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n°17/2019

#17

Più che volontari: amici Ogni weekend dell'anno, e per una settimana intera d'estate, i volontari dell'associazione Lucia Schiavinato condividono occasioni di divertimento, benessere, crescita personale con le donne e gli uomini con disabilità del Piccolo Rifugio di Vittorio Veneto (Tv) e della provincia di Treviso. Che si tratti di fare karaoke con Paolo, ascoltare le speranze di Sandra o permettere a Monia, sulla sua speciale sedia a rotelle, di vivere la gioia di un bagno a Caorle... sono tutte occasioni per donare amicizia, ascolto e passione a chi è più fragile. E per ricevere da loro molto, molto più di ciò che si dà.

Periodico di Eurosystem SpA

Una storia di tecnologie e persone che creano il futuro.

il personaggio PAOLO NESPOLI

Houston, abbiamo un problema!

incontri con IGENIUS

Un collega virtuale per discutere di dati aziendali

PER AIUTARCI:

ERICSSON

5G: la nuova frontiera per un’azienda più competitiva

Offerte deducibili/detraibili 5XMille

MERCEDES-BENZ

Intelligenza artificiale e realtà aumentata

stories

alla Fondazione Piccolo Rifugio codice fiscale 0071 7020234

EUROTECK

Migliorare le performance produttive

Biglietti d’auguri in carta riciclata

TMC

Quando sicurezza significa consapevolezza

realizzati dagli ospiti del Piccolo Rifugio!

stile libero LAVORO

Diritto alla disconnessione

TREVISO BASKET

Storia di una rinascita

Per scoprire assieme a noi la bellezza dell'incontro con la disabilità:

+39 3473677957 info@luciaschiavinato.it www.luciaschiavinato.it Facebook “Associazione Lucia Schiavinato”

L’ERA INTELLIGENTE VERSO L’IPERCONNESSIONE UOMO MACCHINA


Years

1994 - 2019

Soluzioni IT per la trasformazione digitale e l’industria 4.0

EUROSYSTEM CON ELITE PER LA CRESCITA, VERSO L’ECCELLeNZA

SOLUZIONI APPLICATIVE E INDUSTRIA 4.0

Servizi IT

SICUREZZA IT

BUSINESS ANALYTICS

Servizi gestiti e per il datacenter

Software ERP, MES, APS

Information Security e compliance normativa

Da 25 anni l’innovazione dei servizi gestiti e per il datacenter. www.nordestservizi.it

le aziende del gruppo

CRM, Business Intelligence, Controllo di gestione

contatti via Newton, 21 - 31020 Villorba (TV) +39.0422.628.711 marketing@eurosystem.it

eurosystem spa

sedi: Bergamo, Bologna, Treviso filiale commerciale: Verona

Società partecipate

Nordest Servizi s.r.l. - Udine, Trieste Estecom s.r.l. - Ferrara SDTeam s.r.l. - Firenze securbee s.r.l. - Udine, Treviso, Bergamo, Bologna

Copyright © 2019 eurosystem spa. Tutti i marchi commerciali sono di proprietà dei rispettivi titolari.

Un progetto di Borsa Italiana


EDITORIALE Gian Nello Piccoli L’Era intelligente è il tema di questo numero. Una definizione che a primo impatto potrebbe sminuire l’era precedente ma che, in realtà, rimanda ad una percezione: quella di essere davvero oltre ogni immaginazione. Siamo di fronte alla materializzazione dell’intelligenza umana e alla nascita di macchine capaci di coadiuvare l’attività dell’uomo in tutte le sue sfaccettature. In questo numero parliamo di analisi predittive, intelligenza artificiale, big data analysis, cloud, ma alla base di tutto c’è un algoritmo che diventa sempre più sofisticato, tanto da trasformare il dato in una decisione. Ed è l’insieme di quelle decisioni che poi permette a chi guida un’azienda, o una sua parte, di fare piani strategici. Una rivoluzione digitale ma non solo: ci stiamo abituando a pensare in grande perché abbiamo una macchina sempre più potente che mette in ordine questi pensieri e ci aiuta ad elaborarli. C’è l’opportunità, per le aziende, di fare davvero la differenza. Con l’unica condizione di lasciare spazio alla conoscenza. La tecnologia, infatti, va a grande velocità ma i dati parlano chiaro: gli imprenditori hanno bisogno di tempo e conoscenza per poter operare dei reali cambiamenti nelle imprese.

GIAN NELLO PICCOLI Eurosystem SpA

È nostro preciso dovere, prima di proporre l’ultimo ritrovato tecnologico, trasferire una “cultura digitale” che metta l’imprenditore nella condizione di capire quali sono i vantaggi competitivi nel mercato in cui si trova ad operare. Questo richiede uno sforzo maggiore anche a noi, la capacità di essere “visionari” sui temi fondamentali della digitalizzazione. Il 5G, per esempio, era futuro ieri ma oggi è un’opportunità di sviluppo reale, soprattutto per le piccole e medie aziende. Una rete più stabile ed efficiente, infatti, è l’infrastruttura fertile di una valida Business Continuity. Il nostro compito è spiegare tutto questo alle aziende, ma anche alle istituzioni, che sempre di più stanno recependo l’esigenza di una collaborazione all’interno di questo scenario e stanno producendo iniziative di risposta. Il progetto SMACT, il primo Competence Center del Triveneto di cui facciamo parte, ne è un esempio: un pull di operatori, tra aziende e università, che si unisce per trasferire la digitalizzazione alle aziende. Un’idea che sposa il nostro obiettivo: rendere consapevoli le imprese di una trasformazione digitale che può rimetterle sul mercato con energia rinnovata, più competitive e perfettamente in linea con la rivoluzione 4.0 in atto. Gian Nello Piccoli

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il personaggio

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PAOLO NESPOLI HOUSTON, ABBIAMO UN ROBLEMA!

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ERICSSON 5G: LA NUOVA FRONTIERA PER UN’AZIENDA PIÙ COMPETITIVA

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ENEA IL VIAGGIO LA TECNOLOGIA CHE ACCOMPAGNA LE PA A DIVENTARE SMART CITY

stile libero

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TREVISO BASKET SPORT STORIA DI UNA RINASCITA

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MERCEDES-BENZ INTELLIGENZA ARTIFICIALE E REALTÀ AUMENTATA: MERCEDES CORRE CON IL 4.0


14

POLIMI IL CLOUD NELL’ERA DEL 5G: AUMENTA IL DIVARIO TRA PMI E GRANDI IMPRESE

incontri con

74 academit 74 Da IT manager a manager dell’IT

SOMMARIO

36

AKITE

3 editoriale

40

HUMAN RESOURCES 4.0

6 il personaggio

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GRUPPO EUROSYSTEM

50

RENTAL BLOG E ASSODIMI

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LENOVO

di Gian Nello Piccoli

PAOLO NESPOLI

Il diritto alla disconnessione

PRIVACY

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PAROLA ALL’AVVOCATO

61 stories 61 Euroteck: migliorare le

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BENESSERE SUL LAVORO

Un data scientist virtuale per discutere di dati aziendali

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88

IL VIAGGIO

ERICSSON

56 spazio a y 56 Che software MES serve alla

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SPORT

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94

CUCINA

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FUMETTI

14 incontri con 14 POLIMI

Il cloud nell’era del 5G

32

40 anni di innovazione

79 stile libero 79 LAVORO

82

L’Era intelligente

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Soft skill nel mondo del lavoro e del futuro

IT manager e direzione: come far dialogare i due mondi

FISCO

10 focus

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L’IA al servizio del mondo retail

CRISTIANO DI PAOLO

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Houston, abbiamo un problema!

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IGENIUS

5G: la nuova frontiera per un’azienda più competitiva MERCEDES-BENZ

Intelligenza artificiale e realtà aumentata SMACT

Trasformazione digitale a portata di azienda

Le opportunità del price management nel noleggio L’Intelligent Tranformation passa da IoT ed edge computing

performance produttive

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TMC: quando sicurezza significa consapevolezza

mia azienda?

@EUROSYSTEM.IT

Controllo di gestione @EUROSYSTEM.IT

Cloud: multiplo o ibrido?

Evasione fiscale: come continua la lotta? Il riconoscimento facciale Obbligo di conservazione delle PEC Comunicare se stessi e le proprie idee efficacemente La tecnologia che accompagna le PA a diventare smart city Treviso Basket: storia di una rinascita L’acqua di mare & l’erba voglio La matita di Sue


numero 17

Ci sono tantissimi sistemi di intelligenza artificiale che dovranno essere sviluppati se vogliamo continuare le esplorazioni.

PAOLO NESPOLI Houston, abbiamo un problema! Dora Carapellese

L’AI è indispensabile per andare su Marte

Il controllo sulla tecnologia non può essere lasciato al caso e l’affidabilità deve essere messa al primo posto. La tecnologia dello spazio è obsoleta ma affidabile; le stesse navicelle Sojuz non sono molto lontane dalle loro antenate degli anni Sessanta. L’ultimo ritrovato tecnologico in un’azienda sulla Terra può anche non essere testato; nello spazio, invece, se non esaminato e collaudato adeguatamente può uccidere. 6


IL PERSONAGGIO Paolo Nespoli

sono stato in orbita quasi un anno, sono stato sullo Shuttle, ho volato sulla navicella Russa e sulla Stazione Spaziale Internazionale, ecc. Ho lavorato molto per arrivare a questo. Tutto quello che ho ottenuto è stato raggiunto con sacrificio e determinazione. Oggi mi sento realizzato ma paradossalmente mi guardo dentro e dico cosa faccio quando divento grande?

Tanti bambini sognano di diventare astronauta. Come è nato il suo progetto di indossare la tuta spaziale? Nasce dall’aver visto in prima persona in televisione le immagini della Luna e come tanti bambini di allora sognavo un giorno di poter essere lì. Ma sono cose dette più che altro da un ragazzino spinto dal momento di gloria che gli astronauti stavano vivendo. Poi bisogna coniugare il sogno con la realtà e capire, una volta realizzato, se sia effettivamente quello che ti piace. Dico sempre ai ragazzi di decidere pensando anche al fatto che quel sogno sia spendibile nella realtà e che ti dia da vivere soprattutto. L’ideale sarebbe tramutare in un lavoro le proprie passioni, ma questo non è sempre possibile. Quando ho deciso di provare a realizzare questo sogno, se mi avessero fatto firmare una carta in cui si diceva che avrei dovuto vendere l’anima per fare un terzo di quello che ho fatto, avrei detto sicuramente di sì; perché era veramente un sogno impossibile. Oggi sono riuscito a diventare astronauta, certo non sono andato sulla Luna, ma ho praticamente fatto tutto quello che potevo fare: tre missioni spaziali,

Nell’immaginario collettivo, quando si pensa agli strumenti per esplorare lo spazio, c’è la convinzione che si tratti di tecnologie al di sopra di tutto quello che noi usiamo su questo pianeta. Quindi tecnologie all’avanguardia che noi sulla Terra dovremmo pazientare per averle. Noi essere umani abbiamo la difficoltà di gestire sistemi complessi, e quando lo dobbiamo fare ci appoggiamo alle macchine. Abbiamo perso la sonda su Marte perché gli ingegneri che avevano disegnato i motori utilizzavano il sistema di misura inglese, mentre chi aveva fatto i calcoli il sistema metrico decimale. Sono cose che succedono perché siamo essere umani e quindi imperfetti. Se da un lato lo spazio è il posto al mondo dove ci deve essere la tecnologia più avanzata, di fatto invece è obsoleta. Perché

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nello spazio non ci si può permettere di sperimentare, tutto deve essere collaudato prima. Le faccio un esempio concreto: per portare un laptop nello spazio è necessario un lungo percorso. Si partirebbe da una prima fase di ricerca sul mercato dei modelli che rispecchiano le caratteristiche tecniche da noi scelte; individuati tre/ quattro modelli si passa alla fase successiva, ovvero verificare come si comportano nelle condizioni più estreme: temperature alte, basse, con l’acqua, e così via. Tutto questo per scegliere la macchina che resiste di più. Questa fase dura più o meno un anno. A questo punto si passa all’acquisto di un numero considerevole del laptop prescelto, anche dieci mila pezzi, poiché, oltre a quelli presenti nella stazione spaziale, tutti coloro che lavorano dalla Terra devono essere allineati. Il problema è che, a quel punto, il fornitore ti presenta già il modello successivo, a detta sua più performante, perché quello che ha subito tutto il processo sopra è già superato. Il controllo sulla tecnologia non può essere lasciato al caso, l’affidabilità deve essere messa al primo posto. L’ultimo ritrovato tecnologico, se non testato, può uccidere. La tecnologia spaziale è molto conservativa: le navicelle Sojuz con cui andiamo nello spazio oggi non sono molto lontane da quelle che si usavano negli anni ’60. Sono estremamente affidabili, poco costose e si conoscono benissimo, e quindi perché cambiarle. Infatti, lo Shuttle era molto più complesso e performante ma è stato dismesso perché considerato poco sicuro: al suo posto, le navicelle Sojuz di cui da quarant’anni si conoscono perfettamente le reazioni nello spazio.

Paolo Nespoli Astronauta dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA)

Quali sono i progetti di AI che potrebbero rendere più efficienti le ricerche spaziali?

Dopo 8 anni passati nell’Esercito Italiano subito dopo il completamente della scuola media superiore, Paolo Nespoli ottiene un Bachelor of Science e un Master of Science in Aeronautica e Astronautica dal Polytechnic University di New York (attualmente NYU). Subito dopo lavora in Italia come Ingegnere Disegnatore per poi essere assunto dal Centro Astronauti Europea dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) a Colonia in Germania come Ingegnere addetto all’addestramento degli astronauti. Nel 1998 è selezionato come astronauta dall’Agenzia Spaziale Italiana, inglobato nel corpo astronauti europea dell’ESA e distaccato al Johnson Space Center della NASA a Houston. Il suo primo volo nello spazio è stato nel 2007: STS-120 - una missione di corta durata per l’assemblaggio della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Nel 2010-2011 ha volato sulla ISS nella missione di lunga durata Spedizione-26/27 e di nuovo nel 2017 per la Spedizione-52/53. Complessivamente ha passato 313 giorni nello spazio.

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La rivoluzione digitale è un supporto importante per le missioni spaziali, perché la mole di dati tecnici da elaborare, controllare e gestire sono tanti e necessari per una stazione spaziale funzionante. Se parliamo dei dati che dallo spazio devono essere inviati sulla Terra, come delle foto, potremmo avere difficoltà. La velocità del dato infatti è limitata, quindi inviandone migliaia i tempi si allungano. Ecco che l’AI ci viene incontro con degli algoritmi che fanno una selezione


IL PERSONAGGIO a monte inviando sulla Terra solo i dati che servono. Gli algoritrmi sono basati sui criteri di selezione che un tecnico avrebbe utilizzato di persona. Ci sono tantissimi sistemi di intelligenza artificiale che dovranno essere sviluppati se vogliamo continuare le esplorazioni. Nel mio campo del Volo Umano, se vogliamo andare su Marte, è fuori luogo dissertare sulle navicelle intelligenti. Adesso possiamo controllare N parametri attraverso l’uomo, ma non è sufficiente perché una stazione spaziale ne ha migliaia e l’ispezione accurata può farla solo una macchina. Al momento il controllo dei parametri viene fatto dai diversi controllori di volo a terra che si ripartiscono il tutto. Abbiamo bisogno, nel futuro, di un sistema che faccia questa diagnosi e che trovi la risoluzione dell’emergenza in automatico. Per andare su Marte è una tecnologia indispensabile. Mentre sulla Terra è un’innovazione di cui possiamo anche fare a meno, nello spazio no. Inoltre, qualsiasi tecnologia deve essere “masterizzata” come dicono gli americani, ovvero collaudata come il laptop di cui sopra.

L’uso dell’AI negli ultimi satelliti permette di scegliere le informazioni e raccogliere una grande mole di dati. Quali sono i vantaggi per la Terra? L’AI non è nata oggi, l’abbiamo già nelle nostre case. Io comincio a pensare che le macchine diventino sempre più umane e gli uomini sempre più macchine. Abbiamo sviluppato una capacità di miniaturizzare i sensori e quindi moltiplicare i dati che abbiamo a disposizione. Il proliferare di informazioni porta al problema di saperle analizzare, comprendere e utilizzare. Chiunque abbia un PC può generare informazione. La difficoltà è che accumuliamo dati che non vengono nè gestiti e nè utilizzati opportunamente. Qualche giorno fa ero a Frascati al Centro dell’Agenzia Spaziale Europea dove ho assistito alla finale di una competizione, lanciata da Copernicus in sinergia con l’ESA, in cui si chiedeva la costruzione di un app che potesse utilizzare efficacemente i dati di Sentinel. La sfida era proprio quella di capire come la grande quantità di informazioni prodotte da Sentinel potesse avere un’utilità concreta. Tra i sei finalisti, ha vinto un team norvegese con una app che utilizza anche l’AI e che, raggruppando una serie di dati locali e di Sentinel, è in grado di dare ai pescherecci indicazioni precise su dove e quando andare a pescare. In Norvegia il tempo è molto inclemente, pertanto è un fattore molto sentito dai pescatori.

Il ruolo del Data Scientist nel suo settore. Il Data Scientist è una figura che è sempre esistita; si tratta di uno statista più evoluto. Ci sono delle professioni ben inquadrate, come fisico, astrofisico, ecc. Il Data Scientist è invece in evoluzione, è un professionista che lavora nel mondo della ricerca. In Italia siamo un po’ indietro, non investiamo abbastanza per dare più opportunità alle Università da questo punto di vista. I nostri ricercatori purtroppo vanno all’estero e spesso ci rimangono, anche perché gli americani sono bravi a trattenerli. È una figura che nel nostro mondo ha una sua dimensione naturale, anche alla luce dei numerosi dati che siamo addestrati a carpire come raccontavo sopra.

ESA lancia il progetto “Funding & support of spacebased services for cyber security”. Qual è il legame tra lo spazio e la tanto nominata cyber security? C’è un legame perché la Stazione Spaziale internazionale o un satellite in orbita non sono molto differenti da un bancomat, nel senso che se si riuscisse a intercettare il flusso di informazioni tra il bancomat e la banca, ci sarebbe una violazione. La stessa cosa potrebbe succedere nei satelliti se si riuscissero ad hackerare le informazioni tra il satellite e la stazione spaziale di Huston. L’ESA cerca di incrementare il livello di sicurezza e questo progetto parla chiaro: si chiede alle aziende sulla Terra che lavorano in questo settore di contribuire con la propria conoscenza a rendere più sicuro il pianeta. L’ESA ha diversi progetti in questo senso. L’alto livello di sicurezza, integrato alla mole di dati che viene trasmessa tra i vari hub spaziali, è tra le priorità dell’ESA. Il GPS americano, per esempio, che utilizza i dati di un satellite di navigazione americano è stato disegnato per scopi militari negli anni ’60-’70, e poi messo a disposizione di tutti. In realtà noi usufruiamo solo in parte di questa tecnologia, l’altra rimane segreta per ragioni militari. Quanto il GPS è attendibile? Non abbiamo una sicurezza totale se il satellite ha un’avaria e invia dati errati, noi non possiamo saperlo. Può immaginare il rischio che corre per esempio un aereo che basa il suo percorso sui dati del GPS. Ci sono dei seri problemi di controllo di qualità del segnale. Con l’introduzione del sistema europeo di navigazione satellitare Galileo questa difficoltà viene risolta, poichè è stato progettato con un algoritmo che controlla la validità dei dati del GPS. Un sistema decisamente più accurato del sistema americano GPS.

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L’ERA INTELLIGENTE Verso l’iperconnessione uomo macchina

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FOCUS L’era intelligente La rivoluzione digitale continua incessante e prospetta un futuro che non avremmo mai immaginato. Dai Big Data, un tema che non fa più e solo riferimento ad una grande mole di dati, all’intelligenza artificiale, che somiglierà giorno dopo giorno all’intelligenza umana, alle reti 5G che ci porteranno verso l’iperconnessione. È l’Era intelligente, come la chiama l’astronauta Paolo Nespoli, in cui le macchine assomigliano sempre di più agli umani e gli uomini alle macchine. Un quadro confermato dal professor Francesco Sacco che racconta come sarà una giornata “tipo” nel giro di pochi decenni. Le nostre vite private e professionali potranno contare su assistenti virtuali che ci accompagneranno durante la giornata in ufficio: ci basterà parlare per dettare le risposte ai messaggi ricevuti, mentre l’intelligenza artificiale analizzerà le nostre prestazioni in palestra durante la pausa e ci darà indicazioni per il pranzo. Un altro assistente virtuale ci aiuterà a preparare la riunione del pomeriggio mettendo insieme autonomamente tutti i documenti necessari, che saranno scaricati in formato digitale sul nostro tablet. Tutto questo grazie alla rete 5G, che non è un’evoluzione del 4G ma una rivoluzione. Nasce per permettere la diffusione dell’Internet of Things (IoT). Stiamo parlando di reti 100 volte più veloci del 4G.

È l’Era intelligente, come la chiama l’astronauta Paolo Nespoli, in cui le macchine assomigliano sempre di più agli umani e gli uomini alle macchine.

Numeri impressionanti, ma come vedono l’era intelligente le aziende italiane? Per quel che riguarda l’Intelligenza Artificiale (AI), secondo l’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato in Italia è agli albori, con una spesa per lo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale di appena 85 milioni di euro nel 2018, ma dalle grandi prospettive; al mercato dei progetti vanno affiancati infatti gli assistenti vocali intelligenti, nonché i robot autonomi e collaborativi usati in ambito industriale, il cui mercato valeva nel 2017 già oltre 145 milioni di euro. Le imprese italiane però hanno una visione ancora confusa delle opportunità dell’Artificial Intelligence: la maggioranza, il 58%, la associa ad una tecnologia capace di replicare completamente la mente umana. Un concetto che ha poco a che fare con i risvolti pratici della disciplina. E il mercato dei Big Data Analytics? Secondo i dati dell’Osservatorio in Italia resta confermato nel 2018 il trend positivo degli ultimi tre anni, in cui il settore è cresciuto in media del 21% ogni dodici mesi; anche se 11


numero17 17 numero

La copertina Tendiamo ad essere poco consapevoli della presenza dell’intelligenza artificiale nella nostra vita. L’abbiamo avuta tra le mani anche diversi anni fa, ma non la chiamavamo così. Poi la tecnologia ha cominciato a diffondersi in maniera pervasiva, nelle aziende e nella quotidianità dei singoli, e la consapevolezza di cosa abbiamo davanti si è fatta strada: nelle imprese e nelle case si possono toccare con mano i vantaggi. Ma rispetto al passato una differenza c’è. L’intelligenza artificiale è cambiata. Sì è trasformata in qualcosa di più che una conversazione tra sole macchine sempre più somiglianti all’essere umano. Perché è evoluto anche il pensiero dell’uomo, che ha accolto questi “sempre più simili” in grado ora di elaborare concetti complessi, non più solo di rispondere. Un rapporto tra due mondi che si stanno avvicinando cercando di somigliare l’uno all’altro.

rimane molto ampio il divario fra le grandi imprese, che si dividono l’88% della spesa complessiva, e le Pmi, che rappresentano il 12% del mercato. “Il mercato dei Big Data Analytics continua a crescere a ritmi serrati, superiori al 25% – afferma Carlo Vercellis, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence. Ma per coglierne appieno i benefici, è necessario che i Big Data vengano analizzati secondo modalità smart, mediante sofisticati algoritmi di machine learning in grado di identificare pattern e correlazioni presenti nei dati e di trasformare questa conoscenza in azioni concrete che permettano alle imprese di acquisire vantaggi competitivi”. La mancanza di competenze interne rimane il principale elemento di freno allo sviluppo di progetti di Big Data Analytics. Il 77% delle grandi aziende segnala questa carenza di risorse dedicate alla Data Science. A proposito di competenze il Future Today Institute prevede che entro la fine del 2020 la metà delle nostre interazioni con i computer saranno vocali — in pratica, useremo sempre più la voce e sempre meno la tastiera. “Applichiamo l’intelligenza artificiale, — riporta Uljan Sharka, CEO di iGenius — e in particolare il conversational AI, all’analisi dei dati aziendali. In questo contesto, le esigenze sono due: semplificare, automatizzandola, un’attività complessa come quella dell’analisi dei dati e rendere l’analisi dei dati accessibile. La nostra missione è permettere anche a coloro che non hanno una formazione tecnica di usufruire del valore intrinseco dei dati nel modo più semplice possibile: consultandoli a voce, attraverso un’interfaccia semplice ed intuitiva”. Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Intelligenza Artificiale, School of Management del Politecnico di Milano, è molto positivo sul fatto che le imprese italiane hanno ormai iniziato il percorso verso la nuvola e, anzi, lo hanno reso parte integrante della propria strategia IT. Secondo Piva la competenza tecnica è del Cloud Provider, mentre l’azienda utente ha il compito di combinare le tecnologie a disposizione nel modo che meglio si adatta al proprio contesto di business e alle esigenze di processo. Un elemento chiave per la rapidità nell’adozione di questi trend e dunque per la competitività sui mercati.

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IL PUNTO SU... L’Era intelligente INTELLIGENZA ARTIFICIALE - Le aziende italiane Fonte: Osservatorio Artificial Intelligence 2018 della School of Management del Politecnico di Milano

A che punto sono?

A cosa associano l’AI?

