A L U X
R Y P T O E M G N I Z
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Milano è la città che non smette mai di reinventarsi: qui moda, design e comunicazione si intrecciano dando vita a visioni sempre nuove. Ed è proprio nel cuore della capitale del lusso e dell’innovazione che nasce il nostro Hub Creativo • Magazine • Atelier • Spazio Espositivo • Agenzia di Comunicazione • un ecosistema vivo e in continua trasformazione, in cui creatività, narrazione e bellezza si incontrano per raccontare nuovi modi di vivere l’arte e il conoscere.
Indice
Journeys & Escapes
Safari nel Serengeti
Marianna Stefani
La Maison Arabe
Filippo Piervittori, Gloria Contrafatto & Bianca Papasodero
Baglio Oneto
Emilia Persico 1
Voices & Visions
Prof Jimmy Choo
Filippo Piervittori & Gloria Contrafatto
David Aliperti
Rita Di Nanni
Dott. Felice Grova
Emilia Persico
Carlo Zini
Andrea Castelnuovo
Dott.ssa Alessandra Cattaneo
Rita Di Nanni
Italia Refinement
Emilia Persico
Icons of Hospitality
Villa Barbarich
Bianca Papasodero
A Rosa Lago di Garda
Redazione Luxury Pret-à-Porter
Villa Eden
Bianca Papasodero
Omare Bed&Breakfast
Emilia Persico
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Ogni epoca, ogni generazione, ha cercato nella bellezza un rifugio e al tempo stesso una rivelazione. C’è chi l’ha trovata nell’armonia delle proporzioni, chi nella potenza delle parole, chi nella lentezza di un viaggio lontano. Noi crediamo che la bellezza non sia un lusso da contemplare, ma una forma di necessità interiore: l’unico strumento capace di elevarci, di aprire lo sguardo su mondi nuovi e di trasformare ciò che viviamo in esperienza, memoria, arte.
In un tempo che corre veloce e consuma immagini, emozioni e storie senza lasciare traccia, vogliamo ricordare il valore dello stupore. Perché solo chi si concede di meravigliarsi continua a crescere. Solo chi si lascia toccare da un dipinto, da un volto, da un paesaggio africano o da una pellicola che commuove, mantiene viva quella scintilla che è il nostro patrimonio più autentico: la capacità di sentire.
Questo magazine nasce da lì, dal desiderio di custodire e condividere quella scintilla. Ogni numero è un viaggio nelle pagine di un libro antico, nelle voci dei professionisti che ci guidano a prenderci cura della salute e della bellezza, nelle strade di Marrakech che odorano di spezie e di sogni, nelle stanze del nostro hub creativo dove le idee si incontrano e diventano realtà. È un invito a cercare, ognuno a modo suo, la propria forma d’arte: un pensiero scritto, un istante fotografato o una semplice attitudine a vivere con grazia.
Crediamo che ognuno abbia in sé una vocazione estetica, un bisogno profondo di riconoscere e creare bellezza, e che questa ricerca sia la più nobile forma di resistenza al disincanto del mondo. In queste pagine non vogliamo dare risposte definitive, ma aprire spazi d’ispirazione, offrire sguardi e suggestioni che possano diventare linfa per chi legge.
Ed eccoci qui, con il Numero Undici. Un numero che raccoglie rac conti, interviste, viaggi e riflessioni nati per ispirare e per ricordare che la meraviglia non è mai lontana, ma sempre a portata di sguardo, se solo sappiamo coltivarla.
Lo realizziamo perché crediamo che ogni parola, ogni immagine, ogni incontro abbia il potere di accendere in voi, e in noi, nuove domande e nuove possibilità. Ci auguriamo che questo numero vi accompagni a scoprire la vostra personale forma d’arte e vi inviti a farne tesoro nella vita quotidiana.
Buona lettura.
Gloria Contrafatto
Dal coworking all’hub creativo
Luxury Prêt-à-Porter Hub è l’evoluzione naturale di Flexworking Milano, uno dei primi spazi di lavoro flessibile del centro città, riconosciuto dal Comune di Milano per la sua qualità. Dopo oltre sette anni di attività, si rinnova e diventa oggi un punto di riferimento dove il lavoro incontra la cultura, le idee si trasformano in progetti e le connessioni si fanno concrete. La sua posizione in Via Cerva 20, tra il Quadrilatero della Moda e il Design District, lo rende il luogo ideale per chi vuole vivere l’esperienza di Milano in tutta la sua energia creativa.
Atelier, arte e nuove connessioni
Cuore pulsante del progetto è anche lo showroom creativo di Glorià Atelier, che porta nell’hub l’eccellenza del Made in Italy sartoriale. Uno spazio che accoglie designer indipendenti e brand emergenti, offrendo loro visibilità, supporto e un contesto esclusivo in cui raccontarsi. Non solo moda: il LuxuryPrêtaPorter Hub ospita mostre d’arte, esposizioni di design, presentazioni di libri e vernissage fotografici, alternandosi a talk, workshop e performance dal vivo. Un programma in costante evoluzione che rende ogni visita un’esperienza nuova, stimolante e densa di possibilità.
“Milano è da sempre il cuore pulsante della moda, del lusso e del design.”
In questo scenario nasce Luxury Pret-à-Porter Hub, uno spazio innovativo che unisce coworking, comunicazione e arte, trasformandosi in un vero e proprio ecosistema per brand, professionisti e creativi. Situato in via Cerva 20, tra il Quadrilatero della Moda e il Design District, il nostro Hub non è soltanto una location esclusiva, ma un luogo in cui le idee prendono forma e si trasformano in progetti concreti. Un ecosistema editoriale e culturale All’interno dell’hub convivono le redazioni di LuxuryPrêtaPorter Magazine, con la sua esclusiva edizione cartacea trimestrale dedicata al lusso contemporaneo, di Rumors.it, storico media digitale partner di MSN. com dedicato a spettacolo e intrattenimento, e di Innovami.news, osservatorio su innovazione e sostenibilità. A completare il quadro, RadioPrêtaPorter, la voce digitale del nostro ecosistema, che porta al pubblico storie e conversazioni dal mondo del lifestyle. Accanto alle attività editoriali, opera Mediatellers, agenzia di comunicazione integrata che affianca brand e startup con servizi di digital PR, branding e strategie crossmediali.
Un luogo dove l’ispirazione diventa azione Luxury Pret-à-Porter Hub, all’interno di Flexworking Milano, si propone come spazio vivo, fluido e in continua trasformazione, pronto ad accogliere designer, artisti, startup – dagli abiti alle creme cosmetiche, fino agli arredi e ai progetti editoriali – in un contesto dinamico e di alto livello. Le nostre sale diventano il palcoscenico ideale per mostre, presentazioni, pop-up store ed eventi esclusivi, creando occasioni uniche di visibilità e networking.
Un luogo dove le idee diventano esperienze LuxuryPrêtaPorter Hub non è solo un indirizzo strategico nel cuore di Milano: è un luogo dell’anima dove creativi, professionisti e appassionati possono incontrarsi, lavorare e costruire insieme. Un melting pot di persone, storie e visioni che, giorno dopo giorno, ridisegna i confini del networking, trasformandolo in relazioni autentiche e opportunità concrete.
Un ecosistema creativo ed editoriale indipendente
All’interno dell’Hub convivono le redazioni dei magazine fondati dal giornalista ed editore Filippo Piervittori nel corso degli ultimi 20 anni: Luxury Pret-à-Porter Magazine, Rumors.it e Innovami.news, ognuna con un’identità forte e complementare. Dalla moda al design, dall’entertainment all’innovazione tecnologica, il nostro team editoriale racconta le storie più attuali, offrendo ai brand una piattaforma strategica di comunicazione. Accanto all’attività giornalistica, Luxury Pret-à-Porter Hub offre servizi di comunicazione integrata, branding e digital strategy, supportando aziende e creativi nella costruzione della propria immagine e nel posizionamento sul mercato.
Glorià Atelier: l’eccellenza del su misura Al centro di questo ecosistema si inserisce Glorià Atelier, fondato e guidato da Gloria Contrafatto, stilista e consulente di immagine che ha fatto della sartoria su misura la propria firma distintiva. Ogni creazione prende vita dall’ascolto attento delle esigenze della cliente e dalla selezione dei migliori tessuti Made in Italy, per poi svilupparsi attraverso un percorso sartoriale fatto di prove, dettagli raffinati e cura artigianale. Il risultato non è soltanto un abito, ma un’esperienza unica: un capo pensato per esaltare la personalità di chi lo indossa, capace di raccontarne lo stile e accompagnarla nei momenti più importanti. Accanto al lavoro sartoriale, Gloria Contrafatto offre consulenze personalizzate di immagine e styling, accompagnando ogni cliente in un percorso che unisce eleganza, autenticità e valorizzazione individuale. In questo modo, Glorià Atelier diventa non solo un simbolo del vero lusso artigianale, ma anche un luogo in cui creatività e savoir-faire si incontrano per dare forma alla bellezza.
L’hub creativo come palcoscenico per brand e designer indipendenti
Luxury Pret-à-Porter Hub si propone come luogo di connessione e crescita, dove i brand trovano supporto concreto per affermarsi, presentarsi al pubblico e dialogare con buyer, stampa e clienti selezionati. Non solo showroom ed esposizione, ma anche consulenza, comunicazione e strategie di posizionamento che rendono ogni progetto unico e riconoscibile.
Editore ed imprenditore. Founder di Rumors.it e Luxury Pret-à-Porter, InnovaMi, FlexWorking e Mediatellers. Porta la sua esperienza nel mondo dell’informazione e della comunicazione, con la capacità di trasformare le idee in progetti editoriali solidi e riconoscibili.
Stilista, consulente d’immagine e Art Director di Luxury Pret-à-Porter Magazine, con il suo sguardo creativo unisce estetica, moda e narrazione visiva, dando al progetto un’identità distintiva e riconoscibile.
Our mission: Luxury Pret-à-Porter Hub nasce dall’incontro di professionalità e competenze complementari, guidato da una visione condivisa: creare uno spazio che sia allo stesso tempo creativo, editoriale e strategico. Questa sinergia di competenze ha permesso di costruire un Hub che non è soltanto un contenitore di attività, ma un ecosistema completo, in grado di accompagnare i brand in ogni fase: dall’ideazione alla produzione, dalla comunicazione al posizionamento sul mercato.
A volte il mondo sembrava fermarsi .
Un luogo così pieno di vita era allo stesso tempo immobile.
Qui non esiste il bene o il male.
In natura, un concetto simile non trova spazio.
Esiste solo la vita.
Durante i giorni di safari assisto a scene che rimarranno impresse per sempre. Leoni che cercano ombra sotto le jeep, incuranti dei turisti.
Una leonessa che riposa con i suoi cuccioli. Ghepardi distesi sotto un albero, sazi dopo un pasto. Una gazzella che spinge con il muso il suo piccolo appena nato, incoraggiandolo nei primi passi. Giraffe eleganti che si nutrono degli alberi più alti, elefanti che attraversano la pista sterrata con maestosità. Non mancano momenti più crudi: un branco di licaoni divora la carcassa di uno gnu, contendendosi ogni pezzo con una furia primordiale. È la legge della natura, il ciclo perfetto della vita che non conosce pause né giudizi.
