/ diaphragma

Allamiafamigliaedagliamicichemihannosopportatoinquesto(lungo) viaggio
Allamiafamigliaedagliamicichemihannosopportatoinquesto(lungo) viaggio
Boundary between landscape and monument
Politecnico
Boundary between landscape and monument
La chiesa del SS. Crocifisso ed il complesso di edifici ad essa attigui rappresentano nel territorio Monterubbiano’s un unicum territoriale sia per la monumentalità del complesso sia per il suo sorprendente valore storico ed artistico.
La storia del santuario inizia alla fine del ‘500 quando la Confraternita del SS. Crocifisso commissiona la realizzazione di una nuova e più ampia chiesa sul luogo in cui si trovava una semplice edicola rurale nella zona di Piane Nove.
Alla costruzione del prezioso scrigno a protezione dell’antica edicola contribuiscono artisti e mastri provenienti dai principali centri artistici marchigiani: il progetto dell’edificio viene affidato al Ventura, in quel tempo architetto della Santa Casa di Loreto, mentre alle decorazioni fù chiamato tra gli altri anche mastro Desiderio da Patrignone e il giovane Martino Bonfini da Patrignone.
Tale rilevanza artistica colloca la costruzione e la decorazione dell edificio all’interno di un più ampio scenario marchigiano di innovazione e rinnovamento artistico e religioso.
Il complesso devozionale rappresenta per secoli un punto di riferimento per la comunità locale e per i numerosi pellegrini che si muovono tra i principali centri dell’epoca, quali la Santa Casa di Loreto o il Santuario della Madonna dell’Ambro.
Rispetto ai sopracitati il santuario Monterubbiano’s subisce dalla fine del ‘700 un progressivo abbandono e perdita di centralità fino alla completa
The Church of the SS. Crocifisso and the complex of buildings adjoining it represent a territorial unicum in the Monterubbiano’s area, both in terms of the monumentality of the complex and its surprising historical and artistic value. The history of the shrine began in the late 1500s when the Confraternity of the SS. Crocifisso commissioned the construction of a new and larger church on the site of a simple rural shrine in the Piane Nove area. Contributing to the construction of the precious casket protecting the ancient shrine were artists and masters from the main artistic centers of the Marche region: the design of the building was entrusted to Ventura, at that time architect of the Santa Casa of Loreto, while mastro Desiderio da Patrignone and the young Martino Bonfini da Patrignone, among others, were called to the decorations. Such artistic significance places the construction and decoration of the building within a broader Marche scenario of artistic and religious innovation and renewal.
The devotional complex represented for centuries a point of reference for the local community and for the many pilgrims moving between the main centers of the time, such as the Santa Casa of Loreto or the Sanctuary of the Madonna dell’Ambro.
Compared to the aforementioned, the Monterubbiano’s sanctuary underwent from the late 1700s a progressive abandonment and loss of centrality until the complete suppression of the church’s pastor and the
soppressione del parroco della chiesa e la chiusura di quest’ultima reputata pericolante e inadatta al culto.
Si attestano dal 1980 vari tentativi da parte dell’amministrazione comunale di risollevare le sorti dell’edificio promuovendone il risanamento e la valorizzazione senza mai però concretizzarsi in un effettivo intervento sulla struttura.
Solo a seguito del terremoto del 1997 la soprintendenza decide di intervenire direttamente sul complesso religioso. Sfortunatamente i lavori finiscono sulle cronache locali per una serie di furti che portano alla perdita di tutte le suppellettili e le decorazioni sacre asportabili. I lavori si interrompono quindi con un intervento parziale di miglioramento statico e non sufficienti alla completa riapertura del bene, ad un suo recupero funzionale e ad un utilizzo continuativo.
Il susseguirsi di decenni di chiusura ed insicurezza ha quindi progressivamente allontanato la comunità dall’edificio modificando e eliminando definitivamente riti ciclici di visita o utilizzo del bene per le festività religiose a cui la chiesa è stata associata per secoli.
Il carattere suburbano del monumento, la mancanza di una funzione stabile e la difficoltà di gestione del bene sono le principali cause dello stato di semiabbandono dell’edificio e i punti focali a cui questo lavoro vuole trovare una soluzione.
Attraverso l’analisi storica ed architettonica del sito ho cercato di trovare delle linee di azione per la rifunzionalizzazione dell’area:
l’identificazione di possibili legami tra il complesso Monterubbiano’s ed esempi classici dell’architettura religiosa italiana hanno permesso di sviluppare delle strategie innovative di progetto.
Queste non si interessano direttamente all’edificio costruito e al suo restauro “fine a sé stesso”, ma cercano in prima linea di intervenire sul contesto favorendo dinamiche sociali di riappropriazione dello spazio, progettando nuovi spazi per i cittadini, pellegrini, viaggiatori.
L’ideazione di uno spazio pubblico cerca di risolvere le problematiche dovute alla collocazione del complesso religioso fornendo un nuovo paesaggio urbano tra campagna e monumento, tra chiesa e strada, tra edificio e collettività.
La nuova piazza rurale diviene quindi la naturale estensione dello spazio interno connettendosi al paesaggio circostante tramite nuovi elementi architettonici tipici della scala urbana come scalinate, portici, spazi chiusi.
Questo nuovo diaframma artificiale tra natura e monumento è la chiave di movimento e riappropriazione dello spazio abbandonato, un nuovo luogo limite nel quale vivere parte integrante del passato e del futuro del sito.
closure of the latter deemed unsafe and unfit for worship.
Various attempts by the municipal administration to revive the building’s fortunes by promoting its rehabilitation and enhancement have been attested since 1980, but have never materialized into an effective intervention on the structure.
Only following the 1997 earthquake did the superintendence decide to intervene directly on the religious complex. Unfortunately, the work ends up in the local news for a series of thefts that lead to the loss of all removable sacred furnishings and decorations. The works then come to a halt with a partial intervention of static improvement and not enough for the complete reopening of the property, its functional recovery and continued use.
The succession of decades of closure and insecurity has thus gradually alienated the community from the building, permanently modifying and eliminating cyclical rituals of visiting or using the asset for religious festivities with which the church has been associated for centuries.
The suburban character of the monument, the lack of a stable function, and the difficulty of managing the asset are the main causes of the building’s state of semi-neglect and the focal points to which this work seeks to find a solution.
Through the historical and architectural analysis of the site, I tried to find lines of action for the re-functionalization of the area: the identification of possible links between the Monterubbiano’s complex and classic examples of Italian religious architecture allowed the development of innovative design strategies.
These are not directly concerned with the built building and its restoration “as an end in itself,” but seek at the forefront to intervene in the context by fostering social dynamics of reappropriation of space, designing new spaces for citizens, pilgrims, travelers.
The design of a public space seeks to solve the problems due to the location of the religious complex by providing a new urban landscape between countryside and monument, church and street, building and community.
The new rural square thus becomes the natural extension of the interior space by connecting to the surrounding landscape through new architectural elements typical of the urban scale such as stairways, porches, and enclosed spaces.
This new artificial diaphragm between nature and monument is the key to movement and reappropriation of the abandoned space, a new boundary place in which to live as an integral part of the site’s past and future.
Diaphragm: “Element (closedorprovidedwithopenings) servingtodivide aroom,cavity,orvessel intoparts,or tolimit theflowrateoffluidcurrents,theamplitudeoflightbeams, fromonetoanotherofthecompartmentsdeterminedbyit.
Synonymouswithbulkhead, whenthebulkheadconsistsofconcreteandis monolithic.
Membranousformation withamuscularandtendinousstructurethat separates thethoraciccavityfromtheabdominalcavity.
Itthereforeintervenesinrespiratory movements”
Percorrendo la strada che da Monterubbiano conduce verso la Valle dell’Aso e l’entroterra fermano ci si imbatte in un edificio di certo estraneo al panorama rurale della zona dove casolari e fattorie punteggiano in maniera disordinata le degradanti colline di questa porzione delle Marche.
La chiesa del SS. Crocifisso appare appena svoltato uno stretto tornante; il fronte di tale edificio, posto alla fine di un breve rettilineo, sembra quasi un fondale scenografico in netto contrasto con la presenza della stessa strada che vi giunge dinanzi a deturparne la vista completa. L’edificio è tanto imponente quanto ricco di storia e di rilevanza artistica.
Pur legato ad una delle fasi più importanti della storia locale, l’avvicendarsi degli eventi e la posizione assai marginale del santuario rispetto al centro abitato di Monterubbiano hanno portato al progressivo abbandono del manufatto.
Solo nel 2019 l’attuale direttivo della Confraternita del SS. Crocifisso, proprietaria dell’edificio, attua un audace cambio di rotta nella gestione del bene e ne riapre nuovamente le porte, donando un frammento di storia locale ormai profondamente dimenticato. Il successo dell’apertura straordinaria del santuario ha dato ulteriore risalto alle vicende e ai personaggi coinvolti.
Negli scorsi anni sono tornate alla luce numerose testimonianze e documenti che narrano in varia maniera della chiesa e della sua costruzione.
I nuovi riflettori puntati sull’edificio evidenziano sia l’indubbio patrimonio
1
Driving along the road that leads from Monterubbiano toward the Aso Valley and the Fermano hinterland, one comes across a building that is certainly foreign to the rural landscape of the area, where cottages and farms haphazardly dot the sloping hills of this portion of the Marche region.
The Church of the SS. Crocifisso suddenly appears as soon as one turns a narrow hairpin bend; the front of that building, set at the end of a short straight stretch, seems almost like a scenic backdrop in stark contrast to the presence of the same road that comes before it to disfigure its complete view. The building is as imposing as it is rich in history and artistic significance. Although linked to one of the most important phases of local history, the succession of events and the sanctuary’s very marginal position in relation to the town of Monterubbiano have led to the gradual abandonment of the artifact.
It was only in 2019 that the current board of the Confraternity of the SS. Crocifisso, owner of the building, implemented a bold change of course in the management of the property and reopened its doors once again, donating a fragment of local history now deeply forgotten. The success of the extraordinary opening of the shrine has given further prominence to the events and personalities involved.
In the past few years, numerous testimonies and documents have come back to light that tell in various ways about the church and its construction.
storico artistico presente sia il pessimo stato di conservazione dei cicli pittorici, la completa mancanza di suppellettili sacre, la presenza di cornici vuote addossate alle pareti e il generale degrado delle strutture dell’intero complesso religioso, aspetti che potrebbero divenire spunto di riflessione per futuri e sperati interventi di valorizzazione e recupero dell’area.
Questo lavoro vuole fornire una prima risposta concreta e plausibile su un eventuale riprogetto del sito per un suo “moderno” riuso. Esso, infatti, non si pone l’obiettivo di guardare al restauro, ma al riprogetto dello spazio circostante la chiesa e dei corpi di fabbrica ad essa adiacenti, elemento necessario e attualmente assente.
Prima di intervenire direttamente sugli edifici esistenti e per lungo tempo abbandonati, già soggetti in passato a interventi conservativi che ne hanno mitigato i principali degradi, è necessario recuperare il senso di appartenenza al luogo e un suo utilizzo generalizzato, anche se slegato alla diretta fruizione della chiesa come tale.
La realtà suburbana del sito, la presenza della strada e della curva invasiva, la mancanza di uno spazio esterno adatto sono principali elementi ai quali l’atto progettuale vuole trovare una soluzione: ciò tende alla formalizzazione di uno spazio necessario tanto per la stessa chiesa quanto per i fedeli, viaggiatori, visitatori, abitanti, uno spazio da poter vivere, uno spazio per potersi riappropriarsi a mano a mano di un luogo per lungo tempo dimenticato. Un nuovo “intorno” che possa accogliere ed invogliare le persone a stare, meditare, riflettere, riposare. Un nuovo “elemento” di transizione che medi tra campagna e paese, tra sub-urbano ed urbano. Un nuovo “limite” tra edificio e territorio.
Un diaframma
The new spotlight on the building highlights both the undoubted historical and artistic heritage present and the poor state of preservation of the pictorial cycles, the complete lack of sacred furnishings, the presence of empty frames leaning against the walls and the general degradation of the structures of the entire religious complex, aspects that could become food for thought for future and hoped-for interventions to enhance and restore the area.
This work aims to provide a first concrete and plausible response on a possible redesign of the site for its “modern” reuse. It, in fact, does not aim to look at restoration, but at the redesign of the space surrounding the church and the buildings adjacent to it, a necessary and currently absent element.
Before intervening directly on the existing and long-abandoned buildings, which have already been subjected to conservative interventions in the past that have mitigated their main degradations, it is necessary to recover the sense of belonging to the place and its generalized use, even if unrelated to the direct use of the church as such.
The suburban reality of the site, the presence of the road and the invasive curve, the lack of a suitable outdoor space are main elements to which the design act wants to find a solution: this tends to the formalization of a necessary space as much for the church itself as for the faithful, travelers, visitors, inhabitants, a space to be able to live in, a space to be able to regain possession of a place that has long been forgotten. A new “around” that can welcome and entice people to stay, meditate, reflect, rest. A new transitional “element” that mediates between country and village, between sub-urban and urban. A new “boundary” between building and territory.
Il carattere estremamente territoriale dell’edificio necessita di un quadro storico per comprendere meglio il sito e le dinamiche sociali che lo hanno interessato e coinvolto.
La Chiesa del SS. Crocifisso ricade all’interno del territorio comunale di Monterubbiano, borgo italiano situato in provincia di Fermo, nel sud delle Marche.
Esso è posto sulla vetta di una collina pliocenica, fra i fiumi Aso e Ete Vivo1, che ne bagnano rispettivamente i confini territoriali a destra e a sinistra. La collina su cui è posto è, dopo quella di Ripatransone, la più alta di quelle litoranee marchigiane. La geomorfologia dell’area è quella tipica delle basse Marche, costituita da lunghe catene collinari che dalla fascia montana degli Appennini scendono parallele fino alla costa, sviluppandosi in promontori più o meno pronunciati e formando il caratteristico “pettine” di valli.
Queste colline, di origine marina, sono costituite da strati di conglomerati, ghiaie e sabbie gialle, sovrapposti ad assise di marne turchine e conchiglie fossili. L’origine sedimentaria del terreno è testimoniata sia dalla presenza di ripidi pendii dovuti al susseguirsi di frane e smottamenti che hanno eroso i colli originari sia dalla presenza dei calanchi, tipiche inflessioni del terreno.
