C'era una volta . . . e c'è ancora.

“C’era

una volta . . .” e “C’è ancora . . .”

Laboratorio di lettura attiva e scrittura creativa Classe I M

IL GATTO E LA LEPRE Una lepre che camminava nel bosco vide un gatto smarrito e gli chiese: “Chi sei?”

Il gatto rispose “ Sono un gatto, stavo passeggiando in cerca di qualcosa da mangiare.”

La lepre, che non mangiava da tempo, se ne andò per escogitare un piano per sfamarsi.

Così tornò dal gatto e gli propose: ” Ti aiuto a trovare la carne”.

Si misero in cammino e trovarono un pezzo di carne, ma la lepre, più veloce, correndo riuscì a prenderlo e il gatto invece restò senza cibo.

MORALE: Fidarsi è bene non fidarsi è meglio.

R. Siclari

Un canarino stava volando alla ricerca di cibo, e trovò due alberi di mele, su di uno c’erano frutti che sembravano marci, sull’altro frutti maturi.

Mentre l’uccellino stava per prendere il frutto maturo, giunse una volpe che l’afferrò per prima.

Il canarino protestò: - Quella era la mia mela!

La volpe rispose: -Questa mela è così bella che la mangerò tutta io perché la merito più di te!

Il canarino così, prese la mela marcia e, quando l’assaggiò, con sorpresa questa si rivelò buona e gustosa.

Anche la volpe rimase sorpresa perché il suo frutto si rivelò disgustoso e nauseante.

Morale della favola: A volte l’apparenza inganna.

In una foresta, due scimmie erano su un albero a gustarsi delle banane, ma proprio in quel momento passò un piccolo lemure che, affamato, chiese: - Potrei avere anch'io delle banane?

Le due scimmie dispettose risposero: - Non puoi avere queste banane perché non è tuo l’albero.

Dispiaciuto il lemure se ne andò in cerca di altro cibo.

Dopo qualche giorno, ci fu una tempesta e caddero tutte le banane dall'albero, allora il piccolo lemure le raccolse e le distribuì agli altri animali senza lasciare avanzi alle scimmie.

Quando queste giunsero, trovarono l’albero ormai spoglio e chiesero al piccolo lemure un po' di cibo, ma il lemure rispose: - Non è rimasto più nulla per voi.

Morale della favola: Chi la fa l'aspetti.

L. Cerchia

In un bellissimo campo fiorito c’era un cavallo bianco, molto vanitoso della sua fluente criniera e dei suoi poderosi zoccoli. Non solo si vantava della sua bellezza, ma anche della sua INTELLIGENZA. Un giorno il cavallo bianco vide un corvo che stava beccando una mela molto appetitosa e, pensando che di solito i corvi sono stupidi e ingenui, decise così di sottrargliela. Gli si avvicinò e gli disse: “Bel corvo ho visto che un tuo simile è in pericolo dall’ altra parte del fiume, ha bisogno del tuo aiuto.”

Il corvo senza sospettare nulla, posò la mela su un ramo dove il cavallo non poteva arrivare e si diresse verso il fiume.

Intanto il cavallo cercò in tutti i modi di afferrare la mela, ma non ci riuscì.

Quando il corvo giunse al fiume, non trovò nessuno, si accorse del tranello e volò verso l’albero dove aveva lasciato la deliziosa mela.

Intanto il cavallo saltava come un matto per raggiungere il ramo, senza riuscirci.

Allora il corvo gracchiò: “Non puoi ingannare gli altri solo perché credi di essere bello e intelligente, e neanche vuol dire che una persona un po' brutta di aspetto sia sciocca. Non giudicare nessuno a prima vista”

Il topo e la volpe Un giorno una volpe affamata decise di andare a trovare un topo per mangiarselo, con la scusa di voler assaggiare uno dei suoi piatti migliori. Il topolino che aveva adocchiato di piccole dimensioni, ma sicuramente squisito per la volpe. Si recò nella sua tana e, fingendo modi gentili, gli chiese di prepararle una delle sue prelibatezze; così, mentre il topolino era indaffarato a cucinare, lei l’avrebbe afferrato e mangiato.

Ma il topo era furbo più della volpe e avendo intuito le sue vere intenzioni, preparò un bastone e lo nascose sotto il tavolo. Quando la volpe si avvicinò al topo per mettere in atto il suo piano, la sua ombra la tradì, il topo prontamente impugnò il bastone e la colpì. Così il topo mangiò quella specialità che aveva preparato leccandosi i baffi, mentre la volpe malconcia per il colpo di bastone rimase a guardare.

La favola ci insegna che l'apparenza inganna perché il topo anche essendo un animale di piccole dimensioni si è dimostrato molto intelligente ed astuto.

M. Del Giudice

IL GATTO E IL PRINCIPE C’era una volta in un regno fantastico un principe. Un giorno il principe decise di lasciare il suo regno per viaggiare ed esplorare nuovi luoghi. E così fece. Nel suo cammino incontrò oggetti, animali e persone. Dopo giorni e giorni viaggio si volle accampare per riposarsi e riprendersi dalla stanchezza. Dormì profondamente per tre notti e tre giorni. Al suo risveglio, s’imbatté in un gatto con gli stivali e il cappello e iniziò con lui una strana chiacchierata.

