Il ritorno di W. Landmann

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Concorso: “I giovani ricordano la Shoah” ANNO SCOLASTICO 2007-2008

CLASSE 3^ A O.S.S.

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IN COPERTINA: il sagrato del duomo di Arsiero foto degli autori retro: dipinto di Jacob Vassover, artista yiddish

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Quando sentiamo la parola “Shoah”, noi giovani siamo abituati a pensare a tragici eventi accaduti lontano, altrove, in altri paesi. Abbiamo quindi provato dapprima incredulità, poi commossa partecipazione alla sofferenza di uomini la cui vita, dignità e libertà sono state calpestate proprio nella nostra tranquilla provincia veneta. In un’ epoca in cui spesso si è indifferenti al dolore, ci auguriamo di non essere indifferenti. Ci auguriamo che chi soffre oggi non si senta disperatamente solo. La classe 3^ AOSS

Le difficoltà di avvicinare e motivare gli studenti allo studio della Storia ne fanno una delle discipline meno amate. Questo lavoro è frutto di una rigorosa ricerca documentaria che non vuole indulgere alla retorica o alla manipolazione ideologica. Esso dimostra che i giovani adolescenti, se opportunamente guidati, trovano l’interesse per conoscere, approfondire ed eventualmente scrivere qualche pagina della nostra storia proprio su un tema delicato come quello della Shoah. Il Dirigente Scolastico prof.ssa Maria Cristina Benetti 3


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IL RITORNO DI W. LANDMANN Docente: prof.ssa Donatella Tecchio Grafica e stampa: ass. tecnico Luca Ciani

la classe 3^ AOSS: BENKHALEQ SALMA CARLASSARA DEBORAH FALCO VERONICA FILIPPI ARIANNA FRAZZA GIULIA GRANDIS CLAUDIA GRAZIANI ILARIA MARASCHIN ANNA MONTAGNOLI ELODIE NARDI GIULIA PRETO ANNA RIZZO DENISE SARA’ ERIKA SAVEGNAGO SOFIA SCARPA ELISA VIGOLO CHIARA ZORDAN MARY

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INDICE: -

Dedica

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E allora noi vili (Cesare Pavese)

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Prefazione

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Foto ricordo di Walter Landmann

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Il racconto: p.

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o La famiglia Landmann

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o Elenco internati

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“Il ritorno di W. Landmann� -

Bisogna sapere che:

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Le vicende

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Elenco dei campi di concentramento italiani

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Il campo di concentramento di Tonezza del Cimone

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Bibliografia

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Referenze iconografiche

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Questo lavoro è dedicato agli ebrei internati a Tonezza:

Silvio, Flora e Rita BARUCH Leo e Olga BLOCH Ludovico BRAUM Kurt BUCHSBAUM Aron COEN Haim COEN Oscar, Giannina, Milo e Nina COEN Bernardo CSZOPP Walter DANNEBAUM Bora e Marina ESKENASI Salomon, Sara e Renèe GELTNER Emil ed Ester KRAMM Moses, Barbara ed Heinz LANDMANN Moses e Kurt LIND Lipa e Anna LUBLINSKJ Samuel e Sabine MANGEL Gelza OBLATH Guido ed Angelina ORVIETO Israel, Elena ed Hans RIESENFELD Chaim, Jenny, Edward ed Erika RUBINFELD Jakub SCHATZ Manasse e Josefowicz STABHOLZER Alfredo ZADUK

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E allora noi vili

E allora noi vili che amavamo la sera bisbigliante, le case, i sentieri sul fiume, le luci rosse e sporche di quei luoghi, il dolore addolcito e taciuto noi strappammo le mani dalla viva catena e tacemmo, ma il cuore ci sussultò di sangue, e non fu piÚ dolcezza, non fu piÚ abbandonarsi al sentiero sul fiume non piÚ servi, sapemmo di essere soli e vivi. Cesare Pavese (1)

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PREFAZIONE

Questa è una storia vera. Veri sono i fatti, i personaggi e documentati gli eventi. È accaduto non molto tempo fa, vicino a noi, alle nostre case sicure, ai nostri caldi letti. Ne è rimasta solo una flebile traccia nella coscienza locale e nella memoria collettiva. È la vicenda di Walter Heinz Landmann, ebreo quattordicenne internato nel Vicentino, due volte “sommerso” e due volte “salvato”. Miracolosamente sottratto nel 1944 alla deportazione ad Auschwitz, è fortunosamente riemerso dalla morte anagrafica dopo sessant’anni. Ha così potuto raccontare la sua avventurosa salvezza. Noi abbiamo solo immaginato che recentemente sia tornato a Tonezza del Cimone, oggi amena località montana, dove nel dicembre del ‘43 fu istituito un campo di concentramento. Qui condivise, con i suoi genitori ed altri 42 internati, un tragico periodo di angosciosa incertezza, vera e propria sospensione tra la vita e la morte. Ci piace pensare che proprio qui sia tornato, una volta ufficialmente riportato alla vita, dopo essere stato considerato vittima dell’Olocausto. Così inizia la nostra storia.

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Noi l’abbiamo raccontata cercando di immedesimarci nel protagonista W. Landmann, ricorrendo volutamente ad una lingua scarna. Essa vuole infatti evocare, più che descrivere compiutamente, l’orrore del “secolo breve”. Un orrore per il quale ogni parola sembra inadeguata e retorica.

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Le foto ricordo di W. Landmann

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Arsiero 2007: veduta dal sagrato del Duomo

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IL RITORNO DI W. LANDMANN ARSIERO 2007 L’aria, oggi, nonostante sia ottobre inoltrato, è ancora calda, di un tepore umido e quasi appiccicoso. Il cielo, grigia e uniforme distesa sopra di me, è di un pallore lunare. Nessuna nuvola scorre, nessun alito di vento respira. Abbasso i finestrini uscendo dalla Valdastico ed imbocco la strada per Arsiero, lasciandomi alle spalle Piovene. L’asfalto scorre dritto davanti a me. Perso nei miei pensieri sento la radio gracchiare. Mi piace guidare; mi guardo intorno finchè sulla destra si staglia il profilo delle montagne. Cerco il Cimone, strizzo gli occhi per cogliere, in lontananza, la sagoma chiara dell’Ossario. Mi appare, esile, come una bianca ed immota bandiera. Arrivo ad Arsiero e dalla piazza del Comune salgo al Duomo. Conto gli scalini, più di cinquanta, per cacciare ogni pensiero. La chiesa domina il paese ed il sagrato, come allora, è un grande balcone sui tetti, chiuso da un muretto in pietra. A semicerchio un filare di cipressi, compunti ed ordinati, sembra pregare. Qui venivo a giocare alla fine del ‘41, quattordicenne, quando la mia famiglia, ebrea, era in internamento libero ad Arsiero. 17