The extremely territorial nature of the building necessitates a historical framework to better understand the site and the social dynamics that affected and involved it.
The Church of the SS. Crocifisso falls within the municipal territory of Monterubbiano, an Italian village located in the province of Fermo, in southern Marche. It is located on the summit of a Pliocene hill, between the rivers Aso and Ete Vivo1, which bathe its territorial boundaries on the right and left, respectively. The hill on which it is placed is, after that of Ripatransone, the highest of the Marches coastal hills. The geomorphology of the area is typical of the lower Marches, consisting of long chains of hills that from the mountainous band of the Apennines descend parallel to the coast, developing into more or less pronounced promontories and forming the characteristic “comb” of valleys. These hills, of marine origin, are made up of layers of conglomerates, gravels and yellow sands, superimposed on assises of turquoise marls and fossil shells. The sedimentary origin of the soil is evidenced both by the presence of steep slopes due to the succession of landslides and landslides that eroded the original hills and by the presence of gullies, typical inflections of the terrain.
La complessa morfologia del territorio rende Monterubbiano particolarmente inaccessibile da ogni lato tranne che dal mare e dal versante che guarda verso la vicina città di Fermo. La caratteristica difendibilità del colle ha favorito lo stanziamento delle primitive popolazioni locali e la formazione del primo nucleo abitato. La sua origine è antichissima e si perde tra le storie dei primi abitanti del Piceno: la leggenda vuole che i primi coloni arrivassero qui dal Lazio in seguito al Ver Sacrum: il rito propiziatorio nel quale si offrivano al dio Marte i primogeniti nati dal 1º marzo al 1º giugno, cresciuti come “protetti dagli dei”. Raggiunta l’età adolescenziale per ringraziare la protezione del dio, soprattutto in caso di gravi calamità come guerre, carestie o pestilenze, i giovani sacrati erano tenuti a migrare verso nuove e feconde terre per fondare altre comunità e colonie. La migrazione seguiva una procedura totemica: si interpretavano i movimenti e il comportamento di un animale-guida, per trarne auspici e indicazioni sulla direzione da seguire durante il viaggio. Ogni tribù aveva un animale considerato sacro per il dio a cui si affidavano: i Sanniti il toro, gli Irpini il lupo, i Piceni il picchio. Secondo quanto attestato da Plinio il Vecchio2
i giovani Sabini partiti dall’alto Lazio, dopo un lungo viaggio, si stabilirono sui colli marchigiani guidati da un picchio da cui il nome Piceni. Cospicui ritrovamenti archeologici nelle campagne e nelle necropoli attorno al paese aggiungono del possibile al leggendario e collocano nell’area proprio i Piceni, popolazione italica diffusa in gran parte delle basse Marche, dell’Abruzzo e
* I Piceni sono nati dai Sabini, per un voto agli dei, durante la Primavera Sacra, quando seguirono un picchio da cui il nome della gente
The complex morphology of the area makes Monterubbiano particularly inaccessible from all sides except from the sea and the slope looking toward the nearby town of Fermo. The characteristic defensibility of the hill favored the settlement of primitive local populations and the formation of the first inhabited nucleus. Its origin is very ancient and is lost among the stories of the first inhabitants of Piceno: legend has it that the first settlers arrived here from Latium following the Ver Sacrum: the propitiatory rite in which the firstborn sons born from March 1 to June 1 were offered to the god Mars, raised as “protected by the gods.” Reaching adolescent age to give thanks for the god’s protection especially in case of severe calamities such as wars, famine or pestilence, the sacred youths were required to migrate to new and fruitful lands to establish other communities and colonies. Migration followed a totemic procedure: the movements and behavior of a guide-animal were interpreted to draw auspices and directions from it on the journey. Each tribe had an animal considered sacred to the god they relied on: the Samnites the bull, the Hirpini the wolf, the Piceni the woodpecker. According to what is attested by Pliny the Elder2
the young Sabines left from upper Latium, after a long journey, and settled in the hills of the Marches guided by a woodpecker hence the name Piceni. Conspicuous archaeological finds in the countryside and necropolises around the town add of the possible to the legendary and place in the area precisely the Piceni, an Italic population spread throughout much of the lower Marche, Abruzzo and
2 Plinio the Elder, Naturalis Historia, book III, 11, 110
*ThePicenesoriginatedfrom theSabines,byavowtothegods, duringtheSacredSpring,when theyfollowedawoodpeckerhence thepeople’sname
dell’Umbria. Il territorio cadde sotto il controllo di Roma nel 268 a.C. e Monterubbiano diviene un crocevia strategico, citato nelle cronache con il nome di Urbs Urbana (Urbiana) o Urbana (Urbiana) Civitate
Come Monterubbiano tutta la vallata del fiume Aso diviene oltre che un importante polo agricolo anche un luogo di abitazione e di culto; sono stati infatti ritrovati nel corso dei secoli resti di domus e templi in tutto il territorio circostante.
Caduto l’Impero il paese divenne vittima di numerose incursioni; la più disastrosa fu quella dei Goti nel V secolo3 che, secondo gli storici locali, ne saccheggiarono il centro abitato dando poi fuoco all’area un tempo occupata dalla principale fortezza: Villa Coccaro. I ripetuti saccheggi spinsero gli abitanti all’edificazione dell’avamposto di Moresco, piccolo castello fortificato a qualche chilometro di distanza e roccaforte di avanguardia per la difesa contro nuove invasioni. Intorno al 1000 il paese vive un periodo di rinascita e prende il nome di Orviano (Orvianum) o Urbiano (Urbianum), l’etimologia parrebbe derivare direttamente dall’antico nome piceno-italico legato alla caratteristica geomorfologica dell’accasato, ovvero arrotondato o curvato secondo il profilo della collina sui cui è posto: Orvius o Urvius appunto; da cui deriva Monterubbiano: Castrom in monte urbianom / orbianom, traducibile in “castello sul monte, arrotondato”4
Il paese si costituì Comune sin dal XII secolo, in linea con ciò che accade nel resto della penisola italica. La sua importanza strategica e la notevole indipendenza lo portano a scontrarsi ripetutamente con la vicina città di Fermo dalla quale è sottomesso e indipendente svariate volte nel corso dei secoli. Il Comune si attesta come una nobile e ricca Terra; infatti aveva il potere di legiferare con i suoi Statuta e di scegliere i propri amministratori: il Consiglio di Generale e quello di Cernita oltre al Podestà, un giudice laureato in giurisprudenza che veniva da fuori sede, ma sempre riconosciuto dall’autorità ecclesiastica.
Umbria. The territory fell under the control of Rome in 268 B.C. Monterubbiano became a strategic crossroads and is mentioned in chronicles as Urbs Urbana (Urbiana) tt Urbana (Urbiana) Civitate. Like Monterubbiano the entire valley of the Aso River becomes not only an important agricultural hub but also a place of habitation and worship; in fact, remains of domus and temples have been found throughout the surrounding area over the centuries.
With the fall of the Empire, the town became the victim of numerous raids; the most disastrous was that of the Goths in the 5th century3 , who, according to local historians, sacked the town center and then set fire to the area once occupied by the main fortress: Villa Coccaro. The repeated looting prompted the inhabitants to build the outpost of Moresco, a small fortified castle a few kilometers away and a vanguard stronghold for defense against new invasions. Around 1000 the town experienced a period of rebirth and took the name Orviano (Orvianum) or Urbiano (Urbianum), the etymology would seem to derive directly from the ancient Piceno-Italic name linked to the geomorphological characteristic of the accasato, that is, rounded or curved according to the profile of the hill on which it is placed: Orvius or Urvius precisely; from which Monterubbiano derives: Castrom in monte urbianom / orbianom, translatable into “castle on the mountain, rounded”4 . The town was established as a Comune as early as the 12th century, in line with what happens in the rest of the Italic peninsula. Its strategic importance and considerable independence led it to clash repeatedly with the nearby city of Fermo, from which it was subjugated and independent several times over the centuries. The Commune attests itself as a noble and wealthy Land: in fact, it had the power to legislate with its Statuta and to choose its own administrators: the Council of General and the Council of Cernita in addition to the Podestà, a judge with a degree in law who came from outside the town, but always recognized by the ecclesiastical authority.
3 Adami, De Rebus in civitate Firmana gestis, Book I, 20
4 G. Rocchi, Dai riti marziali delle tavole Iguvine a “Sciò la pica”, Monsampietro Morico 1999, p. 27
Al periodo comunale risale la suddivisione della popolazione in Corporazioni: Artisti e Bifolchi, le più antiche da cui derivano in seguito quelle dei Mulattieri e dei Terrazani. Vestigia di questo periodo possono essere trovate nella rievocazione storica dell’Armata di Pentecoste, una festività religiosa stabilita dall’XI Rubrica degli statuti comunali in cui si celebra la liberazione dal tiranno per l’intercessione della Madonna del Soccorso. La festa è legata anche al periodo di franchigia di chiara memoria medioevale quando il potere politico veniva sospeso e affidato ad un Capitano del Popolo che, insieme ai suoi giovani armati provenienti dalle Corporazioni presenti, attendeva al controllo e alla salvaguardia della nobile Terra in quei giorni libera da dazi e tasse, mentre ai condannati per piccoli misfatti era concessa l’amnistia dalla pena.
Tra il XIII e il XIV secolo la Terra vive il periodo di maggior floridità: vi si contavano circa 20 chiese, 3 conventi, 12 parrocchie, un ghetto ebraico particolarmente esteso e poi forni, mulini e un notevole attività artigianale legata a produzioni particolari: dallo zafferano alle arance. Il territorio fu conteso tra il Re Ladislao di Napoli, Carlo Malatesta di Cesena e Ludovico Migliorati di Fermo. Nel 1433 cadde sotto Francesco Sforza che lo scelse come roccaforte fino al 1446. A questo periodo risale la costruzione della nuova cinta difensiva lunga più di 2 km e ricca di baluardi e torri di avvistamento. A differenza di quanto accade nei principali borghi marchigiani, la cinta muraria non cinge direttamente la struttura dell’accasato interno, ma si pone come un anello esterno atto a contenere un campo da guerra attrezzato per fronteggiare un’eventuale invasione nemica. Dopo gli Sforza il paese tornò alla totale indipendenza, rinnovando nel 1538 le antiche leggi e Statuti comunali ed eleggendo i propri organi amministrativi. Con l’elezione di Sisto V il Comune venne annesso al Presidiato di Montalto e rimase sotto il controllo papale fino all’arrivo di Napoleone nel 1797 e poi nel 1860, con l’annessione delle Marche, venne unito al Regno d’Italia. Ora il Comune vanta una popolazione residente di circa 2000 unità, e mantiene un patrimonio storico artistico di tutto rispetto, vestigia del glorioso passato.
To the communal period dates the division of the population into Corporations: Artisans and Bifolchi, the oldest from which later derived those of the Mulattieri and Terrazani. Vestiges of this period can be found in the historical re-enactment of the Armata di Pentecoste, a religious holiday established by the XI Rubric of the municipal statutes in which the liberation from the tyrant through the intercession of Our Lady of Relief is celebrated. The feast is also linked to the period of franchigia of clear medieval memory when political power was suspended and entrusted to a Capitano del Popolo who, together with his armed young men from the Corporations present, attended to the control and safeguarding of the noble Terra in those days free of duties and taxes, while those convicted of petty misdeeds were granted amnesty from punishment.
Between the 13th and 14th centuries, the Terra experienced its most prosperous period: there were about 20 Churches, 3 convents and 12 parishes, an extensive Jewish ghetto and then bakeries, mills and considerable craftsmanship of particular products: from saffron to oranges. The territory was disputed between King Ladislaus of Naples, Carlo Malatesta of Cesena and Ludovico Migliorati of Fermo. In 1433 it fell under Francesco Sforza, who chose it as his stronghold until 1446. To this period dates the construction of the new defensive wall more than 2 km long and full of bastions and watchtowers. Unlike in the main villages of the Marche region, the city walls did not directly encircle the structure of the inner settlement, but stood as an outer ring designed to contain a war camp equipped to deal with a possible enemy invasion. After the Sforzas the town returned to total independence, renewing in 1538 the ancient municipal laws and statutes and electing its own administrative bodies. With the election of Sixtus V the municipality was annexed to the Presidiato of Montalto and remained under papal control until the arrival of Napoleon in 1797 and then in 1860, with the annexation of the Marches, it was united to the Kingdom of Italy. Now the municipality boasts a resident population of about 2,000, and maintains a respectable historical and artistic heritage, vestiges of the glorious past.
468, fall of Roman Empire 268, Roman occupation Picene IIc, Urbs Urbana or Urbana Civita 0 Vc, Gothes invasion
Xc, Urbiano or Orbeano
XIc, controlle by Monte Cassino Monastery, then by Farfa Abbey
1175, Christiano of Magonza conquest the town
1182, war against Fermo,defeet 1200, submission to Fermo’s power 1237, Ghibellines take the power 1244, Ghuelphs take the power
1268-1266, controled by King Man edi
1308, Clemente V act against the town as part of Lega Ghibellina
1334, invaded by Mercenario da Monteverd tyran of Fermo
1360, looted by Giovanni Visconti d’Oleggio, commander of Fermo’s army
1380, cospirancy against Bruancuccio tyran
1450, Cola da Perugia take refuge inside the town 1397, indipendence and own “Podestà”
1433-1446, Franesco Sforza take control of the town XVc, quarrel between Ladislao of Naples, Migliorti of Fermo and Malatesta of Cesena
1492, vDiscovery of America 1789, French revolution 1466, Albanian immigration 1860, annexion to Italian Kingdom 1946, Italian Republic Today1507, indipendence and own “Podestà” 1458, indipendence 1585, Sisto V become Pope 1586, Monterubbiano become part of “Presidiato di Montalto” 1531, “Libri della Reformanza” 1816, Restoration 1797, vFrench invasion
La storiografia locale è ben osservabile attraverso le architetture presenti nel tessuto storico del paese e della campagna circostante. Se dell’incasato italico non risultano tracce visibili altrettanto non può dirsi del tessuto medioevale, ancora evidente in alcune vie caratterizzate da edifici di piccola dimensione. All’ottavo secolo risale il nucleo storico della Chiesa di Santa Maria dell’Olmo, ancora parzialmente visibile. La maggior parte delle chiese romaniche superstiti furono costruite tra il XII ed il XIII secolo; prima fra tutte la Chiesa di San Giovanni, con il portale realizzato da Berardo e Attone nel 1239 e con l’affresco dello Sposalizio di Santa Caterina attribuito all’Alemanno. Vicino si trova quello che rimane della Chiesa di S. Angelo. La Chiesa della Badia dei SS. Flaviano e Biagio risalente al 1271 è annessa a ciò che resta dell’antico convento legato all’ordine dei farfensi, ormai profondamente degradata. Alcuni storici ipotizzano essere questo il primo nucleo del paese dopo l’anno mille e proprio ad opera dei padri Olivetani, che qui si stabilirono, a cui si deve l’iniziativa della bonifica della Valle dell’Aso. L’edificio più importante di questo periodo è sicuramente la Chiesa matrice della Pievania di SS. Stefano e Vincenzo con la porta in stile lombardo e la sua torre campanaria; agli annali questa risulta essere la più antica parrocchia del comune. Recentemente riscoperta, grazie ad una campagna di scavi archeologici, è la Chiesa di S. Andrea della Valle che nel 1315 passò sotto l’ordine dei Cavalieri di Malta.