Il gatto gli raccontò che in un castello viveva un lupo ingordo che dominava nei dintorni con crudeltà e spietatezza.

Così i due si decisero e partirono per combattere e sconfiggere il lupo.

Durante il cammino incontrarono una fata che donò loro una spada infuocata e un cavallo alato per cavalcare più veloci di un lampo.

Fu così che il principe e il suo amico gatto riuscirono a battere il lupo che scappò con la coda tra le gambe, lasciando ai due eroi il castello e le terre che essi governarono saggiamente riportando la pace e la giustizia.

E vissero felici e contenti.

G. Balsamo

C'erano una volta tre porcellastri di nome Timmy, Tommy, Jimmy.

Erano dispettosi e prepotenti, derubavano e distruggevano le casette di altri animali che vivevano nel bosco, ma soprattutto davano tanto fastidio al lupo.

Il lupo un giorno si stancò del disturbo di quei tre seccatori e decise una tattica per scacciarli una volta per tutte.

Di notte fonda, il lupo andò nel loro territorio e, senza accorgersene, cadde con una zampa in una trappola posizionata dai porcellastri.

Il dolore era terribile e non riuscì a trattenere gli ululati, svegliando dal sonno i tre furfanti.

I porcellastri, armati di mazze ed asce, corsero subito dal lupo. Fortunatamente il lupo riuscì a fuggire e si rifugiò dietro una roccia.

All'alba il lupo, con la zampa ancora un poco indolenzita, convocò una riunione tra tutti gli animali della foresta e invitarono anche l'orso bruno, che aveva il sopravvento su tutta la foresta.

L’orso accettò la richiesta d'aiuto da parte del lupo e degli altri animali e, per assicurarsi un buon vantaggio numerico, ricorse anche all'aiuto del suo branco.

Ma Jimmy, che era nascosto fra i cespugli, sentì tutta la discussione e quindi avvertì i suoi fratelli del pericolo imminente che li aspettava.

E, dopo tanta attesa, sia gli animali del bosco che i tre porcellastri erano pronti a misurarsi e così iniziò una lunga battaglia.

Molti animali vennero contrastati dalle mini-catapulte fabbricate dai tre mascalzoni che difendevano automaticamente la fortezza che avevano costruito e tanti altri furono vittime delle trappole che erano sparse per il territorio.

Dopo un lungo e faticoso tentativo, alcuni ratti e scoiattoli riuscirono ad abbassare il ponte.

Ma la fortezza aveva anche una seconda ala con mine ed esplosivi che potevano essere mortali per gli animali.

I gufi, essendo dotati di tanta intelligenza, riuscirono ad escogitare un piano, cioè passare dall'altra parte del castello con dei trampolini, ma bisognava avere anche l'esatta posizione per l'atterraggio.

Quindi ricorsero all'aiuto delle talpe che, pur avendo problemi di vista, avevano pur sempre un buon orientamento e una buona capacitĂ di coordinamento.

Presero tanta paglia e la misero su un grande buco scavato che corrispondeva all'esatta posizione di atterraggio.

Grazie al piano escogitato dai gufi, tutti gli animali riuscirono a passare la zona minata senza un graffio.

Ed erano giunti nel luogo in cui si trovavano i porcellastri.

Appena gli animali entrarono, si ritrovarono davanti molti cannoni che erano in grado di far scoppiare in aria persino la metĂ della foresta, infatti erano dotati di palle super esplosive.

CosĂŹ ci furono esplosioni e grida di battaglia.

Gli animali erano all'estremo delle forze, ma le parole incoraggianti del lupo e la sua DETERMINAZIONE riuscirono a dare carica a tutti gli altri.

E cosĂŹ dopo tanti tentativi, gli animali si portarono a casa la vittoria e riuscirono dunque a scacciare via i piccoli porcellastri una volta per tutte.

A. Esposito.

C’era una volta una bellissima ragazza di nome Biancaneve.

Viveva in un castello e suo padre era un re, ma purtroppo non aveva una madre, bensì una matrigna. Un giorno Biancaneve decise di andare nel bosco, dove incontrò una graziosa bambina vestita semplicemente di rosso e le chiese: ” Come ti chiami?”

Lei rispose:”Mi chiamo Cappuccetto Rosso e sto andando dalla mia nonnina.”

Biancaneve aggiunse:” Vuoi che ti accompagni?”.

Cappuccetto acconsentì felicemente, così le due si incamminarono per andare dalla nonna.

Ad un tratto sbucò dietro ad un albero un grosso lupo affamato.

Biancaneve e Cappuccetto, spaventate incominciarono ad urlare dalla paura.

I sette nani, sentendo le forti urla disperate delle ragazze lasciarono il lavoro nella miniera e corsero in loro soccorso. Erano armati di picconi e potenti mele magiche.

Il lupo conosceva bene la fiaba di Biancaneve e sapeva che quelle mele erano estremamente pericolose. I nani rincorsero il lupo cattivo che cadde giù dal dirupo e sparì.

