Il Giornalista

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Biennio 2008-2010

Ritagli di tempo e passione Gli articoli realizzati per il quindicinale della Scuola di giornalismo di Salerno C’è l’arte e il restauro, la storia e le curiosità, la tecnologia e la scienza, senza dimenticare i temi dell’attualità, in questa raccolta di articoli realizzati da Loredana Zarrella per Il Giornalista, il quindicinale della Scuola di giornalismo dell’Università degli Studi di Salerno diretta, nel biennio che ha frequentato (2008-2010), da Biagio Agnes. Impaginati con Quark XPress, i servizi sono frutto della passione, in generale, per il mestiere del giornalista, una specie di missione in cui avventurarsi con sensibilità e coraggio.

Loredana Zarrella, allieva della Scuola di giornalismo dell’Università di Salerno nel biennio 2008-2010, giornalista professionista dal 14 dicembre 2010. Fra le esperienze professionali figurano stage al Tg1 e a SkyTg24. Fra le sue passioni l’arte, la natura e la tecnologia.

Gesualdo, in provincia di Avellino. In alto a sinistra altre immagini oggetto degli approfondimenti


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Domenica 15 marzo

2009

CAMPUS

Il fotovoltaico

Alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Salerno moderni studi e ricerche per formare i nuovi manager dell’energia

L’Università entro la fine del 2009 avrà il suo impianto fotovoltaico, se le procedure amministrative lo consentiranno. Si tratta di una centrale da 1 megawatt di picco, distribuito su tutti i tetti del campus, di Fisciano e Baronissi. Una parte sarà gestita con degli inseguitori solari, un sistema che permette di avere sempre l’esposizione ottimale verso la sorgente solare di energia. La facoltà di Ingegneria partecipa con una sperimentazione.

Veleni nell’aria, tempo scaduto Entro il 2020 l’Italia dovrà ridurre le emissioni di anidride carbonica Mancano poco più di dieci anni alla scadenza imposta dal protocollo di Kyoto: se non riusciremo, noi, paese Italia, a ridurre le emissioni di Co2 nell’atmosfera, saremo costretti a pagare pesanti sanzioni. Le previsioni degli esperti del settore non sono ottimistiche: il 2020 è alle porte; Spagna, Italia e Danimarca sono le nazioni con la maglia nera nel viaggio verso l’energia pulita. L’Europa nel complesso deve spegnere i propri sistemi per 29 giorni, lo ha fatto finora per 10. L’obiettivo potrebbe essere raggiunto. Ma in Italia la situazione resta difficile. E non solo in termini di aderenza ai protocolli internazionali. Il tema dell’efficienza energetica registra bassissimi livelli di conoscenza. E’ proprio sull’informazione che bisogna puntare secondo gli organizzatori dell’Energy Days, il tour dei “giorni dell’energia” tenutosi all’Università di Salerno nei giorni scorsi e che toccherà ancora altre città. La mission degli Energy Days 2009, patrocinati dalla commissione europea, direzione generale energia e trasporti nell’ambito della campagna energia sostenibile per l’Europa, è quella di permettere l’incontro delle varie esperienze per ottimizzare l’offerta e la soluzione dei problemi. Un po’ come si augura possa accadere con le figure degli energy manager che, attraverso delle reti a carattere regionale, potrebbero servire a diffondere progetti che in alcuni posti hanno avuto riscontri positivi. All’Università di Salerno, nella facoltà di Ingegneria, esiste un corso specifico per formare un energy manager. Diretto dal professore Lucio Ippolito, il ciclo di studi rimette in luce una figura prevista dalla legge sia per il pubblico sia per il privato, per tutti i soggetti che consumino più di 1000 Tep (tonnellate equivalenti di petrolio), cioè 4500 kilowatt ora di energia elettrica. L’obiettivo è quello di ridurre i consumi attraverso l’intervento di un esperto che valuti l’eventuale inadeguatezza dei sistemi attuali e ne proponga di nuovi. “Il problema del clima può diventare occupazione”, secondo l’Ingegnere Nicola De Nardi, responsabile scientifico nazionale dell’Energy Days. E non solo. La sinergia tra Università, politica e imprenditoria mira a sviluppare soluzioni adeguate al problema delle risorse energetiche. Le singole città vanno riprogettate per andare incontro alle esigenze del globo. L’economia mondiale è in crisi, le previsioni climatiche non sono incoraggianti e l’esaurimento delle risorse è sotto gli occhi di tutti. Spingere sulla ricerca significa trovare energie alternative, rispettose dell’ambiente. A livello politico va colmata una mancanza: esiste una normativa nazionale ma il comportamento delle regioni non è uniforme per cui spesso mancano linee guida. A livello locale i Comuni con oltre 50.000 abitanti devono, in base alla legge 10/91, redigere un piano energetico comunale. Lo ha fatto di recente il Comune di Salerno che ha steso il suo Pec con il coordinamento del prof. Gianfranco Rizzo del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e la collaborazione di docenti e ricercatori dell’Università di Salerno. Gli interventi possono essere diversi: il risparmio dell’energia nel settore rifiuti, i nuovi sistemi per la pubblica illuminazione e l’utilizzo, con l’ausilio di incentivi, di tecnologie come l’eolico e il fotovoltaico, di supporto al fabbisogno energetico nazionale. Dal locale al globale, dalle amministrazioni comunali alle decisioni dei potenti: il futuro del pianeta passa attraverso le mani di tutti. E tocca diversi temi: le energie rinnovabili, l’inquinamento e la sicurezza degli approvvigionamenti, motivo quest’ultimo per cui l’Italia ha riaperto la via al nucleare. Il 2020: un’altra scadenza, un altro obiettivo insieme a Kyoto.

Programmi antismog dovranno essere redatti dalle città con oltre 50.000 abitanti

Pagina a cura di

LOREDANA ZARRELLA

Il prof. Ippolito

«Fondi irrisori: solo 1%» E’ soddisfatto di come il mondo politico sostiene la ricerca? Assolutamente no perché la quantità destinata alla ricerca dalle entrate per l’energia ammonta a circa poco meno dell’1% dell’intero gettito e soltanto lo 0,2% è per le rinnovabili.

Il soldato spiega come si compone il prezzo: la benzina costerebbe solo 1.39 ma poi c’è da pagare il mezzo per portare gli aerei, il carro armato, l’aereo stealth, la maschera antigas e il fucile. Quindi il costo del carburante diventa 1000 dollari al litro, come indicato dal cartello.

La lezione di un piccolo Comune Già raggiunto l’obiettivo a Mercato San Severino

Un impianto fotovoltaico: l’energia prodotta dal sole

Città universitaria da gennaio, Mercato S. Severino potrà avere adesso facile acceso al finanziamento di infrastrutture e centri di ricerca collegati all’Università di Salerno. Saranno realizzate residenze universitarie, un centro di ricerca sulle tecnologie legate alla logistica mentre gli studenti di Medicina avranno un centro di ricerca presso l’Ospedale. La vicina struttura universitaria ha portato benefici

alla cittadina anche nel settore dell’energia. Più di due anni e mezzo fa l’amministrazione comunale ha stipulato una convenzione con l’Ateneo di Salerno per dar vita al sistema Innovalux. Si tratta di un progetto integrato per la riduzione dei consumi energetici e il soddisfacimento della normativa contro l’inquinamento luminoso, la legge regionale del 25 luglio 2002.

Sono state messe a punto delle apparecchiature che, installate all’interno dei singoli impianti stradali, consentono di risparmiare circa il quaranta percento dell’energia elettrica nel corso dell’anno. La rete elettrica viene poi trasformata in rete attiva che può anche soddisfare esigenze di comunicazione con la cittadinanza, come sottolinea il professor Lucio Ippolito, progettista del sistema: «Avere la possibilità di installare pulsanti di emergenza che un cittadino può schiacciare in caso di malore o di aggressione, oppure avere integrato nel corpo di illuminazione un sistema per monitorare le emissioni di Co2 in atmosfera, avere la possibilità di dare messaggi ai cittadini con pannelli informativi: un augurio in occasione di una festività o una comunicazione importante come la chiusura del traffico». L’attenzione del Comune sulla questione dei consumi energetici non si è fermata ai nuovi sistemi di pubblica illuminazione. Nel piano energetico ambientale comunale di Mercato San Severino che è stato redatto dal dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e Ingegneria Elettrica, figurano altri obiettivi, tra cui ci sono una centrale fotovoltaica e il solare termico per gli edifici pubblici, la riduzione delle emissioni inquinanti generate dal trasporto pubblico con l’impiego di combustibili a minor impatto ambientale.

Il corso per “energy manager”. Quali sono gli ambiti occupazionali? Gli ambiti occupazionali sono rilevanti per un energy manager perché è una figura imposta dalla legge 10 del ’91, una legge largamente disattesa per molti anni ma che oggi con la crisi energetica che ormai si è dichiarata a livello internazionale ripropone all’attualità quel tipo di figura. L’energy manager è il responsabile per la gestione e il controllo dei flussi energetici in azienda o in enti pubblici. Il grosso mercato è soprattutto nella pubblica amministrazione dove ci sono ampi margini di percentuale di risparmio conseguibili. Torraca, la led city del Cilento. E’ un modello applicabile ad altre città? Purtroppo io credo che oggi il led non sia adottabile per la pubblica illuminazione. Ha già raggiunto ottimi livelli di applicabilità in ambito residenziale, per l’illuminazione di accento di edifici storici ma per garantire anche la sicurezza stradale dei cittadini il led non ha ancora le caratteristiche tali da poter essere applicato. Mi risulta che l’esperimento sia largamente fallito perché è stato rifatto tre volte, i livelli di illuminamento non soddisfano l’uniformità che è richiesta a livello di norme internazionali. L’indipendenza energetica è auspicabile o meno? L’indipendenza energetica è un’idealità, il sogno di ogni paese perché questo significherebbe poter gestire in proprio le politiche commerciali senza vincoli imposti da Paesi esterni. Probabilmente dobbiamo cambiare la nostra strategia di mix energetico quindi non affidarci ad una sola fonte come il gas.


12 2009 11 PRIMO PIANO I monti Picentini Domenica

Determinante l’apporto della grotta del Caliendo, una sorgente sotterranea, presto visitabile per ammirare stalattiti e stalagmiti di straordinaria bellezza

aprile

Laceno è una frazione di Bagnoli Irpino, in provincia di Avellino. L’altopiano è a 1000 metri dal livello del mare e fa parte del Parco regionale dei Monti Picentini, in cui svetta il Monte Cervialto con i suoi 1809 metri. La località attira i turisti con il motto “ammirare il mare sciando”. Dalla cima più alta, nei giorni senza foschia, si può in effetti ammirare il golfo di Salerno.

A lato il lago Laceno e in basso un pescatore

Lago Laceno: la natura batte l’uomo Risanamento insufficiente : le piogge hanno innalzato il livello dopo decenni

E’ lo stupore la sensazione che ti investe quando a circa 1100 metri di altezza, nei pressi di Bagnoli Irpino, scorgi, mentre stai raggiungendo in auto il Parco dei Monti Picentini, una distesa d’acqua su cui si specchiano i monti innevati, gli alberi e alcune casette in legno. E’ il lago Laceno, oggi ai livelli massimi dopo decenni. La natura ha fatto il suo piccolo, splendido miracolo. Proprio in un posto dove non si sperava più di rivedere le montagne abbracciare l’acqua. Lì dove il terremoto dell’80 aveva causato il prosciugamento della sorgente Tronola, principale affluente del lago. Irrimediabile era stata allora la rapida regressione delle acque e il conseguente svuotamento della grotta del Caliendo, un’ampia conca di 3800 metri di sviluppo che si trova sull’altopiano. Ebbene sì, esiste una grotta in fondo al lago che fa da emissario sotterraneo e idrogeologico alla cosiddetta Bocca del Caliendo, un vasto antro che si apre ad

una quota di 866 metri su una parete rocciosa da cui risorge l’acqua. Le cascate sono il conseguente e spettacolare risultato di questo meccanismo naturale. Il lago e la grotta vivono in simbiosi. Il fiume sotterraneo scava meandri e varie forme idromorfe prima di riempire il bacino che ha adesso raggiunto i livelli degli anni ’80 grazie alle abbondanti piogge di questo inverno. Gli stessi pesca-

tori, in questi giorni a caccia di trote, non lo ricordavano così da tempo. La seggiovia funziona, i turisti approfittano dell’ultima neve. Adesso, nel suggestivo pa-norama dei monti è tornato a vivere anche il lago, quasi permanentemente in secca, soprattutto d’estate. Nella stagione fredda le piogge e lo scioglimento delle nevi lo allargano un po’, ma mai come adesso. Forse ritorneranno le leggende di una

volta, simili a quelle che facevano presupporre l’esistenza di spiriti maligni quando una mucca veniva risucchiata dalle acque. I mulinelli ne erano la vera causa. Mistero e lago hanno sempre avuto un forte connubio. Ma sono diversi i tempi e alle false credenze si sostituisce il piacere della scoperta delle bellezze e dei processi della natura. Dal 1930, l’anno in cui fu raggiunta per la prima volta la cavità sotterranea, numerosi sono stati gli speleologi che hanno esplorato e studiato il posto. Non tutti i rami della grotta sono ancora conosciuti ma sono in corso i lavori di apertura al pubblico. Con la guida di esperti sarà possibile ammirare stravaganti formazioni glaciali – stalattiti e stalagmiti si intende - e capire in che modo la natura fa i suoi miracoli. Pagina a cura di

LOREDANA ZARRELLA

Il geologo Rocco Dell’Osso

Interventi mirati Il lago ha raggiunto i livelli massimi. Perchè? Il lago ha raggiunto il livello attuale, principalmente per gli apporti meteorici (pioggia e neve) degli ultimi mesi, davvero notevoli. In parte, hanno contribuito anche gli interventi di risanameto del lago e del canale Tronola. L'opera di risanamento del lago: quando è stata fatta? E’ stata fatta negli anni 2005 - 2006; per il lago l'intervento è stato principalmente quello di ridurre l'impatto ambientale del muro in calcestruzzo e di tamponare le perdite idrauliche alla base del muro stesso. E per il canale Tronola? Gli interventi sono stati mirati al consolidamento e all'impermeabilizzazione. Ulteriori iniziative sono state già previste dall'amministrazione comunale. Quale è lo stato di salute attuale del lago?

E’ purtroppo ancora altalenante. Bellissimo d'inverno e in stato eutrofico nella tarda estate-autunno. Il terremoto dell'80 aveva provocato danni? Ha influito in maniera forte; primo perchè ha compromesso la tenuta idraulica di alimentazione della sorgente Tronola, suo immissario, riducendo di fatto la portata fino a zero per buona parte dell'anno e quindi l'apporto di acqua. In più sono aumentate le aree di infiltrazione e le perdite dal fondo del lago. Cosa è successo negli ultimi anni? La sorgente Tronola ha avuto un certo recupero, che ha contribuito a migliorare lo stato di salute del lago. Gli interventi per il risanamento quindi mirano da una parte a portare più acqua e dall'altra a ridurre le perdite dal lago stesso.


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Domenica 3 maggio

2009

GESUALDO

CAMPUS Fondi europei per trasformare la storica struttura in Università della musica

La fortezza sotto assedio

Un comitato contro il piano di recupero promosso da Comune e Provincia LOREDANA ZARRELLA Quello che si sta verificando a Gesualdo passerà alla storia come la battaglia contro i progettisti o come il grande e tanto agognato recupero del castello. Intanto c’è una notizia: è stato presentato ufficialmente alla comunità il progetto di restauro. Tra le proteste di un comitato, “Gesualdo-Salviamo il castello”, nato per ostacolare la messa in opera di un piano di recupero ritenuto superficiale e poco rispettoso. Dopo decenni, l’intero castello è diventato patrimonio pubblico. Di certo una data significativa, come afferma il sindaco Carmine Petruzzo secondo cui già è una vittoria aver presentato il prospetto in un mese, il tempo concesso per poter attingere ai fondi europei. Il comitato, formato da molti giovani, ritiene che il recupero previsto non sia coniugabile con la salvaguardia e la valorizzazione di un bene millenario. Secondo il prof. Annibale Cogliano, storico e membro del comitato, non ci sarebbe un vero progetto a cui attenersi ma solo la possibilità di fare arbitrariamente qualsiasi operazione: bisognava cercare un’equipe specializzata e dedicare più tempo ai lavori di progettazione. Sotto accusa anche la Sovrintendenza che avrebbe dato il lasciapassare a carte redatte con poca cura. Molteplici sono i punti contestati. Interventi strutturali e destinazione d’uso vanno di pari passo nella polemica. E’ stata innanzitutto criticata la trasformazione del

Il principe di Venosa

L’inquilino madrigalista

Il castello di Gesualdo

castello in scuola europea di musica polifonica, in onore del principe madrigalista Carlo Gesualdo che lo abitò. Il giovane Pierpaolo Cuoppolo fa notare come molte norme, nell’adibire la struttura a scuola, siano state disattese. Un esempio su tutti: alcune stanze non hanno accesso a un corridoio ma comunicano tra di loro, come scatole cinesi, contro le direttive antisismiche. I progettisti, gli architetti gesualdini Enzo Cogliano e Virginio D’Adamo, sono soddisfatti invece

del loro lavoro. Alle proteste hanno così replicato: “Quod non fecerunt Barbari fecerunt Barberini”. In effetti il maniero ha subito diversi scempi negli anni. Come la trasformazione di alcuni ambienti secondo canoni moderni, la colorazione del cordolo di co-ronamento con caratteri cromatici diversi rispetto all’insieme, le iniezioni di cemento che, se da un lato hanno permesso di conservare il castello, dall’altro ne hanno di sicuro stravolto la facciata. Poco è piaciuta all’Ammini-

strazione, intanto, la denuncia di presunte irregolarità nella gestione dell’appalto. I ricorsi sono stati archiviati ma il comitato si è detto pronto a continuare la battaglia. Sempre che la rabbia non venga abbattuta come un castello di carte. In tanto clamore, resta comune un solo obiettivo: impedire che il castello divenga una cattedrale nel deserto. La vera sfida è proprio questa: sfruttare la memoria storica come volano dello sviluppo del paese.