12%

ha progetti in fase di implementazione

ha portato a regime almeno un progetto di intelligenza artificiale

ad una tecnologia capace di replicare completamente la mente umana

58%

a tecniche come il Machine Learning

35%

8%

31%

ha stanziato del budget

ha in corso dei progetti pilota

ai soli assistenti virtuali

21%

ha compreso che l’AI mira a replicare specifiche capacità tipiche dell’essere umano (la visione prevalente nella comunità scientifica)

31% 14%

CLOUD TRANSFORMATION - La crescita tra 2018 e 2019 Fonte: Osservatorio Cloud Transformation 2019 della School of Management del Politecnico di Milano

+18%

+24%

+22%

valore del mercato cloud italiano

delle Infrastrutture Iaas

delle infrastrutture SaaS

ANALYTICS - Il mercato nel 2018 Fonte: Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence 2018 della School of Management del Politecnico di Milano

Banche

28%

25% Manifatturiero

La crescita

+ 26% rispetto al 2017

PA e Sanità

6%

Assicurazioni

Settori del mercato

14% Telco e Media

6%

8% 6%

Utility

7% GDO/Retail

Servizi 13


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POLIMI Il cloud nell’era del 5G: aumenta il divario tra PMI e grandi imprese Le PMI indietro con la tecnologia cloud, troppa diffidenza e mancano le competenze Nonostante la diffidenza delle PMI, il mercato cloud in Italia è in crescita: nel 2019 vale 2,77 miliardi di euro. Il cloud scardina il modo tradizionale di gestire le tecnologie in azienda, passando da un modello proprietario alla fruizione di un servizio in cui l’ago della bilancia, da un punto di vista tecnico, si sposta fortemente verso il fornitore. Il cloud non è più un luogo dove immagazzinare i dati senza doverne gestire l’operatività. Oggi si tratta di avere a disposizione servizi sofisticati e pre-configurati per tutti i principali trend dell’innovazione digitale, dall’Artificial Intelligence, ai Big Data Analytics e l’Internet of Things. Partiamo da una domanda cruciale: come è visto il cloud dalle aziende italiane e come si approcciano a questa tecnologia? Quando si parla di cloud e di digitalizzazione in generale, bisogna differenziare tra grandi imprese e PMI. Nelle grandi imprese italiane, la consapevolezza sull’importanza del cloud nelle strategie digitali è ormai matura. Il cloud è visto come una tecnologia che abilita l’innovazione, riducendo le barriere all’ingresso di costo e competenze, e incrementa l’agilità del business, garantendogli quel grado di flessibilità ai cambiamenti richiesto dai mercati di oggi, sempre più turbolenti e dinamici. Infatti, circa l’84% delle grandi imprese ha ormai adottato almeno un servizio cloud. Nelle PMI, l’adozione si attesta invece a 14


INCONTRI CON Polimi

Secondo le stime dell’Osservatorio, il mercato cloud italiano, inteso nella sua accezione pura di Public e Hybrid Cloud, prosegue la sua crescita anche nel 2019. Il suo valore è di 2,77 miliardi di euro nell’anno in corso.

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livelli molto ridotti e, nonostante si denoti una sempre maggiore consapevolezza rispetto alle opportunità offerte da questa tecnologia, la mancanza di competenze e le diffidenze tipiche, come quelle sulla sicurezza o sull’affidabilità della rete, frenano questa ondata di trasformazione.

che al minimo disservizio della rete, non sarà più possibile accedervi e dunque il business risulterà interrotto, con gravi conseguenze ad esempio sul fatturato. Avere una rete ad alte prestazioni ben distribuita sul territorio può essere un elemento chiave per favorire una maggiore pervasività del cloud nel panorama ICT italiano e in generale per dare una spinta alla digitalizzazione del Paese.

A quanto corrisponde il mercato del cloud in Italia? Secondo le stime dell’Osservatorio, il mercato cloud italiano, inteso nella sua accezione pura di Public e Hybrid Cloud, prosegue la sua crescita anche nel 2019. Il suo valore è di 2,77 miliardi di euro nell’anno in corso. Si conferma dunque un trend molto rilevante nella spesa ICT delle imprese italiane.

Oltre alle adeguate infrastrutture, quali sono le competenze necessarie per far fronte a questa innovazione? Il cloud scardina il modo tradizionale di gestire le tecnologie in azienda, passando da un modello proprietario alla fruizione di un servizio, in cui l’ago della bilancia da un punto di vista tecnico si sposta fortemente verso il fornitore. Tuttavia, abbiamo rilevato che, con il passare degli anni e con la maturazione del fenomeno, chi si occupa di IT nelle imprese ha compreso quanto il cloud non comporti un depauperamento del proprio ruolo, ma anzi ne accresca la centralità spostandolo dalla gestione tecnico-operativa al governo strategico. Di certo è un cambio di prospettiva e di competenze non facile da perseguire per chi tradizionalmente ha ricoperto un ruolo completamente diverso. Questa trasformazione richiede nuove modalità di lavoro, orientate all’agilità, e nuove competenze da acquisire attraverso opportuni percorsi di formazione e assunzione di nuove professionalità. Le aziende devono avere visione su questo, guidando dall’alto un percorso di cambiamento che coinvolga tutte le figure aziendali.

Tra le nuove tecnologie sta prendendo piede il 5G. Che rapporto c’è con il cloud? Certamente la rete è sempre stata una delle maggiori preoccupazioni nell’adozione del cloud e una criticità strutturale del sistema Paese italiano. Il problema che si sono sempre poste le imprese, soprattutto le PMI estremamente dislocate sul territorio, è fruire le applicazioni più importanti per l’azienda in cloud. Significa 16

Il percorso di scoperta e avvicinamento all’Artificial Intelligence (AI) è tutt’altro che facile e veloce, soprattutto in un Paese come l’Italia dove è meno forte l’influsso dei grandi player del mercato cloud che all’estero stanno invece trainando l’intero mercato.

Il cloud, fino a poco tempo fa, veniva visto come un grande serbatoio di dati. Oggi invece con l’IA si parla della sua applicazione nel language processing, demand forecast, manutenzione predittiva, image processing, chatbot. Quali sono le applicazioni più diffuse nelle aziende? Questo cambio di prospettiva fa parte della maturazione del mercato cloud italiano. Non si tratta più di un luogo dove immagazzinare i dati senza doverne gestire l’operatività. Oggi si tratta di avere a disposizione servizi sofisticati e pre-configurati per tutti i principali trend dell’innovazione digitale, dall’Artificial Intelligence, ai Big Data Analytics e l’Internet of Things. La competenza tecnica è del Cloud Provider, mentre l’azienda utente ha il compito di combinare le tecnologie a disposizione nel modo che meglio si adatta al proprio contesto di business e alle esigenze di processo: un elemento chiave


INCONTRI CON per la rapidità nell’adozione di questi trend e dunque per la competitività sui mercati. Le offerte cloud dei grandi provider internazionali mettono a disposizione funzionalità per lo sviluppo di chatbot, per il riconoscimento delle immagini e dell’audio, oggi molto ricercate, generando grandi opportunità per nuovi mercati digitali. Pensiamo ad esempio agli assistenti vocali che stanno spopolando anche nel mondo consumer.

Il cloud è alla base della digital transformation. Le aziende italiane sono consapevoli di quanto potrebbero aumentare efficienza e fatturato adottando per esempio progetti di AI e Industria 4.0?

deve necessariamente seguire poi una fase di validazione per monitorare le performance della soluzione nel corso della sua vita operativa. A fare da supporto all’Artificial Intelligence ci deve essere un’organizzazione che segua questo cambiamento e si avvalga di approcci manageriali strutturati per sviluppare il progetto: le metodologie Agile, gli approcci Lean e tutto il mondo del Design Thinking sono solo alcune delle teorie di riferimento. È necessario dotarsi delle competenze adeguate e favorire un coinvolgimento a tutti i livelli organizzativi, spiegando, laddove necessario, che l’AI è da considerarsi un’opportunità per l’intera azienda e non una minaccia.

Possiamo dire che oggi questa consapevolezza sia ormai consolidata, tuttavia le aziende necessitano di studiare e promuovere strategie integrate per l’evoluzione della tecnologia e della cultura aziendale. Se il mercato dell’offerta cloud è ormai pronto per supportare le più varie esigenze di digitalizzazione, sono le aziende utenti a dover fare il grande passo nel rendere le proprie persone pronte a recepirle.

Qual è il consiglio che darebbe ad un’azienda che comincia ad approcciarsi all’IA? Il percorso di scoperta e avvicinamento all’Artificial Intelligence (AI) è tutt’altro che facile e veloce, soprattutto in un Paese come l’Italia dove è meno forte l’influsso dei grandi player del mercato cloud che all’estero stanno invece trainando l’intero mercato. Per approcciare in maniera corretta questo percorso occorre porre attenzione sia agli aspetti tecnologici sia a quelli organizzativi che caratterizzano un progetto di AI. È indispensabile partire da una corretta modellazione del problema che si vuole affrontare, per identificare la soluzione di AI che meglio delle altre saprà rispondere alle esigenze aziendali. La scelta di un corretto algoritmo non è però da sola sufficiente a garantire il successo dell’iniziativa: occorre disporre di un dataset di dati adeguato in termini di qualità e quantità per le fasi di training e test del modello, a cui

Alessandro Piva Ricercatore alla School of Management del Politecnico di Milano Alessandro Piva è Direttore degli Osservatori Information Security & Privacy, Cloud Transformation, Artificial Intelligence e Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano. All’interno delle sue aree di riferimento conduce attività di ricerca e consulenza per imprese e Pubbliche Amministrazioni italiane. 17


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IGENIUS Un data scientist virtuale per discutere di dati aziendali Un collega virtuale in grado di guidare gli utenti tra i dati: è il progetto di Uljan Sharka, fondatore e CEO di iGenius L’intelligenza artificiale applicata ai sistemi conversazionali diventa sempre più sofisticata con iGenius, società di intelligenza artificiale. Crystal, il primo advisor d’IA ideato e sviluppato dalla società, permette di analizzare una grossa mole di dati che altrimenti avrebbe bisogno di una competenza precisa. L’obiettivo è di permettere anche a coloro che non hanno una formazione tecnica di usufruire del valore intrinseco dei dati nel modo più semplice possibile: consultandoli a voce, attraverso un’interfaccia intuitiva. C’è un grande fervore attorno ai sistemi conversazionali: basta guardarsi intorno per vedere Alexa, Siri o chatbox simili. Da cosa nasce questa esigenza? Più che un’esigenza direi che stiamo assistendo ad un’importante trasformazione tecnologica, e la voce è una componente sempre più presente nel modo in cui interagiamo con i nostri dispositivi. Il Future Today Institute prevede che entro la fine del 2020 la metà delle nostre interazioni con i computer saranno vocali: in pratica useremo sempre più la voce e sempre meno la tastiera. Ad iGenius applichiamo l’intelligenza artificiale, e in particolare il conversational AI, all’analisi dei dati 18

aziendali. In questo contesto, le esigenze sono due: la prima è semplificare, automatizzandola, un’attività complessa come quella dell’analisi dei dati, che richiede competenze specifiche e difficili da reperire sul mercato del lavoro. La seconda è rendere l’analisi dei dati accessibile. La nostra missione è quella di permettere, anche a coloro che non hanno una formazione tecnica, di usufruire del valore intrinseco dei dati nel modo più semplice possibile: consultandoli a voce, attraverso un’interfaccia intuitiva.

Crystal è il vostro consulente virtuale. Quale valore aggiunto dà ad un’azienda? Crystal è la nostra AI advisor per la data intelligence, e permette a coloro che non hanno una formazione tecnica di consultare i dati ed estrarne valore, quindi di prendere decisioni basate sui numeri, non sull’intuizione personale. In questo senso Crystal è come un collega o un esperto in grado di guidare gli utenti attraverso l’analisi e l’interpretazione dei dati. Parlando di valore aggiunto, i punti da sottolineare sono la mobilità, l’interfaccia vocale e l’arricchimento delle risposte. Lavorare in mobilità è ormai un requisito fondamentale a tutti i livelli e la possibilità di accedere alla nostra AI Advisor tramite un’app sullo smartphone, dovunque e in


INCONTRI CON iGenius qualsiasi momento, è sicuramente un beneficio. Il fatto di poterla interrogare a voce tramite linguaggio naturale, e di ricevere risposte a voce, è un ulteriore valore aggiunto, in quanto indice di semplicità ed immediatezza della risposta. Infine, grazie al Machine Learning, Crystal è in grado di imparare progressivamente dai dati con cui lavora. Questo significa che da un lato può fornire agli utenti consigli proattivi, e dall’altro può arricchire le risposte alle loro domande con informazioni relative a cambiamenti significativi nella banca dati, o con stime e previsioni per il futuro.

Crystal è come un collega o un esperto in grado di guidare gli utenti attraverso l’analisi e l’interpretazione dei dati.

Quali sono gli ambiti di applicazione e come funziona: ci fa un esempio? Gli ambiti di applicazione di Crystal sono potenzialmente illimitati: dal supporto agli agenti di vendita e il perfezionamento delle campagne di marketing alla manutenzione degli impianti geotermici. Gli esempi sono molteplici. Recentemente abbiamo implementato una versione di Crystal all’interno di un progetto con Allianz Italia che permette agli agenti di vendita della compagnia assicurativa di accedere ad informazioni quali l’andamento delle vendite, le schede clienti, o la performance dei prodotti, in maniera semplice ed immediata. Da un punto di vista più tecnico, il funzionamento di Crystal può essere diviso in tre fasi. Nella prima fase, grazie alla tecnologia di Fast Data Retrieval, Crystal è in grado di connettersi ai dati aziendali, che possono essere in vari formati (fogli Excel, database sofisticati, ecc.), e a dati che arrivano da

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macchine e dispositivi IoT, analizzandoli in tempo reale. Nella seconda fase, Crystal li ordina e trova connessioni tra loro. I dati vengono organizzati in un business knowledge graph, una sorta di archivio virtuale in continua evoluzione. Nella terza fase, grazie al conversational AI, Crystal fornisce consigli proattivi agli utenti, o ascolta le loro domande e risponde in linguaggio naturale.

In cosa si differenzia Crystal rispetto ad altri sistemi similari? Una differenza che spesso teniamo a sottolineare è quella tra la nostra AI advisor e gli assistenti virtuali; una differenza che sta proprio nella definizione: Crystal è un advisor, un consulente, che informa e guida gli utenti sulla base dei dati con i quali lavora. Gli assistenti virtuali rispondono alle domande degli utenti, eseguendo specifiche richieste: mostrami le previsioni meteo, fissa un appuntamento, ricordami l’impegno x alle ore y, e così via. Se gli assistenti virtuali eseguono azioni dettate dagli utenti, Crystal prende iniziativa e consiglia agli utenti il corso d’azione migliore da adottare. L’altra dimensione che differenzia Crystal, oltre che un elemento determinante della nostra missione, è quello di rendere la tecnologia più umana, perché più accessibile.

Un Conversational System deve simulare molto bene la parte di sintassi e contenuti tipici dell’essere umano. Qual è e come funziona la tecnologia che sta alla base? Il nostro framework tecnologico si compone di più

Gli assistenti virtuali rispondono alle domande degli utenti, eseguendo specifiche richieste: mostrami le previsioni meteo, fissa un appuntamento, ricordami l’impegno x alle ore y, e così via. [...] Crystal prende iniziativa e consiglia agli utenti il corso d’azione migliore da adottare. elementi: il Natural Language Processing permette a Crystal di capire le domande poste dagli utenti e di rispondere adeguatamente. La tecnologia di Fast Data Retrieval rende possibile l’analisi di grandi quantità di dati in tempo reale, mentre grazie al Machine Learning Crystal è in grado di imparare progressivamente dai dati e dal contesto in cui lavora. La tecnologia, tuttavia, si muove velocemente, e da compagnia tecnologica lo sappiamo bene. Per questo motivo, nel 2017 abbiamo aperto un centro di ricerca e sviluppo basato a Valais, in Svizzera, per essere certi di innovare continuamente la nostra tecnologia relativa al Natural Language Processing. In questo senso, stiamo lavorando anche in un contesto di Emotional Intelligence: la nostra visione è quella di rendere la tecnologia più umana attraverso l’intelligenza artificiale.

Quali sono le competenze che avete all’interno del vostro team produttivo oltre a quelle tecniche? iGenius è una scaleup in piena crescita, con un team di oltre 100 persone e uffici in Italia, Gran Bretagna, Svizzera e California. La nostra azienda si compone di più di dieci team che operano in maniera individuale ed efficiente, quasi come se ognuno fosse una startup autonoma. Oltre alle competenze tecniche, come software engineering, data science, machine learning, investiamo sulle risorse creative per progettare la user experience e user interface 20


INCONTRI CON del nostro prodotto. Ultimamente, ad esempio, abbiamo creato un team dedicato al design dell’interfaccia conversazionale di crystal: è importante, infatti, che la scelta del linguaggio della nostra AI advisor rifletta la sua competenza.

Secondo Forbes, oggi l’80% delle imprese ha già applicato una qualche forma di IA (Machine Learning, deep learning) e il 30% prevede di espandere i propri investimenti in Intelligenza Artificiale nei prossimi 36 mesi. Lei come vede il futuro?

dell’intelligenza artificiale è nel front end. Così come la GUI (Graphical User Interface) ha reso la tecnologia accessibile a milioni di persone attraverso l’uso di simboli grafici, l’intelligenza artificiale ha la potenzialità di rimuovere la complessità intrinseca nell’usare strumenti tecnici come quelli per l’analisi e l’interpretazione dei dati, che richiedono tempo e competenze specifiche per essere utilizzati appieno. L’intelligenza artificiale può rendere l’interfaccia di strumenti notoriamente tecnici più umana.

L’intelligenza artificiale non è cosa nuova: da tempo è presente nelle applicazioni di e-commerce, ad esempio. Basti pensare agli algoritmi di Amazon che ci consigliano acquisti simili a quelli che abbiamo fatto, ad esempio. Finora, però, l’intelligenza artificiale è rimasta legata al back end, cioè a quella parte di un programma con cui l’utente non interagisce direttamente. Per noi, il futuro

Uljan Sharka

Fondatore e CEO di iGenius Uljan Sharka è fondatore e CEO di iGenius, la società di intelligenza artificiale che ha ideato e sviluppato Crystal, il primo advisor d’intelligenza artificiale per la data intelligence. In precedenza ha lavorato come consulente per Apple. Uljan guida iGenius nella missione di semplificare il rapporto tra persone e dati, utilizzando tecnologie all’avanguardia come Natural Language Processing e Machine Learning. Stella nascente nell’ambito dell’innovazione legata all’intelligenza artificiale, Uljan ha ricevuto riconoscimenti a eventi di rilievo quali Web Summit, TechCrunch Disrupt e Startup Grind. È stato inoltre citato dal Silicon Valley Business Journal. Sotto la leadership di Uljan, iGenius è stata selezionata per accedere al programma per startup di successo Facebook Accelerate. La società è inoltre stata menzionata da Google nell’ambito del programma Cloud Platform come case study nell’applicazione del Machine Learning, delle tecnologie cloud e del Fast Data Retrieval.

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ERICSSON 5G: la nuova frontiera per un’azienda più competitiva Impatterà su energia, produzione, sicurezza, sanità, trasporti, automotive, finanza, retail e agricoltura Ericsson reinveste il 18,4% dei ricavi annuali in Ricerca e Sviluppo. Nel 2015 ha cominciato a lavorare sul 5G e oggi è una realtà che sta muovendo i primi passi commerciali. Le aziende italiane stanno dimostrando interesse verso la nuova tecnologia, in quanto permetterà loro di accelerare la trasformazione digitale, dare vita a nuove efficienze nei processi produttivi e lanciare nuove applicazioni e servizi sul mercato.

Ancora una volta insieme a TIM, abbiamo testato per primi la core network 5G cloud native.

Già nel 2015, quando ancora si parlava di 4G, Ericsson è stata la prima azienda ad avviare in Italia attività di ricerca sul 5G siglando un accordo con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Come è nata questa intuizione e quale è stato il primo progetto realizzato? Ericsson e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa hanno alle spalle una lunga storia di collaborazioni di successo. Nel 2015 abbiamo avviato delle attività di ricerca sul 5G per studiare e progettare prototipi di componenti, moduli e sottosistemi fotonici innovativi. Questo progetto è nato dalla necessità di garantire una continua evoluzione delle tecnologie ottiche per le infrastrutture di rete, in modo che possano abilitare comunicazioni economicamente vantaggiose, affidabili, ad alta capacità e a bassa latenza. Con l’arrivo del 5G, infatti, si prevede che entro il 2024 verranno attivati 1,9 miliardi di abbonamenti 5G a livello mondiale (fonte: Ericsson Mobility Report 2019) e parallelamente ci sarà l’introduzione di nuovi servizi sia per i consumatori che per le industrie. Sono di successo anche le collaborazioni messe in campo dagli altri due centri di Ricerca e Sviluppo di Ericsson in Italia. A Genova e Pagani lavoriamo infatti da anni con le università e i centri di ricerca del territorio, attraendo i migliori talenti e contribuendo alla progettazione di soluzioni hardware e software che sono usate dagli operatori mobili di tutto il mondo.

In cosa consiste il progetto “5G for Italy”? Il progetto “5G for Italy”, lanciato da TIM ed Ericsson nel 2016, si pone l’obiettivo di creare un ecosistema aperto 22


INCONTRI CON Ericsson

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per la ricerca e la realizzazione di progetti innovativi abilitati dalla tecnologia 5G, al fine di accelerare la digitalizzazione del Paese. Si tratta della prima iniziativa di questo tipo lanciata in Italia e tra le prime al mondo. Intende aggregare industrie, istituzioni, università, centri di ricerca, amministrazioni locali, piccole e medie imprese per sviluppare e testare nuovi servizi e progetti pilota che si avvalgono della tecnologia 5G. Il progetto è un’opportunità per sfruttare le prestazioni della tecnologia 5G a supporto di nuove applicazioni future che avranno un impatto positivo sia per le industrie sia per i consumatori. Sono stati già realizzati progetti che riguardano sistemi di sicurezza, processi produttivi automatizzati, soluzioni per la mobilità di merci nei porti, guida di auto da remoto, telemonitoraggio dei parametri sanitari dei pazienti, abilitazione di video immersivi e casi avanzati di mobile cloud robotics per l’industria 4.0.

Quali sono i campi di applicazione del 5G su cui state lavorando? Un esempio pratico?

Emanuele Iannetti Amministratore delegato di Ericsson in Italia e Responsabile dell’area Sud Est Mediterraneo Emanuele Iannetti è Amministratore delegato di Ericsson Telecomunicazioni SpA e Responsabile dell’area Sud Est Mediterraneo, dal 15 maggio 2019. Nato a Roma nel 1967, Iannetti ha maturato oltre 20 anni di esperienza nel settore delle telecomunicazioni. Inizia la sua carriera nel 1989 in Telecom Italia e contribuisce successivamente alla fase di startup di H3G. Prima di entrare in Ericsson nel 2013 come responsabile IT per l’area del Mediterraneo, Iannetti ha ricoperto diversi incarichi dirigenziali tra cui Chief Procurement Officer di Nokia Siemens Networks, Amministratore delegato di Siemens IT Solutions and Services e Amministratore delegato di Atos Italia. Prima della nomina ad AD, ha ricoperto il ruolo di Head of Solution Area BSS (Business Support System) di Ericsson a livello globale. In precedenza, è stato a capo dell’area IT Managed Services di Ericsson.

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La digitalizzazione sta guidando il cambiamento del mondo intorno a noi. Tutte le nuove tecnologie hanno un impatto sul modo in cui viviamo, lavoriamo e interagiamo. I servizi di nuova generazione abilitati dal 5G avranno un ruolo chiave nell’accelerazione di questo processo e influenzeranno positivamente una varietà di settori che vanno dall’energia ai servizi, dalla produzione alla sicurezza, passando per sanità, trasporti, media, automotive, finanza, retail e agricoltura. Un esempio pratico in Italia è rappresentato dalle sperimentazioni che stiamo svolgendo a Genova per il monitoraggio del territorio con droni e veicoli di tipo rover guidati da remoto, sperimentati di recente anche dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante la sua visita al nostro centro di Ricerca e Sviluppo.

Con la tecnologia Ericsson, Tim e Qualcomm hanno realizzato un prototipo di smartphone per la prima video chiamata 5G in Europa con modalità New Radio. Quali sono le differenze rispetto alla video chiamata in 4G? Circa un anno fa, con TIM e Qualcomm abbiamo effettuato la prima video chiamata 5G in Europa, in modalità “New Radio” su banda millimetrica. Ben prima della disponibilità dei primi dispositivi 5G commerciali, è stato un passo fondamentale verso l’implementazione del 5G, confermando con orgoglio il ruolo primario dell’Italia, Paese dove siamo presenti da 101 anni.


INCONTRI CON Tra i primi al mondo, insieme a Tim, state sperimentando la tecnologia cloud native per accelerare lo sviluppo del 5G. Di cosa si tratta? Ancora una volta insieme a TIM, abbiamo testato per primi la core network 5G cloud native. Questo risultato consente di adottare soluzioni per una gestione operativa avanzata della rete e di implementare i principi più innovativi delle architetture software nell’ambito delle reti mobili di nuova generazione. I test, condotti con successo, rappresentano un passo fondamentale per lo sviluppo dei nuovi servizi 5G – consentendo di ottimizzare risorse di rete in modo dinamico, immediato e automatico, al fine di assicurare l’alta qualità del servizio richiesto – e dimostrano che siamo pronti alla sfida in termini di velocità e flessibilità della rete. La nostra partnership strategica con TIM prosegue con successo grazie alla tecnologia all’avanguardia e al lavoro di squadra.