Cappuccetto e Biancaneve tirarono un sospiro di sollievo e ringraziarono i sette nani.

Le due amiche ripresero il cammino e finalmente arrivarono dalla nonna. A questo punto le due si separarono, Cappuccetto poté riabbracciare la nonna e Biancaneve si diresse verso il castello ma si promisero di rimanere amiche e di rivedersi presto.

N. Coppola K. Infelice

C'era una volta nel mondo delle fiabe una bella ragazza chiamata Biancaneve. Nel castello di Biancaneve c'era Cenerentola, una sua amica, e stavano facendo colazione insieme. All’improvviso bussò qualcuno alla porta gridando: "Nonna, nonna, apri sono Cappuccetto".

Era una graziosa bambina vestita di rosso, con un cestino pieno di dolci deliziosi che chiese loro: "Ma dov'è la mia nonnina?".

Le due amiche con garbo risposero: " Ci dispiace, devi aver sbagliato casa".

Era proprio così, la piccola, per evitare il lupo, aveva imboccato il sentiero sbagliato e si era smarrita.

Ora, Cenerentola golosa, almeno quanto Biancaneve, chiese alla bambina cosa ci fosse in quel cestino, Cappuccetto lo aprì e mostrò i dolci per la nonna e aggiunse che, dal momento che non l’aveva trovata, sarebbe tornata a casa e, detto questo, se ne andò lasciando lì il suo cestino.

Così Cenerentola e Biancaneve iniziarono a discutere su chi doveva rimpinzarsi con quei dolci.

La fata di Cenerentola, sentendole litigare rumorosamente, pensò bene di intervenire rimproverandole: "Ma si può sapere che cos'è tutto questo baccano?".

Le due ragazze spiegarono il motivo del litigio e la fata, un po’ infastidita, con la sua bacchetta magica riportò l’armonia e divise equamente quelle dolcezze tra le due litiganti che ritornarono di nuovo amiche e vissero felici e contente.

Ecco cosa accade quando i personaggi delle fiabe si confondono tra di loro e per errore entrano in altre storie, ma basta un pizzico di magia e tutto ritorna a posto.

M. Del Giudice

C’era una volta, in un paese lontano, una bellissima fanciulla dai capelli neri come l’ebano, le labbra rosse come il sangue e la pelle bianca come la neve, che si chiamava Biancaneve. La sua matrigna era gelosissima della sua bellezza e aveva dato ordine di ucciderla, ma Biancaneve si era rifugiata nel bosco, dove viveva insieme a 7 nani.

Un giorno, arrivo alla casupola un messaggero del re, che portava una notizia: tutte le fanciulle del reame dovevano presentarsi a corte. Il principe Flippo dava un ballo, e avrebbe scelto tra di loro la sua futura sposa.

Tutta eccitata, Biancaneve si cucì un abito bellissimo, decorato con i diamanti e le pietre preziose che i nani le avevano portato della miniera, e attese con ansia la sera della festa. Al tramonto si preparò, e si avviò verso il palazzo.

Intanto, appena all’uscita del bosco, in una casa grande e luminosa, anche Anastasia e Genoveffa erano indaffarata nei preparativi per la festa e ordinavano continuamente alla povera Cenerentola di stirare qualcosa, lavare un abito, preparare da mangiare, cercando di tenerla più occupata possibile. Non volevano che la loro sorella si presentasse al principe.

Quando furono pronte, le due sorellastre montarono sulla carrozza, pronte per conquistare Filippo, senza di lei. Cenerentola, disperata, si rifugiò singhiozzando in giardino. Ma in quel momento, da una nuvola di polvere di stelle, uscì una donnina dalla faccia tonda, avvolta in un mantello: “Sono la fata turchina, ho aiutato Pinocchio, aiuterò anche te!”. Così prese una zucca e la mutò in una bellissima carrozza. Con un tocco di bacchetta trasformò gli stracci di cui era vestita in un magnifico abito e al posto degli zoccoli spuntarono deliziose scarpette di cristallo. Poi le diede un ammonimento: se fosse rimasta più tardi di mezzanotte, l’incantesimo sarebbe svanito. Cenerentola promise, e partì alla volta del castello.

Così si trovarono al palazzo Biancaneve, Cenerentola, Anastasia, Genoveffa e tutte le fanciulle del regno.

Il principe però, sembrava totalmente insoddisfatto. Quel mattino, cacciando nel bosco, era stato incantato da una voce melodiosa. Cercando colei che cantava, aveva trovato Rosaspina, che danzava con gli animaletti del bosco e se n’era innamorato all’istante. L’aveva pregata di venire al castello, ma di lei, quella sera, non c’era traccia. Rosaspina in realtà era la principessa Aurora,

ed era vissuta nel bosco per nascondersi da Malefica, la strega cattiva, che il giorno della sua nascita aveva predetto che la bambina sarebbe morta pungendosi un dito con un fuso. Rosaspina, ignara della sua reale identità, dopo l’incontro col principe, era tornata dalle sue zie, tre fate buone nella casupola nel bosco, e aveva festeggiato con loro il suo sedicesimo compleanno.

