa, in “L’Italia Letteraria”, Roma, 6 settembre 1936; Un’esposizione di Giovanni Colacicchi, catalogo della mostra, Galleria della Cometa, Roma, 1-15 febbraio 1938. Testo di presentazione di E. Montale; R. FRANCHI, Giovanni Colacicchi, Firenze 1941; Nuovo Umanesimo, catalogo della mostra, Galleria Vigna Nuova, Firenze, gennaio 1947. Dichiarazione-manifesto di G. Colacicchi, U. Capocchini, E. Cavalli, O. Gallo, O. Martinelli, Q. Martini; Giovanni Colacicchi, catalogo della mostra, Galleria del Grattacielo, Legnano, 12-22 dicembre 1951. Testo di presentazione di R. Papi; Giovanni Colacicchi, catalogo della mostra, Galleri Aveny, Göteborg, 3-17 marzo 1955. Testo di presentazione di B. Berenson; Mostra di pittura e di disegni di Giovanni Colacicchi, catalogo della mostra, Galleria “La Colonna”, Milano, 1-14 novembre 1958. Testo di presentazione di M. Masciotta; Giovanni Colacicchi, catalogo della mostra, Galleria del Circolo di Cultura, Bologna, 2-17 maggio 1959. Testo di presentazione di F. Solmi; Mostra di dipinti inediti di Giovanni Colacicchi, catalogo della mostra, Libreria Gonelli, Firenze, 18-30 novembre 1963. Testo di G.Colacicchi; C.L. RAGGHIANTI (a cura di), Arte Moderna in Italia 1915-1935, catalogo della mostra, Palazzo Strozzi, Firenze, 26 febbraio – 28 maggio 1967. Scheda di M. Masciotta; Giovanni Colacicchi, catalogo della mostra, Galleria “Piemonte Artistico Culturale”, Torino, 8-25 aprile 1967. Testo di G.Colacicchi; G. Colacicchi, catalogo della mostra, Galleria La Gradiva, Firenze, 12 aprile – 5 maggio 1972. Testo di presentazione di S. Giannelli; G. PETRONI, G. Colacicchi, Roma 1972; Giovanni Colacicchi, catalogo della mostra, Galleria d’arte Le Muse, Bari, 13-25 maggio 1972. Testo di G.Colacicchi; Colacicchi, catalogo della mostra, Palazzo Comunale - Sala della Ragione, Anagni, 5 settembre – 5 ottobre 1974. Testo di presentazione di L. de Libero; Giovanni Colacicchi, catalogo della mostra, Pinacoteca Comunale, Latina, 25 ottobre – 23 novembre 1975. Testo di presentazione di R. De Grada; G. Colacicchi, catalogo della mostra, Galleria La Gradiva, Firenze, 11-28 aprile 1980. Testo di G. Colacicchi; F. SOLMI (a cura di), Colacicchi, catalogo della mostra, Sala di Rappresentanza dell’Amministrazione provinciale, Frosinone, 5-31 marzo 1983; T. PALOSCIA (a cura di), Giovanni Colacicchi, catalogo della mostra, Sala d’arme di Palazzo Vecchio, Firenze, 8-31 marzo 1986; S. RAGIONIERI, La gioventù di Giovanni Colacicchi, Firenze 1986; Giovanni Colacicchi, catalogo della mostra, Galleria La Barcaccia, Fiuggi, estate 1987. Testo di presentazione di R. Lucchese; Giovanni Colacicchi, Milano 1991; T. PALOSCIA, Accadde in Toscana. L’arte visiva dal 1915 al 1940, Milano 1991; M. PRATESI – G. UZZANI, La Toscana, Venezia 1991; G. UZZANI, La pittura del primo Novecento in Toscana (1900-1945), in C. Pirovano, La pittura in Italia. Il Novecento/1, Milano 1991, Tomo Primo, pp. 379-429; E. CRISPOLTI, La pittura del primo Novecento a Roma (1900-1945), in C. Pirovano, La pittura in Italia. Il Novecento/1, Milano 1991, Tomo Primo, pp. 457-566; V. RIVOSECCHI, Assolutamente Piero, in “Art e Dossier”, n. 59, luglio – agosto 1991, pp. 27-29; F. DENTICE, Piero della Francesca e i suoi nipoti, in “La Repubblica”, 4 luglio 1991; P. SANTINI, Arte in Italia. 1933-1955, Firenze 1992; Al Museo Marini un omaggio al grande vecchio Colacicchi, in “Anteprima”, 14 febbraio 1992; L.M. PERSONÈ, Quando Berenson mi rimproverò per non aver ricordato Colacicchi, in “L’Osservatorio romano”, 6 marzo 1992; Un uomo, una città: Anagni e Giovanni Colacicchi, in “Frosinone Industria”, Anno XVI, maggio – giugno 1992, n. 3; M. VALLORA, Il misterioso Colacicchi, in “Il Giornale”, 11 ottobre 1992; M. QUESADA, Recensione, in “L’Indice dei Libri del Mese”, n. 10, novembre 1992; M. FAGIOLI (a cura di), Come un paese in una pupilla. Paesaggio e gura nell’arte a Firenze tra le due guerre, catalogo della mostra, Sala Grande del Conservatorio di S. Chiara, San Miniato (Pisa), 7 – 28 novembre 1992; Giovanni Colacicchi ci ha lasciato, in “Giovani oggi”, novembre – dicembre 1992, p. 3; T. Paloscia, Colacicchi, i colori del ‘900, in “La Nazione”, 29 dicembre 1992; Necrologio, in “Il Corriere della Sera”, 30 dicembre 1992; Necrologio, in “La Nazione”, 30 dicembre 1992; Necrologio, in “L’Unità”, 31 dicembre 1992; M. AGNELLINI, Novecento. Catalogo dell’arte italiana dal Futurismo a Corrente N. 3, Milano 1993; G. UZZANI, Firenze e la Toscana, in C. Pirovano, La pittura in Italia. Il Novecento/2, Milano 1993, Tomo Secondo, pp. 482-504; R. MISSERVILLE, Giovanni Colacicchi, poeta e pittore spesso dimenticato, in “Il Tempo”, Anno L, N. 2, 3 gennaio 1993; Giovanni Colacicchi, catalogo della mostra, Netta Vespignani Galleria d’Arte, Roma, febbraio 1993; F.R. MORELLI, Guerrini, Capogrossi e Colacicchi postumo, in “Il Giornale dell’Arte”, N. 108, febbraio 1993, p. 52; A.M.P., Giovanni Colacicchi, dal Quattrocento a Montale, in “Il Giornale dell’Arte”, N. 108, febbraio 1993, p. 52; Recensione, in “L’Unità”, 2 febbraio 1993; E. GALLIAN, Colacicchi il precursore, in “L’Unità”, 7 febbraio 1993; F. D’AMIco, Casta Vergine ecco il tuo martirio, in “la Repubblica”, 16 febbraio 1993; E. BILARDELLO, Quella visione ‘aristocratica’ dell’arte, in “Il Corriere della Sera”, 17 febbraio 1993; M. DI CAPUA, Colacicchi chiaro e ruvido, in “Il Giornale”, 21 febbraio 1993; Recensione, in “Ciociaria Oggi”, 3 marzo 1993; T. PALOSCIA, Una storia di luce nata ad Anagni, in “La Nazione”, 30 aprile 1993; Recensione, in “Anteprima”, 30 aprile 1993; L. VECERE, Duchamp cartaceo, Colacicchi e supplementi precolombiani, in “Il Giornale dell’Arte”, N. III, maggio 1993, p. 69; L. MONTIGIANI, Colacicchi un pennello per il mito, in “La Repubblica”, 22 maggio 1993; S. EVANGELISTI, La Biennale petroniana, il libero informale di Raccagni, illustrazioni pompeiane e la Scuola Romana da Colacicchi a Bianchi, in “Il Giornale dell’Arte”, N. 112, giugno 1993, p. 58; V. SGARBI, I suoi corpi del reato, in “L’Europeo”, n. 22, 4 giugno 1993, p. 75; R. DE GRADA, Ritorno al classico. C’era una volta a Firenze…, in “Il Corriere della Sera”, Milano, 12 settembre 1993; M. MORETTI, Due toscani nel castello, in “La Nazione”, 10 ottobre 1993; G. MARCENARO – P. BORAGINA (a cura di), Una dolcezza inquieta – l’universo inquieto di Eugenio Montale, catalogo della

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e dalla Prof.ssa Giovanna Ginex presso la Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte dell’Università degli Studi di Siena. Come ricerca d’esame svolsi uno studio presso la famiglia Colacicchi di Anagni dove trovai molte fotogra e – oggi costituenti il Fondo fotogra co Mario Colacicchi (cugino di Giovanni) - databili tra il 1860 e il 1960 ca. che mi aiutarono nella comprensione delle tecniche fotogra che e nello studio della storia della fotogra a, della sua conservazione e valorizzazione. Questa ricerca d’esame, con opportuni approfondimenti, si convertì poi nella seconda parte della tesi di Specializzazione che si sostanziò in un testo sull’intero fondo e in una serie di documenti importanti per la sua corretta valorizzazione: scheda fondo, elenco di consistenza, schede di catalogo inventariale e ipotesi di conservazione e restauro. Questo primo studio del Fondo Mario Colacicchi mi ha portato a importanti sviluppi: il primo riguarda la produzione fotogra ca del pittore Giovanni Colacicchi, oggetto del presente libro; il secondo consiste nell’interesse che questo fondo ha suscitato all’interno del progetto triennale Famiglie Laziali (2006-2009), promosso dalla Presidenza della Regione Lazio e curato dall’Archivio

mostra, Palazzo del Banco di Chiavari e della Riviera Ligure, Genova, 14 febbraio – 20 aprile 1996; M. VESCOVO (a cura di). Anima & Corpo, catalogo della mostra, Palazzo Cuttica di Cassine, Alessandria, 10 maggio – 13 luglio 1997; M. VESCOVO – N. VESPIGNANI (a cura di), Le Capitali d’Italia. Torino – Roma 1911-1946. Arti Produzione Spettacoli, catalogo della mostra, Palazzo Bricherasio Stupinigi – Palazzina di Caccia, Torino, 4 dicembre 1997 – 22 marzo 1998; M. VESCOVO (a cura di), Novecento Nudo, catalogo della mostra, Museo del Vittoriano, Roma, 19 dicembre 1997 – 22 febbraio 1998; G. RASPA, Un uomo, una città: Anagni e Giovanni Colacicchi, Anagni 1998; G. DAMIANI, Ottocento e Novecento. Nuove acquisizioni 1990-1999. Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze 1999; M. FAGIOLI (a cura di), L’immagine della Società. Arte in Toscana dal 1900 al 1965, catalogo della mostra, Palazzo Grifoni, San Miniato (Pisa), 11 dicembre 1999 – 9 gennaio 2000; M. PRATESI – A. SCAPPINI (a cura di), Il Disegno in Toscana dal 1945 ad oggi, catalogo della mostra, Villa Medicea, Poggio a Caiano (PO), 25 settembre – 28 novembre 1999; C. SISI, Motivi e gure nell’arte toscana del XX secolo, Ospedaletto (Pisa) 2000; L. CORTI (a cura di), Lungo il tragitto crociato della vita, catalogo della mostra, Chiesa di San Giovanni Battista del Tempio, Venezia, 28 maggio – 30 giugno 2000; R. DE GRADA (a cura di), Pietro Annigoni, catalogo della mostra, Palazzo Strozzi, Firenze, 10 giugno – 10 settembre 2000; Giovanni Colacicchi. Dipinti per un secolo, catalogo della mostra, Sala della Ragione – Palazzo Comunale, Anagni, 5 agosto – 1 ottobre 2000; R. DE GRADA – N. COLOMBO (a cura di), Raffaele De Grada e il paesaggio toscano, catalogo della mostra, Galleria d’Arte Moderna, San Gimignano, 9 settembre – 19 novembre 2000; F. CAGIANELLI – E. LAZZARINI (a cura di), L’of cina del colore. Diffusione del fauvismo in Toscana, catalogo della mostra, Villa “Il Poggio”, Comune di Crespina, 23 settembre – 29 ottobre 2000; V. BARTOLONI – A. MENNUCCI (a cura di), L’immagine e la parola. Piero Santi e l’arte a Firenze dal 1950 al 1975, catalogo della mostra, Musei Civici di San Gimignano Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Raffaele De Grada”, San Gimignano, 23 giugno – 30 novembre 2001; F. CAGIANELLI – R. CAMPANA (a cura di), La Toscana e il Novecento, catalogo della mostra, Villa “Il Poggio”, Comune di Crespina, 6 ottobre – 18 novembre 2001; S. CALAMANDREI - FRANCESCA MONTUORI (a cura di), La Toscana di Pietro Calamandrei. Dipinti, racconti, fotogra e, catalogo della mostra, Palazzo del Capitano del Popolo, Montepulciano, 14 settembre – 20 ottobre 2002; L. GAVIOLI (a cura di), La bella pittura. 1900-1945, catalogo della mostra, Pinacoteca provinciale, Potenza, 10 ottobre 2003 – 19 gennaio 2004; A. MASOERO – B. MARCONI – F. MATITTI (a cura di), L’Of cina del mago. L’artista nel suo atelier 1900-1950, catalogo della mostra, Palazzo Cavour, Torino, 31 ottobre 2003 – 8 febbraio 2004; D. GRAVINA (a cura di), Moderni e Contemporanei. Cento opere, catalogo della mostra, Galleria Accursio, Bologna, 16 aprile – 20 luglio 2004; G. LAMBERTI – D. MATTEONI (a cura di), I Tesori del mare. Suggestioni Miti Trasparenze, catalogo della mostra, I Granai di Villa Zimbelli – Museo Civico Giovanni Fattori, Livorno, 29 aprile – 25 luglio 2004; L. GAVIOLI (a cura di), Giovanni Colacicchi – Onofrio Martinelli. Un sodalizio artistico. 19211966, catalogo della mostra, Chiesa del Carmine, Palazzo Lanfranchi, Matera, 29 giugno – 19 settembre 2004 –Palazzo Loffredo, Galleria Civica, Potenza, 11 marzo – 18 maggio 2005; R. MONTI – P. PANANTI (a cura di), Percorsi della pittura gurativa del Novecento fra Toscana e Firenze, catalogo della mostra, Palazzo Strozzi, Firenze, 20 maggio – 26 giugno 2005; D. MATTEONI (a cura di), La Maschera e l’Artista. Intermezzi, pantomime, acrobazie sul palcoscenico del Novecento, catalogo della mostra, Villa La Versiliana, Marina di Pietrasanta, 2 luglio – 31 agosto 2005; L. GAVIOLI (a cura di), Visionari primitivi eccentrici. Da Alberto Martini a Licini, Ligabue, Ontani, catalogo della mostra, Galleria Civica di Palazzo Loffredo, Potenza, 14 ottobre 2005 – 15 gennaio 2006.