Ideata come struttura difensiva in epoca longobarda, il castello divenne, nel XVI secolo, dimora dei Gesualdo, una della famiglie più illustri del tempo. Vi dimorò il principe di Venosa Carlo Gesualdo (1566-1614), ricordato per aver fatto uccidere la moglie Maria D’Avalos e il suo amante, colti in flagrante adulterio. Grazie allo zio cardinale Carlo Borromeo, il principe non fu condannato e si rifugiò nel castello dove compose numerosi madrigali. Solo nel 2008 l’antico maniero è passato definitivamente in mano pubblica con un’operazione costata alla Provincia 1milione 466mila euro pari al 55% della proprietà, prima detenuta dalla famiglia Caccese. Solo il 45% era del Comune. Dopo l’acquisto il recupero: con il finanziamento di 3milioni 600mila euro, fondi europei, il protocollo di intesa tra Provincia e Comune ha varato un piano di intervento per cui sarà necessario, in primis, eliminare le superfetazioni, ossia i corpi estranei al manufatto. Il castello ha subito diversi danni nei secoli. Non solo le guerre ma anche, per ultimo, il terremoto del 1980 che costrinse i proprietari ad abbandonarlo. La trasformazione in residenze private ne ha stravolto l’identità. Motivo per cui il recupero si preannuncia difficile.

Il Castello di Montesarchio ospita il Museo del Sannio Caudino, tra storia e preistoria

A corte con gli ippopotami «I finanziamenti sono esigui, ci bastano solo per cambiare le lampadine» CRISTIANO VELLA

Asteas: l’Europa in un vaso Il Vaso di Asteas raffigura il ratto di Europa, uno dei miti greci, che narra di una fanciulla rapita da Zeus e trasportata verso Creta, dando origine, appunto, all’identità europea. L’opera fu trafugata da uno scavo clandestino a Sant’Agata de’ Goti, e poi venduta, illecitamente, al Getty Museum di Los Angeles, e solo in seguito riportata in Italia in una operazione dei Carabinieri del nucleo tutela Patrimonio artistico. Nel marzo 2007, il vaso è stato in mostra al Quirinale, per la celebrazione dei cinquant’anni dei Trattati di Roma.

Prima c’erano i signori, dopo i carcerati, dopo ancora gli orfani, e ora ippopotami del pleistocene, armi rudimentali, antichissimi manufatti. E’ il castello di Montesarchio, edificato in epoca longobarda e lasciato colpevolmente all’incuria negli ultimi decenni. Nel 1996 la svolta: iniziano i lavori di ristrutturazione e durano fino al 2007, anno in cui viene inaugurato il Museo Archeologico Nazionale del Sannio Cau-

dino. Per ora solo il primo piano del castello, diviso in sei sale, ospita i reperti dell’antica area popolata dalla tribù dei Sanniti Caudini, ovvero quella che va da Montesarchio a Sant’Agata de’ Goti e fino a San Salvatore Telesino (le antiche Caudium, Saticula e Telesia). Molto interessante è osservare l’evoluzione dell’area sannitica, grazie ai manufatti ospitati nelle teche. Nella prima sala, dedicata alla preistoria, oltre alle ossa dell’ippopotamo si trovano armi, utensili e vasel-

lame risalenti al neolitico. Oggetti che diventano di ben altra fattura nella seconda sala, dedicata all’Età del Ferro, dove vasi di chiara ispirazione corinzia fanno da corredo alla riproduzione di una sepoltura femminile, proveniente da una delle necropoli che ancora oggi vengono fuori ogni qual volta che si scava nella zona. Scavi che non creano mai problemi istituzionali, dati i buoni rapporti che intercorrono tra il Comune di Montesarchio e la Soprintendenza ai Beni Culturali. Nella altre sale si fa palpabile lo sviluppo della zona: dalla chiara influenza etrusca nella manifattura ai vasi figurati. E’ qui, il vero protagonista del museo, il vaso di Asteas, raffigurante il “ratto d’Europa”, uno degli undici vasi del più grande ceramista della Magna Grecia, trovato nella zona di Sant’Agata de’ Goti, e poi oggetto di una serie di vicissitudini. Per quanto attiene alla situazione del museo, il direttore Luigi La Rocca afferma: «A livello di visite, nei giorni festivi abbiamo sempre un ottimo riscontro, il problema è colA sinistra il Vaso mare i cosiddetti tempi morti». di Asteas. Forse però, le opere del museo, sebA destra il castello bene interessantissime, non sono di Montesarchio, abbastanza per attirare visitatori da sede del museo zone che vanno oltre la provincia di

Benevento, infatti, La Rocca dichiara: «Bisognerebbe creare una rete con gli altri musei e con gli altri paesi, ma è difficile, ognuno cerca di fare gli interessi della propria zona e ciò finisce con il non fare bene a nessuno». Per quanto attiene ai progetti futuri, il museo dovrebbe espandersi: «Dovrebbero essere occupati tutti e tre i piani – afferma il direttore – ma al momento i finanziamenti sono finiti». Effettivamente, essendo la fruizione del museo completamente gratuita, è difficile andare avanti, ed è lo stesso direttore a confessarlo: «Beneficiamo di piccoli finanziamenti che arrivano dal ministero, ma in termini pratici servono unicamente per cambiare le lampadine, null’altro».


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Domenica 24 maggio

2009

PRIMO PIANO

Le antenne lavorano al servizio della metereologia, della Marina, dell’Aviazione e della legalità

I radar a guardia di terra e cielo In mare è difficile rilevare piccole imbarcazioni come le lance dei pirati Vigilano senza sosta e si occupano di trasmettere informazioni dettagliate per uso civile e militare. Non ce ne accorgiamo ma ci sono e lavorano al servizio dell’aviazione, della marina ma anche, più semplicemente, della meteorologia. Sono i radar che, attraverso le onde radio, rilevano la posizione, la distanza e la velocità degli oggetti. Si tratta di un sistema di comunicazione, la cui possibilità di recuperare l’informazione è legata al rapporto tra l’intensità del segnale e l’intensità del rumore. Esistono diverse forme di disturbo. E diversi tipi di radar. Anche le tecnologie più sofisticate hanno però dei limiti. Accade così che i pirati, al largo della Somalia, riescano indisturbati a raggiungere le loro prede. La potenza del dispositivo, in questo caso, non è la carta vincente, come si potrebbe pensare. «Nel caso del radar, la principale fonte di rumore è il clatter, un rumore di tipo moltiplicativo la cui intensità aumenta aumentando il segnale inviato», spiega il prof. Maurizio Longo, del dipartimento di ingegneria dell’informazione ed ingegneria elettrica: «La nave bersaglio è immersa nel clatter, una riflessione che lo stesso mare offre e che qui è rappresentato dalle creste delle onde. La percepibilità del bersaglio è molto più complicata che non in terra dove il background è più stabile. Le piccole imbarcazioni poi sono difficili da rilevare». Non serve dunque, ai predoni del mare, investire in sofisticate tecnologie. Se è vero che tutte le organizzazioni criminali riservano parte dei loro bottini per dotarsi di apparecchiature in grado di contrastare i controlli, nel caso dei

Oltre l’occhio umano

Un radar per il controllo del traffico aereo

pirati è proprio la natura che è dalla loro parte. Gli strumenti che hanno per controllare il traffico radio al fine di perfezionare i loro attacchi non è la loro arma vincente. E’ il mare che li protegge. Si dice che un ingegnere tedesco, residente negli Emirati Arabi, abbia inventato una vernice speciale per rendere invisibili ai radar le imbarcazioni dei pirati. In effetti, “c’è una certa correlazione tra la sezione radar e il materiale di cui è composto. Le superfici metalliche sono più riflettenti, per esempio”, precisa il prof. Longo. Il radar qui si scontra con i suoi

limiti. Eppure diversi ed efficaci sono i campi in cui opera. Oggi, secondo il prof. Longo, non si potrebbe fare a meno di nessuna applicazione, indipendentemente dagli scopi bellici. I radar sono utilizzati anche per il controllo del territorio e l’abusivismo edilizio e per fenomeni come il bradisismo. Le stesse istituzioni accademiche ne hanno compreso l’importanza. L’Università di Salerno si è dotata di un centro di telerilevamento, il ReSLEHM (Remote sensing laboratory for environmental hazard monitoring), che lega la ricerca alle attività connesse con il territorio.

Una stazione satellitare riceve le segnalazioni dei satelliti Meteosat ed Envisat, utilizzato per il monitoraggio ambientale. Il centro, diretto dal prof. Ciro Faella, prevede diverse attività: redazione e aggiornamento della cartografia, sviluppo di sistemi GIS, controllo dell’abusivismo edilizio, supporto alla pesca, il controllo del territorio per prevenire e valutare rischi come frane, alluvioni, incendi.

Pagina a cura di

Il nome, radar, acronimo di radio detection and ranging, venne inventato nel 1935 dallo scienziato britannico Sir Robert Watson-Watt. E’ un sistema che opera trasmettendo un particolare tipo di forma d’onda e rileva ed elabora il segnale d’eco ricevuto. In America e in Inghilterra iniziarono i primi esperimenti. Subito si intuì l’enorme potenzialità del mezzo in campo navale ed aereo. In Italia le ricerche di Guglielmo Marconi e di Ugo Tiberio non godettero invece del sostegno e dei finanziamenti delle autorità militari. Solo la II Guerra mondiale diede un impulso decisivo allo sviluppo del radar che però non fu usato efficacemente. La prima vera industria nacque nel 1950 a Baia, vicino Napoli, dove prima sorgeva il Regio Silurificio. Qui ora, a Fusaro, vive la Selex Sistemi integrati, azienda di Finmeccanica, con 1500 sistemi radar destinati a più di 150 Paesi nel mondo e che, da aprile, ospita un museo dove sono raccolte più di 50 antenne, dalla più antica, progettata nel 1951, a quella più moderna.

LOREDANA ZARRELLA

L’Unesco ha presentato nella sua sede di Parigi la World digital library

Biblioteche del mondo unitevi Libri rari, mappe antiche e testi scientifici arabi alla portata di tutti

Nuova democrazia della conoscenza

Libri in rete Non poteva di certo capitare qualche decennio fa di trovarsi facilmente, tra le mani, o meglio davanti agli occhi, un manoscritto raro, testi scientifici arabi, una mappa antica, il diario di Napoleone o quello del terzo presidente americano Thomas Jefferson. Oppure addirittura la Bibbia del diavolo del XIII sec. Tutto questo è ora possibile grazie alle Biblioteche virtuali. La vista e non il tatto è il senso privilegiato in questa esperienza. Si perde il contatto diretto ma si acquista un’informazione che forse non avremmo mai potuto ottenere. Il formato digitale permette di fare operazioni impensabili per il cartaceo: i testi sono facilmente consultabili dai

portatori di handicap, la memorizzazione sul proprio hard disk o su qualsiasi altro dispositivo è facile e immediata. Gli scaffali digitali sono in un certo senso riproducibili all’infinito. La novità più rilevante è il motore di ricerca: è possibile ricercare frasi e parole specifiche, funzione che torna molto utile nel momento in cui vogliamo ritrovare dove si parla, per esempio, di Paolo e Francesca nella Divina Commedia. Oltre ai libri le biblioteche virtuali conservano anche mediadata, ossia documenti video e sonori. Non c’è limite di spazio. E l’idea non è nuova. In lingua inglese è Project Gutenberg mentre in Italia c’è Liber Liber.

Un tempo, più di duemila anni fa, c’era la biblioteca di Alessandria. Oggi, il sogno di avere un luogo in grado di custodire tutti i libri del mondo si concretizza non più con l’ausilio dei mattoni e dei papiri ma attraverso il computer e i bit. Il progetto resta ambizioso e i tentativi di attuarlo si scontrano con la difficoltà di riunire di concerto tutte le professionalità necessarie per trasformare il reale in virtuale. L’ultima neobiblioteca virtuale si chiama World

digital library (www.wld.org), presentata qualche settimana fa nella sede dell’Unesco a Parigi. L’ideatore è James Billington, direttore della Library of Congress statunitense, tra le più grandi al mondo con i suoi 32 milioni di volumi. All’ambizioso progetto hanno partecipato anche biblioteche nazionali e istituti di cultura di tutto il mondo tra cui Cina, Francia, Inghilterra, Russia, Arabia Saudita, Africa del Sud, Iraq, Uganda, Brasile. Un’equipe della Biblioteca di Alessandria d’Egitto, costruita nel 2002 più o meno sui resti dell’antica, ha dato il suo contributo in termini di tecnologia. La World digital library è una raccolta virtuale di circa 1250 opere rare, di diverse epoche e luoghi, consultabili gratuitamente. Documenti storici, mappe, manoscritti, film, registrazioni sonore, illustrazioni e fotografie alla portata di tutti. Il materiale è in versione originale e sette sono le lingue di ricerca: inglese, arabo, cinese, spagnolo, francese, portoghese e russo. La nuova biblioteca è un progetto aperto: sugli scaffali virtuali c’è un posto per tutte le altre opere che i centri culturali, che non hanno ancora aderito all’iniziativa, vorranno custodire in Rete. Il sapere dell’umanità diventa in questo modo globale e digitale. Una sorta

di nuovo mecenatismo: l’obiettivo è quello di abbattere il cosiddetto cultural divide, di favorire il dialogo interculturale e la comprensione internazionale. In termini pratici, tutto questo si realizza attraverso il lavoro dei nuovi amanuensi, gli specialisti della digitalizzazione. Alla tecnica si unisce il problema del copyright: ogni documento deve tenere conto delle normative in vigore nel paese di provenienza ma anche di quelle internazionali e di quelle in vigore nel paese di destinazione. Tra i finanziatori c’è Google, che attraverso la funzione Book search mette già a disposizione 7 milioni di libri. Un’accoppiata vincente per rendere il mito di Alessandria sempre più una realtà, seppur virtuale.


TERRITORIO

Domenica 7 giugno

2009

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In ricordo della sua permanenza nel convento dei Cappuccini cerimonie solenni il 26, 27 e 28 giugno

Sopra la Chiesa di Santa Maria delle Grazie Sotto la ricostruzione della stanza di Padre Pio nel convento A destra la statua del frate

Là dove Padre Pio studiò teologia Cento anni fa il frate di Pietrelcina seguì una serie di corsi a Gesualdo LOREDANA ZARRELLA Il convento dei Cappuccini ospitò, nel 1909, il giovane frate per circa quaranta giorni. Una presenza significativa. La chiesa, annessa al convento, fu fatta costruire dal principe madrigalista Carlo Gesualdo le cui spoglie, ipotizzano alcuni, sarebbero conservate qui e non nella chiesa del Gesù a Napoli.

Una permanenza breve ma che ha lasciato il segno quella di Padre Pio a Gesualdo. Cento anni fa Francesco Forgione, questo il suo nome all’anagrafe, trascorse infatti

quasi due mesi nel paese irpino come studente di teologia morale. “E’ un grande privilegio aver avuto qui Padre Pio, un onore che non si può immaginare”, commenta Padre Antonio Gambale, ora unico frate cappuccino che abita nel Convento in cui il giovane Francesco, allora ventiduenne, seguì i suoi corsi. La permanenza a Gesualdo del frate conosciuto in tutto il mondo è legata ad eventi contingenti. All’inizio del ‘900 si ha una ridefinizione dei confini delle province religiose: in particolare i conventi di Gesualdo e di Montefusco passano dalla provincia di Napoli a quella di Foggia. Ma non finisce

qui. La storia sembra in qualche modo essersi plasmata per fare in modo che il frate capitasse, quasi per caso, proprio nel cuore dell’Irpinia per lasciare il suo segno indelebile. Era il 1909 quando Francesco, nel mese di maggio, iniziò a studiare teologia morale nel convento di Montefusco. Poco dopo la sua salute cagionevole lo costrinse a tornare a casa, a Pietrelcina, per un po’ di tempo. Quando fu richiamato per continuare i corsi la storia aveva ancora cambiato le carte in tavolo: ordini della congregazione stabiliscono che sede degli studi teologici non è più Montefusco ma Gesualdo, luogo

dove Padre Pio rimase da metà novembre a pochi giorni prima di Natale. Circa quaranta giorni. Dai registri risulta che anche questa volta dovette interrompere il suo percorso formativo per motivi di salute. Solo la malattia fu un ostacolo a una più lunga permanenza nel paese mentre gli eventi, al contrario, facevano in modo che vi restasse. Nel 1910, vengono ordinati sacerdoti i suoi compagni di corso davanti all’altare di quella chiesa. Nello stesso momento, alla stessa ora, egli veniva invece ordinato nel Duomo di Benevento, nella sua terra d’origine. Se non fosse stato rimandato a casa perché malato, il paese avrebbe

adesso ricordato un passaggio fondamentale e solenne: “Un’opportunità mancata”, secondo Padre Antonio, autore, peraltro, di diversi libri sul frate di Pietrelcina. Ora, a distanza di cento anni, a ricordo di quella preziosa permanenza, restano le parole di chi l’ha conosciuto, di chi al semplice racconto dei fatti unisce anche sensazioni e particolari. Per l’occasione sono previste manifestazioni solenni nei giorni 26, 27 e 28 giugno. I pellegrini possono visitare un museo allestito con gli oggetti di Padre Pio fatti arrivare da San Giovanni: lenzuola, calici, paramenti liturgici, fazzoletti, guanti. E’ stata preparata una stanza,

luogo simbolico: un letto, un tavolino, una sedia, un crocifisso e le pantofole, oggetto più che mai emblematico di una presenza ordinaria. Tutto è stato ricreato per suggerire alla memoria un’ immagine ferma, vivida. Padre Pio è stato lì, nel convento dei padri Cappuccini, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, fatta erigere da Carlo Gesualdo nel 1592 per espiare i propri peccati. All’interno la tela “Il perdono”, di Giovanni Balducci. Nei corridoi del complesso, ormai ristrutturato, alcune fotografie e immagini del Santo. E chi lo visita è come se avvertisse il profumo e la leggerezza dei passi di Padre Pio.