Ma, dopo tanti anni, proprio quel giorno, Malefica aveva trovato il suo nascondiglio, e così si era travestita da vecchina, pronta ad ucciderla, ed era andata nella capanna nel bosco. Rosaspina le aveva offerto una fetta della sua torta di compleanno, e la vecchina le aveva donato in cambio una mela, una mela avvelenata.

Rosaspina aveva dato un morso, e subito era caduta a terra, addormentata. Malefica poteva essere soddisfatta: l’unico antidoto era il primo bacio d’amore, ma lei l’avrebbe trasportata nella sua casa di marzapane, sicura che nessuno si sarebbe mai avvicinato per non cadere nella sua trappola.

Le tre fate però, non trovando più Rosaspina, e vedendo la mela a terra, avevano capito cosa era successo, e si erano precipitate al palazzo di Filippo, che stavo ballando con tutte le fanciulle, sperando in cuor suo, di veder comparire la bella Rosaspina. Le fatine spiegarono velocemente al principe quello che era successo, e lui, senza pensarci due volte decise di andare a liberare la sua amata. Le tre fatine buone decisero allora di addormentare tutti nel palazzo e spruzzarono polvere di sonno. Filippo si mise gli stivali delle sette leghe e corse alla casa di marzapane dove Rosaspina era prigioniera. Quando arrivò, si avvicinò lentamente. Malefica stava controllando che il forno era abbastanza caldo per cuocere il pane che aveva fatto per festeggiare il sonno di Rosaspina. Filippo non perse tempo, e con un colpo, la spinse dentro, chiusero lo sportello di ferro e tirò il catenaccio. Le fatine gridarono: Urrà.

Il principe si chinò sul letto dove giaceva la principessa Aurora e la baciò delicatamente…Immediatamente Aurora aprì gli occhi e sorrise: quel primo bacio d’amore aveva spezzato l’incantesimo.

Le tre fatine, Filippo e Aurora tornarono al castello e il principe annunciò di aver trovato la principessa.

Cenerentola e Biancaneve divennero amiche e decisero di andare a salvare Raperonzolo, che quella sera non aveva potuto partecipare alla festa perché era ancora rinchiusa nella torre.

Anastasia e Genoveffa accecate dall’invidia per Aurora se ne andarono con la matrigna. Fu una festa bellissima. E da quel giorno vissero tutti felici e contenti.

K. Infelice

C’era una volta Cenerentola, una ragazza che viveva in una villa di MIAMI, con la matrigna e le sue sorellastre. Loro non le volevano bene perché la costringevano a fare tutti i lavori domestici, mentre le sorellastre giocavano con la Nintendo.

Un giorno passò un ragazzo molto bello e ricco a portare inviti per una festa da ballo che si svolgeva nella discoteca più elegante e alla moda della Florida.

Cenerentola era immensamente felice per la festa, ma la matrigna e le sorellastre le avevano ordinato di fare le pulizie generali della villa.

Triste e amareggiata la ragazza si ritirò a piangere nella mansarda dove l’avevano relegata.

Il suo pianto fu talmente forte che la finestra si spalancò e la vide il mago.

Giunta la sera della festa Cenerentola restò a casa a pulire, ma all’ improvviso il mago dal nulla fece apparire una Ferrari rossa, un autista in elegante divisa, uno splendido completo pantaloni e giubbino e stivaletti in pelle, questa magia sarebbe durata fino a mezzanotte.

Cosi la ragazza fu trasformata in una bellissima e affascinante donna, stupendo tutti al suo arrivo al ballo.

Il primo che gli chiese di ballare fu proprio il giovane degli inviti che si innamorò della fanciulla a prima vista.

Essi ballarono insieme per tutta la serata fino a mezzanotte.

All’ ultimo beep della sveglia impostata sul suo Smartphone, Cenerentola dovette scappare a casa.

Nella fretta perse uno stivaletto. Il ragazzo fece di tutto per ritrovarla, cosi gli venne l’idea di farlo provare a tutte le ragazze della città.

L’ unica a cui entro fu Cenerentola, era lei la misteriosa ragazza del ballo, cosi i due si fidanzarono e vissero felici e contenti a MIAMI.

K. Infelice

In una grande metropoli viveva un operaio con la sua famiglia, la moglie e due figli, Hansel e Gretel.

A causa della crisi, la fabbrica dove lui lavorava fu costretta a chiudere e lui fu licenziato.

Il poveretto non aveva di che sfamarsi, a stento riusciva a procurare qualcosa per i suoi due figli e per sua moglie.

Una sera la donna gli disse che ormai era rimasto molto poco nella dispensa, solo un po’ di farina e di lievito e che lei aveva pensato di portare i bambini in una città vicina dando ad ognuno di loro gli ultimi pezzetti di pizza e con una scusa lasciarli lì da soli, qualcuno avrebbe avuto pietà e li avrebbe adottati.

I due bambini ascoltarono le parole dei genitori e Gretel cominciò a piangere, il fratellino la tranquillizzò assicurandole che avrebbe fatto delle crocette con un pennarello sui muri e per terra e così avrebbero ritrovato la strada di casa.

