Umberto Riva designer

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Ringraziamenti Molte persone hanno contribuito, in maniera diretta e indiretta, alla realizzazione di questo libro. Ringrazio in particolare Carla Sozzani e Maddalena Scarzella per la mostra del 2019 alla Fondazione Sozzani a Milano (“Forme. Umberto Riva architetto designer”), che ha dato inizio a questo progetto. Per diverse ragioni ringrazio Claudia Adragna, Beppe Finessi, Paola Mieli, Francesca Molteni, Alessandro Scandurra, Mauro Stivala, Mirko Zardini. Per la collaborazione e disponibilità ringrazio i fotografi coinvolti (Paola De Pietri, Andrea Ferrari, Ilvio Gallo, Omar Golli, Pino Guidolotti, Delfino Sisto Legnani, Andrea Martiradonna, Nicolò Parsenziani, Francesco Radino, Leo Torri) e la Galleria Giustini/Stagetti di Roma (Roberto Giustini, Stefano Stagetti e Michela Tornielli di Crestvolant). Un ringraziamento particolare va anche ad Augusto Righi. Grazie a Francesco Trovato, per la cura nella preparazione del libro. Ancora una volta, questo libro non sarebbe stato possibile senza l’aiuto (e l’amicizia) di Emilio Scarano, a cui va tutta la mia riconoscenza. A Umberto Riva avrei voluto mostrare il libro finito e ascoltare le sue critiche, certamente numerose. A lui va un ringraziamento speciale. Questo libro è dedicato alla sua memoria. New York, marzo 2022

Acknowledgments Many people have contributed, directly and indirectly, to the making of this book. Among these, I want to thank in particular Carla Sozzani and Maddalena Scarzella for the 2019 exhibition at the Fondazione Sozzani in Milan (“Forme. Umberto Riva architetto designer”), from which this project started. For various reasons, I thank Claudia Adragna, Beppe Finessi, Paola Mieli, Francesca Molteni, Alessandro Scandurra, Mauro Stivala, Mirko Zardini. For their collaboration and availability on this project, I thank the photographers (Paola De Pietri, Andrea Ferrari, Ilvio Gallo, Omar Golli, Pino Guidolotti, Delfino Sisto Legnani, Andrea Martiradonna, Nicolò Parsenziani, Francesco Radino, Leo Torri) and the Galleria Giustini/Stagetti in Rome (Roberto Giustini, Stefano Stagetti and Michela Tornielli di Crestvolant). I owe a special thanks also to Augusto Righi. I thank Francesco Trovato for taking care of the preparation of the book. Once again, this book would not have been possible without the help (and friendship) of Emilio Scarano, to whom all my thanks go. I would have liked to show Umberto Riva the finished book and listen to his remarks, which would have been certainly numerous and critical. I owe him a special thanks. This book is dedicated to his memory. New York, March 2022


INDICE CONTENTS 6 UMBERTO RIVA DESIGNER MALGRADO SÉ STESSO 20 UMBERTO RIVA A DESIGNER IN SPITE OF HIMSELF 36 FRAMMENTI D’ARCHIVIO, DIALOGHI E SGUARDI RECENTI 39 FRAGMENTS OF THE ARCHIVE, DIALOGUES AND RECENT GLANCES 43 GRAFICA E COLORE GRAPHIC DESIGN AND COLOR 65 POLTRONE CHAIRS 91 TAVOLI TABLES 125 LAMPADE LAMPS 186 BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAPHY 190 ELENCO DEI PROGETTI DI DESIGN ANDATI IN PRODUZIONE LIST OF DESIGN PROJECTS THAT WENT INTO PRODUCTION


UMBERTO RIVA DESIGNER MALGRADO SE STESSO

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Non sono capace di fare design, non ho la struttura mentale del designer. Per me il designer è chi è capace di creare un bisogno, inventare un oggetto, e arrivare fino al ciclo di produzione. Di designer, in questo senso, ne esistono assai pochi; bisogna avere un’intelligenza e una genialità specifica» Umberto Riva, Un designer «altro», in “Ottagono”, n. 110, marzo 1994, p. 41.