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Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico e dall’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. Il progetto si sviluppò essenzialmente in due fasi, una di ricerca e raccolta del materiale fotogra co, l’altra di studio, catalogazione e presentazione al pubblico attraverso la realizzazione di mostre, di un catalogo (edito da Gangemi Editore) e di una banca dati on-line (www.fotofamilia.it). L’obiettivo fu quello di ricostruire la storia del territorio laziale attraverso il racconto – fotogra co e lmico – delle vicende private dei suoi abitanti lungo l’arco di più di un secolo (dalla metà degli anni Settanta dell’Ottocento sino ai nostri giorni). Le ricerche si svolsero nelle quattro province laziali – esclusa la provincia di Roma e la sua capitale – attraverso l’individuazione dei comuni più importanti ed interessanti dal punto di vista storico e socio-economico e il successivo avvio di due principali fronti di ricerca: laboratori didattici presso le scuole medie inferiori e superiori; identi cazione, studio e selezione dei materiali fotogra ci pertinenti presso archivi istituzionali e privati, ossia di famiglie nobili e maggiorenti. All’interno di quest’ultima sezione la Responsabile del progetto per il biennio 2006-2007, Paola Ghione, individuò in Anagni un sicuro e importante luogo di studio e approdò alla famiglia Colacicchi grazie all’aiuto fornitole dall’Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale nella persona del suo Presidente Prof. Gioacchino Giammaria che le segnalò – oltre alla notevole importanza del Fondo Marchetti Longhi conservato presso l’I.S.A.L.M. - la ricerca già da me svolta presso la famiglia Colacicchi. Fu così che venni coinvolta e partecipai alle successive ricerche nelle province di Frosinone e Rieti, all’organizzazione e alla cura delle quattro mostre tenutesi nei capoluoghi di provincia tra novembre e dicembre 2008 e alla complessiva e nale esposizione presso il Museo Centrale del Risorgimento di Roma - Complesso del Vittoriano nella primavera del 2009 con il rinnovato titolo di Familia. Fotogra e e lmini di famiglia nella Regione Lazio che ricevette l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana ed ebbe un inaspettato successo di stampa e di pubblico. Se in tale occasione vennero privilegiate – della raccolta fotogra ca anagnina - le fotogra e di carattere privato selezionando circa una cinquantina di stampe e acquisendo 14 lmini amatoriali, il Fondo Mario Colacicchi presenta interesse anche per altri aspetti che si analizzeranno nel primo capitolo del presente testo ma di cui sicuramente il principale fu il rinvenimento di un nucleo di fotogra e con e di Giovanni Colacicchi grazie alle quali si ipotizzò un suo coinvolgimento più professionale con il mezzo fotogra co e che portò alla ricerca e al rinvenimento presso gli eredi Giovanni Colacicchi a Firenze, di circa 160 stampe fotogra che, non certo esaustive della sua intera produzione fotogra ca, ma costituenti un primo approccio scienti co su questo importante aspetto. Dopo la discussione della Tesi di Specializzazione, avvenuta a Siena nel febbraio del 2007, venni invitata a fare una relazione sulla parte dello studio dedicato a Giovanni Colacicchi all’interno del convegno Giovanni Colacicchi, artista ed intellettuale che si tenne il 27 ottobre 2007 presso la Sala dell’Associazione Culturale Hernica Saxa di Anagni e dove intervennero Francesco Colacicchi, Susanna Ragionieri e Giampiero Raspa, con il coordinamento di Anna Natalia. È proprio a quel convegno che questo libro deve la sua uscita, grazie all’interesse che suscitò tra gli uditori, i relatori e tutti gli appassionati della vita e dell’opera di Giovanni Colacicchi. Si ringrazia: Francesco Colacicchi per il suo aiuto costante e sincero; Flavia Colacicchi che, grazie alla sua memoria ferrea, ha saputo darmi preziosi dettagli prima della sua scomparsa; Giovanna Gi-

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nex che sin dall’inizio ha sostenuto la mia passione per la fotogra a e mi ha dato un ineguagliabile modello di studio e ricerca; Giampiero Raspa per la sua pazienza e disponibilità; Gioacchino Giammaria per gli innumerevoli aiuti avuti in questi anni, in modo particolare in relazione alle ricerche per Famiglie laziali; Massimo Baiocco, per il suo continuo supporto; le ‘mie’ famiglie Cataldi, Colacicchi e Pacella, in modo particolare quel grande spirito libero che è stata Gina Cataldi.

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1. Da Anagni a Firenze: la famiglia Colacicchi e la fotografia Fondo Fotogra co Mario Colacicchi ad Anagni Il Fondo fotogra co Mario Colacicchi rappresenta un utile strumento di studio sia per quanto riguarda la storia della tecnica fotogra ca sia per gli aspetti sociali impliciti nell’appartenenza a una famiglia di nobili origini, la cui parte maschile partecipa con diversi gradi militari, da tenente a colonnello, a molte guerre (Eritrea, 1893; Tripoli 1911-12/18; Gorizia–Asiago 1915-1918) e ha spiccate doti artistiche (il musicista Luigi Colacicchi e il pittore Giovanni Colacicchi). Dal punto di vista della tecnica, anche se quest’aspetto s’intreccia spesso con quello storico-sociale (come nel caso delle stampe su carta fotogra ca in formato cartolina), il fondo, costituitosi attorno all’ultimo quarto dell’Ottocento, conserva esemplari delle maggiori tecniche fotogra che diffusesi da quegli anni in avanti. Moltissime sono le stampe all’albumina, in modo particolare le cartesde-visite, presenti, oltre che nei due album di famiglia di cui uno probabilmente portato con sé da Clara Chiappero Giraud quando sposa Mario Colacicchi nel 1918, anche in moltissimi esempi sfusi di diverso formato: oltre a quello standard della carte-de-visite, ossia 6x9 cm. (su cartoncino più grande), vi sono i formati Mignonette (6x3,5 cm.), Margherita (12,6x8 cm.), Salon (27x17,5 cm.) e Boudoir (22x13,3 cm.). Diversi sono i membri della famiglia ritratti in queste stampe: Oreste Giraud; Pietro Colacicchi; Muzio Colacicchi; famiglia di Muzio Colacicchi. Molte fotogra e recano l’indicazione autoriale sul supporto primario e/o sul secondario in cartone grazie alla quale è stato possibile approfondire lo studio di alcuni fotogra nonché datare meglio i fototipi. Il Fondo contiene prevalentemente fotogra e eseguite da autori torinesi e romani e ciò non sorprende vista l’origine piemontese di Clara Chiappero Giraud e quella laziale di Mario Colacicchi. Ma è interessante sottolineare come alcuni fotogra siano francesi attivi a Torino che poi iniziano ad aprire succursali a Firenze e a Roma o a traslocare de nitivamente nella nuova capitale nei primi anni Settanta a causa degli avvenimenti che seguono l’Unità d’Italia. Nel Fondo sono state trovate fotogra e dei più rilevanti autori della seconda metà dell’Ottocento. I fotogra più importanti presenti nel fondo sono: Altobelli e Molins (Gioacchino Altobelli: Terni, 1914 – Roma, post 1878; Pompeo Molins: Roma, 1827 – 1900 ca.); Alphonse Bernoud (Meximieux, 1820-1889), Vittorio Besso (Biella 1828-1895); F.lli D’Alessandri (Antonio: L’Aquila 1818 – Roma 1893; Paolo Francesco che diviene “fotografo reale” della corte sabauda; Tito, membro dell’Associazione Amatori di Fotogra a in Roma dal 1888); Vittorio Ecclesia (1847-1928), Eugenio Interguglielmi (Palermo 1850-1911); Henry Le Lieure de l’Aubepin (Nantes 1831 – Roma 1914); lo stabilimento Montabone; Michele Schemboche; Lorenzo Suscipj. Il Fondo conserva anche un esemplare di ferrotipo (8,8x5,8 cm.; g. 1) che ritrae la famiglia di Muzio Colacicchi e Virginia Conti posti davanti a un fondale dipinto in cui il piccolo Mario è proprio in primo piano. Questi nasce nel 1890 e qui dimostra circa due anni. Da questo dato biogra co è stato possibile datare la ripresa al 1892-1893. L’immagine positiva del ferrotipo, come dell’ambrotipo, si crea per contrasto tra lo strato di collodio e il fondo nero che, nel nostro caso, è costituito da una lamina di ferro laccata di nero. Rispetto all’ambrotipo, lastra di vetro al collodio posta sopra un fondo nero e poi montata in un astuccio come il dagherrotipo, il ferrotipo ha più ampia diffusione

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grazie al basso costo e viene prodotto sino ai primi decenni del Novecento. Oltre alle albumine e al ferrotipo, il fondo comprende moltissime stampe aristotipiche e alla gelatina bromuro d’argento insieme ad alcune lastre negative alla gelatina bromuro d’argento, un gruppo di pellicole al nitrato di cellulosa e, in ne, sette stampe al platino, sei stereoscopie (in tecniche diverse e non montate su cartoncino) e undici stampe alla gelatina bromuro d’argento su carta al collodio-matt. Questo nucleo di fototipi rappresenta la parte più ampia e databile tra la ne dell’Ottocento e gli anni Sessanta del secolo scorso. Gli esemplari più interessanti sono costituiti da quelli montati su cartone e recanti il nome degli autori e che comprendono sia fotogra e di gruppo (la maggior parte di militari) sia ritratti di cui alcuni di notevole impatto estetico. Tra quelle non montate su cartoncino la più singolare ritrae una via di Anagni ai primi del Novecento popolata di persone assai incuriosite dalla presenza del fotografo ( g. 2). La maggior parte degli aristotipi e delle stampe alla gelatina bromuro d’argento sono fotogra e di guerra (prevalentemente della Prima Guerra Mondiale) eseguite da Mario Colacicchi o dai suoi compagni d’armi. In quegli anni era prassi comune avere con sé un apparecchio fotogra co portatile in grado di documentare diversi aspetti della vita al fronte. Si trovano gare a cavallo, momenti di relax con i compagni o vedute delle città e del paesaggio. Mario Colacicchi a volte è intento a giocare con i cani, altre a scherzare con gli amici e altre ancora lo si vede comodamente seduto nella sua bellissima abitazione a Tripoli, arredato con elementi decorativi orientali e accompagnato dal suo servitore di colore, stranamente posto quasi nel punto di fuga di questa splendida fotogra a ( g. 3). Vi è un altro gruppo di fotogra e di guerra, precedenti a quelle di cui si è brevemente accennato. Si tratta di quattordici albumine montate su cartone ed eseguite durante la guerra in Eritrea nei primi anni Novanta dell’Ottocento. In due casi si tratta di fotogra e di Luigi Fiorillo che ritraggono l’accampamento dei soldati italiani e la tenda del Colonnello Giraud ma le rimanenti dodici sono eseguite invece da Luigi Naretti, fotografo coloniale attivo a Massaua sin dalla prima metà degli anni Ottanta e la cui gura è venuta da poco alla luce grazie agli studi di Silvana Palma2. Altri documenti importanti sono le Cartoline Fotogra che Postali (stampe alla gelatina bromuro d’argento su carta fotogra ca in formato cartolina), di cui il Fondo possiede un nutrito gruppo e che testimoniano proprio dell’enorme diffusione che ebbe questa tipologia durante la Prima Guerra Mondiale. Molte cartoline inoltre, complete sul verso di indirizzo, francobollo, timbro postale e dediche manoscritte, costituiscono un’importante fonte di studio. La recente sistematizzazione del Fondo ha portato alla luce due nuovi gruppi di fototipi che nell’organizzazione archivistica originaria erano posti insieme a fotogra e di diverso soggetto. Il primo è caratterizzato da piccole stampe alla gelatina bromuro d’argento recanti ognuna un timbro sul retro che dichiara il contenuto della fotogra a, ossia la Boni ca del territorio a Sud di Anagni avvenuta nel 1931 e in cui partecipa lo stesso Mario Colacicchi in qualità di collaboratore del Consorzio di Boni ca. Il secondo è caratterizzato da stampe alla gelatina bromuro d’argento in cui è presente in vario modo Giovanni Colacicchi ( gg. 4-15). La maggior parte sono fotogra e di gite in campagna che testimoniano la vicinanza, non solo familiare, con la famiglia di Mario mentre solo due rivelano

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S. PALMA, L’Eritrea, cit.

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l’attività di pittore di Giovanni. La prima ( g. 14) lo raf gura come membro di una Commissione in occasione di una mostra tenutasi ad Anagni nel 1957 mentre la seconda ( g. 15) è l’origine dei successivi approfondimenti su Giovanni Colacicchi fotografo a cui è dedicato questo libro. Si tratta di una piccola stampa (8x6 cm. ca.) alla gelatina bromuro d’argento in cui è ritratta la prima moglie di Giovanni Colacicchi, Amalia Zanotti, seduta in posa in una stanza sul cui muro di destra si vede chiaramente una parte del quadro La Malinconia (Melancolia) eseguito dal pittore nel 1924 ( g. 16). Presso gli eredi Colacicchi a Firenze è stato trovato un doppione del medesimo scatto sul cui verso vi è la scritta a penna: “P. Donatello 1929/ Amalia a 37 anni”. Tramite questo importante rinvenimento è stato possibile datare la fotogra a e riconoscere nell’interno rappresentato l’abitazione in Piazza Donatello a Firenze, dove Giovanni Colacicchi dovette muoversi tra il 1927 (quando ancora è in via Venezia 22) e il 1929 (come questo documento testimonia) e dove rimase sino al 1939 quando si trasferisce nella zona di Castello, nei pressi di Firenze. Ciò ha aiutato anche a datare altre fotogra e rinvenute a Firenze dove sono presenti gli stessi arredi come il tappeto e il letto (le fotogra e con la modella Giulietta: gg. 129-139). In ne la qualità di questa fotogra a, attribuita a Giovanni Colacicchi, ha permesso di approfondire questo aspetto da cui ha avuto origine lo studio sul rapporto tra pittura e fotogra a nell’artista anagnino.

Giovanni Colacicchi fotografo: le fotogra e rinvenute a Firenze Nella primavera del 2006 sono state rinvenute a Firenze, presso gli eredi di Giovanni Colacicchi, 160 stampe fotogra che. Si tratta di positivi eseguiti tra gli anni Venti e i primissimi anni Novanta del secolo scorso. Queste fotogra e scandiscono, ad intervalli più o meno regolari, il percorso dell’artista, documentandone l’attività e mostrando il suo lavoro da un nuovo e inedito punto di vista. Il corpus più importante dei fototipi conservati a Firenze è quello databile tra gli anni Venti e il secondo dopoguerra; sono stampe a contatto alla gelatina bromuro d’argento su carta semplice o in formato cartolina di cui molte eseguite dallo stesso Colacicchi, che all’epoca possedeva una macchina portatile (simile al modello Leica) purtroppo ancora non rinvenuta. Sono quasi tutte di piccolo e medio formato, tra i 6x5 e i 14x9 centimetri. Fa eccezione, sia per misure (18x17,7 cm.) che per autorialità, una fotogra a eseguita da Umberto Frattali, noto fotografo professionista di Anagni dell’epoca e di cui sono state trovate altre due stampe nel Fondo di Mario Colacicchi ad Anagni. Il resto dei fototipi, dal secondo dopoguerra ai primi anni Novanta, sono stampe alla gelatina bromuro d’argento salvo tre fotogra e a colori su carta Kodak (rispettivamente del 1976, del 1983 e del 1986). In questo gruppo vi sono molte fotogra e eseguite da altri autori, di cui tre sono stati individuati: due fotogra professionisti orentini, Levi e Locchi e il pittore Emanuele Cavalli, amico di Colacicchi e fratello del noto fotografo Giuseppe. Le misure sono più varie rispetto al gruppo cronologicamente precedente e vanno dai 10x9 ai 28x30 centimetri. Successivamente al lavoro di digitalizzazione, eseguito grazie alla disponibilità degli eredi Colacicchi, le fotogra e sono state divise nelle seguenti serie tipologiche: - Modelli. Cinquanta stampe dal 1930 al 1977; - Paesaggi. Quarantadue stampe dagli anni Venti ai primi anni Cinquanta;

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- Studi. Sei stampe dagli anni Venti al 1974; - Mostre e Convegni. Otto stampe dagli anni Trenta agli anni Settanta; - Insegnamento. Tredici stampe dagli anni Trenta agli anni Cinquanta; - Gruppi e Persone. Nove stampe dagli anni Venti agli anni Trenta; - Ritratti. Trentadue stampe dagli anni Venti ai primi anni Novanta. Le fotogra e appartenenti ai gruppi “Mostre e Convegni”, “Insegnamento” e “Gruppi e Persone” sono importanti come documenti che illustrano la biogra a di Colacicchi (le più signi cative riprodotte in Appendice). Il gruppo “Ritratti” accompagna il secondo capitolo ed è molto interessante per comprendere l’immagine che Colacicchi voleva dare di sé al mondo come pittore, inserendosi in un discorso più generale del rapporto tra arte e fotogra a. Una selezione delle stampe delle rimanenti serie - “Modelli”, “Studi” e “Paesaggi” - correda invece il terzo e nodale capitolo del presente testo. Prima di affrontare nel dettaglio l’utilizzo da parte di Colacicchi della fotogra a come modello visivo per i suoi dipinti occorre dare uno sguardo a quali fossero le proposte visive dei fotogra italiani a lui contemporanei. La situazione è inquadrata molto bene da Francesca Alinovi nel suo saggio Fotogra a pubblicato nel 19833. La studiosa individua due linee di tendenza opposte presenti nella fotogra a italiana degli anni Trenta. La prima deriva dalla diffusione delle teorie di László Moholy-Nagy e Rudolf Arnheim concernenti la fotogra a pura, in grado di riprodurre una realtà autonoma. Questo genere di fotogra a, che si esplica in modo particolare nei fotogrammi astratti, viene sostenuta in Italia in modo esclusivo da Luigi Veronesi e in maniera meno sperimentale da fotogra quali Franco Grignani ( gg. 17-18). L’indirizzo opposto, invece, è un genere di fotogra a “tutta spostata sui valori artistici, o sugli effetti di immagine o di risultato che, in disprezzo della tecnica, fa volutamente un uso antiquato di lastre, apparecchi, emulsioni, ritocchi e che, anziché applicarsi alla scoperta delle povere e umili cose, si fa vanto di andare alla ricerca di soggetti straordinari ed eccezionali (belle donne della nobiltà e dello spettacolo). (…) I capolavori di foto artistica, in questi anni, ci vengono dati dal secondo futurismo (Tato) e da fotogra di studio come Luxardo, Ghitta Carell e Arturo Ghergo a Roma, o Badoli, Sommariva e Castagneri a Milano4”. Tra queste due posizioni vi è una ricerca intermedia che viene de nita di realismo magico, così spiegata dalla Alinovi: “È certamente vero, come ha scritto Claudio Marra in Meta sica dello sguardo fotogra co (nel catalogo La meta sica: gli anni Venti, Bologna, Galleria comunale d’arte moderna, 1980, vol. II), che una fotogra a ‘formalmente meta sica’ forse non è mai esistita per la buona ragione che la fotogra a è già in se stessa, strutturalmente, meta sica. Però è anche vero che, proprio negli anni Trenta, la fotogra a diviene consapevole di questa sua potenzialità latente e innata. Diciamo subito che per ‘realismo magico’, o foto meta sica, si intende qui, secondo la nota de nizione di Bontempelli espressa a proposito del novecentismo nel 1927 (‘Questo è puro novecentismo, che ri uta così la realtà per la realtà come la fantasia per la fantasia, e vive del senso magico scoperto nella vita quotidiana degli uomini e delle cose’, in Analogia, apertura al IV quaderno di «900», giugno 1927), una foto che, pur mantenendosi aderente alla quotidianità delle cose comuni,

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F. ALINOVI, Fotogra a, cit.