Altro edificio degno di nota è la Chiesa di S. Francesco e il relativo convento: si tratta del complesso conventuale più importante dell’epoca. Fonti storiche riferiscono che all’interno fossero conservati molteplici reperti d’arte tra cui i Polittico di Monterubbiano di Pietro Alemanno poi trasferito a Milano da Napoleone ed ora conservato alla
Local historiography is well observable through the architecture present in the historic fabric of the town and surrounding countryside. If there are no visible traces of the Italic settlement, the same cannot be said of the medieval fabric, which is still evident in some streets characterized by small buildings of no more than two stories. Church of Santa Maria dell’Olmo, still partially visible. Most of the surviving Romanesque Churches still standing were built between the 12th and 13th centuries; first among them is the Church of St. John, with a portal made by Berardo and Attone in 1239 and a fresco of the Marriage of St. Catherine attributed to Alemanno. Nearby is what remains of the Church of St. Angelo. The Church of the Badia dei SS. Flaviano e Biagio dating back to 1271 is attached to what remains of the ancient convent linked to the Farfensi order, now deeply degraded. Some historians hypothesize that this was the first nucleus of the town after the year one thousand and it was the work of the Olivetan fathers, who settled here, to whom we owe the initiative of the reclamation of the Aso Valley. The most important building from this period is certainly the matrix Church of the Pievania of SS. Stefano and Vincenzo with its Lombard-style door and its bell tower; in the annals this turns out to be the oldest parish in the municipality.
Recently rediscovered, thanks to a campaign of archaeological excavations, is the Church of S. Andrea della Valle, which came under the order of the Knights of Malta in 1315.
Another noteworthy building is the Church of St. Francis and its convent: this is the most important convent complex of the time. Historical sources report that multiple art artifacts were kept inside, including the Monterubbiano Polyptych by Pietro Alemanno later transferred to Milan by Napoleon and now preserved at the Brera Art Gallery.
Pinacoteca di Brera.
In questa Chiesa erano collocati gli altari e le tombe gentilizie delle principali famiglie locali: Aracinti, Laurenzi, Nicolini, Tancredi, Benedetti, Onesti, Benigni, Secreti, Morici, Marchesi, Righi, Celsi, Cruciani, Gigli, Paccaroni, Marconi, Lucentini, Meci, Garulli, Pagani e altri5 . Nei secoli la Chiesa fu soggetta a molteplici modifiche, della struttura originaria risultano superstiti solo la volta a crociera della vecchia abside e quella della navata; i restauri compiuti nel 2000 hanno portato alla luce affreschi ormai dimenticati della prima Chiesa romanica.
Il palazzo priorale, con il suo portico, la scalinata (demolita), la sua ampia sala consiliare al primo piano e la snella torre campanaria, è un importante esempio della fase comunale del paese. Venne realizzato nel XV secolo. I restauri novecenteschi ne hanno, sfortunatamente, deturpato l’aspetto privando il fronte delle finestre rinascimentali, eliminando lo scalone esterno e merlando la torre campanaria. Durante il domninio sforzesco, vista la padronanza militare di Monterubbiano rispetto al territorio circostante, viene riprogettato il sistema difensivo: una lunga cinta di mura protegge il centro abitato andando ad unificare per la prima volta il primitivo sistema difensivo del paese costituito da tre roccaforti: Cassero, Girone e Coccaro.
Al 1500 appartiene il magnifico fronte del palazzo Onesti, posto sulla piazza principale, ornato dalla facciata in tipico stile rinascimentale con le importanti finestre in travertino il cui disegno è stato attribuito al Pagani da alcuni storici locali.
Risale al 1600 la costruzione del vasto complesso liturgico suburbano della Chiesa del SS. Crocifisso situata in contrada Piane Nuove ( o Piane Nove), oggetto di questo studio. Voluta da Mons. Paolo Pagani nel 1599, è il più maestoso esempio di barocco locale per l’opulenza di affreschi, stucchi, tele e ori.
La metà del ‘600 vede l’erezione di Palazzo Secreti su ciò che resta dell’antico Cassero.
La Collegiata di Santa Maria dei Letterati è stata eretta tra la metà del 1700 e la metà dell’Ottocento. Visto l’aumento dei residenti l’arcivescovo di Fermo decise la demolizione delle due piccole chiese, Santa
In this Church were located the altars and noble tombs of the main local families: Aracinti, Laurenzi, Nicolini, Tancredi, Benedetti, Onesti, Benigni, Secreti, Morici, Marchesi, Righi, Celsi, Cruciani, Gigli, Paccaroni, Marconi, Lucentini, Meci, Garulli, Pagani and more5 .
The Church was subjected to multiple alterations over the centuries, and of the original structure only the cross vault of the old apse and that of the nave have survived; restorations carried out in 2000 brought to light now-forgotten frescoes from the early Romanesque Church.
The priory palace, with its portico, staircase (demolished), its large council chamber on the second floor and slender bell tower, is an important example of the town’s communal phase. It was built in the 15th century. Twentieth-century restorations have, unfortunately, disfigured its appearance by depriving the front of its Renaissance windows, eliminating its external staircase and embattling the bell tower.
During the Sforza domination, given Monterubbiano’s military mastery over the surrounding territory, the defense system is redesigned: a long lunca wall encircles the town center going to unify for the first time the primitive defensive system of the town consisting of three strongholds: Cassero, Girone and Coccaro.
To the 1500s belongs the magnificent front of the Onesti palace, located on the main square, adorned by the facade in typical Renaissance style with its imposing travertine windows, the design of which has been attributed to Pagani by some local historians. The construction of the imposing suburban liturgical complex of the Church of the Santissimo Crocifisso located in the Piane Nuove (o Piane Nove) district, the subject of this study, dates back to the 1600s.
Commissioned by Archbishop Paolo Pagani in 1599, it is the most majestic example of local Baroque for the opulence of its frescoes, stuccoes, canvases and goldworks.
The mid-1600s saw the erection of Palazzo Secreti on what remains of the ancient Cassero. The Collegiate Church of Santa Maria dei Letterati was erected between the mid-1700s and the mid19th century. Given the increase in residents, the archbishop of Fermo decided to demolish the two
5 V. Cognigni, Monterubbiano com’era, Fermo
Maria in piazza e Santa Maria della Misericordia, per officiare le solenni celebrazioni. La nuova Chiesa, pur priva di qualsiasi pregio architettonico, risulta di interesse per la collocazione sull’altare maggiore della tela dell’Assunta di matrice raffaellesca dipinta da Vincenzo Pagani e, nella cappella di sinistra, della tela del Crocifisso dipinta dal figlio Lattanzio. Vengono inoltre realizzati o restaurati alla maniera dell’epoca molti palazzi nobiliari.
Nel corso del 1800 si avviano i principali lavori ‘moderni’ svolti nel paese: l’architetto Pietro Agostoni di Como progetta il rifacimento dell’antica Chiesa di S. Agostino decorata poi da Antonio la Nave di Bari nella quale si conservano frammenti di un polittico di matrice crivellesca attribuito a Stefano da Venezia e privo di cornice.
Nel 1875 viene realizzato il nuovo teatro progettato dell’architetto Ridolfi di Ancona su quello che era il vecchio palazzo della famiglia Pagani, conosciuto come Palazzaccio.
Nello stesso periodo viene edificato il nuovo cimitero monumentale su progetto dell’architetto monterubbianese Luca Galli e coronato dall’imponente statua bronzea, di matrice eiffelliana, della Fede.
Lo stesso architetto si occupa della sistemazione del Colle Coccaro e della sua trasformazione in pubblico passeggio. Va notato come questo intervento rappresenti un evento unico in un comune di queste dimensioni. Tale trasformazione ha in parte cancellato alcune tracce dell’antica storia locale come la necropoli pagana scoperta con il livellamento del terreno ed ampiamente documentata dallo stesso Galli in una relazione del 1872, oltre al vecchio sobborgo fortezza di Colle Coccaro distrutto dalle invasioni barbariche e poi ricostruito dallo Sforza nel 1442 ed ancora la chiesetta di San Rocco edificata nel 1527 per la liberazione dalla peste da cui poi prende il nome il nuovo giardino pubblico5 . Oggi il tessuto urbano del borgo è rimasto quasi inalterato, se non per sporadici sventramenti e ricostruzioni contestualizzabili nel periodo fascista e nel secondo dopoguerra.
small Churches, Santa Maria in Piazza and Santa Maria della Misericordia, to officiate the various celebrations. The new Church, while lacking any architectural merit, is of interest because of the placement on the high altar of the Raphaelesque canvas of the Assumption painted by Vincenzo Pagani and, in the left chapel of the canvas of the Crucifix painted by his son Lattanzio. Many noble palaces are also built or restored in the manner of the time.
During the 1800s, the main ‘modern’ works carried out in the village began: architect Pietro Agostoni of Como planned the rebuilding of the ancient Church of S. Agostino later decorated by Antonio la Nave of Bari in which fragments of a Crivellesque-style polyptych attributed to Stefano da Venezia and lacking a frame are preserved.
In 1875 the new theater designed by Ancona architect Ridolfi was built on what was the old Pagani family palace, known as Palazzaccio.
During the same period, the new monumental cemetery was built, designed by Monterubbian architect Luca Galli and crowned by the imposing Eiffelian bronze statue of Faith. The same architect was responsible for the arrangement of Coccaro Hill and its transformation into a public promenade. It should be noted how this intervention represents a unique event in a municipality of this size. This transformation partly erased some traces of the ancient local history such as the pagan necropolis discovered with the leveling of the land and extensively documented by Galli himself in a report of 1872, as well as the old fortress suburb of Colle Coccaro destroyed by the barbarian invasions and then rebuilt by the Sforza in 1442 and again the small Church of San Rocco built in 1527 for the liberation from the plague from which the new public garden then takes its name6 .
Today the urban fabric of the village has remained almost unchanged, except for sporadic gutting and reconstruction that can be contextualized in the fascist period and after World War II.
G. Nepi, La passeggiata
S. Rocco, Monterubbiano
468, fall of Roman Empire 268, Roman occupation Picene IIc, Urbs Urbana or Urbana Civita Vc, Gothes invasion
VIIIc, Ancient church of S. Maria dell’Olmo
XIIIc, Church of S. Maria dei Monti Xc, S. Basso’s church
Xc, Urbiano or Orbeano
XIc, controlle by Monte Cassino Monastery, then by Farfa Abbey
XIIc, New church of S. Maria dell’Olmo, Church of SS: Stefano e Vincenzo
XIVc, S. Michele Arcangelo 1247, church of S. Francesco, church of S. Agostino 1238, S. Giovanni’s Church 1216-1227, Oonorio III commissioning the “Cassero”
1281, Badia of SS: Flaviano e Biagio
1441-1442, Mura Sforzesche 1436, new curch of S. Agostino 1428, new curch of S.Francesco XVc, “Comune” palace
1268-1266, controled by King Man edi
1334, invaded by Mercenario da Monteverd tyran of Fermo 1308, Clemente V act against the town as part of Lega Ghibellina
1380, cospirancy against Bruancuccio tyran 1360, looted by Giovanni Visconti d’Oleggio, commander of Fermo’s army
1433-1446, Franesco Sforza take control of the town
1175, Christiano of Magonza conquest the town 1182, war against Fermo,defeet 1200, submission to Fermo’s power 1237, Ghibellines take the power 1244, Ghuelphs take the power 1450, Cola da Perugia take refuge inside the town 1397, indipendence and own “Podestà”
1499, Church of S. Rocco
1553, Palazzo Onesti
1599, Church of SS. Crocifisso
XVIIc, “La Fenice” theater 1654, Palazzo Secreti is build on the ruin of the old castle
1728, New curch of S. Maria dei Letterati (Insigne Collegiata) 1705, restoration of S. Francesco and new bell tower
1811, S. Maria del Soccorso is closed XIX, New Church of S. Agostino
1817, the church is demolished and the escos are moved
1875, the Cemetery is build, a new theater is build 1872, Giacomo Leopardi garden is build
1915, the stair of the “Comune”is demolished 1900, electricity and “luce pubblica”
1939, A. La Nave di Bari escoed the curch of S. Agostino
1946, Italian Republic Today1507, indipendence and own “Podestà” 1458, indipendence 1585, Sisto V become Pope 1586, Monterubbiano become part of “Presidiato di Montalto”
1492, vDiscovery of America 1789, French revolution 1466, Albanian immigration
1531, “Libri della Reformanza”
1816, Restoration 1797, vFrench invasion
1860, annexion to Italian Kingdom
La Chiesa del SS. Crocifisso è l’ultimo e grandioso sviluppo di un precedente manufatto edilizio: una primitiva edicola al cui interno vi era affrescata la rappresentazione di una crocefissione, la scena è dipinta dal Colucci da Santa Vittoria nel 15911, di fronte alla quale sono avvenuti eventi miracolosi, come documentano dalle fonti conservate presso l’archivio arcivescovile di Fermo e quello della medesima Confraternita. Nei documenti ufficiali del processo apostolico sui fatti riguardanti i miracoli avvenuti vi è una descrizione di tale luogo: una piccola cappella chiusa da un recinto o forse un cancello serrato2; la tesi più accreditata vuole che si trattasse di una semplice costruzione muraria simile all’edicola presente all’interno della Chiesa di S. Maria dell’Olmo a Moresco, a pochi chilometri di distanza, affrescata da Vincenzo Pagani nel 1521.
