DIRIGENTE - Dicembre 2020

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DICEMBRE 2020

LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

MARIO MANTOVANI

È IL NUOVO PRESIDENTE

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI -  2,20 (abbonamento annuo  16,50)


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Editoriale a cura del presidente Manageritalia

INSIEME CE LA FAREMO

S

e oggi scrivo queste parole nella prima pagina di Dirigente lo devo ai tanti di voi che mi hanno insegnato molto. A tutti i colleghi che mi hanno accolto, ascoltato (qualche volta sopportato), consigliato, indirizzato, criticato, incoraggiato. Grazie! Anche ai tanti di voi che mi hanno raccontato la loro storia, mostrato il loro carattere, i risultati, le difficoltà, le esperienze, le delusioni, le aspirazioni. Sbarcando sul pianeta Manageritalia, ho trovato vita, tanta vita. Ed è questa che vorrei continuare a mostrare sulla nostra rivista e sugli altri canali di comunicazione. Vorrei raccontare la nostra identità plurale, un ossimoro apparente che deriva dai tanti e diversi settori che rappresentiamo e dal radicamento territoriale delle nostre Associazioni. Tra le molte fortune, ho quella di vivere e conoscere luoghi diversi: se la mia vita lavorativa si è svolta prevalentemente nelle nostre capitali Roma e Milano, sono legato per diverse ragioni a tanti luoghi del nostro meraviglioso Paese. E a un’Europa di cui sono cittadino fiero. Anche aver lavorato in settori diversi è un privilegio: dall’information technology alla consulenza, dalla componentistica ai macchinari, dall’oil&gas all’alimentare, dal turismo al retail e alla finanza. Ho sempre generato o recuperato valore portando nuove idee, metodi e relazioni da un’esperienza all’altra. Non avrei mai immaginato di avviare il mio mandato in una situazione così difficile e piena d’incognite, nel mezzo di una seconda ondata di contagio che, oltre a moltissime vite, anche di persone a noi care e vicine, sta spegnendo le speranze di sopravvivenza di molte aziende e le prospettive di crescita di interi settori. I nostri settori, in particolare. Scelte del governo che sono parse obbligate, ma solo perché non si è adeguatamente investito in tracciamento, test, servizi sanitari nel periodo di rallentamento della pandemia. È vero, non siamo l’unico Paese che ha fatto queste scelte, ma la maggiore incidenza di settori, come quelli della filiera turistica, avrebbe dovuto farci riflettere. Confido tuttavia nella forza dei nostri manager e delle nostre aziende, che rappresentano la parte più organizzata, solida e resiliente dei loro settori e, insieme alla manifattura che esporta, dell’intero Paese. Ce la faremo. I manager non possono permettersi la paura, rischiando di trasmetterla ai collaboratori e di non prendere le decisioni necessarie. Raccogliendo tutte le nostre energie, unendole a quelle di imprenditori, investitori, istituzioni, rappresentanze sociali, terzo settore, ce la faremo. Manageritalia è pronta a fare la sua parte e anche di più. Non ci siamo mai fermati in questi mesi, né rassegnati ai limiti delle routine giornaliere; se non si può realizzare, si può però progettare. Dobbiamo accelerare alcuni processi evolutivi già in atto prima dello shock pandemico ed evitare di subire le conseguenze negative di una trasformazione del lavoro che genera rischi e opportunità. United we stand, divided we fall. Mario Mantovani https://it.linkedin.com/in/mantovani - mario.mantovani@manageritalia.it

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Sommario Speciale Assemblea  6 Mario Mantovani è il nuovo presidente Manageritalia  8 Assemblea 100% smart 12 Le Associazioni territoriali: un network sempre più forte con obiettivi in comune 14 Intervista a Mario Mantovani La Federazione che verrà 20 Al fianco del presidente: Roberto Beccari e Antonella Portalupi 22 La ricetta per tornare a crescere: Mantovani dialoga con Giovannini e Letta 32 Manageritalia Executive Professional e Quadri Società 34 Il difficile dialogo tra generazioni

Cfmt 39 Competere nel new normal Innovazione 44  Eventi digitali: sette best practice per il successo Management 50 Abbiamo bisogno di sicurezza psicologica Economia 56 Dal reddito di cittadinanza al reddito di turismo Uno di noi Luciano Mirarchi 60 Fare il manager nel b2b RUBRICHE 42 Osservatorio legislativo 62 Pillole di benessere 63 Arte 64 Libri 65 Letture per manager 66 Lettere

InfoMANAGER Manageritalia Associazioni territoriali 75 Premio Parità virtuosa in Lombardia Assidir 78 La polizza Dual donation no problem Cfmt 80 Corsi di formazione 81 Smart working a tempo di jazz

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LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

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MARIO MANTOVANI MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali

Fondo di previdenza Mario Negri

CFMT Centro di formazione management del terziario

Associazione Antonio Pastore

È IL NUOVO PRESIDENTE

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI -  2,20 (abbonamento annuo  16,50)

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Speciale

MARIO MANTOVANI PRESIDENTE

L

a 95esima assemblea Manageritalia ha eletto il nuovo presidente Mario Mantovani. Tutto si è svolto il 13 novembre collegando in diretta streaming 250 delegati in rappresentanza degli oltre 37mila manager associati. Mantovani negli ultimi otto anni ha ricoperto la carica di vicepresidente, oltre a rivestire ruoli direttivi per varie organizzazioni. Mantovani, quindi, succede a Guido Carella che lascia la presidenza alla fine del suo doppio mandato. Al suo fianco, in qualità di vicepresidenti, eletto Roberto Beccari e riconfermata Antonella Portalupi (pagina 20). A conclusione dell’assemblea abbiamo incontrato il presidente e gli abbiamo rivolto alcune domande per conoscere meglio sfide, obiettivi, metodi di lavoro e priorità per il futuro (pagina 14). Buon lavoro quindi al nuovo presidente che, insieme al suo team (pagina 9), siamo sicuri saprà interpretare al meglio questo ruolo di grande responsabilità nei confronti di manager, aziende e della stessa Organizzazione, ancor più in un momento 6

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È IL NUOVO MANAGERITALIA

così complesso come quello che il Paese sta attraversando. Ripercorriamo insieme nelle pagine successive i momenti più significativi di questa speciale assemblea elettiva, con contributi come quelli dei presidenti delle Associazioni territoriali (pagina 12) o di ospiti illustri come Enrico Giovannini ed Enrico Letta (pagina 22). DICEMBRE 2020 - DIRIGENTE

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Speciale

ASSEMBLEA 100% SMART Una piattaforma multimediale innovativa. Un dibattito coinvolgente e a ritmo sostenuto. Social network e interazioni. Votazione digitale dei nuovi vertici della nostra Organizzazione. Il 95esimo appuntamento federale si è svolto completamente online. Il bilancio? Esponenziale! Davide Mura

I

L 2020 È STATO UN ANNO all’insegna della tecnologia. A fronte delle sfide imposte dalla crisi sanitaria, sicuramente è emersa una grande opportunità: la digital transformation, accelerata dalle circostanze attuali. Insomma, non tutti i mali vengono per nuocere. E in un contesto in cui il distanziamento socia-

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le è stato imposto a tutti, anche Manageritalia ha dovuto pensare a un’alternativa per il format della sua 95esima assemblea federale. Ma se è vero che quest’anno non ci siamo incontrati nella sala congressi di un hotel, non abbiamo potuto salutarci di persona stringendoci la mano e non siamo intervenuti ai lavori in modo tradizionale, il


I COMPONENTI DEGLI ORGANI ISTITUZIONALI DI MANAGERITALIA PER IL QUADRIENNIO 2020-2024 PRESIDENTE - Mario Mantovani VICEPRESIDENTI - Roberto Beccari - Antonella Portalupi bilancio finale conferma un aspetto ormai chiaro a tutti: il confine tra online e offline è sempre più sfumato, le due dimensioni nella nostra vita quotidiana e sul lavoro si fondono già da tempo. La fase “disruptive” è dunque già stata superata. Ora si tratta di utilizzare al meglio gli strumenti tecnologici a nostra disposizione e coinvolgere la nostra community in modo diverso. Ed è quello che abbiamo fatto durante i lavori assembleari. In un’unica giornata, lo scorso 13 novembre, i 250 delegati, in rappresentanza degli oltre 37.000 associati, hanno partecipato online su una piattaforma digitale, gra-

VICEPRESIDENTE ONORARIO - Gian Paolo Carrozza GIUNTA ESECUTIVA (oltre a presidente e vicepresidenti) Alessandro Baldi (presidente Fondo Mario Negri) - Marco Ballaré (presidente Assidir) - Guido Carella (presidente Manageritalia Servizi) - Luigi Catalucci (presidente Cassa De Lellis) - Pierluigi Giacomon (presidente Cfmt) - Maria Gabriella Girardi (consigliere delegato Assidir) - Marcella Mallen (presidente Fondazione Prioritalia) - Monica Nolo (presidente Associazione Antonio Pastore e Manageritalia Liguria) - Silvia Pugi (responsabile Csr) - Fabrizio Pulcinelli (presidente Fasdac) - Roberto Saliola (responsabile progetti Cida e presidente Manageritalia Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna, Umbria) - Daniele Testolin (responsabile relazioni sindacali e presidente Manageritalia Piemonte e Valle d’Aosta) - Paola Vignoli (presidente collegio dei revisori dei conti) COMITATO DI PRESIDENZA (oltre ai precedenti) Stefano De Martin (presidente Manageritalia Friuli Venezia Giulia) - Dino Elisei (presidente Manageritalia Marche) - Lucio Fochesato (presidente Manageritalia Veneto) - Cristina Mezzanotte (presidente Manageritalia Emilia Romagna) Giuseppe Monti (presidente Manageritalia Puglia, Calabria, Basilicata) - Carmine Pallante (presidente Manageritalia Sicilia) - Riccardo Rapezzi (presidente Manageritalia Toscana) - Carlo Romanelli (presidente Manageritalia Executive Professional) - Paolo Scarpa (presidente Manageritalia Lombardia) - Franco Tomasi (presidente Manageritalia Trentino-Alto Adige) - Ciro Turiello (presidente Manageritalia Campania) COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI Paola Vignoli (presidente) - Massimo Menichini - Gianni Sulas Supplenti: Oscar Dal Poz - Barbara Masetti COLLEGIO NAZIONALE DEI PROBIVIRI Giuseppe Truglia (presidente) - Luigi Ciniglio - Raoul Cossutta - Tiziano Ferrari - Renato Martelletti - Gian Luigi Pastorello - Renato Rinaudo - Edoardo Salmoiraghi - Giuseppe Testa Supplenti: Sergio Marchioro - Antonio Mirra - Armando Panvini - Vittorino Riva - Bruno Zavaglia

zie al contributo di Aviva Vita spa, Cargeas Gruppo BNP Paribas e Generali, e hanno infine votato per il rinnovo delle cariche federali, dei Fondi e degli enti collegati.

Il bilancio di un’importante stagione Nel suo saluto, il presidente uscente Guido Carella ha ricordato il percorso intrapreso dalla Federazione negli ultimi anni. I risultati raggiunti non sono pochi. Manageritalia è sempre più strutturata per tutelare i suoi associati, anche in una fase particolarmente difficile come questa. «Dob-

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Speciale biamo mettere tutti insieme le nostre forze a favore di una rinascita economica, sociale, culturale. In questi ultimi anni abbiamo lavorato intensamente per ampliare tutte le dimensioni dell’attività associativa, da quella dei servizi alla dimensione associativa, a quella istituzionale, a quella di movimento» ha ricordato Carella.

Il dibattito pubblico con Enrico Letta ed Enrico Giovannini Mario Mantovani ha animato la parte pubblica con Enrico Giovannini ed Enrico Letta (vedi a pagina 22): un dialogo appassionato sui temi dello sviluppo sostenibile, sul ruolo dei manager per la ripresa e sull’investimento che dobbiamo fare tutti sul futuro dei giovani nel nostro Paese. La vera e propria fuga di migliaia di ragazzi dall’Italia e il danno conseguente a questa “emorragia di talenti” richiede una strategia di ampio respiro. Durante il confronto sono state avanzate una serie di proposte per rendere il nostro Paese più attrattivo, favorire la meritocrazia e far sì che si torni a ricoprire un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale.

Le Associazioni territoriali sotto i riflettori I presidenti neoeletti delle 13 Associazioni di Manageritalia sono intervenuti durante i lavori assembleari attraverso un videomessaggio (vedi a pagina 12). La distanza fisica non è stata un ostacolo per il confronto delle esperienze. Gli obiettivi delle singole realtà sono stati collegati ai temi congressuali – Welfare, Sindacato a km0, Trasformazione del mondo del lavoro e Conoscenza – e ai programmi futuri di ogni singola Associazione. Un aspetto interessante, quest’anno emerso in modo evidente, è l’idea comune di una sinergia sempre più forte tra tra le Associazioni: i presidenti hanno sottolineato come best practice e progetti di successo devono essere sempre più condivisi, affinché possano essere replicati in regioni diverse.

I nuovi vertici federali L’assemblea di quest’anno ha visto il rinnovo dei vertici di Manageritalia. I delegati hanno espresso la loro prefe-

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Guido Carella, presidente uscente Manageritalia.

renza per le tre persone che guideranno la nostra Organizzazione: Mario Mantovani alla presidenza e, come vice, Roberto Beccari e Antonella Portalupi. Un solido trio su cui possiamo contare, grazie al loro forte background nel nostro mondo associativo (vedi a pagina 20).

Qualche numero L’assemblea digitale di quest’anno ha infine registrato un traguardo importante in termini di visibilità: il web ha moltiplicato le interazioni e ha permesso a un grande pubblico di seguire i lavori. Le visualizzazioni della diretta streaming hanno superato le 4.500 impression su Facebook, il migliaio su YouTube e il live tweeting, con l’hashtag #assembleamanager e la menzione @manageritalia, ha registrato oltre 75.000 visualizzazioni di tweet. Insomma, il format alternativo è stato apprezzato. La voglia di partecipare al futuro del nostro Paese e di ribadire l’importanza della managerialità per la fase di ripresa c’è tutta. E la tecnologia, non dimentichiamolo, è un vero e proprio asso nella manica: può utilmente ricoprire la funzione di cassa di risonanza diffondendo le nostre istanze e i risultati che abbiamo raggiunto. 


Edizione speci ale dal

10/11/2020 al

5/3/2021

Nuova Capitello

Contatta subito ASSIDIR a info@assidir.it o chiama il numero verde 800401345 per chiedere di essere contattato da un nostro consulente M

DICEMBRE - DIRIGENTE Prima della sottoscrizione leggere attentamente il set informativo consultabile sul sito 2020 di Assidir.

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Speciale

LE ASSOCIAZIONI TERRITORIALI: UN NETWORK SEMPRE PIÙ FORTE CON OBIETTIVI IN COMUNE Le 13 Associazioni territoriali di Manageritalia sono state protagoniste indiscusse dei lavori assembleari. In seguito all’elezione dei nuovi consigli direttivi, i neo presidenti sono intervenuti con messaggi che da un lato RUOLO DEI MANAGER hanno illustrato obiettivi e E CONDIVISIONE DEI PROGETTI progetti e dall’altro han Monica Nolo (Liguria),  Paolo Scarpa (Lombardia) e no confermato la volon Stefano De Martin (Friuli Venezia Giulia) hanno sottolineato la necessità di dare voce ai loro associati valorizzantà di mettere a fattor done il ruolo che ogni giorno e in maniera silenziosa fornicomune le best practice scono alla crescita del nostro Paese. Un progetto di ascolto e azione per consolidare il ledei territori per la ripresa dopo una game con l’Associazione, rafforzando il senso di appartenenza e membership. fase complessa come quella che Occorre sistematizzare allo stesso tempo i momenti di condivisione delle diverse espestiamo vivendo. Si è rafforzata l’irienze territoriali per mettere a fattor comune le best pracdea di network tra tutte le Assotice emerse e consentire di individuare i progetti replicabili. È fondamentale fare squadra con le altre Associazioni ciazioni: i territori hanno delle loro territoriali e diventare un hub di collegamento al sistema Manageritalia. Un lavoro d’insieme per far crescere la casa peculiarità, ma secondo i presicomune della Federazione. denti la condivisione delle esperienze deve essere sempre più una    linea guida nei prossimi anni. Qui di seguito riportiamo alcuni concetti emersi.

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 

STAKEHOLDER E MANAGERIALITÀ NELLE PMI

WELFARE E FORMAZIONE CONTINUA

Networking e presenza manageriale nelle piccole e medie imprese al centro degli interventi di  Franco Tomasi (Trentino-Alto Adige) e  Lucio Fochesato (Veneto), che puntano allo sviluppo di relazioni con i loro stakeholder e a comunicare sul territorio i servizi e le opportunità offerte dalle loro Associazioni di rappresentanza. Occorre illustrare ai dirigenti e alle aziende i plus offerti dall’applicazione del contratto collettivo nazionale firmato da Manageritalia. Bisogna sviluppare la managerialità nelle pmi, nelle reti di impresa e nei distretti del commercio, promuovendo l’idea del manager “omnichannel”, con una conoscenza in diversi settori, “multilevel”, con più competenze a vari livelli e “smart”.

Per  Cristina Mezzanotte (Emilia Romagna) e  Riccardo Rapezzi (Toscana), welfare, formazione e upskilling sono un must. L’idea è promuovere localmente la cultura del welfare come strumento di miglioramento della qualità della vita in generale, puntando a coinvolgere i manager usciti dal mondo del lavoro per creare condizioni migliori, condividere esperienze, valori, visione del futuro. Verranno rafforzate formazione ed employability continue, facilitando la definizione di un modello di digital knowledge transfert. In un mondo liquido come quello in cui viviamo, l’upskilling è la parola d’ordine. Risulta cruciale favorire a questo proposito il dialogo tra Cfmt e i centri di formazione e ricerca sul nostro territorio.

UN PONTE TRA SCUOLA E MERCATO DEL LAVORO

UN SINDACATO DI PROSSIMITÀ PER IL LAVORO CHE CAMBIA

Per  Daniele Testolin (Piemonte e Valle D’Aosta) e  Carmine Pallante (Sicilia) l’obiettivo numero uno è

costruire un ponte tra sistema produttivo ed educativo, con progetti mirati alla diffusione della cultura manageriale tra i giovani. I manager devono favorire l’ingresso nel mercato del lavoro dei ragazzi svolgendo un’attività di orientamento al mercato del lavoro ed evidenziando le opportunità offerte dalla digital transformation. Dello stesso avviso  Dino Elisei (Marche): «Abbiamo investito parecchie risorse nei rapporti con le università e per l’alternanza scuola-lavoro. Crediamo molto nei giovani e vogliamo orientarli affinché nuove professionalità siano messe a disposizione del nostro territorio. Il mondo della formazione superiore e universitaria deve essere avvicinato al mercato del lavoro e in questo senso i manager hanno un ruolo fondamentale». Questi obiettivi sono stati condivisi anche da  Giuseppe Monti (Puglia, Calabria e Basilicata): «La nostra Associazione si vuole impegnare in iniziative a favore dei laureandi e laureati per garantire opportunità nei settori chiave del nostro territorio – turismo, commercio e trasporti – pesantemente colpiti dalla pandemia».

Sindacato a Km0 è un concetto imprescindibile anche per

 Roberto Saliola (Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna, Umbria) e  Ciro Turiello (Campania). L’idea è stata imple-

mentata subito. L’obiettivo è portare l’Associazione nelle aziende aumentando l’ascolto attivo della base associativa, costruire connessioni, facilitare il cambiamento e l’innovazione. I profili dei membri dei nuovi consigli sono un segnale per rafforzare questa idea di sindacato e per accompagnare la trasformazione verso nuovi modelli organizzativi del lavoro, a cominciare dallo smart working. La volontà è di essere vicini alle istanze degli associati, ma non per difendere solo interessi di categoria.

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Speciale

LA FEDERAZIONE CHE VERRÀ Eliana Sambrotta

Dopo otto anni alla vicepresidenza, Mario Mantovani è il nuovo presidente Manageritalia. Ma il suo percorso nell’Organizzazione inizia oltre vent’anni fa, quando nel 1998 si iscrive a Manageritalia Emilia Romagna (allora Aserdac), diventandone dapprima consigliere, poi vicepresidente, infine presidente nel 2010. Oltre alla vicepresidenza federale, negli anni è stato anche consigliere Fasdac e revisore dell’Associazione Antonio Pastore, un percorso che gli ha permesso di conoscere il sistema Manageritalia sotto diverse sfaccettature. Mantovani, dopo la laurea in Economia e commercio, ha maturato oltre 35 anni di esperienza in primarie aziende nazionali e multinazionali, diventando dirigente nel 1990, inizialmente nel settore industria, e operando poi come direttore generale o amministratore delegato (vedi https://it.linkedin.com/in/ mantovani). Lo abbiamo incontrato a poche ore dalla sua nuova nomina al vertice della Federazione per sapere come imposterà la rotta in un mare attualmente burrascoso e imprevedibile. 14 DIRIGENTE - DICEMBRE 2020


Partiamo da una domanda “facile”: cosa significa oggi essere presidente della Federazione dei manager del terziario?

«I manager del terziario sono una popolazione molto variegata, quindi oggi essere presidente di Manageritalia significa conoscere questi mondi, saperli leggere, saper ascoltare i nostri associati e interpretare il tutto in maniera unitaria per promuovere l’identità plurale della nostra categoria»

«Non è una domanda facile, perché i manager del terziario sono una popolazione molto variegata: ci sono trentenni in società in crescita, manager del fintech, persone di grande esperienza in settori più tradizionali e infine manager che lavorano in settori al momento in grave difficoltà come il turismo. Rappresentiamo un mondo molto diversificato di manager in attività, pensionati e che operano come professionisti. Quindi, oggi essere presidente di Manageritalia significa conoscere questi mondi, saperli leggere, saper ascoltare i nostri associati e interpretare il tutto in maniera unitaria per promuovere l’identità plurale della nostra categoria».

Quali sarebbero stati i piani per il quadriennio a venire e qual è, invece, il piano B (anzi C, come coronavirus)?

«I piani sono necessari, perché senza piani non si va da nessuna parte, ma normalmente non si verificano mai. Questo però è un caso eclatante effettivamente! I piani avrebbero previsto un incremento delle attività legate agli eventi, alla contaminazione con altri mondi attraverso la partecipazione di esperti e allo scambio di idee tra colleghi: tutte attività che prevedono una forte intensità di collaborazione e incontri fisici. Noi speriamo che ritorni questo momento, perché, proprio oggi che il lavoro a distanza premia l’efficienza di chi riesce a non essere interrotto, come avviene spesso nelle attività d’ufficio, d’altro canto porta anche la necessità di avere delle interazioni di qualità. Speriamo, dunque, che

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Speciale questa fase venga superata e che questo programma originario possa essere ripreso».