Aziende italiane e 5G: come vede lei questo rapporto? Bassa latenza, maggiori velocità, alta affidabilità e sicurezza, possibilità di connettere milioni di oggetti e sensori a bassa energia per chilometro quadrato sono tra le caratteristiche principali del 5G. Le aziende italiane stanno dimostrando interesse verso la nuova tecnologia, in quanto permetterà loro di accelerare la trasformazione digitale, dare vita a nuove efficienze nei processi produttivi e lanciare nuove applicazioni e servizi sul mercato. Abbracciare questa tecnologia prima di altre aziende potrebbe voler dire acquisire un vantaggio competitivo sul mercato nazionale e globale.

Avete dimostrato la capacità di vedere oltre la tecnologia attuale. Seguendo questa direzione, ci rivela qualche idea che avete in mente per i progetti dei prossimi 5 anni? Ericsson è un’azienda all’avanguardia che ha sempre guidato lo sviluppo delle nuove tecnologie. Con il 18,4% dei ricavi annuali reinvestito in Ricerca e Sviluppo abbiamo sempre uno sguardo rivolto al futuro. Nei prossimi cinque anni sicuramente lavoreremo all’evoluzione del 5G, che sta muovendo ora i primi passi commerciali, ma in alcuni dei nostri centri di Ricerca e Sviluppo già si lavorerà alla prossima generazione di reti mobili.

Bassa latenza, maggiori velocità, alta affidabilità e sicurezza, possibilità di connettere milioni di oggetti e sensori a bassa energia per chilometro quadrato sono tra le caratteristiche principali del 5G.

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Francesco Sacco Docente di Digital Economy Docente di Digital Economy presso l’Università dell’Insubria e la SDA Bocconi, Sacco è anche editorialista su Wired, AgendaDigitale.eu, Il Sole 24 ORE. È membro del giurì dell’Istituto per l’Autodisciplina Pubblicitaria e consulente dell’Agcom. Dal 2011 al 2017 ha lavorato presso la Presidenza del Consiglio del Governo Italiano con vari incarichi relativi all’Agenda Digitale e allo sviluppo del piano nazionale per la banda ultralarga.

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INCONTRI CON

La connessione 5G renderà la vita più facile? Francesco Sacco: una stretta connessione tra uomo e ambiente è lo scenario di un futuro che viaggia a velocità supersonica Un’altra piccola grande rivoluzione è in atto: il 5G. Sarà solo un 4G più veloce o dobbiamo aspettarci di più? Non è un’evoluzione del 4G, ma una rivoluzione. È la risposta della tecnologia alla crisi dovuta all’insostenibile successo degli smartphone, che ormai hanno tutti e sono dappertutto, ma anche per permettere la diffusione dell’Internet of Things (IoT). I settori e gli usi di applicazione saranno infiniti perché fino al 4G le reti mobili erano pensate per soddisfare le esigenze di un nascente mercato di massa ma, al contrario, il 5G è stato progettato per servire una somma di mercati verticali con esigenze molto diverse, anche in contrasto tra di loro.

I cambiamenti saranno inevitabili sia per le aziende che per i cittadini. Iniziamo dalla vita di una persona comune… Appena accendiamo lo smartphone riceveremo un aggiornamento sulle ultime notizie e sullo stato del traffico che ci diranno con grande precisione a che ora uscire per arrivare in tempo in ufficio. In ufficio ci basterà parlare per dettare le risposte ai messaggi ricevuti, mentre l’intelligenza artificiale del nostro assistente personale analizzerà le nostre prestazioni in palestra durante la pausa pranzo e ci darà indicazioni per il pranzo. Sulla strada del ritorno a casa, dopo una veloce videochiamata in alta fedeltà ai bambini, potremmo goderci un attimo di relax guardando qualcosa con video e audio immersivo, mentre forno e frigorifero si coordinano per preparare la cena, dal momento che sanno che stiamo rientrando. Il mondo intorno a noi diventerà più intelligente cosicché la nostra vita possa diventare migliore e più semplice.

E per le aziende invece? Veicoli connessi, ovunque impianti che aggiornano automaticamente il proprio piano di manutenzione, sistemi produttivi totalmente integrati, ospedali sburocratizzati dove i medici operano anche utilizzando robot, turisti che prima di arrivare a destinazione ricevono nella loro lingua tutti gli eventi del giorno ordinati per distanza dall’albergo. Ma questi sono solo esempi. Non è veramente possibile raccontare tutto quello che il 5G permetterà di fare. Soprattutto perché le cose più interessanti sono ancora da immaginare prima ancora che da realizzare.

Quali sono i limiti di questa tecnologia? Sono delle reti infinitamente più complesse di quelle del passato: pervasive, disponibili ovunque e in qualsiasi momento, per qualsiasi oggetto o soggetto. Ma questa è anche una vulnerabilità. Quindi, la sicurezza delle reti 5G diventerà ancora più importante di quanto non lo sia già oggi. E l’unica cosa che non potremmo più permetterci è che la loro integrità possa essere in qualche modo violata.

Come cambiano le reti dal 4G al 5G • 100 volte più veloci • Latenza da 30 a 50 volte migliore • Fino 1.000.000 di connessioni per km2 (100 volte in più) • Affidabilità pari al 99,999% del tempo • Collegamento fino a 500 km/h (1,5 volte meglio del 4G) • Per il 90% più efficienti energeticamente

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MERCEDES-BENZ Intelligenza artificiale e realtĂ aumentata: Mercedes corre con il 4.0 MBUX: funzioni predittive e di controllo da remoto dei dispositivi domestici 28


INCONTRI CON Mercedes-Benz

È, infatti, in grado di ridurre la distanza tra uomo e macchina combinando comandi intuitivi e naturali con un software intelligente che apprende dall’esperienza e rivoluziona l’interazione tra uomo e automobile. Gli si può chiedere (quasi) di tutto: quali sono le condizioni meteo o come sta andando la Borsa, ma anche di accendere o spegnere le luci di casa. “Non sembra di dialogare con un assistente virtuale” sottolinea Lorenzo Caputi, Product Manager Connected Services di Mercedes-Benz Italia. Il sistema multimediale MBUX è la nuova interfaccia di intelligenza artificiale realizzata dalla casa tedesca: una tecnologia presentata per la prima volta, e non a caso, in occasione del Consumer Electronic Show di Las Vegas e che ha fatto il suo esordio a bordo dell’ultima generazione di Classe A. Si tratta di uno dei sistemi di infotainment più evoluti sul mercato, con cui Mercedes-Benz ha equipaggiato diversi modelli. E con cui il rapporto uomo-macchina viene rivoluzionato. Come funziona MBUX? L’acronimo sta per Mercedes-Benz User Experience e rappresenta una rivoluzione nel settore automotive. È, infatti, in grado di ridurre la distanza tra uomo e macchina combinando comandi intuitivi e naturali con un software intelligente che apprende dall’esperienza e rivoluziona l’interazione tra uomo e automobile. Una nuova era della digitalizzazione che attraverso il sistema di infotainment MBUX pone l’uomo al centro e porta l’intelligenza artificiale ad un livello di umanizzazione mai visto prima. Non un semplice assistente vocale, ma la porta di accesso ad un universo di servizi immediatamente accessibili con una parola: Hey Mercedes!

Riconoscimento di frasi e non più soltanto comandi: un vero e proprio dialogo con l’auto? Dicendo che si ha caldo o si ha freddo, la temperatura viene abbassata o alzata. Non occorre chiedere di attivare il condizionatore. Ma le funzionalità predittive sono diverse. Un esempio: se si fa una telefonata a una determinata persona ogni giorno, alla stessa ora, il sistema recepisce l’abitudine e suggerirà poi di effettuare quella chiamata. In alcuni modelli la predittività si realizza anche attraverso l’interazione tra navigatore e luci che, grazie alle informazioni condivise con il sistema di navigazione, si adattano in anticipo per offrire la massima visibilità, ad esempio, nell’immissione in una rotatoria.

Ma quali sono le funzioni di infotainment e comfort supportate? MBUX può comprendere domande complesse e rispondere velocemente su argomenti che vanno dalla cultura generale allo sport, fino all’andamento della Borsa. Siamo quindi passati da un sistema chiuso e dipendente da realtà esterne a uno sviluppato in house e aperto all’integrazione con servizi e app, che possiamo customizzare e implementare. In più, tramite Mercedes Me, il proprietario può monitorare la sua auto con lo smartphone, il pc o il tablet e acquistare poi servizi da remoto.

Quando si parla di controllo da remoto, cosa significa in concreto? È interessante l’interazione tra la vettura e la domotica domestica. Vuol dire che, grazie alla digital platform Mercedes Me e sfruttando la compatibilità con i più comuni dispositivi come ad esempio Amazon Echo o wearable device come gli smartwatch Garmin, si possono gestire direttamente dall’abitacolo dell’auto dispositivi della propria abitazione o viceversa “parlare” con la propria Mercedes da casa. Nel primo caso, ad esempio, possiamo accendere e spegnere luci e riscaldamento a distanza, nel secondo chiedere quanto carburante c’è prima di entrare nel veicolo, controllare la pressione dei pneumatici, il livello di carica della batteria o geolocalizzare la nostra auto. Chiaramente per motivi di sicurezza da remoto non si può accendere l’auto, ma possiamo attivare a distanza l’aria condizionata o il riscaldamento a bordo di vetture elettriche o plug-in. Inoltre, già oggi su alcuni modelli, è possibile effettuare una manovra di parcheggio attraverso lo smartphone, rimanendo fuori dall’abitacolo: una funzionalità utile in situazioni con spazi limitati (ad esempio 29


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quando, una volta parcheggiata l’auto, non potremmo aprire la portiera).

Promettete personalizzazioni a seconda del guidatore. L’Internet of Things offre oggi, anche a bordo di un’automobile, infinite opportunità per non rinunciare a nulla e sempre in piena sicurezza. Possiamo ascoltare la nostra musica preferita, in streaming on demand, oppure regolare la grafica e i colori dell’abitacolo, ricevere informazioni su ristoranti, alberghi, previsioni meteo e persino il risultato della nostra squadra del cuore. Grazie all’interazione con dispositivi indossabili compatibili, l’auto è anche in grado di recepire parametri relativi allo stile di vita, come il livello di stress, e regolare di conseguenza l’illuminazione interna, con una scelta di ben 64 varianti di colore, scegliere le canzoni più adatte e eventualmente attivare la funzione di massaggio.

Fino a che punto viene spinta l’intelligenza artificiale? L’obiettivo è quello di sfruttare l’intelligenza artificiale al

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massimo delle sue potenzialità, toccando tutti gli aspetti ed anticipando necessità e bisogni dei nostri clienti. Oggi, attraverso un’app dedicata e la tecnologia NFC è persino possibile condividere l’auto, in famiglia o all’interno di un piccolo network di amici o colleghi, ottimizzandone l’utilizzo, soprattutto in ambiente business.

Quale utilizzo avete fatto della realtà aumentata? La realtà aumentata e la navigazione predittiva analizzano le abitudini e suggeriscono possibili destinazioni in tempo reale, consigliando anche hotel e ristoranti. Il conducente ha un supporto in più in caso di necessità: non ha bisogno di guardare la mappa e interpretarla perché c’è una telecamera che inquadra lo scenario, mentre sul display appare l’immagine integrata con la segnaletica e una freccia virtuale che indica la direzione. Se ci sono segnali di lavori in corso, la vettura li “legge” e indica i nuovi limiti. In tal caso, con la guida assistita, la velocità diminuirà automaticamente. Inoltre, attraverso il protocollo Car-to-X, è in grado di segnalare eventuali situazioni di pericolo e incidenti. In futuro, grazie alla realtà aumentata, si potranno anche attivare offerte e servizi.


INCONTRI CON Insomma, avete creato vere e proprie supercar. L’automobile, dopo la casa e l’ufficio, è considerata il terzo living, per questo c’è l’esigenza di creare continuità rispetto alla vita relazionale quotidiana con informazioni che però non disturbano la guida, perché la sicurezza è un fattore per noi imprescindibile. Questo è il futuro: l’automobile come spazio vitale perfettamente integrato nell’Internet of Things.

In questo pacchetto non poteva mancare la diagnostica predittiva: quali sono le applicazioni in uso? Attraverso Mercedes Me, la macchina è connessa e comunica al concessionario le proprie esigenze. Quest’ultimo, a sua volta, informa il cliente. È un sistema che facilita la vita di entrambi, anche perché la diagnostica predittiva limita al minimo i tempi di fermo vettura rispetto ai programmi standard.

L’alta tecnologia richiede sempre più spesso delle conoscenze che chi acquista non ha. Un aspetto che riguarda anche chi lavora nell’assistenza: come risolvete questo problema? Dobbiamo fare in modo che la tecnologia sia semplice nella fruizione, anche se complessa nella progettazione: questa è la logica che ha guidato Mercedes-Benz. Molte novità sono state introdotte nel momento in cui ci siamo resi conto di poterle mettere a disposizione del cliente in maniera accessibile. Meccanici e venditori devono avere competenze sempre più vaste, ora c’è più distinzione nei ruoli professionali. Prima il venditore era l’unico referente di chi acquistava, oggi abbiamo introdotto nuove figure come ad esempio il Product Expert che ha il compito di guidare il cliente in una vera e propria esperienza di acquisto. Per questo, la formazione è fondamentale. La sviluppiamo anche attraverso importanti progetti di recruitment come Mercedes Vivaio che mette in relazione giovani di talento con l’offerta di lavoro della nostra Rete di concessionarie.

Lorenzo Caputi Product Manager Connected Services Mercedes-Benz Italia 27 anni, in Mercedes-Benz Italia da quattro. Negli ultimi due anni lavora all’interno del team CASE, acronimo che identifica la strategia Daimler per una mobilità sempre più connessa, autonoma, condivisa, integrata attraverso servizi intelligenti ed elettrica. Si occupa principalmente dei sistemi di connettività e dello sviluppo nel mercato Italia della mobilità elettrica e dei relativi prodotti e servizi. Nella sua precedente esperienza ha ricoperto il ruolo di Product Manager Smart.

In quale modo viene gestita e tutelata l’enorme mole di dati raccolti dai vostri sistemi? Con un sistema proprietario, i dati non sono ceduti a terzi e la sicurezza informatica è ai massimi livelli. Vale anche per noi dipendenti che utilizziamo sistemi criptati e cloud avanzati.

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SMACTATHOS CAUCHIOLI Trasformazione digitale a portata di azienda Il raccordo tra Ricerca e impresa per favorire lo sviluppo tecnologico

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INCONTRI CON SMACT Il compito è preciso: portare le aziende nel futuro. SMACT, il Competence Center del Triveneto, fa da raccordo tra il mondo della Ricerca e quello dell’impresa. L’acronimo che dà il nome alla società – che mette insieme 40 tra enti pubblici ed imprese – chiarisce le tecnologie di cui si occupa: social, mobile, analytics, cloud e internet of things. Fabrizio Dughiero è il Presidente del Consiglio di gestione. Presidente, quale è stato il percorso che ha portato alla nascita di SMACT? Siamo uno dei Competence Center promossi dal Ministero dello Sviluppo economico e parte di una rete di 8 centri in Italia, la cui attività si appresta a entrare nel vivo. Ma ci differenziamo dagli altri: le tecnologie

SMACT e gli altri centri di competenza devono permettere alle aziende di toccare con mano le nuove tecnologie di Industria 4.0, rendendole fruibili. abilitanti che mettiamo a disposizione delle piccole e medie imprese sono definite dall’acronimo SMACT, pur avendo una particolare spinta per l’internet delle cose. Le esigenze di digitalizzazione delle aziende, infatti, sono state recepite dal MiSE con il piano Industria 4.0. L’ex ministro Carlo Calenda decise di attivare finanziamenti, con le formule del super ammortamento e dell’iper ammortamento, per supportare le imprese negli investimenti in macchinari con le tecnologie previste dallo stesso piano. Sin dall’inizio è stata individuata come cruciale l’attività di orientamento, formazione e sviluppo di progetti di innovazione e ricerca industriale. Questo

perché le nostre imprese, non solo le piccole e medie ma anche quelle grandi, sono tendenzialmente in ritardo nel processo di trasformazione digitale. In questo contesto, i Competence Center hanno l’obiettivo di far conoscere alle aziende le tecnologie digitali e illustrarne l’utilizzo concreto per aumentare la produttività e sviluppare nuovi modelli di business.

Da parte del mondo produttivo c’è la consapevolezza dell’importanza di questo cambiamento? Finora solo il 22% delle piccole imprese, il 30% delle medie e non più del 40% delle grandi ha avviato un percorso di trasformazione digitale. Chi non si adeguerà rischia di trovarsi in difficoltà. Ecco perché è fondamentale l’attività di orientamento: SMACT e gli altri Centri di Competenza devono permettere alle aziende di toccare con mano le nuove tecnologie di Industria 4.0, rendendole fruibili. Noi ci rivolgiamo alle aziende a partire dalle Pmi con 30-40 dipendenti. Stiamo cominciando a ragionare con le associazioni di categoria, perché possano esserci piani comuni a più operatori. Non solo: i nostri progetti godranno di un cofinanziamento da interventi del MiSE e saremo in grado, attraverso bandi di evidenza pubblica, di cofinanziare determinati interventi fino al 50%.

Tra gli ambiti di azione, riservate particolare attenzione all’Internet of Things (IoT). Come si svolge in concreto il vostro lavoro? Ci rivolgiamo alle aziende con questi precisi obiettivi: orientamento, formazione, progetti di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo. Nello specifico dell’internet delle cose, il nostro compito è far capire alle aziende quale uso poter farne: IoT, ad esempio, significa anche manutenzione predittiva. E allora occorre ragionare su un progetto e utilizzare i sensori adeguati che poi produrranno dati. All’azienda servirà una persona che conosca quella tecnologia e che valuti i dati per estrarne risultati utili. In sintesi: i sensori IoT collegati producono dati, il cloud li raccoglie, analytics li elabora, chi li studierà avrà poi il compito di tradurli in azioni concrete nei confronti del processo o del prodotto.

Qual è il vostro valore aggiunto e perché un’azienda dovrebbe credere in voi? 33


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Un’impresa ha bisogno di qualcuno che abbia le competenze specifiche per accompagnarla in un determinato percorso di progettazione. Quel qualcuno è costituito dai nostri ricercatori universitari. SMACT è in grado di predisporre un progetto di innovazione basato sulle richieste dell’azienda stessa dall’inizio alla fine e per tutte le componenti: ricerca, software e anche hardware, grazie alla partnership con realtà del settore. Non si tratta soltanto di rendere operativi progetti di innovazione e farli diventare processo o prodotto. SMACT è in grado di fornire un pacchetto “chiavi in mano”, formando anche il personale. Questo perché non ha senso avviare un processo di innovazione senza avere personale formato capace di gestire i cambiamenti.

La collaborazione tra università e imprese è indice di innovazione da parte di entrambe? Il coinvolgimento delle università è da decenni prassi nei Paesi anglosassoni, in Italia arriviamo in ritardo. Il ruolo degli atenei è fondamentale: i Competence Center fanno da ponte tra università e impresa in modo da creare un vero ecosistema di open innovation. Inoltre, la risposta del mondo universitario è stata ottima e siamo riusciti a riunire tutte le 9 università del Triveneto.

Cosa può raccontare dei progetti in essere e di quelli futuri? Per noi è fondamentale la costruzione delle live demo: per dimostrare sul campo come funzionano le tecnologie dobbiamo creare dei veri “casi scuola”, in modo che un’azienda possa vedere un processo e capire come utilizzare i dati. Abbiamo raccolto le segnalazioni delle aziende partner per capire quali strade percorrere. Lavoriamo su idee interessanti dall’IoT alla manutenzione predittiva fino al a riconoscimento vocale. Si tratta di sfide importanti per i ricercatori delle nostre università.

Fabrizio Dughiero Presidente del Consiglio di gestione SMACT Come professore ordinario di Elettrotecnica e Elettrotermia, insegna Electromagnetic processing of Materials al corso di Laurea in Ingegneria elettrica e dei materiali all’Università di Padova. I suoi principali interessi scientifici sono nel campo dell’Elettrotermia e nelle applicazioni di questa disciplina in ambito industriale e domestico. Negli ultimi anni l’attività di ricerca si è rivolta anche alle energie rinnovabili e all’uso dell’EPM (Electromagnetic Processing of Materials) nella catena di produzione del silicio per applicazioni fotovoltaiche. 34 34


INCONTRI CON

Innovare creando sinergie con le università: Eurosystem entra in SMACT Eurosystem entra a far parte di SMACT. Perché questa scelta? Siamo un’azienda di consulenza informatica nata a Treviso 40 anni fa; non potevamo trascurare un progetto di tale portata sul territorio. Soprattutto in questi ultimi anni, in cui siamo diventati un Gruppo di più società, abbiamo capito l’importanza del confronto e dell’apertura verso l’esterno. Diverse competenze da cui nascono nuove sinergie: è il motivo che ci ha spinto a diventare soci di SMACT. Da diverso tempo ci rivogliamo alle aziende con un’offerta software sulle soluzioni per l’Industria 4.0: le nostre competenze come software house sono il punto di partenza per questa collaborazione. Qual è il primo progetto a cui volete dar vita con questa collaborazione? Grazie al sostegno delle ricerche universitarie, lavoreremo per la creazione di un nuovo modello organizzativo legato alla vendita che possa essere sfruttato dalle aziende specializzate in lavorazione e vendita del caffè. In questo modello sarà centrale il ruolo del nostro software gestionale Freeway® Skyline, grazie al quale verranno coordinati i processi di automatizzazione. Da anni infatti sviluppiamo con successo questo software dedicato alle aziende del caffè. L’obiettivo è far sì che la Business Intelligence diventi driver di innovazione per la torrefazione del futuro, attraverso una reingegnerizzazione dei processi (BPM). Quali step e quali obiettivi per questo progetto? Abbiamo tradotto tutte le nostre idee in questi obiettivi: avviare un processo per valutare la ridefinizione dei modelli di business nel settore delle torrefazioni; predisporre strumenti di analisi, predizione e automazione innovativa; fornire una piattaforma

cloud-centrica per la filiera cliente, fornitore, terzista; creare percorsi di studio mirati a formare risorse con competenze specializzate. Quali sono i vantaggi di collaborare con le Università? Qui si parla di 8 atenei, 2 centri di ricerca, la Camera di Commercio di Padova e 28 aziende di Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Quindi un team molto vasto dal cui confronto non possono che nascere progetti innovativi. Sicuramente il fronte “Università - Ricerca” è quello più vivace, ma l’unione di diverse realtà e competenze è la vera chiave di volta per far crescere la cultura digitale delle imprese attraverso nuove soluzioni e un’adeguata formazione. Si pensi alla forza di 155.000 studenti, 6.000 ricercatori e 300 brevetti, che assicurano competenze e know-how, unita all’esperienza sul campo delle imprese: crediamo che questo sia il modo giusto per avviare su grande scala l’innovazione digitale delle aziende, fino ad oggi diffusasi in modo frammentario e disomogeneo.

Giuseppe Mussi Software Sales Director di Eurosystem SpA


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AKITE L’IA al servizio del mondo retail L’apertura mentale come mezzo per il successo In principio c’era il cloud e la difficoltà di comprendere perché fosse così importante. Oggi succede lo stesso con l’Intelligenza Artificiale, di cui si fatica a comprendere la potenzialità. Il CEO di BEDIN Shop Systems Srl ci racconta la sua esperienza nell’azienda che ha fondato, specializzata in soluzioni di retail management. La sua idea è che le aziende potrebbero migliorare organizzazione e profitti se solo si fidassero un po’ di più della tecnologia.

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INCONTRI CON aKite In base alla sua esperienza, in che modo l’Intelligenza Artificiale e il cloud stanno cambiando il mondo del retail? Quando un computer, tramite l’IA, può fare velocemente e a basso costo ciò che fino a pochi anni fa solo un umano poteva fare, non cambia solo il retail ma il mondo intero. Nata negli anni ’50, l’IA è esplosa solo recentemente soprattutto per merito del cloud, che mette a disposizione enormi volumi di dati e grandi capacità di calcolo a basso costo. Sono questi gli ingredienti necessari per fare delle predizioni rispondendo a domande come: “A quali prodotti può essere interessato uno specifico cliente oggi?”, “In quanti giorni si esauriranno le scorte di un determinato prodotto in questo negozio?” oppure “Quante persone sono entrate, e di queste, quanti maschi e femmine?”. Ma le predizioni veloci e a basso costo rivoluzioneranno qualunque settore. È quindi facile dedurre come l’Intelligenza Artificiale sia nel mondo retail una leva per il marketing e per una migliore organizzazione logistica e delle tempistiche. Un aumento dei dati a propria disposizione significa maggiori profitti e soddisfazione dei clienti.

l’IA è ancora una novità e i vantaggi non appaiono così immediati alle aziende.

Quanto l’IA sta penetrando nel business e nella cultura delle aziende anche di piccola dimensione? Tutti dovrebbero informarsi senza preconcetti. I grandi salti tecnologici necessitano cambi di paradigma, visioni radicalmente nuove che richiedono esplorazione ed apprendimento, investimenti che inizialmente vengono affrontati dalle grandi aziende. Fortunatamente il cloud ha anche introdotto il concetto di servizio software di alta qualità e basso costo, facile da usare e senza investimenti iniziali e quindi a misura di piccole imprese. Il problema riguarda più l’apertura mentale che il budget. Per noi, come fornitori di servizi, i vantaggi sono molto chiari, così come è stato all’avvento del cloud. Ma l’IA è ancora una novità e i vantaggi non appaiono così immediati alle aziende.