La primitiva architettura era posta alla convergenza di tre strade: verso l’entroterra e quindi verso Roma, verso la costa e i porti e verso Fermo; nodo di passaggio obbligato sia per i viaggiatori che per i pellegrini che si muovevano tra i vari centri della cristianità.
Il crescente fervore religioso nato a seguito dei miracoli porta alla formazione di un organo laico dedito alla custodia del luogo. Nel 1597 viene così fondata la Confraternita del SS. Crocifisso3, con il compito di occuparsi delle faccende di detta edicola, e sotto il patrocinato di Mons. Paolo Pagani.
The Church of the SS. Crocifisso is the last and grandiose development of an earlier building artifact: a primitive aedicule inside on which there was a fresco depicting a Crocifissoion, the scene of which is painted by Colucci da Santa Vittoria in 15911, in front of which miraculous events occurred, as documented by the sources preserved in the archiepiscopal archives of Fermo and that of the Confraternity itself.
In the official documents of the apostolic process on the events concerning the miracles that occurred there is a description of such a place: a small chapel enclosed by a fence or perhaps a locked gate2; the most accredited thesis has it that it was a simple wall construction similar to the aedicule present inside the Church of S. Maria dell’Olmo in Moresco, a few kilometers away, frescoed by Vincenzo Pagani in 1521.
The primitive architecture was placed at the convergence of three roads: inland and thus toward Rome, toward the coast and ports, and toward Fermo; compulsory passage junction for both travelers and pilgrims moving between the various centers of Christianity. The growing religious fervor that arose as a result of the miracles led to the formation of a lay body dedicated to the custody of the place. Thus in 1597 the Confraternity of the SS. Crocifisso was founded3, with the task of taking care of the affairs of said shrine, sponsored by Mons. Paolo Pagani.
1 Inventario di tutti i beni mobili della Ven. Confraternita
SS.mo Crocifisso, Archivio Storico Parrocchiale di Monterubbiano (A.S.P.M.),
dicembre
Ill. et R.mo Mon et P.ron mio oss., Arrchivio Storico Pastorale di Fermo (A.S.P.F.), 29 dicembre 1596
Verbali delle adunanze della Confraternita del SS. Crocifisso di Monterubbiano, A.S.P.M., 1597- 1599
III.1
Mons. Paolo Pagani è l’ultimo erede della famiglia Pagani, che annovera celebri pittori monterubbianesi di matrice raffaellesca che tra il 1500 ed il 1600 realizzano importanti opere sia per il paese sia per prestigiose committenze italiane. Tre generazioni di pittori a partire da Giovanni (1465-1545), Vincenzo (1490-1568) e Lattanzio (1520-1602), le cui opere oggi sono esposte in gallerie e musei di importanza internazionale, nonché in molte chiese marchigiane. Al contrario dei suoi avi Paolo intraprese una carriera personale differente: uomo di fede e studioso, fu prima uditore del Cardinale di Montalto, poi Sisto V, visitatore apostolico e professore all’università di Fermo, per poi ricoprire la carica di vicario criminale a Milano al servizio di Carlo Borromeo e procuratore apostolico ad Urbino e Bologna.
La vicinanza del Pagani con il cardinale Borromeo, e quindi alla prima linea dell’ambiente della Controriforma, potrebbe essere uno dei motivi principali che portano il prelato ad interessarsi alla causa del Crocifisso. Intercede, infatti, in prima persona nell’istituzione della Confraternita per la custodia del sito della sacra edicola e, in seguito, provvederà al finanziamento per la costruzione del grandioso edificio.
Da qui un’ulteriore chiave di lettura del SS. Crocifisso che, al pari dei Sacri Monti Lombardi, intreccia infiniti legami tra pellegrini, ambiente naturale e spazio sacro.
Mons. Pagani alla sua morte, avvenuta il 6 luglio 1602, devolve la maggior parte dei suoi beni a favore delle Confraternita del SS Crocifisso. Nel testamento, da poco ritrovato, si specifica chiaramente che liquidati i parenti prossimi e saldati i debiti, ogni sua proprietà doveva essere devoluta alla congregazione e utilizzata per la costruzione del nuovo santuario4 Il lascito comprendeva non solo somme di denaro, ma anche il palazzo della famiglia Pagani, detto
Mons.ignor Paolo Pagani is the last heir of the Pagani family, which includes famous Raphaelesque Monterubbianese painters who produced important works both for the town and for prestigious Italian patrons between 1500 and 1600. Three generations of painters beginning with Giovanni (1465-1545), Vincenzo (1490-1568) and Lattanzio (1520-1602), whose works today are exhibited in galleries and museums of international importance, as well as in many Churches in the Marche.
In contrast to his ancestors, Paolo embarked on a different personal career: a man of faith and scholar, he was first auditor to the Cardinal of Montalto, then Sixtus V, apostolic visitor and professor at the University of Fermo, and then served as criminal vicar in Milan in the service of Charles Borromeo and apostolic procurator in Urbino and Bologna.
4 In Nome della SS.ma et individua Trinità Bened(ettissim)a Padre/ figliolo e Spirito Santo, Dio vero, e vivo Onni/potente Amen, A.S.A.F., 7 Febbraio 1602
Pagani’s proximity to Cardinal Borromeo, and thus to the front line of the Counter-Reformation milieu, may be one of the main reasons that lead the prelate to take an interest in the cause of the Crocifisso. In fact, he personally interceded in the establishment of the Confraternity for the custody of the site of the sacred aedicule and, later, would provide funding for the construction of the grandiose building. Hence a further key to understanding the SS. Crocifisso, which, like the Sacri Monti of Lombardy, weaves endless links between pilgrims, the natural environment and sacred space.
Mons. Pagani upon his death on July 6, 1602, donated most of his property to the Confraternity of the SS. Crocifisso. In his recently found will, it is clearly specified that having liquidated his next of kin and settled his debts, all his property was to be devolved to the congregation and used for the construction of the new shrine4 . The bequest included not only sums of money, but also the Pagani family palace, known as the Palazzaccio today Theater, and the altarpiece
Februarij
In Nome della SS.ma et individua Trinità Bened(ettissim)a Padre/figliolo e Spirito Santo, Dio vero, e vivo Onni/potente Amen.
Havendo Io Paolo Pagano da M(on)te Robb(ian)o lette le Sante/e bened(ett)e parole del Profeta Ezechia, disponi delle/cose tue p(er)che morirai e non viverai. Volendo, co/me buon Christiano, e religioso accomodare come/si conviene tutte le cose mie, p(er)che dopo la mia/ morte, come le cose di questo mondo p(er) lo più cami/nano intraverso. Volendo q(uan)to più può l’umana fra/gilità mia à riparare agl’inconvenienti che dà/questa mia disposizione può nascere in qualun/que modo, invocato di novo il SS.mo Nome di Dio,/in p(rim)a lassio il corpo mio, e l’Anima mia alla protet/tione di tutta la Corte celestiale; da poi lassio/il ben servito à Giacomo Gioannella dà Moresco, mio/Servitore p(er) intuito d’amore duecento scudi p(er) l’/amor d’Iddio = Item lassio à Giulia mia Sorella na/turale scudi cinquecento, quali se li metteranno à Censo/ad otto p(er) cento; e dopo la morte sua e della figliola re/cadano alla V. Sacristia del Convento di S. Franc(cesc)o di M(on)te Robb(ian)o = Item lassio à tutte le Chiese Conventu/ali della d(ett)a Terra di M(on)te Robb(ian)o diece scudi p(er) una vol/ta sola = Item à Cagnenona mia sorella ven/ti scudi = E p(er)che mi trovo molto obbligato à quella/ SS.ma Immagine del SS.mo Crocifisso di piane nove di/d(ett)a Terra, et anco della Compag(ni) a di d(ett)o SS.mo Crocifisso/alla quale da adesso p(er) sempre dono, cedo, e concedo/tutte mie ragioni, attioni, e giurisdizioni, beni, mo/bili, stabili presenti, e futuri dovunque se ritrovas/ sero contro qualsivoglia persona, loco, collegio, et/Universoità, senza che dà nesuna persona possa già/mai essere impedita, con questa conditione, che i/sud(dett)i miei beni s’impieghino p(er) uso, e beneficio di q(ue)lla/fabrica, e Chiesa del SS.mo Crocif(iss)o, e non altrim(en)te/, e p(er) esecuzione di dette tutte queste cose, instituis/co fideicomm(issa)rio l’Ill(ustrissi)mo Sig(nor) Cardinal Bandino Arci/vescovo di fermo, et altri suoi Successori in d(ett)o Arcives/ covato. Soggiungendo di più, che al R.P. Dom(enic)o Particella, già administratore delli miei beni sia sempre/fatto decoro(?) Con ogni suo magior vantaggio tutto/quello che egli deve giustam(en)te conseguir da me p(er) la/sua administratione e di q(uan)to haverà speso, e fatto p(er) or/dine mio, e di più lassio, senza però derogazione delle/soprad(ett)e cose, che Giulia mia sorella soprad(ett)a debba essere/mantenuta in possesso di tutti quelli beni mobili/e biancarie che si trovano in Casa d’essa Giulia, e/che ne possa fare, e disponere come gli pare = Las/ so di più che il mio Cadavero sia seppelito nella/Chiesa di S. Franc(esc)o, ciò è nella Sacristia dove meglio/si potrà accomodare à giuditio degl’Officiali di d(ett)a/Compag(ni)a del SS.mo Crocifisso; E questo intendo, e mi/dichiaro che sia l’ult(im)o mio Testam(en)to e l’ult(im) a mia vo/lontà, annullando, irritando (sic), e revocando ogni, e qualun/que altro Testam(en) to, che dà me dà questo in dietro fosse/fatto di mano di qualsivoglia Not(ari)o, ò altra Persona,/ etiam di mia mano prop(ri)a, volendo che questo prece/da, e prevaglia à tutti gl’altri, e voglio che vaglia/p(er) vigor di Testamento, p(er) donatione p(er) causa di morte,/ò tra vivi, p(er) Codicillo, et in ogn’altro miglior modo,/che di ragione si possa fare.Acta fuerunt hec in Terra Montis Rubiani, et in/hedibus Tranquillorum, in Cubiculo, ubi ipse D. Testa/tor infirmus corporis iacebat, presentibus ibid(em) M(agnifi)co D. Franc(esc)o Palamede de Petritulo phisico ad p(rese)ns Terre M(on)tis Rubiani, Valerio Barascha, Lilio M(agist)ri Andree, Benedicto Benigno, Dom(eni)co Pasquali Riccij,/Marcurio Meci Arcangeli, et Baptista felicis de/d(itt) a Terra Montis Rubiani Testibus ad premissa o(mn)ia/et singula vocatis, habitis, atque rogatis, nec no(n)/ab eod(em) D. Testatore optime recognitis quod quid(em)/Testamentu(m) fuit ab eod(em) D. Testatore de verbo ad/verbum p(rou)t iacet mihi Not(ari)o dictatum et ordinatu(m)/alta, et intelligibili voce ad presentiam mei Not(ari)i, et/supradictoru(m) Testium. Et quia Ego Joannes tranquilluns laicus de M(on)te Rub(ian)o/Firmane Diecesis pub(licu)s Ap(osto)lica, et Imperiali aut(orita)te/Not(ariu)s premissis o(mn)ibus, et singulis, dum sic ut presenti bus (?), fierent et agerentur presens, et personaliter/interfui, eisque rogatus scribere, scripsi, et signo/meo, quo in talis utor ad maius premissorum robur/munivi req(quisitu)s = Omisso signo d(ict)i Not(ari)i cum his l(itte)ris S.M.N.P.
dedicated to the Assuzzione di Maria, painted by Vincenzo Pagani. In addition to the prelate’s large bequest, the pilgrims themselves co-financed the erection of the building through alms and donations; in fact, after aggregating with the Confraternity of the Gonfalone of Rome, the Confraternity of the Crocifisso obtained the concession of indulgences5 .
5 Bolla di aggregazione alla Confraternita di Roma , A.S.P.M.,2 Agosto 1606
il Palazzaccio oggi Teatro e la pala d’altare dedicata all’Assunzione di Maria, dipinta da Vincenzo Pagani. Oltre all’ingente lascito del prelato, gli stessi pellegrini cofinanziarono l’erezione dell’edificio attraverso elemosine e donazioni, infatti dopo l’aggregazione alla Confraternita del Gonfalone di Roma, la Confraternita del Crocifisso ottiene la concessione delle indulgenze5
468, fall of Roman Empire 268, Roman occupation Picene IIc, Urbs Urbana or Urbana Civita 0 Vc, Gothes invasion
Xc, Urbiano or Orbeano
XIc, controlle by Monte Cassino Monastery, then by Farfa Abbey
1175, Christiano of Magonza conquest the town
1182, war against Fermo,defeet 1200, submission to Fermo’s power 1237, Ghibellines take the power 1244, Ghuelphs take the power
1268-1266, controled by King Man edi
1308, Clemente V act against the town as part of Lega Ghibellina
1334, invaded by Mercenario da Monteverd tyran of Fermo
1360, looted by Giovanni Visconti d’Oleggio, commander of Fermo’s army
1380, cospirancy against Bruancuccio tyran
1450, Cola da Perugia take refuge inside the town 1397, indipendence and own “Podestà”
1433-1446, Franesco Sforza take control of the town XVc, quarrel between Ladislao of Naples, Migliorti of Fermo and Malatesta of Cesena
1465-1545, Iohannes Paganus 1490-1568, Vincentius Paganus 1520-1582, Lactantius Paganus 1543-1602, Paulus Paganus (Mons.)