Manageritalia lo scorso anno ha fatto un ottimo lavoro sul proprio futuro al Congresso: come si sono modificate in questi mesi le priorità che erano state individuate nei campi di Trasformazione del mondo del lavoro, Welfare, Sindacato a km0 e Conoscenza? «Credo che abbiamo mostrato una capacità quasi profetica della nostra Organizzazione, perché questi quattro temi al giorno d’oggi sono ancora più prioritari di quando li abbiamo immaginati. Pensiamo alle trasformazioni del mondo del lavoro, avvenute a una velocità che non ci aspettavamo, senza cancellare le esigenze di cambiamento già presenti, ma enfatizzandole attraverso l’uso diffuso del lavoro a distanza. Pensiamo a quanto è importante fare una riflessione profonda sul nostro Welfare, nel quale devono essere inclusi a tutti gli effetti gli strumenti di sostegno alle discontinuità professionali, ma anche quelli legati alle esigenze formative. Il tema della Conoscenza ha investito fortemente i nostri giovani, ma anche tutti i colleghi che hanno visto interrompersi un percorso di qualificazione professionale nell’incertezza di cosa sarà domani. E, inevitabilmente, anche il tema del Sindacato a km0 assume una grandissima rilevanza: mai come oggi dobbiamo cercare di essere vicini ai nostri colleghi nelle aziende».

Manageritalia rappresenta diversi contratti: commercio, logistica, turismo… quali settori sono più in sofferenza in questo momento e su quali invece è possibile agire più facilmente o almeno più rapidamente? «Il turismo è sicuramente il settore che ha subito i danni più pesanti e in alcuni casi permanenti, perché mentre il turismo leisure ha comunque prospettive di recupero, il turismo cosiddetto business probabilmente non tornerà più ai livelli di prima. Ci siamo abituati a fare riunioni a distanza e quindi i tanti treni veloci e alberghi che vivono di trasferte di lavoro vedranno ridursi la loro attività. Poi ci sono altri settori, tra cui molti di tipo commerciale, che

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cuore e corpo alle loro iniziative. È un sindacato che ha cercato nel tempo di abbandonare anche alcuni contenuti di tipo contrattuale un po’ superati, come gli scatti di anzianità, e vuole continuare a essere questo. Per farlo dobbiamo continuare a riflettere su ciò che è veramente necessario per tutelare gli interessi dei nostri iscritti e al contempo per fare in modo che esista un futuro fecondo per le aziende in cui lavorano, che il loro ruolo sia valorizzato, che possa accrescere la loro competenza. La nostra missione è dare sostegno «Manageritalia è non soltanto nei momenti di difficoltà, un sindacato non ostile ma anche e soprattutto quando le cose vanno bene e c’è la possibilità di invené antagonista rispetto stire in crescita e competenze». all’azienda, anche

hanno visto sviluppare nuove iniziative: a parte il caso Amazon, l’e-commerce ha sicuramente avuto un’accelerazione; ci sono settori di servizi finanziari che stanno crescendo… insomma, abbiamo una fotografia a macchia di leopardo. È chiaro che occorre sostenere le iniziative che hanno un potenziale di crescita e di sviluppo maggiore, senza dimenticare però che i settori più tradizionali necessitano di una cura particolare per non perdere capacità di servizio e knowhow accumulato nel tempo».

Come va la relazione con Confcommercio al momento? Ci sono novità in vista per il rinnovo del ccnl?

perché molto spesso

Lei ha un passato professionale le«In questo momento difficile stiamo sono proprio i nostri gato all’hi-tech, in che modo portesviluppando una visione comune di problemi e necessità e anche di quanmanager che rappresentano rà innovazione nella Federazione? to sia importante investire su manage«Abbiamo servizi molto ricchi e strutle aziende e danno rialità e competenze. Il programma turati che soddisfano le esigenze dei cuore e corpo alle loro “Manager e imprese” che stiamo pornostri associati, dobbiamo però contitando avanti con Confcommercio lo nuare a investire per migliorarli. Oggi iniziative» testimonia. la sfida è il digitale, quindi bisogna Per quanto riguarda il rinnovo del condigitalizzare tutti i nostri servizi, rentratto, non sarebbe il momento migliore per affrontarlo: derli facilmente accessibili in ogni luogo e in ogni momenimmaginiamo che le aziende non abbiano disponibilità to colmando anche quel gap che abbiamo in alcuni casi tra economiche per migliorare i servizi. Crediamo, però, di chi vive nelle grandi città e chi vive fuori. Facendo questo avere una storia di innovazione e forse il momento miglioperò non dobbiamo perdere il contatto con il nostro assore per introdurre innovazioni feconde è proprio questo. ciato, che va reso meno legato all’esecuzione del servizio e Quindi ci siamo già incontrati, abbiamo espresso insieme più al suo significato. Abbiamo molte opportunità: per a Confcommercio la volontà di riaprire i tavoli del contratesempio nel settore delle assicurazioni, che è in forte trato e di lavorare sull’innovazione per giungere in tempi non sformazione, il nostro intermediario Assidir può essere eccessivamente lunghi alla firma del nuovo contratto». protagonista di questi cambiamenti. In generale credo che ciò che sta cambiando nei rapporti tra le persone ci porti Che sindacato è Manageritalia e che sindacato ad avere nuovi modelli di avvicinamento e di condivisione vuole essere? dell’esperienza e quindi anche i nostri tradizionali incontri «Manageritalia è un sindacato che cerca di conciliare la sul territorio possono diventare più mirati sugli interessi tutela necessaria dei suoi iscritti con la capacità di sviluppo specifici dei nostri associati». e di crescita. È un sindacato non ostile né antagonista riManageritalia negli ultimi anni, adeguandosi al conspetto all’azienda, anche perché molto spesso sono proprio testo, si è arricchita di novità: XLabor, Prioritalia, i nostri manager che rappresentano le aziende e danno DICEMBRE 2020 - DIRIGENTE 17


Speciale l’associazione dedicata agli executive professional… ci sono progetti in vista per questi soggetti? «Questi soggetti sono di fatto dei progetti. Credo che siano delle frecce nuove che abbiamo inserito nell’arco che ancora devono raggiungere completamente l’obiettivo. Quindi l’idea è quella di raffinarli e di farli crescere in maniera organica maggiormente integrata del nostro corpo di servizi e soprattutto nello spirito della nostra Organizzazione. Non dobbiamo moltiplicare le sigle, dobbiamo rafforzare le maglie che le tengono unite alla nostra Organizzazione e focalizzarle per portare dei risultati concreti. In alcuni casi questi ci sono stati, però abbiamo un potenziale ancora inespresso molto elevato e nei prossimi anni è questo il compito che abbiamo davanti».

Non dimentichiamo che lei è anche presidente Cida da marzo 2019: come vanno le cose nella Confederazione?

delle formule molto antiche con altre più innovative. Sicuramente si svilupperanno concetti del tipo piattaforma, cioè le aziende, più che singole realtà autosufficienti, diventeranno parte di sistemi sempre più articolati e interrelati tra loro, in cui ciascuno deve trovare un suo ruolo, una filiera, un posizionamento e una sua capacità di raggiungere risultati. Il manager ha un ruolo fondamentale, perché le aziende del futuro avranno dei cicli di vita probabilmente più accelerati, quindi richiederanno competenze diverse nel tempo. Perciò se la proprietà stabile può essere un buon modo per dare solidità all’azienda, il cambiamento nel lavoro portato da nuovi manager spesso è ciò che serve per riposizionarle. Nell’azienda del futuro probabilmente ci saranno due grandi gruppi di figure professionali: lavoratori molto operativi che interagiranno con le intelligenze artificiali e lavoratori della conoscenza che saranno in larga parte manager, esperti o specialisti. Quindi potremmo addirittura puntare, come molte società evolute, ad avere una suddivisione tra 50% di manager e 50% di altri lavoratori».

«La Confederazione sta partecipando attivamente ai confronti con i tavoli governativi. In Parlamento ha un ruolo di presenza maggiore rispetto al passato, scontando chiaTorniamo a oggi: di cosa hanno più bisogno i manager italiani? ramente la difficoltà che ora ha questo dialogo, essendo tutto virato verso l’emergenza e poco sulla progettualità «Hanno bisogno di sentirsi uniti in un sistema basato sulla futura. Credo che l’Italia abbia reagito bene nella prima fiducia e hanno bisogno di fiducia nelle loro capacità da fase dell’emergenza, ma nel momento in cui si tratta di parte dei proprietari delle aziende, ma anche del sistema prendere decisioni di programmazione un po’ più sul nazionale. Questo non vuol dire fiducia cieca, per cui evimedio-lungo termine emerge una limidentemente ci sono manager che non tata capacità dei vertici del nostro Paehanno buone performance e in questi «Credo che l’Italia abbia se. Il nostro messaggio come Cida è: casi vanno rivelati perché fa parte del reagito bene nella prima investiamo sul futuro e non preoccumeccanismo di generazione di fiducia fase dell’emergenza, piamoci solo dell’immediato, però mi anche mettere a conoscenza gli insucrendo conto che con l’emergenza negli cessi. A loro volta i manager hanno ma nel momento in cui si ospedali e i decessi è difficile passare tratta di prendere decisioni bisogno anche di avere fiducia in un questo messaggio». Paese che ha tanti difetti e difficoltà e

Secondo lei, come si svilupperà l’azienda del futuro? E che ruolo deve avere il manager al suo interno? «Le aziende del futuro saranno tante, diverse e come sempre convivranno

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di programmazione un po’ più sul medio-lungo termine emerge una limitata capacità dei vertici del nostro Paese»

che non ragiona in modo manageriale; però io credo che questo legame molto forte tra i nostri manager e la cultura del nostro Paese sia una delle leve di successo per la nostra categoria e vada rafforzato. Per sviluppare la fiducia bisogna allenarla, quindi la vita asso-


«I manager hanno bisogno di sentirsi uniti in un sistema basato sulla fiducia e hanno bisogno di fiducia nelle loro capacità da parte dei proprietari delle aziende, ma anche del sistema nazionale»

ciativa e la partecipazione a Manageritalia è un’ottima palestra per creare meccanismi di fiducia reciproca».

E le aziende di cosa hanno più bisogno oggi? «Di manager!».

Cerchiamo di guardare oltre il breve periodo: cosa servirebbe al Paese Italia per riprendere quello slancio che ci meritiamo? Abbiamo tutte le carte in regola, ma non portiamo mai a casa la partita… «Perché le carte in regola in realtà non le abbiamo mai. Abbiamo un potenziale che di solito non riusciamo a esprimere compiutamente. Serve avere qualche linea da seguire, altrimenti l’operazione è talmente grande che rischiamo di disperderci, rischiamo che ciascuno di noi sia troppo concentrato sul proprio ambito, settore, azienda… Nel programma Next Generation Eu ci sono due grandi temi da seguire: quello della rivoluzione digitale e quello della rivoluzione verde. Dietro queste parole, che spesso sono anche degli slogan, per carità, c’è un’effettiva trasformazione del nostro modo di vivere, del nostro modo di consumare e c’è un’idea di sostenibilità che può trasformare l’economia. Vanno seguiti non soltanto per avere accesso alle risorse comuni euro-

pee, ma perché in questo modo le nostre scelte e priorità possono essere maggiormente focalizzate».

Per concludere, riesce a riassumere ciò su cui vuole puntare nel suo mandato in tre parole chiave? «Tre parole chiave con tre aggettivi. Identità plurale: dobbiamo continuare a includere tutte le persone che fanno parte del mondo manageriale, dandoci un’identità e senza disperderci negli inevitabili dettagli e personalismi. Rinascita territoriale: molti territori hanno bisogno di reinventarsi, come le città che stanno subendo delle trasformazioni indotte dal lavoro a distanza e i territori che sono stati considerati arretrati e che oggi hanno invece la chance di ripartire con modelli di sviluppo più sostenibili. Quindi dobbiamo partire dalla nostra presenza e dal valore che abbiamo nelle sedi territoriali e interpretare in maniera innovativa una rinascita di queste aree. Infine, protagonisti del futuro: dobbiamo avere una visione del futuro e abituarci anche a mettere da parte queste visioni perché non si realizzeranno esattamente come le abbiamo immaginate. Però da protagonisti e non soltanto subendole e adattandoci a un futuro che in larga parte possiamo costruire noi». 

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Speciale

AL FIANCO DEL Conosciamo meglio i due vicepresidenti federali: Roberto Dopo aver guidato per sei anni l’associazione lombarda, che tipo di vicepresidente nazionale sarà?

Roberto Beccari è associato a Manageritalia Lombardia dal 1990, dove è stato prima consigliere, poi vicepresidente e infine presidente dal 2014 all’ottobre scorso. È stato anche consigliere delegato di Assidir e consigliere di Cfmt. È amministratore delegato Lvmh Watch & Jewelry Italia, gruppo nel quale è entrato nel 1999 dopo un percorso professionale tra diversi mercati e ruoli, dal marketing alla direzione generale. Laureato in Bocconi, ha maturato inizialmente una consolidata esperienza lavorando per multinazionali e aziende come Unilever, R.J. Reynolds Nabisco, SME/Autogrill, Ernst&Young, Citicorp e Pomellato.

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«Sicuramente molto concreto, perché in un’associazione si vive in diretta la vita degli associati e soprattutto le difficoltà, i sogni e i bisogni che hanno. Quindi in Federazione mi auguro che questo aspetto possa essere ancor più rinforzato, sulla base del percorso che si sta già facendo. Concretezza, ma anche e soprattutto unione d’insieme: instaurare un dialogo con le Associazioni per creare un gruppo di lavoro comune che possa soddisfare i bisogni dei nostri associati e del mondo del lavoro in trasformazione come è oggi. Una seconda parola chiave per me sarà la coerenza, perché il lavoro di rinnovamento che la Federazione sta portando avanti da anni ha bisogno di continuità per proseguire verso soddisfazioni molto più coerenti con lo stato dei bisogni. Dobbiamo assolutamente essere portatori di un processo di continuità di rinnovamento che è già iniziato da anni, ma che presenta sempre maggiori sfide, soprattutto dal momento in cui l’emergenza sanitaria ha accelerato la necessità di intervento da parte nostra. Infine, punterò sul coraggio, perché bisogna essere sempre più diretti e capaci di andare all’essenza delle questioni e, a volte, questo comporta nelle relazioni e nei rapporti una necessità di capire, ascoltare e soprattutto dire cose che magari possono essere spiacevoli al primo impatto, ma molto costruttive».


PRESIDENTE Beccari, neoeletto, e Antonella Portalupi, riconfermata Una riconferma alla vicepresidenza dopo il precedente quadriennio: che percorso ha intrapreso e continuerà a portare avanti nei prossimi anni? «Il mio ruolo, nello scorso quadriennio, è stato quello di vicepresidente con un mandato specifico alla gestione del patrimonio, mandato che ho impostato su un principio importante in continuità con il passato, ma in chiave moderna: la cultura dell’accountability, che consente alle organizzazioni di ricercare l’efficienza all’interno delle proprie strutture e soprattutto attuare la rendicontazione dei risultati ottenuti attraverso un processo di monitoraggio continuo delle attività effettuate. Abbiamo intrapreso un percorso importante con tutta l’Organizzazione per fare in modo che ci fosse una grossa integrazione anche a livello contabile; un’allocazione delle risorse efficiente basata principalmente su obiettivi misurabili e che garantisse un’eguale distribuzione sul territorio in modo da poter soddisfare l’interesse e i bisogni dei nostri associati in maniera equa. Questo processo ci ha portato anche a pubblicare per la prima volta il Report integrato, allineandoci così ai massimi standard internazionali in termini di rendicontazione. Uno dei principi sui quali si baserà questo mio mandato è la trasparenza, perché dar conto di ciò che si è fatto in modo responsabile è un valore per tutti coloro che collaborano e si interfacciano con la nostra Organizzazione e abbiano la necessità di capire in quale modo funziona il nostro modello di business».

Antonella Portalupi è associata a Manageritalia Lombardia dal 2000, dove è consigliera dal 2008. Nello stesso anno e fino al 2016 diventa presidente del collegio dei revisori della Federazione. Sempre nel 2016 diventa vicepresidente federale. Negli anni assume anche altri incarichi come membro del cda di Cfmt e del cda del Fondo Mario Negri. Laureata in Bocconi, è dottore commercialista, revisore contabile e dirigente con un’esperienza di oltre 30 anni presso una primaria società di revisione. È inoltre professore a contratto presso la facoltà di Economia dell’Università di Pavia.

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Speciale

LA RICETTA PER TORNARE A CRESCERE Durante l’assemblea nazionale il neo presidente Manageritalia Mario Mantovani ha dialogato con Enrico Giovannini, portavoce Asvis, Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, ed Enrico Letta, preside della Scuola di affari internazionali dell’Università Sciences Po di Parigi. Due ospiti particolarmente graditi che conoscono il nostro mondo e che ci hanno aiutato a dare uno sguardo informato e intelligente sul futuro del quale riportiamo un ampio estratto. Roberta Roncelli

Next Generation Eu, il piano di ripresa europeo i  Mario Mantovani i Partiamo dal ruolo che sta avendo l’Unione europea nel piano di ricostruzione. Nella nostra interlocuzione con governo e Parlamento traspare qualche incertezza su come le risorse verranno spese. Quale sarà la governance di un sistema così complesso e articolato di programmi e progetti? E quali saranno le risorse umane che dovranno essere utilizzate? Qual è lo stato dell’arte sia in Europa che nel nostro Paese su focalizzazione e meccanismi che condurranno le risorse del piano Next Generation Eu e non solo a essere utilizzate? i  Enrico Giovannini i La nuova Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, già prima della crisi Covid-19, aveva impresso una sterzata rispetto alla precedente Commissione, presentando un programma per i prossimi 5 anni molto orientato all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e,

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quindi, green new deal, digitalizzazione, innovazione, ma anche lotta alle disuguaglianze, al punto tale che nelle lettere di missione dei singoli commissari e vicepresidenti von der Leyen ha detto: «Voi siete responsabili dell’attuazione dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per la parte di vostra competenza». Altre due scelte forti, caratterizzate dall’idea di transitare a un nuovo modello di sviluppo, sono state il Semestre europeo, attraverso il quale si tenta di coordinare le politiche economiche e sociali dei paesi membri, di nuovo orientato all’Agenda 2030, e la trasformazione della Banca europea degli investimenti idealmente in una banca per la lotta alla crisi climatica. Quando è scoppiata la crisi c’è stato il rischio che tutto questo venisse abbandonato. La Commissione ha tenuto duro e ha scelto insieme al Consiglio europeo, e adesso anche al Parlamento europeo, una visione del cosiddetto Next Generation Eu confermata intorno ai pilastri della transizione ecologica, della transizione digitale e della lotta alle disuguaglianze, con tutte le loro diverse articolazioni. Il 37% del Next Generation Eu, 750 miliardi, deve andare alla lotta al cambiamento climati-

co, il 20% alla trasformazione digitale e il resto a programmi di trasformazione delle nostre economie, ma anche delle nostre società, perché le due non possono essere disgiunte. Infine, tutti parlano in Italia di Recovery fund, ma non esiste. Esiste la Recovery and resilience facility, una linea di ripresa e resilienza. Dobbiamo usare quei fondi non solo per guadagnare qualche decimo di Pil, ma per creare un paese più resiliente ai futuri shock. E il tweet di Ursula von der Leyen, «un giorno troveremo il vaccino per il Covid, ma non esiste vaccino contro il cambiamento climatico», dà proprio il segnale di questo cambiamento culturale.

i  Mario Mantovani i Uno spunto su come il nostro Paese, rispetto ad altri paesi europei, si sta organizzando per gestire il piano Next Generation Eu… i   Enrico Letta i Next Generation Eu è una grande opportunità. Il nostro Paese ha spesso e volentieri chiesto risorse, però ha il

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Speciale problema di “mettere a terra”, quindi credo che quanto si dovrà fare dipenderà dalle procedure e dalle persone. Non sottovalutiamo il livello e il momento rivoluzionario nel quale ci troviamo: tutto d’un colpo le cose proposte nel programma Next Generation Eu non solo oggi sono possibili, ma sono state approvate. Adesso devono essere applicate e questo è gran parte del problema. Ci troviamo però in una condizione unica che ha spazzato via i discorsi molto leggeri che si erano fatti in passato, del tipo “l’Europa è il nostro problema”, “usciamo dall’Europa”. La vera forza di Next Generation Eu è il fatto che «Abbiamo tutti chiesto non si tratta di trasferimenti da un più libertà, più risorse paese all’altro, ma è il principio “dell’unione fa la forza” applicato al per riuscire a far scatenare massimo livello. Se ci mettiamo insiela forza produttiva me siamo più forti rispetto alla semdel Paese. Oggi ce le plice somma di ognuno di noi. Ci miliardi di fondi europei, chiamiaabbiamo sia in termini consente di andare sui mercati con la moli ordinari, tra cui i fondi struttutripla A, di ottenere dei soldi sia dai rali? E poi, perché fermarci soltanto di sospensione del Patto mercati sia dai tax pay, in gran parte a 279 miliardi... e i fondi nazionali, di stabilità, sia in termini tax pay americani. Un’operazione, tra cui per esempio i 19 miliardi degli aiuti di Next quindi, figlia dell’idea di integrazioall’anno che vanno a sussidi dannone europea. si per l’ambiente? Le linee guida Generation Eu. Adesso Abbiamo tutti chiesto più libertà, più della Commissione europea ci dicodobbiamo dimostrare risorse per riuscire a far scatenare la no chiaramente tre cose che forse nel cosa valiamo». forza produttiva del Paese. Oggi ce le dibattito pubblico italiano non sono Enrico Letta abbiamo sia in termini di sospensioancora completamente chiare. ne del Patto di stabilità, sia in termini Per ogni tema la Commissione vuodegli aiuti di Next Generation Eu. Adesso dobbiamo le ricevere delle tabelle in cui ci siano i progetti, ma dimostrare quanto valiamo e quindi il modo di appliaccanto anche le riforme. Non possiamo fare la transicarlo e di gestirlo. Next Generation Eu per noi è verazione ecologica o energetica, per esempio, senza rivemente la cartina di tornasole della nostra modernità. dere come funziona il mercato dell’energia in Italia. Non possiamo fare gli interventi per la difesa del suolo senza rivedere la governance di chi si occupa di questi i  Mario Mantovani i aspetti. Non possiamo chiedere fondi per l’innovazione Quali sono nel nostro Paese le priorità in ambito di sostenibilità? senza domandarci come trasferirla alle imprese, in pari  Enrico Giovannini i ticolare quelle di media e piccola dimensione. PurtropDipende da cosa decidiamo di mobilitare su questi po, non siamo abituati a fare una progettazione a dieci progetti: i 209 miliardi del fondo Next Generation Eu anni. Non abbiamo neanche un istituto pubblico, come per la parte italiana? Oppure ci aggiungiamo anche i 70 in altri paesi, che se ne occupi. Un istituto che faccia una

