N 1 LiberaMente

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LiberaMente N. 1

La voce di Lettere

31/03/2016

LiberaMente Un breve messaggio dalla redazione.

LiberaMente è un progetto che nasce da un gruppo di ragazzi della facoltà di Lettere e Filosofia di Tor Vergata, con la voglia e la necessità di fornire agli studenti uno strumento di libera espressione e informazione. L’idea del giornale prende forma quando le strade di alcuni di noi confluiscono in un unico grande proposito: essere la voce degli studenti per gli studenti. Il nome LiberaMente, infatti, vuole rappresentare la possibilità di informare ed essere informati liberi da vincoli e preconcetti. Cerchiamo quindi di fornire un quadro di notizie ampio e varie­ gato, trattando delle tematiche più disparate: dall’attualità alla cultura, con un occhio di riguardo alla vita universitaria, senza escludere uno spazio aperto agli interventi di chi­ unque voglia condividere le proprie idee o esprimere la propria creativi­ tà Non abbiamo la presunzione di in­ fluenzare l’opinione pubblica, ma vogliamo far sì che i lettori di questo mensile si approccino con uno sguardo più critico nei con­ fronti di tutto ciò che li circonda. LiberaMente si ripropone di essere un momento di informazione bina­ ria, in cui noi forniremo degli ap­ profondimenti sui temi che i nostri lettori ci proporranno. Questo vuole essere dunque un punto di riferi­ mento all’interno della facoltà, forse oggi ancora inesistente, o al­ meno non in forma concreta.

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I giovani attendono 90 giorni per una “paghetta” mentre le agenzie si ar­ ricchiscono

GARANZIA GIOVANI?

L'Italia riceve 1.5 miliardi eppure i giovani sono pre­ cari

Il progetto Garanzia Giovani è veramente una garanzia per i giovani? Ormai sembrerebbe asso­ dato il contrario. Questo piano europeo si pone come obbiettivo quello della lotta alla di­ soccupazione giovanile. A tale scopo sono stati previsti, per i Paesi Membri con tassi di disoccupazione superiori al 25%, dei finanziamenti che saranno investiti in politiche at­ tive di orientamento, istruzione, formazione e inserimento nel mondo del lavoro, a sostegno dei giovani senza impiego, né inseriti in un percorso scolastico o formati­ vo. In armonia con l’Unione Euro­ pea, l’Italia dovrà garantire ai giovani tra i quindici e i diciannove anni, residenti nel nostro Paese, cit­ tadini comunitari, o extracomuni­

tari con regolare permesso di sog­ giorno, una valida offerta di lavoro, il proseguimento degli studi, un ap­ prendistato o un tirocinio entro quattro mesi dall’inizio della disoc­ cupazione, o dall’uscita dal sistema di istruzione formale. Coloro che intendono usufruirne si rivolgono ai Centri per l’Impiego a livello pro­ vinciale, dove ricevono l’accoglien­ za e il primo orientamento. Qui in­ oltre, gli impiegati si occupano di “profilare” i soggetti, illustrando loro il funzionamento del progetto e cercando di capire quali sono le competenze dei candidati. Dopo queste operazioni preliminari, viene proposto loro un percorso di inseri­ mento personalizzato. Sem­ brerebbe un aiuto vantaggioso per coloro che stanno per affacciarsi sul mondo del lavoro, tuttavia non è così. Infatti, oltre alla paga mai su­ periore ai 500 euro (anche se le competenze di questi giovani con­ sentirebbero di ambire a qualcosa di ben più gratificante), i “garantiti” devono anche anticipare le varie spese di trasporto e vitto. I fortunati che hanno alle spalle una famiglia in... continua a pag. 3 DD 1 DD


grado di poter sostenere tali spese dovranno attendere novanta giorni prima di vedere l’arrivo del primo stipendio, senza che vengano versa­ ti loro i contributi. Quindi coloro che non posso usufruire dell’aiuto dei genitori vengono tagliati fuori dal progetto. Tuttavia, i fondi stan­ ziati per l’Italia sono circa 1,5 mi­ liardo. Qualcosa non torna. A quanto pare, agenzie del lavoro, Enti di formazione, agenzie interi­ nali e aziende private hanno messo su un vero e proprio giro di affari ai danni dei giovani malcapitati. Al momento di accettare il percorso, l’utente firma un “ Patto di servi­ zio” attraverso il quale entrano in gioco le società accreditate, le agenzie per il lavoro con relativi bonus in caso di “raggiungimento del risultato” e gli enti di formazio­ ne. Per comprendere il funziona­ mento di questo meccanismo pren­ diamo ad esempio la situazione del Lazio, dove sono previste due misure: “orientamento specialisti­ co” e “accompagnamento al la­ voro”. Nel primo caso l’orienta­ mento viene condotto da un operatore che ha un compenso di trentacinque euro l’ora con pro­ grammi di circa otto ore. Poco più di un anno fa, i giovani registrati a Garanzia Giovani ri­ sultavano 542.369, di cui quelli presi in carica sono stati circa 279.53, i compensi vanno dunque commisurati a questi numeri. Il ser­ vizio di “accompagnamento al la­ voro” prevede cifre ben diverse. Le società vengono retribuite in due modi: un rimborso elevato in caso di stipulazione di un contratto, e una quota fissa in caso di mancato contratto. Il rimborso varia in base al tipo di contratto che, se è a tempo indeterminato o di appren­ distato, va dai 1500 a 3000 euro a utente, se il contratto invece è a tempo determinato o di sommini­ strazione, va dai 1000 a 2000 euro. La “quota fissa” equivale a una ci­ fra tra i 130 e i 160 euro. Il per­ corso formativo viene finanziato invece con 280 milioni di euro e prevede corsi tra le cinquanta e le duecento ore, mentre “l’accompa­ gnamento al lavoro” riceve un fi­ nanziamento di 205 milioni. Di­ verso è il bonus occupazionale che è di circa 190 milioni. Le aziende che assumono

con contratti superiori a dodici mesi o a tempo indeterminato ricevono dai 3000 ai 4000 euro a utente. Soldi che finiscono nelle casse delle aziende e che sono cumulabili con altre forme di incentivi pub­ blici. Facendo un conto comples­ sivo di come le Regioni hanno stan­ ziato i fondi a disposizione, si scopre che la cifra è vicina ai 490 milioni di euro. Amir Bousrira

INCIDENTE DI TERRAGONA

Erasmus fatale per 13 ragazze La primavera comincia nel peg­ giore dei modi: la morte delle tredici ragazze in Erasmus tinge di rosso la nuova stagione. Sono le 6:00 del mattino, un convoglio di cinque autobus, con a bordo circa trecento studenti e studentesse di varie nazionalità legati al progetto Erasmus Studenti Network, viaggia sull’autostrada AP­7 nei pressi di Terragona. I ragazzi sono di ritorno dalla notte dei fuochi nella Fiesta de Las Fallas, evento da poco con­ cluso nella città di Valencia. Duran­ te il viaggio, uno degli autisti, com­ plice probabilmente un colpo di sonno, perde il controllo del proprio veicolo, provocando un terribile in­ cidente. Perdono la vita tredici ragazze, di cui sette italiane, due te­ desche, una romena, una prove­ niente dall'Uzbekistan, una francese e una austriaca. Nonostante il con­ ducente sia risultato negativo ai test relativi all'uso di alcol e droghe, ora è indagato per omicidio colposo plurimo. Come se non bastasse già l'accaduto a causare immenso dolore a amici e familiari delle vit­ time, secondo le clausole di garan­ zia sembrerebbe che ogni responsabilità verso gli studenti in caso di danni e lesioni non possa essere imputabile alla struttura or­ ganizzativa di questo viaggio. Il convoglio, partito da Barcellona sabato 19 marzo alle ore 6:15 in Plaza Espanya, doveva condurre le

ragazze all’evento di Valencia. Trattandosi di un luogo di svago e divertimento, nessuno avrebbe mai immaginato un simile finale. Sette studentesse italiane, ovvero France­ sca Bonello, Elisa Valent, Valentina Gallo, Elena Maestrini, Lucrezia Borghi, Serena Saracino ed Elisa Scarascia Mugnozza, hanno tragi­ camente perso la vita. Senza trala­ sciare i trentaquattro ragazzi feriti, di cui quattro nostri connazionali, e lo shock di coloro che hanno as­ sistito e subito impotenti un inci­ dente di questa portata. Non volendo in nessun modo addossare la colpa a alcuno, attendiamo che la giustizia faccia il suo corso, per rispetto alla vita di persone, stu­ denti come noi, che oggi non ci sono più, e per i loro cari. Con una maggiore attenzione alle condizioni logistiche, che non dovrebbero pre­ vedere la guida per lunghi itinerari notturni, assistiamo all'ennesima tragedia stradale che poteva essere evitata. Ma questo è un discorso già sentito. Luca Latini

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PRIMAVERA DI GOODBYE MADE IN ITALY GIUSTIZIA Lo scorso 21 marzo si è svolta a Messina la ventunesima Giornata della Memoria e dell'Impegno in ri­ cordo delle vittime innocenti delle mafie. L'evento organizzato da Li­ bera prende vita nel 1996 a Roma e da allora ogni anno viene scelta una città diversa dove si possano incon­ trare vedove, orfani e parenti delle persone uccise dalla mafia. La scelta della data non è casuale, con la primavera oltre al risveglio della natura, si auspica il risveglio della giustizia sociale e della voglia di verità. L'evento ha coinvolto con­ temporaneamente il capoluogo si­ ciliano, dove hanno partecipato oltre 30 mila persone, e l’Italia in­ tera da nord a sud con la presenza di circa 350 mila liberi cittadini che si sono riuniti per ricordare le novecento vittime della criminalità organizzata. Gli incontri si sono svolti nelle parrocchie, fabbriche, scuole e al termine sono stati letti i nomi, più o meno noti, di tutti co­ loro che sono morti per mano di un associazione che mira ad opprimere ogni forma di espressione libera. Don Ciotti, fondatore dell’asso­ ciazione orga­ nizzatrice dell’evento, durante il suo intervento ha detto: "Abbiamo voluto chiamare questo momento 'ponti di memoria e luoghi di im­ pegno', perché per la prima volta a Messina e in altri 2mila luoghi in contemporanea in Italia il popolo di Libera è sceso in piazza. Il nostro paese ha bisogno di ponti che allar­ gano le coscienze e traghettano le speranze". Sulla questione dei beni confiscati, Don Ciotti ha ricordato che "nel 1996 abbiamo raccolto un milione di firme per chiedere la confisca e l'uso sociale di questi beni. Dei passi avanti si sono fatti. Il problema ancora una volta è l'ac­ celerazione e le priorità che il par­ lamento deve dare per permettere più chiarezza, più velocità e più trasparenza. C'è una grande riforma da fare in Italia quella della nostra coscienza". Amir Bousrira 3