Pellegrinaggi a Roma, in Siria e in Grecia della Diocesi di Avellino

In viaggio con San Paolo SONIA ACERRA La Diocesi di Avellino sulle orme di San Paolo, nell’anno giubilare dedicato all’Apostolo delle Genti. Due i viaggi: in Grecia e in Siria, tappe del suo percorso missionario, durante l’anno paolino che è stato aperto il 28 giugno 2008 e che si concluderà il 29 giugno prossimo. Il 17 maggio scorso, infine, c’è stato il pellegrinaggio a Roma, per l’Agorà dei Giovani, nei luoghi della prigionia e del martirio. Un iter alla riscoperta di un pensiero ancora attuale nella sua interculturalità, nonostante

si ricordi il bimillenario della nascita di Paolo di Tarso. «E’ l’uomo delle tre culture spiega Francesco Marino, vescovo di Avellino - quella ebraica, quella greca e quella romana che seppe accompagnare Gesù e il

suo messaggio, legato fino a San Paolo solo alla realtà ebraica, ai paesi mediterranei e alla cultura greco- latina dell’epoca. Figura di grande interesse per la capacità di dialogo e per la sua fede convinta, capace, però, anche

di lasciarsi coinvolgere dagli altri». Nel 2008 la Diocesi di Avellino è andata in Grecia seguendo il secondo viaggio apostolico di San Paolo, il primo verso occidente. A maggio scorso è stata in Siria da dove si avvia il percorso missionario del Santo che forma la sua prima comunità e per la prima volta i suoi componenti vengono definiti cristiani. L’ultima tappa sulle tracce paoline ha puntato a Roma e, particolarmente, al carcere Mamertino, luogo della prigionia di San Paolo e di San Pietro. Non solo: an-

che all’Abbazia delle Tre Fontane, dove si sarebbe effettuata la decapitazione, intorno al 67 d.C. La testa sarebbe rimbalzata tre volte, producendo appunto tre fontane. San Pietro, invece, come si sa fu crocifisso altrove.

Terza sosta alla Basilica di San Paolo Fuori le Mura, dove sono conservate le spoglie dell’apostolo. Protagonisti del viaggio sono stati i giovani della Diocesi di Avellino, accompagnati dal vescovo Marino e dal

vicario diocesano, don Sergio Melillo. «Nella sua vita, prima dedita all’ebraismo poi a Cristo - aggiunge il vescovo Marino - è centrale la persona di Gesù e il suo messaggio di libertà. Una libertà, priva di condizionamenti, che deve coinvolgere ancora oggi i giovani insieme alla fiducia e al coraggio sempre mostrati da Paolo durante la predicazione e la sofferta testimonianza. Mi piace ricordare, soprattutto ai ragazzi che hanno partecipato con entusiasmo, una sua frase “Nulla potrà separarci dall’amore di Cristo”».


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Il Canadair

SPECIALE Il reato di incendio boschivo è stato introdotto nel 2000: reclusione fino a 10 anni con l’aggravante se si tratta delle aree protette. In California sentenza shock: condannato a morte un giovane piromane

Prodotto inizialmente dall’azienda canadese Canadair e dagli anni ‘90 dalla Bombardier Aerospace, il CL-415 è un bimotore anfibio concepito per la lotta alle fiamme. Può riempire i serbatoi in 12 secondi in uno specchio d’acqua di 1.340 metri, in una profondità di un metro e mezzo. Tre le ore di autonomia in volo, 6000 i litri di acqua di capienza.

Squadre contro l’inferno nei boschi

Approvato il piano regionale di prevenzione. Stanziati sette milioni di euro La lotta sul fronte del fuoco passa attraverso la sinergia. Per salvaguardare il patrimonio boschivo lavorano fianco a fianco Regione, Protezione civile, Corpo forestale e Vigili del fuoco. La Regione ha il compito di coordinare gli interventi, attraverso il Corpo forestale per gli incendi rurali, e i Vigili del fuoco per gli incendi che minacciano zone abitate. A metà luglio è stato approvato il piano regionale per la programmazione 2009 delle attività di previsione e lotta attiva contro gli incendi boschivi. Il consiglio regionale della Campania ha approvato lo stanziamento di 6.847.182,97 euro, di cui 653.760 per spese correnti e 6.193.422,97 per investimenti. I dati, pubblicati sul Bollettino ufficiale della regione Campania, numero speciale, evidenziano l’elevato rischio incendi nella nostra regione. Nel catastrofico 2007, 5855 roghi hanno distrutto oltre 11mila ettari di superficie boscata: un incremento del 281% del numero di episodi rispetto alla media tenuta dal 1991 al 2006. Il 2008 ha confermato questa tendenza con 3578 incendi e quasi 2mila e 500 ettari di bosco distrutti. Maglia nera per percentuale di roghi spetta a Salerno con il 39%. Seguono Avellino (22%), Napoli (15%), Caserta (14%) e Benevento (10%). Nel 2009 i dati parziali riferiscono che 87 incendi hanno devastato 53,78 ettari di area boscata. La vera battaglia, quindi, si combatte sul fronte della prevenzione. L’ultima legge-quadro sugli incendi boschivi (353/2000) punta proprio su questo e incentiva la sperimentazione di tecniche satellitari (art. 5), con uno specifico supporto finanziario. Tra le attività di prevenzione e di intervento mirato anche la classificazione tipologica delle cause di incendio. Gli esperti le suddividono in cause naturali (eruzioni, fulmini e autocombustione), cause dolose o volontarie (come roghi appiccati per edificare o per pulire il terreno per la semina, ma anche atti vandalici o di piromani) e cause colpose o involontarie, come il famigerato lancio di sigarette. In Campania prevalgono gli incendi di origine volontaria (71,7% rispetto al 60% nazionale). E poiché monitorare è prevenire, dal 2000 i Comuni hanno il compito di censire annualmente i terreni percorsi dal fuoco. I catasti, costituiti in base ai dati forniti dal Corpo forestale, contribuiscono a far rispettare il divieto di edificare o di cambiare destinazione d’uso del suolo per 15 anni. Massima allerta dal 15 giugno al 30 settembre, spiega Saverio Basile, responsabile dell’area servizio sul territorio di SMA Campania e tra i redattori del piano di programmazione, che ricorda che incide molto il fattore climatico, da tenere sempre sotto controllo. La SMA Campania, società partecipata al 49% della Regione, si occupa anche di manutenzione e messa in sicurezza del patrimonio boschivo, rendendo agibili i viali tagliafuoco, diradando la vegetazione a rischio incendio e favorendone la ricostituzione se distrutta dalle fiamme. Di competenza della SMA Campania anche i 12 sistemi automatici di rilevamento incendi, installati nelle aree ad elevato rischio, dotati di telecamera e sensore infrarosso e collegati alla Sala operativa regionale e a quelle provinciali, che hanno il compito di coordinare gli interventi e raccogliere i dati. Entro la fine dell’anno si prevede la realizzazione di altre 27 unità periferiche di rilevamento, di cui due nel parco nazionale del Vesuvio.

Migliaia di ettari di bosco distrutti lo scorso anno nella nostra regione

Numeri 9.800.000 gli ettari di bosco in Italia Tra il 1991 e il 2009 (dato provvisorio) si sono verificati 42.903 incendi in Campania: 132.717 ettari di superficie interessata di cui 70.486 boscati e 63.144 non boscati 3578 gli incendi e 2500 gli ettari di bosco distrutti in Campania nel 2008 6.847.182,97 euro stanziati dalla Regione per prevenire gli incendi

Un vigile del fuoco cerca di domare un incendio

15 i campi di volontariato antincendio nei Monti Lattari

SITI DA TUTELARE

Le aree protette in Campania Parchi Nazionali Cilento-Vallo di Diano Vesuvio

Parchi Regionali Campi Flegrei Diecimare Fiume Sarno Matese Monti Picentini Partenio Roccamonfina Taburno-Camposauro

Lotta attiva in difesa degli alberi Il Parco del Cilento guerra contro il fuoco

Riserve Naturali Foce Volturno Cratere degli Astroni Isola di Vivara Foce Sele-Tanagro Lago Falciano Monti Eremita-Marzano Tirone-Alto Vesuvio Valle delle Ferriere

Aree Marine Punta Campanella

Oasi Bosco Camerine Bosco Croce Bosco di San Silvestro Grotte del Bussento Lago di Campolattaro Lago di Conza Le Mortine Monte Polveracchio Monte Accellica Torre di Mare

Il fuoco non ha remore verso nulla, avanza e distrugge tutto ciò che incontra con una velocità e una furia che accrescono a ogni piccolo arbusto divorato. E’ per questo, per evitare seri danni all’inestimabile patrimonio ambientale, che i Parchi italiani predispongono ogni anno piani mirati. In Campania, il Parco

del Cilento e Vallo di Diano si è dotato di un piano per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi per il periodo 20072011. Ogni anno è previsto un aggiornamento. La previsione di spesa per il 2009 è di € 100.468,53 e tra le attività programmate figurano, oltre alla lotta attiva, l’ag-

giornamento delle statistiche, la pubblicazione sul sito web del Parco dei risultati degli studi e delle ricerche e la formazione del personale Antiincendio boschivo (Aib). E’ prevista l’applicazione della tecnica del fuoco prescritto a scopo di prevenzione, tecnica che consiste nel ridurre la biomassa bruciabile, già sperimentata in Australia e Francia. In pratica si provocano degli incendi in maniera controllata e in periodi a basso rischio. Fiamme contro fiamme. Anche il Parco del Vesuvio e altre aree protette stanno mettendo su carta direttive antincendio. Le Onlus fanno la loro parte organizzando campi di volontari, come quelli nel parco regionale dei Monti Lattari organizzati dal Wwf. Dietro la spinta dei piani di programmazione c’è sempre l’incubo dell’estate del 2007. Allora, nel pieno dell’emergenza, il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio invitò i presidenti dei parchi a costituirsi in giudizio contro gli incendiari per ottenere condanne esemplari. Il 423 bis, introdotto nel 2000, prevede punizioni fino a 10 anni per chi incendia, con l'aggravante se si tratta di aree protette. Il Nucleo investigativo antincendi boschivi (Niab), la task force della Forestale, vigila e investiga.


SPECIALE E’ uno scenario illusorio quello dipinto dal Corpo forestale dello Stato: nel 2008, rispetto al 2007, quando i roghi erano stati 10.639, c'è stata una diminuzione del 50% del numero degli incendi. Dal 1 primo gennaio al 28 dicembre 2008 si sono infatti verificati complessivamente 5.868 incendi boschivi che hanno distrutto 44.591 ettari, di cui 18.714 boscati e 25.877 non boscati. Eppure l’allarme resta alto se si considerano i dati relativi alla quantità del nostro prezioso patrimonio ambientale in correlazione ai danni provocati dalle fiamme. Secondo i dati della Protezione civile in Italia i boschi ricoprono oltre 9.800.000 ettari, circa il 35% del territorio nazionale. Dalla metà degli anni Ottanta ai primi anni del 2000, gli incendi boschivi hanno distrutto circa 1.100.000 ettari di superficie boscata: un'estensione superiore a quella dell'Abruzzo. Ogni anno gli incendi mandano in fumo migliaia di ettari di bosco e di macchia mediterranea causando un danno inestimabile all’ambiente. Forti ripercussioni si hanno

I roghi alterano il delicato equilibri degli ecosistemi

Il lontano ritorno di flora e fauna Inestimabili i danni provocati dal fuoco sulla conservazione della biodiversità, legata alla presenza di specie, ecosistemi ed habitat. Con gli incendi vanno in frantumi anche altre importanti funzioni dei boschi, come la stabilizzazione climatica ed idrogeologica e la produzione legnosa. Senza contare i danni al turismo. L’ecosistema si altera e riduce i suoi servizi in beneficio delle specie viventi, tra cui la regolazione del clima, del ciclo dell’acqua, il controllo dell’erosione e il ciclo dei nutrienti. Uno studio condotto dal WWF

Spagna ha calcolato che il danno economico causato dagli incendi forestali corrisponde a 5.500 euro per ettaro di bosco incendiato, senza considerare i danni permanenti e il valore delle specie animali e vegetali distrutte. Il recupero è lento e difficile. La complessità dell’ecosistema rende l’operazione di ricostruzione poco prevedibile. L’impatto degli incendi sulla fauna dipende da diversi fattori, come il tipo di ecosistema interessato e la superficie investita dalle fiamme. Il danno più diretto è

quello causato dalla morte delle specie di animali più vulnerabili per scarsa capacità di fuga, come i pulcini delle quaglie e dei fagiani, le lepri e i conigli, i rettili e gli anfibi. E’ stato calcolato che un incendio distruttivo in un ettaro di pineta può causare la morte di 300 uccelli, 400 piccoli mammiferi e 5 milioni di insetti. L’habitat naturale viene drasticamente ridotto e destabilizzato. Il recupero dell’ambiente può essere favorito da interventi di ripristino ma gli animali hanno spesso

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problemi a ricolonizzare le aree degradate dal fuoco. E’ quanto denuncia il Wwf che ha anche stilato un elenco delle specie più minacciate in Italia tra cui la testuggine di Hermann, l’orso bruno marsicano, il cervo sardo, la martora, l’istrice, pipistrelli e picchi. Non solo l’habitat e la fauna si riducono ma ci sono anche seri danni indiretti: si distruggono le reti alimentari e lo spostamento degli animali superstiti in altre zone causa un sovraffollamento e, di conseguenza, un intensivo sfruttamento delle risorse e un’accentuazione della competizione alimentare. Meno spazio per tutti, minori possibilità di sopravvivenza. Il ritorno della fauna è più complesso di quello della vegetazione. Gli uccelli hanno una grande capacità di ricolonizzazione ma per i mammiferi e gli anfibi la sfida è davvero difficile. Pagine a cura di

GERMANA GRASSO LOREDANA ZARRELLA

Il Piemonte in soccorso del Gargano

Missione Puglia 2009 Piemonte e Puglia ancora insieme, per il secondo anno, nella lotta agli incendi. Un gemellaggio che intende contrastare le emergenze che in estate flagellano l’area mediterranea. La colonna del corpo antiincendi boschivi del Piemonte per la missione in Puglia è partita il 18 giugno. Base operativa, a Vico del Gargano, nella foresta Umbra, è la caserma Jacotenente dell’Aeronautica militare, in costante comunicazione con la sala operativa regionale di Bari. Per tre mesi il contingente terrà sotto controllo il territorio del Gargano: 400 uomini del corpo Aib, 160 volontari del coordina-

mento di Protezione civile, 20 automezzi Land Rover attrezzati con un modulo da 400 litri per assicurare l’intervento diretto, due autocisterne con capacità di 3000 litri di acqua e altri otto automezzi per garantire il trasporto del personale. La missione comporta un’attività di pattugliamento preventivo quotidiano e interventi di spegnimento e di bonifica in caso di incendio. L’iniziativa fa seguito a una convenzione firmata dalle Regioni Piemonte e Puglia su richiesta del dipartimento della Protezione civile nazionale per evitare che si ripeti la tragedia di Peschici del 2007.

A sinistra, una martora del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano. A destra, una famiglia di escursionisti

ITALIA

GRECIA

Enna, muore Rodi, in fumo per salvare la terra cinquemila ettari Ferragosto 2008, provincia di Enna, Sicilia. Un piromane appicca un incendio nella riserva naturale del monte Altesina: bruciano mille ettari di bosco. Intervengono i Vigili del fuoco, la Protezione civile ed il Corpo forestale. Le fiamme lambiscono il vicino centro abitato di Nicosia, alcune famiglie sono evacuate, altre tentano di salvare le proprie coltivazioni. Le esalazioni da monossido di carbonio uccidono Giuseppe Rizzo, 35 anni, intossicato mentre tenta di spegnere le fiamme che divorano l’appezzamento di terra del padre della fidanzata. È la prima vittima della “calda” estate siciliana. In quell’occasione il co-

mandante del nucleo operativo regionale di polizia giudiziaria del Corpo forestale, Giocchino Leta, dichiarò: «Le azioni dei piromani sono devastanti, non solo attaccano il patrimonio naturale, ma mettono a repentaglio vite umane. Segnalate, indicateci qualunque cosa per beccarli. Contiamo sull’aiuto dei siciliani».