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programmazione strategica ogni giorno, cosicché quanper il futuro. Un esempio: per quanti anni si è parlato do arriva l’occasione di prendere decisioni siamo in del Mezzogiorno come piattaforma logistica dell’Euroquesta direzione. Faccio tre esempi. pa nel Mediterraneo? Certo, tutto questo ipotizza il Transizione energetica: raggiungere il 55% di riduzione fatto che le merci, le grandi navi, passino per il Canale delle emissioni di CO2 e gas clima alteranti entro il 2030 di Suez, ma con lo scioglimento dei ghiacci la rotta è una sfida enorme per tutti i paesi europei, noi ci preNordica comincia a diventare una possibile realtà tra sentiamo con un piano nazionale integrato di energia/ breve. E dunque rischiamo di trasformare il nostro clima che non è coerente con questo. Vogliamo parlare Mezzogiorno in una piattaforma logistica che però non dell’adattamento ai cambiamenti climatici? Ecco, anche ha il terminale, perché da un lato cambiano i tragitti qui non abbiamo un piano. Infine, la lotta alle disuguadelle navi, ma dall’altro la famosa Via della Seta conglianze, in particolare sul tema del capitale umano che netterà via terra l’Asia e l’Europa. Il rischio di spiazzaviene falcidiato da questa crisi. Anche qui non abbiamo mento in questo caso potrebbe essere molto elevato, un piano, da tanti anni, di formazione continua delle dobbiamo dunque immaginarci un Mezzogiorno forse persone. diverso e non sono sicuro che i piani che esistono nei Insomma, qual è il rischio? Che assembliamo progetti, cassetti siano orientati in questa direzione. non necessariamente coerenti tra loro, senza un’idea di Ultima considerazione che riguarda proprio voi manafuturo. Per questo il suggerimento che abbiamo dato al ger. La finanza, soprattutto europea, sta girando a velogoverno è di non presentare in questo momento, o a cità supersonica verso la finanza sostenibile. Il fondo gennaio, un piano per tutti i 209 miliardi. Per fortuna Sure verrà finanziato da social bond, il 75% del fondo abbiamo la possibilità di rivedere quel piano nel 2023 Next Generation Eu sarà finanziato attraverso green per l’ultimo tratto di strada. Teniamoci dei margini di bond. L’Europa diventerà il più grande emittente al libertà, perché possiamo aver programmato male, opmondo di titoli di questo tipo. E le imprese italiane? pure talmente bene che il mercato Sono pronte a questa trasformazioandrà così velocemente in quella dine? A rendicontare anche sull’im«Per ogni tema rezione che sarà il mercato a fare gli patto non solo economico ma sociale investimenti. Per esempio, nei giorni e ambientale della propria attività? la Commissione vuole scorsi la Banca europea degli investiPerché ormai la finanza chiede quericevere delle tabelle menti ha indicato un enorme piano sto. Ecco dunque la necessità di fare in cui ci siano di orientamento, sempre nella direun salto anche nel nostro sistema zione della lotta al cambiamento cliprivato. i progetti, ma anche matico della sistemazione dei rischi le riforme. Purtroppo idrogeologici, ma anche dell’innovai  Mario Mantovanii non siamo abituati a fare zione, per le piccole e medie imprese Come possiamo, anche come Oruna progettazione ganizzazione di rappresentanza, italiane. Quei fondi li trattiamo a parte, oppure li immaginiamo come a dieci anni e non abbiamo collaborare alla realizzazione di questo piano? Senza aspettare parte di un grande pacchetto? Sono un istituto pubblico, che tutto arrivi necessariamenstati coinvolti gli enti di ricerca per come in altri paesi, te attraverso risorse pubbliche posizionarci sulla frontiera? Forse i e decreti, ma che in qualche moministeri che hanno tirato fuori i loro che se ne occupi». do consenta al tessuto imprenprogetti, magari perfetti, sono di un Enrico Giovannini ditoriale, manageriale e profespassato prossimo che non va bene

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Speciale sionale di cominciare in qualche parte del sistema a orientarsi nella direzione giusta? i  Enrico Giovannini i Intanto scegliere lo slogan che volete comunicare. Quello che usano gli anglosassoni e l’Onu, Building back better, cioè l’idea di ricostruire meglio, oppure Building forward together, costruire per il futuro insieme. Il concetto di resilienza trasformativa che abbiamo sviluppato presso la Commissione europea, e che adesso è diventato centrale nelle politiche europee, dà proprio questa indicazione: noi non vogliamo tornare dove eravamo un anno fa, con 110 miliardi di evasione fiscale, con una disoccupazione giovanile altissima, con 2 milioni di giovani che non studiavano e non lavoravano e potrei continuare così. E la buona notizia, lo dicono le indagini Istat, è triplice: 1) la scelta per la sostenibilità ormai è vantaggiosa, anche sul piano della produttività, della competitività e della redditività, perché si riescono ad abbattere attraverso le nuove tecnologie il 70% dei costi delle imprese tipicamente industriali, invece che accanirsi sul 30% del costo del lavoro. Ma allora basta usare l’indicatore di competitività del costo del lavoro per unità di prodotto, perché è ana-

Riforme i  Mario Mantovani i Riforme è un termine che negli ultimi anni ci mette un po’ i brividi perché quelle che abbiamo vissuto molto spesso non sono state realmente tali, ma delle riscritture che hanno portato per un certo numero di anni le inevitabili difficoltà. Quali modelli di governance potremmo cercare di mutuare da paesi in cui funzionano, quali esperienze, anche nostre, potremmo cercare di potenziare? Dove mettiamo, dal punto di vista organizzativo, impegno, risorse, focus e competenze? i   Enrico Letta i Gran parte del problema italiano è legato al fatto che negli anni si è sempre di più lasciata perdere la cura del-

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cronistico, è figlio di una visione vecchia del capitalismo e anche della gestione aziendale. 2) Diffondere le buone pratiche, superando quindi la logica del non voglio farmi copiare. Una rilevazione Doxa presentata al Forum per lo sviluppo per la finanza sostenibile mostra come anche le medie imprese ormai stiano andando in questa direzione che lega innovazione e sostenibilità. 3) Il cambiamento culturale passa anche per un ripensamento del mondo in cui siamo. Nel libro con Fabrizio Barca, Quel mondo diverso, abbiamo provato a spiegare perché il capitalismo che abbiamo avuto negli ultimi quarant’anni, che ha prodotto tanti risultati e anche tanti disastri, non è adatto al XXI secolo. Abbiamo cioè ripreso temi che il World Economic Forum sollevava un anno fa, quando prima della crisi si discuteva a livello internazionale di come il capitalismo doveva evolvere verso una nuova fase. Sta a noi decidere se possiamo ricostruire, magari un po’ meglio, quello che avevamo, o se dobbiamo cambiare in profondità. L’unico problema è che a questa attitudine gli ultra cinquantenni maschi sono più refrattari. Forse perché sono stati più formati nelle scuole di business e questo dobbiamo saperlo. L’ostacolo culturale non è banale.


la fase applicativa e della fase applicativa-conclusiva dei processi e ci si è concentrati esclusivamente sull’annuncio, sulla complicata operazione di creare un consenso politico e poi un consenso tra gli attori e del Paese su una certa proposta. Da noi sono talmente tanti gli attori da mettere d’accordo che arrivare al momento in cui si dice “fatto” è un parto faticosissimo. Poi c’è il rilassamento post parto, che spesso in Italia vuol dire che non se ne occupa più nessuno. Viene lasciato a una struttura pubblica che purtroppo negli anni è diventata sempre più deficitaria. Fatto sta che siamo arrivati a una situazione in cui questa corsa alle riforme è diventata il problema

che ha fatto sì che si sono rivoluzionati tanti settori. Rivoluzioni che non sono state portate fino in fondo, lasciando sostanzialmente dei terremoti. Credo che il problema oggi sia proprio questo, capire come proceduralmente riusciamo a spostare una parte dell’energia che dedichiamo a tutto quello che accade dal momento dell’approvazione-annuncio al momento dell’applicazione. E qui penso che il vostro mondo giochi un ruolo fondamentale, perché è quello di coloro che gestiscono e che sono quindi in grado di rendere tutto ciò funzionante. Spero ci sia un coinvolgimento al massimo del vostro mondo perché penso che ne avremmo tutti un gran bisogno.

Lavoro i  Mario Mantovani i La trasformazione del lavoro, fortemente condizionata dalla digitalizzazione, è in atto da diversi anni e continuerà ad accelerare, mettendo quindi in crisi anche un impianto normativo che mostra tutti i suoi limiti. Lo stiamo vedendo con lo smart working, ma viene da molto più lontano. In particolare, ci stiamo focalizzando su quella che è una distinzione che sta rischiando di creare delle forti distonie non più giustificate dalla realtà organizzativa, che è quella del lavoro autonomo rispetto al lavoro dipendente. Queste due categorie, che avevano un senso alcuni decenni fa, oggi nella loro sostanza lo hanno perso. Con lo smart working il vincolo di orario e di luogo di lavoro viene meno e, se seguissimo questo schema, tenderemmo a dire che tutti sono diventati lavoratori autonomi. In più il lavoro autonomo è stato in qualche modo utilizzato in maniera forse anche eccessiva, sicuramente superiore a quanto avviene in altri paesi, per aggirare alcune rigidità del mondo del lavoro subordinato, per cui ci troviamo con categorie con ampie tutele e altre senza. L’idea è che invece sia da ricostruire un modello di

normativa del lavoro su un concetto di lavoro organizzato e che quindi metta insieme la tutela tipica della contrattazione collettiva con quel modello di autonomia operativa tipica del lavoro autonomo. Se riuscissimo a fondere queste due figure eviteremmo tutta una serie di difficoltà. Pensa DICEMBRE 2020 - DIRIGENTE 27


Speciale che questa possa essere una delle priorità e anche un obiettivo in qualche modo raggiungibile nel medio termine? i   Enrico Letta i Mi sembra una pista che oggi può diventare doppiamente interessante, perché siamo in un tempo in cui possono capitare delle cose totalmente impreviste, imprevedibili, inaspettate. Penso ai ragionamenti che facevo prima sugli interventi sociali dell’Unione europea. Ci sono mai stati? No, perché c’era sempre stato un patto, un subire il veto dei britannici, che hanno sempre fatto un ragionamento del tipo “noi stiamo nell’Unione europea, ci interessa garantire la macro stabilità finanziaria dell’intera operazione, ma a patto che ognuno sia padrone a casa propria, soprattutto sui sistemi sanitari, sociali e di welfare”. E quindi l’Europa non ha mai potuto mettere becco sulle questioni sociali o sanitarie. Oggi la situazione sta cambiando e questo deve farci ragionare sul fatto che gli strumenti e le politiche attive per il lavoro che vanno immaginate per il futuro non possono

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essere quelli del passato. Non possiamo limitarci, come purtroppo ancora oggi capita nel nostro Paese e come è stato durante la crisi del 2008-2012, semplicemente all’intervento più pesante, costoso e uniforme, cioè la cassa integrazione. Ovviamente quando c’è la tempesta bisogna ripararsi e questo è un momento di tempesta. Quindi è naturale che il primo obiettivo sia quello di tenere in piedi i posti di lavoro ed evitare che le famiglie si disgreghino. Ma sappiamo che la prospettiva di tutto il piano che sta dentro Next Generation Eu può consentirci di costruire degli strumenti molto più moderni, strumenti di formazione, di ricostruzione, di costruzione e adeguamento di nuove skill. Oggi è tutto un misto tra studiare, formarsi, essere pronti ad applicare le novità e lavorare allo stesso tempo. Vorrei fare un ragionamento di speranza e di ottimismo per i nostri colori nazionali sulla base della mia esperienza. Quando ragioniamo di questi temi spesso e volentieri ci lasciamo trascinare dall’idea che la discussione alla fine sia su sfumature di declino. Un declino obbligato e assicurato


legato al fatto che quanto di meglio potevamo fare l’abbiamo fatto nel periodo del miracolo economico e subito dopo, dagli anni 80 in poi, è iniziato un peggioramento inesorabile e l’unica cosa che possiamo fare è contenerlo e ritardarne gli effetti. Tanti provvedimenti, anche negli ultimi anni, li leggo soprattutto con questa logica. Io sono totalmente contrario perché vedo i giovani italiani che vengono a studiare a Parigi, dove lavoro e mi trovo a gestire sette master in affari internazionali con 1.500 studenti provenienti da 100 pa-

esi del mondo. Gli italiani sono il quinto gruppo in termini di dimensioni, dopo francesi, americani, tedeschi e cinesi. Vedo la capacità dei nostri ragazzi di essere i migliori in termini di flessibilità e adattamento. Vi racconto un aneddoto: per rendere lo studio più attraente devi trasmettere ai ragazzi una bussola, devi far fare loro un’esperienza e per realizzarla lavoriamo su simulazioni che consentono a gruppi di studenti di lavorare insieme. Normalmente, durante una simulazione, cambiamo un elemento del problema in corso d’opera e lì vedi la reazione dei gruppi di americani o di cinesi che si rimpallano e vengono addirittura a chiederti, alle volte anche con toni «Quando ragioniamo di un po’ aggressivi, perché è stato camformazione, di ricostruzione biato il problema. E tu devi spiegare e di nuove skill spesso che è una simulazione della vita, dove troverai sempre situazioni canci lasciamo trascinare gianti, problemi che oggettivamente dall’idea che la discussione si modificheranno da un momento alla fine sia su sfumature all’altro. Soprattutto se volete fare il mestiere di quelli che si occupano di di declino. Un declino affari internazionali, sia nel privato obbligato e assicurato sia nel pubblico. Ebbene, in quelle legato al fatto che situazioni chi normalmente risolve il quanto di meglio potevamo problema è lo studente italiano. Questa capacità di adattamento e flessifare l’abbiamo fatto bilità è la dimostrazione del fatto che nel periodo del miracolo noi, per nostra caratteristica nazionaeconomico e subito dopo, le, abbiamo un carattere che ci viene riconosciuto da tutti e che oggettivadagli anni 80 in poi, è mente è qualcosa di molto importaniniziato un peggioramento te. Ovviamente non dobbiamo finire inesorabile e l’unica come il caso di quel manager di una multinazionale che mi raccontava cosa che possiamo che quando ha un paese che va in fare è contenerlo crisi manda sempre il manager italiae ritardarne gli effetti». no a risolvere e una volta che la crisi è risolta ci mette il manager tedesco. Io sono totalmente »È ovvio che il nostro passo in avancontrario...» ti deve essere quello di saper gestire Enrico Letta anche la fase successiva alla crisi.

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Speciale

Giovani i  Mario Mantovani i Si parla poco di chi ha finito il percorso di studi: dovrebbe entrare in azienda con programmi di inserimento, con stage, con l’apprendistato e anche con l’assunzione e invece oggi sostanzialmente sono fermi. È una generazione sospesa che rischia per un tempo molto lungo di rimanere in un limbo. Stiamo peggiorando, anche per effetto di quei blocchi dei licenziamenti che, da un lato, proteggono chi è in azienda, dall’altro impediscono anche i processi di trasformazione. Noi avevamo già inserito nel programma di questa nostra consiliatura un tema che va proprio al cuore di questo processo, riconoscendo come la nostra attività a supporto dei giovani, in questa fase delicata di finalizzazione degli studi e ingresso nel mondo del lavoro, è particolarmente importante. In questi mesi in cui è forzatamente bloccata, ci chiediamo cosa possiamo fare per far sì che quando inevitabilmente si riaprirà il mercato del lavoro i giovani possano ripartire rapidamente e in modo più veloce di quanto accadeva in precedenza. Su questo mi piacerebbe avere da lei qualche spunto e confronto con paesi che in passato hanno avuto risultati migliori del nostro nella riduzione dei Neet e nell’accesso al mondo del lavoro. i   Enrico Letta i Credo che ci siano tante cose che vadano messe insieme in questa riflessione. Da un primo punto di vista dobbiamo chiederci quanto nella nostra società mettiamo la questione dei giovani al centro e quanto no. Ecco, mi sembra di

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poter dire che il nostro Paese faccia esattamente l’opposto, nel senso che ci troviamo in una situazione in cui i giovani non sono al centro né delle politiche né delle priorità, perché se queste sono tutte cassa integrazione, la cassa integrazione per definizione va ai 40/50enni, se il welfare mette miliardi di euro su Quota 100 sappiamo tutti benissimo cosa vuol dire. Queste sono le principali scelte che si fanno e queste scelte penalizzano i giovani. Aggiungo che ovviamente in questo momento di crisi si tende a mantenere in vita i posti di lavoro e non a valorizzare la creazione di nuovi. La somma di tutto questo ha creato un decennio di fuga dei giovani. I giovani italiani hanno affrontato la più grande crisi del 2008 e 2012 e ora devono fronteggiare la seconda. Sono dell'idea che dobbiamo fare molte cose insieme. Da un primo punto di vista, dobbiamo costruire un sistema nel quale la priorità viene data a questo tema e non possiamo aspettare che lo facciano i giovani perché sono una larghissima minoranza. Credo che ci sia bisogno anche di scelte mirate. Propongo, per esempio, quella di cambiare l’anno di uscita da scuola. Mi trovo a vivere con molti ragazzi che vengono a fare i master da noi e gli italiani hanno tutti un anno più degli altri e questo fa perdere peso al loro potenziale curriculum perché non si può entrare con questo ritardo nel mercato del lavoro. 

Guarda sul canale YouTube di Manageritalia la versione integrale del dialogo tra Mario Mantovani, Enrico Giovannini ed Enrico Letta. https://bit.ly/Dialogo-sul-Futuro


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Speciale

MANAGERITALIA EXECUTIVE PROFESSIONAL E QUADRI Durante l’assemblea è stato evidenziato l’impegno di Manageritalia di continuare a presidiare la rappresentanza delle professionalità manageriali oltre al perimetro dei dirigenti contrattualizzati. In queste pagine una sintesi delle testimonianze di Carlo Romanelli, presidente Manageritalia Executive Professional, e di Antonio Votino, rappresentante nazionale Quadri uscente.

Verso la nuova rappresentanza dei manager liberi professionisti ICARLO ROMANELLII

Carlo Romanelli

Antonio Votino

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«Con la costituzione di Mep, Manageritalia Executive Professional, prosegue un intento preciso: offrire un sistema di rappresentanza strutturato e permanente a tutti i lavoratori che offrono servizi professionali di livello elevato alle aziende, alle persone che fanno parte a pieno titolo della dirigenza pur non essendo inquadrati contrattualmente come dirigenti: una precisazione con cui fugare quel luogo comune secondo cui i professional siano in qualche modo dei “dirigenti in difficoltà”. Manageritalia Executive Professional vuole rappresentare e tutelare gli interessi dei lavoratori che hanno deciso, o in maniera temporanea o in maniera permanente, di fare del management una libera professione. La nostra rappresentanza rafforza la capacità di Manageritalia di intervenire sui grandi temi del mondo del lavoro, sui tavoli di confronto sindacali per i prossimi anni.


Il tema della trasformazione del mondo del lavoro è cruciale, poiché noi professional siamo protagonisti di questa mutazione: è infatti probabile che quasi nessuno dei colleghi o delle colleghe con cui condividiamo la nostra identità professionale facciano più le cose che hanno iniziato a fare nella loro carriera professionale. La flessibilità delle attitudini e la specializzazione delle competenze sono i concetti chiave del nostro operare e sono ciò che ci viene richiesto soprattutto in questa fase di trasformazione del mercato del lavoro, fase a cui Manageritalia risponde proponendosi sempre più come “Sindacato a Km0”. Essere a chilometro zero significa avvicinarsi al massimo alle esigenze dei manager, supportare le diverse modalità con cui i colleghi si rapportano con le aziende, strutturarne e valorizzarne le peculiari conoscenze e competenze, migliorare la stabilità e la qualità del loro welfare».

MANAGERITALIA EXECUTIVE PROFESSIONAL 2020-2024 Presidente: CARLO ROMANELLI Vicepresidenti: DONATELLO ASPROMONTE e GIUSEPPE RIZZELLO RAPPRESENTANTI SUL TERRITORIO

Manageritalia Campania LUCA GENOVESE Manageritalia Emilia Romagna CARLO ROMANELLI Manageritalia Friuli Venezia Giulia STEFANO BENCI Manageritalia Lazio, Abruzzo, DONATELLO ASPROMONTE Molise, Sardegna, Umbria Manageritalia Liguria MARIO PASQUERO Manageritalia Lombardia GIUSEPPE RIZZELLO Manageritalia Marche GIANPAOLO LAPESA Manageritalia Piemonte e Valle d’Aosta GIOVANNI BELLY Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata LUIGI CASSATELLA Manageritalia Sicilia GIUSEPPE CASTELLANA Manageritalia Toscana PAOLO ULIVIERI Manageritalia Trentino-Alto Adige ANTONIO BORGHETTI Manageritalia Veneto FABIO FABIETTI

Sempre più vicini ai quadri IANTONIO VOTINOI «L’anno che si sta per chiudere è stato pieno di incertezze, dominato da una pandemia che ha portato a stravolgere sia il modo in cui lavoriamo sia la capacità delle aziende di reagire efficacemente ai processi: di vendita, logistici, distributivi, finanziari. Una delle certezze per il nostro gruppo è che Manageritalia è stata capace di stare vicino ai colleghi che ne hanno avuto la necessità, in particolare nella vicenda Auchan. Una vicenda molto delicata in cui la nostra Organizzazione ha dimostrato di rappresentare davvero l’interesse dei quadri, con grande competenza. Su questa strada vogliamo continuare a operare anche nel 2021, con tutti gli strumenti necessari per interloquire nelle sedi opportune affinché il contratto nazionale dei dirigenti continui a permettere ai quadri di entrare nella dirigenza – possibilità di cui hanno beneficiato molti colleghi nel corso del 2020 – e per utilizzare la forza delle Associazioni territoriali per supportare i quadri e, tramite loro, le imprese, contribuendo così alla crescita del Paese». 

RAPPRESENTANTI QUADRI SUL TERRITORIO 2020-2024 Al momento della pubblicazione di questo numero il rappresentante nazionale e i suoi vice non sono ancora stati designati

Manageritalia Campania LUCA MAURIELLO Manageritalia Emilia Romagna ELISABETTA PEDRINI Manageritalia Friuli Venezia Giulia PAOLO PENNE Manageritalia Lazio, Abruzzo, SANDRO DE PIETRANTONIO Molise, Sardegna, Umbria Manageritalia Liguria ROBERTO PAPILLO Manageritalia Lombardia LORENZO ZANONI Manageritalia Marche ANTONIO VOTINO Manageritalia Piemonte e Valle d’Aosta DARIO DADONE Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata GIOVANNA PETROSILLO Manageritalia Sicilia FRANCESCO RUBINO Manageritalia Toscana UMBERTO GIORDANO Manageritalia Trentino-Alto Adige FRANCESCO FEDRIZZI Manageritalia Veneto NICOLA PEDRON

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Società

IL DIFFICILE DIALOGO TRA GENERAZIONI In Italia oggi convivono nei vari ambiti della vita, tra famiglia e lavoro, i Silent generation, i Baby boomers, la Generazione X, i Post millennials e la Generazione alpha. Quali caratteristiche hanno, come vivono e cosa desiderano? Federico Capeci ceo e cdo di Kantar Insights Division

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I

N ITALIA oggi convivono 5 grandi generazioni che nei vari ambiti di vita, tra la famiglia e il lavoro, si confrontano, si scontrano e spesso si ignorano di fronte alle piccole e grandi questioni di tutti i giorni. Una generazione è un concetto ben diverso da quello anagrafico: le persone non si suddividono tra giovani e adulte, tra trentenni e sessantenni, tra maturi e alle prime armi. Le persone si comprendono molto meglio se si entra nel profondo dei loro valori e del modo di vedere le cose. È qui che entra la lettura generazionale delle persone, dei consumatori, dei colleghi: una generazione è quell’insieme di persone che, essendo state adolescenti in un dato periodo storico, finiscono per avere una stessa visione delle cose. Circa ogni vent’anni, infatti, la nostra popolazione è stata attraversata da eventi talmente importanti da aver creato presso un dato gruppo di persone, adolescenti in quel momento, una diversa visione del mondo.