Il viaggio verso il Serengeti comincia all’alba, con uno zaino pronto e tanta emozione. Dopo poche ore di strada, raggiungo Arusha, città considerata il punto di partenza per esplorare il nord della Tanzania. Pur trovandosi a oltre 250 km dall’ingresso del parco, Arusha è il vero crocevia dei safari. Qui trascorro una giornata di quiete e preparazione, per poi addormentarmi sotto il cielo africano in una tenda spartana, già proiettato verso l’avventura.
Ci fermiamo sul bordo del Ngorongoro, la più grande caldera vulcanica del mondo: 250 km² di natura intatta che sembrano infiniti.
Il silenzio è assoluto, rotto solo dal vento, mentre restiamo rapiti da questo anfiteatro naturale. Attraversando l’altopiano incontriamo i maasai, pastori e guerrieri che vivono da secoli in armonia con la savana, nonostante oggi debbano affrontare restrizioni e spostamenti forzati.
Scendendo all’interno, il paesaggio prende vita: zebre che si appoggiano l’una all’altra, fenicotteri che colorano il lago, ippopotami che sonnecchiano nelle paludi. È un ecosistema vibrante e armonioso. La notte la passo in tenda: fuori i bufali brucano a pochi metri, mentre nell’oscurità le iene ridono con il loro verso inquietante.
Lasciato il cratere, ci dirigiamo verso la vastità del Serengeti, un territorio che si estende per 30.000 km². Metà di questa superficie è protetta come Parco Nazionale, ma l’intera regione è un mosaico di ecosistemi: savane infinite, foreste fluviali, zone umide e boscose. È un paesaggio mutevole, che offre scorci sempre diversi e una ricchezza di fauna senza paragoni.
Il Serengeti è il palcoscenico della grande migrazione: milioni di gnu, zebre e gazzelle percorrono oltre 2.500 km tra Tanzania e Kenya, inseguendo pascoli verdi. Ma anche fuori da questo evento il parco stupisce, con oltre 500 specie tra uccelli, mammiferi e i celebri Big Five: leone, leopardo, elefante, rinoceronte e bufalo.
La notte porta con sé un altro volto del Serengeti. Disteso nella mia tenda, cerco il sonno mentre fuori la savana continua a vibrare. Bufali che pascolano a pochi metri, iene che ridono nell’oscurità, occhi luminosi che si accendono nel buio quando il fascio di una torcia li colpisce. Ogni rumore ricorda che qui l’uomo è un ospite, fragile e temporaneo.
In questo luogo il tempo sembra sospendersi. Non esistono bene o male: esiste solo la vita, con le sue regole eterne. I predatori non sono crudeli, ma parte di un equilibrio che permette a ogni creatura di esistere. La natura non ha bisogno di essere aggiustata: è perfetta così com’è. Il Serengeti e il Ngorongoro mi hanno regalato più di un viaggio: mi hanno insegnato la forza, la bellezza e la fragilità del mondo naturale. Un dono di consapevolezza e gratitudine, che porterò con me per sempre.
e foto a cura di Marianna Stefani
La Maison Arabe
è un lussuoso riad-hotel
nel cuore della Medina di Marrakech, dove tradizione marocchina e comfort europeo si incontrano per offrire un’esperienza unica di lusso, gastronomia, benessere e autenticità.
Nel cuore pulsante della storica Medina di Marrakech, La Maison Arabe offre un rifugio senza pari per coloro che cercano il lusso, la tradizione e l’intimità. Un soggiorno a La Maison Arabe è molto più che una semplice vacanza: è un viaggio nel cuore del Marocco, dove ogni angolo racconta una storia di eleganza, cultura e romanticismo.
Fondata negli anni ’40 da due intraprendenti donne francesi, Hélène Sebillon-Larochette e sua figlia Suzy, La Maison Arabe ha da subito segnato la storia dell’ospitalità a Marrakech. Nel 1946, nasce come primo ristorante della Medina aperto agli stranieri. Con il passare degli anni, La Maison Arabe divenne un punto di riferimento per illustri personaggi come Winston Churchill, la Regina Ingrid di Danimarca, Ernest Hemingway e Jackie Kennedy. Nel 1996, grazie al contributo dell’aristocratico italiano Fabrizio Ruspoli, La Maison Arabe si trasformò nel primo boutique Riad-Hotel di Marrakech, mantenendo l’autenticità tradizionale, ma aggiungendo un tocco di lusso europeo.
La Maison Arabe si distingue per la sua eleganza e il suo servizio impeccabile. Con 45 camere e suite, ognuna con un carattere unico, la struttura rappresenta un angolo di lusso nel cuore della Medina, a pochi passi dalla famosa piazza patrimonio UNESCO Jemaa el Fna. Le camere sono un perfetto connubio di design moresco e comfort europeo, dotate di bagni spaziosi e arredamenti ricercati che valorizzano l’artigianato locale. La Maison Arabe è anche il luogo ideale per chi desidera rilassarsi dopo una giornata di esplorazione tra i souk. L’hotel è circondato da giardini segreti che offrono un’oasi di tranquillità, lontano dal trambusto della città. Per coloro che desiderano un’esperienza esclusiva, l’hotel offre il suo Country Club, situato a pochi minuti di navetta, dove gli ospiti possono godere della calma e della bellezza di un parco mediterraneo.
Asoli 15 minuti dalla Medina e dal trambusto dell’affollato centro cittadino, gli ospiti hanno la possibilità di vivere l’esperienza rurale marocchina all’interno dei giardini del Riad. L’accesso ai giardini segreti è strettamente riservato ai clienti di La Maison Arabe, che possono rilassarsi nella grande piscina. Inoltre, l’hotel dedica uno spazio agli eventi privati nel suggestivo giardino nella kasbah, luogo perfetto per celebrare un momento speciale. La cucina di La Maison Arabe è un viaggio nei sapori autentici del Marocco. L’hotel ospita ristoranti di alta classe, il Ristorante Marocchino, il Ristorante Les Trois Saveurs e un lussuoso Rooftop. Inoltre, l’offerta include un elegante piano-bar jazz, dove è possibile gustare cocktail di alta qualità immersi in un’atmosfera d’altri tempi. All’interno del Ristorante Marocchino, gli ospiti possono gustare piatti tradizionali, come il tagine e la pastilla, preparati con ingredienti freschi e locali. Il Ristorante Les Trois Saveurs, invece, propone un menù internazionale à la carte. Infine, il Rooftop offre una cucina innovativa, che unisce la tradizione marocchina ai sapori internazionali, nella cornice mozzafiato della terrazza con vista sulla Medina.
La Maison Arabe è celebre per la sua SPA, che rappresenta un vero e proprio rifugio di benessere. Gli ospiti possono godere di trattamenti esclusivi come il La Maison Arabe Signature Hammam, un trattamento lussuoso che include scrub corpo, maschere e massaggi rilassanti, utilizzando i pregiati prodotti naturali del Marocco, come l’olio di argan e il miele, e le tecniche tradizionali. La SPA è un angolo di tranquillità dove gli ospiti possono rigenerarsi, concedendosi un’esperienza sensoriale che nutre corpo e mente.
UUn soggiorno a La Maison Arabe è un viaggio indimenticabile, dove ogni dettaglio è pensato per offrire il massimo del lusso, del comfort e della tradizione. Il Riad-Hotel è la meta ideale per chi cerca il romanticismo, il benessere e l’autenticità, circondati dalla bellezza senza tempo di Marrakech. Con la sua storia leggendaria e il servizio impeccabile, La Maison Arabe continua a essere un angolo di paradiso nel cuore della Medina, dove ogni soggiorno diventa un’esperienza unica e indimenticabile.
La Maison Arabe è celebre per la sua SPA, che rappresenta un vero e proprio rifugio di benessere. Gli ospiti possono godere di trattamenti esclusivi come il La Maison Arabe Signature Hammam, un trattamento lussuoso che include scrub corpo, maschere e massaggi rilassanti, utilizzando i pregiati prodotti naturali del Marocco, come l’olio di argan e il miele, e le tecniche tradizionali. La SPA è un angolo di tranquillità dove gli ospiti possono rigenerarsi, concedendosi un’esperienza sensoriale che nutre corpo e mente.
Un soggiorno a La Maison Arabe è un viaggio indimenticabile, dove ogni dettaglio è pensato per offrire il massimo del lusso, del comfort e della tradizione. Il Riad-Hotel è la meta ideale per chi cerca il romanticismo, il benessere e l’autenticità, circondati dalla bellezza senza tempo di Marrakech. Con la sua storia leggendaria e il servizio impeccabile, La Maison Arabe continua a essere un angolo di paradiso nel cuore della Medina, dove ogni soggiorno diventa un’esperienza unica e indimenticabile.
Per chi desidera vivere un’esperienza immersiva nei sapori e nelle tecniche delle ricette tradizionali, La Maison Arabe offre workshop di cucina marocchina, dove gli ospiti possono imparare i segreti della gastronomia locale sotto la guida di esperti cuochi. Questi corsi, che spaziano da esperienze di breve durata a programmi più intensivi, offrono un’opportunità unica per esplorare la cucina marocchina in modo autentico. Le lezioni sono aperte agli ospiti e a tutti gli amanti del cibo marocchino, con classi private fino a 6 persone e sessioni più grandi, che possono ospitare anche 26 persone. I workshop si tengono alla Medina, oppure nell’area attrezzata ai giardini segreti.
Non si può visitare Marrakech senza perdersi tra le viuzze della Medina, Patrimonio UNESCO. I suoi souk brulicanti sono un labirinto di spezie, tappeti, babouche colorate e artigianato berbero. Ogni acquisto diventa una storia, ogni incontro un ricordo prezioso.
Tra i luoghi più fotografati al mondo, Les Jardins Majorelle sono un sogno ad occhi aperti. Realizzati dal pittore Jacques Majorelle e salvati da Yves Saint Laurent, offrono sentieri immersi in cactus, palme e piante rare, dominati dal celebre blu Majorelle che rapisce il cuore.
ll’imbrunire, Jemaa el Fna si trasforma in un palcoscenico vibrante: incantatori di serpenti, musicisti gnawa, narratori di fiabe, banchi di street food fumanti di spezie e carne alla brace. È qui che si respira l’anima autentica della città rossa.
Tra cortili, giardini di aranci e stanze decorate con zellige, legni intagliati e stucchi, il Palazzo Bahia è l’emblema dell’architettura moresca del XIX secolo. Questa visita che regala eleganza, raffinatezza e ispirazione a ogni passo.
on c’è Marrakech senza hammam. Dai centenari bagni pubblici ai lussuosi hammam privati come quello de La Maison Arabe, il rito del vapore, scrub e massaggio all’olio di argan è una coccola rigenerante che nutre corpo e anima, lasciando la pelle di seta e la mente leggera.
Il baglio è un antico cuore di pietra, un luogo raccolto dove
il tempo si ferma
tra mura che custodiscono
storie di lavoro e di festa.
Cortili assolati, profumo di mosto e silenzi che parlano di generazioni: un rifugio rurale che diventa anima
della Sicilia autentica.