Luglio 2008, Rodi, Grecia. Cinquemila ettari della più antica foresta di conifere dell’isola bruciano per una settimana. L’incendio, appiccato per negligenza da un anziano, poi arrestato, è definito dai media locali “un’apocalisse ecologica”. Circa duemila turisti sono evacuati e portati lungo la costa o in città. È dichiarato lo stato d’emergenza. Sono chiamati a raccolta tutti i mezzi antincendio disponibili, ma il fumo nero e denso impedisce la visibilità ad elicotteri e canadair, che riescono ad alzarsi in volo dopo numerosi tentativi. Anche l’Italia dà un contributo e invia due canadair CL-415. La Protezione civile italia-

na, infatti, fa parte del gruppo Fire 5, insieme con Francia, Portogallo, Spagna e Grecia, entrata a farne parte nel febbraio 2008. Il progetto fa parte del Meccanismo comunitario di Protezione civile. Lo scopo è mettere a punto piani di intervento comune in caso di calamità naturali ed emergenze, come eventi sismici e incendi boschivi.

ALBANIA

Valona e Fier in fiamme Luglio 2008, regioni di Valona e Fier, Albania. In soli due giorni il paese è travolto da cinque incendi. A Scutari sono andati bruciati circa 6 ettari di foreste, completamente distrutta la montagna di Tarabosh. Per l'ostilità del territorio e le difficili vie di comunicazione, non è stato possibile per i vigili del fuoco intervenire tempestivamente. Gravi i danni sulla vegetazione. In fiamme anche il bosco di Orikum di Valona, le foreste di Seman, a Fier, gli oliveti di Kavaja, dove tre case del villaggio di Lushnje sono state evacuate. La scarsa umidità e le alte temperature hanno favorito la veloce propagazione

del fuoco. La maggior parte degli incendi avrebbe un’origine dolosa: l’intento era quello di creare nuovi campi e coltivazioni. Su richiesta delle autorità albanesi, l’Italia ha inviato due equipaggi e un canadair della Protezione civile per supportare le operazioni di spegnimento dei numerosi incendi.


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SPECIALE Dopo undici commissari in quindici anni annunciata la fine dell’emergenza La Regione ancora non è pronta. Non decolla dappertutto la raccolta differenziata Domenica 22 novembre

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Rifiuti: è verde solo la speranza «Campania fuori dall’emergenza rifiuti entro….». Avanti con il prossimo proclama. Stavolta è per l’inizio del 2010. Nel corso di questi 15 anni, in cui si sono succeduti ben 11 commissari, per uno dei più grossi scandali del Mezzogiorno, dove oltre alle ecoballe, sono stati bruciati milioni e milioni di euro, chissà quante volte le orecchie dei poveri campani hanno udito queste magiche paroline. Che la gestione straordinaria cesserà realmente a febbraio, come stabilisce il decreto 90/2008, ci sono seri dubbi. In un'incontro del 2007 i professori di diritto delle università napoletane, Carlo Iannello e Sergio Marotta, e un magistrato consulente del Commissariato di governo, Corona, spiegarono come la Regione fosse completamente sguarnita a gestire in via ordinaria il ciclo dei rifiuti. Di veri provvedimenti per la gestione ordinaria dei rifiuti non si ha notizia: nessun piano è stato avanzato e nessuna consultazione pubblica dei cittadini e delle associazioni è stata messa in moto. Ciò testimonia la volontà di proseguire nella gestione straordinaria. L'emergenza è ancora in corso in tutte le province campane. Le discariche previste dal decreto 90/2008 (legge 123/-2008) sono ormai sature e tutte presentano gravissimi errori di progettazione, non ultimo il mega sversatoio di Ferrandelle che ha raccolto su piazzali di stoccaggio temporaneo milioni di tonnellate di rifiuti tal quale e indifferenziati permettendo a Napoli di "rientrare tra le metropoli occidentali". «Solo incentivando la raccolta differenziata potremmo definitivamente uscire da questo stato di emergenza». Chi non ha mai

Da Improta a Bertolaso In quindici anni di emergenza si sono alternati in Campania undici commissari. Umberto Improta 11 febbraio 1994 - marzo 1996 Antonio Rastrelli marzo 1996 - 18 gennaio 1999 Andrea Losco 18 gennaio 1999 - 10 maggio 2000

Antonio Bassolino 10 maggio 2000 - febbraio 2004 Corrado Catenacci 27 febbraio 2004- 9 ottobre 2006 Guido Bertolaso 10 ottobre 2006 - 6 luglio 2007 Alessandro Pansa 7 luglio 2007 - 1 gennaio 2008 Umberto Cimmino commissario gestore 1 gennaio 2008 - 10 gennaio 2008

Goffredo Sottile commissario liquidatore 11 gennaio 2008 - in carica Gianni De Gennaro commissario delegato 11 gennaio 2008 - 26 maggio 2008 Guido Bertolaso Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all'emergenza rifiuti 21 maggio 2008 - in carica

ascoltato, anche dal semplice consigliere comunale del più piccolo paesino, questa frase? Il nodo principale è proprio lo stato della raccolta differenziata. In Campania avanza tra mille difficoltà, legate soprattutto al contratto stipulato con la Fibe-Impregilo, che obbliga i comuni a pagare 3 volte: il costo della raccolta, il mancato conferimento ai CDR e l'abbassamento del potere calorifico dei rifiuti dovuto alla diminuzione dei combustibili migliori: carta e plastica, che sono assieme al vetro i materiali più facili da raccogliere separatamente. Il caso più emblematico di questo preciso impedimento della raccolta differenziata in Campania è l'affossamento del progetto di raccolta differenziata porta a porta dell'Asia per la città di Napoli, che rappresenta per quantità il maggior problema nella gestione del ciclo dei rifiuti campano. Il progetto è stato fatto progredire con tempi molto lenti e solo in alcuni quartieri periferici che, a dispetto di ogni facile previsione, hanno fatto registrare un picco di raccolta differenziata che ha raggiunto in poco tempo il 70% in media. Alla fine è stato interrotto per il taglio dei finanziamenti che il Comune di Napoli doveva corrispondere all'Asia (s.p.a. a capitale pubblico) per questa costosa attività di raccolta porta a porta. Inoltre l’organico costituisce una grossa fetta dell’intero quantitativo dei “rifiuti” prodotti. Infatti in Campania l’organico può arrivare a costituire quasi la metà del quantitativo di rifiuti indifferenziati. La messa in funzione degli impianti industriali di compostaggio, alcuni già presenti, non è stata mai avviata. Verde resterà solo il colore della speranza?

Il sistema di smaltimento è un iter complicato di leggi e di viaggi all’estero

L’odissea dello scarto hi-tech Greenpeace ha denunciato un traffico illegale dall’Europa ai Paesi poveri Le nuove regole per le pile L’Unione europea ha disciplinato il far west della spazzatura elettronica attraverso alcune direttive. Con il decreto legislativo 188/2008 l’Italia ha recepito, in ritardo, la direttiva 2006/66/CE che obbliga le aziende a provvedere alla raccolta e allo smaltimento di pile e accumulatori, prodotti che dovranno essere poi più rispettosi dell’ambiente. Le nuove regole sono scattate il 26 settembre scorso.

Il rifiuto è anche hi-tech. I progressi della tecnologia ci hanno abituato a un ricambio costante di computer e cellulari. Il vecchio dispositivo, non più funzionante o semplicemente retrò, viene buttato e sostituito andando ad incrementare montagne di rifiuti tecnologici. L’Onu ha stimato che le apparecchiature elettriche ed elettroniche gettate via ogni anno ammontano a 20-50 milioni di tonnellate e crescono in quantità con un tasso del 3-5% annuo, tre volte superiore a quello dei rifiuti

normali. Dove vanno a finire i nostri scarti hi-tech e i vecchi elettrodomestici? Qui comincia l’odissea. Un iter complicato di carte e di viaggi, anche oltreconfine. In una recente indagine Greenpeace ha scoperto che un’enorme quantità di elettronica di scarto viene trasferita illegalmente dall’Europea ai paesi in via di sviluppo dove viene depositata in discariche a cielo aperto ai margini dei sobborghi più poveri. Qui, il recupero dei componenti riciclabili, attività spesso affidata ai bambini, diventa

A sinistra una discarica elettronica in Ghana. A destra un ammasso di cellulari

un modo per sopravvivere. I danni all’ambiente e alla salute sono inestimabili. Le apparecchiature elettroniche contengono sostanze altamente nocive, in particolare metalli come piombo, rame, alluminio e cadmio. Due sono i modi per smaltire il prodotto hi-tech: consegnarlo ai centri di raccolta di rifiuti specializzati oppure portarlo a un negoziante nel caso di acquisto di uno nuovo. Nel secondo caso il rifiuto è quasi assicurato mentre le cosiddette isole ecologiche non sempre rispondono ai requisiti di legge. Soltanto due centri di raccolta su otto in Campania hanno avuto giudizi positivi da Greenpeace: l’isola Arechi di Salerno e quella di Mercato S. Severino. Non male i centri di Fratte e di Fisciano mentre pessima è la situazione nelle province di Avellino e di Napoli: la maglia nera spetta ai centri di Solofra e di Melito. Anche a Pianura e a Capriglia Irpina di ecologico c’è ben poco: nel primo caso il

centro non esiste al numero civico indicato dal sito web Raee, nel secondo, l’indicazione è sbagliata ma il centro si trova in fondo alla strada, chiuso e con sacchi di rifiuti ammassati, senza una tettoia che li ripari dalle intemperie. Greenpeace ha chiesto alle aziende hi-tech di mettere sul mercato prodotti senza composti tossici, di ridurre le emissioni di gas serra, e di gestire infine l’intero ciclo di vita del bene di consumo. La battaglia dell’elettronica verde ha inizio.


SPECIALE

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In Campania cresce il fenomeno delle minidiscariche “Chi lascia la via vecchia per la nuova sa quello che lascia e non sa quello che trova”. Il vecchio e pluriabusato detto, coniato dalla saggezza popolare, si adatta perfettamente alla situazione dei rifiuti in Campania. In quasi ogni città, infatti, passeggiando per il centro o per le strade principali è un piacere notare che dopo la crisi di quasi due anni fa sacchetti e cassonetti stracolmi non rappresentano più lo scenario principale. Guai a svicolare però, le periferie potrebbero avere (e in genere le hanno) pessime sorprese in serbo. Già entrando in Campania, magari a bordo di un Eurostar proveniente da Roma, Firenze o Milano, il panorama che viene offerto ai passeggeri, in provincia di Caserta, non è certo un quadro di Monet. Nei campi, spesso coltivati e spesso pascolati dalle bufale, si scorgono mucchi di rifiuti di ogni genere. Nelle altre province la situazione non appare diversa. Passeggiando per le strade di Napoli, sembra quasi di trovarsi in due universi paralleli. Da una parte, le vie e le piazze principali, come

Pulito il centro munnezza fuori “Le videocamere non bastano, serve educazione” piazza del Plebiscito, il “salotto buono” della città, sono sgombre dai rifiuti ma, non appena si volta l’angolo, risalendo magari per via Egiziaca, ecco rispuntare la solita massa informe di spazzatura. Se via Santa Teresa degli Scalzi, una delle strade che conducono al centro storico di Napoli, risulta piuttosto pulita, basta scendere poco più giù, nel Rione Sanità, per ritrovarsi a fare lo slalom tra rifiuti di ogni genere. «Non ne possiamo più» commenta un’anziana, seduta sull’uscio del suo basso, vedendomi aggirare con perplessità la carcassa di quella

che, in tempi più felici, forse era una lavatrice «quando tutto va bene, vengono a ritirare la munnezza una volta alla settimana». Però, quando le domandano chi è che si azzarda a buttare per strada addirittura una lavatrice, risponde con un’alzata di spalle che vale mille parole. Qui nessuno sa niente e, soprattutto, nessuno fa niente. Perché la filosofia del farsi i fatti propri è sempre quella vincente. Costeggiando l’Appia, in Valle Caudina, si rimane soggiogati dal panorama del monte Taburno e dal castello medievale di Montesar-

chio. Prendere deviazioni, tuttavia, potrebbe risultare fatale nel giudizio sul panorama. La zona della stazione di Arpaia, era flagellata dall’abusivismo. «Il lancio del sacchetto dalle auto in corsa – commenta un pendolare – era diventato una moda. La strada, e i campi erano pieni di immondizia, di mobili e vecchi elettrodomestici. Finchè hanno messo le telecamere». E infatti la zona oggi è sgombra da rifiuti, con i cartelli che avvisano di essere in “area video sorvegliata” e che “i trasgressori saranno puniti”. Ma basta fare qualche metro per trovare sor-

prese. In territorio di Airola, ecco una nuova minidiscarica: qui si trovano scarti industriali, pneumatici, il paraurti e vari pezzi d’auto. Un residente, incuriosito dalla macchinetta fotografica, si ferma e commenta : «Quasi ogni notte c’è qualche auto che si ferma, scarica rifiuti e va via. Se installassero le videocamere anche qui, comunque troverebbero altri posti. Bisognerebbe educare le persone alla legalità». A Salerno, nonostante un gran numero di comuni virtuosi nella differenziata non mancano le mini discariche: basta osservare la zona industriale, piena di rifiuti. Una splendida cartolina arriva da Avellino: su molte piazzole di sosta si ergono cartelli che recitano “Divieto di scarico rifiuti”, ai piedi dell’avviso, appunto, rifiuti. Pagine a cura di

SABINO RUSSO VERONICA VALLI CRISTIANO VELLA LOREDANA ZARRELLA

TERMOVALORIZZATORI

Acerra, la svolta che non c’è L’impianto funziona poco e male. Il sogno è Vedelago L’unico impianto di incenerimento presente in Campania è quello di Acerra, in provincia di Napoli. Tuttavia, l’inceneritore, inaugurato dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e visto come la svolta nel ciclo dei rifiuti campano non sembra funzionare a dovere, sia per i ripetuti problemi tecnici, sia per le emissioni fuori norma. Secondo i tecnici della società bresciana A2A, che gestisce l’impianto, ci sarebbero gravi errori commessi nella realizzazione e nella progettazione dell’inceneritore. Attualmente infatti, sono molte le pause, dovute ai malfunzionamenti che bloccano il termovalorizzatore di Acerra. Un altro impianto di incenerimento dovrebbe essere costruito a Salerno, sebbene l’ipotesi sia al centro di roventi polemiche in tema di impatto sulla salute delle emissioni. A tal proposito, per abbattere i rischi in materia sanitaria e ambientale, un modello sarebbe quello di Vedelago, in

AVELLINO

grado di trattare anche rifiuti non differenziati. Infatti presso il centro di riciclo del comune trevigiano, un’imprenditoria sana ha sviluppato una nuova tecnologia in grado di riciclare anche quei materiali che normalmente andrebbero trasformati in CDR da bruciare: negli impianti di TMM (trattamento meccanico-manuale) lo scarto della raccolta differenziata, costituito da plastiche sporche, elementi di arredo, ecc, viene trasformato in una "sabbia sintetica", ottenuta senza la produzione di sostanze tossiche come le diossine. Con questo metodo è possibile riciclare quasi il 100% dei rifiuti, ed i costi di realizzazione e di gestione dell’impianto sono economicamente più convenienti rispetto ai costi di un inceneritore. Il centro Vedelago ha il merito, riconosciuto con un premio dall’Unione Europea, di avere il primo brevetto al mondo per un metodo di trattamento dei rifiuti rispettoso dell’ambiente e della salute

BENEVENTO

CASERTA

NAPOLI

SALERNO

Difesa Grande Differenziata Occhi puntati non riapre presto al 35% sui clan

Bene solo a Chiaia

La prima in Italia

E’ la provincia più piccola e di conseguenza ha la minor produzione di rifiuti e il minor fabbisogno in termini di metratura. Attualmente sono attivi la discarica di Sant’Arcangelo Trimonte,, l’impianto di Molinara per il trattamento della frazione organica e l’impianto per i rifiuti urbani residui di Casalduni. Nel 2008 è stata chiusa la discarica di Tre Ponti di Montesarchio con un ipotesi di disastro ambientale. In città la raccolta differenziata è limitata ma, secondo il sindaco Fausto Pepe, si vorrebbe raggiungere il 35%. In provincia molti comuni virtuosi.

Il capoluogo campano ha sempre risentito della morsa dell’emergenza rifiuti. A farne le spese sono stati soprattutto i quartieri più popolari, come Secondigliano e la Sanità, continuamente vessati dalla malavita. Per il momento, la raccolta differenziata funziona soprattutto nei quartieri di Posillipo e Chiaia, mentre negli altri quartieri è molto limitata. Molte associazioni si sono mosse in favore della salvaguardia della legalità ambientale. Nel 2008 è partito il progetto “Mani tese Napoli”, patrocinato da Alex Zanotelli.