C'era una volta il Made in Italy. Già, solo una volta, vista la situazione, ormai precaria, in cui il prodotto alimentare italiano si trova coinvolto. Secondo dati della Col­ diretti, all'estero tre prodotti su quattro spacciati per Made in Italy in realtà non sarebbero altro che un falso, pessime opere di contraffa­ zione. Sostituendo totalmente una sostanza alimentare

con un'altra, la cui qualità è nettamente inferiore, si arriva a un drastico calo della fiducia del con­ sumatore, sia in termini di qualità che di salute. È in atto una vera e propria operazione di pirateria agroalimentare, che frutta a questo mercato indegno circa 52 miliardi di euro, a fronte dei 19,57 miliardi che l' Italia guadagna sull'export produttivo, quasi un terzo di meno. Come se non bastasse, i paesi in cui pullulano questi falsi d'autore non sono certo nazioni del cosiddetto "Terzo Mondo". Le falsificazioni compiute a danno del settore produttivo­alimentare italiano, con­ siderato il fiore all'occhiello del Belpaese, sono ormai presenti in ogni continente del mondo. Olio, vino, pasta, pomodori, latticini, li­ quori e salumi vengono fatti pas­ sare per quello che non sono. Se per "tarocco" il rimando con la Cina è il più scontato, è ora di

allargare un po' i confini. In Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti, solo il 2% dei formaggi è realmente importato dall'Italia,il resto è lavorato e prodotto in casa propria. Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Asiago e Gorgonzola sono sostituiti da "celeberrime" pa­ tacche in California e Wisconsin, con tanto di fenomeni analoghi e storpiature nominative anche in America Latina. Se poi la morta­ della bolognese negli USA è di tac­ chino, il Barbèra negli scaffali della Romania è vino bianco, la polenta in Montenegro è"Palenta", la fontina è svedese, il Chianti è Cali­ forniano e i salumi vengono pietosamente scimmiottati... beh, forse la situazione non è proprio delle migliori. Durante l'ultimo EXPO, in un paese su quattro fra i partecipanti, sono state vendute copie imbarazzanti del Made in Italy. Viva la trasparenza in­ ternazionale! Il regolamento CE 510\2006 sull'obbligatorietà del logo DOP­IGP per tutelare l'autenticità dei prodotti, fino a ora non ha raggiunto i risultati sperati. Siccome il problema non colpisce soltanto la salute dei consumatori, scusate se è poco, ma è responsabi­ le in negativo sul PIL e sul piano fiscale, la situazione deve essere af­ frontata alla radice, vale a dire; san­ zioni più severe, vista la violazione recidiva degli articoli 473 e 474 ri­ guardo le contraffazio­ ni, maggiori controlli sulle dogane e obbligo normativo sul luogo d'origine e qualità del prodotto. Luca Latini


L'IDENTIKIT DI BANKSY Uno studio condotto dalla Queen Mary University of London avrebbe rivelato la vera identità del noto street artist Banksy. Secondo tale studio, pubblicato dal Journal of Spatial Science titolato Tagging Banksy, l’anonimo writer sarebbe Robin Gunningham, quarantatre­ enne di Bristol, confermando di fatto la tesi pubblicata nel 2008 dal tabloid Mail of Sunday. I ricercato­ ri inglesi hanno studiato oltre centoquaranta opere di Banksy e, tramite il geolocalizzatore, hanno notato una corrispondenza tra i luoghi frequentati da Gunningham, un pub,un campo da calcio, una casa a Bristol e tre a Londra, e quelli dove sono maggiormente presenti i graffiti. Tuttavia, questa tecnica di mappatura statistica, utilizzata dalle forze dell’ordine, per rintracciare i criminali ricercati non è del tutto affidabile. Infatti, negli anni, in molti hanno tentato di emulare lo stile dell’anonimo artista, probabilmente infatti nelle opere esaminate dagli studiosi ce ne sono molte disegnate da altri writers. Ci sono inoltre evidenti problemi di privacy, tanto che gli avvocati del writer si sono in­ teressati alle modalità con cui lo studio sarebbe stato presentato alla stampa, ritardandone l'uscita di qualche giorno. Insomma, Banksy è stato usato come "pretesto" per provare la validità di un modello statistico che, se si rivelasse atten­ dibile al 100%, sarebbe utilizzabile anche per “problemi reali”, come la caccia a pericolosi ricercati o la lotta al terrorismo internazionale . Amir Bousrira

TERRA ULTIMO APPELLO Comincia il countdown. Oggi viviamo in un pianeta dove quoti­ dianamente il cambiamento cli­ matico è sotto gli occhi di tutti, senza il bisogno della competenza di qualche esperto della meteorolo­ gia. L'aumento della temperatura media, lo scioglimento dei ghiac­ ciai e lo sconvolgimento delle cor­ renti marine, stanno portando la Terra ad un punto di non ritorno. Proprio per questo il 12 Dicembre 2015 a Parigi, nell' ultima confe­ renza sul clima, è stato trovato un accordo tra le nazioni partecipanti interne all'ONU, per provare un ultimo disperato tentati­ vo prima dell'irreversibile. I dele­ gati di 195 paesi hanno firmato un accordo riguardo le prossime mosse da effettuare, per contrastare questa sempre più rilevante minaccia. Le nazioni rappresentate hanno deciso di :ridurre le emissioni di gas, ac­ cettare controlli quinquennali sugli smaltimenti industriali, rimborsare i paesi geograficamente più vulnera­ bili alle furie climatiche e versare 100 miliardi di dollari agli stati in via di sviluppo per diffondere tecnologie

sull'energia rinnovabile. Ma i dubbi e le domande restano. L'ef­ fettuazione di queste nuove norme partirà nel biennio 2018­2020, i primi controlli avverranno nel 2023 e i produttori di gas e petrolio han­ no ottenuto che non ci sarà una data iniziale per la decarbonizzazione totale energetica. Sull'accordo non sono inclusi i gas di scarico di navi e aerei (forse sono poco inquinanti), e alcuni pae­ si, come la Cina, hanno ottenuto l'autocertificazione dei propri con­ trolli. Tante perplessità, luci e ombre su un'urgente situazione che richiederebbe la massima tempesti­ vità. Facciamo un passo indietro, l'emer­ genza è stata seriamente conside­ rata per la prima volta nella Confe­ renza sul clima di Rio de Janeiro 1992, madre dei Protocolli di Kyoto 1997, in cui si è deciso di dare un taglio alle emissioni di biossido di carbonio, metano e ossido di azoto del 15,8% nelle annualità 2013­ 2020, con tanto di collaborazione finanziaria e di ricerca tra paesi in­ dustrializzati e paesi in via di svi­ luppo. Dal 1988 l' IPCC (Commissione interrogativa sul cambiamento climatico), interna all'ONU, cerca di trovare una strada che accontenti tutti. Ma forse è proprio questo il problema: non tutti remiamo dalla stessa parte. La Cina, che è il paese che emette la maggior quantità di gas serra nell'atmosfera (25%), ha ottenuto l'autocertificazione dei controlli. Gli Stati Uniti d'America, che sono secondi in questa “splendida” clas­ sifica (17%), ancora non hanno rati­ ficato e preso una nitida posizione a favore dei Protocolli di Kyoto. Pas­ sare alle cosiddette "fonti verdi" (energia eolica, solare e idroe­ lettrica) ridurrebbe solo dello 0,06% il prodotto interno lordo glo­ 4


bale. I paesi che ancora non hanno aderito a Kyoto'97 sono responsa­ bili del 40% della combustione dei gas serra. Certo, India e Cina non sono state obbligate a ridurre le emissioni di anidride carbonica, in quanto paesi in via di sviluppo, non responsabili della "precedente in­ dustrializzazio­ ne inquinante". Ragionamento più autolesionista e incoerente non po­ teva essere fatto. Sembra il teatro dell'assurdo. Mentre alcuni luminari della scien­ za stanno pensando di cercare un nuovo pianeta e renderlo abitabile, – riuscendo a fare invidia persino alla fantasia di Stanley Kubrick – e le delegazioni nazionali climatiche cercano di non intaccare troppo gli interessi economici, che un certo tipo di energia barbara assicura, dobbiamo sapere che questa è la dimora che lasceremo alle prossime generazio­ni. Mentre continuiamo ad ascolta­re chi declama che in un futuro prossimo l'aria verrà com­ pletamente pulita, e che tutto è sotto controllo, le malattie aumentano. Secondo l' OMS (Or­ ganizzazione Mondiale della Sani­ tà), l'inquinamento indoor e out­ door è stato responsabile della morte di sette milioni di individui. La natura si ribella all'uomo e il particolato urbano, ovvero la con­ centrazione di particelle solide e li­ quide disperse sull'atmosfera, aumenta. Bene cosi. Luca Latini

Tradizione e colture a ris­ chio

MEDITERRANE O SOTTO IL GIOGO DEI PETROLIFERI Il referendum del 17 aprile deciderà le sorti del Belpaese Nel 1933 il poeta francese Paul Valéry pubblicava l’opera Ispira­ zioni Mediterranee e dichiarava amore al suo – e nostro – mare: “Sono nato in uno di quei luoghi in cui avrei desiderato nascere”. 5

Oggi, affacciandoci sul litorale, possiamo rievocare la nascita delle culture mediterranee nate sulle nostre coste, le tradizioni che hanno trovato nel Mediterraneo il loro luogo ideale, a partire dalla coltura del grano, della vite, degli agrumi e dell’ulivo, per cui dovremmo lun­ gamente ringraziarlo. Dobbiamo molto a queste acque, e il 17 aprile saremo chiamati a vo­ tare per liberalo – in parte – dalla ricognizione e dallo sfruttamento degli idrocarburi nel mare. Si tratta del referendum abrogativo che chiede di cancellare la legge che consente alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane, “senza limiti di tempo”. La vittoria del Sì influirà quindi solo sulle concessioni che riguarda­ no le piattaforme situate più vicino alla terraferma, cioè quelle che coinvolgono maggiormente le nove regioni che hanno lottato perché fosse indetto il referendum: Ba­ silicata, Calabria, Campania, Ligu­ ria, Marche, Molise, Puglia, Sarde­ gna e Veneto. Se invece il risultato sarà una vittoria del No, non vi sarà alcuna abrogazione riguardo alla legge in questione. Spetta a noi capire se vogliamo che si trivelli di fronte alle spiagge che vivono di turismo, se valga la pena mettere a repentaglio territori ed ecosistemi in cambio di una ricaduta occupazionale minima e a tempo determinato. Legambiente attesta che “Attual­ mente in Italia le fonti rinnovabili garantiscono il 37% dei consumi elettrici",e, visto che purtoppo negli ultimi anni questi sani incentivi sembrano essere in calo, un rinno­ vato impegno a favore dell'ambien­ te deve essere preso anche per la questione degli idrocarburi, sia in termini ambien­tali che economici. Altri elementi, di cui bisogna giustamente tenere conto, sono le esorbitanti quote di gas naturale e petrolio greggio che l'Italia importa da paesi esteri. Il 41,8% dell'"oro nero" che l'Italia importa, viene da paesi dell' ex URSS, il 23,6% dal medioriente, ed il restante 24,3% da paesi africani. Non meno rilevante è l'importazio­ne di gas naturale, con Russia, Algeria e Libia come primi rifornitori. Se l'energia re­ lativa agli

idrocarburi importata è superiore a quella prodotta in casa propria, i governi di solito non tendono a ri­ solvere la questione conservando un occhio di riguardo per l'ambien­ te, ma piuttosto promulga­no nor­ me discutibili, responsabili di un possibile pericolo ambientale. La strada intrapresa in precedenza verso le energie rinnovabili deve essere continuata, ora più che mai, unendo così i vantaggi di un ambiente più pulito e di una mag­ giore indipendenza di produzione energetica. Non perdiamo occasione di rivendi­ care la straordinaria democraticità di uno strumento come il referen­ dum: il 17 possiamo prendere una posizione attraverso il voto, o pas­ sare una giornata spensierata, magari al mare. Isabella Ducros