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Negli anni ‘30 vivevamo a Monaco. Mia madre era una tedesca ariana; mio padre, ebreo nato in Polonia, faceva il commerciante. Costretto a cambiare nome, lui, Friedrich, diventò Moses; io, nato a Monaco, divenni Heinz. Ma a Monaco la vita era diventata impossibile anche se le coppie miste avrebbero dovuto essere lasciate in pace. Così i miei nel 1939 si procurarono il passaporto da apolidi con l’intenzione di raggiungere, a Trieste, il fratello di mio padre, lo zio Max, funzionario delle Assicurazioni Lloyd. Ma la richiesta di immigrazione restò senza risposta per cui raggiungemmo la Libia, precisamente Bengasi, con il programma di proseguire poi per Il Cairo. Facevamo parte del gruppo Bengasi, insieme a oltre trecento ebrei di varie nazionalità. Con l’entrata in guerra dell’ Italia ci trovammo nel posto sbagliato al momento sbagliato: ci internarono nella caserma Torelli e poi in una baraccopoli. Infine ci fecero imbarcare, uomini, donne, bambini, sul piroscafo “Esperia” e quindi ci dirottarono, scortati da imponenti forze di polizia, al famigerato carcere di Poggioreale. Vi restammo tre settimane, per poi essere internati nel campo di concentramento Ferramonti a Tarsia, una piccola cittadina in provincia di Cosenza.

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IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO FERRAMONTI DI TARSIA (COSENZA 1940-1941).(2) Era la fine di settembre del 1940. Arrivando dalla stazione vedemmo in lontananza la baraccopoli, circondata da colline ed oliveti, chiusa dal filo spinato. Qui potevamo farci da mangiare, condurre una vita ancora decorosa, senza maltrattamenti e persecuzioni. Certo eravamo privi della libertà, sospesi sul nulla, nell’ inutilità. L’esistenza del campo stesso calpestava la nostra dignità, ma fortunatamente non era un lager nazista. La zona era tuttavia insalubre, paludosa e malarica e alla minima pioggia l’acqua ristagnava nel campo.

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Sottoposti a due o tre appelli giornalieri, eravamo eccezionalmente autorizzati ad uscire per visite mediche o altre necessità. Dentro al campo c’erano la scuola, la mensa dei bambini, l’infermeria e persino la sinagoga. Si organizzavano partite di calcio, piccoli spettacoli: fra i detenuti c’erano artisti, studenti universitari, medici … Ma io guardavo con occhi stupiti di adolescente i capi baracca e il capo campo … Questi rappresentavano per me le vere autorità di quella strana comunità. Aleggiava nell’aria, l’avvertivo, uno strano senso di attesa, di allerta.

(-IV-) Un dipinto di Jacob Vassover. Milano, collezione Watching The Sky

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IL CONFINO LIBERO AD ARSIERO (1941-1943) Nell’autunno del ‘41 le autorità italiane trasferirono le famiglie ebree al confino libero in molte città del centro e del nord. Noi fummo destinati ad Arsiero. Viaggiammo per circa cinque giorni, risalendo la penisola. Osservavo dai finestrini lo scorrere del paesaggio, ora desolato, ora popolato. Rimaneva, a proteggermi, quella curiosità infantile ormai preclusa, purtroppo, ai grandi. Giungemmo a Vicenza in ferrovia, scortati da due agenti. Ci condussero al teatro Olimpico, che costituiva una specie di centro di smistamento, e da lì raggiungemmo Arsiero in corriera. Fummo alloggiati alla trattoria “La Vigneta”.

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Lo stato italiano ci pagava l’alloggio e ci offriva un sussidio giornaliero; eravamo sorvegliati, limitati nei movimenti e la nostra corrispondenza censurata. Avevamo perso amici, scuola, averi, casa, patria. La popolazione locale, nonostante il divieto, si dimostrava ben disposta nei nostri confronti. Mio padre si era fatto arrivare da Trieste un carico di preziosi oggetti familiari. Scambiavamo le posate d’argento per farina, pane, carne e uova. I ragazzi ebrei già dal 1938 erano stati esclusi dalle scuole italiane, per cui studiavo per conto mio. Il prete di Arsiero mi procurava i libri delle superiori di nascosto. E’ strano, si studia più volentieri quando è proibito frequentare le scuole. Avevo fatto amicizia con qualche ragazzo del paese. Ricordo Costanza, la figlia dei custodi della Cartiera Rossi.

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Mi prestava la bici e io andavo a Laghi, dai contadini, per i consueti baratti. La gente del posto ci dava una mano con cordialità e umiltà. Ma dopo l’ 8 settembre 1943, con l’armistizio e l’occupazione tedesca, la situazione precipitò ed incominciò la paura. La stampa locale, “Il Popolo Vicentino” (3) dell’ 1 dicembre, aveva riportato in prima pagina l’ordinanza di polizia n.5 circa l’arresto e l’internamento degli ebrei.

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Avevamo comunque saputo, alcuni giorni più tardi, che un’ordinanza successiva del capo della polizia aveva ridimensionato l’ordine esentando dall’arresto gli ebrei più anziani, gli ammalati gravi e le famiglie con un componente di sangue “misto”. Mia madre Barbara, ariana, si era aggrappata a questa speranza di salvezza. Aveva quindi scritto alla questura l’11 dicembre 1943: “Causa le recenti disposizioni riguardanti gli ebrei internati, vorrei pregarvi di prendere notizia della seguente domanda. Io non sono di razza ebraica, ma ariana e di religione cattolica. Io sono nata in Germania ed i miei fratelli prestano servizio nell’esercito tedesco. Mio figlio Walter Heinz Landmann è di razza mista e senza religione. Io e mio figlio siamo caduti sotto le leggi di razza di Norimberga, in Germania. Io con mio figlio ho seguito nella mia libera volontà mio marito in Italia per andare al mare. Qui siamo stati internati perché io non volevo separarmi da mio marito. Per queste ragioni pregherei gentilmente di lasciarmi internata qui con la mia famiglia, poiché ho letto sui giornali che per le famiglie del nostro caso ci sarà un provvedimento. Sperando che voi gentilmente darete al più presto le necessarie disposizioni, porgo distinti saluti”. (4) Non ottenne alcuna risposta.