Con poco più di un milione di tonnellate, Salerno è la seconda provincia per produzione di rifiuti. L’unica discarica attiva è quella di Serre. Scartate dal tribunale le ipotesi avanzate dal commissariato all’emergenza rifiuti dei siti di Valle della Masseria e Macchia Soprana. Il Giudice ha ritenuto che l'installazione di due discariche a poche centinaia di metri di distanza, siano un notevole carico ambientale e un rischio per i cittadini. Salerno con il suo 72% di differenziata è stato premiato a come il primo capoluogo d’Italia tra i comuni ricicloni.

E’ in atto una provincializzazione del ciclo dei rifiuti. Fra breve sarà ufficializzata una società che si occuperà di gestire i rifiuti solo nella provincia di Avellino. Finita la fase commissariale, non si è più resa necessaria la discarica di Difesa Grande sul Formicoso, ad Andretta. La notizia è di poche settimane fa e arriva dopo numerose battaglie. L’immondizia dell’Irpinia viene trasferita solo nel sito di Savignano irpino. Con la provincia di Salerno è stato avviato un rapporto di collaborazione per usufruire del termovalorizzatore in fase di progettazione.

E’ la terza provincia per dimensioni e di conseguenza anche per produzione di rifiuti. Sono attivi gli impianti di Santa Maria Capua Vetere per i rifiuti urbani residui, la discarica di Parco Saurino, e l’impianto di San Tammaro per il trattamento della frazione organica. In città sembra andare a gonfie vele la raccolta differenziata: il comune, nel febbraio 2009, dava comunicazione di una costante escalation percentuale : dal 12,4% del dicembre 2008, , fino al 39%. La gestione dei rifiuti tuttavia è spesso sotto i riflettori perché oggetto degli interessi dei clan.


Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

Direttore Biagio Agnes Anno IV n. 29

€ 0,50

Redazione - Via Ponte Don Melillo, 84084 Fisciano - Salerno tel. 089.969437 - fax 089.969618 - email: giornalismo@unisa.it

Filosofia e immagini

Sped. Abb. Post. - 70% CNS/CBPA Sud/Salerno

Domenica 6 dicembre 2009

Giuseppe Tornatore

L’estetica della televisione e i suoi inganni

Tradizioni

«Con la mia Baarìa racconto la coralità della vita di provincia»

ANNIBALE ELIA Pagina 3

A Sirignano il Natale si festeggia due volte l’anno

GERMANA GRASSO Pagina 19

STELLA COLUCCI Pagina 20

EDITORIALE

Nel dubbio

astieniti BIAGIO AGNES

All’apertura del nostro secondo corso post-universitario, un anno fa, si era fatta una riflessione pragmatica sulla crisi del giornalismo e si era convenuto che la crisi è globale, tende ad incidere sempre di più e investe tutto e tutti. L’Italia, l’Europa, il Mondo. Di qui – credo - si può estrarre il concetto del buon giornalismo immune da traversie contingenti. E il pensiero corre subito a questa Scuola dalla quale si deve uscire con precisi caratteri identitari su cui ancora oggi non vi sono dubbi: entusiasmo e consapevolezza di un’etica specifica. Ai miei esordi nella professione, ebbi la fortuna di essere tenuto a battesimo da un grande direttore, Antonio Picone Stella, che mi fornì indiscutibili “comandamenti”, ciò che, nella vulgata a cui si ricorre per essere innocentemente enfatici ad ogni costo, si chiama “deontologia”. Che non è il giuramento di Ippocrate per i medici, anche se spesso il nostro lavoro incide sulla ‘salute’ quanto meno mentale di chi si affida a noi, il lettore, il radioascoltatore, l’ utente televisivo. E può attentare anche alla salute fisica, se si pensa a colui che, esposto alla gogna mediatica, ha messo fine ai suoi giorni. Pagina 5 (continua)

Costruttori, agenzie immobiliari e medici ai primi posti tra gli evasori

Il Paese dei finti scontrini Si predica lotta serrata ma diminuiscono le pene per chi froda Tra chi emette scontrini un po’ più bassi, chi proprio non li emette e chi non si sente colpevole lo spaccato degli evasori non sembra affatto rassicurante. Il sistema viziato di fondo non riesce a risanarsi. Troppo profonda la ferita radicata nel tessuto socio-culturale del Paese. Gli sforzi degli agenti arginano solo in parte il problema, ma nelle statistiche la percentuale dei “furbetti” non accenna a calare. Tra le associazioni di categoria la certezza è una: l’esempio a rispettare la legge manca soprattutto nelle alte sfere.

Car-pooling

Al Campus con un sms GIOVANNI SPERANDEO Pagina 17

Pugilato

BORRELLI e VELLA Pagina 7

Il campione fa il tassista

La testimonianza del giornalista

DANIELE DE SOMMA Pagina 23

Parisse: quant’era bella la mia Onna ACERRA e PADULANO Pagina 6

Sud e imprenditoria

L’arte del gusto

Cilentana, la strada maledetta Il restyling della città parte dalle stazioni CHIARA DEL GAUDIO Pagina 8

I giochi pericolosi DE SOMMA e PELLEGRINO Pagina 11

In pochi mesi trenta incidenti di cui dieci mortali

Castellammare

Malati d’azzardo

Anche la buona tavola risente della crisi

Sono troppi gli incidenti mortali sulla nuova Cilentana causati dall’alta velocità e da un manto stradale tutto da rifare. È quest’ultima la causa dell’incidente avvenuto a Pattano, dove mamma e figlia hanno perso la vita. MARIA EMILIA COBUCCI Pagina 9

LA VIGNETTA di Veronica Valli

Sapori in fabbrica SALZANO VALLI e ZARRELLA Pagine 12 e 13

BORRELLI e CARDONE Pagina 15

IL PUGNO Se la verità è bellezza e se la parola ha il potere di scalfire le ingiustizie e le menzogne, allora è arrivato il tempo di giocare nel più spregiudicato dei modi. Giocare contro il male e contro chi, schermandosi dietro presunti simboli di potere, porta avanti, imperterrito, la sua versione dei fatti. Ma la verità è una sola e giustizia sarà fatta solo quando alla parola scritta sarà dato il significativo merito di aver fatto sapere a tutti cosa è davvero successo. Loredana Zarrella


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Domenica 27 dicembre

2009

SPETTACOLI

Il format, che coniuga spettacolo e divertimento, è un’iniziativa a metà tra il gioco di ruolo e il teatro

«Ti invito a cena con delitto» Gli attori sono i sospettati e il pubblico li interroga per risolvere il caso LOREDANA ZARRELLA Il gioco e il mistero: un connubio formidabile, soprattutto se di mezzo c’è pure il teatro. Del mondo del giallo, con i relativi sottogeneri del noir, del thriller e della spy-story, fanno parte i romanzi di Agatha Christie ma anche film, giochi da tavolo e di ruolo. Questi ultimi rappresentano una assoluta novità. Non si tratta però di una semplice attività ludica. Il teatro ha sviluppato format originalissimi a riguardo: le cene con delitto sono l’espressione della volontà di coniugare il mistero, lo spettacolo e il divertimento insieme. Alla base di tutto c’è sempre una storia ben congeniata: la trama, sia il giallo scrittura, visione o teatralità, è pur sempre l’aspetto fondamentale. “Il Pozzo e il Pendolo”, diretto da Ciro Sabatino e da Annamaria Russo, con sede a piazza San Domenico Maggiore a Napoli, è il teatro che mette in scena le cene con delitto. «Si tratta di una variante del gioco da tavolo Cluedo», spiega il direttore artistico Ciro Sabatino: ognuno interpreta un ruolo, gli attori sono i sospettati mentre la parte degli investigatori è affidata al pubblico. Nati a inizio Novecento in Inghilterra come intrattenimento da salotto, i murder party sono giochi di ruolo di investigazione che esigono un copione strutturato e l’interattività dei vari partecipanti. Un film del 1976 di Robert Moore, “Invito a cena con delitto”, ha dato l’impulso allo sviluppo di questo particolare gioco teatrale interatti-

Il training aziendale

Una scena di “Invito a cena con delitto”, film del 1976 di Robert Moore

vo. Le cene con delitto arrivano in Italia circa venti anni fa ad Arezzo e a Venezia, “Il pozzo e il pendolo” ha, per Ciro Sabatino, il merito di aver introdotto il format al sud. Nessuno, durante la cena, gode di una completa onniscienza: il regista e gli attori sanno chi sarà la vittima e come si svolgerà il delitto ma non sanno chi riuscirà a scoprire le carte. Il pubblico, che insieme agli attori fa parte del gruppo di commensali, partecipa attivamente all’investigazione attraverso le

interrogazioni e l’analisi delle tracce. Esistono diverse varianti. Il teatro partenopeo organizza anche weekend con delitto, giochi in castelli e borghi: d’estate il Castel Capano di Pollica è il suggestivo scenario che ospita una cena con delitto. Originale è il format sulla crociera: l’ultimo, durante il Ponte dell’Immacolata, è durato quattro giorni. Il ruolo della location è importante, nessun posto è scelto a caso. Le storie e gli elementi della scena

vengono personalizzati in base al luogo. I copioni non hanno nulla da invidiare alle architetture letterarie dei classici romanzi gialli: il gioco sarà avvincente se la sceneggiatura è ben costruita. Il veleno è il mezzo con cui di solito si uccide, come nei più celebri capolavori del genere. Il più delle volte il delitto è un antefatto e agli attori spetta il compito di raccontarlo attraverso la teatralità. A questo punto non resta che immergersi nella storia, seguire e interpretare gli indizi.

Cosa centrano i giochi di ruolo con la formazione del personale in azienda? Apparentemente nulla, eppure si è scoperto che essi sono in grado di sviluppare il problem solving, lo spirito di gruppo e la leadership. Lo sanno bene quelli della Building Team, una società di Milano che pianifica diversi format di training aziendale: tra quelli inerenti al giallo, oltre alle cene con delitto, ci sono le varianti del CSI, dove hanno importanza rilevante le prove di polizia scientifica. Alessandro Perrore della Building Team spiega che sono le multinazionali le aziende più attente a questa attività di formazione.


PRIMO PIANO Sono ancora numerosi in tutto il mondo i contenziosi tra le Nazioni

Domenica 21 febbraio

2010

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Quattro opere rivendicate

Beni d’arte trafugati tra guerra e pace Contro i furti il Nucleo speciale dei carabinieri Sono motivo di contesa fra gli Stati, materia di lavoro degli organismi internazionali, oggetti preziosi per le case d’asta, ragione di riforma delle norme giuridiche. Sono le opere d’arte trafugate, beni cioè usciti illegalmente dal Paese di cui sono patrimonio culturale a seguito di furto, razzia di guerra o esportazioni clandestine. Lo scorso dicembre il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, in occasione del G8, dichiarò che “il traffico mondiale d’arte clandestina ha ormai un giro d’affari paragonabile a quello della droga”. Nei due giorni di dibattito dedicati allora all’argomento i più grandi esperti mondiali misero in luce un fenomeno che esige una seria collaborazione tra le Nazioni per poter essere sradicato. Numerosi sono ancora i contenziosi aperti in tutto il mondo. L’Egitto ha ingaggiato una vera e propria battaglia per riavere i suoi preziosi e numerosi reperti. In Italia è recente la notizia della possibile confisca dell’Atleta di Lisippo al Getty Museum di Malibu che acquistò la statua dopo che fu ritrovata in mare al largo di Fano nel 1964. Il museo americano ha invece accettato di restituire altre 40 opere della sua collezione. L’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, si è fatta carico dell’impegnativo compito di tutelare i beni culturali non solo attraverso campagne internazionali ma anche mediante l’adozione di leggi

Nel 2009 falsi e scavi clandestini Nel 2009 l’attività operativa del Comando dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale ha registrato, rispetto al 2008, una riduzione sia dei furti in generale (-14,5%) sia degli scavi clandestini accertati (-76%).Persistente è invece il fenomeno della falsificazione (+424%). Nello stesso tempo è aumentata l’azione di contrasto. Sono stati recuperati 19.043 beni culturali (archeologia esclusa). Per i furti i privati e i luoghi di culto sono ancora gli obiettivi più sensibili e resta preoccupante il fenomeno della sottrazione al patrimonio archivistico e librario (3713 sono state le denunce nel 2009).

scritte a carattere universale. In particolare con la Convenzione del 1970 contro il traffico illecito di opere d’arte gli Stati firmatari si impegnano a collaborare per impedire le illecite esportazioni ed importazioni e per recuperare i beni abusivamente sottratti al paese di appartenenza. La norma non è però retroattiva L’Unesco si è poi rivolto all’Unidroit (Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato) per elaborare

un nuovo testo che risolvesse alcuni punti rimasti in sospeso come gli aspetti privatistici del problema (la possibilità per il possessore in buona fede di ottenere un equo indennizzo) e l’assimilazione degli scavi illeciti ai beni rubati. I trattati e le leggi non mancano ma l’esperienza suggerisce che l’unico vero strumento da utilizzare come antidoto al traffico illecito dell’arte è la presa di coscienza, la denuncia e le o-

perazioni di intermediazione pacifica tra gli Stati. L’Icom, la federazione dei più grandi musei internazionali, favorisce le soluzioni amichevoli di singoli casi di restituzione. Suona invece come una dichiarazione di guerra l’ultima iniziativa dell’Interpol: un data-base online con fotografie e descrizioni, di circa 34.000 opere rubate nel mondo. Le schede sono a disposizione di Ministeri della cultura, musei, gallerie d’arte, case d’asta ma anche collezionisti privati. In Italia il Nucleo dei carabinieri per la tutela del patrimonio artistico opera in collaborazione costante con gli organismi internazionali. Diversi i compiti a cui assolve questa speciale sezione dell’Arma: interviene in aree di crisi per salvaguardare il patrimonio culturale dei Paesi interessati, si occupa di recuperare i reperti esportati illegalmente, monitora i siti archeologici per contrastare gli scavi clandestini. La battaglia, anche per i carabinieri, si proietta sul web dove una banca dati facilita l’attività investigativa. Il Comando ha evidenziato un calo dei reati in materia ma il fenomeno si configura pur sempre come un vero e proprio business. Intanto molte opere d’arte restano in attesa di conoscere il loro destino che, tra guerra e pace, non è di sicuro prevedibile.

Pagina a cura di

LOREDANA ZARRELLA

Il Messale conteso torna a casa

L’antico manoscritto fu sottratto a Benevento nel 1943 Per ora dimora nella British library di Londra ma presto sarà restituito all’Italia. Si tratta del Messale di Benevento, un volume medievale trafugato dalla cattedrale della città durante la Seconda Guerra Mondiale. Una nuova legge obbliga infatti i musei britannici a riconsegnare i beni sottratti ad altri Paesi in epoca nazista. La notizia della sua restituzione è stata accolta con entusiasmo ma l’arcidiocesi di Benevento, in un comunicato diffuso agli organi di stampa, frena i facili ottimismi. Nel testo, firmato dal prof. Mons. Mario Iadanza, si legge che “numerosi passaggi rimangono ancora da compiere e non è pertanto imminente il “ritorno a casa” del prezioso codice del sec. XII. Il provvedimento legislativo, entrato in vigore a gennaio,

Il Duomo di Benevento

è stato approvato dalle Camere dei Lord e dei Comuni e ha ricevuto la ratifica della Regina Elisabetta. Il Messale deve però attendere ancora

Nel 2008 il cratere di Eufronio, un vaso greco creato intorno al 515 a.C., è stato restituito all'Italia dal Metropolitan Museum di New York .

La Madonna di Senigallia, dipinto realizzato da Piero della Francesca, fu trafugata dal Palazzo Ducale di Urbino nel 1975 e poi recuperata in Svizzera.

Da sempre l’Egitto ha reclamato la restituzione al Neues Museum di Berlino del busto di Nefertiti, risalente a 3400 anni fa. La richiesta è ora ufficiale.

L’Egitto ha rivendicato al British Museum di Londra la Stele di Rosetta, la lastra di basalto sulla quale sono stati decodificati i primi geroglifici.

Le nozze di Cana

Dipinto da Paolo Veronese tra il 1562 e il 1563, “Le nozze di Cana”, esposto attualmente al Louvre, fu trafugato da

un po’ prima di avviarsi verso casa. Ad accogliere direttamente l’istanza o a decidere per un’altra procedura sarà, il 23 febbraio, il Panel (Spoliation Advisory Panel), la Commissione istitutita nel 2001 dal Governo inglese presieduto da Mr. Blair, con il compito di esaminare la leggitimità di possesso di beni culturali acquisiti da Istituti inglesi durante il periodo 1933-1945. In caso positivo la domanda passerebbe al ministro della cultura inglese. A questo punto la British library, dopo una richiesta ufficiale, dovrà provvedere alla restituzione del manoscritto. Complicate più dell’iter legislativo furono le vicende che, oltre sessant’anni fa, portarono il prezioso manoscritto fuori dall’Italia. Il Messale, compilato nel XII secolo in scrittura beneventana, fu sottratto alla Biblioteca Capitolare durante un bombardamento alleato nel settembre del 1943, nel corso del quale la cattedrale romanica fu distrutta. Il volume sarebbe poi finito a Napoli dove fu acquistato nel 1944 da un ufficiale dell’intelligence britannica, il capitano Douglas Ash, che lo vendette all’asta a Londra.

Napoleone nel 1797 dall’isola di San Giorgio, a Venezia. L’Italia ne chiede la restituzione attraverso un appello a Carla Bruni.