Il viaggio comincia al Baglio Oneto, un’antica dimora fortificata del Settecento trasformata in un Luxury Wine Resort che oggi appartiene alla prestigiosa collezione Condé Nast Johansens. Una residenza che fu baluardo e insieme casa nobiliare, oggi rinata come luogo di ospitalità esclusiva. Camminando tra i suoi muri di pietra, si percepisce ancora l’eco delle voci e dei passi di chi l’ha abitata nei secoli. Non è solo un resort, ma una dimora che custodisce l’anima di un territorio, capace di raccontare la Sicilia con la sua eleganza sobria e il suo legame profondo con la terra e con la storia.
Varcare il portone in pietra significa entrare in una dimensione sospesa, dove il tempo sembra rallentare. La corte interna accoglie con il suo silenzio e il suo equilibrio architettonico, richiamando le atmosfere delle antiche case nobiliari siciliane. Le sale interne conservano la memoria delle vendemmie, delle feste e della vita contadina che animava il Baglio, mentre le camere e le suite, oggi rinnovate, si aprono con ampie vedute sui vigneti e sul mare infinito. Al calar del sole, la terrazza diventa un teatro naturale: il cielo si accende di sfumature calde, le isole Egadi brillano all’orizzonte, e tutto sembra congiurare per regalare un momento irripetibile, da vivere lentamente con un calice in mano.
Il vino, al Baglio Oneto, non è semplice complemento ma autentica linfa vitale. Dai filari di Grillo e Inzolia nascono etichette che racchiudono la forza del sole, la carezza del vento marino e la pazienza dei vignaioli. Ogni bottiglia racconta un frammento di Sicilia, un equilibrio fra tradizione e ricerca. Le degustazioni guidate diventano viaggi dei sensi: si inizia tra i filari dorati, si prosegue nelle cantine sotterranee, dove l’odore del rovere avvolge e il silenzio accompagna, e si conclude con l’assaggio di calici che vibrano al palato come melodie. Non si degusta soltanto vino, si assapora un’identità, un racconto, una memoria che rimane viva molto oltre l’esperienza.
Baglio Oneto è anche un modo diverso di intendere l’ospitalità. La famiglia Oneto, oggi guidata da Anna Palmeri Oneto, ha scelto di non proporre un lusso ostentato, ma un’armonia sottile che intreccia comfort, cultura e paesaggio. Le camere, arredate con uno stile elegante ma mai ridondante, regalano risvegli unici: il canto del mare che arriva dalle Egadi, il silenzio quieto dei vigneti, la luce dell’alba che filtra tra le persiane. La cucina è un altro viaggio: piatti della tradizione siciliana reinterpretati con creatività, ingredienti autentici che parlano di mare e di terra, accostati a vini pensati per esaltare ogni sapore. Qui l’ospitalità è esperienza sensoriale completa, che unisce gusto, comfort e bellezza.
Ogni angolo del Baglio custodisce un frammento di memoria. C’è la stanza del palmento, dove un tempo si pigiava l’uva con gesti antichi e rituali; le cantine di affinamento, che conservano ancora l’odore intenso del vino; i cortili in pietra arenaria, che risuonano di storie e profumano di tempo. Passeggiando per gli spazi si ha la sensazione che il passato non sia rimasto indietro, ma continui a respirare insieme al presente. È un dialogo vivo tra epoche, capace di trasformare il soggiorno non solo in una pausa di relax, ma in un’immersione culturale ed emozionale che lascia un’impronta.
Le Saline dello Stagnone di Marsala sono uno spettacolo che va oltre la semplice bellezza paesaggistica: sono un’esperienza che avvolge i sensi, un viaggio tra natura, storia e cultura. Al tramonto, gli specchi d’acqua si accendono di tonalità che vanno dal rosa cipria al dorato intenso, trasformando il paesaggio in una tavolozza mutevole, mentre i mulini a vento si stagliano come eleganti custodi del tempo. Qui ogni gesto diventa rituale: passeggiare lungo gli argini respirando la brezza marina, assistere al lavoro paziente dei salinai che raccolgono i cristalli candidi con gesti antichi, degustare i diversi tipi di sale, persino aromatizzati, che raccontano la generosità di questa terra.
Il Mulino Ettore e Infersa, capolavoro di archeologia industriale del Cinquecento, restaurato e ancora funzionante, rappresenta il cuore pulsante di questo paesaggio unico. Nei mesi estivi, le sue pale bianche catturano il vento e riportano in vita un meccanismo antico e affascinante. L’esperienza qui può diventare ancora più immersiva: ci si può galleggiare nelle vasche saline, lasciandosi cullare da acque dense e brillanti che regalano una sensazione di leggerezza assoluta, o camminare sulla crosta di sale, in un contatto diretto con un patrimonio naturale e culturale che affonda le radici fino all’epoca dei Fenici. Non lontano, le Saline Culcasi di Trapani custodiscono la stessa eredità con un museo dedicato, che completa il racconto di un territorio dove il sale non è solo risorsa, ma identità, poesia, memoria.
FFavignana, la “farfalla sul mare”, è la più celebre delle Egadi. Le sue calette iconiche – Cala Rossa, Cala Azzurra, Bue Marino – offrono paesaggi da cartolina, mentre l’Ex Stabilimento Florio racconta la memoria della tonnara. Passeggiare per il borgo, scoprire il Giardino dell’Impossibile e cenare al tramonto sul porto significa vivere un’isola che sa unire mare, storia e autenticità in un ricordo che resta inciso nel cuore.
Prof.
Dove nasce il futuro della moda
Revelation is a powerful theme
DDietro ogni nome che ha fatto la storia della moda, c’è un gesto preciso, un’intuizione, una visione. Nel caso del professor Jimmy Choo, tutto ha avuto inizio con un paio di scarpe realizzate a mano all’età di undici anni. Nato in Malesia da una famiglia di artigiani calzaturieri, Choo ha saputo trasformare il suo talento naturale in un impero del lusso. Dopo il diploma al London Technical College, ha aperto il suo primo atelier nel cuore di Londra, conquistando rapidamente l’élite internazionale — da Lady Diana a Hollywood — con uno stile raffinato, impeccabile e profondamente personale. Oggi, alla soglia dei settant’anni, Jimmy Choo non è solo un nome impresso nelle suole delle scarpe: è un mentore, un visionario, un educatore. Nel 2021 ha fondato la JCA | London Fashion Academy, un’istituzione rivoluzionaria nel cuore di Mayfair, pensata per formare designer-imprenditori attraverso un approccio pratico, sartoriale e al tempo stesso orientato al futuro. La scuola nasce con l’obiettivo dichiarato di abbattere i vecchi modelli dell’educazione accademica e dare spazio a nuove forme di espressione, mescolando creatività, imprenditorialità e visione globale. Qui, ogni studente è seguito in modo individuale, spinto a coltivare la propria identità e incoraggiato a sviluppare un proprio brand fin dai primi anni di studio.
La sfilata di fine anno — REVELATION — è il culmine di questo percorso: 27 studenti selezionati presentano una capsule collection di sei look, frutto di un’indagine profonda tra estetica, narrazione e visione personale. In collaborazione con la storica Haberdashers’ Company, l’evento celebra la fusione tra heritage e innovazione, artigianato e tecnologia, sostenibilità e provocazione stilistica. Ed è proprio in questo contesto che nasce la nostra conversazione con il professor Choo: un’intervista che non è solo un dialogo, ma una dichiarazione d’intenti sul futuro della moda.
“Revelation è un tema potente”.
Cosa significa per lei questa parola nel contesto della nuova generazione di designer della JCA?
Revelation rappresenta un momento di chiarezza, in cui creatività e scopo si incontrano. Per la nuova generazione di designer della JCA, significa scoprire la propria identità e riconoscere il la forza della propria voce. Mi auguro che ogni studente abbia vissuto una rivelazione personale: la consapevolezza che la moda non è solo estetica, ma uno strumento per raccontare storie, generare impatto e promuovere il cambiamento. Attraverso le sfide e le pressioni del processo creativo, gli studenti hanno sviluppato forza e orgoglio nella propria evoluzione. Questi designer non presentano semplicemente capi: rivelano filosofie, ideologie e narrazioni profondamente personali. È una dichiarazione coraggiosa di nuove identità, valori e direzioni, un allontanamento dalla tradizione verso territori estetici ancora inesplorati. È un cambiamento generazionale in cui l’autenticità non è più negoziabile, ma essenziale.
Questo graduate show unisce creatività e spirito imprenditoriale.
Secondo lei, quanto è importante oggi per un designer pensare come un imprenditore?
Pensare come un imprenditore è fondamentale per i designer di oggi: dà loro il potere di plasmare e possedere la propria narrazione. In un settore in continua evoluzione, resilienza e adattabilità sono cruciali, e l’imprenditorialità rafforza entrambe. Alla JCA, questo approccio è al centro del nostro metodo: gli studenti sviluppano le competenze di design insieme alla visione aziendale. Questo doppio focus li prepara a lanciare brand sostenibili e attenti al contesto sociale. L’imprenditorialità offre ai designers gli strumenti per muoversi con sicurezza nel complesso equilibrio tra creatività e commercio.
La JCA si è rapidamente affermata come un’accademia rivoluzionaria.
Cosa la distingue davvero dall’educazione tradizionale nel settore?
Ciò che distingue la JCA è l’integrazione dell’imprenditorialità al centro del programma. Gli studenti partecipano a workshop professionali, hanno accesso diretto a esperti del settore con cui possono instaurare un dialogo individuale e ricevono mentorship da figure di riferimento che stanno attivamente plasmando il panorama della moda, offrendo una visione concreta e al di là della teoria. Offriamo piattaforme fisiche e digitali – come sfilate e gallerie – che danno visibilità concreta, preparando gli studenti al mondo reale. Questi hanno anche la possibilità di essere intervistati da testate prestigiose, stylist e buyer affermati, occasione solitamente è riservata a imprenditori già affermati. L’Accademia valorizza l’individualità e il pensiero critico, spingendo gli studenti a sfidare le convenzioni e a esprimere identità uniche. Il tutto si unisce a una formazione pratica sul business. La JCA guarda con coraggio al futuro, smantellando gerarchie obsolete e ridefinendo il significato stesso di educazione nella moda.
Quest’anno i designer sono stati selezionati da una giuria femminile. Quanto conta
inclusività e rappresentanza nella definizione del futuro della moda?
inclusività e la rappresentanza non sono solo importanti: sono essenziali per il futuro della modo. Cambiare chi detiene il potere decisionale significa riscrivere ciò che viene considerato valido, bello e meritevole all’interno del settore. La rappresentanza porta in primo piano una varietà di idee, culture ed estetiche, sfidando i pregiudizi che per anni hanno limitato il potenziale della moda. Dare spazio a donne e voci marginalizzate non è un gesto simbolico: è un modo concreto per trasformare il sistema dall’interno. Il futuro della moda richiede inclusività, non come gesto accessorio, ma come forza propulsiva verso equità e innovazione.
La collaborazione con Haberdashers’ Company unisce mondi formativi diversi. In che modo queste collaborazioni arricchiscono il percorso creativo e professionale degli studenti?