L’importanza dei valori culturali Quello che definisce una generazione, quindi, non è l’età in senso stretto, ma il fatto di aver vissuto e aver partecipato, collettivamente, a uno o più eventi di portata trasformativa epocale. È accaduto con la Silent generation, nata nel periodo della ricostruzione italiana del Dopoguerra; è successo con i Baby boomers, il cui evento car-


dine di riferimento è la rivoluzione culturale del ’68; è ciò che ha fatto nascere la Generazione X, con gli eventi a cavallo tra gli anni 80 e 90; è lo stesso processo che ha generato i Millennials e la Generazione Z, cresciuti con i social media e all’interno di crisi economiche di cui a fatica vediamo la conclusione ormai da anni. Essere stati adolescenti durante quei momenti chiave della nostra storia ha creato le varie generazioni oggi viventi nel nostro Paese. Ogni generazione è diversa dall’altra proprio in virtù delle riflessioni che ha condotto durante l’adolescenza, amplificate e collettivizzate dal sistema mediatico e dalle icone del momento, per poi trasformarsi in ricordi e in veri e propri “mantra

del pensiero” che accompagneranno quella generazione nel corso di tutta la vita: quando stavano crescendo, quando si stavano domandando chi e cosa volevano essere, quando stavano formando e valutando i propri sistemi relazionali. Nel mentre di tutto questo processo, quei ragazzi hanno preso ciò che stava succedendo nella società come un grande pretesto per emanciparsi e per staccarsi dalla visione dei genitori, contrapponendo delle nuove prospettive alle idee del passato. Per questo con le generazioni parliamo di valori e non di semplice età: in quel processo, la generazione ha formato un proprio sistema di valori che porterà con sé per il resto della propria vita, pur modificandone e adattan-

done le manifestazioni a seconda delle circostanze della vita. Sotto questa luce, possiamo sintetizzare alcuni aspetti chiave per ogni generazione oggi esistente in Italia (figura 1).

Generazioni a confronto Silent generation La Silent generation, cresciuta dopo la nascita della Repubblica italiana e durante il periodo di ricostruzione, si chiama così (silenziosa) proprio perché in quel momento c’era ben poco da dire e da lamentarsi e molto più da fare, soprattutto dopo la grande generazione che ha fatto la guerra e che l’ha preceduta. I valori di questa generazione sono proprio l’under-

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Società Figura 1 - I caratteri distintivi Traditionals

anni 40 Preparazione Greatest generation

Baby boomers

anni 50

anni 60

anni 70

anni 80

anni 90

Preparazione Generazione X

Preparazione Baby boomers Reazione Silent generation

Generazione X

Reazione Post boomers

Post millennials

anni 00

anni 10

anni 20

anni 30

Preparazione Alpha generation

Preparazione MIllennials Reazione Generazione Z

Reazione Xennials

Alpha generation

Reazione ?????

Fonte: Generazioni, F. Capeci, Ed. Franco Angeli 2020

statement, la voglia e la necessità di migliorare, se stessi e le cose circostanti, per dare continuità al passato.

Baby boomers Poi c’è la generazione dei Baby boomers, che tra i propri valori principali ha la spinta al cambiamento, secondo uno spirito altamente valoriale, al quale tende sempre a far riferimento. I Baby boomers sono i ragazzi e le ragazze del Miracolo italiano e delle grandi primogeniture della storia sociale, dal primo uomo sulla luna alla minigonna: il valore del merito e della positività verso il futuro sono elementi chiave di questa generazione, nati in quegli anni e tuttora presenti in età anziana.

Generazione X La Generazione X ha vissuto grandi opposizioni e, rispetto a queste,

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è stata condotta a prendere posizione: la battaglia geo-politica tra Usa e Urss, tra comunisti e capitalisti, tra chi ce la faceva e chi no, tra Coca-Cola e Pepsi-Cola, tra Nike e Adidas. Questo contesto ha fatto nascere una generazione che ritiene l’appartenenza al gruppo come leva fondamentale delle relazioni, oltre all’ambizione e al senso del desiderio verso mondi ideali e prosperi.

Post millennials: Millennials e Gen Z Poi accade il “Millennial Big Bang” e tutto cambia un’altra volta: il mondo digitale, tra Google e i social media, ha creato una generazione altamente connessa, reticolare, relazionale, interattiva. Come accade anche nelle altre macro-generazioni citate sopra, anche questa si suddivide in due parti: la generazione dei Millennials e quella della Generazione Z, la prima è

altamente spirituale e concettuale, mentre la seconda si pone con un atteggiamento ben più concreto e fattivo.

Generazione alpha Poi c’è la Generazione alpha, che sta nascendo proprio in questi anni, in quanto proprio in questi anni sta entrando nell’età dell’adolescenza. Non sappiamo ancora quali eventi potranno incidere sul loro sistema valoriale, ma alcune cose le sappiamo già: ad esempio che l’artificial intelligence sarà parte fondamentale della loro vita e delle loro scelte, che la virtual reality permetterà loro di sperimentare connessioni incredibili tra mondi on e offline, che vivranno i mondi asiatici, cinesi e indiani in un modo totalmente diverso dal nostro. Inoltre, sappiamo che sono i figli della Generazione X e dei Millennials: questo significa che otterranno da questi gruppi alcuni valori e


da altri invece fuggiranno. Sono, infine, gli adolescenti del prossimo decennio, drammaticamente e specificamente influenzato dal coronavirus. Con tutte queste informazioni possiamo scommettere su alcuni caratteri: si tratterà di una generazione di leader, che sarà altamente centrata sul proprio equilibrio psico-fisico, che vorrà ritagliarsi un ruolo fin da subito in famiglia, nel lavoro, nella società.

Diverse generazioni possono lavorare insieme? La diversità delle varie generazioni, così approfondita, sicuramente arricchisce la conoscenza delle possibili persone e personalità di chi abbiamo di fronte, anche al lavoro. Tuttavia, ci rende consapevoli di quanto difficile potrebbe essere parlare con generazioni differenti

e, sempre per rimanere in ambito lavorativo, richiedere di lavorare insieme. Le generazioni, infatti, interpretano il posto stesso di lavoro in modo molto diverso: i Baby boomers tendono a cercare un luogo in cui esercitare impatto, potere se vogliamo; la Generazione X tende a essere maggiormente attenta al ruolo, al biglietto da visita; i Millennials saranno maggiormente attenti a comprendere la visione e la missione che l’azienda si dà, per valutarne l’affinità con le proprie aspettative.

Capire, ascoltare, co-creare: 3 passi per attivare una sinergia generazionale

in ottica davvero sinergica, con l’obiettivo di attivare i diversi valori che ciascuna potrebbe portare in dote nei progetti lavorativi in azienda. Ciononostante, si può fare, procedendo per passi, al fine di creare una cultura volta alla sinergia generazionale, prima ancora che specifiche iniziative. Si potrebbe sintetizzare il processo in 3 passi.

La diversità delle varie generazioni, così approfondita, ci rende consapevoli di quanto difficile potrebbe essere farli lavorare insieme

Non è facile mettere insieme diverse generazioni per collaborare

Figura 2 - I valori culturali Greatest generation anni 40 Valori Comunità Determinazione

Baby boomers anni 60 Positivismo Merito Cambiamento

Generazione X anni 80 Immagine Appartenenza Ottenere

Millennials anni 00 Significato Condivisione Connessione

Silent generation anni 50 Stabilità Noi Disillusione

Post boomers anni 70 Fare Nemici Identità

Xennials anni 90 Apparenza Ambizione Scetticismo

Generazione Z anni 70 Realismo Resilienza Specializzazione

Fonte: Generazioni, F. Capeci, Ed. Franco Angeli 2020

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Società Il rapporto con il lavoro Decennio chiave

Nascita dei giovani nel periodo

Anni 40

1926-1935

Anni 50

1936-1945

Anni 60

1946-1955

Anni 70

1956-1965

Anni 80

1966-1975

Anni 90

1976-1985

Anni 2000

1986-1995

Anni 2010

1996-2005

Anni 2020 Anni 2030

2006-2015 2016-2025

Età al 2020

Nome generazione

Ambizione nel lavoro

Valori posseduti

Ruolo verso i colleghi

75+

Silent generation (Traditionals)

Risultato

Fedeltà

Fiducia

55-74

Baby boomers

Potere

Visione

Mentore

35-54

Generazione X (Transitionals)

Ruolo

Esecuzione

Management

15-34

Post millennials

Piacere

Creatività

Sfidante (challenger)

14 e meno

Generazione alpha

Impatto

Innovazione

Leadership

Il primo è quello di capire: occorre essere consapevoli che ciascuna generazione è diversa dall’altra e che, soprattutto, vediamo le cose con lenti diverse, fino a interpretare i fenomeni con stereotipi. Per questo occorre comprendere bene il sistema valoriale l’uno dell’altro e le reali forze che stanno dietro ai diversi punti di vista. Il secondo passo è quello dell’a-

Generazioni Chi siamo, che cosa vogliamo, come possiamo dialogare Federico Capeci Franco Angeli Editore - 2020

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scolto: occorre sapersi ascoltare, in modo attivo, cercando davvero di cogliere il significato profondo, a volte nascosto, di quello che l’altro ci sta dicendo: paure, ambizioni, volontà… è difficile se non ci si mette in gioco e se non si vuole davvero comprendere l’altro per poter risolvere le cose insieme, pur nelle differenze. Il terzo passo è quello della cocreazione: non c’è mai una generazione che risolve i problemi dell’altra, non si può risolvere la questione giovanile o il problema degli anziani senza farlo insieme. Ciascuna generazione ha attitudini proprie e diverse al gioco di squadra, sia esso esercitato in azienda o in famiglia o nella società nel suo complesso: occorre capire questo per poter creare insieme una nuova struttura sociale. La Silent generation, per esempio, può avere il ruolo di guidarci con

costanza verso la risoluzione di problemi molto complessi; i Baby boomers possono aggiungere l’aspetto ideale, il motivo alto a cui tendere; la Generazione X, invece, è maestra nel project management, e ci aiuterà nell’ottenere il risultato con tenacia e ambizione; i Post millennials, invece, sono i ragazzi che ci devono aiutare a trovare la soluzione ai problemi attuali, sono coloro che dovranno, all’interno di questo contesto intergenerazionale, avere il ruolo da protagonista, perché così è sempre stato, anche in passato. I giovani sono molto importanti, perché sono il gruppo che ha visione ed energia orientate al futuro: purtroppo, quando i giovani perdono le speranze vedono il futuro in modo non progressivo, oppure quando è sottratto loro il ruolo di artefice della società, allora abbiamo lo stallo. 


Cfmt

COMPETERE NEL NEW NORMAL

In questo mutato contesto economico e sociale ci sono aziende resilienti che hanno reagito alla crisi con ottimi risultati. Come ci sono riuscite? Quali modelli di business hanno funzionato? E quali sono le aree sulle quali bisognerà investire per continuare a essere competitivi?

Q

UESTA FASE di new normal ha obbligato le imprese a ridefinire le loro “regole del gioco”. Quelle più capaci di competere sono riuscite a superare i tradizionali paradigmi aziendali e a reagire prontamente alla crisi. Obiettivo di

quest’anno dell’Osservatorio sulla Competitività delle imprese del terziario è proprio quello di indagare come queste imprese siano riuscite a farlo, quali siano stati i modelli di business che meglio hanno funzionato e come si sono evoluti, quali siano stati i fattori abilitanti e i fattori ostacolanti la

Fernando G. Alberti docente Liuc-Università Cattaneo

Stefania Ferrario PhD, Institute for entrepreneurship and competitiveness

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Cfmt reazione. A questo scopo, sono state intervistate aziende operanti in diversi settori del mondo dei servizi, dall’hospitality al retail, dalla logistica ai trasporti, da grandi aziende internazionali come Best Western, Decathlon, fino a realtà più piccole e startup innovative come Aldieri, Corporate Wellness Company e GoVolt. Tutte imprese che anche in questo periodo di crisi hanno continuato a registrare ottimi risultati. Attraverso un protocollo d’intervista appositamente sviluppato, è stato chiesto loro di descrivere i cambiamenti avvenuti nelle relazioni con gli stakeholder principali, nella pianificazione strategica, nella struttura organizzativa e nei processi decisionali, e quali fossero le lesson learned tratte da questa esperienza, dalle quali si possono stabilire future strategie e futuri investimenti.

Resilienza attiva contro gli shock Tutte le imprese intervistate hanno dimostrato di aver sviluppato una resilienza attiva che permette loro non solo di ridurre gli impatti degli shock, ma anche di evitarli e sviluppare nuove attività che consentono di superare le crisi. Sono tutte imprese fortemente focalizzate sul core business, che si sono spostate poi sulla mappa delle adiacenze, in grado tanto di sfruttare efficientemente il modello di business tradizionale (exploitation) quanto contemporaneamente di ricercarne di nuovi e cogliere nuove opportunità imprenditoriali (exploration).

Le risorse umane: un asset fondamentale per competere Tutte le imprese intervistate hanno fortemente compreso il ruolo

chiave giocato dai propri dipendenti, tanto da investire in maniera marcata in corsi di formazione e sicurezza. Tutte hanno compreso l’importanza di coinvolgere il personale nei processi decisionali, responsabilizzarlo e al contempo rassicurarlo. In questo nuovo mondo privo di certezze e stabilità i modelli organizzativi tradizionali, i modelli di leadership di tipo command & control vanno in crisi. Si passa dalla classica organizzazione gerarchica al network. Non esistono più strutture piramidali, silos organizzativi, ma sempre più strutture agili con modalità di lavoro flessibili e team interfunzionali. Il leader diventa un coach, un servant leader in grado di guidare il team con trasparenza, motivare e ascoltare. Le imprese diventano sempre più flessibili e adattive e i loro

COMPETE. Sfide e strategie per rilanciare la competitività Si può essere competitivi nonostante le enormi e, a tratti, imprevedibili sfide che ci circondano? Si può avere successo in un momento di profonda crisi e incertezza come quello che stiamo vivendo oggi? Sì, anche in un contesto sfidante quanto quello italiano, anche in un sistema Paese che arranca, che fatica a risollevarsi, e che fornisce un contesto tutt’altro che favorevole alle sue imprese, anche in un’epoca di crisi senza precedenti come quella post-Covid che ci aspetta, alcuni casi di imprese di successo ci insegnano che essere competitivi è possibile. Avere uno sguardo, una panoramica su come si stanno muovendo le imprese più competitive e più innovative del nostro Paese, può essere un buon punto di partenza per scrutare il contesto di riferimento, imparare dai migliori, e trovare nuove opportunità. COMPETE, primo report dell’Osservatorio sulla competitività delle imprese del terziario, nato da una collaborazione tra il Cfmt e l’Institute for entrepreneurship and competitiveness dell’Università Liuc, ha l’obiettivo di fornire strumenti validi ed efficaci alle imprese per capire, prevedere e quindi agire con successo nel proprio contesto di riferimento. Per scaricare il libro in open access vai qui: www.bit.ly/ebook_compete.

40 DIRIGENTE - DICEMBRE 2020


processi decisionali veloci; diventano abili a sfruttare la loro approfondita conoscenza del mercato e l’alertness imprenditoriale per comprendere le mutevoli esigenze dei clienti, anticiparne i bisogni e reagire con rapidità per cogliere nuove opportunità. Risorse umane, maggiormente motivate e coinvolte, favoriscono la nascita e lo sviluppo di idee innovative. Adattabilità e velocità nei processi decisionali sono caratteristiche tipiche delle imprese di piccole dimensioni, spesso a conduzione familiare, che nascono a volte già con la stessa forma mentis di una grande impresa managerializzata. Tra grandi e piccole imprese è importante si attivi un processo di contaminazione reciproca: le piccole devono apprendere le best practice dei player più grandi e questi ultimi devono far proprie alcune logiche di funzionamento tipiche delle realtà dimensionalmente più piccole. Fondamentale per entrambe aprirsi all’ecosistema imprenditoriale in cui sono inserite, costruire reti di competenze extra aziendali e relazioni stabili con fornitori e clienti.

ziazione, oltre a saper identificare i fattori critici di successo e investire sulle risorse e le competenze presenti al loro interno, devono riscoprire l’importanza della centralità del cliente. In questo new normal, ai tradizionali canali di vendita si è affiancato prepotentemente il canale online, che “non sparirà insieme alla pandemia” e non andrà a sostituire il canale off-line, di cui il cliente e l’azienda hanno ancora fortemente bisogno. Le imprese, per essere realmente customer-centric, devono impegnarsi nella creazione di quel clima organizzativo che consente lo sviluppo di una visione d’insieme, trasversale alle diverse funzioni, così da offrire la migliore risposta all’esigenza del cliente. Adottare un approccio customer-centric vuol dire offrire un qualcosa che va al di là del semplice binomio prezzo-prodotto (ormai non più sufficiente), significa impegnarsi per garantire la migliore customer experience al cliente lungo tutto il processo di acquisto e in entrambi i canali, non tralasciando mai la personalizzazione e l’alta qualità del servizio offerto.

Organizzazioni customercentric per lo sviluppo del vantaggio competitivo

Su cosa si continuerà a investire?

Le imprese di servizi per poter sviluppare e mantenere un vantaggio competitivo di differen-

Avendo ben compreso la centralità delle risorse umane per il mantenimento del vantaggio competitivo, per i processi inno-

vativi e creativi le imprese continueranno a investire sulla formazione dei dipendenti e sul loro benessere psico-fisico. Continueranno a investire poi in tutto ciò che è necessario per garantire la migliore customer experience possibile, tanto off quanto online (nuovi poli logistici, consegna last-mile, resilient supply chain, smart logistic, augmented reali-

Le imprese di servizi per poter sviluppare e mantenere un vantaggio competitivo devono adottare un approccio customer-centric, cioè impegnarsi per garantire al cliente la migliore customer experience

ty e virtual reality nei punti vendita o nella relazione con i fornitori, come qualcuno sta già facendo, ecc.). Altro tema sul quale le imprese dovrebbero iniziare a investire è l’individuazione di una nicchia di mercato da presidiare: meno competizione, più probabilità di fare margine, più alta specializzazione e più intimità con il cliente. Studi dimostrano, infatti, come la pandemia stia facilitando le imprese operanti all’interno di queste nicchie di mercato. 

DICEMBRE 2020 - DIRIGENTE 41


OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia

osservatorio

DISEGNO DI LEGGE DI BILANCIO 2021: LE NOSTRE PROPOSTE EMENDATIVE

Q

uest’anno abbiamo predisposto una serie di emendamenti alla manovra finanziaria che riguardano ambiti diversi. Innanzitutto, a fianco degli incentivi per l’assunzione di giovani, abbiamo chiesto il ripristino della misura in vigore fino al dicembre 2018 del “part-time agevolato”, che si applicava ai lavoratori over 60 con almeno 20 anni di contributi Inps e un contratto a tempo indeterminato fulltime. Tali lavoratori potevano chiedere una riduzione d’orario senza penalizzazione sulla prestazione pensionistica. La retribuzione comprendeva anche la contribuzione per le ore non lavorate e la pensione non subiva decurtazioni perché era prevista la contribuzione figurativa. Il ripristino di tale strumento, legato alla contestuale introduzione degli incentivi per l’occupazione giovanile e femminile già previsti nella legge di bilancio (se accompagnati da contribuzione figurativa), appare come una soluzione ragionevole ed equa per un bilanciamento della presenza intergenerazionale nelle aziende. Siamo convinti, infatti, che i lavoratori senior non debbano essere sostituiti da quelli junior, ma che in un’azienda “sana” debba esserci una compresenza di lavoratori di ogni età, tra loro non necessariamente fungibili, bensì integrati. Sempre per i senior abbiamo riproposto l’adozione dell’Ape volontaria e dell’Ape aziendale, che sono state un’ottima soluzione per coniugare l’esigenza del lavoratore di ricevere un reddito ponte d’accompagnamento alla pensione di vecchiaia e quella delle imprese di rivedere l’assetto organizzativo interno, grazie a una sorta di uscita “condivisa”.

L’Ape volontaria – così come introdotta dall’art. 1, comma 166 e seguenti, legge di bilancio 2017, e art. 1, comma 162, legge di bilancio 2018 – si sostanziava in un prestito bancario ottenuto tramite l’Inps, che consentiva al lavoratore, con almeno 63 anni e 5 mesi di età e 20 anni di anzianità contributiva, di accedere alla pensione di vecchiaia con massimo 3 anni e 7 mesi di anticipo. Una volta maturati i requisiti per la pensione di vecchiaia, l’Inps tratteneva la quota di rimborso del prestito, per un massimo di 240 rate (corrispondenti a 20 anni). Abbiamo proposto il ripristino dei due strumenti, sia pure con un innalzamento del requisito di accesso fissato in 64 anni di età, anziché i 63 anni e 5 mesi originariamente previsti. Per le giovani lavoratrici abbiamo chiesto che le assunzioni incentivate con la decontribuzione siano accompagnate da contribuzione figurativa, per evitare penalizzazioni sulla prestazione pensionistica al termine della carriera. Inoltre, riguardo al Fondo a sostegno dell’imprenditoria femminile, che prevede percorsi di assistenza tecnicogestionali durante l’intero periodo di realizzazione degli investimenti, anche attraverso un apposito sistema di voucher per accedervi, abbiamo sottolineato la necessità che la categoria manageriale, specie la sua componente femminile, sia coinvolta per la migliore riuscita di questa misura altamente innovativa, con la propria competenza ed esperienza. Ci auguriamo che, nel passaggio parlamentare, le nostre proposte siano accolte.