L’attentato dei nazisti alla cultura La Convenzione internazionale dell’Aja, firmata nel 1954, nasce con l’obiettivo di proteggere i beni culturali in caso di conflitto armato. L’accordo sancisce per la prima volta il criterio che la protezione deve essere anche preventiva ma il problema della restituzione fu affrontato solo nel ‘70. Stanno tornando in Italia alcune opere trafugate durante la Seconda Guerra Mondiale. Lo scorso novembre è stata recuperato dai carabinieri e poi restituito ad Assisi il dipinto “Figura femminile” di Justus Sustermans, trafugato dalle truppe naziste dalla Villa di Sassoforte in Lastra Signa (Firenze).


PRIMO PIANO INFRASTRUTTURE

Domenica 7 marzo

2010

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Ancora bloccati i fondi per la realizzazione della Lioni-Grottaminarda

La strada dei due mari che non c’è L’ opera, mai completata, può favorire lo sviluppo delle zone interne

idrogeologico che un intervento così invasivo avrebbe portato ai loro territori. Le rassicurazioni del Ministero dello Sviluppo Economico hanno portato alla fine all’approvazione del progetto e alla sua apertura da parte del Commissario ad acta del Ministero delle Attività Produttive, Filippo

LOREDANA ZARRELLA I lavori dovevano iniziare a marzo ma è stato tutto rimandato. Non si sa quando, si sa solo che il potere di decidere se avviare o meno i cantieri spetta al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica). Resta dunque in sospeso l’asse stradale Lioni-Grottaminarda, una delle grandi infrastrutture della Campania. Finora solo il primo tratto è stato completato, quello che va da Contursi a Lioni. Ora si attende il completamento dell’opera, cioè il prolungamento dell’asse viario fino al comune di Grottaminarda: un percorso di 19 km che porterebbe a compimento un intervento ideato quaranta anni fa con l’intento di sviluppare le aree interne della Provincia. La superstrada a scorrimento veloce attraverserà i comuni di S. Angelo dei Lombardi, Rocca San Felice, Villamaina, Frigento, Gesualdo e Grottaminarda: sono previste gallerie e viadotti per circa 8,5 km (la galleria più grande, di 1,7 km, è prevista nel territorio di Gesualdo). Ma trasferire dalla carta alla realtà strade e gallerie non si è rivelato cosa semplice. La complessità del progetto qui non c’entra. I contrasti si misurano a suon di monete: nessuna garanzia di finanziamento, nessuna opera da “cantierare”. Attualmente sono già disponibili 20milioni di euro, stanziati dalla Regione Campania, ma mancano i 150milioni di euro che il Cipe dovrebbe sbloccare. In pratica i soldi del Governo. E’ da quattro settimane che il comitato non si riunisce, quando lo farà si spera che all’ordine del giorno venga

ROBERTA SALZANO

trattata anche questa questione. Nulla è dato per scontato. Il sindaco di Grottaminarda, Giovanni Ianniciello, si dice però fiducioso sullo sbocco dei fondi. «E’ da quaranta anni – afferma Ianniciello – che si parla del congiungimento dei due mari, cioè della ContursiLioni/Grottaminarda-Termoli». In futuro si prevede in effetti di collegare tutte e tre le autostrade A3-A16-A14 dal Tirreno all’Adriatico, passando dalla Campania al Molise. I 19 km da completare rappresentano un importante passo in questa direzione: il definitivo collegamento tra A3 e A16, considerato una valida alternativa all’A3 Salerno-Reggio Calabria. «C’è tutto – continua il sindaco – c’è l’impresa, c’è il progetto esecutivo cantierabile, il direttore dei lavori, mancano però i soldi. Il tratto ha una rilevanza fondamentale, non è una strada ordinaria, è una trasversale di sviluppo. Senza le infrastrutture non c’è infatti l’impresa, senza l’impresa non c’è lo sviluppo, senza lo sviluppo non c’è occupazione». L’asse viario nasce in quel progetto più generale di sviluppo delle zone interne per favorire nuovi insediamenti economico-industriali e per rendere in generale più facili e veloci i collegamenti con il resto della penisola. Più infrastrutture, Mezzogiorno più sviluppato: il collegamento pare non essere così scontato se si considerano i tagli ai fondi Fas (fondi per le aree sottoutilizzate).

C’è anche la Tav A Grottaminarda ci sarà una stazione della futura linea ferroviaria ad alta velocità NapoliBari. L’arteria Contursi-Grottaminarda sarà così collegata alla stazione e al terminal bus.

I Il progetto non è stato però condiviso da tutti e negli anni ha causato forti scontri e battaglie. I cittadini di Frigento e Gesualdo, in particolare, hanno manifestato in una petizione popolare le loro perplessità e le preoccupazioni per il rischio sismico, ambientale ed

D'Ambrosio. I lavori partiranno all’inverso, cioè da Grottaminarda e non in continuazione da dove sono stati interrotti. Sono previsti svincoli a Frigento, a Gesualdo e per le Terme di S. Teodoro a Villamaina. Al superasse viario sarà connessa anche una bretella Anas tra Passo Eclano e la Valle dell’Ufita. L’Irpinia sarebbe inclusa in questo modo nel sistema logistico nazionale. Il completamento della Contursi-Grottaminarda era già stato inserito nell’intesa Governo-Regione del 2001 sulla Legge Obiettivo ma mai finanziato.

Territorio abbandonato e attrezzature carenti: tutto fermo sulla carta dal 2005

Gli effetti prodotti dalla globalizzazione, lo svilppo sostenibile, il rinnovamento del quadro poltico-istituzionale e delle esigenze della società contemporanea hanno reso necessaria la creazione di un piano regolatore. In particolare, il comune di Angri si è adeguato alle misure previste dal Put (piano urbanistico territoriale) della penisola SorrentinoAmalfitana. Attualmente il piano fa riferimento a quanto disposto dalla Regione Campania attraverso la legge n. 35 del 1987 e si propone di perseguire una serie di obiettivi: verifica e sviluppo di attrezzature e servizi, salvaguardia dell’ambiente, miglioramento della viabilità, riqualificazione del centro storico, riqualificazione delle aree industriali dismesse, sviluppo del turismo culturale e paesaggistico e miglioramento dell’economia locale. Per questo motivo prevede la ripartizione dell’intero territorio comunale in aree specifiche di interesse. La zona A per la riqualificazione urbanistica, le zone B1 e B2 destinate al completamento, trasformazione e sostituzione dell’edilizia esistente, la zona C per l’espansione edilizia con destinazione residenziale, la zona D per gli edifici indu-

quadro di un paese che non sfrutta le risorse che possiede e in cui il tenore di vita è diventato sempre più insostenibile. Occorre un piano di rilancio non solo sotto il profilo della vivibilità, ma anche sul piano strettamente economico. Un compito oramai che spetta all’Amministrazione che subentrerà con le elezioni amministrative di marzo. Perchè la corretta pianificazione e gestione di un territorio rientra in quella serie di pratiche di buon governo che sono fondamentali per garantire lo sviluppo di una comunità. Pianificare significa salvaguardare i valori identitari e culturali, ma anche rispondere alle richieste di chi il territorio lo vive e reclama una migliore qualità della vita.

Angri, il piano negato

Il progetto prevede interventi radicali per sfruttare le risorse del paese

A sinistra il centro storico di Angri e in basso a destra il castello medievale Doria

striali. Le zone successive sono dedicate a edifici pubblici, scuole, zone verdi attrezzate. Il piano, però, è fermo al 2005 sia per una saturazione degli spazi utlizzabili che per un deficit economico. Tutto è rimasto bloccato su carta. E così, se in passato l’attenzione si era concentrata sulla cura del centro abitato a discapito delle periferie, intervenendo con piani e programmi per il recupero del centro storico originario e degli edifici di maggiore pregio, sono ancora molti i problemi da

affrontare e oggi mancano attrezzature pubbliche, i piani e i programmi risultano obsoleti, mancano stutture per l’accoglienza dei turisti che aumentano nel periodo estivo e il traffico provoca quotidianamente il blocco dell’intera cittadina. Angri gode di una posizione privilegiata, dista solo 5 km da Pompei, e rappresenta uno snodo ideale per coloro che intendano raggiungere la costiera amalfitana. Le tradizioni culturali e religiose potrebbero trasformare il paese in un centro turistico di rilievo oltre che in un punto di transito per migliorare il passaggio dei flussi di visitatori diretti a Pompei o verso la costiera Sorrentino-Amalfitana. Il centro storico che attualmente si è trasformato nel punto di incontro dei più giovani, ospita numerose testimonianze dell’arte Catalana, tra le più ricche del territorio campano, oggi in uno stato di completo degrado. Quello che emerge è il


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Domenica 21 marzo

2010

PRIMO PIANO

BIOARCHITETTURA

Abitare alloggi ecologici vuol dire maggiori risparmi e minori consumi

Ritorno ai Romani: costruiamo case con terra e paglia La futura frontiera dell’edilizia La necessità di costruire spazi ed edifici in sintonia con la natura e in base alle esigenze e ai desideri dell’uomo parte da lontano. Già Vitruvio, nel 25 a.C., nel suo trattato De architectura, aveva posto i principi della materia. Già allora il concetto di bioarchitettura cominciava a profilarsi. Vitruvio consigliava di progettare le forme e gli orientamenti degli edifici a seconda del corso solare per sfruttare l’energia della irradiazione. Insieme all’estetica, anche oggi, è essenziale considerare, prima di tutto, la vivibilità di uno spazio. Una definizione, quella dell’architetto e scrittore romano del I sec. a.C., che mostra i segni della sua modernità. Oggi l’aggettivo biologico viene inglobato ai termini relativi alla costruzione degli stabili per rendere conto di un’urgenza di rivoluzione nel settore. «La Bioarchitettura è il corretto approccio dell’uomo verso il costruire per garantire alle generazioni future l’utilizzo di risorse non rinnovabili» come afferma l’architetto Giancarlo Emma dell’Istituto di Bioarchitettura. Una delle particolarità della disciplina riguarda i materiali che devono essere utilizzati per la costruzioni di nuovi edifici. Infatti Emma conferma: «Tutti i materiali che vengono utilizzati in Bioarchitettura sono di derivazione non petrolifera, non sono inquinanti, paradossalmente Con la finanziaria si potrebbe prendere spunto dalle del 2007 sono stati costruzioni africane per portare aintrodotti incentivi per il risparmio evanti processi di edilizia verde». nergetico. È stabiliLegno, mattoni, terra e paglia, ta una detrazione questi sono i materiali che gli ardel 55% per le spese chitetti, dei diversi istituti di bioardi alcuni interventi. chitettura d’Italia, prendono in Fra questi la riduconsiderazione per la realizzaziozione delle disperne di nuove costruzioni ecocomsioni termiche degli patibili. Si parla così di bioarchitetedifici, l’installaziotura, di bioedilizia, neologismi che ne dei pannelli solanulla hanno a che fare con mode ri e delle caldaie e a condensazione. passeggere o con sogni visionari. Usufruiscono degli Per i bioarchitetti si tratta di una sgravi anche le cosrealtà concreta, di un’esigenza di truzioni di nuovi rispetto per se stessi e per l’amedifici ad altissima biente. « I canoni a cui risponde la efficienza energetiBioarchitettura – afferma l’archica. La finanziaria tetto Emma - sono ben visibili neldel 2008 ha previsto le costruzioni austriache: le pareti un fondo di 40 vetrate consentono, durante il milioni di euro per giorno, di immagazzinare il calore la promozione di energie rinnovabili necessario al riscaldamento degli e dell’efficienza ambienti». L’imperativo che risalta energetica. dalle costruzioni austriache e dagli edifici di Bolzano, lì dove è nata la bioarchitettura in Italia, è il risparmio energetico. Il legno per i rivestimenti esterni, l’utilizzo di pannelli e collettori solari per la produzione di energia elettrica e acqua calda sono solo alcuni degli accorgimenti tecnici che ingegneri e architetti hanno messo a punto per il rispetto dell’ambiente e la riduzione dei costi di realizzazione. Con la finanziaria del 2007 furono introdotti degli incentivi per invogliare le famiglie italiane ad abbracciare la linea verde. La legge, ancora in vigore, prevede sgravi fiscali sino al 55% delle spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica. Costruire edifici sia pubblici, che privati in maniera sostenibile, ridisegnare e ricostruire interi quartieri e città, questi gli obiettivi del futuro. La città di Trento è già avanti, Renzo Piano trasformerà un quartiere con l’utilizzo di nuovi materiali: vetro, legno di larice e pietra locale. L’obiettivo per Emma è smentire gli scettici: bisogna cominciare sin da subito a costruire edifici secondo i parametri della Bioarchitettura affinché vivere in una città più pulita non rimanga solo una utopia.

TRA I GIOVANI INGEGNERI

NUOVO MESTIERE: IL CERTIFICATORE

Incentivi

Anche i palazzi avranno la loro classe energetica

L’Italia si evolve e abbraccia lo stile di vita del Nord Europa in materia edilizia con la corsa verso l’utilizzo del legno. Non è solo una filosofia, ma un modo di vivere in armonia con l’ambiente. Le case in legno non vengono solo utilizzate in caso di emergenza, vedi L’Aquila. Nel settore si è registrato un netto aumento delle richieste non solo da parte dei privati, ma anche nel settore pubblico e quello per le strutture sportive. Sembrano tratte dalla fiaba del Lupo e i tre porcellini, ma sono case vere e proprie. Non si tratta di costruzioni prefabbricate, ma di solide strutture con l’aspetto di un edificio in cemento. Hanno pareti in legno con composizione a più strati e una combinazione di materiali diversi con platea e fondamenta in cemento che assicurano uno standard abitativo superiore alla norma. Garantiscono elevati risparmi energetici, isolamento termico e acustico, forte resistenza all’umidità, agli effetti sismici e agli incendi. Contrariamente a quanto si può pensare il legno ha una forte resistenza alle fiamme. Infatti, una volta carbonizzata la parte esterna, questa provvede a proteggere la struttura interna limitando la velocità di propagazione del fuoco. Altro punto di forza delle

Un nuovo lavoro per i giovani ingegneri in cerca di occupazione potrebbe essere il Certificatore energetico. La qualifica nasce all’interno di un complesso piano di sviluppo che ha inizio con la finanziaria del 2007 e trova piena applicazione con quella successiva. Il Certificatore energetico è una figura professionale che ha il compito di valutare l’efficienza energetica di edifici di nuova e vecchia costruzione. Alcune regioni si sono dotate di veri e propri albi professionali integrando il Dpr 59/09 con il quale sono entrate in vigore le disposizioni relative alla certificazione energetica. Gli ingegneri, formati con appositi corsi, devono redigere un documento che attesti la categoria energetica di appartenenza

dello stabile in costruzione o dell’edifico esistente. Si tratta di un attestato, l’ACE, che sintetizza le informazioni relative al rendimento energetico dell’immobile che è utile all’atto della compravendita della casa. Una sorta di carta di identità degli immobili italiani. Il risparmio è assicurato da alcuni interventi mirati e volti alla riduzione della dispersione di energia. Ad esempio, l’isolamento del tetto porta una riduzione di sprechi e calore di circa il 40%. È del 25%, invece, il miglioramento termico che si ottiene grazie al rivestimento a “cappotto” per le pareti esterne. Con l’installazione di pannelli solari, caldaie a condensazione con riscaldamento a pavimento la casa diventa più calda e la bolletta più leggera.

A qualcuno piace in legno Velocità di costruzione e solidità della struttura

case in legno è la velocità di costruzione. Infatti, i tempi di realizzazione rispetto agli edifici tradizionali, a parità di tipologia e finitura, sono di-

mezzati. Nel 2009 si è avuto un incremento delle abitazioni in legno a seguito del terremoto in Abruzzo ma il trend positivo era stato già

confermato nel 2008, quando l’aumento era stato dell’8%, come afferma Thomas Rosolia, promotore del primo congresso pazionale sul valore delle case a struttura di legno. «Oltre all’Abruzzo - dice- le regioni che si sono dimostrate più sensibili allo sviluppo del settore sono state: il Trentino Alto Adige, il Friuli, l’Emilia Romagna e la Lombardia». È lo stesso mercato delle case in legno a stabilire il prezzo della materia prima. «In ogni caso, la Germania e l’Austria sono le nazioni dotate delle migliori tecnologie precisa Rosolia – dalla progettazione alla gestione della costruzione finita». In Italia si ha l’opportunità di scegliere fra diverse materie prime: non solo l’abete, come nei paesi nordici, ma anche rovere, castagno e pino larice. Cresce il fronte di chi, nel nostro Paese, ha colto le potenzialità della architettura verde. La sinergia fra l’esperienza tedesca e le qualità progettuali degli architetti italiani saranno alla base del primo congresso nazionale sul valore delle costruzioni di legno che si terrà il 9 aprile prossimo a Bergamo. Pagina a cura di

JOSÈ ASTARITA LOREDANA ZARRELLA


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Domenica 11 aprile

2010

SOCIETÀ

Ogni giocattolo segue una branca della scienza: meccanica, aerospaziale, delle telecomunicazioni, elettrotecnica, chimica, logistica e gestionale

Norme di sicurezza I giocattoli devono rispondere a precisi criteri di sicurezza. E’ quanto viene disciplinato dalle normative europee a riguardo. Prima dell’immissione sul mercato i giocattoli devono esseremuniti del marchio di conformità CE che ne attesti la non pericolosità. Tra le novità della nuova direttiva 2009/48/CE il divieto di utilizzare sostanze chimiche tossiche e allergizzanti.