Il giorno dopo la mamma svegliò i bambini, diede loro il pezzetto di pizza che aveva preparato durante la notte.

Tutti insieme uscirono di casa, presero il treno e li portarono in una città vicina.

Poi, con una scusa li abbandonarono.

Hansel, purtroppo non riuscì a fare le crocette con i pennarelli perché erano troppo sbiaditi, così guardò la tabella degli orari dei treni per ritornare a casa.

Verso sera il papà li ritrovò nel cortile del palazzo e li riportò a casa.

Le cose continuavano a peggiorare e la donna convinse di nuovo il marito a riportare i bambini in una città più lontana. Anche questa volta i due ascoltarono e Hansel tranquillizzò la sorellina che avrebbe trovato un’altra soluzione.

Al mattino presto uscirono di casa, presero il treno e si fermarono più lontano, qui diedero un pezzo di pizza ad ognuno di loro e dissero di aspettare li, sarebbero poi venuti a riprenderli.

Hansel e Gretel cominciarono a camminare nella città rovistando nei cassonetti dei rifiuti inutilmente.

Il bambino fu attratto da un oggetto metallico e decise di prenderlo.

Ad un tratto si trovarono avanti ai loro occhi una scritta “Magic Park”, un grande parco con tanti giochi d’acqua, altalene, giostre, ruota panoramica…

Ad accogliere i due bambini si presentò una giovane hostess che lì invitò ad entrare, perché quel giorno tutte le giostre erano gratis.

I bambini entusiasti, subito accettarono.

Trascorsero ore piacevoli e divertenti fino a quando entrarono nella Casa degli orrori.

Davanti a loro si aprì una botola e i due precipitarono rimanendo imprigionati.

Infatti, quella giovane hostess non era altro che una scienziata matta che aveva

intenzione di fare degli esperimenti genetici sui bambini per trasformarli in creature aliene, per attirare altri bambini nel parco giochi.

Hansel e Gretel erano terrorizzati, ma il bambino si ricordò di quello strano oggetto e provò a pigiare sul pulsante; l’oggetto emise una luce abbagliante che accecò la donna che rimase a terra stordita.

Hansel prese il telecomando che lei aveva in tasca così si liberarono. Trovarono il cellulare nella tasca della scienziata e avvisarono la polizia che arrestò quella criminale che era ricercata da anni dall’ Interpol.

Come ricompensa il parco fu affidato al papà dei due bambini che così poté finalmente ottenere un nuovo lavoro e garantire un futuro alla sua famiglia.

Non dimenticarono però che un tempo erano stati molto poveri e decisero che ogni domenica tutti i bambini bisognosi avrebbero ottenuto l’ingresso gratis in tutte le giostre e un buon pranzo con le loro famiglie.

L. Tufano

Era il 25 dicembre e i protagonisti di tutte le fiabe furono invitati al grattacielo di Cenerentola e del Principe per festeggiare il Natale. Gli invitati accettarono con grande entusiasmo e cominciarono i preparativi per questo evento mondano a cui avrebbero partecipato re e regine, principi e principesse, fate e chi più ne ha più ne metta…

Biancaneve e il Principe scelsero abiti molto ma molto eleganti, firmati dai più importanti stilisti, Pinocchio e Geppetto preferirono un classico Smoking, mentre la fata Morgana indossò uno strepitoso abito azzurro arricchito da uno strascico di seta... Tutti giunsero su una Limousine, inviata da Cenerentola, che li portò con ogni confort al grattacielo dove, con un ascensore ultrapanoramico, salirono fino al 74 piano e poterono ammirare la città di New York dall’alto tutta illuminata a festa. Il banchetto che si presentava ai loro occhi e al loro palato era davvero invitante, chef stellati avevano lavorato per giorni preparando ogni prelibatezza che potesse soddisfare i gusti di così diversi invitati, gnomi, fate, teste coronate, gatti con gli stivali, sirenette…

Intanto, nei bassifondi della città tutti i personaggi malvagi delle fiabe che non erano stati invitati al ricevimento e, soprattutto la matrigna di Cenerentola, erano arrabbiatissimi per essere stati esclusi e così decisero di presentarsi comunque.

Intanto, durante i festeggiamenti, dal camino era sceso Babbo Natale con il suo sacco di doni, lasciando tutti a bocca aperta. Mentre gli ospiti scartavano i regali, si sentì bussare alla porta.

“Chi potrà mai essere a quest’ora?” pensò Cenerentola.

Aprì e si trovò davanti i malvagi di tutte le fiabe guidati dalla sua matrigna e intenzionati a rapire gli invitati.

Ma, scorgendo quell’omone dolce e paffuto vestito di rosso, la matrigna decise di prendere solo lui. “Senza Babbo Natale, non ci sarebbe stato mai più il Natale.

“Ah! Ah!” sogghignò la matrigna.

Così lo presero e lo legarono trascinandolo in un garage fuori città dove li aspettava un aereo per trasferire il prigioniero in una baita sul Monte Bianco.