1492, vDiscovery of America 1789, French revolution 1466, Albanian immigration 1860, annexion to Italian Kingdom 1946, Italian Republic Today1507, indipendence and own “Podestà” 1458, indipendence 1585, Sisto V become Pope 1586, Monterubbiano become part of “Presidiato di Montalto” 1531, “Libri della Reformanza” 1816, Restoration 1797, vFrench invasion
Paolo Pagani, al servizio di Carlo Borromeo dal 1570 al 1590 circa, si trova a diretto contatto con l’ambiente della Controriforma e può osservare in prima persona il rinnovamento e gli interventi che il nuovo spirito religioso promuoveva, soprattutto dopo la pubblicazione del trattato dello stesso Cardinale. La Controriforma rappresenta in architettura e nell’ambito artistico un’importantissima svolta: per la prima volta, infatti, viene riconosciuta l’importanza e il potere divulgativo delle rappresentazioni sacre e la stessa architettura degli edifici viene reinterpretata a favore di precisi intenti liturgici e dottrinali. Questo accade non soltanto nell’area milanese, ma coinvolge vicendevolmente tutti i principali centri religiosi del cattolicesimo che, spinti dal tentativo di arginare le “eresie” protestanti, cercano di ritrovare i principi chiave del credo sotto la spinta del Concilio di Trento e dei vari trattati che da esso derivano. Loreto, santuario di centrale importanza nel contesto italiano e marchigiano, non è esule da tale influenza divenendo a sua volta il punto di riferimento del panorama locale.
Sin dalla sua fondazione la Santa Casa di Loreto ha sempre rappresentato la culla dell’arte sacra marchigiana chiamando al suo cantiere le più importanti maestranze operanti in Italia in quel periodo. La basilica è, infatti, uno dei santuari più famosi della cattolicità e punto di riferimento imprescindibile per ogni artista, ad essa sono legati nomi noti quali Bramante, Giuliano e Antonio da Sangallo, Signorelli, Sansovino, Federico Zuccari.
Così tra il Cinquecento e il Seicento per realizzare opere di particolare interesse architettonico ci si rivolge solitamente proprio a professionisti attivi presso il cantiere della basilica lauretana, che garantiscono non solo una profonda conoscenza tecnico-pratica, ma anche l’appoggio
Paolo Pagani, in the service of Carlo Borromeo from 1570 to about 1590, was in direct contact with the environment of the CounterReformation and could observe firsthand the renewal and interventions that the new religious spirit promoted, especially after the publication of the Cardinal’s own treatise.
The Counter-Reformation represents in architecture and in the artistic sphere a very important turning point: for the first time, in fact, the importance and popularizing power of sacred representations is recognized, and the very architecture of buildings is reinterpreted in favor of precise liturgical and doctrinal intentions.
This happens not only in the Milanese area, but involves vicariously all the main religious centers of Catholicism, which, driven by the attempt to stem the Protestant “heresies,” try to rediscover the key principles of the creed under the impetus of the Council of Trent and the various treaties that derive from it. Loreto, a shrine of central importance in the Italian and Marche context, is not exempt from this influence, becoming in turn the focal point of the local scene.
Since its foundation, the Santa Casa of Loreto has always represented the cradle of sacred art in the Marche region, calling to its site the most important craftsmen working in Italy at that time. The basilica is, in fact, one of the most famous shrines in Catholicism and an indispensable point of reference for every artist, and well-known names such as Bramante, Giuliano and Antonio da Sangallo, Signorelli, Sansovino, and Federico Zuccari are linked to it.
Thus between the sixteenth and seventeenth centuries to realize works of special architectural interest one usually turns to the very professionals active at the construction site of the Laurentian basilica, who guarantee not only deep technicalpractical knowledge, but also the support and
e l’approvazione della nuova Chiesa Cattolica rinnovata.
La Confraternita del SS. Crocifisso di Monterubbiano cresce in questo contesto religioso e proprio nelle prime adunanze si stabilisce di realizzare un pellegrinaggio presso il Santuario della Madonna di Loreto che diverrà un rito devozionale, come attestano numerosi documenti successivi.
Sommando la rilevanza spirituale della Basilica e la sua sfera di influenza artistica, alla voce di Mons. Pagani conoscitore non solo della nuova dottrina controriformata, ma anche delle indicazioni suggerite dal cardinale Borromeo nelle sue “Istruzioni” e alla frequentazione della stessa Confraternita con l’ambiente lauretano, si sceglie come architetto della nuova e imponente chiesa di Monterubbiano Ventura Ventura. L’urbinate Ventura eredita alla morte del ben più famoso padre Lattanzio la carica di architetto della Santa Casa di Loreto6, divenuta una vera e propria qualifica professionale sin dal 1469, anno dell’inizio della costruzione7; per ricoprire questo ruolo si scelgono prima artisti con una formazione prettamente romana, in seguito architetti provenienti da altre importanti regioni dello Stato Pontificio, il più delle volte originari dagli stessi territori regionali.
È questo il caso di Lattanzio Ventura, nato ad Urbino e attivo a Macerata, Ascoli e Ancona e dello stesso figlio, suo successore. Non si conosce molto dell’operato del giovane Ventura se non che interviene in molti dei cantieri paterni per poi portarli a compimento dopo la dipartita del genitore. Tra questi vanno sicuramente citati gli interventi svolti nella sala del Pomarancio nella Santa Casa di Loreto, nella cappella dei Duchi di Urbino e il progetto per la Chiesa dell’Ambro, un illustre Santuario mariano nell’entroterra marchigiano nel quale Ventura utilizza schemi architettonici simili a quelli usati a Monterubbiano.
Altro nome legato tanto a Loreto quanto a Monterubbiano è quello dei Lombardi, importante discendenza di costruttori, probabilmente progenie degli stessi Lombardi-Solari operanti in
approval of the newly renovated Catholic Church.
The Confraternity of the SS. Crocifisso of Monterubbiano grew in this religious context, and it was in the very first meetings that it was decided to carry out a pilgrimage to the Shrine of Our Lady of Loreto, which would become a devotional rite, as attested by numerous later documents.
Summing up the spiritual relevance of the Basilica and its sphere of artistic influence, the voice of Mons.ignor Pagani, connoisseur not only of the new Counter-Reformation doctrine but also of the indications suggested by Cardinal Borromeo in his “Instructions,” and the frequentation of the Confraternity itself with the Loreto environment, Ventura Ventura was chosen as the architect of the new and imposing church of Monterubbiano.
Ventura from Urbino inherited upon the death of the much more famous father Lattanzio the position of architect of the Santa Casa of Loreto6, which had become a real professional qualification since 1469, the year in which construction began7; to fill this role artists with a strictly Roman background were chosen first, and later architects from other important regions of the Papal States, most often originating from the same regional territories.
This was the case with Lattanzio Ventura, born in Urbino and active in Macerata, Ascoli, and Ancona, and with his son himself, his successor. Not much is known about the young Ventura’s work except that he intervened in many of his father’s construction sites and then brought them to completion after his parent’s departure. These certainly include the work done in the Pomarancio Hall in the Santa Casa of Loreto, the chapel of the Dukes of Urbino, and the design for the Church of Ambro, an illustrious Marian shrine in the Marche hinterland in which Ventura uses architectural schemes similar to those used in Monterubbiano.
Another name linked to both Loreto and Monterubbiano is that of the Lombardi, an important line of builders, probably progeny of the same Lombardi-Solari working in Lombardy.
6 P. Gianuizzi, Dell’Architetto di S. Casa, Firenze, 1885, p. 5; Guida di Loreto, Siena, 1895, p. 191; G. Santarelli, Il Santuario della Madonna dell’Ambro, Ascoli Piceno, 1981, pp. 20- 22, 40
7 F. Mariano, L’Architettura nelle Marche, Fiesole, 1995, pp. 201-202
Lombardia. Trasferitisi a Loreto per partecipare al cantiere della Basilica come scultori e intagliatori di marmo, si stabiliscono a Recanati avviando una propria “scuola” di decoratori e muratori attiva nei principali cantieri marchigiani8
Al Ventura per i primi lavori della Chiesa del SS. Crocifisso si aggiungono altre maestranze artistiche: lo scultore Vergelli9, formatosi presso la scuola recanatese dei Lombardi e successivamente esecutore del monumento in bronzo a Sisto V a Camerino (1585-87), della Porta nord (1591-96) e della Fonte battesimale (1600-08) nella Basilica di Loreto, e in seguito altri importanti artisti locali come Desiderio e Martino Bonfini10 . La costruzione della Chiesa del SS. Crocifisso riveste così un notevole ruolo nel panorama architettonico e artistico locale dell’epoca post tridentina anche per il personale competente nominato dalla Confraternita per la sua fabbrica.
Having moved to Loreto to participate in the building site of the Basilica as sculptors and marble carvers, they settled in Recanati, starting their own “school” of decorators and masons active in the main building sites of the Marche8 Ventura for the early work on the Church of the SS. Crocifisso was joined by other artistic workers: the sculptor Vergelli9, trained at the Recanati school of Lombardi and later executor of the bronze monument to Sixtus V in Camerino (1585-87), the North Gate (1591-96) and the Baptismal Font (1600-08) in the Basilica of Loreto, and later other important local artists such as Desiderio and Martino Bonfini10 .
The construction of the Church of the SS. Crocifisso thus plays a notable role in the local architectural and artistic landscape of the post-Tridentine era also because of the competent personnel appointed by the Confraternity for its fabrication.
8 M. Giannatiempo Lopez, I Lombardi- Solari e la porta centrale di Loreto, in Le Arti nelle Marche, p. 219- 231
9 M. Giannatiempo Lopez, Tiburzio Vergelli e la porta nord di Loreto, in Le Arti nelle Marche, pp. 246- 251
10 G. Santarelli, Il Santuario, pp. 20- 22, 40- 48.
Il progetto architettonico del nuovo edificio viene inviato dall’architetto Ventura nell’agosto del 1598, la missiva era composta da una lettera e due disegni di progetto: pianta “propetia di dentro” e prospetto11 .
Confrontando quanto scritto e progettato dal Ventura è possibile immaginare come dovesse apparire l’edificio se realizzato. Si trattava certamente di una struttura semplice, ben più piccola di quella effettivamente edificata. L’orientamento era obbligato poiché la chiesa doveva essere costruita tenendo come punto di riferimento l’icona della Crocifissione già in loco, quasi a divenire uno scrigno prezioso a protezione della sacra immagine. L’edificio a croce greca simula per compattezza gli schemi tipici delle piante centrali, navata, cappelle laterali e cappella maggiore sono contratte e di poco sporgenti rispetto alla crociera centrale che, sormontata dalla cupola, ne diviene il vero centro, creando uno spazio liturgico ampio prospicente l’edicola.
L’impianto segue il modello lauretano della scatola nella scatola dove la preesistenza sacra viene protetta, ma non inglobata all’interno della nuova struttura.
Ventura prevede la costruzione di un edificio rialzato dal suolo, forse per collocare una cripta mai realizzata effettivamente. Nella lettera, infatti, vi è un passaggio di difficile traduzione che potrebbe alludere alla presenza di un simulacro sotto l’altare destinato ai confratelli. Una breve scalinata conduce dal piano di campagna ad un loggiato coperto da volte a vela e da questo elemento, filtro tra interno ed esterno, si accede alla breve navata quindi all’area della cupola. Se non fosse per la presenza del porticato la chiesa potrebbe ricordare alcuni esempi tipologici rinascimentali della campagna toscana, edifici
The architectural plan for the new building was sent by architect Ventura in August 1598, the missive consisted of a letter and two design drawings: plan “propetia di dentro” and elevation11 .
Comparing what Ventura wrote and designed, it is possible to imagine what the building must have looked like if realized. It was certainly a simple structure, much smaller than the one actually built. The orientation was obligatory since the church was to be built keeping as a reference point the icon of the Crocifissoion already in place, as if to become a precious casket protecting the sacred image.
In terms of compactness, the Greek-cross building mimics the typical patterns of central plans; the nave, side chapels and main chapel are contracted and slightly protruding from the central cross, which, surmounted by the dome, becomes its true center, creating a wide liturgical space facing the aedicule.
The layout follows the Lauretan model of the box within a box where the sacred pre-existence is protected but not incorporated within the new structure.
Ventura envisions the construction of a building raised from the ground, perhaps to place a crypt that was never actually built. In fact, there is a passage in the letter that is difficult to translate that may allude to the presence of a simulacrum under the altar intended for the brethren. A short flight of steps leads from the ground floor to a loggia covered with vaulted ceilings, and from this element, a filter between inside and outside, there is access to the short nave then to the dome area.
Were it not for the presence of the portico, the church might be reminiscent of some
11 V. Ventura, Molti Mag.ci sig.ri et Padroni mie oss.mo , A.S.P.M., August 1598
Molti Mag.ci sig.ri et Padroni mie oss.mo
Da m.o Giobattista me fo presetata una letera delli sig.ri lorre et in tessi quanto / desideravano per conto della fabrica del S.mo Crocifisso pero non ho’/ macato di farre quel tanto che da lorro me venia ordinato et per/ esso m.o Giobattista remado il diseno della propetia di dentro et ancora/ il diseno della faciata di mezzi piu rieto asai del primo et ragonado/ in sieme con m.o Giobatista havemo resoluto de alongar un pocho piu la/ Giessa da piedi et hancora havedo in tesso lanimo lorro grande havemo/ ancora resoluto farci un pocho di cupola acio tutti restano sodisfatti/ et del resto della fabrica havemo ragonatto m.o Giobatista et io del/ tutto et che dalla badda dove e la capella del S.mo Crocifisso cilassi/ doi porte una di la et latra di qua che voledo crehare per farre il/ corre sepotera questo quanto per orra miocore adirre sollo pregali/ atutti che se conocano che sia bono in a servilli in qualche cossa/ mi comadano che sempre Metrovarano prontisimo con lorro comodo/ et con tal fine li baggio le mane pregando il s.re et la Madona/ s.ma da malli li gardi di loretto adi 14 di Agosto 1599 D.L.S.L.M.M. Et Ass.mo ser.re Ventura Ventura
Renaissance typological examples from the Tuscan countryside, buildings traceable to the work of two important architects working both in Urbino, at the Ducal court, and in Loreto: Antonio da Sangallo and Francesco di Giorgio Martini.
There are, in fact, design similarities regarding the central layout and proportioning of elements between Martini’s S. Biagio in Montepulciano or Santa Maria delle Grazie.