Giocare sulle ali dell’ ingegneria Curiosità, entusiasmo, capacità di uscire dagli schemi i segreti dell’inventore Non c’è principio dell’ingegneria che sfugge al mondo dei giocattoli. Nel più piccolo e semplice meccanismo si possono infatti ravvisare i paradigmi della scienza. Ad illustrarci i segreti della tecnica nei balocchi è Vittorio Marchis, prof. di Storia della scienza e delle tecniche al Politecnico di Torino, tra i curatori della Mostra “Ingegneri per gioco”, svoltasi due anni fa a Milano e a Torino. «Il giocattolo è l’espressione archetipica del fare e il fare è il modo con cui la specie umana si è rapportata con il mondo» precisa il professore. Ed è proprio attraverso lo strumento ludico che si possono cogliere i meccanismi dell’ingegneria. Vedere il giocattolo come semplice divertimento sarebbe riduttivo. Al di là di ogni mattoncino, di ogni trenino elettrico o piccolo aeroplano colorato, ma anche dietro un semplice teatrino o un fittizio campo di battaglia, c’è scienza e logica. «Nelle marionette o nei soldatini, più che nel Risiko o nel Monopoli, possiamo trovare

i principi dell’ingegneria gestionale», afferma il prof. Marchis. Meccanica, elettronica, delle telecomunicazioni, aerospaziale: a ogni giocattolo la sua branca di ingegneria. A volte sono piccoli e sofisticati capolavori, altre volte semplici meccanismi di

funzionamento come la trottola o il frisbee. Alla base di tutto c’è sempre tanta creatività. Alla domanda su chi è o chi può essere un ingegnere dei giocattoli il prof. Marchis non ha dubbi: «deve essere un curioso, deve cioè guardare la realtà, trovare entusiasmo nel pro-

gettare le cose, sapersi divertire e avere la capacità di uscire dagli schemi». Essere creativi significa infatti anche affidarsi al pensiero laterale, che è la capacità di affrontare un problema non in maniera rigorosa, ipotetico-deduttiva, ma cambiando il punto di vista per non ripercorrere strade già battute da altri. Libertà di creazione, divertimento, abbattimento delle barriere precostituite sono i segreti per costruire un buon giocattolo. Insindacabile sarà il giudizio degli esigenti utenti finali, i bambini: se si divertiranno, se saranno stimolati ad inventare nuove forme e nuove storie perfetto sarà stato il lavoro degli speciali ingegneri. Dietro ogni giocattolo c’è davvero tutto un mondo: essenziale è la tecnica, senza cui l’uomo d'altronde non avrebbe fatto progressi in nessun campo, ma il vero motore del fare è senza dubbio la fantasia.

Pagina a cura di

LOREDANA ZARRELLA

La trottola Il cuore nel tempo elettronico Numerose e diverse sono le forme di divertimento che si sono succedute nel tempo. Il legno, la pietra e l’argilla sono i materiali con cui si sono costruiti i primi giocattoli. I ritrovamenti nei siti archeologici hanno dato testimonianze importanti a riguardo. Non si tratta solo di bambole, diffuse in ogni epoca e che nell’antico Egitto avevano addirittura gambe snodabili. L’ingegno non è mai mancato e ha seguito l’evoluzione della tecnica. Nell’antica Roma artigiani esperti realizzavano cerchi, ornati spesso da anelli e sonagli, da far correre e suonare con la bacchetta. Un giocattolo che ha resistito nel tempo ma che ha origini molto lontane è la trottola: lo stesso Catone il Censore consigliava ai genitori di farci giocare i propri bambini.

Il vecchio giocattolo dai meccanismi elementari resiste negli anni ma è sull’ecologia e sulla tecnologia avanzata che si gioca la sfida del futuro. Via libera dunque ai mattoncini da costruzione e ai soldatini biodegradabili e alla plastica riciclata. Robot e personaggi con il cuore elettronico coesisteranno poi sugli scaffali dei negozi insieme ai giochi dal sapore antico. E’ dal mondo dell’elettronica che arrivano i primi interessanti e spettacolari esperimenti. Il Parrot AR. Drone, presentato lo scorso dicembre al Consumer electronics show 2010 di Las Vegas, ne è un esempio. Si tratta di un quadricottero comandato a distanza grazie all’iPhone, in grado di sfruttare la cosiddetta realtà aumentata per giocare ad avvincenti battaglie virtuali.


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Domenica 25 aprile

2010

TERRITORIO

Le notizie degli incidenti aumentano la percezione del rischio

Volare in sicurezza: missione possibile

Aeromobili speciali

Il fattore uomo prevale su ambiente e macchina Elicotteri, aeroplani e aerei di linea sono passati alla cronaca, negli ultimi mesi, come protagonisti di gravi incidenti. Dalle pagine dei giornali e dalle immagini della televisione sono rimbalzati, a cadenze quasi regolari, racconti di aerei e ultraleggeri precipitati nel vuoto. Spesso l’evento si tinge di giallo andando ad incrementare la sensazione di insicurezza tra gli ascoltatori. Eppure volare senza rischi si può. Addirittura, sostiene il colonnello Venanzio Rapolla, istruttore dell’Aeroclub di Benevento, «nell’aeronautica l’imponderabilità del rischio è minore rispetto alla nautica e ai trasporti terrestri». Nulla viene dato per scontato. Rigorosi sono i controlli e “prevenzione” è la parola chiave. Lo sa bene l’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (Ansv), istituita in Italia nel 1999 in attuazione delle direttive europee in materia. Oltre alle attività di studio, l’Ansv svolge le inchieste relative agli incidenti e agli inconvenienti occorsi ad aeromobili dell’aviazione civile. La finalità dell’Istituzione è quella di suggerire le opportune raccomandazioni di sicurezza. «Nelle dinamiche di un incidente c’è sempre una serie di concause», continua il colonnello Rapolla. Le avversità climatiche o i difetti di

macchina da sole non giustificano il verificarsi di un incidente. E’ l’errore umano l’aspetto che subentra su tutto, precisa il colonnello: «E’ l’uomo che verifica le condizioni del tempo ed è sempre l’uomo che controlla la macchina». Sulla tragedia dell’aereo presidenziale polacco precipitato in Russia una cosa è certa: «E’ stato un errore fare tre riattaccate perché già dopo il secondo tentativo di avvicinamento è previsto che si

vada sull’aeroporto alternato». La massima attenzione va posta quando si vola sugli specchi d’acqua: «I laghi hanno acque calme, quindi la distanza tra la superficie dell’acqua e l’aeromobile non sempre viene percepita in modo corretto, nemmeno il radar altimetro non risponde bene come sul terreno». «In ogni caso» – precisa – «al di sotto dei 200 piedi (70 metri), distanza a cui si imposta l’altimetro, è sem-

pre il pilota che deve valutare bene». Con gli aeroplani si vola per sport e per diletto ma diversi sono gli utilizzi di questi ultraleggeri in campo civile e militare: da una parte il soccorso (come l’evacuazione sanitaria, la ricerca in mare di un disperso e lo spegnimento di un incendio) e gli usi scientifici (come l’analisi chimica dell’atmosfera), dall’altro il supporto alle operazioni militari come l’appoggio di fuoco, la ricognizione, l’esplorazione e il trasporto tattico delle truppe. Tragica fatalità, errore umano o guasto tecnico che sia, le notizie degli incidenti nelle rotte del cielo tracciano un segno indelebile nella storia del volo, che è l’essenza stessa dei sogni dell’uomo. Così la morte nel 2006, su un aeroplano Sky Arrow, di Angelo D’Arrigo, detentore di molti record tra cui la prima traversata del Sahara in solitario su un deltaplano a motore e il primo sorvolo dell’Everest in volo libero, toccò i cuori di tutti, appassionati di voli e non. Inevitabile, in casi come questi, l’aumento di una ingiustificata percezione del rischio in senso negativo. Pagina a cura di

LOREDANA ZARRELLA

Il Predator è un velivolo militare senza pilota, comandato a distanza e concepito essenzialmente per compiti di ricognizione, sorveglianza e acquisizione obiettivi. L’aeromobile, già utilizzato dall’Aeronautica in Iraq e in Afghanistan per il controllo delle aree ad altro rischio, è stato impiegato per concorrere alla sicurezza del G8 de L’Aquila.

Si chiama Solar Impulse il nuovo aereo svizzero ad energia solare. Pochi giorni fa ha compiuto il suo primo volo in altitudine. Il velivolo, in fibre di carbonio, ha 12mila cellule fotovoltaiche che alimentano quattro motori elettrici da 10 cavalli ciascuno e caricano le batterie di litio-polimero, necessarie per il volo notturno. Nel 2013 tenterà il giro del mondo.

La versatilità dell’elicottero L’elicottero si presta a diversi utilizzi. Gli Augusta-Bell sono realizzati per usi civili e militari tra cui eliambulanza, antincendio, pattugliamento e soccorso ad operazioni navali. Il velivolo viene allestito in modi differenti a seconda delle necessità.


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Domenica 9 maggio

2010

News CAMPUS Nell’Ateneo di Salerno con Pasquino, Petrone, Sessa, Rossi, Di Taranto

I 30 anni della Banca

Consegnato il Sigillo d’Oro all’Arcivescovo Pierro

unisa news LUCIANA BARTOLINI La Banca di Credito Cooperativo di Fisciano ha compiuto trent’anni. Per festeggiare questo anniversario i dirigenti dell’istituto di credito, e in particolare il presidente Domenico Sessa, hanno organizzato un convegno tenutosi il 23 aprile scorso nell’Aula Magna dell’Università. Nel corso dei lavori, a cui ha preso parte il rettore Raimondo Pasquino, si è parlato del ruolo che sul territorio la banca ha avuto durante questi anni schierandosi al fianco di famiglie, piccole e medie imprese, professionisti e Università. In apertura del convegno il rettore ha conferito il Sigillo d’Oro

all’Arcivescovo di Salerno, Gerardo Pierro (nella foto). La consegna è stata preceduta da un discorso del Magnifico in cui sono state specificate le motivazioni che hanno spinto l’Ateneo ad attribuire all’alto prelato l’ambito riconoscimento: valorizzazione del territorio e dell’Università come quando ci fu la donazione della campana della cappella dell’Ateneo nel 2007 o quando nell’Aula Magna fu ospitato il corpo di Papa Gregorio VII. Il rettore ha delineato una breve biografia dell’Arcivescovo: nato nel 1935, ordinato sacerdote nel 1957, laureato in Teologia nel 1974, consacrato vescovo nel 1981 e nomi-

nato vescovo di Avellino nel 1987, eletto Acivescovo di Salerno nel 1992. Monsignor Pierro ha dedicato il riconoscimento al Santo Padre, Benedetto XVI e alla sua mamma, morta 4 mesi dopo la sua nascita. Un momento commovente c’è stato quando Pierro ha ricordato che il giorno in cui ha festeggiato i 50 anni di sacerdozio ha sognato e abbracciato la sua mamma. Per quanto riguarda il convegno hanno preso la parola, oltre al presidete Sessa, Silvio Petrone, presidente della federazione campana della Banca di Credito Cooperativo, Luigi Rossi, preside della

facoltà di Scienze Politiche e Giuseppe Di Taranto, docente della facoltà di Economia della Luiss. Sessa ha evidenziato che le Banche di Credito Cooperativo nascono come Casse Rurali Artigiane sensibili ai problemi delle classi sociali più deboli, s’ispirano ai valori di solidarietà e fraternità e sono attive nella lotta contro l’usura. Tutti principi adottati accogliendo le indicazioni della dottrina sociale della Chiesa. Nel 1993 le Casse Rurali Artigiane diventano Banche di Credito Cooperativo legate al territorio locale. Un pensiero di Silvio Petrone è andato alla memoria del prof. Vincenzo Buonocore per il suo impegno nel sociale come cattolico. Il prof. Luigi Rossi ha annunciato l’istituzione di una borsa di studio, dedicata al primo rettore dell’Università di Salerno, Gabriele De Rosa, che sarà assegnata per merito al miglior studente della laurea triennale che s’iscriverà alla magistrale, grazie a un’iniziativa della Banca di Credito Cooperativo. Rossi ha denunciato come i banchieri, spacciatisi statisti, si sono mostrati speculatori poco attenti alle necessità delle persone. Le Banche di Credito Cooperativo, pur mirando agli interessi del capitale, non hanno mai dimenticato i più bisognosi. Di Taranto ha letto passi dell’enciclica di Ratzinger “Caritas in Veritate” sostenendo che avrebbe meritato il

Spettacoli dal vivo, un sito internet dell’evento e la diretta su Unis@und

Note inedite a Unimelody

Diciotto le band emergenti che partecipano al concorso LOREDANA ZARRELLA Saranno famosi o forse no. Per il momento cantano, suonano e si esibiscono per pura passione, ognuno con il proprio stile e la propria potenza scenica. Si chiamano Allcool, Appesi a un filo, Degob, Desdemona, Fuori Corso, Gas, Guernica, La Strada, Lidryca, Lothlorien, Salottica, Sammy’s Black House, Silent Grave, Terzo Piano, The Provincials, Visioni Distorte, Viti di Titanio, Voodoo. Sono i nomi dei 18 gruppi musicali che partecipano a Unimelody, il concorso musicale nato all’interno della compagine studentesca e rivolto ai giovani cantanti, cantautori, solisti o gruppi musicali. Sei le serate previste: l’appuntamento è all’Heineken di Baronissi ogni mercoledì fino al 26 Maggio. Ogni serata viene decretato un vincitore: i sei gruppi che andranno in semifinale verranno accorpati in due gironi da tre gruppi ciascuno. La finale si terrà a piazza del Sapere, dove si esibirà un ospite d’onore, il gruppo Babalù, con Mariano Caiano, una delle voci soliste dell’Orchestra italiana. Unimelody, un titolo che da solo spiega le sue potenzialità: musica e sapere insieme per dare vita a un evento inedito nel panorama dell’Ateneo salernitano. Il concorso si pone come l’espressione più libera e meno impegnata di chi, singolo o gruppo che sia, voglia dare visibilità alla sua musica. «Abbiamo pensato di creare un momento in cui ogni artista, con la propria identità, potesse esprimersi» spiega il promotore dell’evento, Vincenzo Nitti, studente di Matematica e membro dell’associazione Archimede. «Unimelody si candida a riunire tutte le anime dissociate dalle attività culturali dell’Università per poterle raggruppare insieme

e proiettarle sul territorio» aggiunge Vincenzo. Il progetto, finanziato dall’Università, dalla Banca del Credito Cooperativo di Fisciano e, in minima parte, dalla Regione, si è concretizzato in varie forme: le esibizioni ma anche la diffusione sul web, tra cui il sito internet dell’evento (www.unimelody.it) e la diretta online, in tutto il mondo, sulla web radio di Ateneo (http://iunisa.unisa.it). Entusiasta dello spettacolo dal vivo la prof. di Scienze Politiche Angelica Iacovino, esperta di antropologia e tra i membri della giuria: «Abbiamo respirato la festa antropologicamente parlando; non c’era competizione ma gioco e un grande senso di aggregazione». L’atmosfera dell’evento viene descritta dalla prof. come «una

bella danza di anime eterogenee tra il pubblico ma anche tra i gruppi». «L’arte – sottolinea consente la libertà e la democratizzazione delle anime». La professoressa Iacovino dice di aver trovato «un’organizzazione eccezionale; è un progetto vincente che ha saputo accogliere le novità in corso d’opera e trasformarle in nuove opportunità». Pur essendo la prima edizione, per la professoressa, Unimelody è stato realizzato senza imprecisioni: «La genesi è sempre scandita da effervescenza ma, in questo caso, non ha precluso il rigore e l’ordine». Tra i membri della giuria professionisti del mondo della musica come Sandro Esposito, Antonio Buonocore, Riccardo Pierro. Preziosa si è rivelata la collaborazione della web radio Unis@und che, tra l’altro, ha messo a disposizione i suoi speaker per condurre le serate. Per Federico Lazzari, trombettista del gruppo “Appesi a un filo”, «Unimelody è una buona occasione di visibilità dal momento che al Sud non è facile diffondere la propria idea musicale». Ai vincitori del concorso sarà data la possibilità di realizzare 1000 copie del proprio cd musicale, inciso in una sala “Appesi a un filo”, uno dei gruppi che si è esibito a Baronissi professionale.

Nobel per l’economia per la sua attualità perchè parla di giustizia distributiva, lotta all’usura e microcredito per manifestare sostegno ai più indigenti. Il docente ha affermato che le banche, dopo aver guadagnato con i derivati, ora negano prestiti alle piccole imprese, che sono il 99,4 % in Italia, e sopravvivono solo grazie alle Banche di Credito Cooperativo. L’incontro si è chiuso con l’augurio per le Banche di Credito Cooperativo di attuare l’invito del Papa verso un ritorno all’etica nel mondo degli affari.