TORNA LA PAURA Dopo gli attentati a Parigi dello scorso novembre, tornano a colpire i militanti dell’Isis. Ma soprattutto, torna il clima di tensione e paura nelle principali città europee. Dal weekend successivo agli attacchi terroristici, avvenuti nella capitale francese, si è registrato un calo ver­ tiginoso dell’affluenza nei locali pubblici, soprattutto in Italia. Nonostante i video intimidatori, il nostro Paese non è mai stato attac­ cato e, forse proprio per la paura di esserlo, più di otto milioni di per­ sone hanno cambiato le proprie abitudini. Secondo una ricerca ef­ fettuata dal Censis, circa il 64% della popolazione italiana ha modi­ ficato il proprio stile di vita, evitando di frequentare luoghi af­ follati e punti sensibili come musei, cinema, teatri, monumenti. Inoltre, si evita di prendere la metropolitana e i mezzi pubblici il cui tragitto in­ crocia ambasciate e ministeri. Il dato più sconcertante riguarda i giovani: circa il 77% degli under 34 ha smesso di prendere l’aereo, di andare ai concerti e di riunirsi nelle grandi piazze. Stando a questa stati­ stica, gli attacchi di Parigi prima, e quelli di Bruxelles poi, hanno in­ sinuato


nelle menti degli italiani la convin­ zione che il pericolo possa essere scampato modificando la routine. In questo modo, però, si fa soltanto il gioco degli jihadisti che, tramite la strategia del terrore, cercano di colpire psicologicamente tutti coloro che non riescono a colpire fisicamente. Costringere le persone a cambiare abitudini e a rinunciare al divertimento è un vero e proprio attentato alla libertà. Sentirsi sicuri solo in presenza dell’esercito, che rappresenta una forma di pubblicità progresso, dal momento in cui i militanti non possono fermare fisi­ camente il kamikaze, non è il modo giusto per rapportarsi con questa realtà che cerca di sconvolgere la vita quotidiana. Forse questa è una nuova era, in cui l’allarmismo la farà da padrone, ma bisogna comunque continuare a vivere in libertà, anche se accompagnati dal timore. Come disse Paolo Borselli­ no, infatti: “È normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti”. Amir Bousrira

TOR VERGATA: LA NUOVA FIRST LADY Ladies and gentleman, the winner is... Tor Vergata. Secondo un'ac­ curata ricerca del CENSIS (Centro Studi Investimenti Sociali), il Gruppo degli studi letterario­ umanistici della seconda Università di Roma, si sarebbe aggiudicato il primato italiano nello specifico set­ tore concernente le lauree triennali, nell'ambito delle università statali. Ogni anno, questo noto istituto di ricerca socio­economica stila diver­ se classifiche complete riguardo le università italiane, distinguendone i differenti settori e gruppi di forma­ zione. E non è un caso che la nuova First Lady 2015/16 sia proprio Tor Vergata, migliore del settore umanistico fra le università statali

Stando ad un rapporto del medesimo istituto, negli ultimi due anni di corsi didattici, questo gruppo umanistico non è mai sceso dal podio (terzo posto nell' anno 2013/14, mantenuto anche l'anno successivo). Ma in base a cosa – vi chiederete giustamente! – viene formulata questa classifica? Semplice. Viene realizzata una me­ dia puramente matematica tra due punteggi assegnati per altrettanti distinti settori: progressione di car­ riera e rapporti internazionali. Ed è proprio quest'ultimo campo la vera punta di diamante dell'ateneo capitolino. Guadagnandosi un bel 110 in rapporti Internazionali, Tor Vergata riesce a sopperire ad un punteggio certamente non altissimo in progressione di carriera (95 pt, punteggio più basso nella top ten), raggiungendo nonostante questo dato poco esaltante una media di 102,5 pt. Segue l' Università di Bo­ logna, staccata di un punto e mezzo (101 pt), a pari merito con Siena. Va riconosciuto che queste due uni­ versità negli ultimi due anni si sono entrambe susseguite al titolo di "Reginetta dei College" ( rispettiva­ mente primato felsineo nell' anno 2013­14 con 101 pt, primato senese nel 2014­15 con 105 pt.). Chapeau. Applausi anche alle veneziane IUAV (quarta posizione, 100 pt) e Ca' Foscari (quinta posizione, 98,5 pt), entrambe nella top five. Segue Pisa con 96,5 pt, ex aequo tra Udi­ ne, Torino e Trento con 95pt, decima posizione per Padova, forte dei suoi 94,5 pt. Fuori dalle prime venti le altre due statali della Capi­ tale; ventunesimo posto per Roma3, con 88pt, e ventiquattresimo per La Sapienza, con 85,5pt. Ultimo posto di questa speciale classifica d' Ateneo è occupato dall' Università dell' Aquila:

trentottesima posizione .Dopo due terzi posti, Tor Vergata si guadagna così un meritatissimo primato, frutto di un'efficienza strutturale in costante crescita. Con buona pace della "mamma delle università "e della" Città del Palio." Luca Latini

L'ACCADEMIA DELLA CRUSCA RACCONTATA DAL PROFESSOR PIETRO Nelle ultime settimane, la decisione dell’Accademia della Crusca di in­ trodurre nel vocabolario della lin­ gua italiana il neologismo ‘petaloso‘ è diventata un fenomeno virale e fonte di accesi dibattiti. Ma cos'è l’Accademia della Crusca? Abbiamo posto la domanda al professor Pietro Trifone, membro dell’associazione. Professore, ci parli dell'Acca­ demia della Crusca: cos'è e di cosa si occupa? È un’autorevole accademia sorta a Firenze tra il 1582 e il 1583 con lo scopo principale di vigilare sul buon uso della lingua. I soci chiamarono le loro riunioni “crus­ cate”, per attenuarne scherzosamen­ 6


te il valore. Solo in un secondo tempo il nome dell’Accademia fu collegato all’intenzione di separare la farina, cioè la lingua migliore, dalla crusca, cioè l’elemento meno valido. Tuttavia oggi, almeno in certi casi, si tende a rivalutare la crusca, e non solo nell’alimenta­ zione. L'opera principale dell'Acca­ demia è il Vocabolario della Crusca, uscito nel 1612 e poi ripubblicato più volte con amplia­ menti. Si tratta di una grande im­ presa lessicografica, che ha dato un contributo decisivo all’af­ fermazione e alla diffusione dell’i­ taliano. Quali sono i criteri di valutazione adoperati per la ricerca e lo stu­ dio della lingua italiana? Sono certamente diversi e molto più aperti rispetto a quelli del pas­ sato. Oggi l’Accademia della Crusca punta a diffondere la cono­ scenza storica e l’uso consapevole della lingua, senza atteggiamenti di tipo puristico, che del resto sareb­ bero del tutto anacronistici in un mondo che cambia rapidamente e diventa sempre più globalizzato. Qual è la posizione dell'Acca­ demia della Crusca riguardo all'introduzione massiva di neo­ logismi nella lingua italiana?

Nell’Accademia c’è grande atten­ zione per questo attualissimo tema, anche se naturalmente le posizioni sono abbastanza articolate. L’at­ tuale Presidente, Claudio Maraz­ zini, ha espresso un’opinione molto equilibrata sulla controversa ques­ tione: «Sarà il caso di usare gli anglicismi con sobrietà, cercando di discernere i casi in cui sono utili, in cui ci permettono di comunicare meglio con il mondo, e i casi in cui se ne può fare a meno con vantag­ gio per la chiarezza e semplicità comunicativa». Qual è la sua? Più o meno la stessa di Marazzini. Aggiungo che l’attrazione eserci­ tata dalle parole di origine anglo­ americana è connessa all'egemonia della cultura che le irradia, ma anche alla sudditanza della cultura 7

che le accoglie. Quindi il ricorso eccessivo ai forestierismi potrebbe dipendere dal fatto che i cittadini italiani non hanno sviluppato un forte senso di appartenenza alla comunità nazionale. Talvolta la cosa mi infastidisce, ma non mi preoccupa più di tanto, perché forse ha anche alcuni lati positivi. Quale crede sia l’influsso di social network e instant messaging sull'evoluzione della lingua? È troppo presto per dare un giudi­ zio, e comunque non si può fare di tutta l’erba un fascio. La comu­ nicazione istantanea è molto co­ moda, ma a lungo andare la sua tendenza a sostituire forme di scrit­ tura più complesse ed elaborate po­ trebbe rivelarsi un rischio per chi ne fa un impiego quasi esclusivo o molto frequente. Crede che la decisione dell'Acca­ demia di inserire il termine "petaloso" nel vocabolario della lingua italiana sia stata influen­ zata dall'opinione comune? Ma no, figuriamoci, in teoria si po­ trebbe dire senza problemi anche “sepaloso”… Il suffisso ­oso è molto produttivo nell’italiano di oggi, come risulta anche dalla nota pubblicità televisiva di un biscotto “inzupposo”. Ma l’aggettivo “in­ zupposo” non ha suscitato nessun clamore, forse perché la lingua pubblicitaria ricorre spesso a neolo­ gismi. Eugenia Zazzetta