Parliamo del mondo B2C: quanto è importante per un punto vendita condividere dati con facilità sia all’interno dell’azienda che all’esterno? Internet, senza cui non ci sarebbe stato il cloud, ha velocizzato la collaborazione tra imprese e ne ha ridotto i costi. I rapporti con fornitori e clienti sono dei punti di frizione che consumano risorse. La vecchia informatica si curava più dei rapporti interni all’azienda

Wladimiro Bedin CEO and Founder BEDIN Shop Systems Srl Laureato in Ingegneria Elettronica a Padova, dopo un periodo di ricerca scientifica presso i laboratori della KDD a Tokyo, consegue un Master in Organizzazione Aziendale al CUOA. A seguito di un’esperienza nel settore commerciale, nel 1988 fonda BEDIN Shop Systems Srl, specializzata nel software per il retail. L’azienda è sempre stata caratterizzata dall’innovazioni continua, dalle interfacce grafiche a .NET, dal SaaS nativo cloud fino all’IA. Tra i riconoscimenti: la citazione come uno dei cinque migliori esempi di cloud computing al Congresso WPC di Washington nel 2010; il Premio Nazionale per l’Innovazione nel 2011 e l’Assintel Award nel 2015. È stato speaker a vari eventi internazionali tra cui il “World CIO Forum” a Xi’an in Cina nel 2014.

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che di quelli con l’esterno, tanto che potrebbe essere definita “introversa”. Il cloud computing ha reso popolari le API (Application Programming Interfaces) che consentono l’interoperabilità al di là del sistema operativo, dell’applicativo e della distanza. La sempre più indispensabile collaborazione con l’esterno diventa così veloce ed economica. Faccio degli esempi: un negozio ora può fare degli ordini che entrano automaticamente nei sistemi dei fornitori oppure far arrivare informazioni utili su promozioni ed eventi ad ogni cliente.

aKite è un software capace di rimuovere molte complessità per i negozi. Il segreto è quindi il cloud? aKite è la nostra quinta generazione di software per la gestione dei negozi, indipendenti e in catena. È stato il primo cloud-native SaaS per il retail perché riprogettato da zero per sfruttare tutti i vantaggi di una moderna piattaforma di cloud computing. Uno dei pilastri del progetto è stata la ricerca della massima semplicità per chi opera nei punti vendita a partire da installazione, aggiornamenti e interfaccia. L’affidabilità ha fatto un salto avanti con la scelta di tenere nel punto vendita solo le tecnologie necessarie e spostando sul cloud tutto il resto: in questo modo si evitano interruzioni di servizio e quindi di vendita. La riprogettazione su PaaS (Platform as a Service) consente una gestione dei guasti senza interruzioni, una flessibilità di adattamento delle risorse al carico di lavoro e il mancato fermo delle l’attività durante gli aggiornamenti.

Come azienda, lavorate da oltre 10 anni nello sviluppo di questo software e l’esperienza vi ha portato ad introdurre l’Intelligenza Artificiale. Anche in questo caso il cloud ha avuto un ruolo fondamentale? Prima del cloud, l’Intelligenza Artificiale era materia da scienziati. Il cloud, come dicevo, ha reso facilmente disponibili due ingredienti fondamentali: dati e potenza di calcolo; ma soprattutto ha trasformato l’IA in servizio pay-per-use.

In cosa consiste quindi la recente soluzione e quali sono i nuovi servizi che offrite? aKite gestisce sia il Front che il Back Store dei negozi: in altre parole sia i punti cassa che la gestione delle statistiche, del magazzino, riordini a fornitori, ecc. Si 38

tratta delle funzionalità classiche di un RMS (Retail Management System) che può essere integrato con ERP centrale per le catene medie o grandi. La novità di aKite è la semplicità a tutti i livelli e l’ottimo rapporto prezzo/ prestazioni, ma soprattutto l’essere cloud-native. Con l’esplosione dell’IA sul cloud, è stato piuttosto naturale rimettermi a studiare le possibili integrazioni tra i nostri servizi e quelli “cognitivi”.

Ci racconti di alcuni progetti cliente in cui l’IA ha avuto un ruolo determinante. Con la catena Excelsa di Bergamaschi & Vimercati SpA, che opera nel settore dei casalinghi con una quindicina di negozi in rapida espansione, abbiamo realizzato due progetti. Il primo sono le liste di raccomandazione, rese universalmente popolari da Amazon: ovvero chi compra il prodotto A di solito compra anche B e C. Per ora queste informazioni sono a disposizione delle commesse per consigliare acquisti aggiuntivi; il passo successivo sarà quello delle promozioni su misura per il singolo cliente. Il secondo progetto è un chat bot per l’auto registrazione dei clienti, da tablet in negozio, al programma fidelity senza la consegna di card (scomode per i clienti, specialmente per i negozi con frequenza di visita media o bassa) e conferma del consenso via mail per un’assoluta aderenza al GDPR. Anche questo è progettato per sviluppi futuri, come l’interazione vocale e la funzionalità di info-point. Non bisogna essere grandi aziende per attuare questi progetti; basta apertura mentale e voglia di osare.


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HUMAN RESOURCES 4.0 Soft skill nel mondo del lavoro e del futuro

Lisa Franzoso, HR Manager: lavorare su se stessi come chiave per acquisire valore domani

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INCONTRI CON Human Resources 4.0 La sfida imposta da automazione e intelligenza artificiale fa sì che le competenze trasversali, soft o human skill, abbiano spesso la meglio sulle competenze tecniche, hard skill. Le macchine possono prendere il nostro posto su moltissime attività professionali. Così acquisiscono sempre più valore la capacità di lavorare in team, la creatività, l’empatia e l’analisi. Ce ne parla Lisa Franzoso, HR Manager.

Nell’epoca di automazioni e intelligenza artificiale, sarebbe bello poter prevedere oggi cosa studiare per entrare nel mondo del lavoro di domani. Come cambieranno secondo lei le figure professionali? L’accelerazione dei cambiamenti nel mondo tecnologico sta conducendo e condurrà sempre più velocemente a significativi mutamenti anche nel mondo del lavoro. Domani, l’automatizzazione e il cloud porteranno le macchine a replicare fedelmente azioni umane, anzi saranno dei veri e propri concorrenti: pensiamo ad esempio alle macchine che si sostituiscono ai chirurghi nelle operazioni, o i robot che fanno servizio al tavolo nei locali. E, forse, non riusciamo ancora ad immaginare tanti altri ambiti di applicazione, tanti altri lavori “a rischio”, a causa di una futura concorrenza a bassi costi operativi. Inoltre l’accesso immediato a procedure e dati è un punto di forza senza paragoni per i sistemi intelligenti, che da questi potranno attingere per simulare comportamenti umani. I lavori del futuro saranno necessariamente basati su competenze strategiche che distingueranno l’essere umano dal robot, quindi strettamente legati ad analisi complesse, interpretazioni, attività creative e di ingegno, come attività legali, ingegneristiche e di ricerca scientifica.

Lisa Franzoso HR Manager di Eurosystem SpA Laureata in Scienze Politiche ad indirizzo Politico-Sociale all’Università degli Studi di Padova, consegue poi due Master: il primo in Comunicazione Aziendale e il secondo in Gestione, Amministrazione e Sviluppo delle Risorse Umane. Nasce come formatore ed head hunter per approdare alla totalità del People Management. Pluriennale esperienza in ruoli HR all’interno del settore IT, sostiene ed applica metodi innovativi nell’ambito dell’organizzazione aziendale e nella gestione delle Risorse Umane.

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Digitalizzazione fa rima con semplificazione: in uno scenario professionale in cui la tecnologia semplifica e velocizza le operazioni più ripetitive a tutti i livelli aziendali, quali sono le competenze da valorizzare e che le aziende si stanno preparano a cercare? Come spiegato, l’uomo sarà sostituito da macchine nelle attività lavorative che comportano perlopiù standardizzazione e ripetizione. È qui che le competenze trasversali avranno maggiore impatto ed acquisiranno ulteriore peso e valore. Per distinguersi nel mondo del lavoro, ai veri protagonisti serviranno forti soft skill, come pensiero analitico e sistemico, creatività, spirito di iniziativa, analisi critica, problem solving, leadership, intelligenza emotiva. Tali competenze sono già di grande rilevanza oggi e lo saranno ancora di più nel futuro, in maniera evoluta. Quello che il mercato richiede alle aziende, e quindi indirettamente ai propri collaboratori, è di riuscire a far fronte al cambiamento repentino che ha caratterizzato l’ultimo decennio e che avrà un’impennata negli anni avvenire. Per far fronte a questa richiesta sarà necessario sviluppare flessibilità e propensione al nuovo.

Dati evidenziati da LinkedIn e dal World Economic Forum concordano sulla sempre maggiore rilevanza delle soft skill nelle ricerche da parte dei recruiter. Come HR Manager, conferma questa tendenza?

Quello che il mercato richiede alle aziende, e quindi indirettamente ai propri collaboratori, è di riuscire a far fronte al cambiamento repentino.

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Assolutamente. In questo momento lo stress, generato dal lavoro effettivo e dal cambiamento delle nostre abitudini mentali, fa spesso da padrone nella vita di ognuno di noi. Con l’evoluzione tecnologica e l’esplosione di Internet e dei social media soprattutto, la mente è continuamente bombardata da informazioni, trovandosi a passare da uno stimolo all’altro in maniera molto celere. Il cervello, in quanto neoplastico, si è fisiologicamente adattato a questa tipologia di ricezione; quindi diventa un plus essere in grado di focalizzarsi sul lavoro, acquisendo consapevolezza nello svolgimento delle attività quotidiane e professionali. In questo contesto può risultare difficile capire a cosa dare priorità e come evitare stati d’ansia. Qui gioca un ruolo importante la capacità di gestire lo stress e di conseguenza il conflitto, poiché in contesti di tensione dovuti al senso di inadeguatezza che caratterizza le fasi di cambiamento, diventa imprescindibile maturare self control ed empatia. Per quanto concerne l’area emozionale, altre competenze fondamentali sono la gestione delle incertezze e delle difficoltà, nonché la capacità comunicativa e collaborativa. Ulteriori soft skill dell’area gestionale che non possono mancare sono capacità organizzativa e di pianificazione, grazie alle quali sarà possibile concentrarsi sul lavoro andando a definire priorità, tempi e metodi. Questo ci permetterà di essere più concreti negli output e sentirci meno inadeguati.


INCONTRI CON

Mai come ora, la flessibilità, cioè la capacità di saper cogliere quando è necessario mutare e adattarsi a nuovi contesti […] è un requisito comportamentale essenziale.

L’80% dei professionisti delle risorse umane intervistato da LinkedIn afferma che le soft skill sono sempre più importanti per il successo aziendale; mentre l’89% evidenzia una mancanza di soft skill tra i dipendenti meno produttivi della propria organizzazione. Anche lei si collocherebbe in queste maggioranze? Per quanto riguarda la prima domanda, tendenzialmente sì. Uso questo avverbio perché concordo con la maggioranza solo nel caso in cui si tratti di giovani risorse, ovvero dai neolaureati ai collaboratori di 30-35 anni. Sopra questa fascia, invece, ritengo che la proporzione tra hard e soft skill debba essere fifty-fifty, perché l’esperienza capitalizzata negli anni deve avere un peso determinante nelle capacità tecniche in possesso. Rispetto alla seconda domanda, invece, sono pienamente d’accordo: benché non sia plausibile che una risorsa senior sia priva di competenze tecniche, non possono mancare anche quelle comportamentali. Qualora risultassero preponderanti le competenze tecniche, queste stesse verrebbero automaticamente svalutate in mancanza di altrettanto forti human skill: ad esempio in assenza di capacità comunicative e collaborative, abilità di leadership e spirito di iniziativa si rischia di arrivare ad un rallentamento del business seppur dotati di competenze tecniche forti.

Creatività, intelligenza emotiva, gestione dello stress, comunicazione efficace, problem solving. Ci dica cosa non deve mancare nelle risorse che guardano al futuro.

Prima di tutto l’intelligenza emotiva, la capacità di gestire le proprie e altrui emozioni, adattandosi agli interlocutori con empatia. Poi sicuramente capacità di analisi e risoluzione dei problemi complessi diventano particolarmente importanti in un mondo di continui stimoli e conseguente stress, nel quale siamo sommersi da urgenze, cambiamenti, priorità mutevoli e infiniti task. Ricordiamoci che le aziende sono fatte di persone, quindi per la vita, l’efficacia e la funzionalità dei team sono fondamentali soft skill come la capacità comunicativa e di collaborazione, nonché la leadership. Risultano particolarmente focali e distintive dell’essere umano doti creative e di spirito d’iniziativa (inteso come capacità di influenzare attivamente gli eventi, di pilotarli e progettarli). Infine, devono entrare a far parte della mentalità di tutte le risorse la propensione al nuovo e al cambiamento. Dobbiamo consapevolizzarci sul fatto che l’azienda è un ecosistema, e non si può settorializzare qualsiasi decisione o strategia, bensì è necessario contestualizzare ogni azione, valutandone impatti e rischi a livello globale. Questo è sicuramente un presupposto per un’organizzazione sana che si presenta al futuro con un aspetto vincente. Mai come ora, il pensiero sistemico, il pensiero prospettico e la flessibilità, cioè le capacità di possedere una visione d’insieme, essere in grado di prevedere l’andamento dei fenomeni e saper cogliere quando è necessario adattarsi a nuovi contesti, sono soft skill essenziali. Iniziamo subito a lavorare su noi stessi e dimostriamo il nostro valore come persone uniche e inimitabili per prepararci a non perdere mai la nostra appetibilità nel mondo del lavoro di domani

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GRUPPO EUROSYSTEM 40 anni di innovazione La nostra corsa verso il futuro 44


INCONTRI CON gruppo Eurosystem Negli ultimi tre anni: quattro aggregazioni societarie, un incremento del personale del 50%, l’ingresso nei progetti SMACT per la digitalizzazione e in ELITE di Borsa Italiana. Sono i numeri del gruppo Eurosystem, che in questo 2019 ha compiuto 40 anni di storia, dedicando due importanti momenti di festeggiamento alle persone che più hanno contribuito a questo traguardo. Collaboratori e clienti sono stati i protagonisti di due eventi, a Lazise e a Venezia, con i quali il Gruppo ha voluto fare il punto sul percorso in atto e sui numerosi progetti per il 2020.

27 settembre, Venezia Una storia di tecnologie e persone che creano il futuro Dal 1979 al 2019. Sono quattro le decadi di evoluzioni che hanno rivoluzionato il modo di fare impresa e approcciare il mercato, di cui Eurosystem è stata soggetto protagonista e facilitatore. La società, tra le prime a portare Internet nel territorio e a dotare le imprese venete dei sistemi di automazione per le attività aziendali, guidata dal presidente Gian Nello Piccoli, ha presto valicato le frontiere del Veneto diventando uno tra i principali integratori di sistemi del Nord e Centro Italia, nel mercato delle soluzioni software per l’Industria 4.0, della digital transformation, dei sistemi e servizi IT. Negli ultimi tre anni, quattro sono state le aggregazioni realizzate (Nordest Servizi Srl di Udine, Estecom Srl di Ferrara, SDTeam Srl di Firenze, securbee Srl di Udine); sei le sedi aziendali consolidate, di cui cinque collocate fuori regione tra Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Toscana; 50% la percentuale di aumento del personale, che oggi conta 150 risorse. Senza dimenticare l’assorbimento di risorse e competenze del marchio OPT Solutions, specializzato nello sviluppo di soluzioni MES e APS per la pianificazione della produzione. Una crescita che arriva da un piano ambizioso e ben programmato che negli ultimi anni ci ha visti impegnati in operazioni di aggregazioni su tutto il territorio italiano, di riorganizzazione manageriale, di investimento nel capitale umano e in progetti sperimentali di innovazione di prodotto che non sembrano deludere le attese.

Il 2020 sarà un anno cruciale per completare i progetti di consolidamento della presenza nel Nord e Centro Italia.

Tra le iniziative intraprese per costruire una realtà di eccellenza, nel 2018 abbiamo fatto ingresso nel progetto di formazione manageriale ELITE di Borsa Italiana e nel 2019 siamo diventati soci SMACT, il primo 45


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Competence Center del Triveneto nato per favorire la collaborazione tra ricerca e impresa nelle tecnologie di Industria 4.0. “Entrambi i progetti nascono proprio da questa consapevolezza, – commenta Gian Nello Piccoli, presidente di Eurosystem SpA – che al centro dell’innovazione ci sono le persone e la loro abilità nel cambiamento”.

“Il 2020 sarà un anno cruciale – aggiunge Piccoli – per completare i progetti di consolidamento della presenza nel Nord e Centro Italia con l’aggregazione di altre due o tre realtà aziendali del valore di 3-4 milioni e per lo sviluppo di un progetto di internazionalizzazione nell’area dell’Est Europa e della Cina. Per questo motivo siamo orgogliosi di aver festeggiato una storia che è in continua evoluzione e per il cui successo dobbiamo ringraziare i nostri clienti, le persone che da decenni rinnovano la fiducia in noi e nel nostro progetto. A loro dedichiamo i festeggiamenti e questa storia”. È per questo che ci siamo riuniti il 27 settembre nella prestigiosa cornice dell’Hotel Monaco & Grand Canal a Venezia: per condividere i festeggiamenti di questo traguardo con clienti, player del panorama tecnologico internazionale, università e istituzioni. Ed è qui che si è parlato di un territorio energico e produttivo, di una realtà d’eccellenza e di strategie innovative.

La forza delle aziende nel Nord Est Lo ha spiegato Maria Cristina Piovesana, presidente di Assindustria Venetocentro Imprenditori Padova

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INCONTRI CON Treviso, nel corso dell’evento di gala: infatti all’interno di un’economia in rallentamento in tutta Europa, Italia compresa, i segnali migliori arrivano da qui. Il Nord Est si conferma ai vertici nazionali per valore aggiunto ed esportazioni, parte di quel nuovo triangolo economico tra Milano, Bologna e Treviso, dove viene realizzata una parte sostanziale del PIL del Paese. “Qui infatti – commenta la presidente Piovesana – è attiva un’economia industriale forte e competitiva in più settori, accompagnata nei processi di digitalizzazione e riorganizzazione strategica da qualificate imprese dell’IT come quelle del gruppo Eurosystem”. La cultura dell’innovazione 4.0 deve entrare nel bagaglio professionale dei collaboratori ed è essenziale che i suoi obiettivi siano condivisi: “il capitale umano diventa un fattore essenziale in questa sfida perché solo l’intelligenza e la capacità di adattamento delle persone permetteranno di gestire la crescente complessità” conclude Piovesana.

Come rimanere competitivi ed eccellenti per 40 anni Ha risposto a questa domanda un altro relatore dell’evento, Paolo Anfossi, Director at PwC Deals.

Quattro temi caratterizzano le aziende eccellenti: operano in mercati attrattivi in termini di crescita e profittabilità; sono innovative e riescono in tale ambito a battere la crescita media del mercato, caratterizzandosi per marginalità operativa sopra la media; hanno un management team forte e leadership condivisa; hanno significative opportunità di investimento soprattutto in ambito di consolidamento dell’offerta di settore con ROI prospettico alto e superiore a quello del settore nel passato. “Eurosystem – commenta Anfossi – è riuscita in questi anni a focalizzare la propria offerta in specifici settori industriali a significativo valore aggiunto attraverso un’offerta competence-driven di alto valore tecnologico. Ha creato un team manageriale forte ed unito con una chiara visione sul futuro ed ha perseguito una strategia di crescita rafforzando i fattori storici di successo aziendale. Una fotografia che sposa appieno gli elementi distintivi che noi consideriamo chiave per valutare un’azienda eccellente”.

Vivere a lungo conoscendo sé stessi Secondo Carlo Bagnoli, professore ordinario di Economia Aziendale all’Università Ca’ Foscari di Venezia, il segreto per il successo di un’azienda è proprio quello di perdurare a lungo. Come? “Conoscendo sé stessi, avendo chiara la propria identità, la propria missione e il proprio scopo. Quindi, significa capire il perché della propria esistenza: per questo ho deciso di chiamarle ‘imprese significanti’” commenta Bagnoli. Per spiegare meglio di che aziende si tratta, il professore continua affermando che “le imprese significanti, a differenza di quelle ‘insignificanti’, creano molto valore e si concentrano sulle modalità più efficaci per distribuirlo in maniera equa, convinte che il successo sia nella sua moltiplicazione. In questo modo creano un circolo virtuoso e riescono a creare ancora più valore per clienti e società”.

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INCONTRI CON 18 maggio, Lazise Alle persone che immaginano il futuro “Alle persone che ogni giorno continuano a credere e ad immaginare il futuro con noi dobbiamo dire grazie” – commenta Gian Nello Piccoli, a conclusione della giornata che Eurosystem ha dedicato, nella splendida Dogana Veneta di Lazise, ai propri collaboratori, condividendo con loro i successi raggiunti. Un evento dedicato a raccontare il futuro dell’azienda con quattro parole chiave: cultura digitale, competenze specializzate, mercati verticalizzati e produttività. Un progetto ambizioso quello del Gruppo, che fa leva sulla propositività delle sue squadre. Risorse Umane, Sistemi Informativi, Soluzioni e Servizi tecnologici, Sviluppo Prodotto, Progetti Software, Marketing e Comunicazione, Commerciale: ogni area aziendale ha raccontato la propria visione del futuro sulla scia di un messaggio importante per tutti: “lavoriamo per un obiettivo comune e vogliamo che la visione della società sia condivisa con totalità”.

Doppi festeggiamenti: i 25 anni di Nordest Servizi Lazise è stata la location di un doppio festeggiamento: a compiere gli anni, in questo ricco 2019, infatti, non è stata solo Eurosystem, ma anche Nordest Servizi, una delle società del Gruppo con sede a Udine e focus sui servizi gestiti, che ha compiuto un quarto di secolo. Un’occasione davvero speciale in cui convogliare i risultati di due realtà che da tre anni viaggiano insieme e all’unisono, per continuare a costruire un futuro di innovazione con le persone e per le persone.

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RENTAL BLOG E ASSODIMI Le opportunità del price management nel noleggio Pier Angelo Cantù

redazione@logyn.it

Il noleggio è un settore in crescita e il price management è tra le nuove competenze in uso Uno dei temi più delicati e controversi dell’attività di noleggio è quello legato alla determinazione e all’applicazione dei canoni. Pier Angelo Cantù, giornalista e formatore esperto del settore, spiega come price management e supporto delle tecnologie informatiche permettano alle aziende del noleggio di rimanere competitive. Dall’ammortamento tecnico dei mezzi, all’assorbimento dei costi di gestione corrente; dal valore residuo atteso sulla vendita dell’usato, alla gestione profittevole dei 50

servizi. Sono questi i principali elementi che influiscono sulle scelte della politica di pricing e su cui si innestano altri meccanismi, come l’efficienza dei processi e delle risorse umane. Se a questa logica, aggiungiamo i condizionamenti esterni del mercato e della concorrenza, comprendiamo quanto sia cruciale poter gestire la leva dei prezzi in maniera ampia e dinamica. Una grossa mano ai noleggiatori viene dallo sviluppo degli applicativi gestionali specifici per la gestione delle attività di noleggio, che nel tempo hanno compiuto passi


INCONTRI CON Rental Blog e Assodimi disposti a pagare. L’obiettivo della compagnia aerea è massimizzare e ottimizzare il volume di affari; il nostro è ottenere il servizio che ci serve. Il prezzo sarà il punto di equilibrio tra la domanda e l’offerta. Vi siete accorti che in questo modo i voli sono sempre pieni?

L’applicazione del price management nel noleggio Anche nel noleggio abbiamo a che fare con la gestione dinamica dell’offerta. Facciamo un esempio: se nei prossimi giorni è prevista un’eccezionale ondata di pioggia, è molto probabile che il noleggiatore avrà una minore richiesta di macchine per movimento terra, mentre assisterà ad un incremento della domanda relativa alle pompe idrovore. Quello che al noleggiatore importa è la possibilità di agire in modo dinamico per ottenere dei noleggi a fronte di un canone che si modifica senza alterare la dinamica della domanda. La condizione meteo è solo una delle variabili. Di seguito, alcuni ambiti di applicazione possibili per il price management nel noleggio, che esaltano lo sviluppo della tecnologia al fine di perseguire obiettivi di massimizzazione dei ricavi.

da gigante. Oggi possiamo trovare reportistiche più attinenti, che scaturiscono dalle analisi dei dati, raccolti e inseriti attraverso le transazioni. Il più importante di questi è forse quello che presidia gli aspetti di price management, cioè l’area di gestione della redditività conosciuta anche come yield management o revenue management.

Cosa intendiamo per price management L’esempio più attinente per comprendere la logica della gestione dinamica della redditività è la tariffazione in tempo reale applicata dalle compagnie aeree low cost. Su un volo possiamo essere seduti a fianco di qualcuno che ha pagato la metà del prezzo che abbiamo pagato noi per ottenere lo stesso servizio. Come è possibile? Un complesso algoritmo interviene nel sistema di gestione e rileva l’importanza della nostra richiesta in base alle capacità disponibili dei posti a sedere, comprendendo con una certa esattezza qual è il prezzo che siamo

1. Canone meritocratico È uno dei campi più interessanti dello yield management applicato al noleggio, soprattutto in funzione della fidelizzazione di una clientela che per sua natura è “volatile”, ma che può essere ancorata al noleggiatore attraverso il riconoscimento della correttezza d’uso. Se il cliente ha usato le macchine in modo virtuoso, perché non riconoscergli una quota di questo valore, nell’ottica di orientare verso l’organizzazione le sue richieste in modo permanente?