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Un errore di fondo Il titolo di questo libro potrebbe essere sbagliato, e tutte le pagine che seguono saranno un tentativo per correggere il tiro, per riequilibrare una forzatura di fondo e spiegarne le ragioni. Sotto molti aspetti Umberto Riva non è propriamente un designer – almeno nel senso attribuito in Italia nel corso della seconda metà del Novecento a questa definizione – e risulta impossibile, se non addirittura metodologicamente fuorviante, recidere il lavoro da lui svolto nel campo del “design” dalle altre esperienze artistiche e progettuali svolte in oltre 60 anni di carriera. Chi scrive è recidivo: la stessa licenza se l’è presa qualche anno fa in uno studio dedicato agli interni e agli allestimenti di Riva1, anch’essi da leggersi come universi tutt’altro che autonomi. Nota è la trasversalità con cui l’architetto milanese ha sempre inteso il proprio approccio al progetto, basato su un dialogo incessante tra le diverse scale, che produce cortocircuiti tra opere pittoriche e disegno urbano, involucro architettonico e oggetto, esperimenti grafici e museografici, quadri e cantieri. Più che il singolo ambito (la pittura, l’architettura, gli interni, il design), Umberto Riva ha piuttosto approfondito in maniera ossessiva alcuni temi generali, tra i quali l’esplorazione della forma2; le potenzialità della luce; la (s)composizione in sequenza degli spazi – in chiave quasi cinematografica – rispetto al tempo e al corpo dell’abitante («è un’esperienza che non si esaurisce in una visione ma in un uso»3) e la reinterpretazione dell’elemento archetipico: la porta, il corridoio, la finestra, il tavolo, la lampada, la poltrona, ecc4. Come separare molti degli episodi che troveremo nelle pagine successive – i tavoli di via Paravia, Casa Frea, Casa De Paolini – dagli ambienti che ne hanno decretato dimensioni, materiali, proporzioni e fattura? Come scindere gli stessi tavoli da quelli destinati alla produzione industriale? Come dividere la singola figura geometrica dall’universo formale entro cui Riva si muove sin dalla fine degli anni Cinquanta, alternando la matita al pennello, la città all’oggetto? Premesso ciò, e nonostante le reticenze a definirsi designer, il suo lavoro non può non essere inserito a pieno titolo nella storia del design italiano, anche se appare necessario precisare i modi e il contesto di tale contributo. Da un lato, un’analisi del design di Umberto Riva deve infatti guardare al non sconfinato ma neanche trascurabile numero di pezzi (arredi, lampade, maniglie, ecc.) disegnati per la produzione in serie. Dall’altro lato, invece, è necessario osservare la continua reinterpretazione degli oggetti domestici legati all’abitare così come è avvenuta “casa dopo casa”, ogni volta ad hoc, in maniera artigianale e inscindibile dall’allestimento specifico. L’ambivalenza di questo approccio – tra le ragioni del discorso industriale e le suggestioni del pezzo unico – nutre l’intera opera di UMBERTO RIVA DESIGNER MALGRADO SE STESSO



GRAFICA E COLORE GRAPHIC DESIGN AND COLOR


Nello Spazio, Tacchini, 2018. Foto / Photo Andrea Ferrari – Courtesy Tacchini.

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GRAFICA E COLORE / GRAPHIC DESIGN AND COLOR



POLTRONE CHAIRS


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POLTRONE / CHAIRS


To-Tondo, Giustini/Stagetti, 2021. Foto / Photo Omar Golli – Courtesy Galleria Giustini/ Stagetti, Roma.

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Zeta, Giustini/Stagetti, 2021. Foto / Photo Omar Golli – Courtesy Galleria Giustini/ Stagetti, Roma.