BILANCIO DI GENERE 2019: SINTESI E PRINCIPALI RISULTATI

A

livello nazionale, il Bilancio di genere è stato introdotto in via sperimentale nel 2009, in un contesto, come quello dell’economia e della società italiana, in cui i divari sono ancora ampi. Più specificatamente, il dispositivo normativo mira, tramite questo

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strumento, a consentire una valutazione del diverso impatto della politica di bilancio su donne e uomini, in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito. Uomini e donne sono infatti influenzati diversamente dalle decisioni di bilancio, non solo per via di

specifiche politiche, ma anche in relazione alle loro diverse situazioni socioeconomiche, ai bisogni individuali e ai comportamenti sociali. Le modalità secondo cui essi fruiscono di beni e servizi pubblici e sono colpiti dall’imposizione fiscale possono essere differen-


ziate, anche in presenza di interventi universalistici e non mirati a un genere in particolare. Una prima sperimentazione del Bilancio di genere è stata condotta sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio 2016 e accompagnata da una rassegna delle esperienze condotte in altri paesi e, a livello locale, in Italia. Pur continuando ad assumere carattere sperimentale, il Bilancio di genere è stato ulteriormente rafforzato nel 2018. In sede di confronto con le Commissioni bilancio è stata rilevata la necessità di finalizzare l’adozione del Bilancio di genere a perseguire la parità di genere tramite politiche pubbliche, contribuendo a ridefinire e ricollocare le risorse, tenendo conto anche dell’andamento degli indicatori di Benessere equo e sostenibile (Bes) inclusi nel ciclo di bilancio per integrare le dimensioni strettamente economiche (come il Pil) e nella fase di programmazione economico-finanziaria delle politiche pubbliche. Il Bilancio di genere per l’esercizio finanziario 2019 fa emergere alcune sfide per il Bilancio di genere in Italia e, in particolare, per un suo inserimento nell’ambito di un piano strategico nazionale che definisca gli obiettivi per la parità di genere. Segnali positivi provengono da alcune amministrazioni che hanno emanato linee guida con indicazioni su come integrare la prospettiva di genere nelle decisioni e nella realizzazione degli interventi. Sebbene nel confronto internazionale la posizione del nostro Paese sia per alcuni aspetti migliorata nell’ultimo decennio, restano molto pronunciati i divari di genere nel mercato del lavoro e nella distribuzione delle responsabilità di cura, in un contesto che tende a perpetuare gli svantaggi economici e di opportunità delle donne lungo tutto il

ciclo di vita. Ancora molto ampio è il divario di genere nel tasso di occupazione. Le donne, in media, lavorano meno ore, guadagnano meno, accumulano minore anzianità. I divari sono poi più evidenti se consideriamo l’interazione tra genere e altre dimensioni, come l’età, l’istruzione e l’area geografica. Come illustrato nella relazione, a fronte di tale quadro i dati dell’Eurobarometro suggeriscono una convinzione meno radicata tra gli italiani, rispetto agli altri cittadini europei, circa la rilevanza della parità di genere per garantire una società giusta e democratica. L’ipotesi avanzata è che possa essere diffusa l’idea che siano altre le tematiche da affrontare (ad esempio quelle collegate al lavoro, all’immigrazione, alla sicurezza), come se quella di genere non fosse una dimensione trasversale ma alternativa. Il Bilancio di genere si configura, quindi, come uno strumento fondamentale per una sistematica analisi delle dimensioni lungo le quali si manifestano i divari di genere e per dare conto degli effetti delle politiche pubbliche su di essi. L’urgenza di procedere senza ulteriori

indugi in questa direzione è diventata ancora più manifesta a seguito dell’emergenza Covid-19, le cui conseguenze accrescono i rischi connessi all’acuirsi dei divari economico-sociali e, quindi, anche di genere esistenti. Come indicato nella relazione, c’è un’area rilevante del Bilancio in cui si possono produrre effetti positivi sulla riduzione delle diseguaglianze di genere senza necessariamente creare nuovi oneri, ma tenendo conto della dimensione del genere nel disegno e nella realizzazione degli interventi esistenti. La promozione della parità di genere va infatti perseguita, con tutti gli strumenti disponibili, in virtù di un principio di uguaglianza e giustizia che non necessita di legittimazioni di efficienza, sebbene da essa scaturiscano anche notevoli guadagni in termini di benessere economico e sociale. Versione completa della relazione al Parlamento sul Bilancio di genere 2019: https://bit.ly/Mef-Bdg

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Innovazione

EVENTI DIGITALI: SETTE BEST PRACTICE PER IL SUCCESSO Eventmb, una delle risorse online più autorevoli e aggiornate sull’industria degli eventi, ha reso pubblico un report con linee guida e consigli per l’organizzazione di eventi digitali, dopo aver chiamato a raccolta un panel di 20 esperti internazionali per il Virtual Event Tech Day, lo scorso ottobre. Il report offre insight e stimoli per tutti i manager del settore

Davide Mura

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I

L MONDO DEGLI EVENTI è ufficialmente entrato in una nuova era. Nulla sarà più come prima, persino quando torneremo a incontrarci di persona. Il futuro, infatti, sarà verosimilmente ibrido e la componente digitale avrà un ruolo da protagonista. Si risparmierà tempo (ci vogliono pochi secondi per entrare in un virtual meeting, quando in una grande sala congressi si impiegavano fino a 30 minuti), l’audience sarà più numerosa e i costi ridimensionati, con l’ingresso, però, di nuove voci: perché dietro a uno schermo vogliamo persone interessate e coinvolte. Le dimensioni medie di un evento erano di 500 persone, ora si parla di 5mila. Eventi con 40-70mila partecipanti saranno più facilmente gestibili online. E i viaggi d’affari? In molti casi verranno sostituiti da questi nuovi format. Chi obietta che Zoom non potrà mai prendere il posto di una fiera o di conferenze internazionali dovrebbe soffermarsi sulle proposte dei diversi player, secondo cui, assicurano, quasi tutto potrà essere svolto da remoto.

Le regole di un evento di successo, tuttavia, non cambiano quando diventa digitale: dobbiamo avere chiari i nostri obiettivi, lavorare ancora di più sui contenuti, conoscere il nostro pubblico e farlo sentire parte attiva durante i lavori, emozionarlo, offrire l’opportunità di conoscere nuove persone e, in definitiva, fare business. Il panel di esperti chiamati a raccolta da Eventmb ha stilato una serie di best practice per gli eventi digitali in un report: “The virtual event tech playbook”. Qui di seguito una sintesi con gli spunti più interessanti (l’intero documento può essere scaricato dal sito eventmanagerblog.com).

1. Budget e profitti

Se il budget è altamente variabile, con un risparmio di costi innegabile, il 71% degli organizzatori di eventi interpellati durante un recente sondaggio prevede di recuperare il 25%, o meno, delle perdite attraverso gli eventi digitali. Il 15% si aspetta di recuperare il 25-50% e solo una piccola minoranza (il 2%) prevede di guada-


gnare il 100% del reddito previsto per il 2020 utilizzando questi format. Non è possibile ricostruire un settore con il 2%, quindi bisogna evidentemente guardare oltre. L’industry valeva da mezzo a un trilione di dollari. La cifra si è notevolmente ridotta. Per ora nessuno monetizza i virtual events. Un grande evento poteva far incassare fino a 10 milioni di dollari. Lo stesso, online, se va bene, può generarne uno o due, il che significa che di per sé il settore degli eventi digitali non è sostenibile finanziariamente se concepito con le stesse logiche tradizionali. L’obiettivo dovrebbe allora essere quello di cambiare il modello di business. Non ci si può più concentrare sulle entrate legate alla vendita dei biglietti. L’evento può anche essere gratuito. Gli aspetti da considerare sono tre: il primo è che tutto dipende dalla nostra attività prin-

cipale. Un evento può essere free se, ad esempio, è parte di una base di abbonamenti, se è concepito come lean generation (un’azione di marketing per generare nuovi clienti) o se qualcuno lo sponsorizza. È possibile garantirsi entrate anche dagli espositori. Occorrono poi prezzi differenziati per i partecipanti: una tariffa di base che permette praticamente a chiunque di prendere parte all’evento, per poi aggiungere un po’ di più per il secondo livello, e ancora oltre per il terzo livello (masterclass, feature secondarie ecc.). Si può dunque partire da 75 dollari per un evento di un giorno, salire fino a 500 e triplicare la cifra. Ci possono essere biglietti per gruppi, con tariffe per interi team. Questo permette di attirare più persone. Un biglietto “aziendale” può valere 1.800 dollari: basta che se ne vendano 10 per vedere i rica-

vi crescere. Se l’organizzatore di eventi era abituato a partire da biglietti da 1.000 dollari, ora deve fare un passo indietro. Chi partiva da 50 dollari può essere più in linea. Il prezzo ideale? Dovrebbe essere tra questi due estremi. Ci sono diversi modi per “muovere soldi” all’interno di un evento digitale: dalle donazioni alle sponsorizzazioni. Anche in questo caso è possibile prevedere contributi su più livelli. Il modello a cui ispirarsi potrebbe essere il crowdfunding.

2. Engagement, target e audience

L’attenzione di un partecipante a un evento, anche digitale, crolla dopo 20 minuti. Allo stesso tempo, oggi siamo tutti più produttivi. Non ci fermeremo più a chiacchierare prima, durante e dopo l’evento. Se abbiamo 70.000 persone su

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Innovazione una piattaforma, come possiamo fare in modo che si sentano coinvolte all’interno del nostro ambiente? Dovremmo attivare chat, sondaggi e Q&A. Consideriamo poi che un pubblico può essere internazionale, con diversi fusi orari. Possiamo valutare programmi differenziati per il pubblico online, che è composto da esseri umani, non dimentichiamocelo, e per il pubblico presente in sala.

I partecipanti a un evento, anche digitale, devono essere visti come influencer e ambasciatori del nostro brand in grado di alimentare micro tribù con contenuti correlati al settore

I partecipanti a un evento, anche digitale, devono essere visti come influencer e ambasciatori del nostro brand in grado di alimentare micro tribù con contenuti correlati al settore. Si può chiedere prima ai partecipanti cosa desiderano e come. Alla fine, sollecitiamo sempre un feedback. Attenzione allo “Zoom burnout”: le pause non vanno mai dimenticate e si possono suggerire app che permettono di prendere appunti vocali e catturare immagini per non stancarsi troppo.

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È utile consentire l’anonimato ai partecipanti: interverranno più volentieri. I sondaggi sono poi un ottimo modo per far sentire le persone come se fossero parte della conversazione: occorre poter reagire alla sessione in corso come si reagirebbe a un post di Facebook. Chiamiamo chi ci sta seguendo con il loro nome. All’ultimo evento di Tony Robbins si sono tenute impegnate virtualmente 30mila persone per quattro giorni di fila. Lo spazio fisico è stato reinventato nel digitale. Robbins era circondato a 360 gradi, in modo che potesse vedere e sentire i partecipanti. Sono state create connessioni emotive e proposte esperienze per grandi tavoli di lavoro. Gli organizzatori dovrebbero essere in grado di personalizzare i percorsi per ogni tipo di partecipante – virtuale e di persona – a partire dalla registrazione. È fondamentale sapere bene chi ci sta ascoltando e vedendo: se si tratta di informatici, potrebbero apprezzare una proposta con codici da decifrare. Una delle nostre più grandi sfide in questo momento è far sì che persone dal vivo possano interagire con i partecipanti online attraverso un’unica piattaforma: il nostro pubblico è sempre uno solo.

3. Tecnologia, piattaforme e analytics

Dati recenti ci dicono che quasi il 60% degli organizzatori di eventi

non era a proprio agio con la tecnologia per gli eventi digitali. Le applicazioni mobile del settore sono state inizialmente create per gli eventi fisici, ma ora sempre più si adattano a quelli online. La piattaforma ideale per un evento digitale deve fare in modo che tutti i contenuti possano vivere on demand. Le persone devono potervi accedere in qualsiasi momento tramite registrazione e cliccare sull’agenda in modo molto intuitivo per entrare e uscire dalle presentazioni. Uno dei motivi per cui gli organizzatori di eventi si sono affrettati a utilizzare Zoom è per la sua chat, per i sondaggi e i Q&A. Sfortunatamente, molti sistemi di streaming non hanno queste feature, ma è importante assicurarsi che ci siano. I partecipanti dovrebbero trovarsi tutti nello stesso ambiente di chat, che è un enorme passo avanti per fondere l’ambiente digitale e fisico in un’esperienza ibrida. La diretta andrebbe sempre preferita alle registrazioni perché consente un migliore coinvolgimento. Si può parlare e condividere allo stesso tempo commenti e informazioni sui social. Il format “simulive” può essere una valida alternativa: si trasmette una registrazione in streaming, ma poi c’è qualcuno che dal vivo risponde alle chat. Un aspetto interessante degli eventi digitali è la possibilità di tenere traccia del comportamento


di tutti i partecipanti: queste informazioni ci possono essere utili per gli eventi futuri e per dare valore a quello che facciamo. I dati sono insomma il bene più prezioso per fare marketing e costituiscono il valore aggiunto del nostro evento da promuovere per sponsorizzazioni.

4. Content

Negli eventi non fisici la frase “content is king” deve diventare un mantra per gli organizzatori. Il modello di riferimento è Netflix e le piattaforme di streaming, con un’offerta costantemente aggiornata e raccomandazioni sulla base dei propri interessi. Per quanto riguarda i contenuti, è possibile fornire al nostro pubblico digitale materiali diversi rispetto a quelli per le persone presenti fisicamente, come ad esempio un playbook. Potremmo anche premiare le persone attraverso strategie di gamification per aver scoperto più contenuti, che gli organizzatori dovranno impostare per mantenere l’attenzione di un pubblico online. La collaborazione con i propri fornitori permette di capire come presentarli e condividerli.

5. Intrattenimento

Hollywood e il cinema in generale dovrebbero essere il modello a cui ispirarsi. Il cinema e gli show utilizzano palchi, un’illuminazione impeccabile, effetti speciali, musi-

Digitale o virtuale? il parere di Daniele Capogna, executive manager e co-founder di Smart Eventi «Durante questa pandemia il mondo degli eventi ha subito una rivoluzione totale. L’offerta di piattaforme per eventi digitali e virtuali è cresciuta in modo esponenziale. Superati i primi mesi di difficoltà, dove abbiamo avuto notevoli problemi a far percepire alle aziende il vero potenziale di questi strumenti, oggi possiamo dire che c’è una maggiore consapevolezza dei vantaggi. Tuttavia, è necessario fare chiarezza tra “digitale” e “virtuale”. Per digitale noi intendiamo la possibilità di collegarsi online con piattaforme di videoconferenza più o meno personalizzabili, fino ad arrivare a piattaforme interamente customizzate dove realizzare ambienti anche 2D con collegamenti esterni a servizi di live streaming. A questo si può integrare una regia televisiva in uno studio di riprese, per rendere l’evento un vero e proprio show, con collegamenti e inviati, ad esempio, dagli store di una catena di negozi o dagli uffici dell’azienda. Per eventi virtuali, invece, intendiamo un’immersione completa del singolo partecipante in un ambiente 3D, che agisce sotto forma di avatar di libera personalizzazione in uno spazio virtuale immersivo creato ad hoc ogni volta. Tale spazio può essere organizzato per una fiera di settore o per un evento, ma la caratteristica è quella di vivere l’esperienza in prima persona senza muoversi dalla propria scrivania e senza avere particolari competenze tecniche. Parlando di fiere, l’ambiente 3D in cui si muove attivamente il partecipante, sia esso buyer, espositore o semplice visitatore, fa sì che venga riprodotta virtualmente quella che è l’atmosfera dell’expo, con la relativa dotazione di spazi espositivi, aree relax dove intrattenere rapporti e fare networking tramite chat 1:1 o di gruppo, nonché di sale conferenze o auditorium di grande capienza in cui ascoltare speech tenuti da relatori di proprio interesse, come si farebbe dal vivo in un coinvolgimento totale e in prima persona. Stiamo realizzando questo per Geco Expo, la prima fiera virtuale italiana sulla sostenibilità, aperta anche a una platea internazionale, che si terrà dal 28 al 30 gennaio 2021».

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Innovazione

ca, energia, c’è una sceneggiatura che non lascia nulla al caso. Non guarderemmo mai un film in cui una persona parla per due ore senza azione, perché dunque dovremmo sorbirci un evento digitale statico e senza interazione? La creatività si può sbizzarrire: da attività immediate come i selfie ai concorsi per bambini, dai tour virtuali in città alle esperienze online come quelle proposte da Airbnb. L’intrattenimento, insomma, è imprescindibile. Le persone vogliono vivere esperienze, anche in un evento non fisico. Il tutto si deve sposare con una videocamera in alta risoluzione e a una qualità audio professionale.

6. Networking e community

Le stanze di networking come le breakout room di Zoom incorag-

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giano i partecipanti a confrontarsi tra loro e ad avviare una conversazione su un argomento specifico. La segmentazione consente di definire micro tribù all’interno delle piattaforme, esperienze personalizzate e progettazione di punti di contatto autentici tra i gruppi di partecipanti. È utile inserire un codice QR sullo sfondo che rimanda al profilo LinkedIn di ognuno. I partecipanti possono anche essere segmentati automaticamente. I vip non dovrebbero essere disturbati tutto il tempo, quindi è possibile limitare l’accesso ai tipi di messaggi che le persone possono condividere con loro. I consigli di matchmaking e connessione oggi possono essere fatti dall’intelligenza artificiale. Una caratteristica interessante è la capacità di abbinare le persone ad aziende, brand e prodotti. Anche i fornitori e gli sponsor possono fare networking. Occorre ripensare a quello che si offre negli stand virtuali attraverso una dimostrazione dal vivo, demo preregistrate o la possibilità di chattare. Post evento ci potrebbero essere momenti di contatto in cui i partecipanti hanno la possibilità di commentare i lavori svolti e dedicarsi ad attività da remoto, tutti insieme o in gruppi. Lo storytelling ha un ruolo chiave. Occorre raccontare storie, parte integrante di ogni comunità. Le storie permettono di comprendere i

valori aziendali e di relazionarci meglio gli uni con gli altri. Le lavagne digitali possono dare una mano agli introversi (Mural, ad esempio, può essere uno strumento da utilizzare come rompighiaccio e per attività specifiche). Esistono poi parecchie piattaforme che offrono spazi per le community e che consentono di creare forum e gruppi di discussione: Chorus, Mighty Network, Circle. Il community manager è il facilitatore per il confronto e le condivisioni.

7. Come si vendono gli eventi virtuali?

Se gli sponsor sono coinvolti in diretta, può essere utile informarli che 350 persone li stanno guardando. Mostrare un vasto pubblico aggiungerà valore per chi investe nel nostro evento e garantirà la sua soddisfazione. La strategia di marketing dovrebbe guardare ai veri competitor online: Facebook, Instagram, Google Ads e YouTube. Il punto è che questi canali sono già saturi di pubblicità, quindi gli eventi digitali rappresentano una nuova opportunità per chi vuole fare comunicazione. Si può vendere una sponsorizzazione di lead generation o una crescita sui canali social. Il Roi per gli sponsor è più chiaro in un ambiente digitale, dove i dati, come dicevamo, sono tracciabili e rappresenteranno il nostro punto di forza. 


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Management

ABBIAMO BISOGNO DI SICUREZZA PSICOLOGICA Oggi più che mai il clima interno, la fiducia e la sensazione di essere ascoltati e compresi determinano il successo delle organizzazioni

Amy C. Edmondson docente a Harvard

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P

ER CAPIRE come mai la sicurezza psicologica favorisca le performance di alto livello, dobbiamo prendere in considerazione la natura di gran parte del lavoro nelle organizzazioni di oggi: le mansioni routinarie, modulari e prevedibili stanno declinando sempre più, mentre un numero crescente di compiti richiedono di saper giudicare, saper gestire l’incertezza, suggerire nuove idee e coordinarsi e comunicare con gli altri. Questo significa che esprimersi è cruciale per la riuscita degli obiettivi. Così, in qualunque contesto, salvo quello dei mestieri più ripetitivi o solitari, la sicurezza psicologica è intimamente legata alla capacità di rendere le

persone libere di raggiungere l’eccellenza.

Cosa dicono le ricerche Quando, nel 1990, ho iniziato a studiare 50 gruppi di lavoro – tra cui personale di vendita, addetti alla produzione e allo sviluppo di nuovi prodotti e dirigenti – in un’industria manifatturiera, il mio scopo era quello di stabilire una relazione tra la sicurezza psicologica e i comportamenti di apprendimento. Con mia grande soddisfazione, ho rilevato che i gruppi di lavoro che agivano in un clima di alta sicurezza psicologica ottenevano risultati più alti, un fattore che si è confermato valido per entrambe le tipologie di misurazione. I ricercatori Markus


la letteratura accademica sull’efficacia del lavoro di squadra. Capitanati da Julia Rozovsky, i ricercatori hanno esaminato il percorso di studi, gli hobby, le amicizie, i tratti della personalità e altre caratteristiche delle persone oggetto dello studio, che appartenevano a 180 gruppi sparsi nelle varie divi-

Baer e Michael Frese hanno portato questa domanda al livello di analisi successivo, mostrando che la sicurezza psicologica ha aumentato la performance di 47 aziende campione tedesche di media entità in contesti sia industriali sia legati ai servizi. La performance è stata misurata in due modi: primo, cambiamento longitudinale della redditività (mantenendo costante la redditività economica precedente), secondo, valutazione del raggiungimento degli obiettivi da parte dei dirigenti. La ricerca mostra anche una correlazione tra sicurezza psicologica e innovazione. Per esempio, Chi-Cheng Huang e Pin-Chen Jiang hanno raccolto dati da que-

stionari offerti a 245 membri di 60 team della divisione ricerca e sviluppo di numerose organizzazioni del settore tecnologico taiwanese e hanno rilevato che quelli psicologicamente sicuri sbaragliavano di netto le altre.

Il progetto di Google: un fattore chiave per i team di successo Infine, uno studio pluriennale dei gruppi di lavoro di Google, chiamato in codice “Progetto Aristotele”, ha rilevato che la sicurezza psicologica è il fattore cruciale che spiega come mai alcuni gruppi lavorino molto meglio di altri. I ricercatori del sofisticato gruppo di “People Analytics” interno a Google hanno passato in rassegna

Le mansioni routinarie, modulari e prevedibili stanno declinando sempre più, mentre un numero crescente di compiti richiedono di saper giudicare, saper gestire l’incertezza, suggerire nuove idee e coordinarsi e comunicare con gli altri. Esprimersi è cruciale per la riuscita degli obiettivi

sioni dell’azienda. Non hanno trovato niente: non è emerso nessun particolare miscuglio di personalità, competenze o background culturali che potesse spiegare come mai alcuni gruppi ottenessero risultati migliori di altri. Sembrava che trovare una risposta al perché alcuni avevano successo e altri fallivano fosse impossibile. Poi, come ha scritto Duhigg, «Quando Rozovsky e i suoi colleghi di Google hanno incontrato il concetto di sicurezza psicologica nella letteratu-

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Management ra accademica, all’improvviso tutto ha acquistato un senso». Hanno scoperto che anche i più intelligenti e potenti dei dipendenti di Google avevano bisogno di un contesto psicologicamente sicuro per poter contribuire al lavoro da svolgere con tutto il talento di cui disponevano. I ricercatori hanno in-

L’engagement, definito come il livello di passione per il lavoro e di impegno nei confronti dell’azienda, rappresenta un indice della disponibilità a impegnarsi nello svolgimento di un compito. La maggior parte dei dirigenti riconosce che si tratta di un fattore essenziale per ottenere performance aziendali forti

dividuato anche altri quattro fattori che aiutano a spiegare la performance dei gruppi: obiettivi chiari, colleghi affidabili, incarichi significativi sul piano personale e la convinzione della rilevanza dell’impatto del proprio lavoro.

Cosa determina l’engagement sul lavoro L’interesse dei dirigenti per l’engagement dei dipendenti ha preso piede di recente, partendo dalla

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riflessione – quest’ultima ormai di lunga data – sulla soddisfazione dei dipendenti come dato significativo per prevedere il turnover. Oggi la maggior parte dei manager ha capito che la soddisfazione dei dipendenti è un elemento importante, ma incompleto. Il parametro della soddisfazione, che si riferisce a quanto siano felici o appagati i dipendenti, non coglie il loro livello di coinvolgimento emotivo né la motivazione che può spingerli a fare un lavoro migliore. L’engagement, definito come il livello di passione per il lavoro e di impegno nei confronti dell’azienda, rappresenta invece un indice della disponibilità a impegnarsi nello svolgimento di un compito. Le misurazioni convalidate del coinvolgimento dei dipendenti sono ampiamente disponibili e la maggior parte dei dirigenti riconosce che si tratta di un fattore essenziale per ottenere performance aziendali forti. Gli studi più recenti sull’engagement dei dipendenti comprendono anche delle parti dedicate alla sicurezza psicologica. Per esempio, un’analisi condotta su una compagnia di assicurazioni del Midwest americano ha rilevato che la sicurezza psicologica è un fattore predittivo del coinvolgimento dei lavoratori e, a sua volta, questa viene favorita dai rapporti di sostegno tra colleghi. Un altro studio ha preso in esame la relazione tra il coinvolgimento dei dipendenti e la loro

fiducia negli alti dirigenti dell’azienda in cui lavorano.