Collaborazioni come quella con la Haberdashers’ Company offrono alle nuove generazioni appassionate di moda l’opportunità di capire se questo sia davvero il percorso formativo che desiderano intraprendere. Fondata nel Quattrocento, la Haberdashers’ Company vanta una lunga tradizione legata al mondo tessile. È straordinario osservare come questa eredità si sia evoluta, connettendosi oggi – attraverso eventi come questa sfilata – alla formazione contemporanea e all’industria della moda. Celebrare le eccellenze tessili significa aprire nuovi orizzonti per i giovani, unendo tradizione e alta formazione. Un’esperienza che non solo valorizza l’eredità della Haberdashers’ Company, ma spalanca nuove porte agli studenti, offrendo ispirazione e incoraggiandoli a costruire un futuro professionale nel mondo della moda.
Ha ispirato e guidato molti creativi: qual
è la qualità che cerca di trasmettere a ogni studente?
La qualità più importante che cerco di trasmettere è un forte senso del sé e l’autenticità creativa profonda. Voglio che si sentano liberi di rischiare e imparino a vedere il fallimento non come una sconfitta, ma come un’opportunità di crescita. La curiosità e la voglia di apprendere costantemente sono altrettanto essenziali: sono queste le qualità che mantengono vivo e dinamico il processo creativo. Incoraggio anche l’ascolto profondo — del mondo che li circonda, dei colleghi e delle proprie intuizioni. Il mio obiettivo è che ogni studente lasci l’accademia con una fiducia incrollabile nella propria voce, non solo come artista, ma come innovatore.
Ha visto da vicino le collezioni di 27 diplomati. Che messaggio emerge sul futuro del fashion?
Le collezioni mostrano un cambiamento evidente verso la sostenibilità, il racconto emozionale e design guidato dal significato. Spicca un forte senso di identità personale: ogni progetto è unico, ma allo stesso tempo pensato per il mercato. L’individualità che emerge nel loro lavoro dimostra come creatività e artigianalità possano coesistere senza compromessi. Le storie raccontate riflettono prospettive diverse, influenze culturali e percorsi personali, il tutto con una qualità tecnica e un’attenzione ai dettagli professionale. A tutto questo si aggiunge l’uso di tecnologie e materiali sperimentali, che dimostrano coraggio e innovazione. Il messaggio è chiaro:
the future of fashion is intentional, inclusive, and unapologetically individual.
L’arte come viaggio emozionale attraverso la scultura
Non solo opere, ma mondi creativi
Ci sono artisti che non si limitano a creare opere, ma costruiscono veri e propri mondi emotivi nei quali lo spettatore può perdersi e ritrovarsi. David Aliperti è uno di questi. La sua ricerca parte dall’intimità di un gesto semplice modellare una pasta di carta che si asciuga all’aria e si trasforma in una narrazione universale fatta di simboli, fragilità e forza. Le sue sculture non sono soltanto forme, ma portatrici di emozioni, memorie e visioni che attraversano culture e generazioni.
Nel 2025, l’artista brasiliano ha presentato le sue opere ad Alcova Milano, conquistando il pubblico con uno stile unico e una visione profondamente emozionale. La sua tecnica innovativa gli consente di creare sculture delicate ma solide, intrise di significati e di poesia. In questa intervista esclusiva con Luxury Pret-àPorter, Aliperti ci accompagna nel suo percorso artistico, raccontando la nascita della sua passione, il suo processo creativo e il valore simbolico che attribuisce a ogni opera.
Nei fiori di cera la fragilità diventa eterna e la natura si trasforma in poesia
scolpita dal tempo.
David, per iniziare, ci piacerebbe sapere come è iniziato il tuo percorso. C’è stato un momento preciso che ti ha spinto verso l’arte?
Ttutto è iniziato quando lavoravo nel mondo della moda, un contesto completamente diverso. Durante un viaggio di lavoro, intorno ai 30 anni, ho avuto un attacco di cuore. Il medico mi disse che non potevo lavorare per tre mesi. Un giorno, a casa di un amico, vidi sua figlia giocare con una pasta di carta che si asciuga all’aria. Mi colpì molto e ne portai un po’ con me. Iniziai a modellare piccole forme per rilassarmi, e piano piano nacque la passione per la scultura. Non avrei mai immaginato che quella semplice esperienza sarebbe diventata la base della mia carriera artistica.
La tua tecnica è davvero particolare, utilizzi una pasta di carta che si asciuga all’aria. Come mai hai scelto proprio questo materiale?
Iprimi pezzi che ho realizzato erano terribili, ma mi piacevano. Non avevo la pressione di mostrarli a nessuno: era qualcosa solo per me. Ho continuato così per otto, dieci anni, fino a quando un amico vide la mia casa, piena di quelle creazioni, e mi invitò a esporre in una galleria. Si trattava di SOMAD, a New York, che lavora con artisti emergenti. Mi offrirono una residency, ed è stato l’inizio di tutto. Il mio processo è istintivo: scelgo un colore che rappresenta il sentimento che voglio evocare e lo lascio fluire. Per me l’arte è come un viaggio: se non guardi dal finestrino, rischi di perderti la parte migliore.
Quindi il tuo processo creativo è
molto spontaneo, quasi istintivo. Come descriveresti il tuo approccio alla scultura?
on preparo mai sculture con un’idea troppo definita, perché mi annoierei subito. La bellezza sta nella scoperta. A volte annoto il sentimento che voglio evocare, ma non parto mai da una forma prestabilita. È la ricerca che mi tiene vivo.
NNelle tue sculture, vediamo spesso il simbolo del fiore. Cosa rappresentano per te i fiori e come si collegano alla tua arte?
Cerco di creare fiori non identificabili, che non esistono, perché i fiori appartengono a tutti e accompagnano l’intera vita. Sono presenti alla nascita, nei matrimoni, nelle lauree, nei momenti di malattia e perfino nei funerali. Parlano dell’effimerità: sono bellissimi, ma destinati a svanire. Ed è proprio questa fragilità che li rende potenti
Le tue sculture sembrano andare oltre l’oggetto fisico, diventando veicoli di emozioni. Come trasformi questi sentimenti in arte?
redo che l’arte debba materializzare emozioni e ricordi. Spesso li pensiamo come fissi, ma in realtà cambiano con noi. Se cerchi dolore, lo troverai; se cerchi nostalgia, amore o conforto, li troverai. Le mie opere cercano di dare forma a queste dimensioni invisibili
CIn alcune delle tue opere, si percepisce un richiamo a mondi fantastici. Pensi che la tua arte possa appartenere a un mondo fiabesco?
Amo l’estetica di Studio Ghibli e la fiction post-apocalittica naturale, come la serie Scavenger Reign. Mi piacciono i mondi estranei ma familiari. Da bambino ero affascinato dalla stop motion e sogno ancora di collaborare con artisti che la praticano. Più che come scultore, mi vedo come un narratore.
Come vedi il futuro della tua arte?
C’è qualcosa che ti piacerebbe
esplorare ulteriormente?
NNon lo so, e credo che sia proprio questo il bello. Nella serie Mother Tree ho lavorato sul concetto di interconnessione: ogni bosco nasce da un altro bosco, e sotto terra le piante comunicano tra loro. Spesso pensiamo a individui isolati, ma siamo parte di un collettivo. Non voglio incasellarmi: preferisco lasciare che le cose fluiscano naturalmente.
David Aliperti non è solo un artista, ma un vero esploratore delle emozioni e dei ricordi. La sua arte si muove tra fragilità e forza, tra delicatezza e solidità, trasformando materiali semplici in narrazioni potenti. Ogni scultura diventa un viaggio in continua trasformazione, un atto di scoperta e sperimentazione che invita lo spettatore a rallentare, osservare e sentire. Con il suo uso innovativo della pasta di carta, Aliperti ci spinge a riflettere sulla bellezza effimera della vita: ciò che è destinato a svanire può diventare eterno se catturato con sensibilità e poesia. Le sue opere sono finestre aperte su mondi interiori e collettivi, capaci di toccare corde universali e di parlare a chiunque si lasci guidare dall’immaginazione.
Il suo percorso dimostra che l’arte non ha bisogno di rigidità o schemi predefiniti, ma nasce dalla libertà di sperimentare e dalla capacità di accogliere l’imprevisto. È in questa apertura continua che Aliperti trova la sua voce, e che il pubblico trova uno specchio in cui riconoscersi. Il futuro della sua arte rimane un territorio in esplorazione, ma è proprio questa incertezza a renderla viva. Ogni nuova opera sarà un passo ulteriore in un cammino senza fine, dove l’essenza della vita si intreccia con la materia, e la scultura diventa memoria tangibile delle emozioni umane.
Chirurgo in Medicina Estetica Medicina Rigenerativa
Dottore, come è nato il suo percorso nella medicina estetica? Quali tre aggettivi userebbe per descriversi come professionista?
L’inizio del mio percorso è abbastanza curioso, grazie ad una prima interview online per un’azienda americana mi sono trasferito a Miami per un periodo di formazione sui trattamenti di medicina estetica. Una volta formato sono stato il primo medico estetico italiano sulla nave Costa Venezia di Costa Crociere nel 2019. Come dico spesso “nulla accade per caso”, evidentemente ero predestinato ad intraprendere questa carriera. 3 aggettivi che mi descrivono come professionista? Empatico, Sincero e Preciso!
Oggi si parla sempre più spesso di medicina estetica, ma non sempre con cognizione di causa. Cos’è davvero la medicina estetica, secondo lei?
Secondo me la medicina estetica è in primis medicina, non sono “solo punturine” come spesso si pensa, dietro c’è invece tanta preparazione, conoscenza anatomica dunque piena conoscenza dei potenziali rischi per la salute del paziente prima ancora di pensare al risultato estetico puro. Del resto “Primum non nocere” diceva Ippocrate. Poi ovviamente deve esserci un risultato che mira al benessere psico-fisico del paziente.
Lei parla spesso di naturalezza ed eleganza nei risultati: come si raggiunge questo equilibrio?
Naturalezza ed eleganza sono le fondamenta della mia medicina estetica. Per raggiungere tale equilibrio non bisogna strafare dunque è fondamentale un’analisi corretta non solo da un punto di vista anatomico, di proporzioni, di utilizzo di tecniche e di prodotti idonei ma anche da un punto di vista dell’analisi della persona che si ha davanti.
Quanto conta la scelta del professionista per evitare risultati innaturali o ‘fake’?
Sicuramente affidarsi a mani esperte è la base per una piena sicurezza per la salute del paziente ma anche per evitare risultati “fake o innaturali” come spesso si vede in giro. Quindi è davvero molto importante sapere a chi ci si sta affidando. Nei miei canali social cerco sempre di educare i miei pazienti o i potenziali pazienti spiegando “cosa faccio e perché lo faccio”. Un modo per far conoscere loro chi sono come professionista e quale sia il mio approccio.
Lei ha lavorato anche come medico
estetico a bordo di una nave da crociera. In che modo questa
esperienza ha influenzato il suo approccio ai trattamenti?
L’esperienza sulla nave da crociera è stata per me una grande occasione per conoscere diverse etnie dunque diversi approcci sulla base di differenti culture oltre che differenti tratti anatomici. Sicuramente sono valori aggiunti che mi permettono di capire a fondo il paziente che ho davanti per poter garantire il risultato che sta cercando.