Quel nascondiglio era conosciuto da Biancaneve perché amava sciare sulle Alpi, e, dopo che Peter Pan, volando sul grattacielo, aveva recuperato alcuni oggetti magici: un anello, una spada, uno specchio, partirono subito per l’Italia.

Il Natale piano piano stava sparendo, prima le luci, poi le palline, gli alberelli,…

Bisognava fare in fretta.

Biancaneve con l’anello magico fece sparire i primi 5 malvagi: Mangiafuoco, Malefica, Capitan Uncino, la strega e il Lupo.

Poi impugnò la spada del teletrasporto e inviò altri 5, Crudelia De Mon, le sorellastre, il Drago e l’Orco in un’altra dimensione.

Infine fece specchiare tutti gli altri, compresa la Matrigna, nello specchio magico che li trasformò in pietra.

Finalmente trovarono e liberarono Babbo Natale che così poté distribuire i doni a tutti i bambini buoni.

Il Natale era salvo ed ogni anno sarebbe ritornato puntuale il 25 Dicembre per far felici tutti, grandi e piccini.

V. Lorusso

Era tutto perduto, la Sirenetta aveva fallito e si trovava nel nulla sott' acqua, ma non era morta, era solo stordita e si ritrovò in un mare sconosciuto.

Infatti, quando riprese conoscenza, si accorse che non era a casa con il padre e la sorella, ma c’erano altre creature marine, un pesce palla, un pesce pagliaccio e un granchio.

La Sirenetta chiese loro se sapessero dove si trovava il regno di Atlantide, cioè casa sua, purtroppo non potevano aiutarla, ma conoscevano qualcuno in grado di indicarle la rotta, a questa condizione: li avrebbe portati con lei perché, in quel vasto mare si sentivano soli.

Mentre la sirenetta viaggiava con i pesci, ad Atlantide le cose andavano male, ma molto male. Il re credeva che la figlia fosse morta e si era rivolto alla maga Piovra per riportarla in vita.

Intanto, i nuovi amici condussero la Sirenetta da Achille, un tritone, che viveva in quel mare deserto.

Achille era sorpreso di vedere la principessa in carne e ossa e fu molto contento di scortarla da suo padre.

Ad Atlantide la Piovra, per assicurarsi che la principessa fosse morta, usò la sua sfera di alghe magiche, e vide che lei nuotava con i nuovi amici verso casa e, per impedire che tornasse, inviò incontro a loro delle creature orribili dall'aspetto mostruoso.

Arrivò, infatti, uno squalo che cercò di aggredirli per prendere la sirenetta e, quando stava per afferrarla, Achille lo colpì col suo tridente e la bestia sparì nel nulla.

La maga Piovra, delusa dallo squalo, evocò la creatura più forte, un drago marino che arrivò come un lampo e prese di soppiatto la sirenetta e la portò via.

Achille e gli altri pesci nuotarono velocemente per salvarla, ma la Piovra l’aveva legata come un salame.

Achille e i nuovi amici, una volta ad Atlantide, provavano una sensazione molto bella perché erano stati soli da tanti anni ed ora avevano trovato tante altre creature marine.

L’allegria finì presto perché la Piovra, approfittando del dolore del Re, si era impadronita del suo regno e il giorno dopo ci sarebbe stata l’incoronazione.

Mentre la maga con i suoi tentacoli stava per porsi la corona, Achille con il suo tridente la colpì facendola precipitare nell’abisso.

Il tritone liberò la Sirenetta che poté riabbracciare suo padre.

Così la pace e la felicità regnarono di nuovo ad Atlantide per tanti tanti secoli ancora.

A. Cerchia

Continuo…

Il re Grullo poi si sposò con un’umile fanciulla molto gentile e ingenua come lui.

Per non far dispiacere i suoi fratelli, assegnò loro l’incarico di consiglieri di corte. Essi però escogitarono un piano per spodestarlo e impossessarsi del trono.

Un giorno il re organizzò una grande festa al suo castello e invitò tutto il regno e i tre sovrani più importanti dei regni vicini. fratelli furbi e maligni decisero di uccidere uno di questi importanti invitati e far ricadere la colpa sul re Grullo.

Il giorno seguente, durante il ricevimento, aspettarono che uno degli invitati, che portava una magnifica corona e uno scettro, si allontanasse dalla sala da ballo per avvicinarlo con un pretesto. A quel punto, il fratello maggiore estrasse il pugnale e lo colpì.

ERA FATTA!!!

Ora dovevano solo incolpare il Grullo. I due, però, si accorsero troppo tardi che non avevano ucciso un re ma solo un giullare ubriaco che aveva rubato una corona.

Furono presi dal panico e cercarono di scappare, ma furono fermati dal Duca Giacomino, lo colpirono e si precipitarono da una finestra.

In quel momento giunse il Grullo e si sentì una voce urlare: “Il re Grullo ha ucciso il duca Giacomino e il giullare!!”

I cavalieri e gli altri invitati accorsero e videro il Grullo vicino ai cadaveri.

Il Grullo cercò di spiegare che il giullare e il duca erano già lì morti e defunti. In molti gli credettero per la sua ingenuità, ma occorrevano delle prove.