“L’unica cosa di cui dobbiamo aver paura è la paura stessa” (Franklin D. Roosevelt) Forse l’idea di un luogo di lavoro del tutto privo di paura è un’utopia. Le persone provano una naturale avversione di fronte alla possibilità di perdere prestigio davanti a capi e colleghi. Tuttavia, oggi le imprese che aspirano a creare ambienti di lavoro senza paura sono una realtà in crescita. I leader di queste aziende riconoscono che, quando la conoscenza è una fonte essenziale per la creazione di valore, la sicurezza psicologica è critica per la mission d’impresa. In quel senso, l’organizzazione senza paura è più qualcosa a cui aspirare continuamente che non un obiettivo da raggiungere una volta per tutte. È un viaggio dinamico e infinito. La sicurezza psicologica si può manifestare in molti modi sul luogo di lavoro. Quando una squadra, una divisione o un’azienda raggiungono la sicurezza psicologica, il loro comportamento apparirà notevolmente schietto, specialmente se paragonato alle storie delle persone che invece sono costrette a gestire le difficoltà interpersonali e discorsive create dalla paura e dalla sfiducia. Per questa ragione può darsi che queste “belle storie” appaiano relativamente semplici.


La schiettezza vera: il caso di Pixar Con ogni probabilità, chi di noi aveva più di tre anni nel 1995 – o poco dopo – sentì parlare di Toy Story, il primo film d’animazione digitale di Pixar. Quell’anno, Toy Story sbancò al botteghino e Pixar esordì in Borsa con un’offerta pubblica iniziale stellare. Il resto, come si suol dire, è storia. Da allora, Pixar Animation Studios ha prodotto 19 lungometraggi che si sono sempre confermati trionfi commerciali e di critica, un elemento davvero notevole in un’industria in cui i grandi successi vengono generosamente premiati ma sono rari, e in cui non si è mai vista una società in grado di inanellare una serie di successi senza un solo fallimento. Come è possibile? La risposta è: grazie a una leadership che crea le condizioni in cui sia la creatività sia le critiche possano esprimersi liberamente. Ed Catmull, co-fondatore di Pixar, attribuisce il suo successo in parte alla schiettezza. La sua definizione di schiettezza come onestà e franchezza e la sua idea di associare questa parola con verità e assenza di riserve rispecchiano i principi cardine della sicurezza psicologica. Quando la schiettezza è parte integrante della cultura di un luogo di lavoro, le persone non si sentono costrette al silenzio, non si tengono tutto dentro. Dicono quel che pensano e condividono idee, opinioni e critiche. Idealmente, ridono insieme e chiacchierano rumorosamen-

te. Catmull incoraggia la schiettezza attraverso la ricerca di modi per istituzionalizzarla nel contesto aziendale, soprattutto grazie a quello che Pixar ha battezzato “Braintrust”.

re a risolvere eventuali problemi creativi. La ricetta del Braintrust è piuttosto semplice: un gruppo di registi o sceneggiatori guarda in-

Il Braintrust: uno strumento per il feedback

Dal 1995 Pixar Animation Studios ha prodotto 19 lungometraggi che si sono sempre confermati trionfi commerciali e di critica, un elemento davvero notevole in un’industria in cui i grandi successi vengono generosamente premiati ma sono rari

Il Braintrust è un’iniziativa lanciata da Pixar nel 1999, quando si lavorava strenuamente per salvare Toy Story 2, la cui elaborazione non stava andando bene. Si tratta di un piccolo gruppo che si riunisce a intervalli di qualche mese circa, con lo scopo di valutare i film in lavorazione, offrire un feedback sincero al regista e aiuta-

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Management sieme una prima proiezione del film, poi si pranza insieme e poi si spiega cosa sembra funzionare bene e cosa no. Ma l’ingrediente chiave di questa ricetta è la franchezza e, per quanto possa apparire semplice, essere davvero schietti non è mai facile.

Accettare errori e problemi per arrivare al successo Come ammette candidamente Catmull, «[...] all’inizio, i film Pixar sono un vero disastro». In altre parole, sarebbe stato facile se avessero scelto di fare di Toy Story un film noioso e lacrimevole sulla vita segreta dei giocattoli. Ma in Pixar il processo creativo, che è per sua natura ripetitivo, fa affidamento su feedback davvero onesti. Se i convocati nella sala riunioni del Braintrust, alle prime proiezioni, avessero mormorato garbate parole di lode anziché sentirsi abbastanza sicuri di sé da descrivere schietta-

Articolo tratto dal libro Organizzazioni senza paura, di Amy C. Edmondson, Franco Angeli Editore

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mente ciò che secondo loro non andava bene, ciò che mancava, che era poco chiaro o poco logico, probabilmente Toy Story e Toy Story 2 non sarebbero diventati i successi planetari che invece sono stati. Il Braintrust di Pixar ha regole precise. Innanzitutto, il feedback deve essere costruttivo e deve riguardare il progetto, non la persona. Nello stesso modo, il regista non può stare sulla difensiva o prendere le critiche come offese personali e deve mostrarsi pronto a sentirsi dire la verità. In secondo luogo, i commenti sono suggerimenti, non ordini. Non ci sono incarichi verticistici o di altra natura; il regista è, in definitiva, responsabile del suo lavoro e sarà lui, o lei, a decidere se adottare o meno le soluzioni proposte. In terzo luogo, i commenti schietti non devono partire da un atteggiamento sarcastico o accusatorio, ma da una condizione di empatia. Un elemento di grande aiuto è il fatto che i registi presenti per commentare siano già stati, a loro volta, esposti alla valutazione altrui. I complimenti e gli apprezzamenti, soprattutto per la visione e l’ambizione del regista, vengono abbondantemente elargiti. Quando le persone si sentono abbastanza sicure da condividere intuizioni, opinioni o suggerimenti, la conoscenza a disposizione di tutti cresce in modo esponenziale. Questo perché le osservazioni e i suggerimenti individuali si rafforzano a vicenda, assumendo nuove forme e

creando nuovo valore, specialmente se facciamo il paragone con quel che succede quando il feedback viene richiesto e raccolto in separata sede.

Il ruolo del manager nel monitoraggio I Braintrust – i vari gruppi di persone che, con uno scopo comune, offrono commenti schietti e onesti ai colleghi – sono soggetti al carattere dei loro componenti e alle alchimie personali: in altre parole, se il loro funzionamento non viene guidato in modo corretto è facile che vadano fuori controllo. Perché funzionino bene, i leader devono monitorarne le dinamiche con costanza. Un notevole aiuto viene dal rispetto dei loro componenti per le reciproche competenze e dalla fiducia nelle opinioni degli altri. Andrew Stanton, regista Pixar, ha offerto alcuni consigli sulle persone ideali da inserire nei gruppi di feedback sul lavoro altrui, cioè coloro che riescono «a farvi venire idee migliori e proporre una gran quantità di soluzioni in brevissimo tempo». L’osservazione di Stanton sul circondarsi di persone che ci mettano in condizione di «pensare in modo migliore» esprime l’essenza della ragione per cui la sicurezza psicologica è fondamentale per l’innovazione e il progresso. Tutti noi arriviamo a pensare in modo migliore se gli altri esprimono la propria opinione. 


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Economia

DAL REDDITO DI CITTADINANZA AL REDDITO DI TURISMO Alcune ipotesi di lavoro per mettere in sinergia il sostegno alle persone disoccupate e quello alle aree turistiche sottoccupate. Qualcosa su cui lavorare e da estendere possibilmente anche ad altri settori Damiano De Crescenzo direttore generale Planetaria Hotels

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N

ON HO NULLA in contrario alle forme di assistenza che, in un paese civile, devono consentire alle persone in difficoltà di avere un reddito dignitoso. Mi piacerebbe però che questo giusto diritto potesse essere messo sempre più a sistema con utilità esponenziale per tutti. Partiamo da alcuni aspetti e confronti. Già negli anni 80, in occasione delle mie prime esperienze all’estero, scoprii in Germania il sussidio di disoccupazione a cui accedevano tutte le persone che perdevano il lavoro in maniera

totalmente automatica e immediata, percependo l’80% della retribuzione precedente. Mi capitò anche di conoscere diverse persone (soprattutto stranieri provenienti da paesi dove tali sussidi erano visti come un’opportunità, tra cui anche italiani) che, ingolosite dal sussidio, si facevano licenziare. Non considerando però che in Germania era altrettanto “facile” ricevere un sussidio o un rimborso assicurativo quanto essere “beccati” e “pagare pegno”, anche pecuniario, con valori di gran lunga superiori a quanto indebitamente pre-


Anche prima dell’introduzione del reddito di cittadinanza, ho avuto modo di constatare, nel settore turistico alberghiero dove opero, le difficoltà di assumere persone che, appena terminata la stagione nelle località turistiche, non volevano perdere il sussidio di disoccupazione loro destinato. Pare che per queste persone fosse preferibile cercare un lavoro in Svizzera (per sfuggire ai controlli italiani) o in Italia, ma in nero, pur di non perdere il sussidio… Un fatto grave di per sé, ma anche per le difficoltà che crea alle imprese che hanno bisogno di assumere personale.

Due ipotesi su cui lavorare

so. Un’azione di controllo e sanzione rara in Italia, incoraggiando così gli abusi da parte dei furbi! Ma veniamo ai giorni nostri. Ho letto quest’estate che, in alcune località balneari del Veneto, gli albergatori, a fronte di un benedetto e improvviso aumento del lavoro, non riuscivano a trovare camerieri, cuochi, impiegati ecc. Pare che parte delle persone disoccupate, godendo del reddito di cittadinanza, trovassero poco conveniente accettare una temporanea proposta lavorativa a fronte di una “manciata” di soldi in più.

Come venirne fuori? Lancio alcune idee ed esempi di come si potrebbe mettere a maggior frutto per tutti, in primo luogo il lavoratore e la sua dignità e professione futura, il diritto ad avere un reddito.

Disoccupazione vs occupazione per operatori stagionali Nonostante il clima favorevole soprattutto al Sud, in Italia abbiamo una stagione estiva particolarmente breve. Un esempio su tutti: la Sardegna ha una stagione turistica media brevissima (3 mesi), ancor più se confrontata con quella delle isole Baleari (oltre 6 mesi), pur avendo un clima identico. Certo, spesso nella bassa sta-

gione per competere bisogna abbassare parecchio i prezzi, pur avendo gli stessi costi, e allora diventa antieconomico rimanere aperti. Qui potremmo pensare a uno scambio vantaggioso per tutti. Potremmo ipotizzare di proporre alle aziende che normalmente terminano l’attività al 15 settembre di restare aperte un ulteriore

In alcune località balneari del Veneto, gli albergatori, a fronte di un benedetto e improvviso aumento del lavoro, non riuscivano a trovare camerieri, cuochi, impiegati ecc. Pare che parte delle persone disoccupate, godendo del reddito di cittadinanza, trovassero poco conveniente accettare una temporanea proposta lavorativa a fronte di una “manciata” di soldi in più

mese (sino al 15 ottobre) grazie a un importante patto sociale. Lo Stato potrebbe infatti utilizzare parte dei sussidi di disoccupazione, certi a stagione finita, per decontribuire il costo del lavoro alle aziende che in quell’ulteriore mese mantenessero i lavoratori in

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Economia

Community turismo di Manageritalia, di cui l’autore di questo articolo fa parte, nasce per portare un contributo fattivo alla crescita del settore turistico. Scopo primario del progetto è creare, rendere operativo, vivo e attivo “un luogo” animato e promosso da manager professionisti nell’ambito turistico, che attiri e coinvolga anche operatori, istituzioni ed esperti del settore e, in generale, soggetti interessati alla valorizzazione dell’intero territorio italiano. La Community, in prospettiva, potrà essere lo strumento per l’ideazione e la messa in atto di azioni quali, ad esempio, la crescita e la valorizzazione di figure professionali come il destination manager e/o la nascita di scuole di formazione di eccellenza del settore turistico. Per informazioni scrivi qui: community.turismo@manageritalia.it

Se facessimo un censimento dei beni turistici e culturali esistenti in Italia, ma gestiti male o addirittura inutilizzati, ci accorgeremmo della grande potenzialità economica non ancora sfruttata

forza allungando la stagione. Si potrebbe anche ipotizzare che i dipendenti possano accettare in quel mese in più di lavoro vero una retribuzione un po’ ridotta (10-20% massimo) rispetto a quella dell’alta stagione. Così facendo le aziende avrebbero la possibilità di ridurre i prezzi ed

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essere competitive e il personale di lavorare davvero e avere un reddito maggiore del solo sussidio di disoccupazione. Inoltre, la destinazione ne gioverebbe tantissimo, consentendo a tutte le attività collaterali di lavorare un mese in più. Persino l’erario incasserebbe più Iva e tasse varie.

Reddito di cittadinanza vs maggiore reddito dalle chicche del Bel Paese Se facessimo un censimento dei beni turistici e culturali esistenti in Italia, ma gestiti male o addirittura inutilizzati, ci accorgeremmo della grande potenzialità economica non ancora sfruttata. Infatti, spesso le fasce orarie o giornate di apertura dei musei, dei siti Unesco, delle mostre ecc., pur essendo potenzialmente red-

ditizie, non possono essere ampliate per mancanza di personale, conseguenza di una mancanza di copertura economica. Per non parlare dello stato di manutenzione o pulizia. Sappiamo che uno dei maggiori problemi dei siti Unesco in Italia è la scarsità dei servizi igienici e le condizioni di sporcizia in cui versano? E la sicurezza? Quanti scippi avvengono intorno al Colosseo? Quante auto spariscono a Pompei, quando non sono in mano ai parcheggiatori abusivi? E ognuno di noi che gira l’Italia potrebbe continuare all’infinito… Anche qui potremmo pensare a uno scambio vantaggioso per tutti. Un’ipotesi incrementale rispetto a quanto previsto all’inizio di quest’anno con l’obbligo per i beneficiari del reddito di


cittadinanza di dedicare almeno 8 ore settimanali ai progetti utili alla collettività nel comune di residenza. Di fatto, per tutte quelle attività che oggi non vengono svolte per mancanza di personale, si potrebbero utilizzare i destinatari del reddito di cittadinanza. Per far sì che non diventino impieghi pubblici a vita, con tutte le conseguenze del caso, il lavoro per queste attività turistiche provvisorie dovrebbe essere retribuito il 20-30% in meno del salario normale, di modo che queste persone non perdano l’interesse a cercarsi un’altra occupazione più conforme alle loro

esigenze. I vantaggi sarebbero per tutti. In primo luogo per il settore del turismo e dei beni culturali che, ben amministrati, aumenterebbero presenze, redditività pro capite e totale (infatti, la Germania, con attrazioni e visitatori inferiori ai nostri, oggi rende economicamente di più: 43,2 miliardi contro 40 miliardi in Italia). Poi per lo Stato, che avrebbe la stessa spesa che ha oggi per il reddito di cittadinanza, ma l’erario avrebbe maggiori introiti. Ultimo, ma non ultimo, per le persone che, a fronte di un reddito pari a quello di cittadinanza, avrebbero la dignità del

lavoro e, restando attive e formate, più chance per un nuovo impiego. Per dare concretezza a queste idee e ipotesi di lavoro, comunque da migliorare e ampliare, potremmo trovare alcuni pionieri. Per la prima proposta identificando un paio di destinazioni balneari interessate ad allungare la stagione e a proporre tali incentivi. Per la seconda, molto più articolata, comincerei con un audit, anche pubblico, sullo stato e la gestione nei nostri 55 siti Unesco per iniziare a lavorare su ciò che abbiamo bisogno per migliorarci. 

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Lo Studio Dentistico Sorriso & Salute è un ambulatorio odontoiatrico odontostomatologico all’avanguardia che opera a Monza dal 2003. Il nostro centro si occupa di estetica del sorriso, ortodonzia fissa e mobile ed invisibile tramite mascherine, impianti endossei, riabilitazione protesica, radiologia endorale, prevenzione dentale, chirurgia orale e pedodonzia.

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La struttura sanitaria odontoiatrica è aperta ai pazienti nei seguenti giorni e orari: Lun • Mar • Mer • Giov • Ven dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 14.30 alle 19.00 Si riceve per appuntamento

Via Gaslini, 1 - 20900 Monza Tel. 039.2022489 www.sorrisoesalute.it

Direttore Sanitario Dott. Marco Beltrame, Odontoiatra

DICEMBRE 2020 - DIRIGENTE


Uno di noi

FARE IL MANAGER NEL B2B Luciano Mirarchi è il general manager di Principe, azienda specializzata nella distribuzione di accessori per serramenti. Associato a Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata, Luciano è uno dei pochi dirigenti del terziario in servizio sul territorio calabrese.

Luciano Mirarchi è general manager di Principe.

Cosa vuol dire oggi essere general manager in un’azienda b2b? «Vuol dire tante cose. Tutto parte dalla vendita, quindi bisogna innanzitutto avere una buona conoscenza dei meccanismi che scuotono l’interesse del cliente verso il fornitore. Questo porta a dover riadattare continuamente i processi e le strategie. Insomma, il cambiamento è la costante. A monte però c’è una visione, che sta lì da anni a fornirci stimoli e suggerimenti». Quali i must da mettere in campo, indipendentemente da azienda e settore? «La capacità di coordinamento è una delle qualità fondamentali. Poi c’è il rapporto umano con i clienti, i fornitori e i collaboratori. E il coraggio, che serve per fare scelte difficili e improcrastinabili. Le capacità si possono acquisire nel tempo, l’empatia devi averla già dentro, il coraggio viene fuori dalla consapevolezza».

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Come un manager può dare contributo e valore all’azienda? «Portando in azienda qualcosa di sé. Io sono figlio del secolo scorso… Il mio background culturale vibra di riferimenti novecenteschi. La mia estrazione sociale mi ha aiutato a comprendere meglio alcuni fenomeni che si ripropongono anche nella vita aziendale. Credo di essere uno dei pochi manager attivi che non ha conseguito una laurea, e anche questo, probabilmente, mi ha tenuto al riparo dalla deriva tecnicista che governa l’economia di oggi». L’emergenza Covid come ha inciso sul vostro business? «Pesantemente. Ma meno del previsto. Durante il lockdown di marzo e aprile abbiamo avuto tanta paura, incerti se alla riapertura avremmo ritrovato il nostro mercato o solo i cocci di un ricordo. Ci siamo subito attrezzati a gestire un’emergenza all’insegna dell’austerity. Poi abbiamo capito che il mercato c’è ancora e, tut-


MANAGERITALIA PUGLIA, CALABRIA E BASILICATA

L’Associazione in numeri

to sommato, meno malconcio del previsto». E sul suo lavoro? «Abbiamo una peculiarità che tutti ci riconoscono: curare molto l’aggiornamento e la formazione dei clienti. La nostra azienda è sempre stata una “casa”, aperta quasi settimanalmente a eventi con clienti e operatori di settore che non vediamo l’ora di poter riprendere. Durante il lockdown abbiamo utilizzato molto il webinar come strumento d’emergenza, ma il contatto umano è tutta un’altra cosa». Quali altre esperienze ha avuto e come l’hanno fatta crescere portando valore a quello che fa oggi? «Ai miei tempi, con il diploma di ragioniere finivi spesso a fare pratica in uno studio commerciale, ma chiudere un bilancio non mi ha mai appassionato più di tanto. Ho avuto la possibilità di “specializzarmi” su un software di gestione di magazzino che ho utilizzato per alcuni anni nel campo della distribuzione alimentare. Poi il salto “imprenditoriale”: ho gestito per due anni un’edicola. Alla fine la pregressa esperienza lavorativa mi ha portato a incontrare Luciano Principe… Non mi poteva succedere di meglio! Quasi tutte le esperienze mi hanno lasciato qualcosa di buono e tutte qualcosa di utile. Oggi ho 54 anni e da 22 lavoro in questa bellissima azienda che conserva in seno qualcosa di me e che sarà la mia ultima Thule».

Cosa fare per crescere professionalmente? «Formazione, formazione e ancora formazione. Ma attenzione, questo termine non va circoscritto al solo ambito professionale. Ho frequentato corsi per il lavoro che mi hanno aiutato nella vita, e anche corsi di letteratura che mi hanno aiutato sul lavoro. Devo molto ai corsi del Cfmt, di cui sono un assiduo frequentatore». Lei è da sempre nel b2b, quali punti di forza di business e manageriali ha colto qua e là? «I nostri clienti sono quasi tutti artigiani che costruiscono serramenti. Alcune aziende sono già alla terza generazione, quella che la vulgata vorrebbe sciupona ed epigona di una storia iniziata dai nonni. Io invece vedo tanti giovani volenterosi, depositari di competenze preziose, decisi ad andare avanti tra mille difficoltà. Quando penso al futuro del nostro settore questo aspetto mi conforta parecchio». Dal punto di vista manageriale, a Catanzaro e in Calabria, dove lei lavora, che ambiente professionale c’è e come sfruttarlo? «I lettori calabresi di questa intervista mi tireranno delle pietre, ma ho l’età giusta per schivare le banalità di circostanza. La mia è una terra infausta per tanti aspetti e l’ambiente manageriale di un’economia molto approssimativa non fa eccezione. L’eco dell’impiego

Dirigenti 178 Pensionati 47 Executive professional 47 Quadri 38 TOTALE 310 Uomini 278 Donne 32 dati di novembre 2020

statale garantito è ormai spenta e se non hai la fortuna di lavorare in un’azienda privata seria, resta solo il treno per il Nord o l’aereo per l’estero. Non vedo svolte decisive all’orizzonte». Com’è fare networking con vantaggi per sé e l’azienda, magari anche divertendosi? «Domanda insidiosa. Se vuol dire costruirsi un brand personale e tessere relazioni “di plastica” a destra e a manca non fa per me. Non lo trovo neanche divertente. Il mio brand è la mia azienda, che tiene attivi tutti i canali disponibili e fa rete con tanti colleghi in tre dei grandi gruppi nazionali (Azzurro Group, Dialfer e Alsistem) più importanti del settore». Lei è associato a Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata: che rapporto e quali vantaggi ha? «In quel poco che ne usufruisco trovo molta disponibilità ed efficienza. Mi piacerebbe essere più partecipe agli appuntamenti associativi, specie quelli congressuali, ma ogni volta c’è qualche impegno che me lo impedisce. Più avanti… chissà». 