Torna la violenza nelle Università

UN PUGNO AL DIALOGO Rappresentante degli studenti aggredito da un militante di estrema de­ stra. “La più grande debolezza della vi­ olenza è l'essere una spirale dis­ cendente che dà vita proprio alle cose che cerca di distruggere. In­ vece di diminuire il male, lo molti­ plica”. Questa celebre frase di Martin Luther King sembra inquad­ rare perfettamente il fatto accaduto a Francesco Romito, studente della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Tor Vergata, ag­ gredito a causa di divergenze politiche. Raccontaci quello che è successo. Il 19 febbraio, insieme ai rappre­ sentanti degli organi centrali, avevamo una riunione con il Diret­ tore Generale presso il suo ufficio, nella facoltà di Giurisprudenza. Al termine dell’incontro, ci siamo recati al bar. Mentre stavamo dialo­ gando, si è avvicinato uno studente che si è avventato su Rocco Frondizzi (reo di aver manifestato il proprio appoggio all’Università, ri­ guardo la decisione di impedire lo svolgimento di una conferenza sul terrorismo islamico) e Lorenzo Ar­ curi, prima aggredendoli verbal­ mente e poi sputando loro contro. L’aggressore sosteneva di essere l’organizzatore della conferenza. Perché vi siete opposti all’evento? La conferenza era stata proposta seguendo l’iter classico. Sarebbero intervenuti due professori di Giuris­ prudenza, un magistrato e un tale Alberto Palladino, membro dell’ONG Solid, persona nota alla cronaca per aggressioni, quindi ritenuto poco qualificato per parlare


in un contesto universitario, soprat­ tutto riguardo temi così delicati. Torniamo ai fatti. Questo ragazzo ha iniziato a sferrare colpi, e, mentre cercavo di placare gli animi, ho ricevuto un calcio alle spalle, poi un pugno in faccia. Il tutto davanti a molte per­ sone. Dopo il colpo, l’aggressore si è allontanato, noi lo abbiamo se­ guito incrociando la sicurezza alla quale abbiamo raccontato l'ac­ caduto. Purtroppo però, hanno un potere limitato, quindi non hanno potuto identificarlo. Io sapevo chi era, pur non avendolo mai incon­ trato di persona. Avete subito sporto denuncia? No. Prima abbiamo incontrato il Prorettore Franchini e il Rettore Novelli, i quali hanno espresso solidarietà, prima a parole, poi con un comunicato ufficiale. Dopo, scortati dalla polizia del Posto di Tor Vergata, ci siamo recati al pronto soccorso, dove mi hanno messo punti di sutura allo zigomo e mi hanno dato dieci giorni di pro­ gnosi. A Rocco, invece, ne hanno dato uno. Una volta giunti in ques­ tura per sporgere denuncia, ab­ biamo saputo che erano state raccolte già molte testimonianze di coloro che si trovavano sul luogo dello scontro. In seguito ci siamo riuniti in assemblea a Lettere, alla quale hanno preso parte studenti e organizzazioni antifasciste. Abbia­ mo lanciato un presidio per il mar­ tedì successivo, quando si sarebbe riunito il Consiglio di Ammini­ strazione, per dare un nome alle cose. Cioè? Dal momento che c’è stata una ri­ vendicazione politica, volevamo che l’aggressione venisse identi­ ficata di stampo fascista. E soprat­ tutto, volevamo che l’università si dichiarasse parte lesa al processo, perché è compito della comunità accademica tutelare tutti. Poi non è mai un atto fine a se stesso, ma uno sfregio all’Università. Il Senato ormai si era riunito, quindi ab­ biamo pensato che non potendo più presentare una mozione, ci siamo recati alla riunione del C.D.A e no­

nostante non ci volessero far en­ trare, dopo una protesta ci hanno accolto. In quale misura è coinvolta la componente politica nell’ac­ caduto? La cosa importante da sottolineare è che non esiste una violenza apolitica, ci sono dei contesti socio­ culturali che hanno come modus operandi la violenza. In passato, le aggressioni di questo tipo erano or­ ganizzate, questa no. L’organizza­ zione di estrema destra Sempre Domani ( esterna a ll’Università) ha rivendicato in maniera distorta l’accaduto, sostenendo che quattro studenti di Altro Ateneo avessero aggredito un loro militante, nono­ stante le telecamere palesino il con­ trario. Noi, come Altro Ateneo, siamo da sempre aperti al dialogo poiché in primis siamo studenti, ov­ viamente dopo questi fatti la mano che abbiamo sempre teso si ritira, visto che non ci sono i margini di un confronto libero e civile. E nell’ambito universitario? Purtroppo da molti anni si è abituati ad avere militanti e rappresentanti che non hanno un contatto diretto con la vita degli studenti, è lì che bisogna agire. Noi, come Altro Ateneo, cerchiamo di includere gli studenti e di renderli partecipi della vita universitaria, con una comu­ nicazione quasi “morbosa”. Secondo me, uno studente non deve vedere l’università come un “esa­ mificio”, ma deve rivendicare il suo diritto di voto, di critica e di partecipazione decisionale. Quando si votano gli Organi Centrali, le elezioni si svolgono in due turni e la maggior parte delle organizza­ zioni fanno campagna elettorale dopo il primo turno, preventivando il mancato raggiungimento del quorum. Una cosa sbagliata, in questo modo non si mettono le per­ sone al centro della comunicazione. Quali sviluppi ci sono stati? È stata richiesta una commissione disciplinare poiché il fatto, già grave di per sé, è accaduto all'inter­ no dell'Università, che deve tutelare il benessere fisico e psicologico di tutti coloro che la frequentano. Noi

non abbiamo chiesto scalpi, non pochi anni fa queste situazioni si ri­ solvevano con altra violenza, ma siamo stanchi di questo, la nostra indole non è violenta. Non cer­ chiamo inutili vendette; anche quando il dialogo è stato spezzato ci siamo sempre sforzati di ricostru­ irlo. Tutto ciò è stato apprezzato dagli studenti. Come si può evitare che questi episodi accadano? Innanzitutto, con le elezioni dei rappresentanti degli studenti, così da impedire l’agibilità politica a queste sfere, che fanno della violen­ za un loro caposaldo. Cosa molto importante è parlare e reagire ogni volta che ci sono questi fatti, non chiudersi nel silenzio perché la vio­ lenza assume svariate forme. La violenza non è statica, è dinamica: si va dall’abuso di potere di un pro­ fessore ad un pugno da parte di un ragazzo. Hai ricevuto supporto e solidarie­ tà dagli studenti? C’è stata molta vicinanza e solida­ rietà, non solo da partiti ed or­ ganizzazioni, ma anche da parte de­ gli studenti che non risultano impegnati o schierati con gruppi politici organizzati. Questo perchè si sono sentiti coinvolti direttamen­ te come liberi universitari. Anche i professori hanno espresso la loro solidarietà nei miei confronti e in quelli degli altri ragazzi coinvolti in questo episodio spiacevole. Saresti disposto ad un confronto con il tuo aggressore? Certo che sono disposto a un con­ fronto. Dal punto di vista umano vorrei chiedergli: “Ma mi hai visto in faccia?”. Avrei più difficoltà, in­ vece, a rapportarmi con la sfera politica, visto il tentativo di misti­ ficazione della realtà. Vorrei sapere cosa porta loro a rispondere con la violenza e, inoltre, vorrei ricordar­ gli che, prima di ogni divisione, siamo studenti che devono agire e rapportarsi con tutte le competenze e le conoscenze apprese. Gli direi inoltre che è stato un gesto com­ pletamente fuori luogo, io non ho mai risposto con la violenza a pro­ vocazioni avvenute in passato, nes­ 8


suno merita questo. Sono sempre stato aperto al dialogo anche con persone lontanissime dal mio mondo sociopolitico. Amir Bousrira

misericordia. Alcune testimonianze, a cura di Fabio Pierangeli. Mercoledì 13 aprile, ore 17­18:30, aula t28

BACHECA UNI­ VERSITARIA

– Seminario Ri­scritture di miseri­ cordia. A cura di Claudio Cianfa­ glioni. Mercoledì 27 aprile, ore 17­18:30, aula t28

a cura di Sarah Dari

Segnialiamo qui di seguito gli eventi di interesse universitario, che si svolgeranno durante il mese di marzo e seguenti: Facoltà di Lettere e Filosofia Tor Vergata: – XII Seminario Annuale, Alla ra­ dio si lavora così. A cura di Maria Maddalena Lepri e Francesca Van­ nucchi. Lunedì 4 aprile, ore 13­15, aula Sabatino Moscati Mercoledì 13 aprile, tutto il giorno, Centro Rai di Saxa Rubra Mercoledì 20 aprile, ore 14­16, aula Sabatino Moscati Mercoledì 27 aprile, ore 14­16, aula Sabatino Moscati – Seminario sull'arte dell'oratoria e della retorica, a cura di Mattia Della Rocca. Ogni mercoledì, ore 14­16, aula t29 – Seminario Walter Benjamin, Tesi sul concetto di storia, gruppo di lettura e discussione collettiva, a cura di Mattia Della Rocca. Ogni mercoledi, ore 17:30­19:30, atrio dell'auditorium – Seminario Romano Guardini e la carità dell'immagine, a cura di Yvonne zu Dohna. Mercoledì 30 marzo, ore 17­18:30, aula t28 – Seminario Miserere! Tempo diabolico e tempo simbolico, a cura di Claudio Fiorillo. Mercoledì 6 aprile, ore 17­18:30, aula t28 – Seminario Carcere, letteratura, 9

– Seminario Persona, limite e misericordia. A cura di Francesco Miano. Mercoledì 20 aprile, ore 17­18:30, aula t28

– Seminario Il lessico biblico nella misericordia. Riflessioni a margine, a cura di Debora Tonelli. Mercoledì 4 maggio, ore 17­18:30, aula t28 – Seminario Per l'amore e per la libertà. La natura dell'educazione in Maria Zambrano, a cura di Emanuela Tangari. Mercoledì 11 maggio, ore 17­ 18:30, aula t28 Altre sedi: – XXX edizione corso di formazione editoriale, Lavorare in editoria. Il consulente letterario e il redattore nelle case editrici. Dal cartaceo all'ebook. 21 marzo – 26 maggio Lunedì e giovedì ore 18­20 Sede: Centro Studi Manieri, Via Fa­ leria 21 – XV edizione corso di specializza­ zione, Il lavoro del traduttore let­ terario (inglese, francese, spagnolo). 6 aprile – 7 giugno 6, 7, 13, 14 aprile ore 18­20 Dal 19 aprile: Ogni martedì, laboratorio in lingua francese, ore 18­20 Ogni mercoledì, laboratorio in lin­ gua inglese, ore 18­20 Ogni giovedì, laboratorio in lingua spagnola, ore 18­20 Sede: Centro Studi Manieri, Via Fa­ leria 21 – XXIII edizione corso di formazio­ ne, Lavorare nella comunicazione – L'addetto ufficio stampa. 12 aprile – 18 giugno Martedì e mercoledì ore 18­20

In più 3 sabati, ore 9:30­13 Sede: Centro Studi Manieri, Via Fa­ leria 21 – Seminario di formazione gratuito, Principi di Leadership (su pren­ otazione). Mercoledì 13 aprile, ore 11­17 Sede: Facoltà di Economia Tor Ver­ gata, aula T7, piano terra, edificio A – Corso Social Media Marketing (for arts). A cura di: Vito Lopriore, Francesco Lo Brutto, Nasmia Mal­ lah. Prima edizione: sabato 2 aprile, sabato 9 aprile, ore 10­14 domenica 3 aprile, domenica 10 aprile, ore 15­18 Seconda edizione: sabato 7 maggio, sabato 14 maggio, ore 10­14 domenica 8 maggio, domenica 15 maggio, ore 15­18 Sede: Martelive Factory, Via Pico della Mirandola 15