TAVOLI / TABLES


E63 The E63 lamp, created for a competition held by Artemide in 1963, was one of Riva’s first experiments with lighting design. He envisioned it as a sculpture inspired by Constantin Brâncuși, but to be produced in large numbers, by shaping a sheet of plastic or metal. It is an object of industrial design, light and flexible: the shade is adjustable, the lamp can be suspended, the on-off system is clear, the pieces are economical and explicit. In the following years the prototype evolved through various manufacturers (Centro Fly, 1963, in aluminum; Francesconi, 1969, in ABS; FontanaArte, 1991, in aluminum), up to the most refined and expensive recent re-editions (Antonia Jannone, 2015, in steel, copper and bronze; Tacchini, 2017, in steel). The “beak” form of the lampshade will later reappear in projects on all scales, such as in the window of his apartment in via Paravia in Milan (1965-67), in the tables of Casa De Paolini (1985), in the courtyard of Casa Miggiano in Otranto (1990-1996) and in many paintings. The profile of the E63 will also be used in models such as the Lem (VeArt Scorzè, 1973; Antonia Jannone, 2015) and the Dilem (FontanaArte, 1975), in which, in addition to the colored lampshade, Riva explores the relationship between the metal structure (a slender stem curved) and wire, base and clamps. A curious honor came as a surprise from Hollywood: the E63 appears on the set of Blade Runner 2049, released in 2017, where the futuristic setting triggers an amusing temporal short-circuit for a lamp designed a long time ago.

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E63 La lampada E63, concepita per un concorso bandito da Artemide nel 1963, è uno dei primi esperimenti di Umberto Riva sul design della luce. La pensò come una scultura ispirata a Constantin Brâncuși, ma da produrre in grande serie, stampando un foglio di materia plastica o metallo. È un oggetto di design industriale, leggero e flessibile: infatti il paralume è regolabile, la lampada si può appendere, il sistema d’accensione è chiaro, i pezzi che la compongono sono economici ed espliciti. Negli anni successivi il prototipo evolve attraverso diversi produttori (Centro Fly, 1963, in alluminio; Francesconi, 1969, in ABS; FontanaArte, 1991, in alluminio), fino alle recenti riedizioni più raffinate e costose (Antonia Jannone, 2015, in acciaio, rame e bronzo; Tacchini, 2017, in acciaio). La forma “a becco” del paralume ricomparirà in seguito in progetti a tutte le scale, come nella finestra del suo appartamento in via Paravia a Milano (1965-67), nei tavoli di Casa De Paolini (1985), nella corte di Casa Miggiano a Otranto (1990-1996) e in molti quadri. Il profilo della E63 sarà ripreso anche in modelli come la Lem (VeArt Scorzè, 1973; Antonia Jannone, 2015) e la Dilem (FontanaArte, 1975), in cui oltre al paralume colorato vengono variamente concepiti il rapporto tra struttura metallica (un esile stelo ricurvo) e filo, base e morsetti. Un curioso riconoscimento per questa famiglia di lampade è giunto a sorpresa da Hollywood: la E63 compare sul set del film Blade Runner 2049, uscito nel 2017, la cui futuristica ambientazione produce un divertente cortocircuito temporale per una lampada disegnata ormai parecchio tempo fa.

LAMPADE / LAMPS


E63, Tacchini, 2017 Foto / Photo Andrea Ferrari – Courtesy Tacchini.

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Casa Miggiano, Otranto, 1990-1996. Pianta piano primo (specchiata) / First floor plan (mirrored). Riproduzione / Reproduction. Courtesy Studio Umberto Riva, Milano.

LAMPADE / LAMPS


Scarabeo, VeArt Scorzè, 1973. Foto / Photo Omar Golli– Courtesy Galleria Giustini/Stagetti, Roma.

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LAMPADE / LAMPS



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