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Ivi, pp. 414-415.

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ne sappia estrarre il potere immagini co e di stupefazione, stravolgendone il normale punto di vista. Tale tipo di foto è epifanica per eccellenza, perché riesce a svelare, con accorgimenti semplicissimi, ciò che è nascosto, ma già esiste, sotto i nostri occhi5”. Questa splendida de nizione della fotogra a ‘meta sica’ degli anni Trenta, poiché si lega alle parole usate da Bontempelli nel 1927 sul ‘novecentismo’, apre la ri essione sull’argomento che qui interessa, ossia sulla fotogra a di Giovanni Colacicchi. La descrizione della Alinovi illumina pienamente sia l’opera pittorica (non si dimentichi che Colacicchi partecipa ad entrambe le mostre sul Novecento alla Permanente di Milano nel 1926 e nel 1929) che quella fotogra ca dell’artista. In modo particolare si vedano le fotogra e eseguite in Sud Africa tra il 1935 e il 1936 (v. terzo capitolo; gg. 106-109, 111-114, 117-122, 124-128). Alinovi inserisce inoltre in questa posizione ‘mediana’ l’opera del fotografo pugliese Giuseppe Cavalli, fondatore del Gruppo degli otto nei primi anni Quaranta e, nel 1947, del Gruppo della Bussola. Fratello del pittore Emanuele Cavalli, amico di Colacicchi sin dalla prima metà degli anni Venti (tra i membri del gruppo ‘Nuovo Umanesimo’ fondato da Colacicchi nel 1947), Giuseppe soggiorna lungamente a Firenze e la sua produzione fotogra ca è riconosciuta a livello nazionale e internazionale6. Si ricordi anche la pubblicazione di ben due fotogra e nel noto annuario del 1943, curato da Ermanno Federico Scopinich (sostenitore di una fotogra a anonima), edito da “Domus” nel 1943 con l’ambizioso e riuscito progetto di fare, citando il sottotitolo, una “Prima rassegna dell’attività fotogra ca in Italia7”. Una delle fotogra e pubblicate è Grano e ulivi del 1937. La scelta del soggetto rappresentato da Cavalli ben si avvicina alle tante prove paesaggistiche di Colacicchi come L’uliveto (Uliveto sotto le mura di Anagni) del 1927, esposto alla XVI Esposizione Biennale Internazionale d’Arte di Venezia del 1928 ( gg. 19-20). Al di là di questa analogia iconogra ca va comunque sottolineato che Colacicchi sicuramente conosceva l’opera di Cavalli. Non sembra però, analizzando le sue fotogra e, che il pittore fosse un frequentatore delle mostre che all’epoca si tennero sulla fotogra a (come il primo Salon Italiano d’Arte Fotogra ca Internazionale tenutosi a Torino presso la Galleria Centrale Codebò tra il 1925 e il 1926 o la Prima Biennale Internazionale d’arte fotogra ca che si svolge al Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 1932 nell’ambito della mostra sulla Rivoluzione Fascista) né si nota un’af nità con i lavori pubblicati negli annuari “Luci ed Ombre” del “Corriere fotogra co” torinese dal 1923 al 1934 se non, anche qui, per ricordi iconogra ci (confronta gg. 21-22 con gg. 141-143, 126-128). L’uso della fotogra a da parte di Colacicchi è legato maggiormente alla sua pratica pittorica e in questo aspetto si avvicina agli scatti eseguiti da altri artisti di calibro internazionale come Pierre Bonnard, Edgar Degas e Pablo Picasso, come si vuol dimostrare nel terzo capitolo. All’interno di questa peculiarità lavorativa che ci svela il ‘dietro le quinte’ della sua operosa creatività, si insinua, a sua stessa insaputa, un approccio del tutto creativo al mezzo fotogra co.

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Ivi, pp. 411-412.

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D. CAVALLI - A. MARGIOTTA - F. PIRANI, Giuseppe Cavalli fotogra e e, cit.

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E.F. SCOPINICH, Fotogra a, cit.

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2. L’immagine di sé e il rapporto problematico con la fotografia La grande quantità di materiale fotogra co presente in molti archivi sia privati che pubblici relativi all’attività di artisti visuali è stata oggetto, negli ultimi decenni, di una maggiore attenzione da parte degli storici dell’arte che hanno scoperto in essa una fonte primaria e a volte inedita di studio per la storia dell’arte contemporanea e dei suoi protagonisti. Sin dal 1839, data uf ciale della sua invenzione, la fotogra a è stata accompagnata da giudizi fortemente negativi da parte del milieu artistico a causa della sua presunta ‘oggettività’; pregiudizi motivati dal più che legittimo sgomento provocato dall’incredibile successo che il nuovo mezzo stava riscuotendo nella nascente società borghese. A questo si aggiunge parallelamente un inesauribile dibattito sul valore artistico della fotogra a e sul quesito se quindi essa possa entrare nel novero delle cosiddette Arti Maggiori. Non è certo questa la sede idonea per tracciare la storia del pensiero occidentale in relazione alla fotogra a né per indagare l’incredibile impatto sociale che essa ebbe sulla nostra società e sulle arti, ma vale la pena almeno accennare al fatto che, grazie a quei pregiudizi, sono nati movimenti fotogra ci di grandissima importanza per la storia della fotogra a e, al tempo stesso, che a causa di essi molti artisti non hanno mai ammesso di usare il nuovo mezzo meccanico come strumento di aiuto al proprio lavoro o, addirittura, come campo di autonome e nuove sperimentazioni. Sembra quasi che alla parallela industrializzazione della fotogra a segua un maggiore uso del mezzo stesso da parte degli artisti ma anche una certa loro ritrosia nel considerarla un ulteriore mezzo espressivo, piuttosto che solo un ‘aiuto’ per le loro composizioni pittoriche. Questo è maggiormente vero per gli artisti gurativi tra ne Ottocento e prima metà del Novecento e per coloro che fecero della pittura dal vero il vessillo contro l’imperante affermarsi dell’arte astratta. Ciò non signi ca che si nascose volutamente l’uso della fotogra a ma che dif cilmente si ammise che questo potesse essere un campo autonomo di ricerca o che addirittura avesse in uenzato il proprio lavoro pittorico. Le stampe fotogra che rinvenute presso gli eredi di Giovanni Colacicchi a Firenze danno la possibilità di studiare l’opera dell’artista sotto un nuovo ed inedito punto di vista e contribuiscono a mettere a fuoco datazioni, forniscono una documentazione di opere andate perdute e svelano un Colacicchi fotografo in alcuni casi indipendente dal pittore. È proprio questo il punto: il pittore con tanto di tela, pennello e tavolozza che dipinge en plein air. Questa immagine mitica, tradizionale e altamente grati cante per l’artista sembra possa essere messa in dubbio dalla fotogra a, come se questa potesse provare una mancanza di talento. Queste paure più che legittime dovettero probabilmente essere presenti in artisti quali lo stesso Colacicchi che ha fatto del legame con la tradizione e del mestiere del dipingere il fulcro del suo pensiero intorno all’arte. L’immagine fotogra ca che lo stesso artista ci offre di se stesso è data dai ritratti che ci sono rimasti, di cui molti sono probabilmente autoscatti, che danno l’idea di come Colacicchi voleva mostrarsi al mondo. Tra le prime e più interessanti fotogra e rinvenute vi è una stampa del 1925 che lo ritrae seduto di fronte al quadro La Malinconia del 1924 ( gg. 23, 16). Questo è il dipinto con cui Colacicchi esordisce al Premio Ussi del 1924 e che gli vale la segnalazione da parte di Giovanni Costetti ad Achille Funi per la mostra che di lì a poco, nel 1926, viene inaugurata al Palazzo della Permanente di Milano sul Novecento Italiano. La particolarità di questo quadro sta, oltre che nella stesura per-

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fetta e piana del colore dai toni freddi e argentei, nell’effettiva vicinanza, se non proprio con Giorgio de Chirico, con la poetica meta sica. L’interno rappresentato, su cui si erge su un piedistallo una gura femminile la perfezione delle cui forme rimanda alla sfera di vetro che tiene in mano e che ri ette la luce proveniente dalle nestre di pierfrancescana memoria8, è il piccolo studiolo in Borgo San Jacopo, dove Colacicchi lavora tra il 1922 e il 1923. Il quadro è stato iniziato in questo locale ma completato poi nello studio di viale Volta. La stessa inquadratura, se pur presa più dall’alto e da sinistra, la medesima tela bianca posta di scorcio come la panca a destra, la stessa luce che entrando dalla nestra riverbera sulla tela, la stessa porta aperta che apre a un ambiente oscuro, sono tutti elementi presenti nel quadro Lo studio del 1922 ( g. 25), effettivamente realizzato in quello spazio e dove solamente il cavalletto, la tela e una piccola cornice appoggiata al muro ci parlano del mestiere dell’inquilino. Nei due anni che trascorrono tra l’uno e l’altro quadro non solo lo studio si popola di libri, di altre tele e cornici e di una modella-statua, ma sembra quasi che quella primitiva solitudine, quell’incertezza sul fare arte sia ora de nitivamente popolata della prescelta musa. “La silenziosa scatola spaziale si anima ora di una gura di donna-statua ritta su un piedistallo e rivela la meditazione del giovane artista sulle opere di de Chirico (…) Anche la ripresa di spunti quattrocenteschi derivanti da Giovanni Bellini o da Dürer può pensarsi in un parallelo con l’interesse che de Chirico stesso nutriva in quegli anni per il Quattrocento. Non si tratta tuttavia di una dipendenza totale: al mito ‘ermetico’, all’enigma boeckliniano, Colacicchi sembra preferire infatti un senso di lirica indeterminatezza, di poetica evocazione9”. Che Colacicchi abbia attribuito importanza capitale a questo dipinto lo si evince da due fotogra e già citate: l’una lo ritrae nel 1925 nel suo studio (in viale Volta) con alle spalle il quadro in questione che sostituisce lo spazio reale dello studio e che lo rende ancora intimamente e poeticamente legato al luogo dove egli stesso ammette di aver iniziato a dipingere ( g. 23); l’altra, eseguita nel 1929, raf gura la prima moglie Amalia negli ambienti dell’abitazione in Piazza Donatello dove sulla parete di destra si riconosce il quadro che, ancora in quella data, a cinque anni dall’esecuzione, l’artista tiene con sé ( g. 15). Basti qui accennare al fatto che la fotogra a, attribuita allo stesso Colacicchi, è stata scattata in un periodo in cui sicuramente l’artista aveva lo studio presso viale Volta a Firenze, mentre lo spazio rappresentato nel quadro che gli sta alle spalle è il piccolo locale sotto il tetto di una casa in Borgo San Jacopo occupato negli anni precedenti e luogo dove lo stesso artista ammette di dedicarsi de nitivamente alla pittura, dopo le prime esitanti prove e la profonda passione per la poesia. Il porsi di fronte a un grande quadro che all’epoca sorprese l’ambiente artistico per qualità e grandezza, e che costituisce il debutto di Colacicchi, è un particolare di certo non trascurabile. L’artista rappresenta se stesso in posa di fronte allo spazio pittorico e virtuale della Pittura e che ne fosse cosciente è sottolineato dal fatto che la stampa in esame è eseguita su carta fotogra ca formato cartolina e che la stessa fotogra a viene scelta da Colacicchi per porla in un suo documento di riconoscimento dove il taglio rende ancora più forte l’illusione che lo spazio pittorico sia quello reale ( g. 24)10. In effetti il mondo di Colacicchi, da questo momento in avanti, sarà quello della pittura.

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M. FAGIOLO DELL’ARCO, Costruttiva e architettonica, in Giovanni Colacicchi, cit., p. 16.

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S. RAGIONIERI, Catalogo ragionato delle opere, in Giovanni Colacicchi, cit., p. 196.

Il formato quadrangolare e la presenza del timbro in basso a destra hanno portato a ritenere che si tratti di una stampa usata per un documento uf ciale. 10

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Molti sono i ritratti di Colacicchi che lo rappresentano in posa di fronte a un quadro e con gli strumenti del mestiere tra le mani, o mentre ‘ nge’ di lavorare; si tratta di pose databili lungo tutto il percorso della sua carriera artistica ( gg. 26-33). Questo tipo di fotogra e deriva la propria iconogra a da stampe della seconda metà dell’Ottocento, in modo particolare dalle cartes-de-visite, che a loro volta si rifanno ai grandi esempi pittorici nel campo della ritrattistica. Questo genere di ritratto è molto importante anche nel datare meglio i lavori davanti ai quali l’artista si fa ritrarre o nel rivelare metodi di lavoro. In quest’ultimo caso, quando l’artista è colto nel dipingere un quadro di fronte a una modella si cela un’ostentazione di un metodo perché spesso i dipinti in questione sono ultimati o quasi; la modella, quindi, sembra essere stata chiamata appositamente, al momento dell’esecuzione della fotogra a ( gg. 34-37). Vi sono poi ritratti eseguiti da altri fotogra e che idealizzano ancora il mestiere del pittore o lo statuto dell’artista, rappresentandolo magari di fronte a un busto antico o mentre dipinge en plein air sino ad arrivare, in ne, a ritratti dove la psicologia della persona viene indagata più profondamente ( gg. 38-40). In ultimo vi è il ritratto fortemente idealizzato e romantico dell’artista nello studio affacciato alla nestra che riprende un’iconogra a che ritroviamo almeno in un esempio nella storia della fotogra a, ovvero Jean-Louis Ernest Meissonier fotografato da R. J. Bingham nel 1867 ca.11. L’idea dell’artista solitario e malinconico è confermata dal fatto che sappiamo che lo studio in cui si trova Giovanni Colacicchi è la piccola cappella sconsacrata sul colle del Tirassegno ad Anagni dove dipinge per lunghi periodi dal 1931 e 1933 ed è rappresentata negli stessi quadri di Colacicchi come un luogo appartato e tranquillo, su un colle che domina la campagna laziale e dove egli si chiude in una sorta di eremitaggio ( g. 41). Di questo luogo, adibito a studio da Giovanni Colacicchi, esiste un disegno di mano del cugino Mario. Eseguita nel 1933 l’opera ritrae il pittore mentre dipinge Giacobbe e l’angelo all’interno della cappellina del Tirassegno. Il disegno non solo rivela un’abilità artistica da parte dello stesso Mario Colacicchi ma permette di individuare in un sol colpo d’occhio il legame che univa i due cugini ( g. 42).

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E.A. MCCAULEY, A.A.E. Disdéri and the Carte de visite, cit., p.81, ripr. 69.