CONOSCIAMO TOR VERGATA RAINBOW Il dibattito su unioni civili, adozioni e parità di diritti ha infiammato l’opinione pubblica negli ultimi mesi. Abbiamo contattato un’orga­ nizzazione di studenti, che ha de­ ciso di mettersi in gioco per riuscire a instaurare un ambiente più sereno e una rete di ragazzi dell’Università di Tor Vergata che possa collabo­ rare per superare le discriminazione omofobiche. Cos’è e quali obbiettivi si pone Tor Vergata Rainbow? TVR nasce dal desiderio di rendere il nostro ateneo un ambiente più ac­ cogliente e gay friendly, dove l'o­ rientamento sessuale e l'identità di genere non siano motivo di dis­ criminazione, o qualcosa da tenere segretamente nascosto. Ci siamo resi conto che la realtà lgbt (les­ biche, gay, bisex e trans) è spesso ignorata, se non apertamente dis­ criminata. Fà clamore, ad esempio, l'ultimo caso accaduto nel parcheg­


gio della Facoltà di Lettere, dove un ragazzo ha trovato la sua auto con sopra impresso un insulto omo­ fobo. Da segnalare anche il fatto che uno studente, o una stu­ dentessa, transessuale non abbia di­ ritto al doppio libretto. Per questo le persone preferiscono mantenere un "profilo basso" ed evitare il coming out. Troviamo che questo silenzioso compromesso sia da su­ perare e vorremmo costruire una rete solida a cui fare riferimento in caso di discriminazione, un punto di ascolto per chi ne avesse bisogno, o un semplice punto di rit­ rovo. Quali eventi pensate di organiz­ zare per promuovere la vostra associazione? Tor Vergata Rainbow si pone l'ob­ biettivo di sensibilizzare la facoltà di Tor Vergata attraverso convegni e dibattiti sulle tematiche lgbt. In più vorremmo organizzare degli in­ contri più informali, dove con­ frontarci e conoscerci. La scorsa settimana è stata trovata una Smart, nel parcheg­ gio tra le facoltà di Lettere ed Economia, con uno specchietto rotto e la scritta “frocio”. È stato solo uno stupido scherzo, o un at­ tacco vero e proprio? Qual è la vostra posizione al riguardo? Data la violenza del termine usato e la rottura dello specchietto, siamo portati a pensare che non si sia trat­ tato di un semplice scherzo. Inoltre è evidente, considerata la portata dell'insulto, che Tor Vergata non può ignorare un attacco vandalico omofobo. Siamo venuti a sapere, inoltre, che questo non è neanche il primo episodio che accade nell'ate­ neo. Ci piacerebbe che le notizie venissero alla luce, che gli studenti denunciassero, che l'Università si indignasse di fronte a certi gesti ig­ nobili e che li scoraggiasse. Condanniamo fermamente l'ac­ caduto e ci auguriamo che il colpe­ vole venga individuato e punito. Vorremmo creare un ambiente in cui siano le persone intolleranti a temere di compiere gesti vandalici del genere, senza che possano con­ tare sull'omertà di tutti. Per questo stiamo cercando di rintracciare il

ragazzo vittima dell'episodio e of­ frire sostegno legale per denunciare l'accaduto attraverso il servizio Gay Help Line ­ 800 713 713, con cui collaboriamo. Ci sono studenti che lasciano gli studi a causa delle discrimina­ zioni subite? Sicuramente. Una persona ha bisogno di un ambiente sereno in cui sentirsi sicuro, per poter cres­ cere nel proprio percorso universi­ tario e portarlo a termine al pieno delle proprie potenzialità. Sapere che all'università devi osservare particolari attenzioni per non avere problemi, non contribuisce e siamo certi che spinga anche le persone a lasciare gli studi. Cosa si può fare per sensibiliz­ zare gli studenti sul tema dei di­ ritti civili? Sicuramente il primo passo è renderci visibili. Uscire allo scoperto, far vedere che esistiamo, che siamo studenti come ogni altro: è questo il primo passo per far ca­ pire che l'orientamento sessuale non può essere la base per una discri­ minazione. Gli studenti devono aprire gli occhi e rendersi conto che siamo come chiunque altro, con gli stessi sogni, le stesse aspettative, le stesse paure, le stesse ambizioni e che, pagando le stesse tasse, non dovremmo essere penalizzati in nessun modo. Non è giusto che dobbiamo aver paura, che ci scrivano insulti sulla macchina o che ci rompano gli specchietti. La storia insegna e, per fortuna, è dalla nostra parte. Amir Bousrira

Suffragette ripercorre le gesta delle militanti britanniche che si battono per affermare la figura femminile e garantirle pari diritti di voto. Queste sono donne dell’alta società e la­ voratrici, che si uniscono in riunio­ ni clandestine per dar vita a som­ mosse, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo la loro causa. Questa battaglia, anche se violenta in alcune circostanze, ma comun­ que necessaria, rappresenta il grido disperato delle ormai troppo nu­ merose vittime di soprusi e sotto­ missioni da parte degli uomini. La regia di Sarah Gavron dà vita a un realismo quasi angosciante nel film, percepibile grazie all’utilizzo della luce e dei colori caldi e freddi, che si mescolano e si alternano pro­ gressivamente con il ritmo in­ calzante della storia. Il cast vanta nomi di grandi person­ aggi del cinema, quali Meryl Streep, Carey Mulligan, Helena Bonham Carter, Anne­Marie Duff e Romola Garai, protagoniste indis­ cusse della pellicola. La Gavron non ha voluto solo dare una testimonianza della forza di persone comuni, che si battono per riacquisire la propria umanità, ma ha anche voluto mostrare lo scon­ forto e l’alienazione del genere femminile. Il sacrificio, la volontà e il coraggio delle donne dell’epoca fungono ad oggi da esempio per le nuove generazioni. Una guerra, quella delle suffragette, contro un governo conservatore e cieco dinanzi a una realtà crudele e sessista.

FILM CONSIGLIATI

Suffragette, le donne che hanno cambiato il mondo a cura di Eugenia Zazzetta “Che siano le finestre di questo governo e non il volto di noi donne a rompersi!” Film ambientato nella grigia e industriale Londra del 1912. 10


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CHI SONO GLI ARTISTI DI STRADA?

TEATRO E SCRIT­ TURA CLANDESTI­ NA NELL'ILLUMINI­ SMO EUROPEO.

Gli artisti di strada si esibiscono in piazze, zone pedonali e strade con lo scopo di offrire un intratteni­ mento del tutto gratuito, o richie­ dendo un’offerta libera. Le loro esi­ bizioni sono varie: giochi circensi, giocoleria, concerti, writing e statue viventi. Quando l’industria dell’in­ trattenimento non era ancora all’avanguardia, come ai giorni nostri, gli artisti di strada erano considerati delle vere attrazioni, la loro presenza alle feste era imman­ cabile. Sono da considerare tutti degli abusivi? Assolutamente no. La prima forma di regola­ mentazione degli artisti di strada la troviamo nel 462 a.C., nelle leggi delle 12 tavole: eseguire canti diffamatori o parodie di personalità di spicco era vietato, pena la morte. In epoche più recenti, le esibizioni erano regolamentate dall’art. 121 del TULPS (Testo unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza), che prevedeva l’iscrizione dell’artista a un apposito albo presso il comune di residenza. Dopo la sua abroga­ zione, avvenuta nel 2001, si è cre­ ato un vuoto legislativo che ogni amministrazione comunale riempie nel modo che ritiene più consono: dall’adozione di una delibera, al divieto assoluto. Il panorama giuri­ dico non è, perciò, omogeneo. A Roma, con Deliberazione dell’As­ semblea Capitolina n.24 del 12 aprile 2012, è stato approvato il “Nuovo Regolamento dell’arte di strada”, che prevede la predisposiz­ ione, a cura del Dipartimento Cul­ tura di Roma Capitale, del Registro degli artisti di strada. Milano, in­ vece, è la terza miglior città al mondo per arte di strada, grazie al regolamento su turnazioni in oltre 250 luoghi tra piazze e strade, redatto da Luca Gibillini (con­ sigliere comunale SEL) nel 2012. Amir Bousrira

a cura di Francesco Marini

Filosofia e censura Le attività del Laboratorio di Filo­ sofia e Teatro dell’Università di Roma “Tor Vergata”. Punto di riferimento nella nostra indagine, come per lo stesso Labo­ ratorio di Filosofia e Teatro dell'Univesità di Roma “Tor Ver­ gata”, sono le commedie di P. Ch. De Marivaux. L’Isola degli schiavi (1725), e di D. Diderot, È buono? È malvagio? (1781). Due testi che appartengono alla grande tradizione della cultura illuministica europea del XVIII secolo. L’ordine della rappresentazione e del discorso degli autori, nelle loro opere, segue fedelmente l’ordine delle idee e delle cose? O non suss­ iste piuttosto uno “scarto”, una ce­ sura tra l’espressione del detto, di quanto Marivaux e Diderot es­ sprimono apertamente nelle loro commedie, e il non­detto che fa ca­ polino tra le righe, da pochi cenni, un gesto, un atto improprio, un’al­ lusione criptata di quel personaggio che strizza l’occhio a un pubblico avvertito? Si dimentica troppo spesso che l’età Moderna, fino alla Rivoluzione francese, è l’età dell’assolutismo. Gli individui sono sottoposti a un regime di censura e di controllo molto stretto che im­ pedisce a priori la libera espres­ sione del pensiero di un autore nella sua interezza. L’intentio auctoris è criptata, sottoposta al vaglio della critica e persino dell’autocensura, per la quale non tutto può essere detto, inoltre sussistono precise condizioni storiche di possibilità di ciò che si può pubblicamente esprimere e di ciò che, invece, non si può esprimere. Gli uomini hanno paura, vivono sotto un costante regime di paura, di costrizione, di illibertà. Una lettre de cachet, cioè una missiva della polizia con il timbro (cachet)

l) dell’autorità reale, può spedire un individuo in prigione a tempo inde­ terminato, senza bisogno di altro che del volere del sovrano e con il solo motivo che la “sicurezza” dell’autorità costituita lo esige. Dis­ corso antico, che riecheggia in certe vicende della nostra recente con­ temporaneità. Il teatro è il luogo in cui si gioca una posta molto alta, nella modernità. Cosa è lecito dire e cosa, al contrario, è meglio o più prudente tacere, non dire o a cui semplicemente è solo possibile al­ ludere? Lo spazio teatrale è il luogo di una lotta per l’affermazione della libertà d’espressione e di pensiero, attraverso tecniche di scrittura che fanno uso di marchi, segni, allu­ sioni a un codice comune, che solo pochi hanno la possibilità di com­ prendere e decrittare. Tutti i grandi autori fanno uso di un’arte di scrivere particolare, volta a far comprendere solo alle persone più sagaci e intelligenti il non­detto, contenuto tra le righe del detto delle opere rese infine pubbliche e rap­ presentate. La domanda che ci siamo posti, e che ci poniamo tutt'ora, di fronte ai testi delle commedie di Marivaux e di Diderot, è la seguente: cosa e quanto c’è di non­detto, tra le righe del testo, che rappresenta, in una certa misura, la reale intentio aucto­ ris, che l’opera rappresentata può esprimere? Ad esempio, il finale farsesco della commedia È buono? È malvagio? con il processo messo in scena contro il protagonista Hardouin, autore di una serie di mistificazioni a fin di bene, non può forse essere interpretato come un volontario nascondimento dell’intenzione critica e distruttiva nei confronti dell’autorità e del potere costituito di una società cor­ rotta, che non poteva essere mani­ festamente espressa in maniera più diretta? Il teatro della modernità fa uso pertanto di una scrittura clandestina, per aggirare e eludere i vincoli imposti da una censura, che è contemporaneamente interna e es­ terna all’opera scrittoria stessa. Paolo Quintili Professore di Storia della Filosofia dell'Illuminismo


88° EDIZIONE DELLA NOTTE DEGLI OSCAR, VINCE MORRICONE: SI RINNOVA LA TRADIZIO­ NE ITALIANA AGLI ACA­ DEMY AWARDS.

