riscaldandosi di tanto in tanto le mani grazie a un braciere che si portava con sé. Nell’eseguire le sue opere era sempre estremamente preciso: le dipingeva di solito almeno tre o quattro volte, poiché raschiava via tutto quello che gli sembrava insoddisfacente. Di conseguenza, nonostante il suo enorme zelo, negli ultimi anni di attività mise mano solo a pochi dipinti; ma in ciascuno di essi riuscì a creare qualcosa di perfetto. Non sapeva molto degli artisti stranieri, ma nutriva per quelli veramente grandi una profonda e schietta venerazione. Apprezzava spontaneamente anche lavori minori, se eseguiti onestamente. Giudicava l’arte nordica superiore a quella italiana, alla quale lo vincolavano solo scarsi legami. Ammirava molto Israels; anche Liebermann gli sembrava molto valido. Nei confronti di Menzel e di Lenbach intratteneva un rapporto di tipo più platonico. Fra tutti, però, e a ragion veduta, quello che sembrò sentire spiritualmente più affine fu il suo coetaneo Max Klinger, al quale lo legavano numerosi rapporti interiori, anche se i due non si conobbero mai personalmente. Di altri pittori, come Böcklin e Watts, abbiamo già detto in precedenza. Complessivamente, come pittore e come uomo, fu un caloroso ammiratore della razza tedesca, che definiva una «razza forte nel fatto e nello spirito»64. Ebbe a mostrarsi profondo estimatore anche di Bismarck, del quale apprezzava tanto le dichiarazioni quanto le gesta. Un rapporto particolarmente affettuoso lo legava a Vienna: in quella città si sentiva compreso nel modo più adeguato e più sottile, come riconobbe in più di un’occasione sia nelle conversazioni sia nelle lettere. Perciò partecipava con calorosa cordialità agli avvenimenti artistici viennesi, soprattutto allo sviluppo del movimento moderno innescato dalla «Secessione». Amava appassionatamente la musica, ed era un attento frequentatore dei concerti organizzati dalla piccola cappella locale annessa a una casa di cura. La signora tedesca della quale riproduciamo qui il ritratto ci ha illustrato in un suo appunto il modo in cui Segantini intendeva l’ascolto della musica. Un pomeriggio, una pianista inglese che era ospite dell’artista si mise a suonare Beethoven e Bach: «Ma per quanto suonasse in maniera splendida e disinvolta, quel che più ci incantava era osservare l’effetto della musica su Segantini: il pittore, completamente rapito, guardava a un mondo nuovo e maestoso. In quell’occasione ho avuto la nettissima sensazione che la vita interiore e la
64 In italiano nel testo. La definizione si trova in una lettera al gallerista berlinese Felix Koenigs, inviata da Maloja il 2 settembre 1897; in Scritti e lettere, cit., p. 162. 181