Anno 2013 || Link n°3

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SPECIALE: INDEBITAMENTO E SEGNALAZIONI A SOFFERENZA

la lesione dell’immagine e della reputazione del soggetto. In altri termini, l’errata segnalazione costituisce una condotta potenzialmente plurioffensiva, che può pregiudicare interessi diversi. Il sistema delle responsabilità. Il regime delle responsabilità connesse ad un’attività siffatta non può prescindere da più ampie considerazioni sulle tipologie di illecito che possono verificarsi. Per i temi qui affrontati è chiaro che occorre limitare l’indagine ai danni diversi frutto di inesattezze nell’imputazione dei rischi, nelle informazioni anagrafiche, nelle ristrutturazioni dei crediti o regolarizzazioni, di erronea collocazione della segnalazione nella giusta categoria di rischio collegati alla responsabilità da trattamento dei dati personali. Ne consegue che va considerata la responsabilità ex art. 11 ed ex art. 15 del D.Lgs. n. 196/2003. Ai sensi del disposto L’effetto, di una segnalazione dell’art. 11, a pena di inutilizzabilità dei dati, a sofferenza può essere il titolare del trattauna drastica riduzione degli mento è tenuto a comuaffidamenti da parte di tutti i nicare dati esatti, aggiornati, trattati in soggetti partecipanti alla CR, modo lecito e secondo l’isolamento finanziario del correttezza, pertinenti, completi e non eccesoggetto e l’impossibilità denti rispetto alle finalità. In caso di di accedere al credito. violazione degli obblighi di trattamento dati, l’art. 15 dispone che chiunque cagiona un danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto ai risarcimento ai sensi dell’art. 2050 cod. civ. Il danno non patrimoniale è risarcibile anche in caso di violazione dell’art. 11. L’art. 2050 cod. civ. sancisce la responsabilità da esercizio di un’attività pericolosa, individuando in capo all’autore ogni possibile conseguenza di danno a terzi, se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno. L’attività di trattamento dei dati è appunto qualificata dal Codice quale attività pericolosa, ed il titolare del trattamento ed i suoi delegati devono svolgerla con la massima diligenza. Il richiamo operato dall’art. 15 del D.Lgs. n. 196/2003 all’art. 2050 cod. civ. ha, infatti, per scopo l’affermazione di un favor per il danneggiato, escludendo che nel

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caso del trattamento di dati personali possa porsi un problema di sussistenza o meno della colpa e di un’eventuale graduazione della stessa. Secondo la giurisprudenza ormai consolidata, la presunzione di responsabilità contemplata dall’art. 2050 cod. civ. può essere vinta solo con una prova particolarmente rigorosa, essendo posto a carico dell’esercente l’attività pericolosa l’onere di dimostrare l’adozione di tutte le misure idonee ad evitare il danno. Peraltro, non basta la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di aver impiegato ogni cura o misura atta ad impedire l’evento dannoso, di guisa che anche il fatto del danneggiato o del terzo può produrre effetti liberatori solo se per la sua incidenza e rilevanza sia tale da escludere, in modo certo, il nesso causale tra attività pericolosa e l’evento e non già quando costituisce elemento concorrente nella produzione del danno, inserendosi in una situazione di pericolo che ne abbia reso possibile l’insorgenza a causa della inidoneità delle misure preventive adottate (Cass. civ., Sez. III, 15/07/2008, n. 19449, in Mass. Giur. It., 2008; Cass. civ., Sez. II, 09/03/2006, n. 5080 in Mass. Giur. It., 2006). In altri termini, la giurisprudenza attribuisce la responsabilità ex art. 2050 cod. civ. all’esercente l’attività pericolosa per il solo collegamento tra il fatto ed il danno. In linea generale, le tipologie di danno che possono derivare all’interessato dall’illecito e/o illegittimo trattamento dei dati personali sono quello di natura patrimoniale e non patrimoniale. Anche se si opera nell’ambito delle attività pericolose con uno sbilanciamento dell’onere probatorio a carico del titolare del trattamento, il danno patrimoniale soggiace alla regola per cui chi assume aver subito un danno patrimoniale deve darne prova, mentre per il danno non patrimoniale inteso come danno all’immagine, alla reputazione ed all’onore valgono le regole comunemente accolte dalla giurispudenza per la quale il danno sussiste in re ipsa senza che vi sia necessità di una prova ad hoc. Sul punto invero, non può tacersi della sussistenza di pronunce orientate in senso inverso, ma le modeste dimensioni del fenomeno non consentono di affermare che vi è stato un cambiamento di rotta. 


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