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3. Modelli visivi per l’opera artistica e uso creativo della fotografia Una prima lettura del materiale fotogra co rinvenuto presso gli eredi Colacicchi a Firenze e, in particolare, dei tre gruppi tipologici denominati “Modelli”, “Paesaggi” e “Studi”, sembra rivelare una marcata separazione tra due modi distinti di usare la fotogra a da parte di Colacicchi: da un lato come bozzetto fotogra co o studio di uno speci co soggetto da trasporre poi nell’opera pittorica; dall’altro come prodotto indipendente dal dipinto che indica, nella scelta del soggetto e nell’inquadratura, un’ipotesi di lavoro. In un primo momento si voleva individuare un uso diverso e creativo da parte dell’artista del mezzo meccanico in alcuni scatti piuttosto che in altri. Nonostante alcune fotogra e siano dichiaratamente ‘artistiche’, man mano che si è approfondito lo studio sia dell’opera del maestro che della letteratura relativa al rapporto tra arte e fotogra a, tale relazione si è rivelata più complessa del previsto; a dimostrazione che ogni suddivisione restringe in maniera forzata dei con ni a volte troppo labili. Ne consegue che Colacicchi ha sempre usato la fotogra a in maniera peculiare e creativa anche quando apparentemente sembra limitarsi a riportare nella realtà pittorica il modello fotogra co. In alcuni casi il suo sguardo appare in uenzato maggiormente dalle fotogra e piuttosto che dalla realtà. In questo Colacicchi si avvicina molto all’uso che altri artisti prima di lui hanno fatto della fotogra a. Si preferisce quindi analizzare i fototipi seguendo il più possibile un ordine cronologico piuttosto che tematico. In questo modo – procedendo parallelamente all’iter artistico di Colacicchi - vengono di volta in volta messi a fuoco i vari metodi e i diversi raffronti. Come ben sottolinea Susanna Ragionieri nel saggio Anagni nella pittura di Giovanni Colacicchi pubblicato nel 1998, il paese di origine ha avuto una grande in uenza nel lavoro di Colacicchi12. È lo stesso artista a sottolinearlo: “Ho avuto ad Anagni le prime impressioni d’arte dagli affreschi di quella cattedrale, e da alcuni quadri e statue che erano portati in processione sulle spalle di uomini gagliardi che gridavano viva! Ma più ancora mi parlavano alla fantasia le antichissime mura, la catena azzurra dei Lepini, le colline coperte di vigne, gli uliveti radi sui colli sassosi13”. Nel suo procedere “dai luoghi, alle gure, ai miti” in una “sorta di dissidio fra immaginazioni classiche ltrate dalla cultura romantica tedesca e suggestioni arcaiche della terra d’origine14”, Colacicchi rende la sua nativa Anagni prima soggetto principale dei suoi paesaggi e delle sue vedute di paese, poi il fondale delle sue eroiche composizioni gurative. Nonostante l’artista soggiorni ad Anagni quasi ogni anno nel periodo estivo, passa poi il resto dei mesi nel capoluogo toscano, scelto come sua seconda ‘patria’ sin dall’età di sedici anni. Probabilmente per questo semplice motivo ci sono pervenute alcune fotogra e di Anagni che l’artista scattò per futura memoria e anche come palinsesto visivo della sua pittura. Tra queste sorprendono alcuni motivi iconogra ci cari al pittore e che

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S. RAGIONIERI, Anagni nella pittura di Giovanni Colacicchi, in G. RASPA, Un uomo, una città, cit., pp. 49-77.

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G. COLACICCHI, G. Colacicchi, catalogo Firenze, 11-28 aprile 1980.

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S. RAGIONIERI, Anagni nella pittura, cit., p. 72, 51.

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compaiono a più riprese nel corso della sua opera, come se egli volesse periodicamente misurarsi con lo stesso soggetto. Si tratta in modo particolare delle antiche mura di Anagni, ltro tra l’abitato e la campagna, tra il paese arroccato e la vallata. Il paese è quindi spesso visto dall’artista dal suo esterno e in questo modo è rappresentato sia nelle fotogra e che nei dipinti, tranne in qualche caso dove si aprono prospettive aeree verso la vallata e i monti sullo sfondo ( g. 49). È presumibilmente l’artista stesso a vedersi ‘fuori’, a sentirsi ‘esule’ volontario e malinconico e ad amare, forse più dei suoi abitanti, ogni angolo e ogni pietra del paese laziale. Oltre a Sotto le mura di Anagni o altrimenti de nito dai suoi abitanti ammazzatora che l’artista dipinge a due riprese nel 1926 e 1932 ma che molto sembra debitore di due fotogra e degli anni Venti ( gg. 43-44), sorprende la costanza con cui nel tempo si misura con due soggetti, Lo Spizzone e Gli Arcazzi ( gg. 48-56). Il primo fa addirittura da sfondo al quadro La moglie di Loth del 1949 ( g. 72) dove “per le mura di Sodoma l’artista sceglie il severo spizzone sulla cui sommità si erge l’angelo vendicatore, mentre le case circostanti diventano torri che si fendono e crollano per la terribile ira di Dio sotto un cielo di smalto15”. Quattro fotogra e qui riprodotte e raf guranti, in due casi, alcune donne ciociare ( gg. 57-58) e, nei rimanenti due, la processione di Vallepietra e il “Salterello”, tipico ballo ciociaro, ( gg. 59-60), sembrano essere state usate da Colacicchi come motivi di studio su alcuni temi, ripresi poi nel tempo in diverse circostanze. Le innumerevoli gurine femminili in abiti paesani e spesso recanti un’anfora in testa popolano molte delle vedute di Colacicchi come gure reali e al tempo stesso mitiche. Appena accennate da brevi colpi di pennello, le ciociare fanno la loro comparsa in un’Anagni completamente avvolta da un’aria di arcaica sacralità ( gg. 46, 50, 66). La processione che ogni anno si reca al santuario della Trinità di Vallepietra è un’occasione per Colacicchi, come si evince dalle parole sopra riportate, per studiare il costume della sua gente che viene fotografata e quindi evocata sullo sfondo del quadro La domenica del pastore del 1930 ( g. 61) e della pala presso la collegiata di Frosinone eseguita nel 1964 ( g. 62). Ma lo scatto fotogra co che blocca il movimento dei danzatori del salterello ciociaro, vestiti in abiti tradizionali, sembra essere stato lo spunto non solo per l’illustrazione del libro di Giuliotti del 1948 dove il miracolo di Sant’Anna avviene durante la danza ( g. 63), ma pare aver determinato il soggetto principale della composizione del 1940, purtroppo rimasta allo stato di bozzetto ( g. 64). Qui il tema rappresentato è proprio il salterello il cui cerchio formato dai danzatori rimanda alla forma circolare di un’aia (soggetto a più riprese affrontato dall’artista) la quale a sua volta rinvia al colle retrostante e ai monti Lepini sullo sfondo. A questo paesaggio laziale sembra af ancarsi quello visto in Sud Africa nel 1935-1936, come si vede dal confronto tra questo quadro e Rubbi’s Farm del 1935 ca. ( g. 115). Il primo piano del bozzetto in esame è delimitato da un muretto che divide lo spazio della ‘festa rituale’ da quello dello spettatore e dove sono raf gurati diversi personaggi in vesti ciociare e, sulla destra, una donna con bambino che richiama l’opera dello stesso Colacicchi Donna d’Anagni del 1930 ( g. 74). Si ha l’impressione che Colacicchi abbia usato le sue fonti, i suoi ricordi e i suoi stessi quadri per una composizione originale che rappresenta una realtà mitica e sognante.

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S. RAGIONIERI, Catalogo ragionato delle opere, cit., p. 207.

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Fin qui si è visto come Colacicchi usi la fotogra a come strumento di studio e come promemoria visivo. L’ultimo quadro analizzato dimostra però un metodo di lavoro molto peculiare: combinando insieme le sue stesse prove pittoriche, i suoi ricordi e gli studi fotogra ci, l’artista dimostra di essere perfettamente in grado di lavorare senza il modello dal vivo, dando libero sfogo alla sua creatività. Una piccolissima stampa datata al 1927 circa, nonostante le sue piccole dimensioni, è tra le prove fotogra che più suggestive di Colacicchi ( g. 65). Piazza Bonifacio VIII ad Anagni è inquadrata da un punto in cui il corso diviene stretto e buio, e sulla destra getta un’ombra scura sulla piazza rischiarata dal sole dove pochi elementi, tra cui un carro, vanno a popolarla di silenziose presenze e dove la distribuzione dei palazzi sui diversi livelli rivela la struttura stessa del paese, arroccato su di un colle. L’atmosfera meta sica di cui questa fotogra a sembra essere colma ci ricorda la de nizione di Alinovi a proposito di una linea di tendenza speci ca della fotogra a italiana degli anni Trenta, de nita di ‘realismo magico’ (v. primo capitolo) e dello stesso spessore appare il quadro con il medesimo soggetto eseguito nel 1927 ( g. 66): “Ai nobili palazzi dall’intonaco cremisi o grigio perla, l’artista accosta la povera casa in tufo con le nestre dai bordi imbiancati di calce, ricordo di passate epidemie, mentre un tondo antico, murato non si sa da chi sulla parete di una terrazza, richiama, misteriosamente, alla presenza del passato, i cui succhi vitali continuano a scorrere nella gurina della donna con l’anfora di rame sulla testa, (…). E in ne, su tutto ciò, dilaga l’oppressione del duro cielo di smalto, vero protagonista della scena16”. Dif cile stabilire se a Colacicchi fosse venuta in mente la composizione già prima di scattare la fotogra a o se non si sia trovato lì casualmente con la macchina fotogra ca e, rapito dal forte contrasto delle ombre gettanti e del sole accecante, non abbia voluto immortalare un momento unico e magico, di lì a poco trasposto in pittura. Tra fotogra a e quadro, nonostante il punto di vista leggermente spostato verso sinistra, si nota un’af nità di atmosfera proprio perché l’artista ha cercato di ricreare nel dipinto la stessa qualità accecante della luce e le stesse forme nette delle ombre. Il medesimo soggetto verrà ripreso molto più tardi in un altro quadro dove i palazzi divengono quasi delle scatole astratte mentre il colore dell’intera composizione è più scuro e caldo ( g. 67). Il gruppo più importante di fotogra e eseguite da Colacicchi ritrae due modelli, uno maschile (Vico Taddei) e uno femminile (forse la modella Giulietta), in posa per il quadro La moglie di Loth ( gg. 68-71). Nonostante questo gruppo di fototipi sia tra i pochi esempi analizzati dagli studiosi (gli altri sono quelli usati per Fine d’estate, per Gli Esuli e per il San Sebastiano; gg. 84-91, 106-108, 141143), non sembra sia stato oggetto di suf ciente attenzione, vista la quantità di elementi ora venuti alla luce. Prima di tutto vanno analizzate le scritte a matita sul verso perché autografe dello stesso Colacicchi. Su sette fotogra e rinvenute (di cui tre ristampe) quattro riportano le seguenti indicazioni: “Vico Taddei/ modello per la Niobe/ e vari altri quadri”; “Modella Moglie di Loth 1928”; “1928 Moglie di Loth”; “Taddei che posa/ la moglie di Loth/ II versione/ 1928”. I fattori che emergono sono la datazione, i modelli e il quadro per cui questi posano. Il 1928 posto dall’artista stesso va dato come veritiero perché confermato dagli studi di Susanna Ragionieri e dal

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S. RAGIONIERI, Anagni nella pittura, cit., pp. 58-59.

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luogo in cui sono state scattate le fotogra e, l’abitazione di piazza Donatello dove, come già detto, l’artista si trasferì tra il 1927 e il 1929; questi documenti dimostrano come l’artista vi fosse già residente nel 1928. Le fotogra e probabilmente furono scattate in un’unica seduta. Mentre Vico Taddei, come ci dice lo stesso artista nel suo promemoria apposto sulla fotogra a, posò anche per Niobe e per altri quadri, della modella non abbiamo alcuna informazione. Il suo corpo tuttavia ci ricorda quello della modella Giulietta che posò moltissimo per l’artista tra la ne degli anni Trenta e la prima metà degli anni Quaranta. Almeno così si è ritenuto a lungo, ritardando la datazione degli scatti in esame agli anni Quaranta, in concomitanza con la Moglie di Loth del 1949 ( g. 72). In realtà i fototipi della modella Giulietta, di cui si parlerà più avanti, devono essere anticipati di qualche anno proprio perché eseguiti in piazza Donatello, luogo che noi sappiamo con sicurezza l’artista abbandonò nel 1939. Quindi, se le fotogra e con Giulietta vanno retrodatate alla ne degli anni Trenta, va anche ipotizzata una conoscenza tra la modella e l’artista precedente agli anni Quaranta. Il quadro che si trova dietro i modelli è la prima versione de La moglie di Loth: se “fosse stato portato a termine si sarebbe trattato della prima composizione mitico-biblica di grande respiro eseguita da Colacicchi prima della Donna d’Anagni e dell’Orfeo”, ricordava Ragionieri17. La storia biblica è trasformata da Colacicchi in una danza rituale in cui la pianura di Sodoma e Gomorra diviene la campagna laziale mentre la città in amme diventa Anagni. I due movimenti opposti delle gure, l’uno verso la città e la morte, l’altro verso una salvezza piena di oscuri presagi (come il colore scuro dell’incarnato dell’uomo sembra suggerire), sono ssati - sia in fotogra a che nel dipinto - in gesti altamente teatrali. Le grandi dimensioni della tela che si vede in fotogra a, come l’impostazione e le pose delle due gure, dimostrano come Colacicchi già nel 1928 avesse chiara la composizione nale. I modelli sono stati fotografati davanti al dipinto per poter meglio studiare le pose e le ombre dei loro corpi danzanti (che ancora non sono eseguite nel quadro fotografato). Scattate probabilmente per essere utilizzate nella prima versione del dipinto, del 1928, le fotogra e sono poi servite a Colacicchi (come dimostrano le diverse ristampe eseguite) per la tela del 1949. Le parole con cui Colacicchi descrive l’origine del famoso quadro Donna di Anagni del 1930, esposto alla I Quadriennale d’Arte Nazionale di Roma del 1931 e ora alla Galleria d’Arte Moderna di Firenze, sono le seguenti: “La giovane madre m’apparve seduta sul muretto d’un ponticello lungo la strada che porta alla città, in un giorno di festa. L’ho vista togliersi dal duro busto allacciato la mammella bianca nella mano cotta dal sole; e con lenta precauzione porgerla al bimbo ancora immerso nel sonno. Il rosso dei coralli, il bruno caldo del viso pervaso d’una indicibile gravità quasi infantile contro il verde-giallo della campagna, mi stanno vivi nella mente18”. Dalla prima ‘visione’ avuta da Colacicchi all’esito nale del quadro sono intervenute molte sedute di posa della modella con il bambino ed almeno una fotogra a che sembra essere servita all’artista soprattutto per la posizione del bambino addormentato sulle gambe della madre ( gg. 73-74). È interessante inoltre aggiungere un elemento relativo a un altro quadro dello stesso anno ( g. 75)

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S. RAGIONIERI, Catalogo ragionato delle opere, cit., p. 207.

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G. COLACICCHI, G. Colacicchi, catalogo, cit.