Un cavaliere trovò a terra un pugnale, l’arma del delitto, e il Grullo lo riconobbe subito! Era dei suoi fratelli che lo avevano tradito.

I fratelli furono condannati all’esilio e finalmente tutti vissero felici e contenti C. Maione

“Il bene vince sempre” C’era una volta una bambina di nome Gaia che amava giocare con il suo cagnolino, i giocattoli ed il telefono.

Gaia apparteneva ad una famiglia molto ricca. Un giorno, mentre passeggiava, incontrò una bambina povera di nome Emilia; non le chiese dei soldi, ma che le prestasse un telefono per un po’ per poter giocare online e telefonare alle sue amiche, come facevano tutte quelle della loro età. Gaia aveva un caratterino un po’antipatico, non dava niente a nessuno perché era viziata ed egoista.

Qualche tempo dopo la famiglia di Gaia andò in rovina perché il papà investì il patrimonio in borsa e perse tutto il denaro.

Gaia, abituata ad una vita lussuosa, di nascosto dai genitori, chiedeva soldi e giocattoli ai passanti.

Nel frattempo il papà di Emilia ereditò, da una lontana parente americana, una grossa somma di denaro e la sua famiglia diventò agiata e benestante.

Ora Emilia poteva permettersi tutte quelle cose che aveva sempre desiderato abiti, giochi, cellulare ma non aveva dimenticato la tristezza dei tempi difficili in cui le mancava anche il necessario. Infatti si mostrava sempre generosa nei confronti di quelli più sfortunati e non passava mai oltre quando per strada incontrava un bisognoso, soprattutto se si trattava di un bambino.

Ed un giorno le capitò di scorgere Gaia che cercava di nascondersi perché si vergognava in modo particolare per il gesto che aveva fatto nei suoi confronti. Non riusciva neanche a guardarla negli occhi, Emilia le si avvicino con gentilezza e lei le raccontò la sua storia, ora capiva cosa significa non possedere nulla e chiese scusa per quanto era stata insensibile ed egoista.

Allora Emilia prese una parte dei suoi risparmi e li donò a Gaia facendole perché non si è felici se si pensa solo a se stessi ma lo si è di più quando si può condividere la gioia anche con gli altri.

Gaia e Emilia divennero migliori amiche e anche i genitori si conobbero e furono disponibili ad accoglierli come soci nel loro nuovo panificio. Con i soldi che guadagnavano, fondarono insieme un’associazione per poter aiutare tante altre persone e famiglie in difficoltà.

L. Tufano

Molto tempo fa, in un villaggio di un regno molto vasto situato su una collina, vivevano quattro cavallieri . A capo dei cavallieri c’era William che era l’ unico a poter sollevare la spada di Merlino VI ,poi c’era Sinestro un uomo con la pelle viola alto e magrolino molto avido ma premuroso, indossava sempre un mantello giallo e nero ricevuto da suo padre prima che morisse nella guerra dei troll. Aveva anche un arco con frecce infinite.

Sinestro aveva un grande legame con Vandor, il primo troll buono capace di sopravvivere alla luce del sole, era di dimensioni giganti, occhi e naso piccoli e un po’ fifone.

Al contrario dei suoi simili, non era una creatura rozza dallo sgradevole odore, anzi faceva la doccia una volta all’ anno “UN GRANDE PASSO PER UN TROLL!”.

Infine, ma non per importanza, c’era il Mago Tomar-tu chiamato dagli amici Omar. Era molto misterioso, non parlava con nessuno ma solo con i tre cavalieri, però era molto saggio e sapiente ed aveva allenato William per dieci anni in una grotta isolati da tutti.Un giorno un gufo nero portò una lettera ai quattro cavalieri tutti erano curiosi perché non ricevevano lettere da cinquantuno anni.Il mago prese la lettera dal gufo e la lesse: SE IL CRISTALLO MAGICO NON MI DARAI , IL TUO VILLAGGIO VERRA’ ATTACCATO DA TROLL E ELFI OSCURI. IL SIGNORE OSCURO William chiese al mago informazioni sul cristallo e questi gli rispose : “IL CRISTALLO E’ UN OGGETTO POTENTISSIMO al suo interno si trova una gemma capace di controllare la mente di qualsiasi mortale, se usata bene anche di una divinità. Ah! Dimenticavo può congelare le persone persino il fuoco sacro”.

Sinestro scambiò uno sguardo di timore con Vandor.

Il mago ordinò a mille guardie del regno di proteggere il diamante . A questo punto, Vandor chiese con trepidazione: “Chi è il SIGNORE OSCURO?”.

Ci furono alcuni minuti di silenzio e poi il mago rivelò: “E’ il mago e il guerriero più potente dell’ universo,lui ha dato origine alla guerra dei troll…”

Dopo tre giorni ritornò il gufo, ma questa volta li spaventò con terribili minacce:”Non mi avete dato ciò che volevo, ora morirete”.