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La piazza centrale di Arsiero. Disegno della classe 3^A OSS

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IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI TONEZZA DEL CIMONE (23 DICEMBRE 1943, 30 GENNAIO 1944). (5) Alla fine di dicembre fummo arrestati dai carabinieri di Arsiero e poi condotti al campo di concentramento di Piani di Tonezza. Ad Arsiero ci caricarono su un pullman, guidato da un certo Giuseppe Fontana, che ci portò fino a Barcarola. Da lì continuammo il triste viaggio con un’altra corriera. S’inerpicava sulla strada tortuosa detta Col del Vento ed io, nel mutismo generale, contavo i tornanti: arrivai a diciannove. Poi il pullman si fermò. Scendemmo davanti alla Colonia Alpina “Umberto I”. Ci guardammo in faccia. Gli anziani, sfiniti, si lamentavano. Ancora li vedo: Manasse, Samuel, Sabina, Ivan, Lipa, Walter, Jacob, Ester… I ragazzi, Rita, Renée, Erika, più giovani di me di qualche anno, non riuscivano a star fermi. Edward e Marina, i più piccoli, si aggrappavano alle madri. Una leggera nevicata notturna si stava già sciogliendo, e traspariva il cielo, spazzato dal vento. Dal finestrino del pullman il sole appariva rassicurante. Ma una volta scesi sentimmo lo schiaffo sferzante dell’aria gelida; rabbrividimmo ed evitammo di guardarci, sgomenti ed umiliati. Ci fecero entrare, incolonnati, nel cortile della Colonia Alpina. I fasci littori dei pilastri in cemento, allineati nella recinzione, ci guardavano sinistri. 29


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Sentivamo il cielo pesare, come un coperchio, sui nostri cuori gementi. L’angoscia aveva piantato, anche sulle nostre teste, il suo nero vessillo. I giorni nel campo, trentanove, furono lunghi ed estenuanti. Eravamo sospesi tra la speranza nella fine immediata della guerra ed i timori per il nuovo corso della Repubblica Sociale. Il giorno era breve, la notte lunga ed angosciante. Aspettavamo notizie, ma non sapevamo che le autorità tedesche stavano preparando il sesto convoglio per la Polonia. Vedevamo arrivare al campo viveri, rifornimenti, nuove forniture. E ciò ci rincuorava. Ma il 30 gennaio ci annunciarono la partenza: comprendemmo all’istante che anche i nostri nomi erano nell’elenco di quelli destinati ad Auschwitz. Scese il terrore ed il silenzio, un silenzio ancor più cupo dell’arrivo. Non avevamo il coraggio di guardarci; io cercavo conforto nei miei. Pudico della mia angoscia, non parlavo, cercavo in loro una risposta. Il mutismo era fin troppo eloquente. Calò la nebbia, sul campo. Quel giorno tutti si prepararono a partire, con gesti uguali e meccanici, raccogliendo le poche cose rimaste. Un implacabile appello scandì i nostri nomi, quarantacinque: Baruch …, Bloch …, Coen …, Geltner …, Mangel …, Riesenfeld …, Landmann …

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Fummo caricati sul pullman e ricondotti all’Olimpico, là dove era iniziato il nostro viaggio due anni prima, quando ci avevano destinato al confino libero ad Arsiero. Mia madre improvvisamente si fece avanti con l’ufficiale nazista: « State facendo un errore; io sono ariana e le famiglie miste, per le leggi di Norimberga, non possono essere deportate ».

(-X-) Arco d’ingresso al Teatro Olimpico

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Il treno per Auschwitz. Disegno della classe 3^A OSS

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E l’ufficiale: « Lei ha ragione, signora, ma dobbiamo controllare se ci sta dicendo la verità ». Forse si spaventò, forse ebbe paura di commettere un errore, di fatto un soldato gridò: « I Landmann scendano dal pullman! ». (6) Noi scendemmo senza posare gli occhi sugli altri, un secondo prima che la corriera proseguisse per la stazione. Una felicità selvaggia ci travolse e allo stesso tempo un’atroce vergogna. Gli altri non avrebbero mai potuto seguirci. Non ebbi il coraggio di guardare gli altri sei ragazzi. Nessuno salutò e più non li rividi. Continuarono in treno dalla stazione di Vicenza il loro ultimo viaggio sul convoglio n.6. « E’ buio il vagone (7), c’è un po’ di paglia per terra e un secchio per i bisogni. Tutti piangono, nessuno si rassegna al fatto che stanno andando verso Nord. I singhiozzi coprono il rumore delle ruote. Si forma un gruppo di preghiera: alcuni uomini pii si dondolano a lungo recitando i Salmi. Dal convoglio sale un coro di urla, di richiami, di implorazione. Il vagone è fetido e freddo, impregnato di urina; visi grigi, gambe anchilosate, non hanno spazio per muoversi. Poi i pianti si acquietano in una disperazione assoluta. Non c’è né fame né sete. Una specie di inedia allucinata pervade tutti. 34


Le ore passano, così le notti e i giorni: è difficile calcolare il tempo. Cala infine il silenzio: nessuno più piange, né si lamenta; ognuno tace con la dignità e la consapevolezza delle ultime cose. Era la vigilia della morte, non c’era più niente da dire ».

All’alba del 6 febbraio, dopo cento ore di viaggio, arrivarono ad Auschwitz. Scesero muti nel gorgo, abisso orrido ed immenso ove precipitando il tutto si oblia. E non videro più i volti amati, non seppero più le primavere e le estati. Per loro fu solo un unico ed eterno inverno. Per noi invece quell’ inverno passò e si preannunciò una nuova primavera.

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(-XI-) Dipinto di Jacob Vassover, artista yiddish.

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IN SALVO Dopo qualche notte in questura a Vicenza ci rispedirono ad Arsiero, nella frazione di Lago. Scampati alla deportazione, ci sentiamo sollevati, ma ancora braccati. Mio padre, ora determinato a fuggire, prende contatto con una formazione di partigiani cattolici. Ci procurano documenti falsi e insieme ai Klein, anch’essi ebrei, tentiamo di raggiungere la Svizzera. Arriviamo a Tirano, al confine, accompagnati da quello che probabilmente era Rinaldo Araldi di Dueville, il partigiano “Loris”. Fatui fuochi d’artificio festeggiano il nostro viaggio: sono i bombardamenti americani che fanno brillare il cielo sopra le nostre teste di fuggiaschi. I contrabbandieri ci fanno attraversare le montagne di notte e la polizia svizzera ci accetta come rifugiati. Siamo finalmente al sicuro. Dopo il 1947 emigrammo in Australia e dopo il ’58 in Inghilterra. Ogni anno, a mia insaputa, la famiglia Landmann è stata commemorata fra le vittime dell’Olocausto. (8) Dopo 59 anni la segnalazione di un amico vicentino, Roberto Pozza, mi ha riportato alla vita, anche se non sapevo di essere morto. (6) Provo un senso di gratitudine per tutto ciò, ma soprattutto per gli abitanti di Arsiero, senza i quali probabilmente non sarei qui a raccontare la mia storia. 37


(-XII-)