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PILLOLE DI BENESSERE Patrizia Gilardino medico estetico

benessere

OBIETTIVO MANI, LA CURA INIZIA IN INVERNO

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L

Le mani possono dire molto. Sono il principale strumento di comunicazione, anche adesso che non è possibile dare la tradizionale “stretta”, e ci aiutano a esprimerci. Talvolta curate fin nei minimi dettagli, altre volte screpolate in balia di vento e sole. Sono però un’importante cartina di tornasole dei nostri stili di vita, delle nostre attività e dell’incedere del tempo. Tra mascherine e distanziamento, sono anche uno dei pochi lembi di pelle che rimangono scoperti in inverno, quando non si portano i guanti. Per mantenerle giovani talvolta non bastano le consuete accortezze, ma è necessario agire più in profondità. Il cosiddetto processo di “scheletrizzazione” è il principale indicatore del passare degli anni: le mani si presentano più rugose, più vuote; si assottigliano i tessuti molli e vengono in evidenza le vene e le strutture tendinee. Non solo, tendono a presentare delle macchie: queste possono dipendere dalla propria struttura genetica, ma anche dall’esposizione al sole. Infatti, spesso non ci preoccupiamo di proteggerle dai raggi ultravioletti. La conseguenza è nella comparsa di macchie più o meno intense, dalle dimensioni variabili, che rappresentano un importante inestetismo. I trattamenti danno risultati consolidati nell’arco di alcuni mesi. Iniziare oggi significa quindi prepararsi ad avere mani più giovani e in buona salute la prossima estate. Ad esempio, per contrastare le macchie, il trattamento prediletto è quello con luce pulsata che permette nell’arco di poche sedute di intervenire sul pigmento e “polverizzarlo”; scompa-

rirà attraverso una leggera desquamazione. Per le situazioni più severe – che possono degenerare nella cheratosi – più indicato è l’uso di laser specifici che agiscono in profondità cancellando la parte più scura. In entrambi i casi non è richiesto alcun periodo di convalescenza ed è possibile tornare subito alle proprie attività quotidiane. Per contrastare l’invecchiamento delle mani, cambia l’approccio. Parliamo di acido ialuronico. Dovendo ripristinare non solo volumi persi, ma anche elasticità, l’acido ialuronico ci dà la garanzia di un’azione efficace e assolutamente soft. Viene somministrato con una minuscola cannula così da risultare non invasivo e senza effetti collaterali. Per attenuare le rughe, è indicato il ricorso a rivitalizzanti. Quindi, sempre acido ialuronico, ma in una composizione differente. Un leggero peeling può inoltre aiutare nel ristrutturare la pelle e renderla liscia e uniforme, ma può anche essere una valida soluzione di mantenimento e di protezione. In tutto questo, non devono mancare però le consuete accortezze da adottare: una beauty routine che faccia attenzione agli aspetti di idratazione e protezione solare è fondamentale. E, in un periodo come questo, che ci chiede di sanificarci le mani spesso, meglio preferire il sapone ai gel a base alcolica. I gel sanificanti tendono a rovinare la barriera cutanea delle nostre mani: aiutiamole a proteggersi quindi facendo ricorso a sieri specifici e, vista la stagione, ricordiamoci che l’uso dei guanti per tenerle al caldo fa sempre bene.


ARTE Claudia Corti

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arte

Gerrit van Honthorst, L’Adorazione del Bambino, 1619, olio su tela, Firenze Galleria degli Uffizi.

LA LUCE SERENA DI UNA NOTTE DI DICEMBRE: GERRIT VAN HONTHORST

In una notte di dicembre viene al mondo Gesù Bambino, in un riparo di fortuna, una capanna, o forse una grotta. I pastori, richiamati dagli angeli, accorrono immediatamente e sono i primi a vedere il Bambino. Ad accoglierli, San Giuseppe, come vuole la tradizione anziano dalla lunga barba, con un sorriso tenero e appena abbozzato, e la Vergine Maria, che al loro arrivo solleva amorevole i due lembi del panno bianco che avvolge il Bambino. Ed ecco la luce divina che riscalda la notte e il cuore dei presenti. I pastori, umili, non hanno neanche un istante di esitazione, e immediatamente la Grazia Divina illumina il loro cuore: qualcuno allarga le braccia per la meraviglia o si inginocchia, altri si riparano gli occhi dalla fonte luminosa improvvisa, e uno, infine, sorride indicando agli altri il Bambino. C’è un’atmosfera di grande serenità, come sempre dovrebbe essere a Natale. A dipingere questa splendida tela nel 1619 fu l’olandese Gerrit van Honthorst. Nato e formatosi artisticamente a Utrecht, era giunto a Roma a 18 anni, nel 1610, lo stesso anno della morte del Caravaggio, di cui sicuramente ebbe occasione di vedere qualche opera al suo arrivo. Per van Honthorst, Roma era il sogno che si realizzava. Per lui e per ogni giovane artista ancora acerbo camminare per le strade della Capitale voleva dire muoversi liberamente tra le rovine

e i resti archeologici, visitare chiese e palazzi in cui erano esposti capolavori di Raffaello e Michelangelo, di cui conosceva le opere grazie alle incisioni portate dai mercanti nelle Fiandre, o incontrare qualche Cardinale desideroso di investire su un artista ancora sconosciuto. A un giovane pittore nel 1610 Roma poteva offrire la possibilità (non da tutti!) di scegliere la direzione verso cui orientare la propria carriera: Accademia di San Luca o Naturalismo alla Caravaggio. Chi sceglieva l’Accademia sposava l’idea di una pittura classica e manierista; chi invece optava per la seconda... si tirava su le maniche e si dava da fare per farsi conoscere e accettare come artista, poiché non tutti i committenti sembravano bendisposti ad accogliere le novità sconvolgenti della pittura caravaggesca: rughe, vestiti stracciati e piedi sporchi erano difficili da digerire. Naturalmente, van Honthorst scelse la seconda strada e in breve tempo si affermò tra gli artisti più richiesti. Oggi la tela che abbiamo descritto non è più visibile. Il 27 maggio 1993, nel vile attentato di via dei Georgofili a Firenze, è andata irrimediabilmente perduta. Ma questo è il Natale di un anno particolare e noi vogliamo continuare a farla vivere parlandone, augurandoci che la bellezza dell’arte ci restituisca un po’ di serenità e, perché no, renda il mondo migliore.

CURIOSITÀ Per la sua predilezione verso i notturni, le luci e le suggestioni luministiche caravaggesche, il nome di Gerrit van Honthorst fu italianizzato in Gherardo delle Notti!

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LIBRI Davide Mura

La “lezione” dei koala Animali irresistibili, i koala stanno sempre abbracciati a un ramo o al proprio cucciolo ricordandoci che bisogna tenersi ben stretti gli affetti che contano e che l’unione fa la forza. Questo piccolo libro prova a immaginare la loro filosofia, spiegata attraverso una carrellata di foto e pensieri in grado di mettere di buon umore. I paffuti marsupiali sono fonte di ispirazione per tornare ad apprezzare e rispettare l’essenza della vita: gioire delle piccole cose, lasciarci stupire dalle meraviglie del mondo, aggrapparci ai sogni, proteggere chi ci sta accanto nelle situazioni più precarie. Senza dimenticare che coalizzarci è la strategia vincente, soprattutto in questo periodo. Koalizziamoci, Ray G. Strobel, Sperling & Kupfer, pagg. 72,  12,50.

Beethoven, la storia di un genio artistico Descrivere e raccontare una figura complessa e artisticamente imponente come Beethoven non è certo un’impresa semplice. Jan Caeyers, direttore d’orchestra e musicologo belga, ci prova in questa monumentale biografia, da regalare a tutti gli appassionati di musica. Come si spiega che in pochi decenni il pronipote di un fornaio della provincia fiamminga sia riuscito a diventare una delle eminenti personalità della storia culturale europea? Come è arrivato a conquistare una fama immensa e a rivoluzionare i canoni musicali dell’epoca, al punto che dopo di lui niente sarà più come prima? Il saggio è il frutto di una ricerca d’archivio senza precedenti. Beethoven, Jan Caeyers, Mondadori, pagg. 814,  33,25.

EPIDEMIA DI NOSTALGIA

libri

Dell’effetto della nostalgia sui consumi si è parlato a lungo. Sinora, invece, nessuno aveva analizzato il ruolo che ha a livello politico. Ci hanno pensato Edoardo Campanella e Marta Dassù, che nel loro libro – da poco tradotto in Italia – mostrano quanto questo sentimento sia determinante per spiegare alcuni fenomeni politici contemporanei. A cominciare dalla Brexit. Nella campagna per uscire dall’Unione europea, infatti, si è fatto leva proprio sul vagheggiamento – diffuso in una parte dell’elettorato – di un mondo in cui «i passaporti erano blu, le facce erano bianche e la mappa era di un rosa imperiale». Quella che i due autori definiscono una vera e propria «epidemia di nostalgia», si è diffusa in tutto il mondo. Si va dalla Cina di Xi Jinping, che tenta di restaurare il potere globale del Regno di mezzo, alla Turchia di Erdogan, il quale ha messo in discussione la convenzione di Losanna del 1923 perché tolse alla moderna Turchia territori che erano dell’impero ottomano. È pur vero che l’esito delle elezioni negli Stati Uniti sembrerebbe indicare un’inversione di tendenza. A uscire sconfitto è stato colui che proprio sull’effetto nostalgia aveva costruito la propria carriera politica, come dimostra la frequenza dei termini again e back nei suoi slogan. Attenzione, però: questo non significa certo che la nostalgia abbia perduto il suo potere! Anna Zinola L’età della nostalgia - L’emozione che divide l’Occidente, E. Campanella, M. Dassù, Egea, Bocconi Editore, pagg. 230,  26,50.

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LETTURE per MANAGER

...permanager

Marco Lucarelli

QUANDO L’AUTOSTIMA È MESSA A DURA PROVA

A

Avete titoli di studio, specializzazioni ed esperienza sul lavoro. Sono anni che ambite a quella promozione ma non osate farvi avanti, sperate che i vostri capi riconoscano il vostro talento e facciano per voi la scelta. Diciamocelo, in fondo avete paura, pensate di non farcela e riflettete su tutti gli errori che avete fatto nel passato. Errori che, assumendo una posizione gerarchica elevata, diventerebbero ancora più evidenti, smascherandovi e dichiarando a tutti l’incapace che siete. In ambito psicologico questi pensieri bloccanti sono sintomi della cosiddetta “sindrome dell’impostore”. Sindrome che fa credere alle persone di essere degli incapaci, nonostante i successi e i traguardi professionali raggiunti. Una sorta di giudice interiore severo, iper-critico e invalidante che stronca l’iniziativa nel timore che per quella promozione, in realtà, non saremmo all’altezza. Come zittire quella voce che continua a ripeterci, qualunque cosa facciamo, che non è mai abbastanza, che dovremmo fare di più e meglio e che il nostro successo è frutto solo di tanta fortuna e poco merito? Un piccolo aiuto lo fornisce questo libro di Roberta Milanese, L’ingannevole paura di non essere all’altezza. Strategie per riconoscere il proprio valore (Ponte alle Grazie editore, 2020, 126 pagine). Un aiuto importante perché nel dubbio di non essere all’altezza si sprecano le migliori energie che potrebbero essere indirizzate verso il successo, il miglioramento di sé invece che nella paura di esporsi, di es-

sere impopolari, del conflitto o dell’inadeguatezza. In poche parole, la paura del fallimento. Questo libro spiega bene come questa voce interiore, queste convinzioni, non siano la realtà ma percezioni. Perché il nostro accesso alla realtà non è mai diretto ma sempre mediato dai nostri processi percettivi ed emotivi che ci portano a osservare e interpretare la realtà adeguandola alle nostre credenze, ai nostri modelli interpretativi, ai nostri autoinganni. Intendiamoci, qui non stiamo parlando di patologie psicologiche, ma di un normale funzionamento della mente. Il cervello, in cerca di sicurezze, tende a seguire scorciatoie cognitive in grado di ricondurre a situazioni o a schemi noti quanto noi stiamo osservando nella realtà. Però è possibile decidere di subire questi autoinganni o di gestirli trasformandoli in autoinganni “funzionali” ai nostri scopi. Come? Acquisendo ad esempio la capacità di essere impopolare, di non avere paura di fare o di dire senza temere la disapprovazione altrui. Oppure imparando a dire di “no” quando si è in disaccordo su un certo progetto. Dire no al collega che vuole scaricare addosso anche il suo di lavoro e poi non temere di sbagliare, ma anzi allenarsi in modo controllato a tollerare gli errori sul lavoro per liberarsi dall’ossessione della perfezione, dalla paura di sbagliare anche dopo anni di dimostrata capacità professionale. Perché, come dicevano gli antichi, “la paura guardata in faccia non è più paura, anzi, dopo un po’ diventa coraggio”. Questo libro ci insegna a essere un po’ più coraggiosi, tutti i giorni.

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LETTERE Daniela Fiorino daniela.fiorino@manageritalia.it

QUARANTENA, SORVEGLIANZA PRECAUZIONALE E LAVORO AGILE

lettere

Vorrei sapere se un lavoratore in quarantena o in sorveglianza precauzionale, poiché soggetto fragile, può comunque lavorare da casa oppure deve mettersi in malattia. E cosa accade nel caso in cui il lavoratore sia risultato positivo al tampone ma asintomatico? L.M. - Cremona Nell’attuale contesto emergenziale sono state incentivate modalità alternative di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato (lavoro agile o smart working, telelavoro ecc.) che hanno consentito di assicurare continuità nell’attività lavorativa e, al tempo stesso, di ridurre notevolmente i rischi per la trasmissione del virus nei luoghi di lavoro. Sull’argomento oggetto del quesito è di recente intervenuto l’Inps (messaggio 3653 del 9 ottobre 2020) precisando che “la quarantena e la sorveglianza precauzionale per i soggetti fragili non configurano un’incapacità temporanea al lavoro per una patologia in fase acuta tale da impedire in assoluto lo svolgimento dell’attività lavorativa (presupposto per il riconoscimento della tutela previdenziale della malattia comune), ma situazioni di rischio per il lavoratore e per la collettività che il legislatore ha inteso tutelare equiparando, ai fini del trattamento economico, tali fattispecie alla malattia e alla degenza ospedaliera”. Di conseguenza, non è possibile ricorrere alla tutela previdenziale della malattia o della degenza ospedaliera nei casi in cui il lavoratore in quarantena, o in sorveglianza precauzionale perché soggetto fragile, continui a svolgere, sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, l’attività lavorativa presso il proprio domicilio.

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In tale circostanza, infatti, non interviene la sospensione dell’attività lavorativa e della correlata retribuzione. È invece evidente che, in caso di malattia conclamata, il lavoratore è temporaneamente incapace al lavoro, con diritto ad accedere alla corrispondente prestazione previdenziale, compensativa della perdita di guadagno. Il riconoscimento della malattia si ha solo quando la quarantena è decisa da un operatore di sanità pubblica (Asl, medico di medicina generale, ospedale) come avviene, ad esempio, nel caso di contatto stretto con soggetti positivi. Purtroppo, l’Inps non ha affrontato in maniera specifica il caso – non raro – in cui, pur in presenza di malattia conclamata per accertata positività al Covid-19, il lavoratore sia comunque in buona salute, in quanto asintomatico. Fintanto che non verranno forniti gli auspicati chiarimenti, al verificarsi di questa ipotesi il lavoratore dovrà quindi, in via precauzionale, essere considerato in malattia e non potrà svolgere contestualmente attività lavorativa da remoto.

L’ufficio sindacale di Manageritalia è di supporto alle Associazioni territoriali per quesiti relativi al contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti e quadri associati e chiarimenti di natura fiscale e previdenziale in relazione al rapporto di lavoro dipendente. Per gli executive professional è previsto un servizio di consulenza di carattere informativo e orientativo su aspetti legati al contratto di lavoro libero-professionale.


Inserto mensile di Dirigente n. 12 / 2020

a cura di Thomas Bialas

DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’alto #69 03/ DA CONTACT A “UNTACT” 05/ TALENTI IN FUGA 06/ MAI PIÙ GALLINE IN BATTERIA

Home office Il paradiso non può attendere Certi posti sono dei veri e propri paradisi. Fiscali? No, lavorativi. Se già, causa coronavirus, sono confinato in casa perché non in un luogo solare e incontaminato? Magari una bella scrivania alle Barbados con vista mozzafiato sul mare caraibico. Un sogno? No, il nuovo trend (per chi se lo può permettere) dell’home office passa da Work from home (WFH) a Work from anywhere (WFA). Giusto così. Meglio dei luoghi inusuali per lo smart working. L’isola dei Caraibi, per far ripartire il settore del turismo messo in crisi dalla pandemia, ha avuto la brillante idea di fornire un visto speciale di 12 mesi a chiunque voglia andare a

lavorare laggiù con lo slogan “vieni a lavorare in paradiso”, magari con videoconferenze sotto una palma. Certo, bisogna pagare una tassa di duemila dollari e guadagnare almeno 50mila dollari all’anno, ma per molti lavoratori della conoscenza questi sono quasi solo spiccioli. L’ulteriore vantaggio è che i nuovi cittadini possono continuare a pagare l’imposta sul reddito nel loro vecchio paese d’origine. Insomma, l’apripista Barbados ha tracciato la scia, molti seguiranno, anche perché sta per iniziare la lotta per conquistare i cittadini del futuro smart working. Le città e le comunità di tutto il mondo assomiglieranno ben presto

SAVE THE DATE: OLTRE LA RESILIENZA ONLINE, 13 GEN 2021 http://www.cfmt.it/formazione/eventi/oltre-la-resilienza

all’isola caraibica con iniziative aggressive per conquistare lavoratori e cittadini di alto livello. Il catalizzatore di questa tendenza è ovviamente la pandemia. Molte aziende hanno ormai reso possibile il lavoro da casa, la quale diventa ora luogo ideale da cercare e abitare. In futuro, molte città e regioni cercheranno di posizionarsi come hotspot per i knowledge worker altamente qualificati e pagati. La guerra è appena iniziata e intanto già si vendono specchietti per le allodole come i bonus di benvenuto: Topeka, capitale del Kansas, per esempio, paga 15mila dollari ogni nuovo lavoratore della conoscenza!


02 / 03

––Future market Less (contact) is more Contactless, touchless, frictionless, insomma, senza un contatto. La cosiddetta contactless economy è già un quasi mega trend che sopravvivrà anche alla pandemia. Certo, alla fine ci sarà anche l’ondata degli irrefrenabili abbracci in ogni occasione, ma questo è un altro trend. ––Future retail Automazione in totale sicurezza

https://tinyurl.com/y9vaunst https://tractable.ai https://www.accelrobotics.com https://tinyurl.com/y56qohmk

È da qualche anno che si parla sempre con maggiore insistenza di commercio automatizzato senza quasi più personale (vedi Amazon Go, solo per citare il caso più mediatico). Per molti retailer un vezzo da tecnocrati, ignari che il contatto umano è il sale della vita. Verissimo. Peccato che la pandemia il sale ha portato via. Non stupisce, quindi, che sempre più retailer puntino sull’automazione. La catena di fast food Dunkin’ Donuts ha avviato un vasto programma per convertire i suoi locali in self service automatizzati in modalità “Grab & Go” (prendi e vai). Per società come Accel Robotics, un’ottima notizia. Pronostico: per i negozi a “guida autonoma” vale lo stesso che per le auto. La tecnologia c’è ma non la vedremo ovunque e comunque. I negozi senza personale si affermeranno laddove la frequenza dei clienti è elevata e il valore della merce relativamente basso (stazioni di servizio e ferroviarie, aeroporti ecc.), ma non laddove il cliente pretende un caloroso ed esperto contatto in carne e ossa.


DIRIGIBILE #69

––Future insurance Il tocco dell’intelligenza artificiale Inviare dopo l’incidente tramite app la foto del danno e ricevere in tempo quasi reale la perizia del sinistro, il tempo della riparazione e la somma corrisposta. Per molti automobilisti americani una consuetudine ormai consolidata. Per le assicurazioni un bel risparmio di costi e per l’assicurato invece un bel risparmio di tempo con una liquidazione che richiede pochi minuti. Grazie ad algoritmi sempre più sofisticati (e sperimentati), ora l’intelligenza artificiale è assai accurata nella valutazione e, di fatto, sostituisce il contatto umano. La società inglese Tractable, per esempio, offre un programma assai affidabile nella stima dei danni grazie al lungo allenamento dell’intelligenza artificiale con dieci milioni di foto di veicoli danneggiati in diverse condizioni di luce e da diverse angolazioni. Per i periti non è un’ottima notizia.

––Future trend Da contact a “untact” Tendenza inevitabile. La pretesa di interazioni “sicure” senza contatto, e non solo per i pagamenti, porterà l’automazione a un’accelerazione mai vista e immaginata prima. Insomma, per le imprese è giunto il tempo di prepararsi a un mondo “untact”, ovvero ridurre al minimo il contatto personale per ogni attività e servizio. Questo curioso termine o, meglio, strambo neologismo, proviene dalla Corea del Sud, dove è attualmente strategia a livello nazionale. In pratica, lo Stato invita esplicitamente le aziende a rendere tutti i processi contactless (c’è pure un “untact” cinema). Certo, una reazione al Covid ma con effetti di lunga durata. La sfida? Valutare quando un contatto personale con il cliente crea reale beneficio. Non sempre infatti è indispensabile.


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––Future economy Sopravvivere all’impatto virtuale Imprese senza più uffici, riunioni senza più pacche sulle spalle, accordi senza più strette di mano e sì, pause caffè senza più ammiccare o flirtare. Mica facile sopravvivere all’impatto virtuale.

––Future deal Il negoziatore virtuale Fare affari senza incontrarsi di persona. Mica facile. Soprattutto se sono in ballo contratti a doppia cifra o magari l’acquisizione di una startup che opera dall’altra parte del mondo. Ieri impensabile, oggi inevitabile. Negoziare virtualmente cose che hanno grandi conseguenze diventa, se non la norma, la quasi normalità. Certo, strategie, tattiche e comportamenti cambiano anche radicalmente quando la negoziazione non avviene più vis-à-vis. Intanto la durata non deve superare le due ore poiché le videoconferenze sono molto più faticose da seguire e capire, poi gli schermi devono essere grandi per facilitare l’interpretazione facciale e, infine, meno persone partecipano meglio è: a grandi linee quattro è il numero da non superare. Questo richiede grande preparazione e sintesi. Alcune dritte di Harvard Business Review potete scaricarle qui di seguito. SCARICA HOW TO NEGOTIATE VIRTUALLY https://hbr.org/2020/06/how-to-negotiate-virtually


DIRIGIBILE #69

––Future risks Talenti in fuga

––Future staff Tagliato per l’home office? Mica detto. Non tutti sono adatti e anche quelli adatti spesso si stufano presto. Ecco una case history che fa riflettere. Un’azienda turistica cinese permette ai suoi dipendenti del call center di lavorare da casa. Risultato: produttività aumentata del 13% e costi diminuiti. Dopo la fase di test durata nove mesi, offre ai dipendenti la possibilità di tornare a lavorare in ufficio. Risultato: il 50% accetta l’offerta e di nuovo la produttività aumenta, probabilmente per la gioia di rompere l’isolamento. Morale: l’home office non è una panacea. Richiede la scelta delle persone più portate e una gestione che crei la giusta alchimia fra socializzazione (in ufficio) e autogestione (a casa). SCARICA 5 SKILLS https://tinyurl.com/yaqsl4y6 SCARICA WORKING FROM HOME https://tinyurl.com/y3rlca9j

Dopo la pandemia, un nuovo lavoro è la vera Via. Non si tratta di essere ispirati taoisti, ma semplici opportunisti. I lavoratori più qualificati (talenti) sognano e cercano ora un nuovo posto. Questo il responso di un’indagine svolta in Austria dal portale https://www.karriere.at. Solo il 24% intende mantenere il proprio lavoro, il 22% è ancora incerto sul da farsi, mentre un buon 49% ha affermato secco “I need a new job”. Questo sondaggio, anche se in un paese diverso dal nostro, dimostra che il coronavirus aumenta la voglia di cambiare vita e lavoro. Certo, non sarà così facile soddisfare questo desiderio vista la situazione di insicurezza economica, ciononostante il segnale resta. Le imprese devono rimanere attrattive per i talenti mettendo in luce la propria solidità, sicurezza, flessibilità, ma anche voglia di innovare e crescere in momenti difficili.