Il gufo volò via e il mago corse nel luogo dove era nascosto il cristallo, ma le guardie che dovevano difenderlo erano tutte morte. Il cristallo era tra le mani di un troll nero come la notte e dagli occhi rosso sangue ,aveva un bastone di legno istoriato con strani segni. Il mago tentò di sconfiggerlo ma quello lo colpì con il suo bastone.

Giunsero poi i cavalieri e trovarono del sangue ma del mago nessuna traccia, era sparito e con lui anche il cristallo. In seguito i tre andarono dal re e chiesero dove

fosse situato il castello del re oscuro. Il sovrano, titubante, diede loro queste indicazioni:“Dovrete attraversare la foresta dei troll, poi superare il lago delle anime e infine il fossato del fuoco sacro dov’ è rinchiuso il signore oscuro.

Iniziarono il viaggio.

L’ impresa più difficile era superare la foresta dei troll ma, visto che i troll sono creature che girano di notte, passarono di lì di giorno. Improvvisamente un troll sentì l’odore di Vandor “Il troll traditore!!!”Allora tutti i troll si svegliarono e attaccarono i tre, Vandor suggerì di uccidere il troll Alfa in modo che gli altri si ritirassero.

William annui mentre combatteva.

Però Sinestro fece notare che non si trasformavano in pietra al contatto con la luce del sole.

Questo portò a una conclusione: SONO STATI POTENZIATI DAL SIGNORE OSCURO. William,ormai deciso a tutto, corse contro il troll Alfa e lo trafisse. Spaventati tutti gli altri scapparono.

In seguito arrivarono al lago delle anime e, visto che Vandor aveva imparato a compiere salti iperbolici, fece aggrappare William e Sinestro sulle sue spalle e saltò , attraversando il lago con facilità.

Quando arrivarono al fossato trovarono il fuoco sacro spento e il Signore Oscuro sanguinante. I cavalieri si avvicinarono ma lui era morto.

“Strano pensarono”.

Dal terreno uscii una figura nota ai tre… era IL MAGO TOMAR-TU!!!

Che aveva nella sua mano destra il cristallo magico, i tre urlarono in coro: “Perché?!!!”

Ogni volta che uno di loro rivolgeva una domanda al mago lui rispondeva: “MI VENDICHERO’ !!!”

Ci fu una battaglia estenuante che durò cinque giorni.

Al sesto giorno, IMPROVVISAMENTE dalla spada di William fuoriuscirono enormi fulmini, il cavaliere puntò la spada verso il mago e lo uccise.

La vicenda si concluse con i tre cavalieri che ritornarono al villaggio con il cristallo.

Rimaneva un solo mistero “perché il mago urlava: “MI VENDICHERO’ !!!” …

FINE PER ORA! C. Maione

In un tempo molto lontano, in Francia si trovava un castello molto misterioso, infatti nel suo giardino c’era un labirinto in cui tutte le statue, al tramonto, prendevano vita; ma, ancora più stupefacente era la fontana zampillante posta al centro del giardino, chi la attraversava si ritrovava in un altro mondo parallelo dove fiori e piante parlavano e ballavano. Era il Regno degli elfi dove viveva il Re e sua figlia la principessa degli elfi.

A Parigi un piccolo elfo, dopo un lungo sonno di secoli, magicamente riaprì gli occhi. Questi era deperito e gelido perché dormiva in una grotta da quando i genitori erano morti. Il piccolo elfo si svegliò e i suoi piedi sembravano sempre più gelidi e lo stomaco sempre più vuoto.

Pur non avendo, forze l'elfo cercò provviste per sfamarsi per qualche giorno, si aggiustò il cappuccio fradicio e sui capelli aveva il mantello giallo. Incamminandosi per il giardino trovò una spada, nel prenderla si sentì riscaldato, mentre avanti ai suoi occhi apparve una luce che gli sussurrò: “Caro piccolo elfo, se avrai bisogno non esitare a chiedermelo, tutto ciò che desideri è in questa spada”. Il piccolo elfo non capì cosa fosse successo, prese la spada ed espresse il desiderio di potersi sfamare qualche giorno, avere una casa calda ed avere degli amici.

Davanti all'elfo c'era un labirinto e sotto consiglio della spada si incamminò in questo dedalo.

Vaga, vaga per ore senza riuscire a trovare l’uscita, l'elfo stava per arrendersi, quando si sentì chiamare, era una piccolissima tartaruga che gli disse:” Vuoi una mela?” L’ elfetto accettò, quella mela era magica, chi l’avesse mangiata si sarebbe innamorato. Dopo tanti tentativi, uscì dal labirinto, aveva superato una difficile prova.

Quel giardino era veramente fantastico, fiori profumati, uccelli variopinti che volteggiavano nel cielo, scoiattoli, cerbiatti che si rincorrevano allegramente, ma l’elfo si sentiva comunque solo.

Durante una delle sue passeggiate, incontrò la principessa elfa, la quale lo invitò alla sua festa di compleanno.

L'elfo accettò e portò in dono la piccola mela che offrì alla principessa che, appena la ebbe assaggiata, lo guardò con occhi dolci e innamorati.

Finalmente non era più solo e i due regnarono felici nel Regno degli elfi per lunghissimi anni

D.

Mastrogiacomo