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Per questo ho voluto tornare ad Arsiero. Spinto da non so quale necessità. Non è un ritorno per ricordare né per perdonare. Ma una strana urgenza mi ha riportato su queste strade, a respirare l’aria affannosa di un tempo. È l’urgenza, forse, di rielaborare l’offesa, di riconciliarmi con questo cielo; anzi no, con il cielo, pesante e cupo, del campo. Sotto questi cieli ho trascorso più di due anni; queste strade mi han visto adolescente, incerto del futuro sì, ma ancora speranzoso, grazie alla leggerezza tipica della mia giovane età. Respiravo però l’inquietudine dei miei, e mi sembra di respirarla oggi, a sessant’anni e più di distanza. Scendo in piazza e sorseggio un caffè al Bar Nazionale. La gente è oziosa, è domenica e si attarda a chiacchierare, a sfogliare il giornale. Volti sconosciuti mi guardano, sanno che non sono del posto. Non mi sento forestiero, ho vissuto qui per più di due anni ed i luoghi mi sono ancora familiari, familiari le case, le strade. Anche perché qui la gente mi ha dato comprensione e sostegno. Non è vero che la gratitudine ha sempre breve memoria. Mi sento tuttavia in ansia; non è in questa piazza che ho voglia di sostare. Ritorno al parcheggio, salgo in macchina, esco da Arsiero. Seguo la strada dei Fiorentini, via via più stretta, verso Tonezza. Lì comincio a salire, con i primi tornanti più dolci: sulla sinistra spuntoni rocciosi, sulla destra si apre un burrone. Imbocco la prima galleria. Allora, in quel dicembre del ‘43, ragazzino, mentre salivo in pullman da Barcarola, ancora ignaro del campo, avevo contato i tornanti: diciannove.

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Ora mi preparo a contare le gallerie. Percorro con lo sguardo il profilo delle montagne: i loro fianchi sembrano riposare, distesi gli uni di fianco agli altri.

Veduta aerea di Tonezza

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Continuo a salire; superata l’ultima galleria, l’undicesima, in prossimità del paese ecco il cartello in legno “Benvenuti a Tonezza del Cimone”. Sembra attendermi, ironico. L’erta è finita, la strada si distende con un corteggio di pini fino alla piazza. Sento il suono metallico e freddo delle campane di montagna. E’ mezzogiorno. Il piccolo centro è quasi deserto. Mi trovo subito davanti agli occhi l’albergo “Alla Posta”, come allora. Qui, allora, si erano fermati i carabinieri della scorta.

Piazza di Tonezza: sulla destra l’ albergo “Alla Posta”

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Un pugno allo stomaco è quello che sento, la gola strozzata non mi fa respirare. Mi avvio verso la Colonia Alpina; l’aspetto comparire al varco, in posizione panoramica, sulla sinistra. Fa quasi violenza allo sguardo il colore acceso della facciata, visibile anche in lontananza: un rosso ed un giallo vinilici. Imbocco il largo Viale degli Alpini. Certo è rimasto poco di allora: i nuovi residence dai balconi fioriti hanno rimpiazzato le vecchie sobrie costruzioni.

L’ex colonia alpina “Umberto I”

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Avanzo ancora, ma so che ormai sono vicino. Le case si fanno più rade lungo la strada. Ecco, ne compare una sulla sinistra, sola e triste, di sagoma rettangolare. Ci sono passato anche allora e l’ho osservata, quando ormai eravamo giunti a destinazione. E’ rimasta come un tempo: un edificio a due piani, dalla facciata severa, intonaco grigiastro e balconi di un verde militare. Porta ancora inciso, nella vecchia pietra sopra l’ingresso, l’anno 1934. C’è un silenzio tombale, quasi surreale.

L’ultima casa spunta a destra. Sembra che il tempo si sia fermato per queste abitazioni a ridosso del campo di concentramento.

Casa abbandonata e diroccata nelle vicinanze della colonia “Umberto I”

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Questa, l’ultima, è abbandonata e diroccata, quasi spettrale: svuotata di porte e finestre, sventrata, si lascia invadere da arbusti ed edere. La supero; subito sulla destra parte un viottolo fiancheggiato da massi grigi, ombreggiato da pini e noccioli. Non filtra molta luce sotto questo tunnel frondoso; i passi sono ovattati da un tappeto di aghi di pino. Ed ecco che improvvisamente sbuco all’aperto: sullo spiazzo ancora ghiaioso appare lo stabile di allora. Era qui, il campo era qui. Certo non è più la vecchia colonia alpina, ma dietro il nuovo look la sagoma è quella, la struttura è sempre la stessa. Oggi è la Scuola Alberghiera “E. Reffo”. Strano. Anche allora si sentivano i vocii dei ragazzi, nel campo. Anche oggi, forse. Ma no, è domenica. Tutto è di un nuovo brillante, brillanti i colori, brillanti i balconi, di fresca tinteggiatura. È nuova la recinzione, ma restano ancora i vecchi pilastri in cemento, con le insegne del fascio, muta e sola testimonianza di quello che fu. Come allora mi incutono una strana paura. Cerco di respirare, annaspo, ho un senso di nausea. È strano voler rivedere un luogo da cui però vorresti subito scappare. Qui, tanto tempo fa, in quarantacinque abbiamo vissuto un tragico periodo, sospeso tra la vita e la morte. Da qui siamo usciti per imbarcarci per il nostro ultimo viaggio. Ironia della sorte, accanto alla scuola, che occupa solo una parte della struttura, sorge ora un nuovo residence; l’hanno chiamato “Il Colle del re” , scarna ed esile memoria dell’ex colonia “Umberto I”.

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Il pilastro dell’ ex colonia “Umberto I”, muto testimone del campo di concentramento di Tonezza.

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Un luccicante cartello pubblicitario ricorda al passante che i nuovi appartamenti sono in vendita. È strana la vita: scorre e leviga come l’acqua del fiume leviga i suoi sassi. Scorre, ed attutisce dolori, ricordi, emozioni. Ma tutto resta sul suo fondo, letto di un fiume che nulla cancella e tutto raccoglie. Ripercorro a ritroso l’ombroso sentiero e ritorno sulla strada. Da lì continuo a salire. Sono sempre più lontano dal centro e i residence si fanno più radi. Passo per Contrà Pettinà: qui le case sembrano quelle di sessant’anni fa. Arrivo in Contrà Sella. Il paese sembra finire … più avanti solo prati e boschi. Attira la mia attenzione un piccolo parco giochi: mi siedo su una panchina e mangio una mela. A quest’ora tutti ormai hanno pranzato; solo una famiglia s’attarda, forse per godersi l’ultimo tepore di ottobre.