2. Spostamento tematico della negoziazione La gestione dinamica dei prezzi permette di non focalizzare la trattativa commerciale sul solo prezzo nominale, lasciando al cliente l’onere della scelta in base ad altri parametri: riflessi meteo, pianificazione corretta dei mezzi di lavoro, ecc. In questa logica sarà anche più semplice inserire i concetti legati al Total Cost Of Ownewrship, anch’essi utili a distogliere lo sguardo dal puro canone nominale, spostando il focus dal prezzo pagato al valore ottenuto. 51


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3. Gestione delle informazioni La raccolta e l’analisi dei dati, possibile attraverso la gestione dinamica delle richieste, conferisce informazioni preziose e precise sul comportamento del cliente, utili allo sviluppo strategico dei servizi offerti dal noleggiatore e nelle attività di differenziazione dalla concorrenza.

4. Ampiezza della scelta Consentendo al cliente una corretta valutazione del prezzo che egli è disposto a pagare di volta in volta per ogni singolo noleggio, lo stesso cliente arricchirà il proprio spettro di argomentazioni per valutare l’utilizzo dei servizi. Poter scegliere tra diverse opzioni in una logica dinamica ben argomentata, piuttosto che confrontarsi con una staticità di prezzi, incoraggia il cliente.

5. Gestione della relazione Il governo del price management, legato all’estensione tecnologica dell’architettura informatica, consente la rilevazione di tutti i comportamenti eseguiti dal cliente sul mezzo noleggiato (accensione, spegnimento, ore di utilizzo, gestione dei crash…) evitando le lunghe ed estenuanti discussioni generate quando questi comportamenti non vengono rilevati in maniera oggettiva. Tutto finisce in fatturazione, senza tediosi bracci di ferro per stabilire l’entità dei servizi realmente utilizzati.

6. Migliore gestione delle leve economiche Dato che il prezzo del canone non può formarsi solamente in relazione ai costi che l’impresa sostiene, lo studio puntuale delle logiche della redditività aziendale definisce in modo più preciso anche il “sistema ambiente”. Qui il noleggiatore si trova a operare con una semplice applicazione delle leve tipiche di gestione, quali la “dollar” e la “time” utilisation e la gestione del valore residuo nella vendita dell’usato di fine noleggio.

7. Prenotazioni online In una certa misura, il price management consente il graduale trasferimento del sistema di prenotazioni dei mezzi direttamente sul sito, soprattutto per quella domanda di routine o priva di un reale valore aggiunto consulenziale; oppure conseguente alla fidelizzazione già avviata dei processi con una determinata clientela. 52

Pier Angelo Cantù Direttore di Rental Blog e Rental Academy Prima di diventare Direttore di Rental Blog e Rental Academy, ha lavorato nel settore del credito dove si è occupato di formazione, marketing, gestione reti di vendita e progetti di outsourcing. Nel 2001 ha fondato e diretto la prima rivista italiana interamente dedicata al noleggio, organizzando convegni, ricerche di mercato e fiere di settore. Dal 2007, ha avviato un network di servizi e consulenze integrate per dare soluzione a tutte le necessità della filiera del noleggio professionale. Giornalista da oltre vent’anni, collabora con diverse testate tecniche, economiche e di carattere artistico.


INCONTRI CON

La parola ad Assodimi-Assonolo Intervista a Marco Prosperi, Direttore dell’Associazione nazionale dei noleggiatori e distributori di macchine strumentali Come Direttore di Assodimi, si confronta tutti i giorni con i noleggiatori d’Italia. Che impatto pensa possa avere la possibilità di determinare i canoni nel settore?

8. Prezzi in funzione della segmentazione Ogni segmento di clientela, per settore o per aree geografiche, ha una propria percezione del prezzo corretto da pagare per il noleggio di un mezzo o di un servizio. I sistemi informatici basati su modelli matematici e statistici si sono dimostrati efficaci nella gestione diretta e ottimale di queste variabili, ma anche nel fornire al marketing quei volumi di dati e di analisi utili alla massimizzazione della redditività.

Il parere dell’esperto Sono personalmente convinto dell’importante contributo che il price management può conferire oggi allo sviluppo professionale del noleggio, sia nella solidità dei meccanismi reddituali sia nella gestione di una clientela che, a mio parere, ha sfruttato fin troppo a proprio vantaggio il forte carattere empirico. Un atteggiamento che ha creato un’innaturale pressione al ribasso sui canoni, facendo già troppi danni nel settore. Da questa logica si può e si deve uscire: il recupero dell’efficienza e della competitività si otterranno sempre più su questo terreno, dove le architetture informatiche giocano un ruolo fondamentale.

Il price management rappresenta il futuro del rilancio delle tariffe nel noleggio ed è per certo un tema su cui il settore deve fermarsi a riflettere. È un’opportunità e come tale va colta, pur trovando al momento un mercato non ancora maturo. Non si tratta solo delle aziende di noleggio, ma soprattutto dei loro clienti, che in questo ambito sono ancora poco abituati ad una proposizione di questo tipo. Un’ipotesi affinché l’intera industry maturi è procedere per step, iniziando ad utilizzare questa modalità su canali e piattaforme digitali che possano replicare modelli di offerta dinamica di cui il cliente ha già esperienza, seppure in altri settori come quello delle compagnie aeree.

Quanto sono consapevoli le aziende delle opportunità del price management? Le aziende di noleggio che guardano all’Europa, che in questo ambito ci precede, riconoscono la validità dell’innovazione, ma hanno necessità di tempo per capire come farne una leva di sviluppo del proprio business. Bisogna ricordare che il mercato storico del noleggio è fatto di 5 mila aziende, ma di queste 3500 hanno un fatturato annuo che non supera i 200 mila euro. Questo significa che il 70% del mercato si compone di micro-imprese che viaggiano su pricing di noleggio della macchina molto bassi. In questo scenario, comunicare il valore di una gestione dinamica dei canoni al cliente finale diviene molto difficile. 53 53


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Quali sono le aree di innovazione di maggior impatto? Il tema più caldo per le aziende del noleggio è quello del controllo costante dei costi e dell’ottimizzazione della redditività del noleggio stesso. Entrambi questi temi comportano l’introduzione di sistemi di analisi e semplificazione dei processi. Quindi software di Business Intelligence, ERP, soluzioni per raggiungere l’obiettivo che io chiamo “carta zero”, ossia la digitalizzazione e conseguente archiviazione di tutta la modulistica cartacea, che nel settore ha un peso importante e comporta dispendi onerosi. A questi si aggiungano i sistemi per la gestione della contrattualistica, l’ottimizzazione della resa della macchina e dei dispositivi telematici, sistemi di incentivazione del noleggio. I noleggiatori stanno lavorando in tutti questi ambiti per innovare i propri processi interni; il passo successivo sarà quello di capire che la tecnologia può permettere loro di migliorare notevolmente anche l’esperienza del cliente finale.

Qual è il vostro ruolo nel percorso di evoluzione delle aziende che rappresentate? Marco Prosperi Direttore Assodimi-Assonolo Ingegnere delle telecomunicazioni, inizia come programmatore e poi Product Manager di software per il noleggio. Affiancando l’ex direttore di Assodimi, è stato introdotto nella formazione del settore noleggio diventanto prima segretario nazionale e successivamente Direttore. Svolge inoltre attività di formatore e consulente per il settore noleggio.

La strada verso la digitalizzazione: a che punto siamo? Le aziende del noleggio hanno sofferto meno di altri settori la crisi del 2008, ma questo le ha comunque in parte rallentate nel rinnovamento di tecnologie e modelli di business. Ad oggi, però, sono un treno in corsa e stanno facendo grandi passi in avanti per recuperare il divario esistente con altri settori. 54

Ci facciamo portavoce del dialogo interno e diventiamo divulgatori sui temi di innovazione che riteniamo fondamentali per il settore. In questo senso abbiamo organizzato gli ultimi due Congressi Nazionali affinché fossero realmente rappresentativi. Con la scelta di H-Farm come location del convegno 2018, abbiamo voluto raccontare ad alta voce a tutti i nostri associati le possibilità che oggi apre la tecnologia; mentre con il convegno 2019, svoltosi nella Comunità di San Patrignano, abbiamo ribadito il concetto fondamentale di comunità, dialogo, confronto. Fare rete significa vincere sempre. Per questo da gennaio lanceremo “Checkup Noleggio”, un progetto che consiste in un tavolo itinerante tra l’associazione e i suoi componenti. Il tour ci vedrà impegnati in un confronto a tu per tu con tutte le aziende del noleggio nostre associate, con l’obiettivo di raccogliere esigenze, aspettative e raccontare a quante di queste possiamo già rispondere facendo capo a risorse interne, altri associati con competenze specializzate in ambito information tecnology, security, telematica, legale, ecc. Vogliamo incentivare a guardare al noleggio del futuro e guidare le aziende in questo percorso verso l’innovazione.


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SPAZIO A Y Che software MES serve alla mia azienda? Sergio Pio Angelillis

redazione@logyn.it

Il software per la raccolta dei dati di produzione: come fare la scelta giusta? Prodotti integrati all’interno dell’ERP aziendale, soluzioni dipartimentali per la sola raccolta dati dal campo, soluzioni per la gestione della produzione classificabili come sistemi MES di prima e/o seconda generazione. Fino ad arrivare alla rivoluzione che questi sistemi stanno subendo e subiranno nei prossimi anni in seguito all’avvento di IIOT (Industrial Internet of Things), Industria 4.0 e altre nuove tecnologie abilitanti. Numerose sono le soluzioni presenti in commercio, differenziabili secondo diverse caratteristiche funzionali, tecnologiche e per mercato di riferimento. Presentiamo una piccola guida su come scegliere il sistema più adatto alla propria realtà.

Il mercato dei sistemi MES I software per la gestione della produzione, o sistemi MES, sono stati introdotti sul mercato già a partire dagli anni ’90 come naturale trasformazione di soluzioni custom realizzate da diverse software house su specifiche inoltrate dai committenti. L’esigenza primaria alla base della nascita è stata la necessità di misurare i tempi di lavoro (specialmente i tempi uomo) in seguito alla concorrenza dei Paesi emergenti caratterizzati da un costo del lavoro estremamente basso. Con il passare degli anni si sono trasformati da semplici add-on dei sistemi gestionali aziendali o ERP a veri e propri sistemi software per la gestione dell’intero processo produttivo, andando ad 56

includere anche alcune funzionalità standard dei sistemi ERP come gestione delle distinte, cicli di produzione e funzionalità MRP. Verso la fabbrica si è invece manifestata sempre più l’estensione delle funzionalità di raccolta dati su macchinari e attrezzature aziendali coinvolte nell’attività di realizzazione dei prodotti.

Evoluzioni e nuove necessità La quarta rivoluzione industriale, alla quale stiamo assistendo da qualche anno, trova nei sistemi MES uno degli elementi principali di questo processo di trasformazione digitale al quale tutte le aziende manifatturiere dovranno adattarsi. L’avvento delle diverse tecnologie abilitanti dell’Industria 4.0 (RFID, NFC, Beacon, Indoor Localization, Artifical Intelligence, Machine Learning, Realtà aumentata, Cloud, …) sono fondamentali e strategiche per l’aumento del processo di automatizzazione delle procedure di monitoraggio e raccolta dati dei diversi asset coinvolti dall’attività di trasformazione dei prodotti. Per questi sistemi, è fondamentale non solo l’integrazione verticale intesa verso gli altri sistemi informatavi aziendali (ERP, PLM, WMS, SCADA, APS, …), ma anche l’integrazione orizzontale intesa come condivisione e scambio di informazioni verso i diversi attori della supply chain (catena di fornitura): dai fornitori ai terzisti fino ai clienti.


SPAZIO A Y A tutto questo bisogna aggiungere la continua evoluzione delle tecnologie informatiche alle quali anche questi sistemi dovranno assolutamente adeguarsi; per esempio evolvendosi verso sistemi decentralizzati e basati su servizi (sevice-oriented architecture), fruibili su tutti i dispositivi ed in qualsiasi momento, o utilizzando le potenzialità del cloud e delle piattaforme di data analytics. Senza dimenticare l’ampliamento dei moduli e/o della copertura funzionale in termini di processo e di tool, l’adozione di funzionalità di gestione dei processi di logistica e/o magazzino, la manutenzione, la qualità, la schedulazione, la costificazione di prodotto e commessa, l’adozione di tool per la reportistica integrata, l’analisi dei dati o business intelligence, la gestione allarmi, dashboards e data analytics. I sistemi MES che includono queste funzionalità vengono anche chiamati MOM (Manufacturing Operations Management) e rappresentano l’ultima evoluzione verso la completa copertura di tutte le

La quarta rivoluzione industriale, alla quale stiamo assistendo da qualche anno, trova nei sistemi MES uno degli elementi principali di questo processo di trasformazione digitale al quale tutte le aziende manifatturiere dovranno adattarsi.

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La soluzione per l’industria 4.0 proposta da Eurosystem: Freeway® Worker MES Sergio Pio Angelillis, Project Team Leader e MES/APS Specialist, ci racconta la sfida Perché l’ingresso di Eurosystem nel mercato dei sistemi dipartimentali per la gestione della fabbrica? In seguito alla crescente domanda da parte dei nostri clienti di soluzioni software per la gestione dei processi di produzione, ed in seguito alla spinta di innovazione tecnologica determinata dal piano nazionale Industria 4.0, Eurosystem è entrata nel mercato dei sistemi MES. Lo ha fatto attraverso l’acquisizione di una software house presente nel settore da oltre dieci anni. L’ingresso di questo prodotto, e del software per la schedulazione della produzione PlanetTogether APS, nell’offerta di Eurosystem ha permesso di ampliare la platea dei potenziali clienti.

Quali sono i contenuti della suite Freeway® Worker MES? Il software Freeway® Worker MES è una soluzione nata come sistema di raccolta dati, automatica e manuale, e sviluppata in modalità nativa su tecnologia WEB Microsoft che è poi diventata a tutti gli effetti un software completo per la gestione della produzione. Partendo dall’integrazione con l’ERP, la configurabilità dello strumento in termini di interfacciamento o scambio dati con i diversi software permette di definire scenari diversi, che vanno dalla sola importazione di anagrafiche e ordini di vendita, all’importazione di distinte e ordini di produzione generati dal sistema ERP. La sezione gestionale del software è caratterizzata da tutte le anagrafiche per la modellizzazione della fabbrica in termini di risorse aziendali interne ed esterne, business partner, genealogia di prodotto, semilavorato e materia prima di produzione. Inoltre il software presenta una sezione dedicata alla gestione del processo di controllo qualità che informatizza i piani di controllo, raccoglie e registra i dati in modalità integrata e coordinata con le informazioni relative al processo produttivo. Le commesse e gli ordini di produzione generati internamente, o importati dai sistemi esterni, possono

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attività di fabbrica coinvolte nel processo di fabbricazione e trasformazione dei prodotti.

Come funzionano i sistemi MES? Il funzionamento base o core di un software per la gestione della produzione è caratterizzato dalla rilevazione in modalità manuale ed automatica di informazioni relative all’esecuzione delle diverse attività produttive. Si tratta dei processi necessari per la trasformazione dei prodotti, dalla fase di prelievo dei componenti primari per l’avviamento del flusso, alla fase di collaudo e rilascio in magazzino dei prodotti. Il flusso informativo è originato dall’acquisizione degli ordini di produzione dal sistema informativo gestionale (ERP) e da tutte le informazioni necessarie per la sua corretta esecuzione. È possibile ampliare il set informativo con dati specifici relativi alla sfera esecutiva delle attività o con operazioni connesse agli ordini di produzione direttamente sul sistema MES. I moderni sistemi MES consentono di rilevare le attività attraverso diverse tecnologie e risorse aziendali (operatori, attrezzature, centri di lavoro) come per esempio: PC, tablet, smartphone, lettori barcode, RFID, NFC, indoor localization, ecc. In questo modo è possibile comunicare in tempo reale ai diversi soggetti coinvolti (operatori di produzione, di magazzino, responsabili di reparto, responsabili di produzione e direzione) tutte le informazioni secondo opportuni criteri di profilazione e di responsabilità. L’interconnessione con i macchinari di produzione consente di evitare azioni ripetitive e non a valore da parte degli operatori; supportare gli stessi in attività di controllo e verifica del corretto funzionamento ed impostazione; scambiare con i macchinari informazioni legate al flusso informativo o gestionale (ordine di produzione, articolo, attività e quantità) e dati di processo della macchina, in modo da poter analizzare i trend storici, elaborarli con algoritmi di intelligenza artificiale, machine learning ed attivare un processo predittivo e migliorativo degli errori umani e dell’efficienza di utilizzo dei macchinari. Il processo gestito dal MES termina con la rilevazione delle quantità prodotte e consumate per la rispettiva realizzazione e la comunicazione di queste informazioni al software gestionale aziendale (ERP). In questo modo avverrà una corretta ed automatica registrazione dei movimenti di magazzino, preliminari per la chiusura del ciclo attivo, con esecuzione della spedizione della merce al cliente finale.


SPAZIO A Y Come scegliere un sistema MES? L’adozione di un sistema di questo tipo è la naturale evoluzione dell’informatizzazione aziendale in seguito alla completa ed assimilata introduzione di un software gestionale. La necessità nasce dalla constatazione dei limiti dei sistemi ERP nella gestione dettagliata e rispondente alle specifiche realtà produttive. In modalità assolutamente complementare, deve essere presente un’opportuna maturità organizzativa, una mappatura completa dei ruoli e delle competenze e infine un’attitudine aziendale volta ad iniziare un processo di miglioramento continuo supportato dai sistemi MES. La seguente classificazione intende essere una guida per la scelta di questi sistemi basata sul principio delle funzionalità di partenza e quindi non disponibili o non coperte dai sistemi informativi aziendali correnti e sul trend evolutivo e potenziale di questi sistemi.

Il mercato dei MES

essere monitorati ed analizzati attraverso il confronto tra i valori attesi della produzione, in termini di quantità, date, tempi, costi, e quelli reali monitorati dal MES.

Questo significa che andrete a dismettere l’attuale procedura di consuntivazione presente all’interno della ERP Freeway® Skyline? Assolutamente no. Le attuali funzionalità presenti nel nostro sistema ERP Freeway® Skyline consentono al cliente di poter procedere, in una prima fase di informatizzazione di fabbrica, ad una semplice consuntivazione delle attività in termini di inizio, fine e informazioni relative ai componenti consumati. È quindi un modulo standard della suite Freeway® che non garantisce, per quanto concerne scalabilità ed adattabilità, ciò che è stato espresso nel paragrafo precedente. Freeway® Worker MES è dedicato alle aziende di produzione indipendentemente dal sistema ERP ed entra nel mercato dei dipartimentali MES con una soluzione basata su un solido know-how e sulla quale abbiamo intenzione di investire ulteriormente per l’evoluzione e l’adozione delle più moderne tecnologie abilitanti per l’Industria 4.0.

Una possibile classificazione dei sistemi gestionali di produzione: • Sistemi MES di primo livello o sistemi di raccolta dati non in grado di gestire il flusso informativo legato a commesse di produzione e alla codifica tecnica dei prodotti. • Sistemi MES di secondo livello o sistemi gestionali di produzione caratterizzati dalla possibilità di essere autonomi nella gestione di ordini cicli e distinte di produzione e nella codifica tecnica dei prodotti. • Sistemi MES di terzo livello dotati di funzionalità MRP e tool integrati per la raccolta automatica delle informazioni dal campo e lo scambio di informazioni con i sistemi informativi standard aziendali come ERP, APS, WMS, PLM, ecc. • Sistemi MES o MOM di quarto ed ultimo livello caratterizzati da una copertura funzionale rispetto a qualità, manutenzione, magazzino, scheduling e connettori automatizzati con i diversi attori della supply chain.

Sergio Pio Angelillis

Project Team Leader - MES/APS Specialist di Eurosystem SpA 59


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Tipologia

MES raccolta dati

MES dipartimentale

• Aziende con processo produttivo altamente standardizzato e ripetitivo

• Budget di spesa minore di 10.000 €

• • •

• Aziende mono-stabilimento con produzione e processi mediamente complessi e non ripetitivi

• • •

• Budget di spesa minore di 30.000 €

MES gestionale

Caratteristiche

Per quali aziende

• Aziende in continua evoluzione con stabilimenti e reparti con logiche di processo differenti • Budget di spesa minore di 100.000 €

• •

• • • • • • • • • •

MES/MOM esteso

• Aziende estese, multinazionali in continua evoluzione e con necessità di miglioramento continuo • Budget di spesa che può superare 100.000 €

• • • • • • • • • • •

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Registrazione tempi uomo/macchina in modalità manuale attraverso interfaccia software di acquisizione Storicizzazione di dati ed eventi per l’analisi di efficienza delle risorse Configurazione altamente standardizzata Nessuna integrazione con i sistemi informativi aziendali Tempi di avviamento nell’ordine di alcune giornate Gestione prodotto, cicli, distinte e ordini di produzione Interfaccia con software gestionale o ERP Indicatori KPI per l’analisi di efficienza risorse, prodotto e commesse Configurazione personalizzata per settore di riferimento Tempi di avviamento nell’ordine di qualche decina di giornate Gestione processo, commesse e ordini Gestione completa del processo produttivo Motore MRP: generazione ordine di produzione Gestione magazzino: lotti, giacenze e ordini di acquisto Pianificazione a capacità infinita Costificazione di prodotto e commessa a preventivo e consuntivo Interfaccia macchina per scambio di informazioni di processo Interfaccia per scambio dati con sistemi di schedulazione a capacità finita Configurazione personalizzabile anche da parte del cliente Tempi di avviamento dell’ordine di qualche decina di giornate Gestione completa di tutte le attività di fabbrica direttamente interconnesse con il processo produttivo Tecnologie abilitanti Industria 4.0 Interfaccia verso altri sistemi dipartimentali interni Interfaccia verso sistemi esterni per interconnessione orizzontale Gestione qualità, manutenzione e schedulazione, fornitori, tracciabilità e rintracciabilità Framework di sviluppo per realizzazione custom GUI, query, report, KPI, dashboard, workflow Funzionalità SPC, EDI, Audit Gestione documentale Gestione layout e simulazione Configurazione scalabile, aperta e facilmente espandibile sia in termini di funzionalità che di interconnessioni Tempi di avviamento di un centinaio di giornate e oltre


STORIES Euroteck

L’adozione della piattaforma Freeway® Worker MES ha permesso di avere un’unica base dati centralizzata per la gestione dei processi critici come produzione e pianificazione.

EUROTECK Migliorare le performance produttive La soluzione che supporta l’analisi qualitativa e quantitativa della produzione

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Nel 2017 Eurosystem ha rafforzato il proprio portafoglio prodotti nell’ambito della produzione industriale con una nuova divisone aziendale focalizzata sulle soluzioni MES (Manufacturing Execution System) e APS (Advanced Planning & Scheduling), determinanti nel perseguimento dei principi dell’Industria 4.0. In Euroteck, Freeway® Worker MES ha permesso di automatizzare i processi produttivi, a garanzia di efficienza e qualità. Euroteck Srl, con oltre 40 anni di esperienza alle spalle, opera nel settore dello stampaggio ad iniezione di materie plastiche di precisione per diversi settori e per clienti di livello nazionale ed internazionale. A partire dal 2002, ha iniziato un percorso di trasformazione tecnologica del parco macchine e di trasformazione organizzativa finalizzata a massimizzare la qualità dei prodotti, ridurre gli sprechi e pianificare correttamente

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le attività. Il reparto di stampaggio è caratterizzato da un parco macchine di 20 presse di ultima generazione, in grado di produrre a ciclo continuo secondo i migliori standard di performance ed efficienza. Il reparto qualità dispone di personale altamente qualificato e di un parco macchine, per il controllo e collaudo, ad altissima precisione. La sede produttiva di Euroteck si trova a Pratola Peligna (AQ) e i suoi clienti operano nei più diversi settori: automotive, food, beauty, home, pharma, ecc. L’azienda, infatti, grazie all’esperienza acquisita e ad una politica di innovazione continua, che coinvolge il personale, l’organizzazione, la tecnologia e l’integrazione informatica, è in grado di soddisfare le esigenze dei clienti in termini di qualità, lead time di produzione e rispetto delle date di consegna.


STORIES “Nel 2012 ci siamo resi consapevoli della necessità di adeguare la gestione informatica delle procedure per aumentare il controllo dei processi, il monitoraggio della produzione e la pianificazione delle attività. I diversi strumenti informatici non coprivano le diverse aree funzionali aziendali e non erano tra loro integrati” spiega Giancarlo Pizzola, Amministratore unico di Euroteck. Alla base delle attività c’erano fogli di calcolo non strutturati e fortemente personalizzati da parte degli utenti; oltre ad un software gestionale obsoleto con interfaccia grafica DOS e database basato su file. È stato così definito,

da parte della direzione, un percorso di rinnovamento ed informatizzazione dei processi e delle procedure aziendali con l’obiettivo di ridurre i tempi di reazione alle variazioni della domanda e della disponibilità delle risorse produttive; aumentare in modalità continua e strutturata il tasso OEE, l’indice globale di efficienza dell’impianto; dotarsi di un’infrastruttura software altamente personalizzabile e adattabile ai continui cambiamenti dei processi interni ed esterni, in grado di abilitare lo stabilimento ai criteri dell’Industria 4.0. “Il percorso di digitalizzazione ed aggiornamento della struttura informatica – spiega Sergio Pio Angelillis, Project Team Leader - MES/APS Specialist di Eurosystem SpA – è iniziato con l’adozione di un nuovo sistema informativo gestionale in grado di assolvere in maniera strutturata alla gestione dei processi di acquisto, vendite, magazzino, conto lavoro e contabilità. In seguito è stato avviato il progetto Industria 4.0 basato sul software Freeway® Worker MES. Prima di tutto abbiamo integrato il MES con il gestionale e con il sistema di generazione ordini di vendita del cliente principale, così da automatizzare uno dei processi più onerosi in termini di tempo”. Come secondo step, il software MES è stato configurato per gestire cicli, distinte e ordini di produzione nella maniera più semplice e rapida possibile, permettendo così alla direzione di concentrarsi sulle attività di maggior criticità per l’aumento dell’efficienza dello stabilimento: pianificazione e controllo produzione. Un altro step importante del progetto è stata la completa informatizzazione del reparto di stampaggio e controllo qualità attraverso postazioni fisse e mobili di raccolta dati e visualizzazione in tempo reale dello stato avanzamento lavori e delle istruzioni operative necessarie per l’esecuzione delle specifiche attività. “Le presse di ultima generazione sono state interfacciate in modalità automatica per disporre dei dati di produttività temporale e quantitativa in tempo reale, alleviando gli operatori da attività di registrazione manuale” spiega Pizzola. Il progetto Industria 4.0 è ancora in corso e prevede l’estensione dell’interconnessione all’intero parco macchine e la rilevazione di informazioni che non siano solo di carattere gestionale ma anche di processo, così da monitorare eventuali derive dello stesso e intervenire in modalità predittiva su cause di malfunzionamento. L’adozione della piattaforma Freeway® Worker MES, completamente adattata al contesto produttivo di Euroteck, ha permesso di avere un’unica base dati 63


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centralizzata per la gestione dei processi critici come produzione e pianificazione. Attraverso le diverse procedure di automatizzazione e configurazione ha determinato una notevole riduzione dei tempi di esecuzione ed ha migliorato il livello di controllo e rintracciabilità delle attività svolte dagli operatori.

