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Fantasmi e spiriti del Giappone

La mostra è principalmente concentrata sulle leggende metropolitane giapponesi, che trattano principalmente di spirti e yokai (creature soprannaturali).

All'inizio una ragazza con un kimono accoglie gli invitati e rivela di essere Yuki Onna, la donna delle nevi, splendida nell’aspetto, ma allo stesso tempo portatrice di terrore e di morte ai danni di coloro che hanno la sfortuna di incrociare il suo sguardo. Inoltre, spiega che il biglietto è una sorta di passaporto, fondamentale per attraversare il ponte rosso e raggiungere così il mondo popolato dalle creature magiche giapponesi.

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Superata la tenda, si attraversa un paesaggio scuro, popolato da creature che sibilano e suggeri- scono di non andare oltre e di non attraversare il ponte rosso.

Don’t cross the red bridge è una mostra immersiva attraverso l’immaginario dell’illustratore contemporaneo di fama mondiale Benjamin Lacombe, ispirata ai suoi libri "Storie di fantasmi del Giappone" e "Spiriti e creature del Giappone". Nelle loro pagine sono interpretate le leggende della tradizione nipponica narrate da Lafcadio Hearn, primo uomo occidentale a ottenere la cittadinanza giapponese nei primi anni del Novecento.

L'esibizione si trova all'interno di Tenhoa Exhibition, situata in Via Vigevano e la mostra è stata prorogata fino al 23 Aprile, a seguito del suo grande successo.

Questa mostra è un’esperienza per tutte le età, divertente, magica, stimolante. Un’opportunità unica per avvicinarsi alla cultura mistica del Giappone, proprio nello spazio del primo concept store giapponese in Europa.

Appena attraversato il ponte ci si trova di fronte ad un paesaggio invernale, dove risiede Yuki Onna e un pannello ci racconta la sua storia. Proseguendo siamo trasportati nel mondo del Ragazzo che dipingeva gatti: secondo la leggenda, infatti, gli innocui felini realizzati da questo giovane sulle pareti ed i paraventi, non solo prendono vita, ma possono essere molto pericolosi, come dimostra la scia rossa sul pavimento.

Nella stanza successiva si giunge al cospetto di una Katana sotto i fiori di ciliegio. Con questa Katana un samurai compì l’antichissimo rituale dell’Harakiri, per ridare la vita al ciliegio Jiu Roku Zakura.

Nella stanza successiva vi attende una storia d'amore nella quale Ito Norisuke prese in sposa una don- na fan- costui parte per tornare in visita al suo villaggio e riceve dalla sua sposa una scatola, che non avrebbe mai dovuto aprire, per nessun motivo al mondo. tasma, che fu costretta a lasciarlo subito dopo il matrimonio. Affinché la loro unione potesse durare per l’eternità, però, Ito ricevette in dono un suzuri, ovvero una pietra porta-inchiostro, simbolo di un amore solo apparentemente impossibile.

Dopo aver scoperto che tutti i suoi familiari sono morti, il giovane, ormai fuori di sé, decide di aprire quel dono. Una nube lo avvolge fino a farlo scomparire nel vento, privandolo della vita eterna di cui aveva goduto fino a quel momento.

L'ultima cosa da visitare è il santuario delle kitsune, lo yokai più famosa della tradizione nipponica. Secondo le leggende esistono due tipi di kitsuke: yako, ovvero la volpe malvagia, e zenko, volpe buona.

Finisce così il vostro percorso, con uno shop dove è possibile comprare gadget della mostra, ma anche oggetti tipici giapponesi e tutti i libri di Lacombe.

Consiglio di andare a chi ne avrà la possibilità, poiché credo che questa mostra sia estremamente bella e sia anche un modo per avvicinarsi alla cultura nipponica autentica.