Nell'edizione della notte degli Oscar del 2016, arriva un'altra gratificazione cinematografica per il nostro paese: Ennio Morricone, noto compositore musicale italiano, si aggiudica il secondo Oscar in carriera nella categoria migliore colonna sonora, per il film diretto da Tarantino The Hateful Eight. A distanza di nove anni dal suo primo premio, ricevuto ad honorem, il maestro italiano riesce a bissare il successo, riportando la nostra nazione sul red carpet. Ma la tradizione che lega gli Academy Award alla nostra peniso­ la risale a più di sessant’anni fa: sono stati tantissimi gli artisti che, nel corso del tempo, sono riusciti ad affermarsi nella notte più im­ portante del cinema. Ripercorriamo brevemente insieme tutti i nomi che hanno consolidato l'Italia sul grande schermo mondiale. La prima pellicola a conquistare l'Oscar nel 1948 è Sciuscià di Vit­ torio De Sica, che vincerà, due anni dopo, un altro premio con l'iconico Ladri di biciclette. In seguito, inizierà un lungo peri­ odo di vittorie per Federico Fellini, il quale,a partire dal 1957 con il film La strada, si aggiudicherà suc­ cessivamente altri 3 oscar, con Le notti di Cabiria (1958), Otto e mezzo (1963) e Amarcord (1974). Ancora, Vittorio De Sica tornerà al successo con Ieri,oggi e domani nel '65, e con Il giardino dei Finzi Con­ tini nel '71. A cavallo dei due lavori, spicca un'altra produzione italiana sotto la categoria migliore film straniero: si tratta di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri. Successivamente, bisognerà aspettare qualche anno per rivedere un regista italiano vincere la statuetta, che arriverà proprio nel 1990, con il bellissimo Nuovo cine­

ma Paradiso di Giuseppe Tor­ natore. È poi Gabriele Salvatores, nel 1992, a primeggiare con Mediter­ raneo, mentre nel 1999 sarà Be­ nigni a guadagnarsi il premio, con il capovolaro de La vita è bella, che gli consentirà di vincere contem­ poraneamente due statuette: come miglior film straniero e come migliore attore protagonista. Chiude la serie di vittorie di film italiani l'elegante La grande Bellezza di Paolo Sorrentino, mer­ itevole di aver saputo cogliere le sfumature di uno stile di vita tanto sfarzoso quanto decadente. Il tutto contornato dagli scenari di una Roma suggestiva e coinvolgente. E se terminano qui i premi asseg­ nati alle pellicole, non possiamo non citare alcuni tra i trentatrè tra­ guardi ottenuti nei campi tecnici: partendo dalla categoria “miglior attrice protagonista”, in cui vediamo Anna Magnani nel '55, con La rosa tatuata, e la splendida Sophia Loren nel '62, con La ciociara, fino ad arrivare al recente "migliore colonna sonora", ottenuto proprio dal maestro Morricone. Ed è proprio la vittoria del nostro compositore, a ricordarci di non diffidare dalla qualità delle nostre produzioni, che sanno regalare opere di grande versatilità, a partire dal cinema fino ad arrivare alle serie tv più moderne: famosi infatti i lavori del regista Stefano Sollima, Romanzo Criminale e Gomorra, serie prodotte in Italia e vendute in tutto il mondo. Per coloro che in­ vece storcono ancora il naso con diffidenza, poiché vorrebbero dei lavori più in stile holliwodiano, suggeriamo di non disperare.Infatti, viste le recenti apparizioni sul grande schermo di un nuovo super­ eroe romano, potremmo cominciare a chiederci se ci sarà la possibilà, in futuro, di vincere un Oscar proprio con un "colossal" made in Italy, e prolungare così, come ha fatto il maestro Morricone quest'anno, la presenza dell’Italia e delle sue produzioni artistiche nel cinema che conta.

RAYMOND CARVER Raymond Carver è uno scrittore, poeta e saggista statunitense. Cono­ sciuto da pochi – ma buoni – in Italia, ha ottenuto durante la sua carriera un successo eclatante negli States, tanto da essere considerato uno dei più grandi scrittori del dopo­Hemingway dalla critica let­ teraria newyorkese. Scoperto e formato da un grande editor e autore, Gordon Lish, inizialmente Carver si impone sulla scena lette­ raria con uno stile asciutto, freddo e minimale che tiene il lettore incol­ lato ai suoi scritti, dalla prima all'ultima parola. Una delle prime raccolte di rac­ conti, What we talk about when we talk about love (1981, Knopf, Newyork), mostra la sua grande dote di saper tratteggiare in modo preciso, essenziale e accattivante gli eventi che caratterizzano la re­ altà quotidiana. Nell'America dell'affluent society degli anni '70, che cerca di di­ pingersi come culla del benessere e della ricchezza, Carver mette in luce l'altro lato della medaglia: i suoi racconti denunciano il ma­ lessere dell'individuo contempo­ raneo che, tormentato dalla costante sensazione di perdita e desolazione, è perennemente sospeso nell'atto di attendere qualcosa che potrebbe anche non arrivare mai. Con Cattedrale, nel 1983, Carver si 12


distacca dall'influenza minimalista di Lish, per approdare a una scrit­ tura tutta sua. La forma e la trama dei suoi racconti si fanno più complesse e ricercate, l'autore comincia infatti a parlare di ar­ chitettura della prosa: “La prosa deve reggersi in equilibrio, ben e­ retta da capo a piè, come un muro decorato fin giù alla base, la prosa è architettura.” Parallelamente alla sua carriera di narratore e poeta, Carver tiene delle lezioni di scrit­ tura creativa presso il prestigioso Iowa Writers Workshop, corso bi­ ennale dell'Università dell'Iowa che, ad oggi, vanta fra i suoi alunni ben diciassette premi Pulitzer. È proprio da questa esperienza che nascerà una grande opera dal carat­ tere didattico: Il mestiere di scrivere – Esercizi, lezioni, saggi di scrittura creativa, tramite la quale Carver elargisce dei consigli preziosi agli scrittori in erba: crearsi un bagaglio di esperienze sostanzioso, dare vita a uno stile autentico ed essere sempre in grado di stupirsi. Ognuno di noi dovrebbe avere al­ meno un volume di Raymond Carver nella propria libreria, non solo per il piacere della lettura, ma anche per l'opportunità di carpire rari insegnamenti sull'arte della narrazione. Ecco perchè ci siamo riproposti, dal prossimo numero, di farvi da guida alla lettura de Il mestiere di scrivere, nella speranza di influire, se pure in modo esiguo, sulla formazione dei grandi scrittori di domani. Sarah Dari

LE EMOZIONI CHE NON TI ASPETTI a cura di Luca Giammarioli “La poesia non cerca seguaci, cerca amanti.” (Federico Garcia Lorca) Perché la poesia non rivendica seguaci, ma esige amanti. E allora, noi di LiberaMente vogliamo dare la possibilità concreta a chi, almeno una volta, è stato colto da un’ispira­ zione e ha cercato di esprimere a parole, sulla carta, quelle emozioni provate. Questo spazio viene dunque offerto a coloro che nutro­ 13

no una passione, o meglio, per dirlo con le parole del poeta Federico Garcia Lorca, un amore, per questa arte. Inviateci le vostre poesie e di volta in volta verranno pubblicate in questa sezione. La poesia ad aprire le danze è di Paolo, che dedi­ ca la sua composizione alle notti in­ sonni, dense e solitarie. INCUBO Ho aperto gli occhi Di colpo, è notte. La stanza è piena Di vuoto, soffoco In questo Nero Sempre meno Denso.

Paolo Morabito

Mandateci i vostri lavori condivi­ dendoli con noi e con i nostri let­ tori, all'indirizzo email: liberamentetvg@gmail.com

MOMENTO FILOSOFICO a cura di Luca Giammarioli e Francesco Marini L'amore è morto? L'amore platonico, sublime, spirituale, trascendente rispetto alla sensibilità della realtà, non esiste. L'uomo è legato alla carne, conosce in virtù della carne, e ama attraverso di essa. Ci nutriamo di sensazioni, di stimoli e percezioni indissolubilmente incatenate al contatto fisico e materiale. The Danish Girl, film tra i più recenti, ha la pretesa di confutare tutto ciò. L'Amore incondizionato e disincarnato dalla sensibilità è reale, non meno di quanto lo sia la nostra essenza pensante, che ci determina e che troppo spesso è negata in virtù della sua intangibilità. L'ambizioso progetto del film è senza dubbio quello di far arrivare questo messaggio e farlo attraverso la figura di Gerda, legata da un amore vero al marito Einar, che sconvolge però la quotidianità assecondando la sua necessità di cambiare sesso e mutando il nome in “Lili”, per sentirsi finalmente se stessa. Come la moglie possa rapportarsi a un

qualcosa di così stravolgente è il fulcro tanto della pellicola, quanto della nostra indagine. Il film testi­ monia infatti come possa esistere un amore più alto, e Gerda, che senza riserve, non muta ciò che prova anche dopo il cambio di sesso del marito, certifica come il sentimento più ricercato è altro rispetto ai corpi, perché non lega la materia, ma lo spirito. Gerda ama lo spirito. Gerda sente lo spirito. Gerda non sceglie, perchè Gerda ama. Chiaro ora come il cambia­ mento del corpo non possa mai e in alcun modo spezzare la corda, che lega un'anima all'altra. L'uomo ama la felicità, la ama. E nessuno, neanche il più pazzo, rinuncerebbe mai all'euforica passionalità che i­ nonda e pervade incontrollabil­ mente ogni amante. Travolgente, annienta qualsiasi cosa gli si op­ ponga, con la forza del più deciso ma allo stesso tempo con la dol­ cezza di un padre nei confronti del figlio. Bussa alla nostra porta quando meno lo si aspetta, con tocco dis­ creto ma audace, quieto e risoluto, secco ma musicale, e siamo chiamati a rispondergli, per il nos­ tro essere, per la nostra vita, lo siamo. A lui, all'Amore – quello vero – dobbiamo aprire la porta. “L’uomo è legato alla carne, cono­ sce in virtù della carne, e ama attra­ verso di essa.”. E poi ancora “L’uomo ama la felicità, la ama. […] siamo chiamati a rispondergli, per il nostro bene, per la nostra vita, lo siamo. A lui, all’amore – a quello vero – dobbiamo aprire la porta.”. Così conclude la sua riflessione Francesco, delineando l’amore come essenza tanto necessaria quanto salvatrice dell’uomo. L’amore è salvezza, l’amore è feli­ cità. Ma è davvero cosi? L’uomo felice è veramente un uomo che prova amore? E ancora, l'amore dell'uomo è veramente legato allo spirito? La felicità, dunque, è vin­ colata dall’amore stesso? Condi­ videte con noi le vostre riflessioni sul pensiero di Francesco. Se volete fornire nuovi spunti, come anche nuove idee, sono più che graditi. Scrivete al seguente indirizzo email: LiberaMentetvg@gmail.com o contattateci sulla nostra pagina Facebook.