Le novità introdotte da Freeway® Worker MES in Euroteck:

L’interconnessione con i macchinari di produzione ha permesso di avere dati certi ed accurati relativi al loro funzionamento: in questo modo è possibile elaborare e monitorare in maniera costante il tasso di efficienza, utile a capire come migliorare la qualità dei prodotti. “Il monitoraggio degli indicatori richiesti, come l’indice di qualità, l’efficienza di attrezzaggio, l’efficienza della produzione e OEE, rileva che, dall’inserimento della piattaforma Freeway® Worker MES, si è determinato un costante miglioramento di questi indicatori. Per esempio, ad oggi il tasso di qualità è ormai abbondantemente al di sotto dell’1%, mentre l’indice di efficienza ed efficacia globale dell’impianto OEE è costantemente superiore al 90%” spiega Angelillis di Eurosystem.

• • • •

Controllo del processo di qualità e di gestione delle manutenzioni saranno le prossime attività interessate. Euroteck, infatti, ha attivato ulteriori progetti di espansione della piattaforma Freeway® Worker MES con lo scopo di automatizzare altre procedure già informatizzate ed estendere la copertura ad aree funzionali direttamente connesse con il processo produttivo.

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• •

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Integrazione in tempo reale con ERP. Gestione cicli, distinte, risorse e costi di prodotto a preventivo. Gestione ordini di produzione e pianificazione. Gestione processo di controllo qualità. Configurazione struttura rete raccolta dati. Raccolta dati tramite operatore e tramite interscambio automatico con i macchinari di produzione (IIOT). Monitoraggio avanzamento produzione. Rintracciabilità delle attività eseguite e elaborazione indicatori di efficienza ed efficacia del processo produttivo (OEE). Analisi costi di prodotto e commessa a consuntiva.


SPAZIO A Y @eurosystem.it

CONTROLLO DI GESTIONE Come anticipare e controllare l’andamento dell’azienda Stefano Biral

redazione@logyn.it

Il contesto dell’offerta Governare un’organizzazione al giorno d’oggi è divenuto molto complesso. Mercati, competitors, tecnologie, economia, contesto normativo sono solo alcuni degli elementi che devono essere monitorati e considerati nell’operatività quotidiana. Una corretta pianificazione strategica è divenuta elemento imprescindibile per lo svolgimento delle attività core, e non, nel medio/lungo andare. Ma se l’alta direzione è l’organo preposto alla definizione della strategia, chi ha il compito di gestirne le attività di pianificazione e controllo, di analizzarne gli scostamenti e di contribuire alla formulazione delle proposte di cambiamento è il Controller. Un Controller deve essere in grado di assicurare il raggiungimento degli obiettivi prefissati in tutte le aree coinvolte dalla strategia, di fungere da collegamento tra la parte direzionale e quella più operativa di un’organizzazione.

Il problema dell’utente Le misure sintetiche derivanti dalla contabilità generale non permettono di svolgere analisi articolate sulla modalità di formazione del risultato economico. A fronte di imprese caratterizzate da una complessità interna, si rende necessario controllare i costi in modo puntuale, creando dei meccanismi di segmentazione e attribuendo le responsabilità aziendali ai diversi centri di costo. Inoltre risulta necessario anche analizzare gli scostamenti, analizzare i diversi budget operativi (produttivi, delle vendite), come anche i budget degli investimenti e finanziari, programmando e coordinando l’azienda attraverso il confronto con sistemi di quantità e/o valori obiettivo. Il controllo di gestione è proprio un insieme di tecniche e strumenti necessari per la pianificazione e controllo dell’andamento aziendale, costruito su modelli aziendali.

Ma una soluzione a misura di utente esiste... Forte della sua quarantennale esperienza nella costruzione di soluzioni informatiche e di consulenza tecnica, Eurosystem mette a disposizione dei propri clienti un team di esperti in controllo di gestione, in grado di accompagnare CFO e Controller nella costruzione di un sistema adatto alle proprie esigenze. La soluzione informatica Freeway® Skyline vede al suo interno l’applicativo Freeway® Management Control (FMC), uno strumento potente ed intuitivo che permette la creazione di un modello di controlling personalizzato, capace di evidenziare il livello di efficienza ed efficacia di ciascuna combinazione/area analizzata. L’impresa si troverebbe ad operare in un sistema di contabilità direzionale costituita da contabilità generale, contabilità analitica, analisi dei risultati di budget e analisi degli scostamenti. Attraverso il modulo FMC è possibile implementare il modello di pianificazione e controllo di gestione, poiché permette di creare un piano dei conti di analitica, consultare i diversi movimenti gestionali e ottenere un bilancio per destinazione (ad esempio un conto economico gestionale per linea di prodotto). Dopo una fase di analisi si procede configurando l’intero modello, identificando diverse tipologie di oggetti di calcolo; i percorsi di ripartizione per attribuire costi e ricavi da contabilità generale agli oggetti di calcolo; le eventuali procedure per l’importazione dei dati e le misure per l’elaborazione dei ribaltamenti tramite cost driver configurabili o procedure personalizzate. Il Controller a questo punto potrà effettuare valutazioni, monitorare ed elaborare report e cruscotti direzionali con tempestività e con la massima sicurezza del dato, a supporto delle decisioni aziendali, adattandosi alle diverse esigenze.

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LENOVO L’Intelligent Transformation passa da IoT ed edge computing Risponde Thomas Giudici, Channel Sales Manager Lenovo Data Center Group

IoT e 5G cambieranno il modo di lavorare di tutti noi. Gartner ipotizza 20 miliardi di dispositivi connessi entro il 2020, mentre IDC stima un aumento del 430% della quantità di dati esistenti nel periodo 2018-2025. In questo scenario, la strategia di Lenovo è quella di rendere più fruibile, veloce, e smart la tecnologia per tutti i suoi utilizzatori. Intelligent Transformation: è l’onda evolutiva della tecnologia di oggi, secondo Lenovo Data Center Group. Ci fa tre esempi di trasformazione intelligente per raccontarci quello che sta succedendo? Intelligent Trasformation è il concetto fondante della strategia di Lenovo. In questo senso, puntiamo a realizzare soluzioni che favoriscano la collaborazione e la condivisione delle informazioni, non solo tra persone, ma anche tra sistemi e applicazioni. Lenovo segue tre direttrici principali: Smart IoT, Smart Infrastructure, Smart Vertical. Smart IoT è il punto di contatto del mondo connesso in cui viviamo e consiste nel trasformare gli attuali dispositivi in smarter, sempre connessi, che facilitano l’interazione con altri dispositivi, adattabili alle esigenze dell’utente, direttamente collegati al cloud. Smart Infrastructure è la base che fornisce la potenza di calcolo, di storage e di rete necessarie a sostenere i dispositivi intelligenti. È questo il motore dell’infrastruttura che alimenta il cloud pubblico, i supercomputer a uso scientifico e le aziende che sviluppano AI, ed è la dorsale su cui oggi si fonda ogni organizzazione. Smart Vertical è 66


INCONTRI CON Lenovo

L’IoT cambierà il business di ogni settore, mondo Data Center incluso. Rendendo pervasiva la connettività, infatti, le aziende saranno in grado di migliorare l’efficienza dei processi, di aumentare le prestazioni, di mitigare i rischi e di offrire nuovi servizi.

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la combinazione di Big Data e dispositivi intelligenti che li convogliano, unita alla potenza di calcolo della Smart Infrastructure, con il risultato di trasformare interi settori che non sono ancora riusciti a sfruttare appieno i vantaggi della tecnologia.

Quali sono le trasformazioni che stanno avendo il maggiore impatto sul Datacenter aziendale? Come stanno cambiando le esigenze IT delle aziende? Se parliamo di trasformazioni di maggior impatto, l’IoT cambierà il business di ogni settore, mondo Datacenter incluso. Rendendo pervasiva la connettività, infatti, le aziende saranno in grado di migliorare l’efficienza dei processi, di aumentare le prestazioni, di mitigare i rischi e di offrire nuovi servizi. In combinazione con nuovi sistemi di intelligenza artificiale e l’implementazione di standard quali 5G e LoRA, l’IoT cambierà radicalmente il modo di lavorare di tutti noi. Questo nuovo scenario comporta, per le aziende, uno spostamento del baricentro dell’attività di elaborazione dei dati. La potenza di calcolo e lo storage sono già passati in gran parte dai server fisici al cloud. Mentre acquisiamo informazioni sullo stato fisico del mondo che ci circonda, i dati stanno crescendo in modo esponenziale, determinando l’esigenza di disporre di grande potenza di calcolo all’edge, dove miliardi di dispositivi raccolgono ed elaborano dati in tempo reale.

Lenovo sta affrontando questa sfida portando un cambio di mentalità: com’è fatta la nuova generazione di Datacenter che state realizzando? Alle base di questa rivoluzione le tecnologie di edge computing: quali le novità di Lenovo in questo ambito? Se partiamo dal presupposto che le aziende utilizzano l’IoT per ottimizzare i costi e aumentare la produttività, per migliorare l’efficienza e controllare l’automazione dei processi, è chiaro che portare la capacità di elaborazione dei dati a bordo delle reti offra numerosi vantaggi, ma altrettante sono le sfide associate. Raccogliendo feedback dai nostri clienti in tutto il mondo, abbiamo stabilito che un edge server deve, tra l’altro, poter operare in ambienti caratterizzati da elevate temperature, vibrazioni e polvere, resistere a manomissioni fisiche, avere dimensioni contenute, e una connessione wireless e poter essere gestito da remoto. Per rispondere alle esigenze legate allo sviluppo dell’IoT, come quelle sopra elencate, Lenovo ha recentemente 68

Mentre acquisiamo informazioni sullo stato fisico del mondo che ci circonda, i dati stanno crescendo in modo esponenziale, determinando l’esigenza di disporre di grande potenza di calcolo all’edge, dove miliardi di dispositivi raccolgono ed elaborano dati in tempo reale.

lanciato sul mercato italiano ThinkSystem SE350, un edge server dalle dimensioni molto inferiori a quelle di un server tradizionale – poco più grande di un laptop ThinkPad – che lo rendono ideale per l’installazione in spazi anche ristretti. ThinkSystem SE350 avvicina la potenza di calcolo, la capacità di elaborazione e la rete al luogo dove vengono generati i dati, rendendo più rapide le operazioni a seguito dell’analisi dei dati. Inoltre, abbiamo presentato anche le piattaforme server ThinkSystem SR635 e ThinkSystem SR655, basate sui processori AMD EPYCTM di seconda generazione che consentono ai clienti di gestire carichi di lavoro più intensivi su un numero inferiore di server, oltre a ridurre i costi di esercizio fino al 46%. In aggiunta ai vantaggi di efficienza nella gestione dei flussi di dati e risparmio sul TCO, i server ThinkSystem SR635 e SR655 hanno stabilito 16 record mondiali, tra cui due per l’efficienza energetica.

Un’innovazione che mira a rendere smart anche l’infrastruttura. Quali sono i settori più ricettivi e sensibili a questi argomenti e quali sono le semplificazioni che potranno ottenere? Le nuove tecnologie possono avere svariate applicazioni,


INCONTRI CON andando a lavorare su una vasta gamma di settori, da quello medico, a quello alimentare, passando per la grande distribuzione o la sicurezza. Edge computing e AI avranno, in questo scenario, una relazione simbiotica. Infatti, mentre i dispositivi IoT sono in grado di raccogliere grandi quantità di dati, è necessaria l’AI per fare in modo che le informazioni raccolte possano essere utilizzate in maniera efficace. C’è ancora spazio per il cloud computing, ma l’IoT non è sostenibile senza edge computing. Il mondo produttivo ha visto un passaggio dell’archiviazione e analisi dei dati dall’on-premise al cloud, ma ora, con problemi di latenza e richieste di upload/download di dati crescenti, sarà sempre maggiore la quantità di dati elaborati all’edge, il che comporta di spostare verso l’edge anche l’intelligenza. L’edge computing in alternativa al cloud risolve tre tipi di problema: costi, limitazioni fisiche e normative. Innanzitutto, l’invio di informazioni al cloud è costoso. L’elaborazione e il filtraggio dei dati all’edge sono infatti

più convenienti; inoltre risolvono problemi di latenza fisica e infine consentono di archiviare localmente i dati come richiesto – sempre più frequentemente – dalle normative internazionali.

Edge computing e sicurezza: è un binomio vincente? Il concetto stesso di edge computing nasce e si lega in maniera naturale a quello di sicurezza. Ad esempio, sempre più amministrazioni pubbliche e organizzazioni adottano l’edge computing di nuova generazione per proteggere le proprie soluzioni, e Lenovo collabora con diverse realtà per supportare installazioni sicure per le smart city e i campus in diversi settori, tra cui istruzione, sanità, retail, ospitalità e PA. Con lo spostamento della produzione dei dati verso la periferia delle reti, e con la conseguente maggiore necessità di elaborare i dati all’edge, è necessario progettare la sicurezza in modo che sia protetto anche l’accesso fisico ai sistemi di storage. In un datacenter ci si può fidare di chi ha l’autorizzazione a toccare l’apparecchiatura. Di contro, all’edge non sempre ci sono queste condizioni di fiducia, ma i dati rimangono vulnerabili e devono essere protetti. Gestire i movimenti imprevisti, proteggere fisicamente i dispositivi e sapere se l’edge è condiviso da più parti in competizione, sono sfide che dobbiamo affrontare. Piattaforme edge quali ThinkSystem SE350 sono spesso installate in ambienti poco o per nulla presidiati, quindi se il sistema rileva un tentativo di manomissione, interviene una funzione che distrugge i dati memorizzati al suo interno.

Thomas Giudici Channel Sales Manager Lenovo Data Center Group

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TMC Quando sicurezza significa consapevolezza Tracciare le attivitĂ anomale per essere un passo avanti alle minacce

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STORIES TMC TMC ha dimostrato lungimiranza nella scelta di adottare la recente soluzione Darktrace. Sì perché Darktrace ha cambiato totalmente approccio rispetto ai sistemi di sicurezza legacy. Ma non sempre è facile cambiare rotta. TMC, Tissue Machinery Company SpA, è un’azienda specializzata da 20 anni nella produzione e commercializzazione di macchine automatiche per il confezionamento e la gestione di prodotti tissue e personal care, con relativi servizi di assistenza post vendita. L’azienda conta una sede italiana presso Castel Guelfo (Bologna), una negli Stati Uniti (Wisconsin), una in Messico e una in Brasile. Nel tempo TMC ha consolidato una leadership indiscussa a livello internazionale in alcune nicchie di mercato quali il confezionamento primario e secondario di prodotti personal care, wet wipes e nonwovens. L’azienda, parte del Gruppo IMA, ha un volume di circa 220 dipendenti solo nella sede italiana. “Come Estecom, affianchiamo da anni il nostro cliente TMC per la consulenza informatica e l’adozione delle relative tecnologie. Ad esempio sulla parte di progettazione CAD 3D è stata convertita una struttura di workstation fisiche in un sistema iperconvergente di VDI 3D con tecnologia vSAN lato server. Questo ha permesso di aumentare l’efficienza della sicurezza in merito ai dati di core business, prevenendo e

L’implementazione della soluzione Darktrace ci ha permesso di scoprire un mondo sommerso a livello di pacchetti TCP/IP.

controllando puntualmente la copia e l’esportazione di dati sensibili di progettazione” spiega Daniele Botardi, Presidente Estecom e Account Manager del gruppo Eurosystem. L’avvicinamento al prodotto Darktrace nasce quindi a seguito di un rapporto ormai consolidato tra Tissue Machinery Company SpA ed Estecom, fatto di un continuo scambio di idee. “Daniele era a conoscenza da tempo di quanto il tema cybersecurity fosse sentito da parte dell’IT di TMC e per questo abbiamo accettato l’invito a partecipare ad un security meeting organizzato dal gruppo Eurosystem con l’obiettivo di presentare le più recenti soluzioni sulla tutela dei dati e del know-how aziendale” spiega Giacomo Viviani, IT manager di TMC. Infatti con l’ingresso nel Gruppo, Estecom ha ampliato le potenzialità dell’offerta ed è nato un team specializzato in IT security. “Nello specifico – continua Viviani – non potendo investire budget su un SOC, interno o esterno, non era stato approfondito internamente lo scouting di soluzioni software al riguardo (come SIEM o similari) in quanto troppo onerose in termini economici e di risorse interne. Quando Darktrace si è affacciato sul mercato come leader nella cybersecurity, la proposta di partecipare ad una demo del prodotto è stata un’opportunità che non ci siamo lasciati scappare. La tecnologia ha subito suscitato interesse in quanto come IT c’era il sospetto che non tutto il traffico aziendale fosse ‘sano’. Sospetto che si è poi dimostrato fondato”. La motivazione principale che ha spinto l’azienda ad investire in una tale tecnologia è stata la consapevolezza che, essendo Tissue Machinery Company un’azienda di piccole/medie dimensioni, anche l’area IT risulta leggermente sottodimensionata. In aggiunta va considerato che per poter ottenere prestazioni elevate, e trovare un compromesso tra le esigenze IT e le richieste del business, l’azienda ha necessità di evoluzioni a livello di rete o anche a cambi di processi aziendali molto rapidi. Tale situazione porta inevitabilmente ad avere aree dell’IT non completamente protette o sotto controllo. In una situazione come questa Darktrace si è dimostrato lo strumento di cui avevamo bisogno, perché non invasivo, molto performante e capace di andare oltre l’utilizzo sia di firewall per l’esposizione a internet che di firewall intermedi tra i vari segmenti di rete. “Darktrace ha portato all’interno dell’azienda proprio questi tasselli mancanti. Prima dell’implementazione della tecnologia di Intelligenza Artificiale, le zone d’ombra 71


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di eventuali cambiamenti nei processi, per esigenze organizzative o necessità di business, non erano presidiate. Eventuali anomalie venivano controllate analizzando i log dei firewall o dei dispositivi di rete, ma erano in realtà attività onerose in termini di tempo e poco efficienti in quanto l’attività di verifica avveniva sempre in ritardo e spesso non aiutava a trarre delle conclusioni” continua Viviani. Tra i vari punti di forza di Darktrace, c’è infatti la tempestività nel comunicare qualsiasi attività sospetta. La soluzione Darktrace Immune System coglie le attività ambigue nella finestra temporale compresa fra l’infiltrazione iniziale e i primi segnali di anomalia. Invece di investire in analisi post mortem su intrusioni e compromissioni passate, ci si sforza di trovare i problemi di domani, indirizzando le attenzioni verso attività che si mimetizzano all’interno della quotidianità aziendale. “La domanda che poniamo alle aziende quando presentiamo la soluzione Darktrace è ‘quanto bene conoscete la vostra azienda?’. La complessità dei sistemi e delle reti si unisce alla sempre maggiore apertura dell’azienda verso l’esterno: i confini delle infrastrutture sono virtualmente impossibili da definire e la distinzione tra chi è dentro e chi è fuori è sempre più labile. Questo non aiuta a rispondere positivamente alla domanda. Il sistema, che si basa sulla cyber IA, è in continuo apprendimento e si adatta sia ai cambiamenti organizzativi interni all’azienda che al panorama delle minacce in continua evoluzione” continua Botardi. La soluzione, infatti, calcola la probabilità che si verifichi un evento alla luce di ciò che rileva continuamente, desumendo in modo iterativo “modelli di vita” di ogni rete, dispositivo e utente. Queste informazioni vengono poi correlate per avere una visione globale dello stato della rete e poter quindi individuare le deviazioni dalla cosiddetta “normalità”. La rapidità di comunicazione di Darktrace ha agevolato nei tempi di risposta a livello di tuning in ambito security e ha aumentato la percezione di sicurezza dell’azienda. La ricerca di soluzioni che possano garantire l’efficienza dei processi è stata soddisfacente nel caso dell’adozione dell’Enterprise Immune System. “L’implementazione della soluzione Darktrace – continua l’IT manager di TMC – ci ha permesso di scoprire un mondo sommerso a livello di pacchetti TCP/IP, che non saremmo mai stati in grado di analizzare nella normale routine quotidiana, correggere regole di firewalling e scoprire che i servizi ritenuti da noi sicuri in realtà non lo erano del tutto.”

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I vantaggi della soluzione Darktrace • • • • • • •

Rilevamento delle minacce in tempo reale Capacità di rispondere in modo efficace a potenziali attacchi informatici Visibilità totale della rete Capacità di effettuare analisi approfondite Limitazione dei rischi Maggiore efficienza nella gestione delle criticità Capacità di monitorare tutti gli utenti e i dispositivi della propria rete


SPAZIO A Y @eurosystem.it

CLOUD: MULTIPLO O IBRIDO? La risposta è nelle esigenze di personalizzazione Massimo Bosello redazione@logyn.it

Conoscere per governare Ogni impresa è a sé e deve correlare il proprio modello di business e le strategie future con gli asset più importanti e determinanti per tale scopo: dopo le persone, il sistema informativo! Conoscere e governare la flessibilità e dinamicità di tecnologie cloud eterogenee permette di trarre il meglio da ognuna e costruire una soluzione che si adatta alla propria azienda e risponde alle esigenze specifiche della stessa.

Due diverse forme di cloud Entriamo nel merito e andiamo a definire due diverse modalità di utilizzare la nuvola e i contesti ideali in cui si inseriscono. In ambienti Multi Cloud l’azienda utilizza e coordina servizi Public Cloud di due o più provider (ad esempio: AWS, Microsoft, Google, ecc.) per rispondere al meglio alle proprie esigenze economiche, tecniche o funzionali. Le imprese italiane si mostrano ancora poco sensibili a questa formula, in virtù di una bassa eterogeneità del loro portafoglio di fornitori cloud e di un’esigenza di personalizzazione che si scontra con formule di servizio piuttosto standardizzate. Da questi fattori dipende probabilmente un dato: nel 2018, solo il 16% delle aziende dichiara di avere avviato un’iniziativa di integrazione secondo una logica Multi Cloud. Un ambiente Hybrid Cloud, invece, utilizza cloud pubblico, cloud privato e soluzioni on-premise (presso la propria struttura), forme di integrazione tra i servizi esterni e gli applicativi interni, con l’obiettivo di trarre il meglio delle varie modalità di erogazione delle tecnologie a seconda delle esigenze aziendali. Soluzione, oggi, molto diffusa sia nella PMI che nella grande azienda.

Personalizzazione: il vantaggio di una soluzione ibrida Cloud ibrido e servizi pensati su misura per le singole esigenze aziendali offrono maggior controllo rispetto all’adozione di un cloud pubblico e permettono una più efficace razionalizzazione delle infrastrutture. Il vantaggio dell’Hybrid Cloud risiede, infatti, nell’adozione di una proposta che mette a disposizione delle aziende un team di persone con elevate competenze, che si interfaccia con i clienti e disegna per loro servizi ad hoc, supportandoli in tutte le fasi dell’implementazione dei servizi stessi. Questo è ciò che facciamo noi, ad esempio, quando eroghiamo un set di servizi Datacenter, progettati e integrati in soluzioni on-premise e formule di cloud pubblico, all’interno della stessa impresa cliente. Un modello infrastrutturale, oltre che applicativo, che offre vantaggi in termini finanziari (diminuzione degli investimenti in conto capitale, costi legati al consumo) e tecnologici (flessibilità nel ricorso alle risorse IT, scalabilità, sicurezza, riduzione del tempo dedicato a compiti a minore valore), e che si rivela particolarmente adatto alle aziende di medio-piccole dimensioni con una forte esigenza di personalizzazione. Per queste aziende è possibile avere un unico partner di riferimento e un’ampia gamma di soluzioni: la possibilità di essere ospitati (Hosting) con i propri ambienti più eterogenei, di avere una soluzione di Disaster Recovery che intervenga a protezione dell’operatività dell’impresa nei casi più estremi, di assicurare la tutela della Proprietà Intellettuale, aggiungendo l’esternalizzazione dei processi di Backup in linea con leggi, norme e best practice. Vantaggi concreti a cui se ne aggiungono altri, celati nei building ultra sicuri dei Datacenter, dentro i rack che di solito ospitano un insieme coordinato delle migliori tecnologie (nel nostro caso, da Lenovo a Nutanix, VMware, Commvault, e molti altri). 73


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DA IT MANAGER A MANAGER DELL’IT academIT è un progetto formativo rivolto agli IT manager che vogliono crescere e valorizzare il proprio ruolo in azienda. Attraverso corsi in aula, webinar, formazione on line, offriamo percorsi di sviluppo professionali e personali che arricchiscono il sapere aziendale di nuove competenze e abilità. L’IT manager è oggi chiamato a diventare un manager dell’IT e ad avere un ruolo più attivo e strategico nei processi di sviluppo e raggiungimento dei risultati aziendali.