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ma legato alla Donna di Anagni non solamente per la compostezza iconica della gura. Susanna Ragionieri scrive: “Ma l’Olimpo arcaico delle icone anagnine che Colacicchi andava giorno dopo giorno costruendo, non sarebbe tuttavia completo senza la Donna dagli occhi verdi. Era la madre della giovane che aveva posato per la Donna d’Anagni e per tutta la durata del quadro era rimasta vicino alla glia. Veniva da Capo Lombardo e portava con sé, nel volto ero e selvaggio e nella gura altera che la povertà non era riuscita a piegare, l’eco di stirpi antiche che giacevano ormai addormentate nella memoria della terra, ma erano il fondo oscuro, dionisiaco, di una cultura educata soltanto in seguito alla razionalità e alla misura. Riaf orava, tutto ciò, nell’intensità ipnotica dello sguardo, che poteva indicare l’immobilità forzata di chi ingenuamente si metteva in posa come davanti ad un fotografo, ma anche la ssità sacra delle antiche tavole19”. Non siamo forse in presenza di un quadro derivato da una fotogra a non ancora pervenutaci? La modella ritratta non si è messa in posa realmente davanti all’artista fotografo piuttosto che al pittore? Nonostante questi interrogativi per il momento siano senza risposta si può facilmente addurre, secondo le parole della Ragionieri, che la gura dagli abiti scuri che si intravede dietro la modella con bambino nella fotogra a in esame, possa essere proprio sua madre, a conferma di quanto dice la studiosa sulla presenza costante e vigile di questa gura durante le sessioni di posa della glia. Come già detto precedentemente la cappellina sconsacrata sul colle del Tirassegno ad Anagni adibita a studio (dove Colacicchi lavora per lunghi periodi tra il 1931 e il 1933) ricopre una profonda importanza per l’artista. A testimoniarlo vi sono non solamente i quadri che rappresentano questo luogo solitario e arroccato ma anche alcune fotogra e che possono facilmente essere poste a confronto con le prove pittoriche ( gg. 76-78, 79-83). Vi sono inoltre un gruppo di otto fototipi ( gg. 84-91) - probabilmente i più importanti rinvenuti sino ad ora - che ritraggono i due cari amici di Anagni Ennio Bruni e Mario Desidera che si spogliano nel campo retrostante la cappella del Tirassegno, riconoscibile per il gioco geometrico delle grondaie sul retro (visibile sia in una fotogra a che in due quadri di Colacicchi). Il primo elemento di grande interesse è il luogo e il periodo in cui avviene questa vera e propria ‘seduta fotogra ca’. Nonostante fosse aperta campagna e lontano da sguardi indiscreti, siamo comunque in un paesino del Lazio meridionale nei primi anni Trenta, dove un fatto del genere sarebbe sembrato per lo meno bizzarro. La presenza di queste fotogra e dimostra quindi l’estrema modernità di Colacicchi sia fotografo che pittore. Probabilmente l’interno dello studio era troppo buio per eseguire queste fotogra e ed inoltre ciò che interessava l’artista era proprio studiare dei corpi nudi all’aperto. È possibile che le fotogra e siano state scattate avendo già in mente il quadro Fine d’estate del 1932 ( g. 92) dove è raf gurato “un gruppo di nudi che si rivestono in fretta sotto il minaccioso incombere di un temporale20”. Ma è facile addurre che, avendo Colacicchi già in mente il quadro, sia poi stato in uenzato dalle fotogra e per le varie posture dei nudi all’aperto e per lo svolgimento parattatico dei corpi lungo la super cie pittorica. Dagli anni Ottanta dell’Ottocento una serie di scoperte avutesi nel campo fotogra co – in modo

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S. RAGIONIERI, Anagni nella pittura, cit., pp. 65-66.

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Ivi, p. 70.

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particolare in seguito alla pubblicazione di Animal Locomotion di Eadward Muybridge nel 1887 e alla diffusione delle idee e delle fotogra e di Etienne-Jules Marey dal 1885 - determinarono usi del mezzo meccanico no ad allora sconosciuti e, soprattutto, evidenziarono come questo fosse in grado di cogliere movimenti invisibili all’occhio umano. Da qui nascono le sequenze di fotogra e che per scatti successivi cercano di riprendere un’intera azione il cui arco temporale è scandito da una serie di movimenti bloccati nello spazio. Tra queste azioni ci sono anche gesti semplici come lo spogliarsi e il lavarsi e sembra che gli artisti si interessino subito alla possibilità di indagare con l’obiettivo questi aspetti della vita quotidiana. Fra tutti valga l’esempio di Bonnard che fotografa sua moglie che si spoglia all’aperto e che mostra più di un’analogia con le fotogra e di Colacicchi ( gg. 93-94). Ma è nell’esito nale, nella composizione pittorica di Fine d’estate, che l’artista mostra af nità con altri artisti come Degas e Picasso proprio nella metodologia di lavoro ( gg. 95-99). Sembra infatti che Colacicchi abbia in mente, nell’eseguire il quadro in esame, più le fotogra e che i modelli dal vivo come se, vedendole tutte insieme in un’unica sequenza, abbia avuto origine la magistrale composizione. Questa, oltre che essere un malinconico omaggio alla ne dell’estate passata tra i suoi amati colli e con i suoi cari amici, sembra piuttosto essere l’analisi del movimento di una gura nello spazio fatta per frammenti, per corpi bloccati in gesti consequenziali ma separati. Questo è forse il più signi cativo tributo di Colacicchi alla fotogra a e alle sue possibilità combinatorie. Un uso assolutamente creativo e che non a caso richiama un Degas o un Picasso, artisti che da subito videro nella fotogra a un nuovo ltro per guardare la realtà. Queste stampe, come la successiva che ritrae il fratello Loffredo, sono state a più riprese adottate come strumento di studio per i suoi nudi maschili in molte composizioni pittoriche successive ( gg. 100-102). Per il quadro Niobe del 1934, Colacicchi ha sicuramente fatto uso di una fotogra a scattata intorno al 1932 al fratello Loffredo, poco prima che questi morisse in un incidente stradale ( gg. 103-104). La posa del corpo fraterno sulla spiaggia è ripresa letteralmente nel quadro ed è ben visibile nell’unico punto di fuga della composizione. L’artista reca omaggio in questo modo non solo all’amico Rand Herron (morto nel 1932) a cui è dedicato il quadro, ma anche al fratello. E che fosse molto dif cile per lui realizzare la tela è dimostrato dal fatto che impiegò quasi un anno per completarla. “Un giorno, quando Giovanni Colacicchi sarà famosissimo pittore, scriverò la storia dei suoi dieci mesi in Sud Africa; dieci mesi di vita fraternamente divisa in una casa fronteggiante la baia del Capo, su un mare pieno di sanguigni tramonti atlantici e di ali di gabbiani; una casa sconquassata, ridicola architettura coloniale, che ha visto nascere le più belle delle pitture mai fatte in Sud Africa21”. Queste sono le parole che Edoardo Bizzarri scrive di ritorno dal Sud Africa. Bizzarri, insieme ad Alessandro Cope – entrambi lettori di italiano all’Università sudafricana – conosce Colacicchi in Sud Africa quando questi, nel 1935, spinto da fortissime inquietudini, decide di lasciare l’Italia per trasferirsi a Città del Capo, dove rimane per circa dieci mesi. In Beach Road, nella zona di Monille Point, i tre italiani condividono turbamenti e speranze “divisi fra l’amore per la natura immensa che

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E. BIZZARRI, Arte Italiana in Sud Africa,cit.

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li circondava e la paura di non tornare più in patria22”. Da questa comunanza di sentimenti, come dal panorama e dalla descrizione che lo stesso Bizzarri fa della casa colonica dove abitano, nasce il bellissimo quadro non casualmente intitolato Esuli del 1935-1936 ( g. 105). Tre fotogra e, di cui parla la stessa Ragionieri, ritraggono i tre amici in posa per il quadro ( gg. 106-108). I gesti teatrali, le ombre aggettanti come le espressioni pensierose sono riportati nel gruppo all’estrema destra del dipinto. I loro volti sono rivolti al di là del muretto, verso il cielo, verso i gabbiani, verso il mare; è infatti il paesaggio a fare da protagonista, perché causa del malinconico atteggiamento dei tre ‘esuli’. Tra loro e il paesaggio sudafricano si frappone un’architettura coloniale che ricorda la tradizione pittorica americana, Edward Hopper in modo particolare. Il muretto, le case, il faro sullo sfondo e l’albero sulla destra della composizione pittorica, si ritrovano quasi identici in una fotogra a rinvenuta a Firenze ( g. 109), anche se vi sono degli elementi di diversità: nel quadro il punto di ripresa è posto più indietro, viene aggiunto il mare sullo sfondo e, soprattutto, l’albero è stilizzato. Ma questa fotogra a, insieme alle tre con ‘gli esuli’, dimostra come Colacicchi abbia combinato le quattro stampe per poi creare una composizione unitaria più aperta. Il quadro viene mandato dal Sud Africa in Italia per la XX Esposizione Internazionale di Venezia del 1936, insieme ad un altro lavoro, Il faro di Monille Point (Crepuscolo australe) del 1935 ( g. 110). Questo dipinto è molto simile ad Esuli e ben esempli ca le parole di Bizzarri sopra riportate riguardanti il tramonto e i gabbiani. Una fotogra a realizzata durante il soggiorno in Sud Africa ritrae un gruppo di gabbiani in volo e sembra essere servita a Colacicchi proprio per le opere sopra citate ( g. 111). Nel 1936 Bizzarri scrive anche che “Giovanni Colacicchi più di ogni altro pittore locale ha saputo vedere e fermare sulla tela il carattere di questa natura sudafricana; natura di una bellezza ferma e solida, materiata in una staticità quasi inumana23”. Queste parole descrivono alla perfezione l’atmosfera che pervade le altre tele sudafricane no ad oggi pervenuteci, ma ben si adattano anche alle fotogra e conservate a Firenze. Rispetto ai fototipi analizzati sino ad ora, il gruppo eseguito durante il soggiorno in Sud Africa si distingue per la grande quantità di fotogra e che lo costituiscono e per il fatto che di molte non si rintraccia il corrispettivo pittorico. Poiché diversi quadri lì realizzati sono oggi perduti, è probabile che alcune fotogra e siano l’unica loro testimonianza rimastaci. È anche possibile d’altra parte ipotizzare che Colacicchi abbia usato in questa occasione maggiormente la macchina fotogra ca, per poter accumulare più ricordi e immagini possibili, ben consapevole che l’occasione che si presentava ai suoi occhi poteva essere unica. Se per alcuni gruppi di fotogra e è stato possibile da una parte rintracciarne l’eco in diversi quadri e dall’altra individuare dei lavori speci ci, ve ne sono altre che, sebbene sembrino semplicemente documentare il suo viaggio, ci mostrano un Colacicchi dotato di uno sguardo assolutamente fotogra co e, in un caso, addirittura cinematogra co. Alcuni paesaggi dipinti rievocano nel mare e nei picchi montagnosi numerose fotograe sudafricane dell’artista ( gg. 112-116) di cui un gruppo di ben sei fototipi sembra rappresentare lo studio di Colacicchi intorno a uno speci co motivo paesaggistico che si concentra in un’unica

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S. RAGIONIERI, Catalogo ragionato delle opere, cit., p. 202.

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E. BIZZARRI, Arte Italiana in Sud Africa, cit.

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e meravigliosa prova pittorica, Saldanha Bay ( gg. 117-123). Altre due stampe fotogra che, nella loro astratta rappresentazione di un resto di relitto abbandonato ( gg. 124-125), esempli cano le seguenti parole di Bizzarri: “Anche le tracce dell’uomo (…) vengono assorbite e immerse in un’atmosfera inerte e lontana, fuori della vita e del tempo24”. In ne, in occasione del suo ritorno in patria, nel giugno del 1936, Colacicchi, armato della sua macchina fotogra ca, ferma in tre immagini la scena della partenza vista dalla nave ( gg. 126-128). In una giornata piovosa amici e parenti guardano e salutano chi parte, chi torna alle proprie origini. Nella scelta del soggetto e nell’inquadratura Colacicchi assume involontariamente uno sguardo cinematogra co. Simili esiti si ritrovano, infatti, in molte opere della storia della cinematogra a come, ad esempio, nel lm del 2006 di Emanuele Crialese, Nuovomondo, dove la scena della partenza di una famiglia di emigranti sardi per il nuovo mondo è ripresa dall’alto. Il regista inquadra sia la folla sulla nave che quella che saluta dal molo, saturando con la moltitudine il fotogramma e dunque rendendolo astratto. Tra i fototipi rimanenti vi sono due gruppi con modelli in posa e due stampe de nibili come studi per composizioni pittoriche. Tra le serie con modelli in posa vi è la sequenza di scatti probabilmente eseguita nella medesima giornata (tranne la prima) e realizzati alla ne degli anni Trenta nello studio di piazza Donatello a Firenze ( gg. 129-139). La modella Giulietta è ritratta in diverse pose, a volte consecutive, di cui per il momento non è stata trovata rispondenza diretta nei dipinti di Colacicchi. Probabilmente sono servite all’artista come studi di nudi femminili e se ne trova un’eco in molte composizioni pittoriche eseguite nel corso della sua carriera ( g. 140). Nel gruppo spiccano per originalità tre fotogra e: quella caratterizzata da una doppia impressione di stampa sul medesimo foglio ( g. 129); quella in cui la volontà di ritrarre il gesto della modella che alza le braccia si tramuta in un effetto ou ( g. 134); quella in cui Giulietta è ripresa dall’alto, stesa su una coperta posta a terra ( g. 139). Il secondo gruppo con il modello Guido Fabiani è servito a Colacicchi per la realizzazione del San Sebastiano del 1943 ( gg. 141-144). Le tre fotogra e furono realizzate da Carla Garabelli Orlando nello studio della casa di Bernard Berenson a Vallombrosa, dove si rifugiava la famiglia dell’artista durante il secondo con itto mondiale. Il dipinto è sicuramente debitore dei tre scatti che ssano la posizione di abbandono del corpo, le luci, le ombre, la posizione della corda, delle mani e dei capelli. A questa gura l’artista aggiunge unicamente lo sfondo boscoso in cui sceglie di porre il suo ‘uomo legato’. Vi è un aneddoto tramandato dalla famiglia dell’artista che potrebbe non solo giusti care la posa realisticamente abbandonata del modello ma anche la presenza di queste fotogra e. Si dice che Guido Fabiani, una volta legato e lasciato in questa posizione, si fosse addormentato e, infatti, la fotogra a sembra essere stata scattata proprio in quel momento. Dalle memorie di quei giorni scritte da Flavia Colacicchi si apprende quanto segue: “Venne una volta Clara; entrò dal basso e non c’era nessuno in cucina; salì al primo piano, guardò nelle camere e in sala da pranzo, e nessuno, seguitò a salire, aprì la porta dello studio di B.B. e ci trovò Guido in quella posizione, col capo reclinato, immerso nel sonno, e un’espressione da martire. Pensò subito: è stato torturato, e gli altri tutti uccisi (di stragi ne erano già successe). Molto sconsolata uscì dalla porta in fondo al

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Ivi.

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corridoietto, e vede tornare verso casa Giovanni, tutto tranquillo, col suo bastoncino25”. Le ultime due fotogra e analizzate risalgono l’una al soggiorno ad Ischia di Colacicchi nel 1952 circa e l’altra agli anni Settanta. La prima, eseguita probabilmente dall’amica russa Nina Harkevitch (dottoressa e pittrice), ritrae il torrione che domina sui vicoli dell’isola e può aver dato più di uno spunto ai diversi quadri dell’artista con questo soggetto ( gg. 145-146). La seconda è una natura morta, genere largamente indagato dall’artista durante tutto il suo percorso pittorico. Purtroppo è stata trovata solamente questa fotogra a con tale soggetto e l’unica analogia sino ad ora rinvenuta riguarda il semplice motivo di una conchiglia che si ritrova identica in un quadro dell’epoca ( gg. 147-148). Ma la fotogra a ci dà comunque testimonianza del modo di operare dell’artista, di come preparava gli oggetti sul tavolo per poterli ritrarre e di come amasse riprenderli dall’alto. Nell’analizzare i fototipi di Colacicchi si è notata una diminuzione quantitativa che va di pari passo con l’avanzare della sua carriera. La maggior parte sono, infatti, datati tra gli anni Venti e i Quaranta. Probabilmente l’artista, come si è sottolineato in diversi punti, ha usato in più di un’occasione stampe fotogra che eseguite in precedenza che gli sono servite come modelli visivi lungo tutto il suo iter artistico, a ulteriore conferma dell’importanza rivestita dalla fotogra a per la sua vita e la sua arte.

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Dai ricordi manoscritti di Flavia Colacicchi sul periodo bellico.