Durante un’analisi del viso, ci ha detto che considera anche chi ha davanti come persona, non solo come paziente. Ci racconta meglio cosa significa per lei la personalizzazione di un trattamento?
Personalizzare un trattamento è per me “cucire su misura” sia sulla base delle mie conoscenze tecniche sia sulla personalità della persona stessa. Per fare un esempio se un paziente è timido caratterialmente magari non vuole ostentare la sua bellezza quindi avere un approccio più soft può essere l’ideale per far stare bene la persona con se stessa senza eccessi.
Lei sottolinea l’importanza della sicurezza: quanto è importante ricordare che non si tratta solo di ‘punturine’?
Spesso i pazienti sottovalutano i vari trattamenti per esempio paradossalmente hanno più timore del botox che è un farmaco, utilizzato anche come terapia per patologie neuromuscolari per esempio, rispetto ad un filler che è un medical device incuranti delle possibili complicanze irreparabili che un filler iniettato male possa arrecargli. Dunque si è davvero importante essere consapevoli anche dei potenziali rischi di procedure mediche a cui ci si sottopone ed io durante la prima visita spiego loro di tutto e di più.
Parliamo di armonizzazione del viso. In cosa consiste esattamente e quali sono le tecniche più all’avanguardia oggi?
Quando si parla di armonizzazione del viso si parla di proporzioni che possono essere migliorate con i giusti prodotti, le giuste quantità e le giuste tecniche. La formazione continua di un professionista è alla base di tutto ciò. Le tecniche all’avanguardia sono frutto di un costante aggiornamento professionale che sia con Masterclass piuttosto che partecipando ai vari Congressi nazionali e internazionali cosa che io puntualmente ogni anno faccio. E’ una crescita professionale che mi permette di offrire ai miei pazienti sempre il top.
Less is more’ è un principio che guida il suo lavoro. Quali sono i benefici di un approccio misurato rispetto a interventi più invasivi o vistosi?
Sicuramente “Less is more” rispecchia esattamente il mio approccio, la medicina estetica non deve essere una dipendenza. Spesso mi trovo a dire di “No” sia a miei pazienti sia a nuovi pazienti che hanno già strafatto con altri professionisti. Educare il paziente al corretto utilizzo dei trattamenti di medicina estetica è parte della mia professione.
C’è una tendenza, oggi, verso un’estetica più omologata. Come si può invece valorizzare l’unicità di ogni volto, anche tenendo conto delle diverse etnie?
Sì è vero la tendenza all’omologazione si vede spesso in giro. Io preferisco una medicina estetica volta alla personalizzazione che non vada a snaturare la fisionomia del paziente. L’analisi delle diverse etnie, sudamericane o asiatiche per fare degli esempi, mi permette di lavorare con degli approcci differenti che garantiscono il mantenimento delle caratteristiche anatomiche originarie ma con un tocco di bellezza in più.
Dopo un periodo di ferie quale trattamento consiglierebbe a chi desidera tornare al lavoro con un viso fresco, ma senza stravolgimenti?
n Italia purtroppo siamo ancora agli inizi per quanto riguarda un approccio utile alla prevenzione. Una medicina estetica preventiva prevede prendersi cura della propria pelle non solo dei “cambiamenti estetici” come un filler labbra o un rinofiller. Tra i vari trattamenti per la skin quality abbiamo percorsi di biorivitalizzazione, biostimolazione e i peeling chimici. Un po’ più impegnativi in termini di tempistiche perché sono dei protocolli terapeutici che prevedono più sedute ma che se visti nel lungo termine ci garantiscono un prolungamento delle tempistiche di invecchiamento cutaneo.
La vera estetica non è cambiare un volto ma restituirgli
l’armonia che racconta chi sei.
La storia del brand di gioielleria
Non sono semplici accessori, ma vere e proprie opere d’arte
Ci sono nomi che non appartengono solo alla storia della moda, ma alla storia dell’arte.
Carlo Zini è uno di questi. Gioielliere visionario, milanese nell’anima, ha saputo trasformare la sua passione in un universo di luce e colore. Sin dagli anni ‘70, il suo atelier è stato un rifugio per chi cercava pezzi unici, capaci di raccontare una storia, di suscitare emozioni. Con il suo stile inconfondibile, Zini ha saputo mescolare tradizione e modernità, creando gioielli che non sono semplici accessori, ma vere e proprie opere d’arte. Il suo talento ha sedotto il jet set internazionale, adornando con le sue creazioni le personalità più influenti della moda e dello spettacolo.
Come nasce il brand?
Il brand Carlo Zini nasce da un atto di coraggio e da un’incontenibile passione. Negli anni ‘70, Carlo lavorava in banca, ma sentiva che la sua vera vocazione era altrove. Nel tempo libero si immergeva nei mercatini di Brera, respirando l’energia creativa di un quartiere in fermento. Fu proprio in quei vicoli affollati di artisti e sognatori che maturò la consapevolezza di voler creare qualcosa di unico. Decise così di abbandonare la sicurezza di un lavoro stabile per inseguire il suo sogno. Iniziò collaborando con la ditta Diana Monili in via Senato e con La Gutta in via Madonnina, fino ad aprire il suo primo negozio in Ripa di Porta Ticinese 21. Qui, circondato dal fascino dei Navigli, Carlo dava nuova vita a vecchie biancherie vintage, trasformandole in abiti straordinari, pezzi unici di storia e fascino.
Com’era il quartiere quando avete aperto?
Era un altro mondo. Il Naviglio era un angolo di Milano dal sapore autentico, popolato da artisti, artigiani e spiriti liberi. I primi clienti del brand erano signore milanesi dall’eleganza senza tempo, che arrivavano accompagnate dai loro autisti per farsi realizzare capi e bijoux su misura. Erano donne che sapevano riconoscere la bellezza e l’unicità. Poi, con il boom economico degli anni ‘80, il brand si espanse, arrivando a essere presente in ben 18 boutique nel quadrilatero della moda.
Negli anni ‘80 e ‘90, il lusso era sinonimo di opulenza. Le clienti amavano distinguersi con pezzi vistosi, gioielli importanti, abiti studiati per essere ammirati. Oggi il panorama è cambiato: le nuove generazioni cercano qualcosa di diverso, un lusso più discreto, meno ostentato. Questa evoluzione ha trasformato il modo di creare, di vendere e di comunicare la bellezza. Ma una cosa non è mai cambiata: il desiderio di indossare qualcosa che racconti una storia, che abbia un’anima
ispirazione è ovunque: nella luce di una giornata di sole, nei colori di un mercato rionale, nei dettagli di un tessuto antico. Osservare il mondo con occhi attenti significa cogliere le sfumature che sfuggono a uno sguardo distratto. Ogni gioiello nasce da un’intuizione, da un frammento di bellezza che si trasforma in qualcosa di concreto. E questa magia è ciò che rende unico ogni pezzo.
Come funziona il processo di creazione di un gioiello?
Ogni creazione è un viaggio. Spesso si parte da un’idea, un desiderio della cliente che prende forma attraverso schizzi e prototipi. Si lavora il metallo grezzo, si scelgono le pietre più preziose, tagliate con cura in laboratori specializzati. Ogni fase del processo è un atto di amore e dedizione, perché ogni gioiello deve essere perfetto, capace di far brillare chi lo indossa.
Com’è cambiato il mercato?
La moda è un ciclo che si ripete, e oggi stiamo già assistendo al ritorno di gioielli importanti, dopo anni di minimalismo. Ma al di là delle tendenze, la vera essenza del brand resterà sempre la stessa: innovare senza mai perdere la propria identità, offrendo pezzi unici che raccontano storie, che regalano emozioni, che accendono lo sguardo di chi li sceglie. Il futuro? Sarà ancora una volta un mix di passione, artigianalità e creatività. Perché finché ci saranno sogni da indossare, ci sarà sempre spazio per la bellezza autentica.
Ci sono professioniste che non si limitano a esercitare una professione, ma la trasformano in un linguaggio capace di raccontare un nuovo modo di vivere la salute. Alessandra Cattaneo appartiene a questa categoria: osteopata, chinesiologa, docente universitaria per molti anni e oggi attiva nell’insegnamento tramite masterclass e workshop, ma soprattutto visionaria che ha saputo tradurre un sogno in una realtà concreta e vitale per Milano. Con Studio Cerva, nato nel 2023, ha creato una ‘casa della salute’ dove corpo, mente e bellezza dialogano senza confini, restituendo al concetto di benessere quella dimensione totale che troppo spesso viene dimenticata, ma di cui ognuno di noi ha profondamente bisogno.
La sua è una storia di tenacia, di scelte coraggiose e di autentica passione per il suo lavoro. Per Alessandra non c’è nulla di più importante dell’ascolto per le persone: prima ancora di indagare il problema fisico dei suoi pazienti, offre loro lo spazio di esprimere i propri pensieri ed emozioni. È così che secondo lei si può instaurare un rapporto intimo e confidenziale col paziente, costruito sulla fiducia reciproca e sulla capacità di entrare in empatia con chi le sta di fronte. In un’epoca in cui si cercano soluzioni rapide e frammentate, Alessandra ha scelto la via più complessa ma anche la più efficace: un approccio multidisciplinare che, grazie a un team di psicologi, nutrizionisti, fisioterapisti e altre figure specialistiche, genera un dialogo costante tra professionalità, umanità e sinergia di competenze.
Oggi Studio Cerva è un luogo che accoglie, cura, accompagna e, soprattutto, insegna a prendersi davvero cura di sé. Nell’intervista che segue, Alessandra ci porta dentro il suo mondo: il cammino che l’ha condotta a questo progetto, le difficoltà e le conquiste, ma soprattutto la convinzione che la salute non sia un punto di arrivo, bensì un equilibrio dinamico da coltivare ogni giorno, con consapevolezza e amore.
La tua storia professionale racconta di una donna che ha trasformato un sogno in un progetto concreto. Chi sei davvero, al di là delle etichette di osteopata e docente, e cosa ti ha spinta a creare uno spazio dove corpo, bellezza e benessere dialogano in armonia?
CCome tu stessa hai anticipato, sono un’osteopata e svolgo questa professione ormai da molti anni. Sono stata una docente e ho lavorato in diversi studi privati, ma dentro di me in realtà avevo un sogno che mi accompagnava da tempo: creare un luogo dove la salute fosse vissuta nella sua interezza, una piccola clinica del benessere a 360 gradi, capace di riunire figure professionali diverse e farle lavorare in sinergia. Due anni fa ho trovato il coraggio e finalmente ho dato vita a Studio Cerva. Ho scelto uno spazio nel cuore di Milano, in una via raccolta e affascinante, perché fin dal primo momento mi ha trasmesso un’atmosfera intima e accogliente. A condividere con me questa avventura c’è stata una collaboratrice speciale, un’osteopata che era stata mia alunna e che mi ha sostenuta sin dall’inizio, accompagnandomi anche nei momenti più delicati della mia vita. Insieme abbiamo iniziato a costruire un team, a inserire nuove competenze, a dare forma a un progetto che non smette di crescere. Oggi quello spazio è diventato una realtà viva e in continua evoluzione, un percorso che continua a espandersi, portando avanti la visione di benessere integrato che ho sempre sognato.