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––Future workspace Stazione di ricarica Un pensiero che frulla in testa a molti lavoratori. “In ufficio per lavorare? Ma anche no. Non sono più obbligato a farlo”. Se l’ufficio è solo uno dei tanti possibili luoghi di lavoro, come cambierà allora?

––Future habitat Mai più galline in batteria Lavoratori seduti schiena contro schiena o fianco a fianco, come galline negli infernali allevamenti in batteria, magari sotto la luce fredda del neon. Forse costa poco, ma così nessuno depone buone idee. Basta vedere la nuova sede di Google a Mountain View per capire cosa andrebbe fatto. Molto verde, molta luce naturale, molta aria fresca con ampie finestre e vedute. Soprattutto è giunto il tempo di far lavorare i propri collaboratori il più possibile all’aria aperta progettando terrazzi e giardini a uso ufficio.

http://www.heatherwick.com


DIRIGIBILE #69

––Future work Il futuro secondo il MIT In questi anni sono apparsi un’infinità di studi, ricerche e libri divulgativi sul futuro del lavoro nell’era dell’automazione spinta. Due contrapposti schieramenti si sono contesi la scena interpretativa. Apocalittici e integrati (tanto per citare un vecchio saggio di Umberto Eco). I primi hanno una visione cinicamente pessimistica (le macchine distruggono il lavoro), i secondi una visione ingenuamente ottimistica (le macchine creano lavoro). Entrambi hanno ragione. Ora al dibattito si aggiunge un buon lavoro del Massachusetts Institute of Technology. Da scaricare e leggere. https://tinyurl.com/y6t29s59

––Future office Abbandona gli uffici abbandonati Vaccino o non vaccino non è detto che si torni alle vecchie abitudini. Centinaia di migliaia di metri quadrati resteranno inutilizzati nelle grandi città. Troppi uffici e troppi spazi. Assaporati alcuni vantaggi dello smart working (in termini di vivibilità e costi), molte aziende ripenseranno l’utilizzo di sedi e uffici. Meno rappresentanza e più sostanza. Non sorprende. Molti studi hanno già evidenziato che il lavoro da casa è talvolta più produttivo di quello in ufficio. Alle aziende il compito di rendere gli spazi di lavoro molto più attrattivi. Ovvio, dopo la pandemia.

––Future space Una ludoteca che ricarica Fare a meno degli uffici e spazi in comune è impossibile per una semplice ragione. L’energia e la creatività nascono attraverso la vicinanza fisica. Purtroppo o per fortuna è così. Ora che improvvisamente gli uffici sono in concorrenza con le confortevoli case dei dipendenti, bisogna offrire altro. I futuri uffici devono diventare una giocosa e colorata stazione che ricarica le batterie dei dipendenti e che stimola proprio come una bevanda energetica. Non bisogna per forza emulare gli spazi di Google, ma il tema è quello. La pandemia ha solo confermato quello che si sa da sempre: l’uomo è al centro dell’universo aziendale, con tutto quello che implica nella progettazione e gestione degli spazi.


08

FUTURETECH

INVENZIONI & INNOVAZIONI

RISTORAZIONE ANTI COVID?

drive-up per mangiare a ogni fermata in dieci minuti netti le prelibatezze servite dal finestrino dell’auto. Collocato all’Hollywood Palladium, il Drive-Thru gourmet, andato in scena il 15 e 16 ottobre, ha visto il tutto esaurito già dopo pochi minuti dall’apertura delle prenotazioni. Esperienza culinaria da pandemia “one shot”, oppure ristorazione del futuro vivere contactless? Dipende dalla durata di questo incubo.

La ristorazione è uno dei settori che ha risentito maggiormente gli effetti della pandemia. Non sorprende dunque che il Covid abbia provocato un’ondata di nuove idee creative per la ristorazione in tutto il paese, dai bar che offrono mix di cocktail carry-out alle pizzerie che si trasformano in chioschi di prodotti. Ora, dieci noti chef di Los Angeles hanno unito le loro forze in un nuovo ambizioso esperimento: il Resy Drive-Thru, con menu degustazione di dieci portate e cinque postazioni

MYAQUAPAL.COM

Presentata con successo su Kickstarter, AquaPal è una valvola idraulica smart controllabile a distanza tramite app. Ottima per monitorare l’impianto a casa. https://www.youtube.com/watch?v=mDMfIzBUdAc

UMSICHT.FRAUNHOFER.DE

L’ultima trovata del rinomato Fraunhofer Institute è un vetro resistente al fuoco anche a temperature estreme fino a 1000 gradi Celsius. Utile per ogni edificio. https://www.youtube.com/watch?v=MyXJ8qgvmHY

https://tinyurl.com/y4u5bj4f

NATULATTE.NL

La startup olandese Natulatte lancia le prime miscele di cioccolata e cappuccino vegano adatte per i distributori automatici. Mercato in crescita.

UMU.SE

Gli studenti dell’Umea University lanciano in collaborazione con Electrolux una stazione domestica di design che disinfetta mani e dispositivi come lo smartphone.

https://www.youtube.com/watch?v=PbqQaA3L6R8

SAUBERAIR.COM

Arreda e sembra un quadro ma in realtà Sauberair FLAT è un purificatore d’aria quasi invisibile, tanto è sottile. Compatto, decorativo e dotato di bluetooth stereo. https://www.youtube.com/watch?v=TlMulfQ1fDM

THECRAFTYROBOT.NET

Smartibot è un robot fai-da-te che sfrutta componenti elettronici riutilizzabili e parti di cartone. Funziona con un’app per dialogare con persone a distanza. Per Natale? https://tinyurl.com/y29uc3ze


Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione

ASSOCIAZIONI TERRITORIALI

PREMIO PARITÀ VIRTUOSA IN LOMBARDIA

Il consiglio per le Pari opportunità regionale premia Manageritalia Lombardia per le “iniziative creative e sostenibili di conciliazione vita-lavoro in Lombardia ai tempi del Covid-19”. Eliana Sambrotta

U

n premio che la Regione Lombardia ha consegnato all’Associazione lombarda perché si è distinta, nella categoria “associazioni”, per l’adozione di sistemi innovativi di welfare nel corso dell’emergenza sanitaria di quest’anno. Un riconoscimento possibile gra-

zie alle azioni promosse a favore dei dipendenti, ma soprattutto grazie alle modalità innovative ideate dal Gruppo Donne Manager, come nel caso del Fiocco in Azienda, che ha supportato i genitori delle aziende aderenti anche in questo difficile momento storico.

Un momento della Festa dei Fiocchi 2019 con Luisa Quarta, responsabile gruppo Donne Manager (a sinistra) e Letizia Caccavale, presidente del consiglio Pari opportunità Regione Lombardia (a destra).

DICEMBRE 2020 - DIRIGENTE 75


R

MANAGERITALIA ASSOCIAZIONI TERRITORIALI

Misure intraprese «Tra le varie attività incluse nel programma del Fiocco, per esempio, abbiamo introdotto proprio a marzo gli incontri online con l’ostetrica: un vero successo!» spiega Luisa Quarta, responsabile Gruppo Donne Manager. «Abbiamo pensato di sfruttare la tecnologia per offrire un ulteriore servizio ai dipendenti delle aziende aderenti al Fiocco. Il coinvolgimento di una figura come l’ostetrica, tradizionalmente legata al preparto, ci ha consentito di accompagnare le nuove famiglie con consigli pratici a supporto dei neo genitori che si sono ritrovati improvvisamente chiusi in casa con un neonato senza possibilità di confronto e aiuto. L’uso della tecnologia inoltre ci ha consentito di superare i tradizionali limiti territoriali e relazionarci con tutti i genitori della Lombardia. La numerosa partecipazione ci ha dato conferma di quanto siano importanti i servizi che Manageritalia Lombardia ha ideato con il Fiocco in Azienda, che continua a crescere e ci consente di lavorare concretamente insieme ad aziende illuminate, dimostrando così che la genitorialità può diventare un asset aziendale importante». Infatti, il tema della valorizzazione della genitorialità e il coinvolgimento dei padri e delle aziende per superare il grave problema Il Fiocco in Azienda è un programma concreto dedicato a genitori e aziende per affrontare serenamente la maternità e facilitare il rientro in ufficio delle mamme. Per saperne di più: https://bit.ly/FioccoInAzienda

76 DIRIGENTE - DICEMBRE 2020

dell’abbandono del lavoro da parte delle donne dopo la maternità è solo uno degli argomenti che il Gruppo Donne Manager sta portando avanti da tempo. Ma non è tutto. «Un ulteriore elemento che ci ha permesso di ottenere il premio Parità Virtuosa 2020 è stato il lavoro sul tema della disparità salariale tra uomo e donna, concretizzato nella presentazione di una proposta di legge innovativa sul superamento del divario retributivo di genere che è oggi al vaglio della Commissione Lavoro della Camera. Proposta che, ancora una volta, sottolinea la concretezza e lungimiranza di Manageritalia Lombardia sui temi più importanti e attuali per il mondo del lavoro e non solo».

La parola alla Regione Il premio Parità Virtuosa è alla sua seconda edizione e quest’anno è stato dedicato in special modo alle misure ideate da aziende, associazioni, privati per superare l’emergenza sanitaria, come spie-

ga la presidente del consiglio per le Pari opportunità Letizia Caccavale: «Lavoro agile, sistemi di sostegno ai dipendenti, congedo parentale, sono diventate tematiche di stringente attualità in tempi di Covid. La pandemia ha certamente rappresentato una sfida in più per imprese e lavoratori, in particolare per le lavoratrici madri, che più di tutti stanno pagando il prezzo della ricaduta sociale dell’emergenza sanitaria. Eppure, in questo contesto di difficoltà e incertezza, sono numerose in Lombardia le aziende e i privati che stanno dimostrando di essere un passo avanti rispetto alle istituzioni in termini di innovazione, flessibilità e valorizzazione delle pari opportunità. Con questo riconoscimento vogliamo dare visibilità al loro impegno, sia perché generi dibattito e nuove idee, sia perché sappiamo che la forza delle aziende sono le persone e che quello della conciliazione vita-lavoro è un cammino che si fa insieme: uomini e donne, imprese e istituzioni».


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LA POLIZZA DUAL DONATION NO PROBLEM Come affrontare con serenità la compravendita di beni immobili provenienti da donazioni

ASSIDIR

L’

acquisto o la vendita di un bene immobiliare non sono cose da prendere alla leggera. Alcuni rischi sono ben noti a tutti, ma ve ne sono altri, meno conosciuti, che possono creare problemi tali da non consentirci di portare a termine una compravendita del tutto “regolare” sotto ogni punto di vista, come vedremo più avanti. Uno di questi rischi è legato alla

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provenienza del bene, che può dare seri problemi alle parti coinvolte in quanto, se l’immobile oggetto di compravendita proviene da una donazione, è possibile che altre persone possano esercitare delle azioni legali nei nostri confronti per rientrare in possesso del bene integralmente o per parte del suo valore… e hanno il diritto di farlo per molti anni dopo il decesso del donante.

Le donazioni immobiliari in Italia: un rischio rilevante La donazione di beni immobili, si legge nel report del Notariato, è una pratica abbastanza frequente in Italia e, nel 2019, è cresciuta del 5% rispetto all’anno precedente. La legislazione italiana consente al singolo di donare a chi vuole i suoi beni purché non leda i diritti dei congiunti più stretti, definiti “le-


gittimari”, tassativamente indicati dalla legge: il coniuge, i figli legittimi, i figli legittimati, i figli adottivi, i figli naturali e, in mancanza di figli, gli ascendenti. Nel codice civile (art. 563) è anche sancito che i legittimari, ai quali è riservata per legge una quota di eredità, possano far valere i propri diritti ereditari attraverso la cosiddetta “azione di riduzione”, con l’obiettivo di rientrare in possesso di una proprietà oggetto di una precedente donazione, oppure, in alternativa, ottenerne il controvalore. In casi particolari, poi, c’è addirittura la possibilità che l’azione per ottenere la restituzione del bene o il suo controvalore possa essere esercitata fino a vent’anni dopo la trascrizione dell’atto di donazione. Dicevamo, quindi, che la compravendita di immobili donati non è semplicissima e pone problemi sia al venditore sia all’acquirente. Se il primo può vedere ridotte le proprie aspettative economiche, il secondo può temere di non avere la piena certezza dell’acquisto e può trovarsi di fronte a una ridotta possibilità di accedere a finanziamenti da parte degli istituti di credito. Un quadro abbastanza complesso che può turbare i sonni delle parti coinvolte per molti anni e che può essere risolto solamente attraverso una protezione di tipo assicurativo.

La polizza Dual donation no problem Assidir ha scelto Dual Italia – agenzia di sottoscrizione assicurativa e riassicurativa, parte del gruppo internazionale Hyperion

Insurance – e la polizza “Dual donation no problem” come risposta ottimale per i casi di donazione di immobili.

Come funziona La polizza prevede il pagamento di un indennizzo al beneficiario della polizza qualora il bene sia oggetto di una controversia legale da parte dei legittimari che intendono rientrare in possesso del bene donato, oppure ottenerne il controvalore monetario. L’indennizzo offerto ai beneficiari che abbiano subito una perdita economica sarà:  il valore del bene immobile al momento della richiesta di indennizzo, in caso di restituzione;  la somma di denaro dovuta ai legittimari per impedire che perdano la proprietà assicurata a seguito dell’esercizio dell’azione di restituzione;  le spese sostenute e/o il mancato guadagno, ovvero i danni liquidati al termine del giudizio definitivo che il beneficiario dovrà pagare a un conduttore costretto a liberare la proprietà in conseguenza dell’azione di restituzione. Ovviamente, i beneficiari della polizza sono coloro che hanno acquistato l’immobile di provenienza donativa, ma possono esserlo anche gli istituti di credito che ne abbiano finanziato l’acquisto attraverso un mutuo.

Quando può essere sottoscritta La polizza può essere sottoscritta sia all’atto della donazione sia

successivamente e, aspetto molto importante, può essere acquistata da una qualsiasi delle parti coinvolte: dal donatore al donatario, dal terzo acquirente all’eventuale finanziatore. Una polizza, quindi, che mette tutte le parti in causa al riparo da eventuali rischi legati alla compravendita di un immobile derivante da una donazione.

Come è calcolato il premio Un altro elemento molto importante di questa polizza è il costo molto conveniente in rapporto al valore commerciale dell’immobile. A titolo indicativo, per assicurare una somma di 200.000 euro, il premio unico è di 700 euro, mentre per un capitale di 700.000 euro il costo sarà di 2.100 euro.

Come si paga Il premio si paga “una tantum” alla stipula del contratto assicurativo e include la rivalutazione automatica della somma assicurata affinché la stessa sia protetta, nel tempo, dagli effetti dell’inflazione. Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Le garanzie assicurative sono al 100% di Liberty Mutual Insurance Europe SE. Prima della sottoscrizione leggere attentamente il set informativo disponibile sul sito www. assidir.it e presso la sede di Dual Italia.

Vuoi saperne di più? Scrivi a info@assidir.it o chiama il

numero verde 800401345

per chiedere di essere contattato da un nostro consulente.

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VERSO L’APPRENDIMENTO CONTINUO

https://bit.ly/item_cfmt

CFMT

DIGITABILITY – PILLOLE VIDEO

Mancano 10 anni alla data che le Nazioni Unite hanno fissato per il perseguimento degli obiettivi di Agenda 2030. Dieci anni nei quali il ruolo della tecnologia digitale sarà fondamentale e determinerà la possibilità di vincere le sfide della sostenibilità ambientale, economica e sociale. Per farlo, i governi, le istituzioni, le aziende e le singole persone dovranno comprendere il ruolo del digitale. E capire come sfruttarlo. Ma cosa si intende per sostenibilità? E perché questo tema diventerà sempre più centrale nella programmazione delle attività di aziende e istituzioni?

Episodio 1 Cos’è la sostenibilità? Episodio 2 Cosa sono l’approccio eco-centrico e quello tecno-centrico alla sostenibilità? Episodio 3 Perché il digitale è una risorsa importante per la sostenibilità? Episodio 4 Cos’è la sostenibilità digitale?

https://bit.ly/podcast_cfmt SMART WORKING A RITMO DI JAZZ

Tutto quello che possiamo comprendere grazie al jazz...

LEADING BY HEART

Una nuova idea di management

LEADERSHOP

Inutile indorare la pillola: la leadership è uno stato di grazia. Ecco perché raccontiamo la storia vera del comandante Shackleton al Polo Sud

ASCOLTARE IL CAMBIAMENTO

Una serie di podcast sulle principali sfide delle organizzazioni contemporanee

ANTIFRAGILITÀ

Quando fuori si alza il vento, c’è chi chiude le finestre e chi invece progetta mulini

IN-CERTI DEL MESTIERE Convivere con l’incertezza

PROVE DI VOLO

L’Intelligenza emotiva in azione

PEDALARE, PEDALARE...

Salite e discese della vita e del management

https://bit.ly/webinar_cfmt LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA DOPO IL VACCINO, COSA CAMBIERÀ PER DAVVERO? con Paolo Crepet online – 26 gennaio, ore 18-19,30

http://www.cfmt.it/ebook

CREATIVITÀ: COME EMERGERE SU FACEBOOK E INSTAGRAM

COME FARE FUTURO. MANUALE PER L’IMPRESA LUNGIMIRANTE

online – 28 gennaio, ore 12-13

a cura di Thomas Bialas

DARE IL MEGLIO DI SÉ: CONOSCERE LE POTENZIALITÀ PERSONALI Le potenzialità guida come elemento di sviluppo personale permanente

COMPETE. SFIDE E STRATEGIE PER RILANCIARE LA COMPETITIVITÀ

online – 4 e 18 febbraio

80 DIRIGENTE - DICEMBRE 2020

di Fernando G. Alberti, Federica Belfanti

RI-PERSONALIZZAZIONE E MANAGEMENT NELLA TRANSIZIONE IN CORSO

di Enzo Rullani, Roberta Sebastiani, Daniela Corsaro, Cristina Mele


U

n nuovo percorso formativo tutto da ascoltare, che va ad arricchire la collana dei podcast di Cfmt. In un momento in cui è fondamentale che la formazione trovi nuovi modi per supportare l’employability dei dirigenti e la competitività delle aziende, come Cfmt abbiamo deciso di investire nel digital learning. Abbiamo creato per i nostri associati una sezione dedicata ai podcast, un modo per fare formazione, decidendo in totale autonomia quando fruirne, perché i podcast sono sempre a disposizione. Con Dario Villa abbiamo disegnato il percorso tutto da ascoltare “Smart working a ritmo di jazz” che, partendo dalle suggestioni del jazz, ci porta alla scoperta di vari aspetti dello smart working: argomento che in questi mesi è sulla bocca di tutti.

Ma perché proprio il jazz? Perché il jazz è una musica di libertà e cambiamento, nella sua esecuzione. A differenza di altri generi musicali, non aderisce pedissequamente allo spartito, ma questo diventa uno “spunto aperto” dal quale il musicista parte per eseguire il suo pezzo. Un brano jazz nella sua esecuzione è una continua innovazione, non nel prodotto finale ma nei processi eseguiti: questo è quello che ritroviamo anche nelle aziende di successo che, pur rimanendo fedeli al prodotto o al servizio venduto, ne innovano i processi di produzione e realizzazione. Questa continua innovazione e ricerca di nuove modalità di “esecuzione” permette a queste aziende non solo di adattarsi più in fretta ai cambiamenti che il mercato o la società impongono, ma permette loro

anche di offrire un prodotto o servizio sempre nuovo e al passo con i bisogni che si evolvono. Ciò che non si trasforma, si inaridisce. Un nuovo viaggio formativo che associa musica e parole alla scoperta di un genere musicale che richiama quel dinamismo che le aziende stanno vivendo in questo periodo. «L’esperienza ci ha mostrato con chiarezza che il primo tema da trattare per capire lo smart working è quello della libertà […]. Se altrove, nella musica classica come nel rock, è lo spartito a dominare, nel jazz lo spartito è un trampolino di lancio per l’innovazione, uno spunto aperto per una musica che non suona mai uguale a se stessa».

ASCOLTA IL PODCAST Effettua il login sul sito www.cfmt.it e scrivi “jazz” nella barra di ricerca. Oppure vai al seguente link per ascoltare il primo episodio: https://bit.ly/cfmt_jazz1

PER MAGGIORI INFORMAZIONI info@cfmt.it

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Hanno collaborato a questo numero Fernando G. Alberti è docente di strategie imprenditoriali presso la Liuc-Università Cattaneo e (39) direttore del Centro sull’imprenditorialità e la competitività della Liuc Business School.

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA

Thomas Bialas, futurologo, è responsabile del progetto Future Management Tools di Cfmt e curato(67) re dell’inserto Dirigibile.

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Federico Capeci è ceo e cdo di Kantar Insights Division, leader nel data management e parte del gruppo WPP. Laureato in Economia, master Sda Bocconi, è professore a contratto in Digital Marketing al Sole 24 Ore Business School, insegna inoltre Market Research all’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

(34)

Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza.

(63)

Damiano De Crescenzo è direttore generale di Planetaria Hotels e collabora con le Università del Turismo e la Bocconi per il master di Economia del turismo. Consigliere e membro di giunta in Manageritalia Lombardia, è coinvolto attivamente in altre realtà associative. Fa inoltre parte della Community (56) Turismo di Manageritalia.

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI

Amy C. Edmondson insegna a Harvard dal 1996 e si occupa di corsi sulla leadership, il lavoro di gruppo, i processi decisionali e l’apprendimento organizzativo. Ha scritto numerosi articoli su Harvard Business Review e California Management Review, ma anche su riviste accademiche come Administra(50) tive Science Quarterly e Academy of Management Journal.

Stefania Ferrario è docente di strategia e ricercatrice per l’Osservatorio nazionale sulla competitività delle imprese del terziario e l’Institute for entrepreneurship and competitiveness (Liuc – Università (39) Cattaneo). Patrizia Gilardino è medico estetico. Esercita la libera professione al Poliambulatorio della Guardia di Finanza di Milano, al Centro dermatologico europeo, nel proprio studio a Milano e Piacenza. È membro della società di verifica e controllo di qualità e della società americana di chirurgia plastica, è socio Sicpre

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ed è iscritta all’Aicpe. www.gilardinochirurgiaestetica.eu

Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di opera(65)

tori virtuali.

CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE

Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Carella Coordinamento: Roberta Roncelli Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it

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FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI

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Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità Concessionario pubblicità LAPIS srl viale Monte Nero, 56 - 20135 Milano tel. 0256567415 info@lapisadv.it - www.lapisadv.it

50

Grafica THE GRAPHIC FORGE sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it 67

da Manageritalia Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale Manageritalia.

(66)

Stampa ROTOLITO spa via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolito.com Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa

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La diffusione di dicembre 2020 è di 37.895 copie



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