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DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA


Indice delle tavole Fig. 1. Anonimo, Famiglia Colacicchi, 1892 ca. Fig. 2. Anonimo, Anagni, 1909. Fig. 3. Anonimo, Mario Colacicchi nella sua abitazione a Tripoli, 1919. Fig. 4. Anonimo, Giovanni Colacicchi e la prima moglie Amalia Zanotti durante una gita, 19251930. Fig. 5. Anonimo, Giovanni Colacicchi e famiglia durante una gita, 1925-1930. Fig. 6. Anonimo, Giovanni Colacicchi e famiglia, 1925-1930. Fig. 7. Anonimo, Giovanni Colacicchi e famiglia durante una gita, 1925-1930. Fig. 8. Anonimo, Giovanni Colacicchi e famiglia, 1925-1930. Fig. 9. Anonimo, Giovanni Colacicchi e Bruno Colacicchi insieme a un bambino, 1930-1940. Fig. 10. Anonimo, Giovanni Colacicchi insieme a un amico nella campagna nei dintorni di Anagni, 1925-1930. Fig. 11. Anonimo, Giovanni Colacicchi e amici in campagna, 1925-1930. Fig. 12. Anonimo, Fotogra a di gruppo con Giovanni Colacicchi e famiglia, 1925-1930. Fig. 13. Anonimo, Giovanni Colacicchi e famiglia nella casa in via dell’Osservatorio a Firenze, 1955-1960. Fig. 14. Anonimo, Giovanni Colacicchi in commissione artistica per una mostra ad Anagni, 1957. Fig. 15. Giovanni Colacicchi (attribuito), Amalia Zanotti, 1929. Fig. 16. Giovanni Colacicchi, La Malinconia (Melencolia), 1924. Fig. 17. Luigi Veronesi, Fotogramma 16. Fig. 18. Franco Grignani, Foto pubblicitaria per abito da sposa, 1936-1937. Fig. 19. Giuseppe Cavalli, Grano e ulivi, 1937. Fig. 20. Giovanni Colacicchi, L’uliveto (Uliveto sotto le mura di Anagni), 1927. Fig. 21. Mario Castagneri, Ida Rubinstein nel “Martirio di San Sebastiano”, 1926. Fig. 22. Vincenzo Balocchi, Uscita dallo Stadio, 1934. Fig. 23. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto, 1925. Fig. 24. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto, 1925. Fig. 25. Giovanni Colacicchi, Lo studio, 1922. Fig. 26. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto nello studio del Tirassegno di fronte al dipinto “S. Maria Egiziaca”, 1933 ca. Fig. 27. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto nello studio del Tirassegno mentre lavora a “Giacobbe e l’angelo”, 1933 ca. Fig. 28. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto durante l’esecuzione del “Giudice di Locri”, 1939. Fig. 29. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto, 1940-1945 ca. Fig. 30. Anonimo, Giovanni Colacicchi e l’allieva Francesca Sebregondi durante la preparazione della decorazione per il cinema Gambrinus, 1947.

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Fig. 31. Emanuele Cavalli, Ritratto di Giovanni Colacicchi, 1960. Fig. 32. Emanuele Cavalli, Ritratto di Giovanni Colacicchi, 1960. Fig. 33. Anonimo, Giovanni Colacicchi mentre lavora alla decorazione per la Banca Commerciale di Firenze, 1961-1962. Fig. 34. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto con la modella Giulietta durante l’esecuzione di “Nuda sulla pelle di capra”, 1943. Fig. 35. Giovanni Colacicchi, Nuda sulla pelle di capra, 1943. Fig. 36. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto con la modella Gilda Molza, 1950 ca. Fig. 37. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto, 1950 ca. Fig. 38. Emanuele Cavalli, Ritratto di Giovanni Colacicchi, 1955 ca. Fig. 39. Anonimo, Ritratto di Giovanni Colacicchi, 1976. Fig. 40. Anonimo, Ritratto di Giovanni Colacicchi, 1992. Fig. 41. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto nello studio del Tirassegno, 1933. Fig. 42. Mario Colacicchi, Giovanni Colacicchi mentre dipinge Giacobbe e l’angelo nella Cappellina del Tirassegno ad Anagni, 1933. Fig. 43. Giovanni Colacicchi (attribuito), Sotto le mura di Anagni, 1920-1925 ca. Fig. 44. Anonimo, Giovanni Colacicchi all’ammazzatora, 1925 ca. Fig. 45. Giovanni Colacicchi, Sotto le mura di Anagni, 1926. Fig. 46. Giovanni Colacicchi, Sotto le mura di Anagni, 1932. Fig. 47. Giovanni Colacicchi (attribuito), Lo Spizzone, 1925 ca. Fig. 48. Giovanni Colacicchi (attribuito), Lo Spizzone, 1928 ca. Fig. 49. Giovanni Colacicchi, Anagni, 1926. Fig. 50. Giovanni Colacicchi, Lo Spizzone I, 1926. Fig. 51. Giovanni Colacicchi, Lo Spizzone II (Sotto le mura di Anagni), 1929. Fig. 52. Giovanni Colacicchi, Lo Spizzone IV, 1945 ca. Fig. 53. Giovanni Colacicchi, Albero sotto lo Spizzone, 1986. Fig. 54. Giovanni Colacicchi, Gli Arcazzi, 1925 ca. Fig. 55. Umberto Frattali, Gli Arcazzi, anni Quaranta. Fig. 56. Giovanni Colacicchi, Gli Arcazzi, 1982. Fig. 57. Giovanni Colacicchi (attribuito), Costumi ciociari, anni Venti. Fig. 58. Giovanni Colacicchi (attribuito), Ciociare, anni Venti. Fig. 59. Giovanni Colacicchi (attribuito), Vallepietra. Processione, anni Venti. Fig. 60. Giovanni Colacicchi (attribuito), Il Salterello, anni Trenta. Fig. 61. Giovanni Colacicchi, La domenica del pastore, 1930. Fig. 62. Giovanni Colacicchi, Pietà, 1964. Fig. 63. Giovanni Colacicchi, Il miracolo di Sant’Anna, illustrazione per D. Giuliotti, Giri d’arcolaio, Firenze 1948. Fig. 64. Giovanni Colacicchi, Bozzetto per il ‘salterello’ ciociaro, 1940 ca. Fig. 65. Giovanni Colacicchi (attribuito), Piazza Bonifacio VIII, 1927 ca. Fig. 66. Giovanni Colacicchi, La piazzetta Bonifacio VIII, 1927.

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Fig. 67. Giovanni Colacicchi, Piazzetta di Bonifacio VIII, 1982. Fig. 68. Giovanni Colacicchi (attribuito), Vico Taddei in posa per il quadro “La moglie di Loth”, 1928. Fig. 69. Giovanni Colacicchi (attribuito), Vico Taddei in posa per il quadro “La moglie di Loth”, 1928. Fig. 70. Giovanni Colacicchi (attribuito), Modella in posa per il quadro “La moglie di Loth”, 1928. Fig. 71. Giovanni Colacicchi (attribuito), Modella in posa per il quadro “La moglie di Loth”, 1928. Fig. 72. Giovanni Colacicchi, La moglie di Loth, 1949. Fig. 73. Giovanni Colacicchi (attribuito), Donna di Anagni, 1930 ca. Fig. 74. Giovanni Colacicchi, Donna di Anagni, 1930. Fig. 75. Giovanni Colacicchi, Donna dagli occhi verdi, 1930. Fig. 76. Giovanni Colacicchi (attribuito), La Cappellina del Tirassegno, 1931-1933. Fig. 77. Giovanni Colacicchi (attribuito), La Cappellina del Tirassegno, 1931-1933. Fig. 78. Giovanni Colacicchi (attribuito), La Cappellina del Tirassegno, 1983. Fig. 79. Giovanni Colacicchi, Il tirassegno (Vecchio tirassegno, Bersaglio), 1931. Fig. 80. Giovanni Colacicchi, Anagni dal ritiro, anni Trenta. Fig. 81. Giovanni Colacicchi, Evocazione, 1937 ca. Fig. 82. Giovanni Colacicchi, Lo studio sul colle del tirassegno, 1938 ca. Fig. 83. Giovanni Colacicchi, La cappellina di San Bonaventura al Tirassegno, 1948 ca. Fig. 84. Giovanni Colacicchi (attribuito), Ennio Bruni mentre si spoglia, 1932 ca. Fig. 85. Giovanni Colacicchi (attribuito), Ennio Bruni mentre si spoglia, 1932 ca. Fig. 86. Giovanni Colacicchi (attribuito), Ennio Bruni in posa, 1932 ca. Fig. 87. Giovanni Colacicchi (attribuito), Ennio Bruni in posa, 1932 ca. Fig. 88. Giovanni Colacicchi (attribuito), Ennio Bruni in posa, 1932 ca. Fig. 89. Giovanni Colacicchi (attribuito), Mario Desidera mentre si veste, 1932 ca. Fig. 90. Giovanni Colacicchi (attribuito), Mario Desidera mentre si veste, 1932 ca. Fig. 91. Giovanni Colacicchi (attribuito), Mario Desidera mentre si veste, 1932 ca. Fig. 92. Giovanni Colacicchi, Fine d’estate, 1932. Fig. 93. Pierre Bonnard, Marthe di pro lo che si spoglia, 1900-1901. Fig. 94. Pierre Bonnard, Marthe di pro lo che si asciuga una gamba, 1900-1901. Fig. 95. Edgar Degas, Ballerina che si aggiusta la spallina, 1895-1896. Fig. 96. Eadward Muybridge, Female, lifting a towel, wiping herself…, serie consecutiva di fotogra e pubblicate in Animal Locomotion nel 1887. Fig. 97. Edgar Degas, Ballerina che si allaccia la scarpa, 1883 (?). Fig. 98. Lo studio bianco, Ballerine dei balletti Russi in “Les Sylphides”, 1916. Fig. 99. Pablo Picasso, Tre ballerine, 1919-1920. Fig. 100. Giovanni Colacicchi, Argonauti, 1940. Fig. 101. Giovanni Colacicchi, Filottete, 1942. Fig. 102. Govanni Colacicchi, Argonauti II, 1943. Fig. 103. Giovanni Colacicchi (attribuito), Loffredo, 1932 ca.

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Fig. 104. Giovanni Colacicchi, Niobe, 1934. Fig. 105. Giovanni Colacicchi, Gli esuli, 1935-1936. Fig. 106. Giovanni Colacicchi (attribuito), Bizzarri e Cope in posa per ‘Gli Esuli’, 1935-1936. Fig. 107. Giovanni Colacicchi (attribuito), Cope in posa per ‘Gli Esuli’, 1935-1936. Fig. 108. Anonimo, Colacicchi e Cope in posa per ‘Gli Esuli’, 1935-1936. Fig. 109. Giovanni Colacicchi (attribuito), Il Faro di Monille Point, 1935-1936. Fig. 110. Giovanni Colacicchi, Il faro di Monille Point (Crepuscolo australe), 1935. Fig. 111. Giovanni Colacicchi (attribuito), Gabbiani, 1935 ca. Fig. 112. Giovanni Colacicchi (attribuito), Robertson Farm De Wett, 1935. Fig. 113. Giovanni Colacicchi (attribuito), Robertson Farm De Wett, 1935. Fig. 114. Giovanni Colacicchi (attribuito), Sud Africa, 1935 ca. Fig. 115. Giovanni Colacicchi, Rubbi’s Farm, 1935 ca. Fig. 116. Giovanni Colacicchi, Saldanha Bay, 1936. Fig. 117. Giovanni Colacicchi (attribuito), Saldanha Bay, 1936 ca. Fig. 118. Giovanni Colacicchi (attribuito), Saldanha Bay, 1936 ca. Fig. 119. Giovanni Colacicchi (attribuito), Saldanha Bay, 1936 ca. Fig. 120. Giovanni Colacicchi (attribuito), Saldanha Bay, 1936 ca. Fig. 121. Giovanni Colacicchi (attribuito), Saldanha Bay, 1936 ca. Fig. 122. Giovanni Colacicchi (attribuito), Saldanha Bay, 1936 ca. Fig. 123. Giovanni Colacicchi, Saldanha Bay, 1936 ca. Fig. 124. Giovanni Colacicchi (attribuito), Resti di naufragio, 1936 ca. Fig. 125. Giovanni Colacicchi (attribuito), Resti di naufragio, 1936 ca. Fig. 126. Giovanni Colacicchi (attribuito), Partenza, 1936. Fig. 127. Giovanni Colacicchi (attribuito), Partenza, 1936. Fig. 128. Giovanni Colacicchi (attribuito), Partenza, 1936. Fig. 129. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, ne anni Trenta. Fig. 130. Giovanni Colacicchi (attribuito), Il pittore e la modella, ne anni Trenta. Fig. 131. Giovanni Colacicchi (attribuito), Il pittore e la modella, ne anni Trenta. Fig. 132. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, ne anni Trenta. Fig. 133. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, ne anni Trenta. Fig. 134. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, ne anni Trenta. Fig. 135. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, ne anni Trenta. Fig. 136. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, ne anni Trenta. Fig. 137. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, ne anni Trenta. Fig. 138. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, ne anni Trenta. Fig. 139. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, ne anni Trenta. Fig. 140. Giovanni Colacicchi, Dormiente, 1950. Fig. 141. Carla Garabelli Orlando, Guido Fabiani in posa per “San Sebastiano”, 1943. Fig. 142. Carla Garabelli Orlando, Guido Fabiani in posa per “San Sebastiano”, 1943. Fig. 143. Carla Garabelli Orlando, Guido Fabiani in posa per “San Sebastiano”, 1943.

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Fig. 144. Giovanni Colacicchi, San Sebastiano (L’uomo legato), 1943. Fig. 145. Nina Harkevitch (attribuito), Ischia, 1952 ca. Fig. 146. Giovanni Colacicchi, Il torrione, 1954. Fig. 147. Giovanni Colacicchi (attribuito), Natura morta, 1974. Fig. 148. Giovanni Colacicchi, Il canapo, 1970 ca. Fig. 149. Anonimo, Giovanni Colacicchi e Arturo Loria, ne anni Venti. Fig. 150. Anonimo, Sala di Giovanni Colacicchi alla “III Esposizione del Sindacato Regionale Toscano delle Arti del Disegno”, 1927. Fig. 151. Anonimo, Il “Gruppo Toscano Novecentesco”, 1928. Fig. 152. Anonimo, Kuhn, Marini e Colacicchi in Piazza Donatello a Firenze, 1930. Fig. 153. Anonimo, Giovanni Colacicchi e Mario Castelnuovo Tedesco a Populonia, 1932. Fig. 154. Anonimo, Giovanni Colacicchi ed Ennio Bruni, 1933 ca. Fig. 155. Anonimo, Sala della II Quadriennale d’Arte Nazionale con Niobe, 1935. Fig. 156. Giovanni Colacicchi (attribuito), Nave Duilio, 1935. Fig. 157. Giovanni Colacicchi (attribuito), Robertson Farm De Wett, 1935. Fig. 158. Anonimo, Giovanni Colacicchi ed Edoardo Bizzarri, 1935. Fig. 159. Giovanni Colacicchi (attribuito), Il vetturino di Dakkar, 1935-1936. Fig. 160. Giovanni Colacicchi (attribuito), Mulatta, 1935-1936. Fig. 161. Giovanni Colacicchi (attribuito), Africani, 1935-1936. Fig. 162. Giovanni Colacicchi (attribuito), Africani, 1936. Fig. 163. Anonimo, Giovanni Colacicchi in Accademia, 1939. Fig. 164. Anonimo, Giovanni Colacicchi, Alberto Carocci e un’altra gura maschile davanti al bozzetto del “Giudice di Locri”, 1939 ca. Fig. 165. Giovanni Colacicchi (attribuito), Scuola di Giovanni Colacicchi, 1950 ca. Fig. 166. Anonimo, Giovanni Colacicchi durante la conferenza su Berenson tenutasi per il centenario della nascita, 1965.

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Fig. 1. Anonimo, Famiglia Colacicchi, 1892 ca., ferrotipo, 8,8x5,8 cm. Eredi Colacicchi, Anagni.

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Fig. 2. Anonimo, Anagni, 1909, gelatina bromuro d’argento/ carta, 17,3x12,5 cm. Eredi Colacicchi, Anagni.

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Fig. 3. Anonimo, Mario Colacicchi nella sua abitazione a Tripoli, 1919, gelatina bromuro d’argento su carta fotografica in formato cartolina, 9x14 cm. Eredi Colacicchi, Anagni.

Fig. 4. Anonimo, Giovanni Colacicchi e la prima moglie Amalia Zanotti durante una gita, 1925-1930, gelatina bromuro d’argento/ carta, 4,5x6,8 cm. Eredi Colacicchi, Anagni.

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Fig. 5. Anonimo, Giovanni Colacicchi e famiglia durante una gita, 1925-1930, gelatina bromuro d’argento/ carta, 4,5x6,8 cm. (da sinistra: Clara Chiappero Giraud, Mario Colacicchi e Giovanni Colacicchi). Eredi Colacicchi, Anagni.

Fig. 6. Anonimo, Giovanni Colacicchi e famiglia, 1925-1930, gelatina bromuro d’argento/ carta, 4,5x6,8 cm. (da sinistra: Amalia Zanotti, un bambino, Clara Chiappero Giraud e un uomo). Eredi Colacicchi, Anagni.