It is probable that Ventura, knowing the work of these architects, took the out-of-town church model as a reference, reinterpreting it and placing it as a casket for the sacred aedicule.
If from the plan and description it is possible to reconstruct with a considerable degree of detail the probable geometries of the building, the lack of the elevation makes it very difficult to dimension the development in elevation of the structure and of the dome element that, mentioned by Ventura himself in the letter, is not shown in the plan, perhaps an addition to the primordial idea under the request of the Confraternity itself.
riconducibili all’operato di due importanti architetti operanti sia ad Urbino, presso la corte Ducale, sia a Loreto: Antonio da Sangallo e Francesco di Giorgio Martini.
Vi sono, infatti, similitudini progettuali riguardo l’impianto centrale e il proporzionamento degli elementi tra il S. Biagio di Montepulciano o Santa Maria delle Grazie di Martini.
Probabile che il Ventura, conoscendo l’operato di questi architetti, abbia preso a riferimento il modello di chiesa extraurbana reinterpretandolo e ponendolo a scrigno della sacra edicola.
Se dalla pianta e dalla descrizione è possibile ricostruire con un notevole grado di dettaglio le probabili geometrie dell’edificio, la mancanza del prospetto rende assai difficile dimensionare lo sviluppo in alzato della struttura e della cupola elemento che, menzionato dallo stesso Ventura nella lettera, non è riportato in pianta, forse un’aggiunta all’idea primordiale sotto la richiesta della stessa Confraternita.
L’esempio lauretano, del cui prospetto lo stesso Lattanzio era stato l’artefice e la mancanza di particolari aperture sulle murature portano a valutare l’esistenza di un lanternino di completamento. Dalla descrizione non vi è nessun riferimento all’impianto decorativo: delle semplici paraste sono ipotizzabili analizzando la pianta di progetto ed è visibile il disegno di una balaustra a separazione dell’altare maggiore. La presenza di una scalinata e la mole muraria della sezione di destra dell’edificio fa pensare alla progettazione di un campanile.
Il portico su tre lati è sicuramente l’elemento più discordante con quanto preventivato da Ventura. Questo nuovo elemento, che risponde a una prescrizione dei trattati post- tridentini e trova dei riscontri nelle chiese bolognesi dell’ultimo trentennio del Cinquecento12, diviene una vera e propria architettura di passaggio tra esterno e interno, creando un collegamento tra il santuario e l’ambiente circostante, in fondo la chiesa nasce in campagna e il rapporto interno-esterno è una tematica che impegna molto gli architetti del XVI e XVII secolo.
Il rivestimento esterno non è mai stato completato e forse la sopraelevazione del portico ha modificato ulteriormente l’aspetto iniziale dell’edificio. I corsi di mattoni sfalsati, ancora oggi visibili nella parte alta del prospetto, fanno pensare che la facciata originaria dovesse essere rivestita in materiale lapideo e che la sopraelevazione del porticato ne abbia inevitabilmente modificato l’aspetto preventivato.
L’accesso all’interno è garantito da tre portoni non più allineati, ma posizionati sui tre lati della navata e centrati con le campate del portico. Molta cura è stata riservata alla decorazione in travertino delle porte e delle finestre che si aprono sulla navata, eseguite tra il gennaio e l’agosto del 1614 dal maestro scalpellino Ascanio Trappola. Ciascun ingresso ha un’iscrizione spezzata da uno stemma. Sull’architrave della porta centrale, ai lati dell’arma del Card. Bandini, si legge:
The Lauretan example, of whose elevation Lactantius himself had been the architect, and the lack of particular openings in the masonry lead to an assessment of the existence of a completion lantern. From the description there is no reference to the decorative layout: simple pilasters can be assumed by analyzing the design plan, and the design of a balustrade separating the high altar is visible.
The presence of a flight of steps and the masonry mass of the right section of the building suggests the design of a bell tower. The portico on three sides is certainly the most discordant element with what Ventura had budgeted. This new element, which responds to a prescription of the post-Tridentine treaties and finds parallels in the Bolognese Churches of the last thirty years of the sixteenth century12, becomes a real architecture of passage between exterior and interior, creating a connection between the sanctuary and the surrounding environment.After all, the church was born in the countryside, and the interior-exterior relationship was a theme that engaged 16th- and 17th-century architects a great deal.
The exterior cladding was never completed, and perhaps the elevation of the porch further altered the initial appearance of the building. The staggered brick courses, still visible today at the top of the elevation, suggest that the original facade was to be clad in stone material and that the elevation of the portico inevitably altered its intended appearance.
Access to the interior is provided by three doors no longer aligned, but positioned on the three sides of the nave and centered with the bays of the portico. Much care was given to the travertine decoration of the doors and windows opening onto the nave, executed between January and August 1614 by master stonemason Ascanio Trappola. Each entrance has an inscription broken by a coat of arms. On the lintel of the central door, on either side of the coat of arms of Card. Bandini, it reads:
12 D. ssa Daniela Ferriani, “Chiese aperte”, 5 febbraio 1995
“TEMPLVM SANCTIS [coat of arms] SIMI CrocifissoI EX FIDELIV[M] ELEMOSI [coat of arms] NIS COSTRUCTV[M]”*
su quello destro, ai lati dello stemma di Mons. Pagani: “ANNO DNI M [coat of arms] DC ERECTV”**
a sinistra, ai lati dello stemma di Monterubbiano13:
“IN OMNE TERRA EXI [coat of arms] VIT SONUS ANO MDXCV”***
Le cornici più esterne dei portali sono lisce, mentre il motivo costituito da una fascia di ovoli e dentelli ricorre in quella più interna dei frontoni, in quella sopra gli architravi e sui capitelli. Le mensole hanno delle scanalature e il motivo detto “fusarola” orna gli stipiti sia delle porte che delle finestre, queste ultime decorate anche con dei fiori stilizzati. Escludendo le inserzioni di teste d’angelo, i fregi appartengono alla tipica decorazione degli stili architettonici classici; d’altronde in periferia, agli inizi del Seicento, si è ancora lontani dall’assimilazione del Barocco romano.
Grazie alla sovrapposizione del progetto del Ventura allo stato attuale dell’edificio è possibile un confronto diretto tra progetto ed effettiva realizzazione.
L’impianto generale dato alla chiesa rispecchia generalmente i caratteri dimensionali dell’edificio progettato, rispettando in parte anche la centralità voluta dall’architetto. La croce latina dell’edificato presenta infatti braccia molto contratte e la navata è di poco più profonda di quest’ultime; lo stesso altare maggiore, rinunciando all’abside, acquista le medesime dimensioni delle altre cappelle laterali del transetto.
Probabilmente la scelta di passare dalla croce greca, utilizzata soprattutto in edifici dedicati ai martiri o alla Vergine, alla croce latina è stata
* Templio del Santissimo Crocifisso costruito con le elemosine dei fedeli
** Eretto nell’a.D. 1600
*** Il suono è uscito in tutta la terra, anno 1595
13 Da Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima Collectio, vol. 33, 171
on the right one, on either side of the coat of arms of Bishop Pagani: “ANNO DNI M [coat of arms] DC ERECTV”**
on the left, on either side of the coat of arms of Monterubbiano13: “IN OMNE TERRA EXI [coat of arms] VIT SONUS ANO MDXCV”***
The outermost cornices of the portals are plain, while the motif consisting of a band of ovoli and dentils recurs in the innermost one of the pediments, in the one above the architraves and on the capitals. The corbels have grooves, and the motif known as “fusarole” adorns the jambs of both doors and windows, the latter also decorated with stylized flowers. Excluding the insertions of angel heads, the friezes belong to the typical decoration of classical architectural styles; moreover, in the suburbs, at the beginning of the 17th century, one was still far from the assimilation of the Roman Baroque.
Thanks to the superimposition of Ventura’s design on the current state of the building, a direct comparison between design and actual construction is possible. The general layout given to the church generally reflects the dimensional characters of the planned building, also partly respecting the centrality desired by the architect. In fact, the Latin cross of the edifice has very contracted arms and the nave is only slightly deeper than the latter; the high altar itself, giving up the apse, acquires the same dimensions as the other side chapels of the transept.
Probably the decision to switch from the Greek cross, used mostly in buildings dedicated to martyrs
*TempleoftheSantissimo Crocifissobuiltwiththealmsof thefaithful.
**Builtina.D1600
***Thesoundspreadedalloverthe wolrd,years1595
“TEMPLVM SANCTIS [coat of arms] SIMI CrocifissoI EX FIDELIV[M] ELEMOSI [coat of arms] NIS COSTRUCTV[M]”*
influenzata dal voler consacrare la Chiesa al SS. Crocifisso come si evince già dalla lettera che l’artista aveva inviato ai confratelli, proponendo uno schema simile a quello di altri edifici dell’epoca tra cui la Chiesa del Gesù del Vignola a Roma (1568). Ai lati dell’altare maggiore si aprono due ambienti, non presenti nella primitiva planimetria, che formano la sagrestia, dedicata alla Madonna di Loreto, e un’anticamera di passaggio tra la chiesa e il primo dei due edifici ad essa adiacenti.
La differenziazione tra lo spazio riservato ai religiosi e quello destinato ai fedeli è ben scandita sia nel progetto che nell’edificio effettivamente realizzato; rispettando un canone imposto dalla Chiesa gli altari si trovano su un piano rialzato mentre una balaustra separa la cappella maggiore dal resto dell’edificio. La stessa decorazione si differenzia tra cappelle e navata: le prime riccamente decorate con stucchi e pitture murarie, la seconda completamente spoglia. La ricostruzione in vettoriale del progetto architettonico del Ventura e l’analisi incrociata di tale disegno con la pianta dell’edificio attuale ha permesso l’individuazione di alcune componenti geometriche su cui si basa lo sviluppo dello spazio e di una serie di proporzioni che reggono insieme la costruzione. Tali osservazioni partono dall’identificazione dell’unità di misura utilizzata dal Ventura nella progettazione dell’edificio, unità che lo stesso architetto annota con la dicitura “Con questo piede è fatto il disegno”, corrispondente a circa 35 cm attuali, in linea con l’unità di misura in uso nelle Marche del ‘600.
La sovrapposizione permette di collocare perfettamente il segmento di muro contenente l’affresco nell’edificio attuale e quello che probabilmente era il muro dell’antica edicola contenuta nell’area absidale della pianta di progetto, avvalorando l’ipotesi lauretana della scatola nella scatola.
Altre corrispondenze si hanno nel dimensionamento e nella posizione delle due cappelle laterali del transetto, nella posizione baricentrica del tiburio e nella localizzazione del primo pilastro del portico, forse posto su fondamenta già realizzate per la precedente
or the Virgin, to the Latin cross was influenced by the desire to consecrate the Church to the SS. Crocifisso, as is already clear from the letter the artist had sent to the brethren, proposing a scheme similar to that of other buildings of the time including Vignola’s Chiesa del Gesù in Rome (1568).
On either side of the high altar are two rooms, not present in the primitive floor plan, which form the sacristy, dedicated to Our Lady of Loreto, and an antechamber of passage between the church and the first of the two buildings adjacent to it. The differentiation between the space reserved for the religious and that intended for the faithful is well marked both in the design and in the building actually constructed: respecting a canon actually imposed by the Church, the altars are located on a raised level while a balustrade separates the main chapel from the rest of the building. The same decoration differs between chapels and nave: the former richly decorated with stucco and wall paintings, the latter completely bare. Vector reconstruction of Ventura’s architectural design and cross-analysis of that design with the plan of the present building allowed the identification of certain geometric components on which the development of space is based and a series of proportions that hold the building together. These observations start from the identification of the unit of measurement used by Ventura in the design of the building, a unit that the architect himself notes as “With this foot is made the drawing”, corresponding to about 35 cm today, in line with the unit of measurement in use in the Marche region of the 1600s.
The superimposition makes it possible to place perfectly the segment of wall containing the fresco in the present building and what was probably the wall of the ancient aedicule contained in the apsidal area of the design plan, corroborating the Laurentian hypothesis of the box within a box.
Other correspondences are found in the sizing and position of the two side chapels of the transept, in the barycentric position of the tiburium and in the location of the first pillar of the portico, perhaps placed on foundations already built for the earlier design hypothesis.
ipotesi progettuale.
Queste similitudini geometriche avvalorano la tesi secondo cui il progetto originario non viene del tutto abbandonato bensì adeguato alle esigenze e alla morfologia locale.
Le due piante non condividono solo la matrice geometrica basata sulla maglia di 35 x 35 cm, ma anche alcune regole compositive della sezione aurea. La pianta del Ventura, infatti, è perfettamente iscrivibile in un rettangolo aureo, così come avviene per l’edificio effettivamente realizzato. Si osserva infatti, sviluppando ulteriormente l’analisi, come la posizione di sei principali elementi architettonici, quali le partizioni, le chiavi di volta e le colonne siano sempre riconducibili alle proporzioni auree. La stessa proporzionalità degli elementi si riscontra nel prospetto, ovviamente non si è nella possibilità di compiere tale analisi in riferimento a quanto progettato dal Ventura, ci si può solo basare su quanto effettivamente realizzato. Inoltre, applicando la proporzione aurea alla facciata si potrebbe ricostruire un dimensionamento plausibile dello sviluppo dell’edificio e dell’altezza totale ipotizzata della cupola. Dipendente alla proporzione aurea e alla maglia di 30 x 30 è la suddivisione in canne, unità di misura assai usata all’epoca, ma di difficile interpretazione e comparazione per la mancanza di riferimenti locali.
Per quest’analisi mi sono basato su alcuni studi riguardanti la Basilica di Loreto a cui il Ventura era legato e su alcuni disegni di Francesco di Giorgio Martini sulle chiese antropomorfe. Lo sviluppo della Basilica in pianta ed alzato segue in parte lo stesso schema proporzionale ipotizzato da Martini: un modulo quadrato (L) di 1,5 canne (di 15 piedi), e quindi 3 canne per la navata centrale e 1,5 canne per la navata laterale, stesso modulo ricostruibile per la Chiesa del Crocifisso.
These geometric similarities support the thesis that the original design is not completely abandoned but adapted to local needs and morphology.