Direttore Biagio Agnes Direttore Responsabile Giuseppe Blasi Coordinamento Mimmo Liguoro Marco Pellegrini Redazione Sonia Acerra, Valerio Arrichiello, Josè Astarita, Luciana Bartolini Francesco Maria Borrelli, Maria Emila Cobucci, Stella Colucci, Daniele De Somma, Chiara Del Gaudio, Claudia Esposito, Pierluigi Giordano Cardone, Francesco Antonio Grana, Germana Grasso, Giovanni Iannaccone, Santo Iannò, Francesco Padulano, Raffaele Pellegrino, Sabino Russo, Roberta Salzano, Orlando Savarese, Giovanni Sperandeo, Barbara Trotta, Veronica Valli, Cristiano Vella, Loredana Zarrella

Le Firme Giulio Anselmi, Antonio Caprarica, Ferruccio De Bortoli, Tullio De Mauro, Aldo Falivena, Antonio Ghirelli, Gianni Letta, Arrigo Levi, Pierluigi Magnaschi, Renato Mannheimer, Ezio Mauro, Raffaele Nigro, Mario Pendinelli, Arrigo Petacco Vanni Ronsisvalle, Mario Trufelli, Walter Veltroni, Sergio Zavoli

UNIVERSITA‘ DEGLI STUDI DI SALERNO Prof. Raimondo Pasquino Rettore dell'Università Prof. Annibale Elia Direttore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione Prof. Emilio D'Agostino Presidente del Comitato Direttivo della Scuola di Giornalismo Prof.ssa Maria Galante Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia Autorizzazione del Tribunale di Salerno e del R.O.C. n.14756 del 26.01.2007

Arti Grafiche Boccia di Salerno telefono: 089 30 3311 Distribuzione alle edicole Agenzia Vito Di Canto Località Pezzagrande - Zona Ind. - Eboli tel: 0828 340927-340936


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ARTE Il 18 luglio del 1610 moriva a Porto Ercole, a soli 39 anni, Michelangelo Merisi Domenica 25 luglio

2010

Caravaggio, pittore maledetto La sua vita, come i suoi capolavori, è un intreccio di luci e di ombre. A 400 anni dalla sua morte, Caravaggio resta ancora un personaggio da scoprire, su cui si avanzano ipotesi e si continuano a scrivere libri. La particolare ricorrenza della sua morte, avvenuta il 18 luglio 1610, ha posto sul palcoscenico delle celebrazioni sull’arte non tanto i celeberrimi quadri quanto la personalità irruenta di un uomo che ha fatto della trasgressione il vessillo della sua esistenza. Non a caso, insieme all’allestimento di mostre, sono nate vivaci discussioni intorno alla sua figura. Il pittore maledetto, il popolare appellativo dal sapore romantico utilizzato fino ai giorni nostri, pare abbia voluto lanciare una sfida nei secoli: ai posteri il compito di ricostruire la tela più complessa, quella della sua esistenza. Di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio dal nome della piccola cittadina in provincia di Bergamo dove aveva vissuto da fanciullo, si sa tanto grazie ai suoi tre biografi contemporanei. Eppure, proprio gli aspetti più intriganti sfuggono dalle cronache dell’epoca. Tra questi il reale motivo che scatenò la rissa con un Tommasoni, la fuga da Malta, la presunta omosessualità e la causa della sua morte. Senza contare l’ultima beffa della storia: la sparizione dei suoi resti mortali. Su questo punto la scienza, di supporto alle indagini storiografiche, ha ingaggiato una battaglia da cui sembra esserne uscita vittoriosa: i resti del pittore sono stati trovati nella cripta della Chiesa della cittadina toscana di Porto Ercole. Sul suo stesso decesso resta qualche dubbio: i più riferiscono di un’improvvisa febbre per un’infezione intestinale lungo il litorale toscano, su cui era approdato dopo essersi imbarcato a Napoli. C’è chi invece ha avanzato l’ipotesi dell’uccisione da parte di un nemico. Il corpo dell’artista non fu più trovato mentre tornò a Napoli la feluca con le sue cose, tra cui i dipinti che portava in dono al papa Paolo V per la grazia concessa. Dopo 4 anni di esilio per la condanna a morte in contumacia, era arrivata la libertà. Troppo tardi. Da poco si è conclusa la disputa tra La Lega Nord e la Regione Toscana in merito al luogo di conservazione dei resti: il Famedio di Milano o la terra in cui l’artista trascorse gli ultimi giorni della sua vita. Dopo essere esposta prima a Ravenna e poi a Caravaggio, la teca di vetro con le ossa è tornata a Porto Ercole. Anche la decisione di risalire, da Napoli, fino alla Toscana prima di raggiungere Roma ha lasciato un buco nelle informazioni: l’unica spiegazione è che Caravaggio non fosse ancora certo della grazia ricevuta e per questo, in attesa di una conferma, si sarebbe diretto verso un luogo vicino a Roma, ma non sotto il dominio pontificio. E’ proprio sull’ultimo periodo di vita che si concentrano le recenti scoperte tra cui alcune suggestive ipotesi. Andrew Graham-Dixon, noto critico d'arte e conduttore televisivo britannico, nel volume "Caravaggio, Una vita tra Sacro e Profano", ha focalizzato l’attenzione su alcune circostanze parti-

Tra i misteri intorno alla figura dell’artista la rissa con un Tommasoni e la fuga da Malta A sinistra il Bacchino malato (1593-1594), conservato a Roma nella Galleria Borghese, è ritenuto il suo autoritratto In basso San Matteo e l’angelo (1602), che fu realizzato a Roma per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi: la prima versione venne rifiutata perchè il santo era ritratto come un popolano analfabeta

Cronista del suo tempo fu spesso in contrasto con la Chiesa che definì i suoi santi troppo umani

Natura morta con cesta di frutta: il pittore riuscì a rendere monumentale ed eroico anche un soggetto in apparenza insignificante

La scoperta di un’equipe scientifica di Ravenna

Sulle tracce dei resti mortali

Tra le indagini svolte la datazione del carbonio 14 e l’esame del Dna I resti di Michelangelo Merisi sono stati trovati di recente nella chiesa del cimitero di Porto Ercole, identificati con un’approssimazione dell’85%. E’ stata un’equipe scientifica di Ravenna a condurre la ricerca. Tra le indagini svolte ricerche storiografiche e di biologia scheletrica, l’uso di tecnologie per l’accertamento dei metalli pesanti nelle ossa, l’analisi dei sedimenti

terrosi, la datazione con il carbonio 14 e l’esame del Dna. E’ stata fatta una stima di compatibilità della lunghezza del femore con l’altezza di Caravaggio, ritenuto di circa un metro e settanta. Nelle ossa del reperto numero 5 è stata trovata un’alta quantità di piombo, metallo contenuto nei colori utilizzati all’epoca, causa a volte del saturnismo, il cosiddetto “morbo dei pittori” di

cui anche Caravaggio pare soffrisse. Il carbonio 14 ha dimostrato poi che solo il reperto numero 5, ascrivibile tra l’altro a un individuo morto a un’età prossima ai 40 anni, rientrava in un range temporale compatibile con il 1610. L ’esame del Dna ha verificato infine la compatibilità di quei resti con i profili genetici ottenuti da individui isonimi (Merisio o Merisi).

colarmente controverse. Prima di tutto l’uccisione nel 1606, a Roma, del giovane Ranuccio Tommasoni da Terni. A differenza di quanto tramandato, l'omicidio non sarebbe stato commesso né per un debito non pagato né a seguito di una lite nata durante una partita di pallacorda. Il vero motivo fu forse passionale: Tommasoni avrebbe sfidato a duello Caravaggio perché quest'ultimo aveva una relazione con sua moglie, Lavinia Giugoli, da cui il pittore avrebbe avuto anche una bambina. L’odio di Tommasoni sarebbe da ascriversi, per l’autore, anche a motivi legati alla professione che entrambi i giovani esercitavano: quella di protettore. Una donna, ancora una volta, il motivo del contendersi: Fillide Melandroni, una delle prostitute più quotate di Roma che il pittore avrebbe sottratto dalla protezione di Tommasoni. Dopo l’omicidio la fuga a Malta, dove fu ordinato Cavaliere, e un nuovo arresto, di cui non si conoscono le vere ragioni. Poi l’evasione dal carcere di Malta e i nuovi spostamenti: Siracusa, Palermo, Messina, e ancora Napoli. Al di là delle ombre sulla sua vita resta l’inconfutabile valore artistico delle sue opere. Caravaggio è passato alla storia come l’interprete e il cronista più fedele del suo tempo. Le sue opere, perlopiù realizzate a Roma, dove operò per gran parte della sua vita, sono ricche di sofisticati riferimenti culturali. Basti pensare a le Sette opere di Misericordia, Giuditta e Oloferne, La vocazione di San Matteo Durissimi i primi anni, per malattia e indigenza, prima che gli si aprissero le porte dei palazzi aristocratici romani. Frequenti i contrasti con le autorità religiose che spesso gli rifiutarono i dipinti commissionati perché ritennero inaccettabili i modelli presi per strada: santi troppo umani e cortigiane nelle vesti di madonne. Rivoluzionaria fu la sua ampia ricerca sul movimento e sui moti dell’anima. Il contrasto drammatico tra luce e buio è stato la costante di tutta la sua carriera. Un contrasto creato artificialmente che, in modo singolare, è riuscito a trasmettere una sensazione forte del vero, della realtà. La mostra chiusa da poco a Roma alle Scuderie del Quirinale ha attirato 580mila visitatori, in fila per ore per ammirare 24 capolavori riuniti per la prima volta, concessi in prestito dai maggiori musei d’Italia e del mondo, tra cui la Canestra di frutta della Biblioteca Ambrosiana, l’Amor vincit omnia prestato dalla Germaldegalerie di Berlino, Il suonatore di liuto dall’Ermitage, I musici dal Metropolitan di New York. Le celebrazioni per il quarto centenario non si fermano: le Poste hanno stampato uno speciale francobollo mentre Roma ha organizzato aperture notturne straordinarie in ricorrenza del 18 luglio. Nel frattempo molti misteri restano irrisolti. E Caravaggio continuerà a far parlare di sé.

Pagina a cura di

LOREDANA ZARRELLA


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PRIMO PIANO Calo delle produzioni della frutta secca dal quindici al sessanta per cento Continua l’ emergenza per il comparto che raggruppa migliaia di aziende

Domenica 10 ottobre

2010

Agricoltura, Campania Infelix GIOVANNI SPERANDEO Campania 2010: Annus Horribilis. I vecchi contadini, quelli abituati a vivere dei proventi della terra coltivata, lo definisco così. Nocciole, noci e castagne non reggono quest’anno. Diminuzione della produzione, prezzi bassi, concorrenza sleale internazionale e calamità naturali. Questi i problemi riscontrati nel periodo di avvio della raccolta. Per i produttori di frutta secca campani, “l’annata non è buona”. E non solo gli ordinari fattori che colpiscono la coltivazione. Quelli messi in conto, in pratica. Ad acutizzare la “piaga”, ci sono anche ulteriori complicazioni. I parassiti che quest’anno hanno colpito sia la castagna che la noce, mettendo a rischio una produzione che arriva, in ambito campano, a quarantamila tonnellate annue. Situazioni che globalmente destano preoccupazioni non indifferenti al gran numero di produzioni agricole della Campania. Delle grandi coltivazioni, resta invariata sono quella dell’uva, prodotto docg trasformato poi in vino. Ma torniamo con ordine ai problemi riscontrati in quest’annata nei grandi comparti produttivi dell’agricoltura campana. Il primo è quello della nocciola, frutta secca per eccellenza, che rappresenta la metà della produzione nazionale. Solo la provincia di Avellino segna il venti per certo della coltivazione italiana mentre nel salernitano ci sono appezzamenti di qualità, come la “Tonda di Giffoni”, prodotto Igp. Tra stallo dei prezzi, in media intorno ai 200 euro al quintale, e lieve diminuzione della produzione, 15% circa, c’è l’allarme del comparto. Con un lavoro sistematicamente svolto per fase manuale e periodica, l’au-

I dati regionali del settore Nocciole

Castagne

Noci

La produzione regionale è di circa 58 mila tonnellate l’anno, quasi la metà di quella nazionale. In provincia di Salerno vi sono le coltivazioni Igp, la “tonda di Giffoni”. Storicamente produzione di nocciole in Campania risale al III sec. a.C.

Con 28 mila tonnellate annue, la Campania è la prima regione produttrice di castagne in Italia. Le coltivazioni di pregio, come i cosiddetti “marroni”, sono più della metà. Aree produttive di punta sono Montella e Serino, in provincia di Avellino.

La storica noce di Sorrento rappresenta la punta di eccellenza delle 11 mila tonnellate annue di questo frutto che produce la Campania. Oltre il prodotto tipico e di qualità, vi sono coltivazioni in tutto il territorio regionale, in particolare Avellino e napoletano.

mento della produzione rappresenta una crescita di profitti non indifferenti per un settore che, tra costi e spese, segna a volte un pareggio tra entrate e uscite. Un indotto economico che potrebbe trovarsi quest’anno a non macinare guadagni a discapito della concorrenza straniera che, presenta prodotti di qualità minori e con rilievi fitosanitari non marginali. Per quanto riguarda la castagna, prerogativa della produzione irpina e salernitana, l’anno vede i coltivatori scontrasi con il cinipide, un insetto parassita che mette a repentaglio la raccolta. Ne sanno qualcosa i coltivatori dell’area serino-solofrana che hanno toccato il fenomeno con mano, dibattendosi in questi mesi tra la risoluzione da usare: chimico o biologico? Ripulire il tutto con sostanze realizzate in laboratorio o cercare un rimedio naturale, di solito un insetto che possa contrastare il parassita che, secondo gli esperti, è arrivato in Italia dalla Cina, grazie ad alcune importazioni. Il cinipide potrebbe arrivare ad abbattere una quota che sfiora il sessanta per cento della produzione, creando un vero cataclisma economico tra i produttori. Per finire con la mosca della noce, il parassita riscontrato nelle ultime settimane tra la provincia di Avellino e l’hinterland nolano. Dopo la segnalazione dell’azienda agricola Casoria di Lauro, è stato riunito un gruppo di esperti formati da Cnr e strutture regionali specializzate come lo Stapa Cepica. Dopo le prime verifiche, è in fase di individuazione l’insetto che dovrebbe essere una variante della mosca del ciliegio. Si è solo a una prima “invasione” che non dovrebbe creare ingenti danni.

Caffè, thè, zucchero ma anche maglie, giocattoli e bomboniere a un prezzo equo

Botteghe del Mondo in rete L’obiettivo è sostenere i Paesi in via di sviluppo con il commercio solidale LOREDANA ZARRELLA

Prodotti in festa a ottobre Si chiama “Equopertutti” la manifestazione italiana dedicata al commercio equo e solidale, organizzata da Altromercato, il consorzio no profit che guida la promozione dell'economia sostenibile in Italia. Dal 2 al 7 ottobre nelle piazze di tutta Italia, nelle Botteghe del Mondo, nelle stazioni ferroviarie sono in programma eventi, degustazioni e promozioni per promuovere e far conoscere i prodotti solidali.

Ha un peso leggero, è lucente, comporta un minor impatto ambientale rispetto a seta e cotone ed è perfetta in autunno per mantenere la temperatura del corpo, quando è ancora presto per vestirsi di lana e si ha freddo ormai con i tessuti in cotone. Così viene presentata la fibra di banano, l’ultima tendenza del mercato equo e solidale che annovera così tra i suoi scaffali non più solo prodotti tradizionali, ma anche novità in gra-

do di soddisfare tutte le esigenze dei consumatori. Nei negozi reali ma anche virtuali (basti visitare www.altromercato.it) del Fair Trade, il termine anglosassone con cui si indica questo tipo di commercio, c’è davvero di tutto. Insieme al thè, allo zucchero e al caffè, ora si possono acquistare anche maglie con nuove fibre e articoli per la cosmesi fatti con ingredienti biologici, gioielli, tappeti, giocattoli, abiti da sposa e bomboniere. L’unico elemento che hanno in comune tutti i

A sinistra prodotti equo solidali e a destra raccolto di semi di cacao

prodotti equo e solidali è una filosofia di mercato alternativa: l’obiettivo primario non è solo la massimizzazione del profitto ma soprattutto la lotta allo sfruttamento e alla povertà legate a cause economiche, politiche e sociali. I produttori dei Paesi del Sud del mondo hanno accesso ai mercati internazionali a condizioni che esulano dai rapporti di forza, dalla speculazione e dall’utilizzo di risorse non rinnovabili. Vengono garantiti inoltre i diritti dei lavoratori, a cui spetta una giusta retribuzione, e c’è il divieto di fare uso del lavoro minorile. Tra i principali fornitori delle Botteghe del Mondo ci sono Paesi come India, Kenya, Gana, Messico, Perù e Brasile. In Italia questi negozi, presenti sul territorio da 30 anni, si sono moltiplicati negli anni e il commercio equo si è diffuso anche nell’ambito della grande distribuzione. Lo dimostrano i dati che riguardano i prodotti certificati Fairtrade (un'etichetta di articoli maggiormente dif-

fusi nelle grandi catene): nel 2009 i consumatori nel mondo hanno speso 3,4 miliardi di euro, con una crescita mondiale del 15%. In Italia la crescita media è stata del 10%, grazie soprattutto alle vendite dei prodotti alimentari. Non resta che scegliere tra sempre più prodotti per uno scambio equo, o meglio fair, tra i popoli. Il termine inglese, con il suo valore polisemico, rende infatti ancora meglio l’idea: fair significa giusto ma indica anche chi in una competizione gioca pulito.


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