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Fig. 7. Anonimo, Giovanni Colacicchi e famiglia durante una gita, 1925-1930, gelatina bromuro d’argento/ carta, 8,4x5,8 cm. (La prima figura maschile a destra è Giovanni Colacicchi). Eredi Colacicchi, Anagni.

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Fig. 8. Anonimo, Giovanni Colacicchi e famiglia, 1925-1930, gelatina bromuro d’argento/ carta, 4,5x6,8 cm. (La prima figura maschile a sinistra è Giovanni Colacicchi). Eredi Colacicchi, Anagni.

Fig. 9. Anonimo, Giovanni Colacicchi e Bruno Colacicchi insieme a un bambino, 1930-1940, gelatina bromuro d’argento/ carta, 9x6,3 cm. Eredi Colacicchi, Anagni.

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Fig. 10. Anonimo, Giovanni Colacicchi insieme a un amico nella campagna nei dintorni di Anagni, 1925-1930, gelatina bromuro d’argento/ carta, 10,9x6,6 cm. Eredi Colacicchi, Anagni.

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Fig. 11. Anonimo, Giovanni Colacicchi e amici in campagna, 1925-1930, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,6x10,8 cm. Eredi Colacicchi, Anagni.

Fig. 12. Anonimo, Fotografia di gruppo con Giovanni Colacicchi e famiglia, 1925-1930, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,5x10,6 cm. (da sinistra: Giovanni Colacicchi, Clara Chiappero Giraud, Amalia Zanotti, donna con bambino e Mario Colacicchi; in basso: Germana e Bruno Colacicchi). Eredi Colacicchi, Anagni.

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Fig. 13. Anonimo, Giovanni Colacicchi e famiglia nella casa in via dell’Osservatorio a Firenze, 1955-1960, gelatina bromuro d’argento/ carta, 7x10 cm. (da sinistra: una bambina, Piero Colacicchi, Mario Colacicchi che gioca con il cane di Piero e Francesco, Francesco Colacicchi e Giovanni Colacicchi). Eredi Colacicchi, Anagni.

Fig. 14. Anonimo, Giovanni Colacicchi in commissione artistica per una mostra ad Anagni, 1957, gelatina bromuro d’argento/ carta, 18x24 cm. (alla sinistra di Giovanni Colacicchi si riconosce Carlo Levi). Eredi Colacicchi, Anagni.

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Fig. 15. Giovanni Colacicchi (attribuito), Amalia Zanotti, 1929, gelatina bromuro d’argento/ carta, 8,7x6 cm. Eredi Colacicchi, Anagni.

52


Fig. 16. Giovanni Colacicchi, La Malinconia (Melencolia), 1924, olio su tela, 177,5x150,5 cm. Collezione privata.

53


Fig. 17. Luigi Veronesi, Fotogramma 16, 1933, 28,7x23,4 cm. (Da Fossati - Veronesi, Luigi Veronesi. Fotogrammi e fotografie, 1983, s.n.).

54


Fig. 18. Franco Grignani, Foto pubblicitaria per abito da sposa, 1936-1937, gelatina bromuro d’argento/ carta, 40x40 cm. (Da Alinovi, in gli AnniTrenta. Arte e Cultura in Italia, 1983, p. 421).

55


Fig. 19. Giuseppe Cavalli, Grano e ulivi, 1937, gelatina bromuro d’argento/ carta, 40x30 cm. Etichetta sul verso: “6x6 Pell. Pancro./Obiettivo 75 mm./1/100 Diaframma 6,3/lente Duto/Carta Bromuro”. Archivio Giuseppe Cavalli, Roma.

Fig. 20. Giovanni Colacicchi, L’uliveto (Uliveto sotto le mura di Anagni), 1927, olio su tela, 84x98 cm. Galleria d’Arte Moderna, Firenze.

56


Fig. 21. Mario Castagneri, Ida Rubinstein nel “Martirio di San Sebastiano”, 1926, gelatina bromuro d’argento/ carta. (Da Costantini - Zannier, Luci ed Ombre. Gli annuari della fotografia artistica italiana 1923 - 1934, 1987, tav. XXXII).

57


Fig. 22. Vincenzo Balocchi, Uscita dallo Stadio, 1934, gelatina bromuro d’argento/ carta. (Da Costantini - Zannier, Luci ed Ombre. Gli annuari della fotografia artistica italiana 1923 - 1934, 1987, tav. XXIV).

58


Fig. 23. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto, 1925, gelatina bromuro d’argento su carta fotografica in formato cartolina, 13,4x8,6 cm. Scritte a penna e a matita sul verso: “Firenze 1925 nello studio si vede il quadro La Malinconia”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 24. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto, 1925, gelatina bromuro d’argento su carta fotografica in formato cartolina, 13,4x8,6 cm. (Pubblicata in Giovanni Colacicchi 1991, p. 151).

59


Fig. 25. Giovanni Colacicchi, Lo studio, 1922, olio su tela, 62x51,5 cm. Collezione privata, Roma.

60


Fig. 26. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto nello studio del Tirassegno di fronte al dipinto “S. Maria Egiziaca”, 1933 ca., gelatina bromuro d’argento su carta fotografica in formato cartolina, 13,3x8,4 cm. Scritta a matita sul verso: “Anagni/ 1932 o 33/ mentre dipinge/ S. Maria Egiziaca”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 27. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto nello studio del Tirassegno mentre lavora a “Giacobbe e l’angelo”, 1933 ca., gelatina bromuro d’argento su carta fotografica in formato cartolina, 13,3x8,3 cm. Scritta a matita sul verso: “Anagni 1933/ Giovanni davanti al/ suo quadro Giacobbe e l’angelo”. Eredi Colacicchi, Firenze. (Pubblicata in Raspa 1998, fig. 11).

61


Fig. 28. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto durante l’esecuzione del “Giudice di Locri”, 1939, gelatina bromuro d’argento/ carta, 14x9 cm. Scritta a matita sul verso: “Papà mentre dipinge/ il giudice di Locri a Firenze/ in piazza Donatello nel 1939”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 29. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto, 1940-1945 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 11,4x6,4 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

62


Fig. 30. Anonimo, Giovanni Colacicchi e l’allieva Francesca Sebregondi durante la preparazione della decorazione per il cinema Gambrinus, 1947, gelatina bromuro d’argento/ carta Collodio-Matt, 10,2x14,8 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 31. Emanuele Cavalli, Ritratto di Giovanni Colacicchi, 1960, gelatina bromuro d’argento/ carta, 5,8x9 cm. Scritta a matita sul verso: “Verso il 60/ di cavalli”. Eredi Colacicchi, Firenze. (Pubblicata in Giovanni Colacicchi 1991, p. 180).

63


Fig. 32. Emanuele Cavalli, Ritratto di Giovanni Colacicchi, 1960, gelatina bromuro d’argento/ carta, 17x23,3 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 33. Anonimo, Giovanni Colacicchi mentre lavora alla decorazione per la Banca Commerciale di Firenze, 1961-1962, gelatina bromuro d’argento/ carta 24x18 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

64


Fig. 34. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto con la modella Giulietta durante l’esecuzione di “Nuda sulla pelle di capra”, 1943, gelatina bromuro d’argento su carta fotografica in formato cartolina, 8,7x13,7 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

65


Fig. 35. Giovanni Colacicchi, Nuda sulla pelle di capra, 1943, olio su tela. Ubicazione ignota.

66


Fig. 36. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto con la modella Gilda Molza, 1950 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 20,3x25,2 cm. Scritta a matita sul verso: “Gilda Molza intorno al 1950 Ristampa”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 37. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto, 1950 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 20,3x25,2 cm. Scritta a matita sul verso: “Gilda Molza intorno al 1950”. Eredi Colacicchi, Firenze.

67


Fig. 38. Emanuele Cavalli, Ritratto di Giovanni Colacicchi, 1955 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 17,4x25 cm. Scritta a matita sul verso: “Di Cavalli/ intorno al 55/ All’Accademia di Firenze”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 39. Anonimo, Ritratto di Giovanni Colacicchi, 1976, stampa a colori su carta Kodak, 8,8x11,2 cm. Scritta a penna sul verso: “Maratea/ aprile 1976”. Eredi Colacicchi, Firenze.

68


Fig. 40. Anonimo, Ritratto di Giovanni Colacicchi, 1992, gelatina bromuro d’argento/ carta, 20,3x25,1 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 41. Giovanni Colacicchi (attribuito), Autoritratto nello studio del Tirassegno, 1933, gelatina bromuro d’argento su carta fotografica in formato cartolina, 13x8,6 cm. Scritte autografe di Colacicchi a penna e a matita sul verso: “Anagni 1933/ settembre - ottobre”. Eredi Colacicchi, Firenze.

69


Fig. 42. Mario Colacicchi, Giovanni Colacicchi mentre dipinge Giacobbe e l’angelo nella Cappellina del Tirassegno ad Anagni, 1933. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 43. Giovanni Colacicchi (attribuito), Sotto le mura di Anagni, 1920-1925 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 5,6x8,4 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

70


Fig. 44. Anonimo, Giovanni Colacicchi all’ammazzatora, 1925 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 18x23,9 cm. Scritta a matita sul verso: “Anagni (all’ammazzatora)/ prima che sciupassero/ questa casa/ 1925?”. Eredi Colacicchi, Firenze.

71


Fig. 45. Giovanni Colacicchi, Sotto le mura di Anagni, 1926, olio su tela, 41x51 cm. Collezione privata, Roma.

Fig. 46. Giovanni Colacicchi, Sotto le mura di Anagni, 1932, olio su tela. Collezione privata, Anagni.

72


Fig. 47. Giovanni Colacicchi (attribuito), Lo Spizzone, 1925 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 5,7x8,6 cm. Scritta autografa di Colacicchi a penna sul verso: “Lo Spizzone”. Eredi Colacicchi, Firenze. (Pubblicata in Raspa 1998, fig. 8).

Fig. 48. Giovanni Colacicchi (attribuito), L o Spizzone, 1928 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 5,8x8,1 cm. Scritta autografa di Colacicchi a penna sul verso: “Lo Spizzone”. Eredi Colacicchi, Firenze.

73


Fig. 49. Giovanni Colacicchi, Anagni, 1926, olio su tela. Dettaglio. Ubicazione ignota.

Fig. 50. Giovanni Colacicchi, Lo Spizzone I, 1926, olio su tela. Dettaglio. Collezione privata, Amsterdam.

74


Fig. 51. Giovanni Colacicchi, Lo Spizzone II (Sotto le mura di Anagni), 1929, olio su tela. Dettaglio. Collezione privata, Roma.

Fig. 52. Giovanni Colacicchi, Lo Spizzone IV, 1945 ca., olio su tela. Banca Toscana, Firenze.

75


Fig. 53. Giovanni Colacicchi, Albero sotto lo Spizzone, 1986, olio su tela, 60x75 cm. Collezione privata, Firenze.

Fig. 54. Giovanni Colacicchi, Gli Arcazzi, 1925 ca., olio su tela, 81x62 cm. Collezione privata, Firenze.

76


Fig. 55. Umberto Frattali, Gli Arcazzi, anni Quaranta, gelatina bromuro d’argento/ carta, 18x17,7 cm. Timbro sul verso: “FOTO STUDIO/ U. FRATTALI/ Tel. 727167 - ANAGNI (FR) Cod. Fisc. FRT MRT 05A31 A269V”. Eredi Colacicchi, Firenze.

77


Fig. 56. Giovanni Colacicchi, Gli Arcazzi, 1982, olio su tela, 80x100 cm. Banca di Credito Cooperativo, Anagni.

78


Fig. 57. Giovanni Colacicchi (attribuito), Costumi ciociari, anni Venti, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,2x9 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “Costumi ciociari”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 58. Giovanni Colacicchi (attribuito), Ciociare, anni Venti, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6x8,8 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

79


Fig. 59. Giovanni Colacicchi (attribuito), Vallepietra. Processione, anni Venti, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,9x9 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 60. Giovanni Colacicchi (attribuito), Il Salterello, anni Trenta, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,6x9 cm. Scritta a matita sul verso: “Il Saltarello”. Eredi Colacicchi, Firenze.

80


Fig. 61. Giovanni Colacicchi, La domenica del pastore, 1930, olio su tela, 51x41 cm. Collezione privata.

81


Fig. 62. Giovanni Colacicchi, PietĂ , 1964, olio su tela, 220x330 cm. Collegiata di Frosinone.

82


Fig. 63. Giovanni Colacicchi, Il miracolo di Sant’Anna, illustrazione per D. Giuliotti, Giri d’arcolaio, Firenze 1948.

Fig. 64. Giovanni Colacicchi, Bozzetto per il ‘salterello’ ciociaro, 1940 ca., olio su tela, 97x60 cm. Collezione privata, Firenze.

83


Fig. 65. Giovanni Colacicchi (attribuito), Piazza Bonifacio VIII, 1927 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,4x4,5 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

84


Fig. 66. Giovanni Colacicchi, La piazzetta Bonifacio VIII, 1927, olio su tela, 74x76 cm. Collezione privata, Roma.

85


Fig. 67. Giovanni Colacicchi, Piazzetta di Bonifacio VIII, 1982, olio su tela, cm. 75x60 ca. Collezione Pacella, Roma.

86


Fig. 68. Giovanni Colacicchi (attribuito), Vico Taddei in posa per il quadro “La moglie di Loth”, 1928, gelatina bromuro d’argento/ carta, 14,6x9,2 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “Vico Taddei/ modello per la Niobe/ e vari altri quadri”. Eredi Colacicchi, Firenze.

87


Fig. 69. Giovanni Colacicchi (attribuito), Vico Taddei in posa per il quadro “La moglie di Loth”, 1928, gelatina bromuro d’argento/ carta, 14,6x9,2 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

88


Fig. 70. Giovanni Colacicchi (attribuito), Modella in posa per il quadro “La moglie di Loth”, 1928, gelatina bromuro d’argento/ carta, 17,7x12,7 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

89


Fig. 71. Giovanni Colacicchi (attribuito), Modella in posa per il quadro “La moglie di Loth”, 1928, gelatina bromuro d’argento/ carta, 8,8x5,9 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

90


Fig. 72. Giovanni Colacicchi, La moglie di Loth, 1949, olio su tela, 130x130 cm. Collezione Serlupi, Firenze.

91


Fig. 73. Giovanni Colacicchi (attribuito), Donna di Anagni, 1930 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 8,5x5,7 cm. Scritta a matita sul verso: “Modello che ha posato per ‘Donna d’Anagni’ ora alla Galleria d’Arte Moderna”. Eredi Colacicchi, Firenze.

92


Fig. 74. Giovanni Colacicchi, Donna di Anagni, 1930, olio su tela, 170x58 cm. Galleria d’Arte Moderna, Firenze.

93


Fig. 75. Giovanni Colacicchi, Donna dagli occhi verdi, 1930, olio su tela, 50,5x40 cm. Collezione privata, Firenze.

94


Fig. 76. Giovanni Colacicchi (attribuito), La Cappellina del Tirassegno, 1931-1933, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,6x10,9 cm. Scritta a matita sul verso: “la cappellina al Tirassegno”. Eredi Colacicchi, Firenze. (Pubblicata in Raspa 1998, fig. 9).

Fig. 77. Giovanni Colacicchi (attribuito), La Cappellina del Tirassegno, 1931-1933, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,6x10,9 cm. Scritta a matita sul verso: “la cappellina al Tirassegno/ Colle Pireo”. Eredi Colacicchi, Firenze.

95


Fig. 78. Giovanni Colacicchi (attribuito), La Cappellina del Tirassegno, 1983, stampa a colori su carta Kodak, 8,8x13 cm. Scritte a pennarello e a penna sul verso: “da Neil Machleish/ Anagni 1983/ la cappellina del Tirassegno�. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 79. Giovanni Colacicchi, Il tirassegno (Vecchio tirassegno, Bersaglio), 1931, olio su tela, 75x100 cm. Collezione A.M., Firenze.

96


Fig. 80. Giovanni Colacicchi, Anagni dal ritiro, anni Trenta, olio su tela, 75x100 cm. Collezione Russo, Roma.

Fig. 81. Giovanni Colacicchi, Evocazione, 1937 ca., olio su tela, 66x122 cm. Collezione privata, Firenze.

97


Fig. 82. Giovanni Colacicchi, Lo studio sul colle del tirassegno, 1938 ca., olio su tavola, 40,5x51 cm. Collezione privata, Firenze.