L'ESPERIENZA MATURATA Il progetto nasce dall’aggregazione di Eurosystem SpA e Nordest Servizi Srl, due system integrator con esperienza nello sviluppo di applicativi, nella gestione di progetti di sicurezza e in servizi IT. La scelta dei contenuti, dei docenti e delle modalità di insegnamento deriva dall’esperienza maturata dalle due aziende nel confronto con imprenditori, titolari d’azienda e reparti IT clienti.

TRE LIVELLI PER LA CRESCITA academIT propone un’offerta formativa completa e allo stesso tempo suddivisa in corsi per la crescita tecnica (sapere), manageriale (saper fare) e personale (saper essere). Per un IT manager che conosca gli strumenti tecnologici, i modelli di gestione e organizzazione e sappia accrescere le human skill.ne e sappia accrescere le human skill.

INSEGNARE A FARE academIT dà accesso immediato a nozioni pratiche attraverso formule di insegnamento concentrate. I contenuti sono mirati, studiati e organizzati per essere applicati alla realtà lavorativa di tutti i giorni, grazie ad un network di professionisti in qualità di docenti.

www.academit.it info@academit.it 74

Treviso / Bergamo / Bologna / Verona / Udine / Trieste / Ferrara / Firenze


ACADEMIT

Vorresti trovare il tempo per fare formazione ma non riesci a sottrarti agli impegni di lavoro? ARRIVANO I CORSI E-LEARNING DI ACADEMIT Dal prossimo anno academIT lancerà una nuova modalità di formazione: l’e-learning. L’obiettivo è offrire una formazione on line che possa rispondere alle esigenze di flessibilità degli IT manager di oggi e delle aziende. Il corso prevede lezioni teoriche ed esercitazioni pratiche, che puoi ascoltare e rivedere quando e dove vuoi.

PERCHÉ SCEGLIERE LA FORMAZIONE E-LEARNING DI ACADEMIT • Puoi seguire le lezioni in qualunque posto e in qualsiasi momento della giornata.

• Le lezioni sono brevi e concise, per favorire un’ottimizzazione dell’apprendimento.

• Le esercitazioni ti permettono di mettere in pratica quanto appreso con la supervisione dell’insegnante.

• Puoi rivedere quante volte vuoi i contenuti che ti interessano e archiviarli per consultazioni future.

• Hai la possibilità di entrare in contatto con il docente per approfondimenti o chiarimenti.

• La direzione approverà la tua formazione con più facilità: eviterai trasferte e assenze dalle attività lavorative.

Il primo corso e-learning ad essere attivato sarà CIO First! I contenuti della formazione in aula di CIO First hanno riscontrato successo tra gli IT manager. Per questo abbiamo deciso di replicare il corso in modalità e-learning. Approfitta dell’esperienza del nostro docente: il risultato sarà una guida pratica per valorizzare il ruolo dell’IT e farne una funzione strategica nel raggiungimento degli obiettivi aziendali. 75


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CRISTIANO DI PAOLO IT manager e direzione: come far dialogare i due mondi Adattarsi al linguaggio del business e comprendere le strategie aziendali. “L’IT è assolutamente indispensabile per ottimizzare i processi di business aziendali”. Lo afferma Cristiano Di Paolo, docente del corso CIO First organizzato da academIT. L’IT ha molte potenzialità che spesso restano nascoste a causa di un errato rapporto tra IT manager e direzione. Ma cambiare rotta è possibile. Gli IT manager si lamentano spesso di non essere ascoltati dalla direzione. Quali consigli pratici vuole dare per cambiare approccio? Partiamo dalla difficoltà di comunicazione che hanno gli IT manager con il business: spesso sembrano mondi senza alcuna possibilità di dialogo. L’IT che parla di architetture, servizi e connettività utilizzando un linguaggio tecnico e gli uomini di business che, invece di manifestare i loro bisogni, passano direttamente alla richiesta dell’implementazione di una specifica soluzione. In questa situazione di stallo è l’IT manager che deve muovere il primo passo. Deve spogliarsi del linguaggio tecnico ed iniziare a parlare la lingua del business. La direzione e i manager devono vedere nell’IT manager una figura capace di comprendere la strategia aziendale e di definire gli obiettivi del reparto in modo da supportarla. Così facendo, il valore economico speso per l’IT sarà visto come un investimento in grado di dare frutti, e non una spesa improduttiva. 76

L’IT manager è una figura poliedrica, che unisce un’anima da capitano e una da falconiere… Poliedrico credo sia davvero l’aggettivo che meglio si adatta alla figura di un moderno IT manager. La pervasività dell’informatica impone di essere a conoscenza di un ingente quantitativo di architetture, dispositivi, servizi che evolvono con rapidità incredibile. La sfida in questo caso è scegliere il giusto grado di profondità da dare alla conoscenza e riuscire a rimanere aggiornati. Oltre a questo, ci sono le cosiddette soft skill, che per gli IT manager sono determinanti: saper indicare la strada da percorre in modo convincente, incoraggiare il proprio team vincendo la paura del cambiamento, coltivare i talenti all’interno del proprio staff, saper fare squadra con i propri collaboratori.

Anche l’IT non è esente da calcoli e misurazioni. Ci spieghi perché il CIO non deve odiare la matematica! La frase “se non lo puoi misurare, allora non puoi migliorarlo” credo che esprima bene il concetto. La complessità dei fenomeni con cui un IT manager deve rapportarsi è in crescita esponenziale, così come la velocità con cui questi fenomeni evolvono. Per avere il controllo dei processi di gestione dell’IT aziendale le sensazioni o l’esperienza non sono più sufficienti. Individuare i fenomeni critici sottende un’indagine puntuale e una visione chiara degli obiettivi IT, mentre puntare all’efficienza implica


ACADEMIT un’attenta analisi costi/benefici. Il vantaggio di riuscire a misurare emerge con chiarezza, fornendo all’IT manager un cruscotto di metriche ed indicatori che lo aiutano nel prendere decisioni. Inoltre, stabilire metriche aziendali condivise definisce un linguaggio comune interno all’organizzazione che facilita la comunicazione: un semaforo verde, giallo o rosso, come indicatore per lo stato di un servizio fornito dall’IT, di certo non lascia spazio a fraintendimenti per il business.

L’ottimizzazione dei processi è obiettivo di qualsiasi azienda, piccola, media o grande. L’IT può veramente aiutare a raggiungerlo? L’IT è assolutamente indispensabile per ottimizzare i processi di business aziendali. Non solo nel suo ruolo di fornitore interno di strumenti di office automation, ma come funzione capace di supportare il business nel raggiungere i propri obiettivi di efficienza. Per far questo, però, l’IT deve essere a conoscenza della strategia aziendale e degli obiettivi di ciascuna funzione. In questo modo l’IT manager comprende come il sistema informativo può aiutare ad efficientare i processi, partendo da quelli più critici. Spesso l’intervento dell’IT non è solo quello di automatizzare una o più fasi del processo, ma anche di contribuire al suo ridisegno, ripensandolo completamente alla luce delle nuove possibilità che la tecnologia

offre. Coinvolgere l’IT nei progetti di Business Process Reengineering fin dal primo istante è una mossa vincente.

Lei tratta questi temi nel corso CIO First organizzato da academIT. Dia agli IT manager 3 motivi per cui partecipare alle giornate formative. Il primo direi che viene espresso molto bene dal claim di academIT: “Da IT Manager a Manager dell’IT”. Lo scopo di questo corso è proprio fornire agli IT manager spunti e competenze che permettano di vivere in modo diverso il loro ruolo: mettiamo da parte gli aspetti tecnici e concentriamoci sulla parte manageriale, quella che ci consente di eccellere come gestori della nostra funzione e rapportarci con la direzione in un modo diverso. Il secondo motivo lo individuo nel taglio del corso: pochi e semplici concetti teorici e tanti strumenti pratici. L’ambizione è quella di permettere di tornare in azienda ed avere subito la possibilità di tradurre in pratica quanto visto. Uno dei risultati per chi partecipa è ricevere qualche strumento in più da poter estrarre al momento opportuno dalla propria “cassetta degli attrezzi”. Infine, citerei la possibilità di confrontarsi con colleghi provenienti da aziende diverse per settore, dimensioni e cultura. Infine, l’interattività tra i partecipanti, stimolata anche da esercitazioni di gruppo, permette di confrontare in modo costruttivo gli approcci adottati.

Cristiano Di Paolo Docente academIT Dopo la laurea in Ingegneria gestionale a Udine, ha iniziato la sua esperienza nei sistemi informativi prima come business analyst e poi come project manager. Ha perfezionato le sue competenze frequentando la SDA Bocconi sui principali temi relativi al management ICT. Dal 2007 è responsabile dei sistemi informativi di Gruppo Pittini coordinando lo sviluppo applicativo ed infrastrutturale per tutte le società che ne fanno parte. Interessato ai temi informatici, tecnologici ed organizzativi, fa parte del comitato tecnico dell’IT Club FVG. Dal 2015 coordina la formazione sui temi della governance IT per il board di Isaca Venice Chapter, dopo aver conseguito la certificazione CGEIT, COBIT5F e CGEIT Accredited Trainer.

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Backup e disaster recovery per IBM Power Systems La soluzione DuploTSA: Sincronizza e duplica i dati in tempo reale Ripristina l’operatività in caso di evento disastroso È disponibile on premise o a servizio


STILE LIBERO Lavoro

Il diritto alla disconnessione L’utilizzo dei dispositivi tecnologici per la prestazione lavorativa LIZIER, BASSO E BOTTARI STUDIO ASSOCIATO

In una realtà sempre più interconnessa, caratterizzata dalla presenza dilagante di reti Internet e dall’incessante diffusione di strumenti tecnologici in grado di comunicare in tempo reale ogni genere di informazione, il mondo del lavoro è in costante evoluzione. Accanto all’introduzione di nuovi profili professionali e alla radicale trasformazione di quelli tradizionali, sempre più aziende, infatti, hanno iniziato ad adottare modalità di lavoro nuove, più flessibili, una fra tutte lo smart working (lavoro agile), che offre la possibilità al dipendente di prestare il proprio lavoro anche al di fuori dell’azienda, senza una postazione fissa.

r.berto@studiprofessionali.org

disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche” (art 19, co. 1, L. n. 81/2017).

Problematiche Sebbene il diritto alla disconnessione debba essere ricondotto al rispetto dei tempi di riposo, principio costituzionalmente previsto all’art. 36 e disciplinato dal D.Lgs. n. 66/2003, i suoi connotati non sono ancora ben definiti. La facilità di comunicazione con il lavoratore, anche in luoghi non aziendali, e il potere del datore di lavoro di controllarne l’operato, grazie a smartphone, tablet e relative applicazioni di messaggistica e geolocalizzazione, rende necessario l’intervento di un’accurata normativa a tutela del lavoratore.

Legislazione attuale

Necessità

In un’ottica di conciliazione tra vita lavorativa e familiare, il Legislatore Italiano, con la Legge n. 81/2017, ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento il termine “disconnessione” con l’intento di definire la durata della prestazione agile: “L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile […] individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la

Se da un lato il lavoro agile responsabilizza il dipendente nello svolgimento del proprio lavoro, consentendogli di organizzare al meglio la propria vita privata, dall’altro potrebbe indurlo a garantire al datore la sua totale disponibilità per paura di apparire disinteressato alle necessità aziendali. Queste, oltre all’abuso del potere direttivo da parte del datore di lavoro, sono solo alcune delle conseguenze negative che

potrebbero derivare da una mancata “disconnessione”. È quindi auspicabile una maggior chiarezza sull’istituto per mettere il datore di lavoro nelle condizioni di attuare una politica aziendale trasparente nei confronti dei propri lavoratori, stabilendo a priori l’arco temporale nel quale devono rendersi disponibili. Si eviterebbe inoltre, in tal modo, la violazione del diritto del lavoratore ai propri tempi di riposo oltre ad eventuali contenziosi.

Soluzioni In questa direzione si devono muovere le associazioni datoriali e i sindacati, per far sì che la contrattazione collettiva recepisca i precetti contenuti nella Legge e disciplini il diritto alla disconnessione, contestualizzandone l’applicazione nelle diverse realtà settoriali per tutelare maggiormente i lavoratori. Ad ogni modo, apprezzabili sono i tentativi di regolamentazione da parte di alcune aziende del nostro territorio nazionale attraverso accordi collettivi aziendali, in diversi settori economici.

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Evasione fiscale: come continua la lotta? Sempre più dati a disposizione dell’Agenzia delle Entrate RUGGERO PAOLO ORTICA

info@studiopianapartners.it

L’Agenzia delle Entrate con la recente circolare N. 19/e ha reso noti gli indirizzi operativi in ordine alla prevenzione e al contrasto dell’evasione fiscale attraverso l’utilizzo di nuovi strumenti tecnologici quali big data, machine learning e intelligenza artificiale. Ciò al fine di effettuare un’osservazione più ampia e tempestiva del comportamento dei contribuenti, intervenendo con metodo innovativo e tempistiche più brevi su ambiti critici quali, ad esempio, l’evasione dell’IVA e le frodi fiscali. Strumenti a supporto dell’Agenzia delle Entrate L’Agenzia delle Entrate ha programmato attività di prevenzione e contrasto volte a ridurre la perdita di gettito derivante da evasione fiscale, ovvero il tax gap. Tali interventi partono da analisi dei dati e informazioni a disposizione dell’Agenzia per stabilire approcci combinati e diversificati, sia a livello centrale che territoriale, con l’obiettivo di identificare gli aspetti generali dei soggetti più a rischio da scegliere per i controlli. Per svolgere al meglio queste attività di controllo, sono a disposizione nuove 80

fonti di dati, disponibili nel periodo 2019-2020, come la fatturazione elettronica, la trasmissione dei corrispettivi in via telematica e le informazioni acquisite nell’ambito della cooperazione internazionale (redditi prodotti da soggetti residenti e conti finanziari all’estero).

Attività sulle piccole e medie imprese L’anno in corso si caratterizza per quattro novità di carattere fiscale: • l’introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria; • l’avvio della trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri per i soggetti che nell’anno precedente hanno realizzato un volume d’affari superiore ai 400.000 euro; • l’ampliamento del regime forfetario; • l’approvazione di 175 indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA). Con l’acquisizione di tali dati, sostanzialmente in tempo reale, l’Agenzia riuscirà a captare sul nascere potenziali fenomeni evasivi e di frode fiscale, attraverso l’immediato riscontro di anomalie. Vengono


STILE LIBERO Fisco

infatti intersecate le informazioni ricevute così da svolgere un controllo prioritario su coloro che non hanno giustificato le anomalie rilevate e segnalate.

Attività sui grandi contribuenti L’introduzione della fatturazione elettronica anche per i grandi contribuenti, oltre a prevenire alcuni comportamenti evasivi, consentirà all’Agenzia delle Entrate di possedere in tempo reale i dati da incrociare con altri elementi presenti nei big data. Le attività di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale delle Direzioni regionali si concentreranno sui contribuenti che presentano un maggior rischio fiscale, ovvero su quelli che non esprimono comportamenti collaborativi e trasparenti. I programmi di verifica saranno mirati a intercettare e contrastare efficacemente i fenomeni di pianificazione fiscale nazionale e internazionale più complessi. L’attenzione deve essere rivolta alla necessità di

assicurare l’uniformità delle attività di controllo: per questo saranno segnalate alla Direzione centrale grandi contribuenti che potrebbero rientrare in filoni di indagine da diffondere o coordinare su base nazionale. Ed inoltre le attività di controllo saranno subordinate all’espressa richiesta di parere o di consulenza giuridica da parte delle Direzioni regionali. Si potranno attivare anche attraverso una rinnovata periodicità dei momenti di incontro.

Uomini e Intelligenza artificiale Ancorché l’attività svolta dalle persone fisiche preposte all’analisi ed impiego dei dati rivesta tuttora un ruolo fondamentale, va rilevato come l'utilizzo dei nuovi strumenti big data, machine learning e intelligenza artificiale, unitamente alla capacità professionale degli operatori, consentirà certamente di aumentare in modo esponenziale i controlli svolti dall'Agenzia, sia nei confronti delle piccole e medie imprese sia dei grandi contribuenti. 81


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Il riconoscimento facciale Tra opportunità di business e violazione della privacy UNIS&F

Tel. 0422 916465

privacy@unisef.it

Il riconoscimento facciale è una tecnica di intelligenza artificiale utilizzata in campo biometrico che consente di verificare l’identità di una persona a partire da un’immagine che la ritrae. Innumerevoli sono i campi di applicazione ove questa tecnologia è già stata sdoganata, basti pensare agli smartphone di ultima generazione. Ma quali sono i risvolti privacy di questo tipo di trattamento? Qual è il reale prezzo da pagare? Vediamolo assieme. Agli esordi del riconoscimento facciale I primi esempi di come questa tecnologia possa avere risvolti sulla nostra vita risalgono addirittura al 2014, quando la Stanford University creò il database Brainwash, il cui nome deriva da un omonimo caffè di San Francisco in cui i ricercatori avevano inserito una fotocamera. In tre giorni, la fotocamera ha catturato più di 10.000 immagini, che sono state inserite nel database, ma non è chiaro se le persone fotografate fossero o meno al corrente dell’esperimento. 82

Successivamente i ricercatori di Stanford hanno condiviso il database, che ha potuto così essere utilizzato in Cina da accademici associati alla National University of Defense Technology e a società di intelligenza artificiale che forniscono la tecnologia di sorveglianza per il monitoraggio, tra gli altri, di alcune minoranze etniche cinesi. La base dati del progetto Brainwash è stata rimossa dal sito web originario nel giugno scorso, e per quanto nelle intenzioni dei ricercatori non vi fosse l’arricchimento o il dolo, la quantità di dati qualificati raccolti nel data base creato si è dimostrata essere di per sé l’origine del problema. Ma il caso generato dai ricercatori della Stanford University non è isolato, ed evidenzia in modo palese come le potenzialità che la tecnologia oggi consente di esprimere superino di gran lunga il controllo che i singoli individui possono esercitare sulla propria privacy.

Biometria e privacy L’utilizzo della biometria presenta risvolti problematici per la riservatezza delle persone, risvolti però mitigati da fenomeni di

sospetto sociale quali quelli connessi a fatti terroristici, a prevenzione di reati e controllo nei luoghi di lavoro per massimizzare i profitti, ovvero per ridurre le perdite dovute allo scarso rendimento del lavoratore. Sentiamo ripeterci che dette tecnologie di identificazione facciale sono usate per garantire la nostra sicurezza e in tal senso siamo disposti perfino a rinunciare a qualcosa come parte della nostra privacy pur di avere in cambio la sensazione di sentirci protetti. Ma siamo davvero così sicuri che di sola sicurezza si tratti e che non vi siano interessi ulteriori sottesi all’utilizzo di tale nuova tecnologia? Quello che impressiona e che forse sfugge alla nostra percezione è che la tecnologia non si limita a collegare un volto con informazioni già presenti online. Infatti, i software dei sistemi di intelligenza artificiale sono in grado di riconoscere con grande precisione il sesso, l’età ed almeno 5 stati d’animo (felicità, tristezza, sorpresa, rabbia o neutralità). A breve potremo quindi vedere prezzi personalizzati in base al compratore o, raccogliendo dati di migliaia di utenti, le aziende potranno posizionare la merce sugli scaffali secondo un ordine ben mirato.


STILE LIBERO Privacy Cosa dice la Legge In conclusione, il riconoscimento facciale potrebbe “spiare” le nostre reazioni davanti alla pubblicità di un prodotto o davanti ad un manifesto politico e, dal livello di interesse o da una particolare reazione, potrebbe capire molto dei nostri gusti. Occorrono pertanto normative adeguate a proteggerci da intrusioni dalle quali potrebbero derivare violazioni dei diritti umani. In questa ottica, il GDPR, il nuovo regolamento sulla privacy, pone limiti alla raccolta di dati biometrici, regolamentati nell’art. 9, comma 4, il quale prevede che per i trattamenti relativi ai dati biometrici e genetici sia sempre necessario il consenso, salvo che la legge nazionale, per motivi di rilevante interesse pubblico, sanitari o di ricerca scientifica, storica, archivistica o statistica, non disponga altrimenti. Pertanto, attualmente, per il trattamento delle immagini a fini di riconoscimento facciale delle persone al di fuori delle finalità di polizia e giustizia, e dunque con trattamenti chiaramente riferiti a dati biometrici, è necessario senza dubbio il consenso dell’interessato. www.unisef.it

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Obbligo di conservazione delle PEC Come conservarle per essere tutelati PAOLO RISCICA

p.riscica@riscicaavvocati.it

Non tutti sono a conoscenza che vi è un obbligo, per gli imprenditori, di conservare le PEC per 10 anni. Tale obbligo deriva dagli articoli 2214 e 2220 del Codice Civile che impongono

all'imprenditore di “...conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle

fatture spedite” e dispongono la conservazione decennale per “... le fatture, le lettere e i telegrammi ricevuti e le copie delle fatture, delle lettere e dei telegrammi spediti”. Il valore di una PEC Le PEC sono da equiparare ai documenti cui la legge impone un obbligo di conservazione, al pari di telegrammi, lettere e fatture poiché hanno lo stesso valore legale della raccomandata con ricevuta di ritorno. La PEC, inoltre, è un “documento informatico”, che il Codice dell’Amministrazione digitale definisce quale “rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”. Per classificare compiutamente un documento come informatico, occorre tuttavia garantirne il rispetto delle caratteristiche di paternità, di autenticità, di integrità, di affidabilità, di leggibilità e di immodificabilità, caratteristiche tali da garantire nel tempo valore legale al documento stesso. Per tale ragione, l’utilizzo della PEC garantisce una piena paternità del messaggio inviato o ricevuto così come degli eventuali allegati, che è preferibile sottoscrivere digitalmente in caso si sia i mittenti o, qualora si sia i destinatari della PEC, richiedere

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STILE LIBERO Parola all’avvocato con sottoscrizione digitale. La PEC ha valore legale in quanto il Fornitore del Servizio PEC attesta, con una ricevuta elettronica firmata elettronicamente dallo stesso, l'avvenuta consegna della comunicazione al destinatario. La firma elettronica del Fornitore del Servizio ha però normalmente la durata di un anno e, per tale ragione è opportuno conservare le PEC con un procedimento di conservazione a norma di legge. L’archiviazione su pc o server e/o stampa cartacea non sarà infatti sufficiente, ma per garantire il valore legale del documento informatico dovranno essere seguite le procedure del DPCM del 13 novembre del 2014, che richiama il D.P.C.M. del 3 dicembre del 2013, recante le regole tecniche in materia di sistemi di conservazione. L’Agenzia per l’Italia Digitale ha inoltre pubblicato le “linee guida sulla conservazione dei documenti informatici” ove vengono indicati i principi sulla conservazione dei documenti informatici.

Cosa conservare dei messaggi PEC È opportuno conservare tutta la posta in arrivo, le ricevute di consegna (contenenti il messaggio inviato e tutti i metadati che confermano la consegna effettiva del messaggio al destinatario) e tutti i messaggi che contengono documenti con firma digitale. Per questi ultimi, a maggior ragione, è opportuna una adeguata conservazione, per evitare che alla scadenza del certificato di firma digitale la sottoscrizione perda i requisiti previsti dall’articolo 2702 del Codice Civile, con la conseguenza che da scritture private che fanno piena prova, fino a querela di falso, delle dichiarazioni ivi contenute, vengano declassate, ai sensi dell’articolo 2712 C.C., a mere riproduzioni informatiche,

che fanno piena prova dei fatti e delle cose rappresentate; a meno che coloro contro i quali sono prodotte non ne disconoscano la conformità ai fatti o alle cose stesse. È altresì opportuno conservare i messaggi PEC inviati: in particolare, la “ricevuta di consegna completa” formata dal file “postacert.eml”, contenente il messaggio originale, completo di testo ed eventuali allegati, e il file “daticert.xml”, che riproduce l’insieme di tutte le informazioni relative all’invio (mittente, gestore del mittente, destinatari, oggetto, data e ora dell’invio, codice identificativo del messaggio). La ricevuta di avvenuta consegna "completa” di una PEC, infatti, è mezzo idoneo a certificare non solo il recapito – nella casella di Posta Elettronica Certificata – del messaggio e-mail, ma anche degli eventuali allegati alla stessa. Contro tale ricevuta è comunque ammessa prova contraria costituita da errori tecnici riferibili al sistema informatizzato, come ha avuto modo di specificare la Corte di Cassazione civile, sez. VI , 09/04/2019, n. 9897.

ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime. Le regole relative alla necessità di conservazione decennale dei documenti informatici, pertanto, si possono estendere per analogia alle e-mail rilevanti per l’impresa, quali ad esempio quelle contenenti le trattative per un determinato affare. Tale obbligo di conservazione, tuttavia, può rivelarsi più un vantaggio per l’imprenditore, piuttosto che uno svantaggio, in quanto, se adeguatamente conservati, i documenti informatici potranno essere utilizzati in eventuali procedimenti giudiziali o amministrativi.