Com’è nato il tuo amore per l’osteopatia? C’è un momento preciso, un ricordo o un incontro che ti ha fatto comprendere che questa sarebbe stata la tua strada?
Sin da ragazzina ho sentito forte dentro di me la predisposizione a prendermi cura degli altri, con modalità diverse e attraverso approcci che andavano oltre la semplice tecnica. Il primo vero passo è arrivato durante gli anni universitari, quando ho intrapreso il percorso in Scienze Motorie a indirizzo riabilitativo. Per sostenermi negli studi insegnavo danza, e lì ho compreso quanto il movimento potesse avere un valore terapeutico. Le mie allieve mi insegnavano ogni giorno che la danza non era solo disciplina e bellezza, ma un linguaggio capace di liberare emozioni e alleggerire piccoli pesi interiori. Tanto che la mia prima tesi fu proprio dedicata alla danza e alla musicoterapia. In quel periodo ho iniziato ad accogliere nella mia scuola anche bambine con difficoltà comportamentali o piccoli limiti fisici, perché sentivo che il connubio tra musica e movimento aveva un potere profondamente curativo. Era il mio primo vero approccio imprenditoriale: una scuola con oltre 180 allieve che, senza che me ne rendessi pienamente conto, era già un luogo di benessere condiviso. Dopo la laurea in Scienze Motorie decisi di iscrivermi a Medicina. Ma è stato il destino a indicarmi la strada definitiva: accompagnando mia madre da un osteopata, rimasi colpita da quel modo di curare che andava oltre il sintomo, capace di ascoltare il corpo e la persona nella sua interezza. Ne fui così affascinata che decisi di approfondire e dedicare a questa disciplina il mio futuro professionale. Fu in quel momento che capii di aver trovato il mio cammino.
Per chi non conosce l’osteopatia, come descriveresti questa disciplina in modo che anche i più scettici possano comprenderne la profondità e il valore nella vita quotidiana? come spiegheresti in modo efficace questa disciplina anche a chi non crede in questa disciplina.
L’osteopatia è innanzitutto una medicina preventiva, riconosciuta come professione sanitaria dal 2021, ma per me è molto più di una definizione. È un approccio olistico, una terapia manuale che considera la persona nella sua totalità: dal sistema muscolo-scheletrico a quello nervoso, dal viscerale agli aspetti psicosomatici. Uno dei campi che tratto con più attenzione è quello delle somatizzazioni: i disagi emotivi che trovano una via di espressione attraverso il corpo. È lì che il lavoro dell’osteopata diventa ascolto profondo. Ogni paziente è per me un universo a sé, con una storia unica da raccontare. Ecco perché dico sempre che ogni percorso terapeutico è un viaggio. Anche quando due persone arrivano con lo stesso sintomo, l’approccio non sarà mai identico: ciò che cura non è la tecnica in sé, ma la capacità di entrare in relazione con la singolarità di ciascuno.
Se il corpo riesce a raccontare tutto, qual è la prima cosa che noti quando una persona entra nel tuo studio e si affida alle tue mani?
“Credo che la qualità che più mi abbia permesso di crescere come professionista sia l’empatia.”
Ho la capacità di immedesimarmi con il paziente, di percepire le sue emozioni e il suo bisogno autentico di essere ascoltato. Anche il mio approccio manuale è una forma di ascolto, forse ancora più profondo delle parole: attraverso il contatto, il paziente comprende che desidero prendermi cura di lui in maniera autentica, entrando in risonanza con ciò che spesso non viene detto, ma che il corpo custodisce e rivela.
Possiamo dire che il dolore fisico è solo la punta dell’iceberg, e sotto la superficie si nasconde un universo più complesso fatto di emozioni, traumi ed esperienze di vita?
Sì, il dolore fisico, a meno che non derivi da un trauma evidente, è spesso soltanto la punta dell’iceberg. Quello che si manifesta come sintomo è in realtà il risultato di un intreccio di cause: traumi fisici ed emotivi, interventi chirurgici, abitudini di vita, stati interiori ed emotivi attuali. Tutto questo concorre a creare disfunzioni che, a loro volta, si traducono in segnali corporei.Il compito dell’osteopata è proprio quello di andare oltre la superficie, di non fermarsi al sintomo, ma di esplorare e comprendere ciò che si nasconde al di sotto, là dove risiede la vera origine del malessere.
La tua empatia è una forza, ma può diventare anche un peso da portare sia a livello fisico che a livello mentale. Come ti ricarichi quando senti di dover ritrovare equilibrio ed energia per te stessa?
Credo che per poter far stare bene gli altri sia necessario, prima di tutto, stare bene con se stessi. E questa è una regola che cerco di applicare ogni giorno, perché l’equilibrio interiore e ciò che mi permette di fare bene il mio lavoro. Inoltre, amo lo sport e lo ritengo una forma di terapia e di ricarica: pratico la Muay Thai, un’arte marziale che mi dona energia fisica e allo stesso tempo mi permette di liberare le tensioni accumulate. È una disciplina che mi aiuta a sentirmi forte, centrata, pronta ad affrontare le sfide quotidiane. Alla fine della giornata, invece, mi affido a momenti più intimi e introspettivi: brevi sessioni di yoga e meditazione che mi riportano alla calma e all’ascolto di me stessa. È questo equilibrio tra forza ed introspezione a restituirmi l’energia necessaria per accompagnare gli altri nel loro percorso di benessere.
Guardando ai tuoi pazienti, qual è il bisogno o la problematica che oggi emerge con maggiore frequenza e che senti di dover affrontare con più urgenza?
La problematica che incontro più spesso è la cervicalgia: dolori alla zona del collo che si associano a mal di testa, emicranie e cefalee legate a tensioni accumulate nel tempo. Non sorprende, considerando che la maggior parte delle persone trascorre ore davanti al computer, con conseguenze che si estendono anche alla zona lombare, generando dolori alla schiena. Ma andando più in profondità, ciò che emerge spesso è il legame con la sfera viscerale: colon irritabili, gastriti, reflussi gastroesofagei. Disturbi che non sempre corrispondono a una reale patologia organica, bensì a somatizzazioni. Il corpo, in questi casi, diventa un traduttore silenzioso delle emozioni e delle tensioni che non trovano altre vie di espressione.
Cosa ti ha insegnato e ti sta insegnando questo percorso imprenditoriale, non solo come professionista della salute, ma anche come donna?
Questo percorso mi ha insegnato, e continua a insegnarmi ogni giorno, che la tenacia, la forza di volontà e la passione sono le qualità fondamentali per realizzare un sogno. Ho imparato quanto sia importante avere obiettivi chiari e non smettere mai di crederci. Allo stesso tempo, ho imparato che non si può crescere da soli: è fondamentale circondarsi di persone valide, selezionare collaboratori seri e autentici. Credo che la trasparenza e l’onestà siano valori imprescindibili: per poterli riconoscere negli altri, bisogna innanzitutto incarnarli in prima persona e essere limpidi e sinceri in ogni scelta.
Il tuo lavoro ti emoziona ancora oggi? Quali sono quei momenti che ti fanno sentire, ogni volta, di aver scelto la strada giusta?
Il mio lavoro mi emoziona ogni giorno. Ogni incontro con un paziente è diverso, ogni storia porta con sé sfide uniche, e sapere di poter contribuire al benessere di una persona quando lascia il mio studio è un’emozione incredibile. Mi emoziona la relazione che si crea con il paziente già dal primo istante, così come mi emoziona lavorare accanto a un team di professionisti autentici, che credono nel valore del nostro progetto. Per me questa è una grande fortuna: condividere il lavoro con persone che mettono passione e verità in ciò che fanno rende tutto più vero e più umano.
Se guardi al futuro, quali sono i progetti e i desideri che ti auguri di realizzare con Studio Cerva e nella tua vita personale?
Ho tanti progetti in programma. Nei prossimi mesi Studio Cerva amplierà i propri spazi, aprendosi a nuove collaborazioni e a percorsi ancora più completi dedicati al benessere e alla salute della persona. Il mio desiderio è incontrare professionisti capaci e stimolanti, con cui condividere la voglia di creare qualcosa di innovativo e autentico. Allo stesso tempo, però, non dimentico ciò che per me resta il centro di tutto: i miei figli e la mia famiglia. Credo profondamente che una cosa non escluda l’altra. Alle donne imprenditrici e lavoratrici che leggeranno queste righe vorrei dire che è possibile portare avanti entrambe le dimensioni con la stessa dedizione e con la stessa passione: perché realizzarsi professionalmente non significa rinunciare alla propria vita personale, ma trovare un equilibrio che permetta di conciliare i due ambiti allo stesso modo.
E infine, Alessandra, se potessi tornare indietro e parlare con la te stessa di qualche anno fa, quale consiglio, o forse quale incoraggiamento, le daresti?
All’Alessandra del passato direi un grande grazie. Le farei i complimenti per la determinazione, la tenacia e la passione con cui ha affrontato ogni tappa del cammino. Gli errori ci sono stati, certo, ma ognuno di questi mi è servito ed e mi ha fatto crescere, imparare e diventare la donna e la professionista che sono oggi. Non cambierei nulla del mio passato, perché ogni passo, anche il più incerto e difficile, mi ha portata fin qui.
La vera forza nasce dall’unione tra passione e competenza.
Autentico
Ispiratore
Andrea Di Laura, founder di
Storie di eccellenza del Made In Italy:
come Italia Refinement cambia Brand in Narrazioni Indimenticabili.
Ci sono progetti che nascono come intuizioni e altri che sbocciano come vocazioni. Italia Refinement è entrambi: un’idea diventata comunità, un’intuizione trasformata in movimento. In un’epoca in cui il Made in Italy rischia di ridursi a slogan, questo progetto restituisce profondità e autenticità, intrecciando estetica, cultura e identità in una narrazione globale. Con radici nell’artigianalità e lo sguardo al futuro, oggi Italia Refinement è una realtà che dialoga con brand e territori, trasformando ogni progetto in un’esperienza editoriale e visiva di alto livello. Abbiamo incontrato Andrea Di Laura, fondatore e anima del progetto, per scoprire come sia nato questo percorso e quali prospettive attendano una piattaforma che vuole essere punto di riferimento per chi cerca nel Made in Italy non solo un marchio, ma un’anima.
Qual è stata la scintilla che ha dato vita a Italia Refinement e cosa distingue il vostro approccio al lifestyle italiano?
Italia Refinement in tutta onestà nasce un po’ per caso e un po’ per una passione che avevo dentro: quella per tutto ciò che è estetico ed ha una bella storia da raccontare. All’inizio facevo il freelance come social media manager e avevo questa pagina lifestyle generica, niente di verticale. Ad un certo punto però, galeotto un libro che stavo leggendo in quel periodo e ancora oggi rimane uno dei miei preferiti, Strategia Oceano Blu di Mauborgne e Kim, mi dico: ‘Perché non concentrarmi solo sul Made in Italy?’ Da quel momento è cambiato tutto. Oggi quello che cerchiamo di fare è semplice: offrire alla nostra community contenuti di valore, coerenti con tutti quelli che sono gli aspetti più affascinanti del savoir faire italiano, in modo che chi ci segue si appassioni davvero, diventi curioso, voglia saperne di più.