98


Fig. 83. Giovanni Colacicchi, La cappellina di San Bonaventura al Tirassegno, 1948 ca., olio su tela, 36x28 cm. Collezione privata, Firenze.

99


Fig. 84. Giovanni Colacicchi (attribuito), Ennio Bruni mentre si spoglia, 1932 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 10,9x6,6 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 85. Giovanni Colacicchi (attribuito), Ennio Bruni mentre si spoglia, 1932 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 10,9x6,6 cm. Eredi Colacicchi, Firenze. (Pubblicata in Raspa 1998, fig. 16).

100


Fig. 86. Giovanni Colacicchi (attribuito), Ennio Bruni in posa, 1932 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 10,9x6,6 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 87. Giovanni Colacicchi (attribuito), Ennio Bruni in posa, 1932 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,6x11 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

101


Fig. 88. Giovanni Colacicchi (attribuito), Ennio Bruni in posa, 1932 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,6x11 cm. Eredi Colacicchi, Firenze. (Pubblicata in Raspa 1998, fig. 15).

Fig. 89. Giovanni Colacicchi (attribuito), Mario Desidera mentre si veste, 1932 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 11x6,6 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

102


Fig. 90. Giovanni Colacicchi (attribuito), Mario Desidera mentre si veste, 1932 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 11x6,6 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 91. Giovanni Colacicchi (attribuito), Mario Desidera mentre si veste, 1932 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 11x6,6 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

103


Fig. 92. Giovanni Colacicchi, Fine d’estate, 1932, olio su tela, 160x200 cm. Galleria d’Arte Moderna, Firenze.

104


Fig. 93. Pierre Bonnard, Marthe di profilo che si spoglia, 1900-1901, negativo originale, 3,8x5,5 cm. Musée d’Orsay, Paris.

Fig. 94. Pierre Bonnard, Marthe di profilo che si asciuga una gamba, 1900-1901, negativo originale, 3,8x5,5 cm. Musée d’Orsay, Paris.

105


Fig. 95. Edgar Degas, Ballerina che si aggiusta la spallina, 1895-1896, gelatina bromuro d’argento/ vetro. Bibliothèque nationale de France, Paris.

106


Fig. 96. Eadward Muybridge, Female, lif ting a towel, wiping herself‌, serie consecutiva di fotografie pubblicate in Animal Locomotion nel 1887.

Fig. 97. Edgar Degas, Ballerina che si allaccia la scarpa, 1883 (?). [In Scharf 1974 (1968), p. 203].

107


Fig. 98. Lo studio bianco, Ballerine dei balletti Russi in “Les Sylphides”, 1916, gelatina bromuro d’argento/ carta, 20,6x25,5 cm. Museo Picasso, Parigi.

Fig. 99. Pablo Picasso, Tre ballerine, 1919-1920, matita su tre fogli di carta, 37,5x32 cm. Museo Picasso, Parigi.

108


Fig. 100. Giovanni Colacicchi, Argonauti, 1940, olio su tela. Ubicazione ignota.

109


Fig. 101. Giovanni Colacicchi, Filottete, 1942, olio su tela, 75,5x38 cm. Collezione privata, Roma.

110


Fig. 102. Govanni Colacicchi, Argonauti II, 1943, olio su tela, 70x50 cm. ca. W端rttembergischer Kunstverein, Stoccarda.

111


Fig. 103. Giovanni Colacicchi (attribuito), Loffredo, 1932 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 7,7x11,7 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 104. Giovanni Colacicchi, Niobe, 1934, olio su tela, 150x260 cm. Collezione privata, Firenze.

112


Fig. 105. Giovanni Colacicchi, Gli esuli, 1935-1936, olio su tela, 85x120 cm. Collezione T. Mucchi, Firenze.

113


Fig. 106. Giovanni Colacicchi (attribuito), Bizzarri e Cope in posa per ‘Gli Esuli’, 1935-1936, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x11 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “Sud Africa. Bizzarri posa per gli esuli (e Cope)”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 107. Giovanni Colacicchi (attribuito), Cope in posa per ‘Gli Esuli’, 1935-1936, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x11 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “Sud Africa. Cope posa per gli esuli”. Eredi Colacicchi, Firenze.

114


Fig. 108. Anonimo, Colacicchi e Cope in posa per ‘Gli Esuli’, 1935-1936, gelatina bromuro d’argento/ carta, 15x8,8 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “Io e Cope. Cape-Town 35”. Eredi Colacicchi, Firenze.

115


Fig. 109. Giovanni Colacicchi (attribuito), Il Faro di Monille Point, 1935-1936, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x10,9 cm. Scritta autografa di Colacicchi a penna sul verso: “Il Faro di Monille Point/ dal giardino di casa”. Eredi Colacicchi, Firenze.

116


Fig. 110. Giovanni Colacicchi, Il faro di Monille Point (Crepuscolo australe), 1935, olio su tela, 85x120 cm. Collezione Famiglia Colacicchi, Firenze.

Fig. 111. Giovanni Colacicchi (attribuito), Gabbiani, 1935 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 9,2x15,1 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “Gabbiani a Monille Point/ Per gli Esuli”. Eredi Colacicchi, Firenze.

117


Fig. 112. Giovanni Colacicchi (attribuito), Robertson Farm De Wett, 1935, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x11,1 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “Robertson/ Farm De Wett/ 23-12-35”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 113. Giovanni Colacicchi (attribuito), Robertson Farm De Wett, 1935, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x11,1 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita rossa sul verso: “Robertson/ Farm De Wett/ 23-12-35”. Eredi Colacicchi, Firenze.

118


Fig. 114. Giovanni Colacicchi (attribuito), Sud Africa, 1935 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x11 cm. Scritta a matita sul verso: “C’è un quadro/ in collezione Colacicchi”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 115. Giovanni Colacicchi, Rubbi’s Farm, 1935 ca., olio su tela, 70x90 ca. Collezione Bruno Ginocchi, Firenze.

119


Fig. 116. Giovanni Colacicchi, Saldanha Bay, 1936, olio su tavola, 41x51 cm. Collezione privata, Firenze.

Fig. 117. Giovanni Colacicchi (attribuito), Saldanha Bay, 1936, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x11 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “Saldanha Bay/ Pasqua 36”. Eredi Colacicchi, Firenze.

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Fig. 118. Giovanni Colacicchi (attribuito), Saldanha Bay, 1936 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x11 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 119. Giovanni Colacicchi (attribuito), Saldanha Bay, 1936 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x11 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

121


Fig. 120. Giovanni Colacicchi (attribuito), Saldanha Bay, 1936 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x11 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 121. Giovanni Colacicchi (attribuito), Saldanha Bay, 1936 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x11 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

122


Fig. 122. Giovanni Colacicchi (attribuito), Saldanha Bay, 1936 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x11 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 123. Giovanni Colacicchi, Saldanha Bay, 1936 ca., olio su tela, 40x64 cm. Collezione privata, Firenze.

123


Fig. 124. Giovanni Colacicchi (attribuito), Resti di naufragio, 1936 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,6x11 cm. Scritta autografa di Colacicchi a penna sul verso: “Resti di naufragio a Commental”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 125. Giovanni Colacicchi (attribuito), Resti di naufragio, 1936 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,6x11 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

124


Fig. 126. Giovanni Colacicchi (attribuito), Partenza, 1936, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 9,5x14,4 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “Partenza per/ l’Italia 1936/ Dal Sud Africa”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 127. Giovanni Colacicchi (attribuito), Partenza, 1936, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 9,5x14,4 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “Gli amici salutano/ i partenti/ Capetown Giugno 1936”. Eredi Colacicchi, Firenze.

125


Fig. 128. Giovanni Colacicchi (attribuito), Partenza, 1936, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 9,5x14,4 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

126


Fig. 129. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, fine anni Trenta, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 13,7x8,7 cm. Scritte a matita sul verso: “1939-1944/ Giulietta/ Modella per cui si picchiarono/ due soldati americani (vedere/ articolo di Cancogni) Moglie/ di Loth?/ La Donna sulla pelliccia di Capra/ (Franchi)/ La Giuditta/ Profilo di ragazza (Franchi) – ha posato per/ Carlo Levi/ anche per il q. che abbiamo noi”. Eredi Colacicchi, Firenze.

127


Fig. 130. Giovanni Colacicchi (attribuito), Il pittore e la modella, fine anni Trenta, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 13,5x8,5 cm. Scritta a matita sul verso: “Giovanni e la/ modella Giulietta/ durante la guerra”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 131. Giovanni Colacicchi (attribuito), Il pittore e la modella, fine anni Trenta, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 13,5x8,5 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

128


Fig. 132. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, fine anni Trenta, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 13,5x8,5 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 133. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, fine anni Trenta, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 13,5x8,5 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

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Fig. 134. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, fine anni Trenta, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 13,5x8,5 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 135. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, fine anni Trenta, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 13,5x8,5 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

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Fig. 136. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, fine anni Trenta, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 13,5x8,5 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 137. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, fine anni Trenta, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 13,5x8,5 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

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Fig. 138. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, fine anni Trenta, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 8,5x13,5 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 139. Giovanni Colacicchi (attribuito), Giulietta in posa, fine anni Trenta, stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 8,5x13,5 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

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Fig. 140. Giovanni Colacicchi, Dormiente, 1950, olio su tela. Collezione privata, Imola.

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Fig. 141. Carla Garabelli Orlando, Guido Fabiani in posa per “San Sebastiano”, 1943, gelatina bromuro d’argento/ carta, 9,1x6,3 cm. Scritta a matita sul verso: “fatta da/ Carla Garabelli/ a casa al Dono/ fine del 1943/ - 1994”. Eredi Colacicchi, Firenze.

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Fig. 142. Carla Garabelli Orlando, Guido Fabiani in posa per “San Sebastiano”, 1943, gelatina bromuro d’argento/ carta, 9,1x6,3 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 143. Carla Garabelli Orlando, Guido Fabiani in posa per “San Sebastiano”, 1943, gelatina bromuro d’argento/ carta, 9,1x6,3 cm. Scritta a matita sul verso: “1943”. Eredi Colacicchi, Firenze.

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Fig. 144. Giovanni Colacicchi, San Sebastiano (L’uomo legato), 1943, olio su tela, 120x70 cm. Galleria d’Arte Moderna, Firenze.

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Fig. 145. Nina Harkevitch (attribuito), Ischia, 1952 ca., stampa alla gelatina bromuro d’argento su carta fotografica formato cartolina, 13,4x8,5 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 146. Giovanni Colacicchi, Il torrione, 1954, olio su tela, 53x65 cm. Collezione privata, Firenze.

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Fig. 147. Giovanni Colacicchi (attribuito), Natura morta, 1974, gelatina bromuro d’argento/ carta, 9x12,5 cm. Timbri sul verso: “III 174M/ 15.4.74”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 148. Giovanni Colacicchi, Il canapo, 1970 ca., olio su tela, 60x80 cm. Collezione Acconcia.

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Appendice In questa appendice sono riprodotte le fotogra e piĂš interessanti che documentano la vita e le opere del pittore anagnino, alcune delle quali inedite (ad esempio quelle scattate in Sud Africa tra il 1935 e il 1936).

Fig. 149. Anonimo, Giovanni Colacicchi e Arturo Loria, fine anni Venti, gelatina bromuro d’argento/ carta (ristampa), 14,4x10,5 cm. Eredi Colacicchi, Firenze. (Pubblicata in Giovanni Colacicchi 1991, p. 166).

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Fig. 150. Anonimo, Sala di Giovanni Colacicchi alla “III Esposizione del Sindacato Regionale Toscano delle Arti del Disegno”, 1927, gelatina bromuro d’argento/ carta, 16x23,1 cm. Diverse scritte a penna e a matita sul verso. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 151. Anonimo, Il “Gruppo Toscano Novecentesco”, 1928, gelatina bromuro d’argento/ carta (ristampa), 9x14 cm. Eredi Colacicchi, Firenze. (Pubblicata in Giovanni Colacicchi 1991, p. 160. Giovanni Colacicchi è il terzo in prima fila a partire da sinistra).

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Fig. 152. Anonimo, Kuhn, Marini e Colacicchi in Piazza Donatello a Firenze, 1930, gelatina bromuro d’argento/ carta, 8,5x5,9 cm. Scritta autografa di Colacicchi a penna sul verso: “Piazza Donatello/ aprile 1930/ Marino/ Kuhn/ Colacicchi”. Eredi Colacicchi, Firenze.

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Fig. 153. Anonimo, Giovanni Colacicchi e Mario Castelnuovo Tedesco a Populonia, 1932, gelatina bromuro d’argento/ carta, 8,4x5,6 cm. Scritte a penna e a matita sul verso: “con/ Mario/ Castelnuovo/ Populonia 1932”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 154. Anonimo, Giovanni Colacicchi ed Ennio Bruni, 1933 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 11,1x6,6 cm. Scritta a matita sul verso: “Giovanni/ e Ennio Bruni/ Anagni/ Ennio Bruni/ c’è un suo/ ritratto nel/ libro di S. Ragionieri”. Eredi Colacicchi, Firenze. (Pubblicata in Raspa 1998, fig. 13).

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Fig. 155. Anonimo, Sala della II Quadriennale d’Arte Nazionale con Niobe, 1935, gelatina bromuro d’argento/ carta, 20,5x25,4 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “1935/ Sala II Quadriennale/ di Roma”. Eredi Colacicchi, Firenze. (Pubblicata in Giovanni Colacicchi 1991, p. 167).

Fig. 156. Giovanni Colacicchi (attribuito), Nave Duilio, 1935, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,5x11,1 cm. Scritte a penna e a matita sul verso: “Partenza del Duilio da Capetown/ III/ Il Duilio è la nave su cui viaggiò G. C. quando andò in Sud Africa”. Eredi Colacicchi, Firenze.

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Fig. 157. Giovanni Colacicchi (attribuito), Robertson Farm De Wett, 1935, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x11,1 cm. Scritta autografa dell’artista a matita rossa sul verso: “Robertson/ Farm De Wett/ 23 - 12 - 35”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 158. Anonimo, Giovanni Colacicchi ed Edoardo Bizzarri, 1935, gelatina bromuro d’argento/ carta, 6,7x10,5 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita rossa sul verso: “Bizzarri parte/ per l’Italia/ Capetown 5-12-35”. Eredi Colacicchi, Firenze.

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Fig. 159. Giovanni Colacicchi (attribuito), Il vetturino di Dakkar, 1935-1936, gelatina bromuro d’argento/ carta, 7x11,4 cm. Scritta autografa di Colacicchi a penna sul verso: “Il Vetturino di Dakkar”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 160. Giovanni Colacicchi (attribuito), Mulatta, 1935-1936, gelatina bromuro d’argento/ carta, 11x6,6 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “Mulatta/ Saldanha Bay”. Eredi Colacicchi, Firenze.

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Fig. 161. Giovanni Colacicchi (attribuito), Africani, 1935-1936, gelatina bromuro d’argento/ carta, 11,5x7 cm. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 162. Giovanni Colacicchi (attribuito), Africani, 1936, gelatina bromuro d’argento/ carta, 8,8x5,9 cm. Data a matita sul verso. Eredi Colacicchi, Firenze.

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Fig. 163. Anonimo, Giovanni Colacicchi in Accademia, 1939, gelatina bromuro d’argento/ carta, 11,7x16,9 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “Acc. 1939/ Colacicchi dà lezioni d’affresco”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 164. Anonimo, Giovanni Colacicchi, Alberto Carocci e un’altra figura maschile davanti al bozzetto del “Giudice di Locri”, 1939 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 8,8x14 cm. Scritta a matita sul verso: “Giovanni (primo a sinistra)/ davanti al ‘Giudice di Locri’/ per il palazzo di Giustizia/ di Milano/ Per il giudice gli posò Tumiati”. Eredi Colacicchi, Firenze.

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Fig. 165. Giovanni Colacicchi (attribuito), Scuola di Giovanni Colacicchi, 1950 ca., gelatina bromuro d’argento/ carta, 8,7x13,7 cm. Scritta a penna sul verso: “Giov. nella sua scuola/ a sinistra/ Francesca Sebregondi”. Eredi Colacicchi, Firenze.

Fig. 166. Anonimo, Giovanni Colacicchi durante la conferenza su Berenson tenutasi per il centenario della nascita, 1965, gelatina bromuro d’argento/ carta, 11,7x17,3 cm. Scritta autografa di Colacicchi a matita sul verso: “All’Accademia di Firenze/ conferenza su Berenson”. Eredi Colacicchi, Firenze.

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