Oltre a queste vi sono tantissime altre stanze, tra cui quella del Kappa, uno yokai abituato ad andare a caccia di animali e ad infastidire gli esseri umani; pare che l’unico modo per addolcirlo sia offrirgli un cetriolo, oppure riuscire a svuotare parte dell’acqua che porta sulla testa. Altre creature presenti sono i Rokurokubi, spiriti che durante il giorno assumono sembianze umane, mentre la notte perdono letteralmente la testa, che va in cerca di vittime, e la bellissima figlia del Dio drago del mare, la quale salvò un giovane pescatore e decise di sposarlo. Un giorno, però,

A Natale mi hanno detto di sorridere

A Natale mi hanno detto di sorridere perché è necessario farlo: tutti sorridono fallo anche tu. Mi hanno detto di sorridere perché durante le festività sono circondata di gente: due genitori che discutono per chi deve portarmi con sé quest’anno; tanti zii e cugini che ogni anno aggiungono tasselli alla misteriosa vita che scopro di aneddoto in aneddoto a tavola. Un oceano di voci tutte nella stessa stanza. Dovrei essere grata, quindi sorridi Ilaria, sorridi.

A Bojack Horseman hanno chiesto di sorridere perché è necessario farlo, tutti sorridono… che lo faccia anche lui! È un’inaspettata star del cinema e della televisione, circondata da persone che hanno permesso, ad ogni costo, il lancio della sua carriera, da fan che venerano il suo apparente talento e la sua figura intrigante. Dovrebbe essere grato, quindi sorridi Bojack, sorridi.

Bojack Horseman, il discutibile cavallo protagonista della serie tv di Netflix “Bojack Horseman”, è una celebrità che vede la sua fama in declino, a causa della sua scarsa visibilità sui social e televisione, il suo carattere cinico e la sua scarsa versatilità. Il morboso attaccamento allo show che l’ha reso famoso, Horsin’ Around, blocca Bojack in un loop, che rende qualsiasi proposta di lavoro obsoleta.

In realtà non ha nessuna intenzione di riapparire sullo schermo, fino a quando non gli viene data la possibilità di girare il film “Secretariat”. È l’opportunità dei suoi sogni, l’occasione di abbandonare il costume su misura da “sitcom” e interpretare il ruolo drammatico che ha sempre desiderato.

Nessuno però sembra essere interessato a Bojack Horseman. Il cavallo si ferma ad osservare i produttori che si contendono il suo corpo, la sua immagine, il suo nome, ma nessuno vuole il suo talento, il suo spirito, la sua dedizione.

Bojack Horseman è una star del cinema candidata all’Oscar, circondata da persone che si complimentano, lo invidiano, lo stimano. Un oceano di persone in una stanza. Dovrebbe essere grato, sorridi Bojack, sorridi.

“Un giorno ti renderai conto che ti amano tutti, ma che non piaci a nessuno e questa è la sensazione

peggiore al mondo”

Bojack ha organizzato una festa per la nomination agli Oscar, fiumi di persone sono entrati a casa sua e lo inondano con le loro voci, le loro risate, ma non riesce ad essere felice. Sa di dover sorridere ed essere felice, ma non ci riesce, perché non si è mai sentito così solo, circondato da persone.

“Bojack Horseman” con le sue tre stagioni esplora diverse tematiche, ma quella della solitudine mi ha colpito particolarmente. É facile trovare sui siti di streaming serie tv sulla magia, l’amore, il calore del natale, ma sembra tutto così forzato, sono storie come quadri da appendere alla parete e ammirare, desiderare, ma irraggiungibili. Non è la realtà.

Nonostante il pranzo di famiglia a Natale sia tradizione, c'è anche chi si ritrova ad essere solo, o chi come Bojack, pur stando in compagnia degli altri, sente di non essere in sintonia con le altre persone e non vive bene le feste. Questo fenomeno è detto “Christmas Blue”, un killer di umori silenzioso, seppur diffuso. La pressione sociale e l’obbligo a sfoggiare il più falso, ma smagliante sorriso può essere fonte di ansia.

É bene quindi ricordare che sia “ok” non essere felici a Natale, “ok” passare le feste in solitudine, “ok” divertirsi in compagnia.

A Natale non bisogna per forza essere felici. A Natale mi hanno detto di non sorridere se non mi va, non è necessario farlo, tutti sorridono ma non devi farlo anche tu.

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