In conclusione L’imprenditore dovrà organizzarsi per la conservazione delle PEC e delle e-mail rilevanti per l’attività d’impresa, anche affidando tale incombente a terzi, che potranno conservare i documenti informatici mediante la conservazione sostitutiva, per un periodo di 10 anni.

E le e-mail? Anche una e-mail, un tracciato record, un database, sono da considerarsi documenti informatici a tutti gli effetti. In tema di efficacia probatoria dei documenti informatici, il messaggio di posta elettronica (cd. e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non 85


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Comunicare se stessi e le proprie idee efficacemente Un’abilità fatta di ascolto, consapevolezza ed empatia MAURO SARTI

redazione@logyn.it

La comunicazione è il terreno sul quale ci giochiamo le nostre relazioni personali e professionali. Un tema affascinante e fatto di molte sfaccettature. La parte verbale incide per meno del 10% sul totale della nostra comunicazione, il restante 90% è fatto di dati che sono parte di una comunicazione “sottile”, che si nota meno a prima vista ma che produce i maggiori effetti nell’interlocutore. Stiamo parlando di: tono e volume della voce, fluidità del discorso, postura del corpo, sguardo, gestualità, emozioni e sentimenti che proviamo e inevitabilmente trasmettiamo all’altro. Una parte difficile da controllare perché legata ai nostri istinti e alla nostra interiorità, che possiamo però imparare a governare con ascolto, consapevolezza ed empatia. Regola numero uno: imparare ad ascoltare Porsi “effettivamente” in ascolto permette di cogliere molti più segnali e messaggi che arrivano dalla persona che abbiamo davanti e valutare meglio quello che ci sta comunicando. Per migliorare questa abilità bisogna però interrompere il fiume di pensieri che elaboriamo mentre la persona 86

che incontriamo parla o si esprime, smettendo di pensare a quello che dovremmo rispondere, a come dirlo, a cose successe prima o che ci aspettano dopo, a sensazioni che stiamo provando. Serve attivare un silenzio mentale che si ottiene concentrandosi completamente sull’interlocutore, che in quel momento deve essere la persona più importante, a cui donare tutte le nostre attenzioni percettive. Il vantaggio sarà duplice: recepiremo molte più informazioni e faremo sentire l’altro ascoltato e accolto, cosa che gli permetterà di aprirsi con noi e migliorare la qualità della nostra relazione.

Dall’ascolto consapevole alla gestione delle emozioni La propensione all’ascolto consapevole consente di migliorare anche la gestione delle proprie emozioni. Se facciamo spazio all’altro, sarà più facile attenuare emozioni che stiamo provando e che potrebbero incidere negativamente su come stiamo per comunicare. Molto spesso sono le emozioni non gestite che interrompono o creano forti ostacoli a quello che vorremmo dire o condividere. Ansia, preoccupazione, rabbia, timore, vergogna, imbarazzo o altro non sono buoni alleati della

nostra comunicazione, vanno gestiti e dosati con equilibrio per evitare che conducano a percorsi poi difficili da riprendere o governare. Una buona strategia, soprattutto quando l’altro suscita in noi emozioni negative, è prepararsi a quello che vogliamo dire e a come vogliamo dirlo. Trovate uno spazio di tempo che precede l’incontro in cui “vivere” mentalmente quello che vi apprestate a fare, immaginate l’altra persona di fronte a voi e voi stessi che parlate con calma e disinvoltura comunicando in modo efficace. Può essere vissuto anche più volte in modo da rafforzare i collegamenti neuronali della nostra mente, creando un’impronta effettiva che poi ci guiderà nell’incontro reale. Questa tecnica funziona perché si basa su un preciso principio: la mente non distingue un’azione reale da una intensamente immaginata, per la mente è la stessa cosa.

Infine, l’empatia Ogni persona dovrebbe coltivare quella che viene chiamata “comunicazione empatica”, una forma di trasmissione del nostro pensiero in cui proviamo a vedere le cose con gli occhi dell’altro, comprendendo anche le sue emozioni e aspettative, i suoi pensieri e bisogni, evitando di dare giudizi, trarre conclusioni affrettate


STILE LIBERO Benessere sul lavoro o approcciarsi con pregiudizi o false aspettative. Diventare, cioè, un facilitatore della comunicazione, che non significa fare quello che vuole l’altro, ma aumentare la propria visione accogliendo i punti di vista di chi ci circonda per avere, di conseguenza, una visione più completa e dettagliata che ci aiuterà nel capire qual è la strada migliore da perseguire. Una semplice regola, che può agevolare un buon modo di relazionarsi, è pensare al modo con cui vi piacerebbe essere trattati in un determinato contesto ed attuarlo. Generalmente i bisogni dell’essere umano sono comuni, ad ognuno di noi piace essere riconosciuto, ascoltato, rispettato e valorizzato. Una buona autostima personale può aiutarvi a mantenere ed esprimere un atteggiamento assertivo che rispetti l’altro ma che, allo stesso tempo, vi consenta di esprimervi con chiarezza e autorevolezza.

Allenare il carisma Esistono persone che riescono a far fluire tutte queste doti con grande naturalezza e semplicità: sono le persone riconosciute per essere dotate di grande carisma. Ma il carisma è una risorsa che tutti noi, anche in piccola parte, possediamo. Di conseguenza possiamo addestrarci ad essere più carismatici, allenandoci giorno dopo giorno nelle relazioni che ci vedono impegnati, favorendo l’ascolto, la comprensione, l’approccio positivo alle situazioni e instillando consapevolezza nelle nostre azioni.

Gli strumenti a disposizione Esistono corsi o esperienze di sviluppo personale che ci possono aiutare a migliorare e comprendere meglio come relazionarci. academIT, il progetto formativo di cui sono responsabile all’interno del gruppo Eurosystem, propone una serie di programmi dedicati alle human skill, che si propongono di realizzare tutto ciò. Per ogni professionista è sì importante la preparazione e la conoscenza, ma è la componente umana che fa maggiormente la differenza e contribuisce a realizzare percorsi di successo. Comunicazione efficace, Public Speaking, Coaching sono alcuni dei temi che proponiamo per offrire strumenti e metodi per conoscersi e valorizzare le proprie abilità personali. Per info: www.academit.it

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Il PELL consente di far diventare la PA un soggetto attivo del processo di digitalizzazione.

ENEA La tecnologia che accompagna le PA a diventare smart city Una piattaforma per controllare le infrastrutture e rendere efficienti i consumi delle città Smart city: strumenti e piattaforme in grado di raccogliere, gestire e interpretare i dati. Lumiere & Pell e SmartItaly Goal sono due progetti che mirano a guidare le amministrazioni nell’attivazione di processi di smart city. Un panorama in cui le PA lottano tra desiderio di innovazione, mezzi economici e competenze insufficienti. 88


STILE LIBERO Il viaggio Si sente molto parlare di città virtuose, o meglio di comuni virtuosi. Come percepisce questa volontà di avviare “buone pratiche” da parte delle amministrazioni? Le amministrazioni hanno il desiderio di innovare i propri servizi e quindi le modalità di gestione dei contesti urbani e territoriali. Ma spesso, oltre a non avere i mezzi economici, non dispongono delle sufficienti competenze al loro interno per attivare quei processi d’innovazione urbana che oggi si basano sull’utilizzo delle soluzioni digitali e sulla sapiente gestione del dato, vale a dire in chiave smart city.

Lei coordina Lumière. Come si inserisce il progetto all’interno di questo scenario di sensibilizzazione? Lumière ieri, Lumière & Pell e SmartItaly Goal oggi. Sono due progetti che puntano a supportare e guidare le amministrazioni nell’attivazione di processi di smart city oltre che a rafforzarne le competenze. Lo scoglio più grande è quello di coinvolgerli nella rivoluzione culturale.

Se da un lato gli amministratori sono stati bombardati da tecnologie che danno vita ad una miriade di nuovi servizi, dall’altro non sono stati edotti sufficientemente su come utilizzarle e inserirle coerentemente e con efficacia nei contesti da loro amministrati. La tecnologia e il servizio innovativo devono essere necessari ai cittadini e al territorio, gestiti dagli amministratori e utilizzati dagli utenti finali. Solo conoscenza e competenza consentono tale traguardo e come tali vanno promosse, diffuse e metabolizzate. I nostri progetti puntano dunque a costruire da un lato dei percorsi formativi e dall’altro delle soluzioni “standard” e/o “autostrade” affinché insieme ad una strategia nazionale per la smart city vi sia la necessaria competenza per applicarla e i dovuti strumenti per realizzarla.

Il contributo di Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) alla smart city si realizza attraverso PELL. Cos’è e come funziona? Il PELL è il braccio operativo di Lumière che consente a qualsiasi PA, attraverso la digitalizzazione delle informazioni, di conoscere e saper gestire le infrastrutture. Il PELL si configura come una piattaforma software verticale per la raccolta dei dati di identità dell’infrastruttura (statici - censimento) e di quelli di funzionamento (dinamici - consumi), restituendo alla PA indicazioni circa la qualità/bontà delle infrastrutture attraverso opportuni KPI (Key Performance Indicator). La definizione di un modello standard di raccolta dei dati (statici e dinamici), secondo le regole europee per la digitalizzazione, consente alle PA di raggiungere un primo step importante di realizzazione delle città in un’ottica smart city.

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Perché una PA dovrebbe adottare il PELL? Perché il PELL consente, con una certa facilità, di far diventare la PA un soggetto attivo nel processo di digitalizzazione, avendo come mission la trasparenza e la condivisione dei dati. Questo è possibile utilizzando le competenze già disponibili, di gestori e manutentori, per la raccolta dei dati e la piattaforma messa a disposizione dal PELL dove caricare e visualizzare i dati.

Laura Blaso Ricercatrice presso il Laboratorio Smart Cities and Communities (DTE-SEN-SCC) dell’ENEA Ha conseguito la laurea in Architettura (2003) ed il Dottorato di Ricerca in “Innovazione Tecnologica per l’Architettura ed il Disegno Industriale” (2008) presso il Politecnico di Torino. Dal 2015 è la referente scientifica del Progetto Public Energy living LAB (PELL IP) e coordinatrice del Gruppo di Lavoro dell’UNI “Risparmio energetico degli Edifici” UNI/CT023/GL10 della Commissione UNI/CT023 “Light and Lighting”. È autrice di quasi sessanta pubblicazioni in ambito nazionale ed internazionale.

Come valuta gli investimenti nelle infrastrutture per rendere operativa questa piattaforma? Sappiamo che spesso le infrastrutture pubbliche sono obsolete. Il PELL funziona indipendentemente che esista una piattaforma di livello uguale o superiore della PA. La piattaforma PELL deve essere alimentata con i dati ed il caricamento delle informazioni del censimento. Ad oggi avviene manualmente utilizzando il front-end del PELL, in futuro sarà un processo automatico. Il caricamento dei dati dinamici, ovvero i consumi, avviene inviando automaticamente alla piattaforma i dati degli smart meter posti nei quadri elettrici. Il PELL si può avviare sia con una solo delle due fasi (censimento) sia con entrambe (censimento e consumi). Questo permette a qualsiasi PA di aderire e di investire nell’innovazione tecnologica degli impianti che, per quanto riguarda la pubblica illuminazione, non sono più così obsoleti come sembravano poco meno di un decennio fa.

Avete previsto altri ambiti di applicazione? Potrebbe diventare una soluzione anche a portata di azienda?

Nicoletta Gozo Coordinatrice del progetto Lumière & Pell Dal 1986 lavora presso ENEA come sviluppatrice e coordinatrice di Progetti per il miglioramento della gestione energetica del territorio. Coordina il progetto Lumière & Pell per lo sviluppo di piattaforme per la gestione e la valorizzazione dei dati delle infrastrutture strategiche, partendo da quella della Pubblica Illuminazione. Con particolare riferimento alla digitalizzazione delle infrastrutture strategiche all’innovazione urbana in chiave smart city, è coresponsabile della diffusione e dei Network Nazionali per le attività legate alla Ricerca di Sistema Elettrico.

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Stiamo sviluppando il PELL edifici-scuole per quanto riguarda gli aspetti energetici del sistema edificio-impianti sia per la valutazione del rischio sismico. Si sta già pensando allo sviluppo del PELL sugli smart service (mobilità) ed ospedali. Collaborando con loro, la soluzione è stata pensata anche per le aziende. Inoltre, le aziende, come pure i professionisti, ci stanno chiedendo come accreditarsi al PELL per potersi proporre alla PA in qualità di compilatori autorizzati delle schede censimento e molte stanno già sviluppando i loro database di raccolta dati in modo da raccogliere le informazioni secondo le “Specifiche di contenuto di riferimento tecnico PELL – Illuminazione Pubblica” pubblicate da AgID (Agenzia per l’Italia Digitale).


STILE LIBERO Sport

TREVISO BASKET Storia di una rinascita Audacia, passione e spirito di squadra: la formula del successo

Lo sport e il fare squadra sono la traccia che caratterizza tutta la sua vita. Paolo Vazzoler è stato tra i fondatori del Treviso Basket e oggi ne è anche Presidente. La squadra che, nata dalla chiusura della Benetton Basket, in soli due anni passa dalla Promozione alla serie A con un record di 4.200 spettatori alla prima partita, un’intera città e la sua Provincia coinvolte, 70 aziende consorziate, l’acquisizione di due vivai con oltre 250 giovani atleti. E oggi, i numeri di questa straordinaria storia di successo, sono ancora cresciuti: le aziende coinvolte nel Consorzio sono oltre 150, quelle sponsor 87, i ragazzi delle giovanili più di 700 ed il pubblico al palazzetto ha una media che sfiora le 5.000 presenze. Riportare il Treviso in serie A e sfatare il tabù dei play-off: passione e tenacia sono stati alla base di questo successo? O avete un’altra formula da svelarci? Umiltà e lavoro. È sempre stata chiara la mission e la nostra aspirazione, così come la necessità di non dimenticare da dove siamo venuti. Quest’anno siamo riusciti a far sì che ciascuno rinunciasse a un po’ di se stesso per il bene comune, migliorando individualmente giorno per giorno: la squadra ne ha beneficiato come mai prima. Possiamo aggiungere che la spasmodica cura di ogni dettaglio ci ha permesso di vincere a pochi mesi di distanza la Coppa Italia e i play-off per la promozione.

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numero 17

La razionalità e l’analisi della situazione oggettiva avrebbe portato chiunque a rinunciare, ma la pazzia di pochi si è trasformata in atto d’amore di molti e allora, nonostante l’amarezza, abbiamo provato a ripartire. Scompare la gloriosa Benetton Basket e un gruppo di imprenditori appassionati e uomini storici del basket trevigiano fondano il Consorzio Universo Treviso, proprietario al 100% del club. Ci racconti di questo 4 luglio 2012. 4 luglio, come spesso capita, è solo la data che ricorda la fine di un’illusione e l’inizio di un viaggio che ci ha portato dove siamo ora. In realtà, nelle concitate settimane precedenti e in quelle immediatamente successive, è accaduto di tutto: dall’acclamazione del salvataggio da parte di un imprenditore trevigiano sfumata nell’arco di un week end, ai ricorsi federali, dai vani tentativi di ripescaggio a querelle infinite con i diversi stakeholder. La razionalità e l’analisi della situazione oggettiva avrebbe portato chiunque a rinunciare, ma la pazzia di pochi si è trasformata in atto d’amore di molti e allora, nonostante l’amarezza, abbiamo provato a ripartire. Si potrebbe scrivere un libro su quel periodo, ma le parole farebbero fatica a descrivere il frenetico e convulso tentare ogni soluzione possibile fino a capire che saremmo dovuti ripartire dal fondo. La voglia di rivalsa e di dimostrare che si saremmo riusciti sono stati forse i primi e più energetici carburanti per cominciare.

Da quel giorno è iniziata la vostra sfida alla crescita, fatta di fatiche, determinazione e anche tanta passione di dirigenti, giocatori e tifosi. Come sono stati i due anni che hanno seguito la vostra nascita?

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SPORT Il primo anno abbiamo vissuto sulle ali dell’entusiasmo popolare con un gruppo di ragazzini accompagnati da vecchie glorie del passato. Abbiamo giocato in tutti i palazzetti della provincia di Treviso e Belluno ed è stato bellissimo. Vincere i play off a Quinto è valso per tutti: giocatori, staff, tifosi come la finale di Eurolega. Il transito in serie B con una wild card è considerato da tutti una fase transitoria perché il vero inizio verrà solo l’anno successivo, con il ritorno al PalaVerde e la serie A2.

Cosa significa per voi società e per i giocatori disputare gli incontri al PalaVerde? Possiamo quasi chiamarlo il “tempio” dello sport trevigiano e dei livelli nazionali a cui è arrivato. La casa dove la storia della pallacanestro a Treviso si è svolta negli ultimi 35 anni. Dal 1984, anno dell’inaugurazione, il PalaVerde è sempre stato sinonimo di basket e di successi. Orgoglio per la società e per la città intera. La serie di gagliardetti appesi al soffitto ricorda a chiunque entri quante battaglie e quante vittorie si sono celebrate. Rimane uno dei più bei palazzetti d’Italia, ma a renderlo unico, questo gigante di cemento, sono le oltre 5.000 persone che ogni domenica lo riempiono e i giocatori che con la maglia di Treviso vanno in campo.

nego di aver sognato che un giorno, un ragazzino come lo sono stato io, potesse uscire da trevigiano quale capitano della squadra della sua città. Oggi sono 700 i bambini che giocano con i nostri colori e se è vero che gli annali ci ricordano perché abbiamo vinto un campionato under 20, a noi piace di più pensare che stiamo aiutando tanti bambini a vivere il loro sogno e a crescere.

Anche sulla base della campagna acquisti fatta, qual è l’obiettivo che quest’anno vi ponete in termine di risultati? Se umiltà e lavoro ci hanno contraddistinto sin dal primo giorno, non vedo perché cambiare proprio ora. Dobbiamo consolidarci, la Serie A1 è diversa dalla A2; dobbiamo giocare ogni singola partita come fosse una finale e giorno per giorno acquisire sicurezza. Non possiamo dimenticarci che molti dei ragazzi sono all’esordio nella massima categoria: noi crediamo molto in loro e loro devono imparare a credere in se stessi, come squadra prima che come giocatori.

Il pubblico di tifosi non vi ha mai abbandonato, anzi è cresciuto. Ve lo aspettavate? Che ruolo ha giocato questa forza umana? Non possiamo dimenticare la risposta della città e della provincia nel momento della sottoscrizione popolare, quando il basket a Treviso sembrava destinato a morire. È stato sufficiente che pochi provassero a correre per costruire qualcosa, che subito a decine, centinaia, migliaia alla fine si trovassero a correre con gli stessi valori, la stessa passione. Spesso si legge che il pubblico ha fatto da sesto uomo in campo e a Treviso, per fortuna, questo accade spessissimo. I giocatori sanno che devono meritare il supporto dei loro fan impegnandosi al massimo, i tifosi sanno che il loro incitare è adrenalina pure per chi sta in campo.

Qual è la portata di Treviso Basket oggi? Non abbiamo ancora parlato del settore giovanile… Se la spinta a ripartire è venuta dalla passione della gente, la ratio del nuovo inizio sono stati proprio i ragazzini. Non

Paolo Vazzoler

Presidente Treviso Basket

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L’acqua di mare & l’erba voglio

La cucina a modo mio: cucina trendy, facile e un po’ elaborata, ma alla portata di tutti e di tutte le situazioni di Luisa Giacomini cuoca per passione luisa.jackomini@gmail.com

C’era una volta la cucina dei grandi sughi e condimenti del Sud e quella più calda e inebriante del Nord. C’è oggi l’aspirazione ad una fusione golosa e che meglio rappresenta la bontà di tutto il territorio. Capunti alla canapa con radicchio rosso di Treviso e tartare di mazzancolle.

Ingredienti per 4 persone Per la pasta 350 g di semola rimacinata di grano duro, 50 g di farina di canapa, 1 cucchiaio di olio di canapa sativa, 300 ml d’acqua, un pizzico di sale.

Per la tartare di mazzancolle 500 g di mazzancolle, 50 g di nocciole tostate, olio di canapa sativa, pepe rosa al mulinello, sale rosa dell’Himalaya.

Un vino rosso delicato è l’ideale per accompagnare un primo rustico e di crostacei: Pinot Nero, Schiava, Sangiovese, Nebbioli scarichi e semplici. Oppure Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Nerello Calabrese. Ma anche Barbera e Grignolino. 94


STILE LIBERO Cucina Per il condimento

Impiattamento

3 cespi di radicchio rosso di Treviso IGP, 30 g di nocciole tostate, 1 scalogno, 1 bicchiere d’acqua, 1 noce, 1 noce di burro, un goccio di latte, Worcestershire sauce qb, coriandolo spezia macinata qb, sale rosa e pepe rosa al mulinello, olio extra vergine d’oliva oppure olio di canapa sativa.

Impiattare in un piatto piano: usare un grande coppapasta per inserire i capunti. Con un piccolo coppapasta ricavare uno spazio dove inserire la tartare. Decorare con gocce di salsa alla nocciola, qualche spicchio di radicchio rosso e qualche nocciola.

Esecuzione Pasta Con la planetaria: seguire le istruzioni della macchina; aggiungere acqua quanto basta per ottenere l’impasto ben amalgamato e corposo. A mano: versare le farine in una ciotola capiente, aggiungere il sale e l’olio, infine l’acqua poco alla volta. Amalgamare e impastare per qualche minuto con le mani, aggiungere acqua, continuare per circa 10 minuti sino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo, corposo e non troppo morbido. Preparare un panetto per farlo riposare coperto con un telo per 30 minuti. Trascorso questo tempo, tagliare l’impasto in parti uguali e con i palmi delle mani compiere un movimento rotatorio, formando un cordoncino abbastanza lungo e sottile di pasta. Con un coltello a lama liscia ricavare dai cordoncini degli gnocchetti di circa 2 cm per i cavatelli e 3 cm per i capunti. Ottenuti tutti gli gnocchetti, proteggerli con un panno umido dall’essicazione e trascinare verso di sé uno gnocchetto alla volta, con due dita per i cavatelli e tre dita per i capunti.

Tartare di mazzancolle Lavare e pulire le mazzancolle, tagliandole nel senso della lunghezza. In una ciotola versarle tagliate a cubetti e aggiungere una macinata di pepe rosa, 30 g di nocciole tritate grossolanamente, olio di canapa qb.

Condimento In un pentolino sciogliere il burro, aggiungere le nocciole tritate e l’acqua. Regolare con poco sale e pepe. Frullare per ottenere una crema fluida. Tagliare le foglie esterne a pezzetti di circa 3 cm e il cuore a spicchi regolari nel senso della lunghezza. In una padella rosolare delicatamente lo scalogno tritato nell’olio, aggiungere il radicchio a pezzetti, qualche goccia di Worchestershire sauce, poco sale e pepe, coriandolo; spadellare poi con un goccio di latte a fuoco vivace. Unire gli spicchi di radicchio e portarli a cottura al dente. Amalgamare il ragout di radicchio con un cucchiaio della crema di nocciola. Togliere la tartare dal frigorifero, aggiungere poco sale e mescolare delicatamente. Cuocere i capunti dai 5 ai 7 minuti in acqua bollente. Padellarli nel condimento di radicchio con poca acqua di cottura.

Avete fatto provvista di funghi per l’inverno o avanzate delle castagne? Vi propongo un’altra versione creativa della ricetta: Capunti alla canapa con porcini, nocciole e castagne.

Ingredienti per il condimento 300 g di porcini o funghi misti, 150 g di castagne arrostite e sbucciate, 50 g di nocciole tostate, 1 bicchiere di latte, 1 scalogno, 1 rametto di rosmarino, 1 ciuffo di prezzemolo, 2 spicchi d’aglio, 3 foglie di salvia, una noce di burro, olio extravergine di oliva e olio di canapa, sale e pepe.

Esecuzione In una padella profumare nell’olio l’aglio schiacciato ed eliminarlo quando biondo. Mettere lo scalogno tritato, profumare e versare i funghi mondati a pezzi, il rosmarino, il prezzemolo e l’aglio tritati finemente. Se le castagne sono secche aggiungerle in questa fase insieme a latte, acqua e 3 foglie di salvia. Aggiungere ora le nocciole spaccate grossolanamente, regolare di sale e pepe. Se le castagne sono fresche unirle a fine cottura e amalgamarle al condimento dei funghi. Mantecare infine con una noce di burro. Padellare poi su fiamma vivace con i capunti lessati. Impiattare con una cima di salvia, nocciole tritate e un filo d’olio di canapa.

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#17

Più che volontari: amici Ogni weekend dell'anno, e per una settimana intera d'estate, i volontari dell'associazione Lucia Schiavinato condividono occasioni di divertimento, benessere, crescita personale con le donne e gli uomini con disabilità del Piccolo Rifugio di Vittorio Veneto (Tv) e della provincia di Treviso. Che si tratti di fare karaoke con Paolo, ascoltare le speranze di Sandra o permettere a Monia, sulla sua speciale sedia a rotelle, di vivere la gioia di un bagno a Caorle... sono tutte occasioni per donare amicizia, ascolto e passione a chi è più fragile. E per ricevere da loro molto, molto più di ciò che si dà.

Periodico di Eurosystem SpA

Una storia di tecnologie e persone che creano il futuro.

il personaggio PAOLO NESPOLI

Houston, abbiamo un problema!

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Un collega virtuale per discutere di dati aziendali

PER AIUTARCI:

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Storia di una rinascita

Per scoprire assieme a noi la bellezza dell'incontro con la disabilità:

+39 3473677957 info@luciaschiavinato.it www.luciaschiavinato.it Facebook “Associazione Lucia Schiavinato”

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