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L'ANGOLO DEL NERD a cura di Luca Giammarioli

Siete stanchi delle solite riviste cor­ rotte, che recensiscono giochi che vendono loro stesse? Siete stanchi di leggere i soliti voti altissimi, a giochi che avreste bocciato, senza nemmeno rimandarli a settembre? Siete stufi di spendere i soliti mille­ mila euro, per giochi che non ne varrebbero neanche mezzo? L’an­ golo del nerd allora è l’angolo di mondo che fa al caso vostro, (se siete qui per caso non fatevi proble­ mi, va bene comunque). Mettetevi comodi e godetevi una bella recen­ sione del gioco del mese, una “top e flop” dei giochi che ci sono e non ci sono piaciuti e un’altra intermi­ nabile serie di cose “poco serie” (non perdonate il gioco di parole, è stato fatto volutamente). Il gioco del mese: The division Sono passati parecchi giorni dall'arrivo sul mercato di Tom Clancy's The Division, e dopo molte ore di gioco possiamo final­ mente dire la nostra. The Division è un gioco atipico, in quanto incrocia elementi MMO, del gioco di ruolo e di uno sparatutto in terza persona. Sviluppato da Massive Entertaine­ ment e prodotto da Ubisoft, il gioco senza molte spiegazioni ci cata­ pulta all'interno di una New York devastata da un virus, nel giorno del black friday, e caduta in mano ai ribelli. Il nostro compito è quello di riconquistare la città metro dopo metro, attraverso

missioni principali e secondarie, che risultano divertentissime in co­ operativa, ma che anche in singolo non deludono affatto. Ogni mis­ sione ci da dei punti exp. che ci permettono di far salire di livello il nostro personaggio, fino ad un level cap. di 30, più il nostro livello è alto e più possiamo accedere ad armi di alta gamma, ovvero più rare. Le missioni, oltre a punti exp., ci danno del denaro, tramite il quale possiamo acquistare dei potenzia­ menti per le nostre armi, in modo da alzare vertiginosamente, con le giuste combinazioni, i punti ferita. Nel gioco però non c'è solo un live­ llo, poiché, oltre a quello generale sopracitato, esiste anche il livello Darkzone. Si tratta di una zona della mappa dove si svolge il pvp (player versus player), entrando in­ fatti troverete altri utenti online con i quali potrete scontrarvi per con­ quistare armi, mod ed equipaggia­ mento, da usare per superare le missioni fuori da questa zona. Man mano che mieterete vittime nella Darkzone, alzerete il vostro livello, fino ad un level cap. di 50. Questo vi permetterà di accedere a zone più interne della mappa dove sì, ci sono nemici più forti, ma è anche pos­ sibile trovare armi molto più rare rispetto alle altre zone, che richiedono un livello più basso per l'accesso. Il comparto grafico a no­ stro parere è eccellente, la gestione della luce e delle ombre rende la New York del gioco estremamente

realistica, le variazioni climatiche sono eccelse e la mappa è curata nei minimi particolari, oltre a essere molto vasta. Nonostante ciò, quello che troviamo ad oggi non è, però, il gioco nella sua interezza: verranno aggiunti contenuti extra, gratuiti e non, a partire dal prossimo mese. I contenuti dei DLC previsti per il 2016 sono tre: nuove modalità, armi, costumi ed equipaggiamenti. Sono acquistabili singolarmente o tramite season pass al prezzo di 39,99 euro. Massive ha centrato a pieno tutti i bersagli che si era pre­ fissata con l'uscita di questo titolo: il gioco risulta molto godibile anche dopo parecchie ore e il lan­ cio, senza alcun tipo di problema relativo ai server, ci porta a dire senza dubbio che The Division sarà uno dei titoli multipiattaforma più giocati dell'anno. Alessio Di Venanzio Top e flop Parliamo adesso dei “top e flop”, dei giochi che ci hanno convinto e di quelli che, invece, ci hanno la­ sciato un po’ perplessi. Top : Fallout 4 – Bello, bello, bello. L’ul­ timo capitolo Bethesda ci è piaciuto veramente tanto. L’open world post­apocalittico ci immerge in pieno nel clima di sopravvivenza che conosciamo bene, con la tec­ nica ormai consolidata riguardante le scelte del giocatore, che influis­ cono nello sviluppo della storia. Buono anche il comparto tecnico che, nonstante i grossi limiti grafici in campo free roam di questa casa di produzione, riesce a presentarsi come un lavoro fluido e gradevole alla vista. Buono anche l’aspetto delle numerose missioni secondarie e dei vari dungeons sparsi per la mappa, che aggiungono varie ore di longevità al titolo, senza mai scadere nel banale. Un gioco, questo, che consigliamo ovvia­ mente agli amanti della saga, ma anche a chi, stanco dei soliti giochi banali dalla breve durata, vorrebbe cimentarsi in un’esperienza di sopravvivenza futuristica. Far Cry: Primal – Se l’idea di un nuovo capitolo della saga di Far Cry, ambientato nel paleolitico, inizialmente non ci convinceva

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poi cosi tanto, con l’uscita di questo titolo abbandoniamo defini­ tivamente, e con grande soddisfa­ zione, ogni eventuale dubbio. Far Cry: Primal è, a tutti gli effetti, il punto d’incontro tra coloro che volevano un po’ di novità nella saga, e coloro che tradizionalmente aspettavano solo un semplice cam­ bio nell’ambientazione. Tecnica­ mente impeccabile nella realizzazione dei personaggi e degli scenari, meno buona la parte dei combattimenti (su cui forse si sarebbe dovuto lavorare di più), tuttavia nell'insieme il gioco risulta curato in ogni aspetto e in ogni minimo dettaglio. La trama prin­ cipale rischia di essere l'unica pecca: buona, ma poco coinvol­ gente se paragonata ai capitoli pre­ cedenti. Gioco comunque consigliato da noi de l’angolo del nerd che, per descrivere quest’ope­ ra, prendiamo in prestito le parole del rapper Ensi, che definisce Far Cry: Primal un titolo “nuovo, ma fatto bene come le cose di una volta.”. Flop: Hatred – Ne avevamo sentito par­ lare tanto, tantissimo. “Esci da casa, vai in giro e ammazzi tutti!”. Idea interessante (sadica e un po’ folle forse sì, ma comunque in­ teressante). Peccato però che, a es­ sere interessante, rimane solo l’idea. Il nuovo titolo di Destruc­ tive Creation, infatti, offre pochi spunti a cui aggrapparsi per poter arrivare alla tanto sudata suffi­ cienza. Un protagonista poco caris­ matico, poca fantasia e troppa ripetitività nelle missioni principali rendono questo titolo difficile da digerire, persino per coloro che non hanno il palato fine in campo videoludico. Se aggiungiamo poi un comparto tecnico inadeguato per le interazioni con l’ambiente, dove i palazzi crollano in maniera inna­ turale e forzata, e contrasti di luce ambientali chiaroscuro che rendono ingiocabili alcune missioni situate in spazi chiusi, possiamo, o forse dobbiamo, assegnare a Hatred il titolo di flop del mese. E se non ab­ biamo parlato delle scadenti movenze del personaggio o del pessimo sistema di guida, è solo perché siamo dei signori...

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Caro Babbo Natale… Parliamo adesso dei titoli in uscita su cui non vediamo l’ora di mettere le mani. Uncharted 4: la fine di un ladro (data di uscita: 27.04.16) – Nate! Nate! Nate! Presenti tutti i perso­ naggi della saga, grafica next gen e, udite udite: possibilità di scegliere le risposte nei dialoghi! Serve al­ tro? Quantum Break (data di uscita: 05.04.2016) – Non sappiamo prati­ camente nulla di questo titolo, ra­ gione più che valida per non vedere l’ora di provarlo. Dark Souls III (data di uscita: 12.04.16) – Ammettiamolo, ogni volta che compriamo un titolo di questa saga ci ripetiamo “basta,non ne posso più, questo è l’ultimo!” ...ma poi ci ricadiamo sempre. Mirror’s edge catalyst (data di us­ cita: 26.05.2016) – Ogni tanto un po’ di esercizio fisico fa bene, non possiamo rimanere tutto il giorno davanti alla console. Homefront: the revolution (data di uscita: 20.05.16) – Armi, moto e rivoluzioni: elementi essenziali per farci dire “lo voglio!” E per finire…. IL SONDAGGIONE! Domanda: Qual è stato, nella vostra carriera da nerd professionisti, il cattivone più cattivone di tutti i tempi, quello che vi ha fatto passare notti insonni, e perdere capelli e posto in paradiso? Sono tantissimi, forse troppi, lo sappiamo... ma provate a scriverci il vostro most hated e vedremo, nel prossimo nu­ mero, quale villain è il più odiato da voi videogiocatori. Scrivete a: LiberaMentetvg@gmail.com

TANTO TEMPO FA, IN QUESTO MESE...

a cura di Luca Giammarioli

…nel 1896, grazie ad alcuni esperi­ menti legati alla luminescenza degli oggetti, Henry Becquerel scopriva la radioattività. …nasce un giornale in Italia, il 5 Marzo del 1876: stiamo parlando del Corriere della sera, giornale pi­ lastro dell’editoria del paese. …veniva alla luce, precisamente a Bologna, il 5 Marzo del 1922, Pier Paolo Pasolini; figura di spicco nel panorama culturale italiano. …A. Bell presentava, il 7 marzo del 1876, il brevetto del telefono, idea rivoluzionaria nel mondo della comunicazione. …prendeva vita la “creatura” del dottor Frankestein, con la pub­ blicazione dell’omonimo roma­ nzo di Mary Shelley, l’11 Marzo del 1818. …l’universo conosceva un nuovo pianeta: stiamo parlando di Urano, scoperto da W. Herschel, il 13 Mar­ zo del 1871. …la mattina del 16 Marzo 1978, veniva intercettata e dirottata dalle brigate rosse l’auto che trasportava il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro.


…usciva, il 22 Marzo del ’63, Please Please Me dei Beatles, primo disco di una leggendaria car­ riera. …le truppe tedesche, in risposta a un attentato partigiano, fucilavano 335 civili italiani presso le Fosse Ardeatine, il 24 Marzo del ’44. …si costituiva ufficialmente, il 25 marzo del 1585, l’istituzione che raccoglie esperti e studiosi della lingua italiana, meglio nota come Accademia Della Crusca. …lunedì 27 Marzo 1899, aveva luogo la prima comunicazione radi­ otelegrafica internazionale. …esplodevano tragicamente quat­ tro incendi nella centrale nucleare di Fukushima dai­ichi, provocando l’evacuazione delle città limitrofe. Questo accadeva l’11 Marzo del 2011. …veniva assassinato, precisamente il 15 marzo del 44 a.C., Gaio Giu­ lio Cesare, in una delle più celebri congiure di tutti i tempi, che viene ricordata con il nome di Idi di Mar­ zo. …il 21 marzo 1931, nasceva Alda Merini, scrittrice e poetessa italiana di fama mondiale.