Come hai costruito il team di Italia Refinement e quali competenze lo rendono unico?
IIn 4 anni siamo cresciuti da un progetto individuale a un team di 8 persone. Una trasformazione che a ripensarci oggi mi riempie di orgoglio ed emozione. Stiamo costruendo un ecosistema di competenze complementari dove ogni figura porta expertise specifiche e una visione condivisa della qualità. Il nostro approccio punta su ruoli ben definiti: Alessio gestisce gli aspetti legali e finanziari con precisione e minuziosità; Andrea e Carlo, in ambito sales, non si limitano a vendere o fare outreach, ma creano relazioni autentiche con brand e partner, condividendo con trasparenza i nostri valori. Andrea - sì, è un nome ricorrente nel nostro team! - cura la struttura organizzativa con visione strategica e l’obiettivo di tenerci sempre un passo avanti. Matilde, la nostra SMM, ha quella sensibilità estetica e comunicativa che sa tradurre la bellezza in contenuti coinvolgenti, sia per noi che per i partner con cui collaboriamo. Manuel porta una estro visivo che eleva ogni progetto visuale, mentre Matteo e Andrea garantiscono che la parte IT sia sempre al servizio della creatività, mai un limite. Quello che unisce tutti è l’adesione ad un progetto condiviso e la capacità di lavorare come un’orchestra: ognuno suona la sua parte, ma il risultato finale è sempre d’insieme.
Italia Refinement è un laboratorio creativo dedicato alla bellezza e all’identità italiana: cosa significa per voi raccontare il Made in Italy?
Per noi significa esplorare tutte le sfumature di cui il Made in Italy è connotato. Dal fashion all’hospitality, dalla gastronomia al design, fino alle più alte espressioni di artigianato. Ma non ci fermiamo al prodotto: vogliamo fare storytelling di qualità ed educare al bello chi ci segue. Quello che ci sta più a cuore è dare luce alle persone dietro queste eccellenze, al tessuto umano che le crea. Un po’ come il fenomeno del Mecenatismo al tempo dei Medici - ovviamente con le dovute proporzioni! Ci piace scovare anche realtà di nicchia, magari meno conosciute ma che offrono una qualità nell’output finale di livello assoluto. Sono queste storie nascoste che spesso ci emozionano di più e che meritano di essere raccontate.
Da dove nasce l’ispirazione quando raccontate i brand e quali eccellenze italiane vi stimolano di più?
L’ispirazione nasce da un viaggio di scoperta all’interno del brand: esploriamo la sua storia, i valori che lo definiscono, le unicità che lo rendono speciale. Da questa ricerca emerge il filone narrativo più autentico, quello che permette di creare un equilibrio perfetto tra visual e storytelling, amplificando al massimo l’essenza del marchio. Ma quello che davvero ci stimola non sono tanto i brand in sé, quanto le persone che li hanno creati e alimentati. Accanto ai grandi maestri del calibro di Giorgio Armani e Remo Ruffini, io guardo molto a figure come Alessandro Squarzi di Fortela e Silvio Campara di Golden Goose. Mi affascina la loro capacità di coniugare ossessione per l’eccellenza e profondità emotiva, di trasformare una visione in qualcosa di concreto e riconoscibile. Il modo in cui riescono a dare un’anima ad ogni particolare è quello che cerchiamo di catturare e trasmettere nei nostri progetti.
Che ruolo ha l’identità locale nei vostri progetti di valorizzazione culturale?
Per noi l’identità locale non è solo estetica, ma l’anima di ogni progetto che supportiamo. Raccontiamo il Made in Italy - dalla moda all’enogastronomia, dall’hospitality al design - come un ecosistema dove ogni prodotto porta con sé una storia, le proprie radici, un significato profondo. Il nostro approccio parte sempre dalle origini: ogni marchio, designer o artigiano ha una storia che affonda nel proprio genius loci e nelle tradizioni. Valorizziamo la bellezza dell’hand made e dei rituali creativi, elementi che permeano tutto il nostro lavoro, dai contenuti alla direzione visiva. Il nostro obiettivo è creare esperienze che trasmettano quel senso di appartenenza unico del Made in Italy, dove lusso significa autenticità e ogni progetto diventa un ponte tra tradizione e contemporaneità.
Come riuscite a mantenere coerenza e unicità nei vostri progetti
tra storytelling, design e contenuti digitali?
IIl segreto sta nel partire sempre dall’essenza distintiva di ogni brand. Prima di tutto ascoltiamo, studiamo, comprendiamo le peculiarità che rendono quel marchio irripetibile. Da lì sviluppiamo tutto l’ecosistema creativo, dal visual al copy, dalla strategia ai contenuti. Ma non ci limitiamo a essere fedeli interpreti: aggiungiamo sempre la nostra visione, cerchiamo angoli inediti, prospettive che possano sorprendere. Il nostro obiettivo è stimolare la curiosità rivelando lati nascosti, raccontando aspetti che ancora nessuno ha saputo cogliere. È questo equilibrio tra rispetto dell’identità del brand e originalità nell’osservare che ci permette di creare progetti coerenti ma mai ripetitivi. Ogni volta è una nuova sfida creativa, e solo puntando su questo valore aggiunto possiamo mantenere credibilità e rilevanza.
Quali sono per voi i principali errori dei brand
italiani nella comunicazione del proprio valore?
Più che di veri errori, parlerei di inefficienze sistemiche che abbiamo osservato incontrando diverse realtà del Made in Italy. Il primo limite è la mancanza di visione strategica a lungo termine: molti brand ragionano ancora su orizzonti temporali troppo ristretti. C’è poi una certa diffidenza, ancora, verso i canali digitali - li vedono come necessari, ma non li integrano davvero nella loro strategia di comunicazione. Quello che notiamo spesso è anche una scarsa propensione al rischio e investimenti insufficienti nella produzione di contenuti di qualità. Paradossalmente, quando decidono di delegare, spesso scelgono partner non all’altezza della qualità che rappresentano. La verità è che il valore intrinseco nel Made in Italy d’eccellenza c’è eccome, ed è straordinario. Ma serve maggiore progettualità e competenza specifica. Chi investe nel lungo termine con la giusta strategia, poi raccoglie frutti importanti.
Su quali nuovi progetti o sfide vi concentrerete nei prossimi mesi?
Senza spoilerare troppo, posso dirti che stiamo vivendo una fase di crescita molto stimolante. Il nostro focus è su tre direttrici: elevare la qualità dei nostri processi creativi, investire in strumenti sempre più performanti e soprattutto valorizzare il team di talenti che sta contribuendo al successo del progetto. Sul fronte delle collaborazioni, stiamo concludendo le trattative con uno dei più grandi player della moda italiana. Un brand che rappresenta perfettamente i valori che raccontiamo. Il progetto includerà anche un’intervista esclusiva con il CEO per il nostro podcast, che sarà un momento davvero speciale. Non vedo l’ora di condividere tutti i dettagli con la nostra community! Spero di poter annunciare ufficialmente questa partnership molto presto sui nostri canali.
i sono luoghi che non si limitano a ospitare: raccontano storie, custodiscono atmosfere, trasformano ogni soggiorno in un’esperienza che resta impressa nel cuore. Villa Barbarich, immersa in un parco secolare lungo le rive del fiume Marzenego, a soli quindici minuti da Venezia, è uno di questi. Una dimora rinascimentale del Cinquecento, nata come residenza estiva della nobile famiglia Malipiero, che oggi rivive grazie a un restauro attento e raffinato, capace di unire la bellezza del passato all’eleganza del presente.
Un gioiello della Serenissima
Passeggiare tra i saloni di Villa Barbarich significa compiere un viaggio indietro nel tempo. Gli spazi sono adornati dagli straordinari affreschi di Ludovico Toeput, detto il Pozzoserrato, pittore fiammingo che seppe catturare lo spirito della Serenissima attraverso scene mitologiche e religiose di intensa suggestione. Ogni dettaglio, dalle volte affrescate ai pavimenti in pietra, porta con sé l’aura di una grandezza antica, riportata alla luce da un restauro meticoloso che ha saputo rispettare l’essenza della villa senza rinunciare al comfort contemporaneo.
Le camere: un rifugio tra storia e comfort
Con sole 31 camere e suite, distribuite tra il corpo centrale e l’antica barchessa, Villa Barbarich accoglie gli ospiti in un’atmosfera intima e sofisticata. Gli interni evocano la sontuosità veneziana con lampadari in vetro di Murano, tessuti barocchi, soffitti lignei e bagni in marmo pregiato. Ogni stanza diventa un piccolo rifugio, dove il lusso non è ostentato, ma si esprime nella cura dei dettagli, nel silenzio ovattato che regala serenità, nel piacere di svegliarsi circondati dalla bellezza. Alcune suite si aprono su giardini privati con accesso diretto alla piscina, offrendo agli ospiti la possibilità di vivere la villa in totale intimità. È il lusso della discrezione, quel privilegio raro che trasforma il soggiorno in un’esperienza esclusiva e personalizzata. Il parco e la piscina: natura e quiete Il cuore verde di Villa Barbarich è il suo parco alberato di 20 mila mq, un’oasi di pace che avvolge la dimora. Qui il tempo sembra rallentare: le giornate si dilatano tra passeggiate all’ombra di alberi secolari, momenti di relax nella zona solarium e tuffi rigeneranti in piscina. È il luogo perfetto per isolarsi dal ritmo frenetico della città, pur rimanendo a pochi minuti dal cuore pulsante di Venezia.
Eventi e atmosfere da ricordare
La versatilità degli spazi, tra saloni storici ed aree all’aperto, rende Villa Barbarich una location perfetta per eventi esclusivi, matrimoni e meeting di prestigio. L’atmosfera che si respira è unica: ogni celebrazione diventa memorabile grazie al fascino della dimora, capace di unire storia e contemporaneità in un equilibrio armonioso.
La posizione perfetta per scoprire il Veneto La villa gode di una posizione privilegiata: a pochi minuti dall’aeroporto Marco Polo, facilmente raggiungibile in auto o in treno, rappresenta un punto di partenza ideale per andare alla scoperta dei tesori del Veneto. Dai Colli Euganei, con i loro paesaggi incontaminati, alle colline di Valdobbiadene, patria del Prosecco, fino alle spiagge dorate del Lido di Jesolo e alle città d’arte come Treviso e Padova, ogni itinerario diventa un viaggio nella bellezza.
L’esperienza Villa Barbarich
Soggiornare a Villa Barbarich non significa semplicemente pernottare in una dimora storica, ma vivere un’esperienza completa: assaporare il silenzio del parco, immergersi nell’acqua della piscina, cenare sotto soffitti affrescati, svegliarsi in camere che raccontano storie antiche e moderne allo stesso tempo.