Il parco giochi di Contrà Sella. Disegno della classe 3^A OSS

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Due bimbe giocano, accoccolate sull’erba; sento il loro vocio e i loro sorrisi. Sono bionde entrambe e di carnagione chiara. “Siamo le streghe cattive, ma facciamo per finta, è solo un sogno”. È la più grande a parlare, rivolta a me, forse, e alla compagna di gioco. Le guardo incuriosito e la più piccola, quasi a rassicurarmi: “Tanto io chiamo Peter Pan, che caccia via Capitan Uncino, e mi porta lontano, in salvo”. Si sente guardata, ma continua il suo gioco, ricambiando il mio sguardo. Mi alzo. “Te ne vai già?”. Con naturalezza mi parla, quasi mi conoscesse e partecipassi al suo gioco. “Sì, devo andare, anzi ora posso andare”. Sorrido al suo sorriso. Il cielo non è più livido, è uno specchio turchese. L’aria è meno greve. Respiro.

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EPILOGO

Anch’io mi sono imbattuto in streghe cattive ed orchi. Anch’io ho dovuto fare i conti con Capitan Uncino. Ma il mio non è stato un sogno … né un gioco. Eppure come in una fiaba sono stato cacciato da casa, braccato dai cattivi e soccorso dai buoni. E dopo varie peripezie ho raggiunto la salvezza e la meta agognata. È stato lungo e tempestoso il mio viaggio, dalla Germania all’Africa, dall’Italia all’Australia….. all’Inghilterra. Salvato da Auschwitz, salvato dalla morte anagrafica … due volte riportato alla vita. Ho vissuto in tempi bui, pervasi da un’immane e catastrofica atrocità. Ho visto coscienze offuscate dall’odio, paralizzate dal silenzio complice e dall’obbedienza colpevole. Ma ho incontrato anche la mano fraterna di chi ti soccorre risparmiandoti la commiserazione, fastidiosa come una carezza non voluta, come un alito estraneo sulle tue labbra. Ti soccorre perché sei come lui, e fai vela sullo stesso mare. Da molti anni vivo a Bedford, non molto lontano da Londra, in un cottage immerso nel verde. Ma quando cala la nebbia, la tipica nebbia londinese, spruzzata di pioggia sottile, non posso non pensare al cielo veneto. A quel cielo d’un indaco così luminoso e trasparente che ti viene da cercare con gli occhi, oltre la sua lastra fulgente, se per caso qualche stella già traspare.

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E allora capisco perché proprio quell’azzurro così unico è stato dai pittori tanto amato.

Monte Spiz alle spalle dell’ex colonia alpina

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BISOGNA SAPERE CHE… LE VICENDE A partire dal 1938 gli ebrei in Italia assistono ad una progressiva discriminazione nei loro confronti, iniziata ufficialmente con il Manifesto della Razza (Luglio 1938) e con le successive leggi antiebraiche. (9) Il censimento degli ebrei italiani (Agosto 1938), gestito dalla Demorazza, permette di schedarne 58.412, e funge quindi da premessa ai provvedimenti legislativi di quegli anni, la cui applicazione risulta capillare. Nel 1940 l’entrata in guerra dell’Italia comporta un aggravamento ulteriore della situazione: viene infatti decretato l’internamento di tutti gli ebrei e sono allestiti numerosi campi, soprattutto al CentroSud. Dopo l’8 Settembre 1943, con l’occupazione nazista, anche l’Italia è coinvolta nella fase finale della persecuzione antiebraica. In seguito alla nascita della Repubblica Sociale Italiana, il nuovo governo fascista, con la collaborazione delle autorità politiche e militari provinciali, procede all’arresto e alla deportazione di circa 8.000 ebrei dall’ Italia verso i campi di sterminio. Solo in 837 fecero ritorno. (8)

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(-XIII-) Manifesto propagandistico durante la Repubblica di Salò

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ELENCO DEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO ITALIANI (10) 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35.

AGNONE (MOLISE) ALATRI LE FRASCHETTE (LAZIO) ALBEROBELLO (PUGLIA) ANGHIARI RINICCI (TOSCANA) AOSTA (VAL D’AOSTA) APRICA (LOMBARDIA) ARIANO IRPINO (CAMPANIA) ASTI (PIEMONTE) ATELETA (ABRUZZO) BAGNI DI LUCCA (TOSCANA) BAGNO A RIPOLI (TOSCANA) BOIANO (MOLISE) BOLZANO GRIES (T. A. ADIGE) BONEFRO (MOLISE) BORGO S. DALMAZZO (PIEMONTE) BORGO VAL DI TARO (E. ROMAGNA) CAIRO MONTENOTTE (LIGURIA) CALVARI DI CHIAVARI (LIGURIA) CAMPAGNA (CAMPAGNA) CARANA (CALABRIA) CASACALENDA (MOLISE) CASALE MONFERRATO (PIEMONTE) CASOLI (ABRUZZO) CASTAGNEVIZZA (SLOVENIA) CASTEL DI GUIDO (LAZIO) CASTELLO SERENI (UMBRIA) CELLE LIGURE (LIGURIA) CHIETI (ABRUZZO) CIGHINO (FRIULI) CITTÀ S. ANGELO (ABRUZZO) CIVITELLA DEL TRONTO (ABRUZZO) CIVITELLA DI CHIANA (TOSCANA) COLFIORITO (UMBRIA) COLLE DI COMPITO (TOSCANA) CORROPOLI (ABRUZZO)

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36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73.

CORTEMAGGIORE (E. ROMAGNA) ELLERA (UMBRIA) FABRIANO (MARCHE) FARFA SABINA (LAZIO) FERRAMONTI DI TARSIA (CALABRIA) FERRARA (E. ROMAGNA) FERTILIA (SARDEGNA) FORLÌ (E. ROMAGNA) FOSSALON DI GRADO FRIULI (FRIULI) FOSSOLI-CARPI (E. ROMAGNA) GIOIA DEL COLLE (PUGLIA) GONARS (FRIULI) ISERNIA (MOLISE) ISOLA GRAN SASSO (ABRUZZO) ISTORIO MARINA (ABRUZZO) LAMA DEI PELIGNI (ABRUZZO) LANCIANO (ABRUZZO) LATRINA (TOSCANA) LIPARI (SICILIA) MANFREDONIA (PUGLIA) MANTOVA (LOMBARDIA) MARSICONUOVO (BASILICATA) MASSA CARRARA (TOSCANA) MONIGO (VENETO) MONTALBANO (TOSCANA) MONTECHIARUGOLO (E. ROMAGNA) MONTEFIASCONE (LAZIO) MONTEFORTE IRPINO (CAMPANIA) PONTICELLI TERME (E. ROMAGNA) NERETO (ABRUZZO) NOTARESCO (ABRUZZO) NOVARA (PIEMONTE) OSIMO (MARCHE) PADOVA-CHIESANUOVA (VENETO) PERDASDEFOGU (SARDEGNA) PERUGINA (UMBRIA) PETRIOLO (MARCHE) PIETRAFITTA (UMBRIA)

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74. 75. 76. 77. 78. 79. 80. 81. 82. 83. 84. 85. 86. 87. 88. 89. 90. 91. 92. 93. 94. 95. 96. 97. 98. 99. 100. 101. 102. 103. 104. 105. 106. 107. 108. 109. 110. 111.