The two plans share not only the geometric matrix based on the 35 x 35 cm mesh, but also some compositional rules of the golden section. Ventura’s plan, in fact, can be perfectly inscribed in a golden rectangle, as is the case with the building actually constructed. In fact, it is observed, developing the analysis further, how the position of six main architectural elements, such as partitions, keystones and columns can always be traced back to the golden proportions. The same proportionality of the elements is found in the elevation, of course one is not in a position to make such an analysis with reference to what Ventura designed, one can only rely on what was actually built. Furthermore, applying the golden ratio to the façade one could reconstruct a plausible sizing of the building development and the assumed total height of the dome. Dependent on the golden proportion and the 30 x 30 mesh is the division into canes, a unit of measurement widely used at the time but difficult to interpret and compare due to the lack of local references.
For this analysis I relied on some studies concerning the Basilica of Loreto to which Ventura was related and on some drawings by Francesco di Giorgio Martini on anthropomorphic churches. The development of the Basilica in plan and elevation follows in part the same proportional scheme assumed by Martini: a square module (L) of 1.5 canes (of 15 feet), and thus 3 canes for the nave and 1.5 canes for the side aisle, the same module that can be reconstructed for the Church of the Crocifisso.
Una plausibile spiegazione riguardo le differenze progettuali tra il disegno del Ventura e la planimetria effettiva della Chiesa del SS. Crocifisso può essere ricondotta a quei principi controriformati che lo stesso cardinale Borromeo interpreta e raccoglie nel suo trattato. Il Concilio di Trento (1545-1563) riformò e rinnovò la Chiesa cattolica, modificandone i riti e le caratteristiche del credo oltre che l’organizzazione stessa. Le nuove necessità di culto determinarono notevoli ripercussioni anche in ambito artistico ed architettonico, che divenne strumento funzionale del nuovo messaggio cristiano. Il Concilio per la prima volta riconosce, infatti, il valore delle rappresentazioni artistiche come mezzo di istruzione e comunicazione di massa dei fedeli, principio chiaramente espresso a seguito della XXV sessione (dicembre 1563)14:
“che tutti i vescovi e le altre persone gra¬vate dalla responsabilità dell’insegnamento (...), che i corpi dei santi martiri e degli altri che vivono con Cristo, i quali sono stati membra vive del Cristo e tempio dello Spirito Santo, destinati da questo ad essere elevati e glorificati nella vita eterna, sono degni di esser venerati dai fedeli e per mezzo loro vengono concessi da Dio molti benefici agli uomini (…). Perciò le immagini del Cristo, della Vergine madre di Dio e di tutti i santi devono essere poste e mantenute soprattutto nelle chiese, e ad esse vanno tributati l’onore e la venerazione dovuti. (…) Insegnino con cura, i nostri vescovi, che attraverso l’immagine dei misteri della nostra religione, espressa in pittura o con qualunque altro mezzo, il popolo viene istruito e rafforzato nel ricordare e custodire gli articoli della fede. (…) Perchè queste disposizioni vengano più fedelmente osservate, il sacro concilio ha stabilito che a nessuno sia lecito, in nessun luogo e in nessuna Chiesa, per quanto autonoma a qualunque titolo, porre o far porre alcuna immagine inconsueta, se non approvata dal vescovo”
A plausible explanation regarding the design differences between Ventura’s drawing and the actual floor plan of the Church of the SS. Crocifisso can be traced back to those CounterReformation principles that Cardinal Borromeo himself interprets and collects in his treatise. The Council of Trent (1545-1563) reformed and renewed Catholic Church, changing its rites and characteristics of belief as well as the organization itself. The new necessities of worship also led to significant repercussions in art and architecture, which became a functional tool of the new Christian message. Indeed, the Council for the first time recognized the value of artistic representations as a means of instruction and mass communication of the faithful, a principle clearly expressed following the XXV session (December 1563)14:
14 F. Del Sole, Istruioni architettoniche tra cinque e seicento, da Carlo Borromeo a Vincenzo Maria Orsini, edA
“che tutti i vescovi e le altre persone gra¬vate dalla responsabilità dell’insegnamento (...), che i corpi dei santi martiri e degli altri che vivono con Cristo, i quali sono stati membra vive del Cristo e tempio dello Spirito Santo, destinati da questo ad essere elevati e glorificati nella vita eterna, sono degni di esser venerati dai fedeli e per mezzo loro vengono concessi da Dio molti benefici agli uomini (…). Perciò le immagini del Cristo, della Vergine madre di Dio e di tutti i santi devono essere poste e mantenute soprattutto nelle chiese, e ad esse vanno tributati l’onore e la venerazione dovuti. (…) Insegnino con cura, i nostri vescovi, che attraverso l’immagine dei misteri della nostra religione, espressa in pittura o con qualunque altro mezzo, il popolo viene istruito e rafforzato nel ricordare e custodire gli articoli della fede. (…) Perchè queste disposizioni vengano più fedelmente osservate, il sacro concilio ha stabilito che a nessuno sia lecito, in nessun luogo e in nessuna Chiesa, per quanto autonoma a qualunque titolo, porre o far porre alcuna immagine inconsueta, se non approvata dal vescovo”
L’arte come mezzo di dottrina deve quindi rispettarne i principi morali; ciò influenza la proliferazione di trattati riguardanti le arti figurative “riformate” e l’architettura ecclesiastica.
Tra questi sicuramente il più importante risulta essere lo scritto di Carlo Borromeo, pubblicato nel 1577 con il titolo di INSTRUCTIONES FABRICAE ET SUPELLECTILIS ECCLESIASTICAE
Già dal 1962 la critica, allontanandosi dalla consuetudine di leggere il testo come un mero manuale d’uso pratico, ha iniziato a indagare le ragioni più profonde che legano l’opera del Borromeo al contesto storico e alle esigenze spirituali della Chiesa post-tridentina15 .
Il cardinale Borromeo oltre ad essere arcivescovo di Milano diviene il modello di riferimento della “Chiesa trionfante e unita”. Da qui la necessità di prender a riferimento il suo trattato come esempio pratico per la realizzazione di strutture adeguate al nuovo credo.
Borromeo non era un architetto e non va frainteso il suo ruolo di divulgatore di norme: di certo la sua formazione aristocratica gli aveva permesso di conoscere le arti e di avere una propria cultura di riferimento riguardo l’architettura, chiaramente rintracciabile in alcuni passi chiave come il dimensionamento delle aperture o alcune considerazioni sul corretto uso di materiali e/o norme per garantire la salubrità dei locali. L’uomo di chiesa opera quindi su due fronti: da un lato, sulla base dei decreti tridentini, compie una monumentale opera di riedificazione degli organi ecclesiastici, ordinando la Chiesa secondo una ramificata struttura di governo, dove i vescovi sono i cardini e i sacerdoti i voluti nervi della vita spirituale del fedele16; dall’altro promuove un vero e proprio rinnovamento del culto cattolico, inserendo soluzioni adatte ad accompagnare il popolo nel percorso di fede17 e quindi dei luoghi dove tale culto avviene. Diviene così necessario normare lo spazio sacro che nella sua razionale e ordinata struttura crea le premesse necessarie all’incontro dell’uomo con Dio: è su questa necessità che si fonda il senso profondo dell’idea di architettura di Carlo Borromeo divulgata poi con le “Instructiones”.
Art as a means of doctrine must therefore respect its moral principles; this influences the proliferation of treatises concerning “reformed” figurative arts and ecclesiastical architecture. Among these certainly the most important turns out to be the writing of Carlo Borromeo, published in 1577 under the title of INSTRUCTIONES FABRICAE ET SUPELLECTILIS ECCLESIASTICAE
As early as 1962, critics, moving away from the custom of reading the text as a mere manual of practical use, began to investigate the deeper reasons linking Borromeo’s work to the historical context and spiritual needs of the post-Tridentine Church15 .
15 Paredi, A. 1963 (a cura di). Sancti Caroli Borromaei Orationes XII : ad usum episcoporum in Concilium Oecum. Vaticanum II convenientium Pauli VI Pont. Max. iussu denuo editae. Milano: Tip. U. Allegretti di Campi
16 Cattaneo, E. 1986. “Il restauro del culto cattolico”.
In San Carlo e il suo tempo, Atti del convegno internazionale nel IV centenario dalla morteMilano, 21-26 maggio 1984, 427-453. Roma: Edizioni di Storia e Letteratura
Cardinal Borromeo in addition to being archbishop of Milan becomes the role model of the “triumphant and united Church.” Hence the need to refer to his treatise as a practical example for building structures appropriate to the new creed.
Borromeo was not an architect, and his role as a disseminator of norms should not be misunderstood: certainly his aristocratic training had allowed him to be familiar with the arts and to have his own culture of reference regarding architecture, clearly traceable in some key passages such as the sizing of openings or some considerations on the correct use of materials and/or norms to ensure the healthiness of the premises. The man of the church thus works on two fronts: on the one hand, on the basis of the Tridentine decrees, he carries out a monumental work of rebuilding the ecclesiastical organs, ordering the Church according to a ramified structure of government, where the bishops are the hinges and the priests the desired nerves of the spiritual life of the faithful16; on the other hand, he promotes a real renewal of Catholic worship, inserting suitable solutions to accompany the people in the journey of faith17 and thus of the places where such worship takes place. It thus becomes necessary to regulate the sacred space that in its rational and ordered structure creates the necessary premises for man’s encounter with God: it is on this necessity that the profound sense of Carlo Borromeo’s idea of architecture, later popularized with the “Instructiones,” is based.
17 Primas Visita di S.E.R. Mons.ig. Gabrielle Ferretti, tomo XII, Monterubbiano Visita Pastorale
Confraternita del SS. Crocifisso, A.S.P.F., 1838
Suddiviso in due libri esso redige una lista di principi secondo i quali dovrebbero essere realizzati i nuovi edifici ecclesiastici: il primo libro è incentrato sui caratteri architettonici mentre il secondo è dedicato a ciò che viene definito come “suppellettili”. Si compie dunque un’opera di smontaggio dell’edificio sacro nelle sue parti, scendendo progressivamente di scala. In tale costruzione si esprime la meticolosità dell’autore dedita alla revisione della realtà fisica dell’edificio: la visibilità, la gerarchia degli elementi architettonici, le misure e le dimensioni delle parti, l’arredo e i paramenti fino ad indugiare su prescrizioni minute. Tutto viene ricondotto ad un insieme di “norme”, assicurando in questo modo che ogni elemento dello spazio sacro non vada a intralciare lo svolgimento del rito cristiano per cui il luogo è funzionale. Nella Chiesa del SS. Crocifisso, esempio localizzato ben distante dall’area milanese in cui l’arcivescovo opera, si prende atto di tali accorgimenti e si può indubbiamente ricondurre a tali norme il dimensionamento e la presenza di alcuni elementi caratteristici. Vista la scelta dell’autore di partire dal generale vorrei per prima cosa confrontare il sito della costruzione con le raccomandazioni del Santo.
“
DE SITU ECCLESIAE” definisce come scegliere il sito di edificazione delle chiese riformate: un luogo elevato o un basamento artificiale in modo che almeno siano presenti alcuni scalini, da 3 a 5, che ne consentano l’accesso. Ogni gradino deve misurare circa 8 once in alzata e un cubito in pedata e per le zone in pendenza coadiuvato da uno sbancamento che garantisca almeno 12 cubiti per lato; l’edificio deve essere quindi isolato e congiunto solo all’ubicazione dei sacerdoti e del custode.
La chiesa deve risultare il più possibile lontana da luoghi malsani e rumorosi. Non deve confinare muro a muro con altri edifici. Può essere congiunta tramite muro all’abitazione del vescovo o dei sacerdoti.
Raccomandazione riconducibile proprio a quanto accade al Crocifisso. La questione della forma, invece, è trattata nel
Divided into two books it draws up a list of principles according to which new Church buildings should be constructed: the first book focuses on architectural features while the second is devoted to what is defined as “furnishings.” Thus, a disassembly of the sacred building into its parts is accomplished, progressively descending in scale.
In such a construction is expressed the meticulousness of the author devoted to the revision of the physical reality of the building: the visibility, the hierarchy of the architectural elements, the measurements and dimensions of the parts, the furnishings and vestments to the point of lingering on minute prescriptions. Everything is brought back to a set of “norms”, thus ensuring that every element of the sacred space does not get in the way of the performance of the Christian rite for which the place is functional.
In the Church of the SS. Crocifisso, an example located well away from the Milanese area in which the archbishop operates, such arrangements are noted and the sizing and presence of certain characteristic elements can undoubtedly be traced back to these norms.
Given the author’s choice to start with the general, I would first like to compare the site of the construction with the Saint’s recommendations.
“DE SITU ECCLESIAE” defines how to choose the site of building reformed churches: an elevated place or an artificial basement so that at least some steps, 3 to 5, are present to allow access. Each step should measure about 8 ounces in elevation and one cubit in tread, and for sloping areas assisted by an earthwork to ensure at least 12 cubits on each side; the building should then be isolated and conjoined only to the location of the priests and custodian. The church must be as far as possible from unhealthy and noisy places. It must not border wall to wall with other buildings. It may be joined by wall to the residence of the bishop or priests.
Recommendation traceable precisely to what happens to the Crocifisso.
The question of form, on the other hand, is dealt with in the chapter “DE ECCLESIAE FORMA”:
capitolo “DE ECCLESIAE FORMA”: la pianta deve essere oblunga (diretto collegamento alle basiliche romane del primo cristianesimo), San Carlo liquida brevemente “l’edificio rotondo” in quanto “fu un tempo usato per i templi pagani e assai meno presso il popolo cristiano”. Ammette la pianta centrale solo per alcune destinazioni di culto. Nuovamente vorrei sottolineare come il passaggio dall’edificio centrale del Ventura alla pianta allungata realizzata può essere letto in una volontà della committenza di applicare tali insegnamenti: la criticità dell’impianto centrale viene altresì messa subito in discussione dallo stesso Ventura sotto l’influenza di uno dei confratelli, tanto che nella lettera afferma “et ragonado/ in sieme con m.o Giobatista havemo resoluto de alongar un pocho piu la/ Giessa da piedi”. Nel capitolo IV suggerisce la necessità di un elemento di transizione, sia esso un portico o un semplice vestibolo (il modello di riferimento è sicuramente il quadriportico di S. Ambrogio a Milano) che funga da elemento di passaggio tra spazio esterno e luogo sacro:
“Sarà opportuno che ogni chiesa parrocchiale abbia un portico di questo tipo. Se per motivi economici non si potrà avere nemmeno questo, si provveda almeno a costruire davanti alla porta principale un vestibolo [noi diremmo un protiro o pronao] di forma quadrata, con solo due colonne o pilastri alquanto distanti da essa; esso sarà un po’ più ampio della porta della chiesa”
Portico che diviene caratterizzante soprattutto di architetture extraurbane come i Sacri Monti e che ritroviamo nella chiesa monterubbianese: i tre lati del portico probabilmente sono la caratteristica più distintiva di tale costruzione. Il processo di smontaggio dell’edificio prosegue scendendo nei dettagli come porte ed aperture, trattate nel VII capitolo. Per quanto riguarda gli accessi egli raccomanda che:
the plan must be oblong (direct link to the Roman basilicas of early Christianity), St. Charles briefly dismisses “the round building” as “it was once used for pagan temples and much less so among the Christian people.” He admits the central plan only for certain worship destinations.