“È il lusso autentico, quello che non ha bisogno di clamore ma che si manifesta nei dettagli: un sorriso attento, un affresco che ti osserva, il profumo delle erbe appena raccolte, la luce che filtra dalle finestre al mattino”
Gastronomia tra arte e territorio
L’esperienza a Villa Barbarich non sarebbe completa senza una sosta al suo ristorante al piano nobile, un ambiente incantato dove le volte e le pareti affrescate raccontano storie antiche, trasformando la cena in un rituale che coinvolge tutti i sensi. Lo chef propone una cucina raffinata che valorizza i sapori del territorio: il pesce fresco della laguna, le erbe aromatiche coltivate nell’orto della villa, i vini che raccontano la tradizione veneta. Ogni piatto è una narrazione gastronomica che intreccia tradizione e innovazione, leggerezza ed eleganza. Per chi cerca un’esperienza intima, le cinque salette affrescate possono essere riservate, offrendo una cornice di esclusiva riservatezza. E quando il sole è alto, il pranzo può diventare un momento di piacere all’aperto: un piatto leggero servito in giardino o a bordo piscina, accompagnato dal canto degli uccelli e dal profumo dell’erba bagnata.
Salò, sul Lago di Garda, nasce un’oasi di lusso rilassato: A-ROSA Lago di Garda. Un resort 5 stelle che unisce verde, luce, design sostenibile e charme mediterraneo in un’architettura armoniosa, perfettamente integrata nel paesaggio gardesano. È il primo hotel italiano del brand A-ROSA e offre un nuovo concetto di ospitalità: elegante ma informale, raffinato ma accessibile, con un’attenzione costante al benessere, alla natura e alla personalizzazione dell’esperienza.
Un giardino d’autore affacciato sul lago Il resort si sviluppa come un balcone naturale sul Benaco, circondato da ben 130 varietà botaniche tra cui agrumi e piante autoctone. Il verde domina ogni spazio, dentro e fuori, grazie anche al sapiente uso dell’indoor gardening. I volumi architettonici seguono dolcemente la collina e si fondono con l’ambiente, regalando a chi entra la sensazione di trovarsi in un piccolo eden.
Luce, design e sostenibilità
La luce penetra generosa attraverso le ampie vetrate e accompagna ogni momento della giornata. La struttura evoca le storiche limonaie del Garda e impiega materiali eco come la Biopietra, traspirante e riciclabile. L’interior design, curato dallo studio Bost, combina marchi nordici e mediterranei, creando un’atmosfera eclettica, sofisticata e accogliente.
Camere con vista e suite da sogno
Le 99 camere e suite, tutte ampie e luminose, hanno balconi panoramici, con dettagli di design che omaggiano il territorio. Dai letti con biancheria Sunday in Bed alle altalene vista lago, ogni spazio invita a un nuovo concetto di comfort. La top suite, con vasca idromassaggio sul tetto, è il fiore all’occhiello del resort.
Attività, leisure e ospitalità a 360°
L’A ROSA Lago di Garda offre un programma ricchissimo tra sport, escursioni, golf, bike, corsi e coworking. È perfetto per famiglie, professionisti e amanti della dolce vita, con spazi attrezzati per eventi, team building e momenti speciali.
SPA Rosa e il benessere olistico
Un’area di 1900 mq dedicata al wellness, con piscine interne ed esterne, saune tematiche, trattamenti personalizzati firmati Vinoble e uno SPA Remedy Bar dove scegliere oli e fragranze su misura. Il benessere si estende anche all’area fitness con palestra tech e sala yoga vista lago.
Gusto italiano tra ristorante e enoteca
Guidato dallo chef Enrico Fiorentini, il ristorante valorizza i prodotti del territorio con piatti creativi e ingredienti stagionali, anche dal proprio orto. Completano l’offerta una trattoria, un’enoteca panoramica e un pool bar per esperienze di gusto indimenticabili.
mmersa nella tranquilla eleganza di Merano, in Alto Adige, Villa Eden è molto più di un hotel a cinque stelle: è un luogo dell’anima, dove il concetto di benessere si fonde con la più alta espressione dell’ospitalità. Un retreat per soli adulti con 25 suite esclusive, insignito di due Chiavi Michelin nel 2024, che rappresenta oggi uno dei più raffinati esempi di hotel per la longevità a livello internazionale.
La visione di Angelika Schmid: il benessere come forma d’arte
“Lasciatemi il vostro corpo per una settimana e vi restituirò la vostra anima”
Con queste parole, Angelika Schmid, proprietaria e anima di Villa Eden, riassume la sua filosofia di accoglienza. Dopo aver raccolto l’eredità visionaria del padre Karl nel 1993, ha trasformato la prima “Beauty Farm” italiana in un Longevity Private Retreat di fama mondiale, dove ogni dettaglio è pensato per rigenerare corpo, mente e spirito. Ma la storia di Villa Eden ha inizio anni prima, nel 1982, quando il Dottor Karl Schmid apre una struttura che pone al centro il concetto di longevità e, soprattutto, di benessere. Negli anni, il Retreat hotel ha vissuto un perfezionamento costante. “Col tempo c’è sempre stata un’evoluzione, dettata dalla volontà di diventare i leader per quanto riguarda la nostra offerta”, spiega Giovanni Baccaro, direttore di Villa Eden.
Il Total Makeover: rigenerazione totale
Il 2025 segna una nuova era per Villa Eden, con il Total Makeover firmato dal designer milanese Luca Miazzo. L’ampliamento della Eden Health Longevity Spa e della Med Spa include alcuni macchinari arrivati per la prima volta nel nostro Paese. In particolare, la ristrutturazione ha interessato l’apertura del nuovo Centro di Diagnosi Preventiva Avanzata, l’introduzione della terapia rigenerativa a freddo Zerobody Dry Cryo e il Centro di Fitoalgetherapia, che sfrutta i benefici dell’acqua, delle piante e delle alghe. Ogni ambiente, dalla Spa Reception alle nuove treatment rooms, è stato rinnovato per accogliere i trattamenti più avanzati con raffinatezza estetica e comfort assoluto. Ma non è finita. Villa Eden continuerà a crescere, migliorando ancora i propri spazi già all’avanguardia. “Prossimamente, vorremmo ristrutturare la zona della piscina e rendere il giardino ancora più bello, se possibile. Stiamo lavorando anche un progetto per una parte del ristorante, che attualmente è dedicata alla colazione”, spiega il direttore. “Ogni evoluzione e miglioria di Villa Eden nasce dalla volontà di offrire un servizio sempre più sofisticato ai nostri ospiti e proporci come leader nell’offerta di Retreat Hotel”.
Protocolli esclusivi per il Better Aging
The Tasting Room: cucina stellata per corpo e spirito
Nel cuore di Villa Eden, The Tasting Room è un’esperienza gastronomica esclusiva firmata dallo chef Marcello Corrado. Ispirato al concept EDEN-Holistic, lo Chef unisce radici mediterranee e territorio altoatesino in piatti che raccontano storie sensoriali di eleganza e innovazione. Ingredienti d’eccellenza, come i limoni della Costiera o il cervo di montagna, diventano protagonisti di creazioni sorprendenti, tra cui il millefoglie di melanzane al cioccolato e il Tutto Rosso, omaggio alla barbabietola in sette consistenze. Due i percorsi degustazione: EDEN Holistic (cinque portate) e Local Hommage (sette portate).
Con soli quattro tavoli, il ristorante celebra natura, gusto e cultura del benessere.
EDEN’s Park: la cucina mindful Accanto a The Tasting Room, EDEN’s Park Restaurant propone menù personalizzati e detox, ideali per la remise en forme. Materie prime da agricoltura rigenerativa e ricette ispirate alla dieta antinfiammatoria offrono percorsi senza carboidrati, senza zuccheri o quasi privi di sale. Una cucina ricercata e sostenibile che unisce gusto, leggerezza e benessere, con la possibilità di scegliere anche piatti pleasure cuisine firmati da Chef Corrado.
“Il nostro punto di partenza è promuovere la salute”
Afferma Schmid, che a Villa Eden propone percorsi personalizzati di benessere e longevità. Qui, la salute è il punto di partenza di percorsi personalizzati. Tra i più richiesti: Signature Better Aging (7 giorni di trattamenti anti-aging), Check-up della longevità (3 giorni di prevenzione) e Disintossicazione e ringiovanimento (4 giorni detox e rigenerativi). Ogni programma combina visite mediche, terapie innovative, allenamento Cellgym e infusioni endovenose su misura.
La medicina della longevità
Guidato dal Dr. Emanuele De Nobili, il Medical Center EDEN’s Health propone test epigenetici, farmacogenetica personalizzata, ossigeno-ozonoterapia, NanoVi per la riparazione cellulare e trattamenti estetici high-tech InMode. Un approccio che fonde scienza e benessere per rallentare l’invecchiamento in modo armonioso e sofisticato. Il tutto è armonizzato da una filosofia che coniuga scienza e benessere, per offrire una medicina su misura in grado di rallentare l’invecchiamento.
Un retreat da cui si esce trasformati L’esperienza a Villa Eden non si limita al soggiorno. È un percorso di rinascita. I suoi ospiti, che includono celebrità come Luciano Pavarotti, Lady Diana, Gianni Versace e top manager internazionali, trovano qui un luogo in cui rigenerarsi, lontano dal clamore e immersi in un’atmosfera suggestiva. “L’accoglienza è parte di noi, perciò è bello sentire che i nostri ospiti si sentono a casa qui. In molti ritornano a Villa Eden, sia grazie ai servizi di alta qualità che offriamo, ma anche e soprattutto perché vedono dei risultati e sono motivati a continuare il percorso anche a casa”, racconta il direttore Giovanni Baccaro. Ogni dettaglio racconta un impegno verso il benessere autentico, dove salute, piacere e longevità convivono armoniosamente.
Tra i vicoli storici di Agrigento, a pochi passi da Via Atenea e con vista sulla Valle dei Templi, sorge Omare, un B&B che unisce fascino d’epoca, comfort moderno e accoglienza giovane. Fondato da Carmelina, Barbara e Omar, Omare nasce dal desiderio di creare non un semplice alloggio, ma un’esperienza autentica: un antico palazzo arabo reinterpretato in chiave contemporanea. Trasparenza, passione e lealtà guidano ogni dettaglio, dagli arredi che intrecciano passato e presente, fino al calore dell’ospitalità siciliana. Cinque esperienze, un’unica anima Le cinque camere e la suite sono veri rifugi di charme, con pavimenti antichi, travi a vista e comfort moderni. La Suite Amerigo Vespucci, con sauna privata e vasca idromassaggio in giardino, è il fiore all’occhiello della struttura. Colazioni artigianali servite in camera, aperitivi con prodotti tipici e vini locali, servizi premium come transfer privati, noleggio auto di lusso e attenzione pet-friendly rendono ogni soggiorno unico e personalizzato. Scegliere
Omare significa vivere l’essenza di Agrigento: passeggiare tra palazzi barocchi e mercati storici, fino alla maestosità della Valle dei Templi. Al rientro, un rifugio elegante e intimo, dove la Sicilia si racconta attraverso emozioni, paesaggi e ospitalità.
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Aprire a caso una pagina, lasciarsi condurre dalle parole come da un varco inatteso. Se vi evocano un ricordo, un desiderio o un sogno, l’obiettivo è raggiunto.
In caso contrario, sfogliate ancora: ogni numero custodisce più di una soglia, più di una possibilità.
Ripetete il gesto finché troverete la frase che vi accompagna come un profumo persistente, o l’immagine che vi sorprende come un incontro imprevisto.
Se non accade, richiudete la rivista, posatela accanto a voi e attendete: a volte la bellezza ha bisogno di tempo per rivelarsi.