PISTICCI (BASILICATA) POLLENZA (MARCHE) PONZA (LAZIO) PRESTINE (LOMBARDIA) REGGIO EMILIA (E. ROMAGNA) ROCCATEDERIGHI (TOSCANA) ROVEZZANO (TOSCANA) S. MARTINO ROSSIGNANO (PIEMONTE) SASSOFERRATO (MARCHE) SCIPIONE (E. ROMAGNA) SENIGALLIA (MARCHE) SERVIGLIANO (MARCHE) SFORZACOSTA (MARCHE) SOLFORA (CAMPANIA) SONDRIO (LOMBARDIA) SPOTORNO (LIGURIA) SUZZARA (LOMBARDIA) TAVERNELLE (UMBRIA) TERAMO (ABRUZZO) TERRANOVA DI POLLINO (BASILICATA) TOLENTINO (MARCHE) TOLLO (ABRUZZO) TONEZZA DEL CIMONE (VENETO) TORTORETO (ABRUZZO) TOSSICIA (ABRUZZO) TREIA (MARCHE) TREMITI (PUGLIA) TRIBUSSA (FRIULI VENEZIA GIULIA) TRIESTE-RISIERA DI S. SABBA TUSCANIA (LAZIO) URBISAGLIA (MARCHE) USTICA (SICILIA) VALENTANO (LAZIO) VALLECROSIA (LIGURIA) VENTOTENE (LAZIO) VERCELLI (PIEMONTE) VERONA (VENETO) VINCHIATURO (MOLISE)

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112. 113.

VISCO (FRIULI VENEZIA GIULIA) VÒ VECCHIO (VENETO)

(-XIV-)

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(-XIV-)

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(-XV-)

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IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI TONEZZA DEL CIMONE (20 DICEMBRE 1943 – 30 GENNAIO 1944). (5) 615 ebrei stranieri furono internati in 28 campi della provincia di Vicenza fra l’estate del 1941 e l’8 settembre 1943 (5). Il 30 novembre 1943 il Ministro degli Interni Guido Buffarini Guidi dirama a tutte le prefetture della Repubblica Sociale Italiana l’ordinanza di polizia n. 5 con cui ordina l’arresto, l’internamento degli ebrei ed il sequestro dei loro beni. Dopo tale ordinanza la Prefettura di Vicenza opera quindi per la ricerca e la costituzione di un campo. In seguito agli accertamenti dell’ispettore generale di Pubblica Sicurezza, dott. Beniamino Roselli, il capo della Provincia decide di sequestrare la colonia alpina “Umberto I” di Tonezza del Cimone. La colonia, distrutta durante la Prima Guerra Mondiale, ristrutturata e riaperta nel 1920 sotto la presidenza del marchese Roi, riusciva ad ospitare più di 200 ragazzi all’anno. Il 10 dicembre 1943 il Prefetto comunica la requisizione dello stabile al presidente Roi, che lo prega, anche se invano, di recedere dalla decisione. La Colonia Alpina viene così occupata ed il campo di concentramento è ufficialmente istituito il 20 dicembre 1943. Il 23 dicembre arrivano 45 prigionieri: uomini, donne, bambini, anziani. 59


Ne escono il 30 gennaio 1944, giorno della chiusura del campo, per essere condotti ad Auschwitz. Nessuno si salvò, tranne la famiglia Landmann.

(-XVI-) Piazza dei Signori in occasione dell’arrivo del Duce a Vicenza

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LA FAMIGLIA LANDMANN 

Eckl Barbara, di Francesco e di Ressnischek Anna, nata a Monaco di Baviera il 06.06.1897, coniugata con Landmann Friedrich Moses. Apolide “di razza ariana”(ex cittadina tedesca). Entrata nel Regno d’Italia con passaporto per apolide n°476/39 rilasciato il 5 luglio 1939 a Monaco di Baviera.

Landmann Friedrich Moses, di Jacob e di Goldfarb Bine, nato a Lezajsk (Polonia) il 02.08.1892, coniugato con Barbara Eckl, commerciante. Apolide (ex cittadino tedesco). Domiciliato a Monaco di Baviera. Entrato nel Regno d’Italia con passaporto per apolide n°475/39 rilasciato il 5 luglio 1939 a Monaco di Baviera.

Landmann Walter Heinz, di Friedrich Moses e di Eckl Barbara, nato a Monaco il 23.01.1927, scolaro. Apolide (ex cittadino tedesco). Entrato nel Regno d’Italia con passaporto per apolide n°4940 rilasciato il 18 aprile 1940. La famiglia Landmann raggiunge Bengasi insieme ad altri 302 ebrei profughi (“Gruppo Bengasi”). A seguito dell’inizio delle ostilità in Africa settentrionale viene internata nella città libica, prima alla caserma Torelli, poi in una baraccopoli nel deserto. Per l’approssimarsi delle operazioni belliche viene imbarcata sul piroscafo “Esperia” e, con tutto il “Gruppo Bengasi”, giunge a Napoli il 29 agosto 1940. Dopo aver trascorso tre settimane nel carcere di Poggioreale è tradotta 61


nel campo di concentramento Ferramonti di Tarsia. Passata all’internamento libero, è costretta al domicilio ad Arsiero dove giunge il 25 settembre 1941. I Landmann sono arrestati il 16 dicembre 1943 dai carabinieri della Stazione di Arsiero e condotti nel campo di concentramento di Tonezza del Cimone. Il 30 gennaio 1944, mentre, a Vicenza, sono in procinto di essere condotti al treno per il campo di sterminio di Auschwitz, vengono eccezionalmente rilasciati perché appartenenti a “famiglia mista”. Barbara Eckl guadagna la salvezza per sé e per i suoi dichiarando di essere di razza “ariana”. Internati nuovamente ad Arsiero, riescono a fuggire in Svizzera a metà febbraio 1944. Friedrich Moses Landmann, il padre, è morto nel 1984; Barbara Eckl, la madre, è morta nel 1963. Walter Heinz Landmann, il figlio, raggiunta l’Australia con i suoi genitori dopo il 1947, ha conseguito la laurea in Ingegneria ed è diventato un noto professionista specializzato nel settore meccanico-conciario. Sposatosi nel 1958 con Elizabeth, si è trasferito definitivamente in Inghilterra ed ha avuto quattro figli. E’ stato a lungo considerato vittima (8), insieme ai suoi genitori, della Shoah in Italia. Nel 2004 un imprenditore vicentino, amico di W. Landmann, ha avuto modo di segnalare l’incredibile errore al Giornale di Vicenza. (6) W. Landmann vive ora a Bedford, cento chilometri a nord di Londra, in un cottage immerso nel verde.