VENTO GELIDO (буран)

Russia,1917 Freddo. Fa un fottuto freddo qui dentro. Fa talmente freddo in questo schifo di cella, che quasi rimpiango la vita di campagna. Certo, anche in cam­ pagna fa freddo. Ma se vivi in cam­ pagna lo sai, sei preparato. Sai come affrontare l’inverno. Sai come coprirti, sai cosa devi fare per proteggerti. Lo sai, sì, sai come devi comportarti. Chi vive in cam­ pagna lo sa. Se vivi là fuori, in una campagna russa, sai anche che puoi provarci, puoi provare a sfuggire al freddo gelido del lungo inverno, ma sai anche che non ci riuscirai. Non si sfugge al freddo inverno. Da noi viene chiamato Generale In­ verno. Che nome buffo

da dare a una stagione, quello di Generale. Forse si chiama così per­ ché, come un generale che guida le sue truppe verso l’annientamento degli avversari, così anche l’in­ verno muove le sue bufere per ster­ minare chi non si fa trovare pronto. O magari, Generale perché, come un generale, esige che la sua milizia sia sempre pronta al peggio e testa quelli che di noi possono farcela. Ma chi viene dalla campagna sa come farsi trovare pronto, sa come deve comportarsi. Chi viene dalla campagna lo sa. Una volta ho sen­ tito una storia sul Generale inverno: il nome deriva dalle parole di un tale, un certo maresciallo francese Ney non so come, che, provando ad entrare in Russia con il suo battaglione, si ritrovò nel giro di pochi giorni senza neppure un solo uomo. Sul bollettino di guerra al­ lora scrisse: “l’esercito francese è stato battuto non dalle armi ma dalla fame e dall’insostenibile clima”. Ah, che folle. Devi essere folle se vuoi provare a calcare il suolo russo senza fare i conti col generale inverno. Folle, sì, o forse coraggioso. È impressionante come a volte queste due cose siano legate l’una all’altra. Ehh, mio caro generale, io invece so chi sei. So di cosa sei capace. Ricordo ancora la prima volta che feci la tua cono­ scenza: una mattina, all’età di nove anni, ero fuori casa a passeggiare con mio padre. A un certo punto iniziò a ululare il vento, un ululato come mai ne avevo sentiti. In pochi minuti cominciò a nevicare. Ma non era una semplice nevicata. No, questa neve era tagliente, sembrava pietrificare la mia pelle. Subito mio padre mi prese per mano e ci diri­ gemmo di corsa verso casa. Ri­ cordo ancora quel breve tratto, per me lungo, interminabile. Ero come bloccato, non riuscivo a muovere nessun muscolo. L’unica cosa che muovevo con grande velocità su e giù erano i denti, che sbattevano scandendo un ritmo frenetico. Mio padre allora, dopo essersi accorto della mia situazione, mi prese in braccio e di corsa riuscimmo a ritornare a casa. Fortunatamente non ci eravamo ancora allontanati molto, ma ricordo che, mentre stavo riprendendo il possesso del mio corpo, osservai mio padre. Non una piega, non una smorfia. Capii che se avessi voluto sopravvivere in

in Russia sarei dovuto diventare come lui, un uomo che sa come prendere il Generale Inverno. Un uomo che sa come vivere in cam­ pagna. Del resto, ho imparato quasi tutto quello che so da questi due, da mio padre e dal Generale. Il fottuto freddo gelido, penso, non è la cosa peggiore in questa dannata cella. La cosa peggiore in questa dannata cella è la fame. Siamo chiusi qui da ormai due o tre settimane, ho perso il conto. La prima settimana i pasti arrivavano, brodaglie disgustose, certo, ma almeno qualcosa di caldo da mettere in pancia. Dopo la prima settimana, però, niente più brodaglia. E quando la fame chiama e non hai la brodaglia, perfino i topi ti sembrano ottimo cibo. E cosa c’è di meglio della carne di topo quando non mangi da giorni? Chi ha fatto la fame questo lo sa, chi viene dalla campagna questo lo sa. Non so perché non ci viene dato più il cibo; evidentemente non vale la pena sfamare chi tanto è prossimo alla morte. Condanna a morte per oltraggio allo Zar. Che modo stu­ pido di morire, condannato a morte. Ucciso da un boia qualsiasi. Non mi ha ucciso la fame, non mi ha uc­ ciso la guerra e non mi ha ucciso nemmeno il Generale Inverno: as­ surdo pensare che morirò fucilato. O impiccato. Morirò con il volto coperto sotto una pioggia di proiet­ tili, o una corda stringerà forte il mio collo fino a che morte non sopraggiunga? Chi lo sa. Ma del resto, cosa importa. Quando muori, il modo in cui te ne vai non im­ porta. L’unica cosa che conta vera­ mente, è la vita che perdi. Un russo questo lo sa, chi vive in campagna lo sa. Mi guardo intorno in cerca di Aleksandr, il mio compagno di cella. Non lo vedo. Cerco di giusti­ ficare il fatto dando la colpa al buio fitto della stanza; ma, pensandoci bene, sono giorni che non vedo la luce dell’esterno. Ormai i miei oc­ chi si sono abituati a questa oscuri­ tà. Chissà come reagiranno, quando vedranno la luce del sole. Che scemo, penso, quando i miei occhi vedranno la luce del sole sarà solo una questione di minuti. Poi lascerò questo mondo. Da condannato a morte. Che modo stupido di morire. Raccolgo tutte le poche forze che mi rimangono, poi lo chiamo. Chiamo Aleksandr. Una, due, tre 16


volte, ma non ricevo risposta. Forse non mi sente, forse sta dormendo, o forse ha solo anticipato di qualche giorno la fine. Morto. Di freddo, chissà, o magari di fame. Qua den­ tro non devi avere troppa fantasia per trovare un modo di morire. Forse, se avessi ancora forze suffi­ cienti e una buona corda, anche io mi porterei avanti col tempo, chis­ sà. No, non lo farei, ma solo per non facilitare il lavoro a quei bastardi. Mi vogliono morto? Che mi uccidano loro. Che sprechino qualche proiettile. La mia vita deve valere almeno qualche proiettile. Chiamo per la quarta volta Aleksandr, ma niente. Sono seduto con la schiena al muro, e ho freddo. E fame. E sete. E da quanto in­ tuisco, sono anche solo. Poggio la testa al muro, cerco di non pensare a tutto questo, e chiudo gli occhi. Tanto con questo buio, tenere gli occhi chiusi o aperti, non fa alcuna differenza. Sento un rumore provenire dal fondo della stanza. Un grugnito, uno strano verso. Poi lo vedo, delineo i contorni di quella figura. È Aleksandr che, lenta­ mente, cerca di girarsi verso di me. Le cose, penso, sembrano migliora­ re. Non sono più solo; ora resta da fare i conti con la fame, il freddo e la sete. “Non sei morto”, gli dico, mentre lo vedo strisciare verso la latrina. Non mi risponde, si limita a grugnire. Poco importa, non è mai stato un tipo di compagnia. A dire il vero, nemmeno io sono un tipo di compagnia. Mi ricordo di una volta, quando ero bambino, mentre gli altri ragazzi stavano giocando a palla mi venne a chiamare Frank, il figlio della signora Gusev. Io non giocavo, non giocavo mai, e neanche mi piaceva guardare gli al­ tri giocare. Pensavo semplicemente ai fatti miei. Venne allora Frank, e mi invitò a partecipare. Io gli dissi che non avevo voglia. Lui, sottoli­ neando il fatto che non giocavo mai, mi disse che non se ne sarebbe andato finché io non avessi parte­ cipato. Non mi piaceva la situazione, e glielo dissi. Continuò su quella strada, insistendo per farmi giocare. Dopo avergli ribadi­ to per l’ultima volta che non ne avevo voglia e che non aver parte­ cipato, e dopo aver ricevuto l'ennesima risposta negativa, gli as­ sestai un pugno sul naso. Lo colpii talmente forte che lo ruppi al primo 17

tentativo; Frank svenne. Dal mo­ mento in cui si riprese e guarì, non mi rivolse più la parola. Avrebbe dovuto saperlo, non sono un tipo di compagnia. Il vecchio Frank. Chis­ sà ora come se la passa, quella vec­ chia femminuccia. Magari è partito per la guerra, o magari è in un posto sicuro con un tetto sulla testa e un buon pasto caldo. Immagino che, in ogni caso, se la stia pas­ sando meglio di me. Mi faccio forza, cerco di riattivare i muscoli atrofizzati e provo ad alzarmi. Ci metto un po’, non ci riesco subito. Con pazienza, dopo due o tre tenta­ tivi, eccomi in piedi. Sono ob­ bligato a trovare un buon modo di perdere tempo per deviare la mia mente dalle fitte che mi arrivano allo stomaco, per via della fame. Guardo Aleksandr vicino alla latri­ na, e scopro che ha di nuovo perso conoscenza. Non mi avvicino a lui, non provo a rianimarlo, non lo aiuto. O forse, in realtà, non lo sve­ glio proprio per questo, per aiutarlo. Almeno, se non sei lucido, non devi fare i conti con questo schifo di realtà. Non devi fare i conti con la fame, il freddo, la sete. Con lo sguardo allora cerco la parete, che avevo tappezzato di scritte quando ancora c’era luce sufficiente per poterlo fare. Quando sei in una cella e hai fame e sete, perfino un sasso, una parete e qual­ che scritta antizarista possono aiutarti. Che buffo, non sono mai stato un tipo da addobbi. la cosa che ho decorato di più nella mia vita, forse, è proprio questa cella di merda. “Nikolaj”, mi sento chiamare. “Nikolaj, sei sveglio?”. È Igòr, riconosco la voce. È nella cella di fronte, se la memoria non mi ha ancora abbandonato. Era con il mio gruppo quando ci hanno ar­ restati. “Nikolaj, mi senti?” Con­ tinua a dire, ma non sono sicuro di voler rispondere. Poi cedo, decido di ascoltare cosa ha da dire. “Parla” ,gli dico, senza aggiungere altro. “Nikolaj, ascolta, ho una splendida notizia. So come uscire da qui.” Luca Giammarioli


INDICE Editoriale

P.1

Conosciamo Tor Vergata

Garanzia Giovani

P.1

Rainbow

P.10

Incidente di Terragona

P.3

Film consigliati

P.11

Primavera di Giustizia

P.4

Chi sono gli artisti di

Goodbye made in Italy

P.4

strada

L'identikit di Banksy

P.5

Teatro e scrittura

Terra ultimo appello

P.5

clandestina nell'illuminismo

Mediterraneo sotto il gioco

europeo

dei petroliferi

P.6

88째edizione della notte degli

Torna la paura

P.6

Oscar, vince Morricone: si

Tor Vergata: la nuova first lady

P.11

P.12

rinnova la tradizione italiana P.7

agli Academy awards

P.13

L'accademia della crusca

Raymond Carver

P.13

raccontata dal professor

Le emozioni che non ti aspetti P.14

Pietro Trifone

P.7

Momento Filosofico

P.14

Un pugno al dialogo

P.8

L'angolo del nerd

P.15

Bacheca Universitaria

P.10

Tanto tempo fa, in questo mese

P.16

Vento Gelido

P.17

REDAZIONE: LiberaMente: "La voce degli studenti per gli studenti" La redazione: Amir Bousrira Luca Giammarioli Sarah Dari Eugenia Zazzetta Francesco Marini Luca Latini

Collaboratori: Isabella Ducros Alessio Di Venanzio Paolo Morabito Paolo Quintili Impaginato da:Tiziano Gambone 18


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