Zetezine

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SCUOLA

un paese che non sa più

leggere di Gino Aldi

A leggere il rapporto CENSIS 2010 si scopre in forma codificata ciò che un osservatore attento percepisce nella quotidianità: nel nostro paese non si legge più. Tutte le testate giornalistiche denunciano una flessione di vendita notevole, perfino quelli sportivi (-7,2%) che pure hanno costituito per anni l’appuntamento di una utenza di matrice popolare. Non solo i quotidiani se la passano male ma anche i settimanali (-4,7%). Reggono l’ondata di urto il genere gossip e femminili, ma quelli di attualità politica ed economica perdono circa il 10,2% di vendite. Lo stesso accade per i mensili (-7,7%). Infine i libri, in un paese già non avvezzo alla lettura, calano del 9,4%. Insomma siamo un paese che sta imparando a non leggere più. Si preferisce il consumo spiccio di notizie raccolte attraverso radio e televisione che però utilizzano canali di fruizione completamente diversi. La lettura, infatti, propone notizie in una forma elaborata ed organizzata e richiede attenzione e concentrazione. I media rendono l’utente passivo più simile ad una spugna assorbente che ad una persona intenta a meditare. La lettura

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favorisce il senso critico, pone nella condizione di riflettere, di costruirsi una propria idea, di dedicare un tempo alla elaborazione del dato. Non si può leggere e parlare, leggere e chattare, leggere e guardare la tv! Si può invece guardare la tv ed ascoltare la radio, guardare la tv e fare zapping, guardare la tv e parlare con il collega. I mezzi, insomma, si fruiscono in forma diversa e producono effetti diversi. Lo diceva già McLuhan trenta anni or sono. Perdere la lettura significa perdere un patrimonio immenso. La lettura organizza il pensiero, trasmette saperi in una forma strutturata. I media ed internet trasmettono saperi frammentati. Allo stato attuale non si riesce a vedere nessuna vantaggio nel sostituire il leggere con il video, sebbene quest’ultimo sia un mezzo efficace di educazione e di veicolazione dei saperi. Leggere però resta una esperienza unica ed insostituibile. Specie se ci guardiamo alla tradizione letteraria che ha codificato la ricerca di senso dell’intera

umanità in opere memorabili ed insuperabili per il loro valore formativo. Vi sono segnali forti dei guasti generati dalla mancata lettura. Chi non legge finisce poi per non saper scrivere. Molti giovani sintetizzano il linguaggio fino a stropicciarne la grammatica e la sintassi. I codici si riducono al minimo e assumono forme incomprensibili a chi non è del settore: “tvb” significa “ti voglio bene”, “cmq” vuol dire “comunque”, “x te” indica “per te”. E’ la logica del risparmio, del dirsi tanto in poco tempo e in poco spazio. Il rischio è che anche il pensiero si riduca ad enunciazioni, sigle, sintassi leggere, allocuzioni brevi. Si finisce per pensare come si scrive, anzi come non-si scrive e non-si legge: per sentito dire! Così il taglia ed incolla impera nelle coscienze creando l’illusione che un verso di Dante corrisponda a conoscere la divina Commedia, l’enunciazione di una legge fisica significa aver compreso la fisica, un verso di amore significhi amare. Si ama con la stessa


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