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(-XI-)

Scene di vita quotidiana del pittore yiddish Jacob Vassover

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GLI INTERNATI DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI TONEZZA DEL CIMONE (5)  BARUCH Salomon Silvio (fratello), nato a Sarajevo il 21 gennaio 1921, studente di nazionalità croata. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo ignoto dopo il 28 gennaio 1945. BARUCH Flora (sorella), nata a Sarajevo il 31 ottobre 1923, studentessa di nazionalità croata. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti. BARUCH Rita (sorella), nata a Mentone il 09 maggio 1931, studentessa di nazionalità croata. Deportata ad Auschwitz e uccisa all’ arrivo il 06 febbraio 1944.  BLOCH Leo (marito), nato a Vienna il 28 gennaio 1876, architetto di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti. BLOCH GRUNHUT Olga (moglie), nata a Vienna il 06 novembre 1880, casalinga di nazionalità jugoslava. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti.  BRAUM Ludovico (solo), nato a Djurdjevag il 26 aprile 1879, industriale di nazionalità jugoslava. Deportata ad Auschwitz e deceduto in data e luogo ignoti.  COEN Aron (solo), nato a Sarajevo il 6 aprile 1905, cameriere di nazionalità jugoslava. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo ignoto dopo il 27 maggio 1944.

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 COEN Haim (solo), nato a Pozarevac il 7 luglio 1895, negoziante di nazionalità ignota. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data e ignoti.  COEN Oscar (marito), nato a Belgrado il 12 luglio 1894, di nazionalità serba. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti dopo l’1 maggio 1944. COEN BENVENISTI Giannina (moglie), nata a Belgrado il 17 marzo 1896, casalinga di nazionalità serba. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti. COEN Milo (figlio), nato a Belgrado il 12 febbraio 1919, studente di nazionalità serba. Deportato ad Auschwitz e deceduto il luogo e data ignoti. COEN Nina (figlia), nata a Belgrado il 20 ottobre 1920, di nazionalità serba. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti.  DANNENBAUM Walter (solo), nato in Germania il 27 ottobre 1879, commerciante di nazionalità croata. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti.  ESKENASI Bora (genero), nato a Belgrado il 20 aprile 1910, di nazionalità croata. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti. ESKENASI Marina (figlia del genero), nata a Belgrado il 17 luglio 1941, di nazionalità croata. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti.

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 GELTNER Salomon (marito), nato in Polonia il 19 dicembre 1894, commerciante di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti. GELTNER MINKA Sara (moglie), nata in Polonia il 27 maggio 1896, casalinga. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti. GELTNER Renèe (figlia), nata a Vienna il 1° marzo 1931, di nazionalità tedesca. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti.  KRAMM Emil (marito), nato a Vienna il 16 giugno 1886, impiegato. Deportato ad Auschwitz in luogo e data ignoti. KRAMM SCHWERTFINGER Ester (moglie), nata a Stanislavczik il 10 ottobre 1883, di nazionalità tedesca. Deportata ad Auschwitz e deceduta il 6 febbraio 1944.  LANDMANN Frederich Moses (marito), nato in Polonia il 2 agosto 1892, commerciante di nazionalità apolide. Rilasciato perché appartenente a famiglia mista. Deceduto nel 1984. LANDMANN ECKL Barbara (moglie), nata a Monaco di Baviera il 6 giugno 1897, di nazionalità apolide, di razza ariana. Rilasciata perché appartenente a famiglia mista. Deceduta nel 1963. LANDMANN Walter Heinz (figlio), nato a Monaco il 23 gennaio 1927, studente di nazionalità apolide. Rilasciato perché appartenente a famiglia mista. Attualmente vivente.

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 LIND Moses (padre), nato a Huettengesaess il 12 luglio 1877, di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz e deceduto il 6 febbraio 1944. LIND Kurt (figlio), nato a Offenbach il 6 febbraio 1906, elettrotecnico di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz in luogo e data ignoti.  LUBLINSKJ STUCZJNSKI Lipa (marito), nato in Polonia il 23 maggio 1885, commerciante di nazionalità polacca. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti. LUBLINSKJ STUCZJNSKI SLUCKIN Anna (moglie), nata in Polonia il 2 novembre 1901, casalinga di nazionalità polacca. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti.  MANGEL Samuel (marito), nato a Cracovia il 15 novembre 1869, di nazionalità polacca. Deportato ad Auschwitz e deceduto all’arrivo in data ignota. MANGEL SCHUSKIND Sabine (moglie), nata in Polonia il 2 novembre 1874, di nazionalità polacca. Deportata ad Auschwitz e deceduta all’arrivo in data ignota.  OBLATH Ivan Gelza (solo), nato a Lovrecina il 5 novembre 1882, commerciante di nazionalità croata. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti.

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 RIESENFELD Berthold Israel (marito), nato a Slesia il 14 ottobre 1893, meccanico e orologiaio di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti. RIESENFELD FREUD Anna Elena (moglie), nata a Gleiwitz il 25 aprile 1898, casalinga. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti. RIESENFELD Hans (figlio), nato a Breslavia il 21 aprile 1923, studente di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo ignoto dopo il gennaio 1945.  RUBINFELD Chaim (marito), nato in Polonia il 30 settembre 1897, commerciante di nazionalità polacca. Deportato ad Auschwitz e deceduto in luogo e data ignoti. RUBINFELD HEIER Schoendel Jenny (moglie), nata in Romania il 3 dicembre 1904, casalinga di nazionalità apolide. Deportata ad Auschwitz e deceduta in luogo e data ignoti. RUBINFELD Edward (figlio), nato a Vienna il 25 gennaio 1932, studente di nazionalità polacca. Deportato ad Auschwitz e deceduto all’arrivo il 6 febbraio 1944. RUBINFELD Erika (figlia), nata a Vienna il 10 dicembre 1937, di nazionalità polacca. Deportata ad Auschwitz e deceduta all’arrivo il 6 febbraio 1944.  SCHATZ Jakub (solo), nato a Leopoli il 20 novembre 1875, sarto di nazionalità apolide. Deportato ad Auschwitz e deceduto all’arrivo il 6 febbraio 1944.

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 STABHOLZER Manasse (marito), nato a Varsavia il 10 settembre 1879, commerciante di nazionalità apolide. Deportato ad Auschwitz e deceduto all’arrivo il 6 febbraio 1944. STABHOLZER Josefowicz (moglie), nata a Lodz il 6 maggio 1886, casalinga di nazionalità polacca. Deportata ad Auschwitz e deceduta all’arrivo il 6 febbraio 1944.  ZADUK Ivan Alfredo (solo), nato a Berlino il 4 novembre 1871, albergatore di nazionalità tedesca. Deportato ad Auschwitz e deceduto all’arrivo il 6 febbraio 1944.

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AUTORITA' POLITICHE E MILITARI PREPOSTE AL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI TONEZZA DEL CIMONE (5) NOME

MANSIONE

BUFFARINI GUIDI GUIDO

MINISTRO DEGLI INTERNI

TAMBURINI TULLIO

CAPO DELLA POLIZIA

DOTT. ROSELLI BENIAMINO

ISPETTORE GENERALE DI P. S.

DINALE NEOS

CAPO PROVINCIA DI VICENZA

GENERALE WOLFF KARL

COMANDANTE DELLE SS

ELENCO DEGLI ADDETTI AL CAMPO (5) NOME

MANSIONE

MAGGIORE TONIOLO SILVIO

DIRETTORE DEL CAMPO

BOZZETTO GIOVANNI

ECONOMO

DALLA VIA GIOVANNI DI TONEZZA

CUSTODE

FONTANA GIUSEPPE DI TONEZZA

AUTISTA TRASPORTO EBREI DA ARSIERO A TONEZZA

FONTANA SANTO DI TONEZZA

TRASPORTO CONVOGLIO EBREI

TESTOLIN ERVINO

MILITE IN SERVIZIO AL CAMPO

DALL’AGNOL VALENTINO

MILITE IN SERVIZIO AL CAMPO

DOTT. A. MAGARAGGIA, TONEZZA

PRESTAZIONE MEDICHE

CANALE BRUNA DI TONEZZA

CUOCA

DALLA VIA AMABILE DI TONEZZA

AIUTO-CUOCA

DELLAI PAOLO DI TONEZZA

TRASPORTO AMMALATI

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BAGAGLI


ELENCO DITTE FORNITRICI (5) DITTE

FORNITURA

SORIO ARNALDO - VICENZA

FORNITURA STUFA E ACCESSORI

TREU ANDREA - VICENZA

FORNITURA TIMBRI GOMMA

ZOLA & FUGA - VICENZA

CANCELLERIA E STAMPATI

TURETTA UMBERTO - VICENZA

FORNITURA BENZINA

ZANNINI P. - THIENE

FORNITURA ENERGIA ELETTRICA

T.E.L.V.E. - SCHIO

TELEFONIA

ZOLA & FUGA - ARSIERO

STAMPATI

FARMACIA CATTANEO - VICENZA

FORNITURA MEDICINALI

FARMACIA CASENTINI - PEDESCALA

FORNITURA MEDICINALI

FARMACIA CEGAN - VICENZA

FORNITURA MEDICINALI

CASEIFICIO GROTTI - TONEZZA

FORNITURA LATTE

CANALE AUGUSTO - TONEZZA

FORNITURA SALE

DALLA VIA PAOLO - TONEZZA

FORNITURA VERDURE

DELLAI PAOLO - TONEZZA

FORNITURA VERDURE

COOPERATIVA TONEZZANA

FORNITURA GENERI ALIMENTARI

CANALE MASSIMILIANO - TONEZZA

FORNITURA PANE

DITTA AUTOTRASPORTI F.LLI SILLA

DA BARCAROLA A TONEZZA

POSINA GABINETTO DENTISTICO - ARSIERO

LAVORI E PRESTAZIONI VARIE

E.C.A. - VICENZA

FORNITURA DI LEGNA

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BIBLIOGRAFIA E REFERENZE ICONOGRAFICHE

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BIBLIOGRAFIA 1- C. Pavese, Poesie edite ed inedite, Einaudi. 2- C. S. Capogreco, Ferramonti. La vita e gli uomini del più grande campo di internamento fascista (1940-1945), Giuntina, Firenze 1987. 3- “Il Popolo Vicentino” 1 Dicembre 1943-XII (in S. Capovilla – G. Pulin, Ebrei internati a Camisano Vicentino durante la seconda guerra mondiale, Editrice Veneto, Vicenza 2006). 4- M. Smiderle, Sono ariana, lasciatemi stare ad Arsiero, in “Il Giornale di Vicenza”, 27 Gennaio 2004. 5- P. Tagini, Le poche cose. Gli internati ebrei nella provincia di Vicenza 1941-1945, Cierre Edizioni, Verona 2006. Si veda anche il sito www.dalrifugioallinganno.it/tonezza 6- M. Smiderle, Mi avete resuscitato dall’olocausto, in “Il Giornale di Vicenza”, 5 Febbraio 2004. 7- E. Zuccalà, Sopravvissuta ad Auschwitz. Liliana Segre fra le ultime testimoni della Shoah, Paolin, Milano 2005. Si veda anche la testimonianza raccolta sul sito www.binario21.org. 8- L. Picciotto, Il libro della memoria. Gli Ebrei deportati dall’Italia, Mursia, Milano 2002 (2 ed.).

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9- Dalle leggi antiebraiche alla Shoah, Sette anni di storia italiana 1938–1945, Skira, Milano 2004 (Catalogo della Mostra Storica nazionale, Il Vittoriano, Roma). 10- F. Galluccio, I lager in Italia. La memoria sepolta nei duecento luoghi di deportazione fascisti, Nonluoghi Libere Edizioni, 2002.

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REFERENZE ICONOGRAFICHE I - M. Smiderle, Mi avete resuscitato dall’olocausto cit. II – www.trigoso.it III – S. Capovilla – G. Pulin, Ebrei internati a Camisano Vicentino durante la Seconda Guerra Mondiale cit. IV – www.annesdoor.com V – M. Smiderle, Mi avete resuscitato dall’olocausto cit. VI – A. Busato, Arsiero Panorama storico, 1993. VII – S. Capovilla – G. Pulin, Ebrei internati a Camisano Vicentino cit. VIII – www.dalrifugioallinganno.it IX – P. Tagini, Gli internati ebrei nella provincia di Vicenza cit. X – F. Barbieri – R. Cevese, Vicenza Ritratto di una città, Angelo Colla Editore, Vicenza 2004. XI – Rema2007.wordpress.com XII – A. Busato, Arsiero cit. XIII – XIV – Dalle leggi antiebraiche alla Shoah cit. XV – P. Tagini, Gli internati ebrei nella provincia di Vicenza cit. 77


XVI – W. Stefani – A. Stefani, Vicenza e la Rua, Neri Pozza Editore 1985. XVII – Altipiani di Tonezza e Fiorentini, Le Fortezze della grande guerra Per non dimenticare www.vicenzae.org

Disegni e foto senza referenza sono degli autori.

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(-XVII-)

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Finito di stampare nel mese di novembre 2007. Presso: Ipsia “Luigi Luzzatti”, via A. De Gasperi n.1 – 36078 Valdagno - Vicenza 80



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