Again I would like to emphasize how the shift from Ventura’s central building to the realized elongated plan can be read in a willingness of the patron to apply these teachings: the criticality of the central plan is also immediately questioned by Ventura himself under the influence of one of the brethren, so much so that in the letter he states “et ragonado/ in sieme con m.o Giobatista havemo resoluto de alongar un pocho piu la/ Giessa da piedi”18 . In Chapter IV, he suggests the need for a transitional element, be it a portico or a simple vestibule (the model of reference is surely the quadriporticus of S. Ambrogio in Milan) that would serve as a transition element between outer space and sacred place:
“It will be appropriate for every parish church to have such a portico. If for economic reasons even this cannot be had, at least provide for the construction in front of the main door of a vestibule [we would say a prothyrum or pronaos] of a square shape, with only two columns or pillars somewhat distant from it; it will be somewhat wider than the church door”
Portico that becomes characteristic especially of extra-urban architecture such as Sacri Monti and that we find in the Monterubbiano’s church: the three sides of the portico are probably the most distinctive feature of that construction. The process of disassembling the building continues by going down into details such as doors and openings, dealt with in Chapter VII. Regarding entrances he recommends that:
“Si badi bene che le porte non siano arcuate, poiché devono essere diverse dalle porte delle città, bensì quadrangolari, quali si vedono nelle Basiliche più antiche. Inoltre, non dovranno essere troppo basse né di struttura modesta, ma, secondo uno dei criteri fondamentali dell’architettura, saranno alte il doppio della loro larghezza”
Il portale deve essere quindi decorato e riportare un’immagine sacra (come si vede nelle antiche e più insigni Basiliche milanesi prese forse a riferimento dallo stesso autore). Borromeo prescrive la presenza di ingressi dispari posizionati sulla facciata principale e di differente grandezza, la cui mediana dovrà distinguersi dalle altre per ampiezza e per ornamento. Consapevole dei problemi legati alla sicurezza di questi ambienti, prescrive l’istallazione di inferriate e robuste serrature e raccomanda che sul retro e sui lati della chiesa non si apra nessuna porta, se non dove sia necessario un ingresso per la sacrestia o per il campanile, il cimitero o le abitazioni dei ministri ecclesiastici. Anche in questo caso la pianta del Ventura segue quanto prescritto da Borromini: al di sotto del portico vi sono tre ingressi distinti, di cui il mediano ne è il maggiore, dimensionati secondo le proporzioni del trattato: 3,5 piedi per i laterali e 5 piedi per il centrale. Essi sono disposti in modo differente da quanto prescritto, infatti il portone centrale si apre sulla facciata frontale dell’edificio, ma ad esso sono affiancate due finestre munite di inferriate; le altre due porte si aprono ai lati della navata principale e in corrispondenza della seconda campata del portico.
Ciò forse è stato dettato da un’esigenza funzionale: se l’ingresso centrale doveva essere lasciato ai rappresentanti del clero, è da considerare la possibilità che i cittadini maschi entrassero da un portone laterale e le donne da quello opposto.
L’ampio capitolo sulle finestre le descrive soprattutto come fonte di luce “mistica”, prediligendo le finestre poste sul fronte d’ ingresso e sulla cupola, a mo’ di lanternino.
“Take care that the doors are not arched, for they must be different from city gates, but rather quadrangular, such as are seen in the oldest Basilicas. Moreover, they should not be too low or of modest structure, but, according to one of the fundamental criteria of architecture, they should be twice as high as their width”
The portal should therefore be decorated and bear a sacred image (as seen in the ancient and most distinguished Milanese basilicas perhaps taken as a reference by the same author). Borromeo prescribes the presence of odd entrances positioned on the main facade and of different sizes, the median of which should be distinguished from the others by its width and ornamentation.
Aware of the problems related to the security of these rooms, he prescribes the installation of gratings and strong locks and recommends that on the back and sides of the church no doors should be opened except where an entrance is necessary for the sacristy or for the bell tower, the cemetery or the residences of the ecclesiastical ministers. Again, Ventura’s plan follows Borromini’s prescription: below the portico are three separate entrances, of which the median is the largest, sized according to the proportions of the treatise: 3.5 feet for the lateral and 5 feet for the central. They are arranged differently than prescribed; in fact, the central door opens on the front facade of the building, but it is flanked by two windows with grilles; the other two doors open on either side of the nave and at the second bay of the portico. This may have been dictated by a functional need: if the central entrance was to be left to representatives of the clergy, the possibility of male citizens entering through a side door and women through the opposite one should be considered.
The extensive chapter on windows describes them mainly as a source of “mystical” light, preferring windows placed on the front of’ entrance and on the dome, in the manner of lanterns.
Ventura si allinea probabilmente a tali indicazioni dotando il transetto e l’abside di semplici aperture. Ancora una vola il progetto della cupola fa supporre che la maggior parte dell’illuminazione dovesse provenire proprio da questo elemento ed è proprio la mancanza di tale cupola nell’edificio esistente a dotare l’interno della Chiesa di un particolare penombra. Infatti, le piccole finestre presenti non sono sufficienti alla completa illuminazione dell’ambiente interno, compito a cui doveva assolvere il lanternino mai realizzato.
Ventura probably aligns himself with these indications by endowing the transept and apse with simple openings. Once again the dome design suggests that most of the illumination was to come from this very element, and it is precisely the lack of such a dome in the existing building that endows the interior of the Church with a particular penumbra. In fact, the small windows present are not sufficient for the complete illumination of the interior, a task that the lantern that was never made was supposed to accomplish.
e planking
divide the church
tower and the
and cemeterie
e sacristy
e closet to keep the coffins and funerary furnishings
e oratory where Mass is to be celebrated om time to time
e oratories where Mass is not celebrated
e church of the nuns
e female monastery
Grazie ai verbali, ai registri contabili della Confraternita e ad un precedente studio condotto sulla Chiesa del SS. Crocifisso è stato possibile ricostruire le vicende che precedono il cantiere e le fasi costruttive che hanno interessato l’edificio a partire dalla posa simbolica della prima pietra avvenuta domenica 6 giugno 159919 La Confraternita aveva iniziato ad organizzarsi per tale costruzione già dal 1598. Dai verbali si deduce che furono designati vari supervisori a cui viene data piena autorità sulla fabbrica20, tra i primi B. Ricci, O. Morici, T. Aracinti, A.M. Franceschini. Lo stesso anno si siglano contratti per la fornitura dei laterizi con le fornaci locali e si predispone la realizzazione di un nuovo impianto produttivo vicino il cantiere21. Nell’agosto dello stesso anno l’architetto della Santa Casa di Loreto fa recapitare il progetto di massima.
I lavori effettivi nell’area iniziano, però, solo tra marzo e aprile del 1600. A questo periodo, infatti, risultano le prime missive d’ ingaggio dei muratori chiamati a lavorare nella chiesa22. Nell’aprile del 1603, tre anni dopo l’inizio della costruzione, la struttura muraria principale risulta pressoché completata così come la volta dell’altare maggiore; si passa quindi a voltare la navata e le cappelle del transetto per poi occuparsi della pavimentazione e del cornicione esterno della chiesa.
A questo periodo risale la realizzazione della cornice perimetrale sulla quale si innesta il sistema delle volte e l’apertura delle due porte ai lati della cappella maggiore: entrambi i lavori sono eseguiti da Giovan Battista Lombardo da Montegranaro.
Contemporaneamente si avvia la decorazione interna: Francesco Corniccio mura l’altare maggiore, mentre Desiderio da Patrignone si occupa della decorazione da apporre a contorno della sacra immagine del Crocifisso del Colucci; a Desiderio viene infatti attribuita con certezza la realizzazione di una cornice dorata posta a protezione
52
Thanks to the minutes, the accounting records of the Confraternity and a previous study conducted on the Church of the SS. Crocifisso, it was possible to reconstruct the events preceding the construction site and the construction phases that affected the building beginning with the symbolic laying of the foundation stone on Sunday, June 6, 159919 .
The Confraternity had begun organizing for such construction as early as 1598. The minutes show that several supervisors were appointed who were given full authority over the fabbrica20, among the first being B. Ricci, O. Morici, T. Aracinti, and A.M. Franceschini. The same year contracts for the supply of bricks were signed with local kilns and plans were made for the construction of a new production plant near the site21 .
In August of the same year the architect of the Santa Casa of Loreto has the outline project delivered.
19 A.S.P.M., Verbali delle adunanze…, ms. cit., 15971599, ff. 8r, 9v, 17v
20 Ibid., ff. 4r, 8r, 9v, 9r, 10v, 11r, 12v, 17v, 19v, 19r, 20v
21 Franc:o Santi Muratore, Alli molto mag.ci ss.ri oss. mi li ss.ri Rettore Priori et deputati del Santiss.mo
Crucifisso di M.te Rubiano, Macerata, 10 aprile 1600; Jomatisto Muratore da M.te gr.ro, Al Ma.co ss.re e Patroni il ss.re Retore, Priori e fabricieri dil Santissimo
Crucifisso di M.te Robiano, Montegranaro, A.S.P.M., 2 maggio 1600
22 Ibid., ff. 7v, 8v
Actual work in the area, however, does not begin until between March and April 1600. To this period, in fact, result the first missives of ‘engagement of masons called to work in the church22. In April 1603, three years after the start of construction, the main masonry structure is nearly completed as is the vaulting of the high altar; they then go on to vault the nave and the transept chapels and then deal with the flooring and the exterior cornice of the church. To this period dates the creation of the perimeter cornice on which the vault system is grafted and the opening of the two doors on either side of the main chapel: both works are carried out by Giovan Battista Lombardo da Montegranaro.
At the same time the interior decoration was initiated: Francesco Corniccio walled the high altar, while Desiderio da Patrignone was in charge of the decoration to be placed around the sacred image of the Colucci Crocifisso; in fact, Desiderio is credited with certainty with the creation of a gilded frame placed to protect the fresco.
Between 1603 and 1604, the building attached to the
dell’affresco.
Tra 1603 e il 1604 si procede all’erezione dell’edificio annesso alla chiesa che risulta essere un tutt’uno con la fabbrica sacra, costruito per ospitare il nuovo oratorio della confraternita; a quel tempo, infatti, la congregazione non aveva una precisa sede di assemblea e si appoggiava all’oratorio di Sant’ Angelo e alle stanze del parrocchiano.
La fabbrica del loggiato che cinge la navata centrale inizia solo nel 1606 e si conclude con la realizzazione del primo ordine del porticato; lo stesso anno viene spianata l’area davanti alla chiesa per una canna, lavoro completato nell’anno successivo insieme allo scavo di una sorgente.
I resoconti del gennaio 1614 riferiscono sull’inizio dei lavori della cupola, della decorazione dei portali di ingresso e delle due finestre ai lati del portone principale.
La cappella Morici, dedicata a San Giovanni Battista, posta sulla sinistra dell’edificio viene voltata nel 1618, mentre la decorazione degli interni della medesima è affidata a Martino Bonfini da Patrignogne che termina i lavori nel 1623. Nello stesso anno si edifica la cappella di destra, dedicata alla Vergine Maria; anche in questo caso la decorazione è affidata a Martino Bonfini che la completa tra il 1630 ed il 1632.
A queste decorazioni segue la pavimentazione in cotto dell’edificio, “appiancato” tra il 1640 e il 1642. I lavori alla cupola non sono più menzionati nei resoconti: probabilmente interrotti per mancanza di fondi o per la complessità delle costruzione ritenuta eccessiva dalle maestranze impiegate nella Fabbrica.
Riprendendo l’edificazione del loggiato perimetrale tra il 1660 e il ‘62 si realizza la sopraelevazione e la chiusura dell’ultima campata di destra per l’inserimento della scala di collegamento tra il piano terra e il primo piano del porticato. Nell’aprile 1672 viene costruita l’osteria adiacente al palazzo curiale e completata la decorazione della cappella maggiore ad opera di Domenico Capobianco di Carassai per gli stucchi, Giacomo Durbazzi per le pitture sulla volta e Giuseppe Fantini di Fermo per i quadri.
La decorazione interna è stata oggetto di un approfondito studio da parte della dott.ssa Danila Mariotti, da qui la decisione di trattare l’argomento solo per cenni cronologici.
La Fabbrica del SS. Crocifisso rimane un cantiere attivo fino alla fine del ‘600 dopodiché si registrano solo spese di “ordinaria manutenzione” da parte della confraternita: la costruzione della cupola viene definitivamente accantonata.
church was erected, which turns out to be one with the sacred factory, built to house the new oratory of the confraternity; at that time, in fact, the congregation did not have a precise seat of assembly and relied on the oratory of Sant’ Angelo and the parishioner’s rooms.
Work on the loggia surrounding the nave did not begin until 1606 and was completed with the construction of the first order of the portico; the same year the area in front of the church was leveled for a reed, work completed in the following year along with the excavation of a spring. Accounts from January 1614 report on the beginning of work on the dome, decoration of the entrance portals and the two windows on either side of the main door. The Morici chapel, dedicated to St. John the Baptist, located on the left side of the building was vaulted in 1618, while the decoration of its interior was entrusted to Martino Bonfini da Patrignogne, who finished the work in 1623. In the same year the right chapel, dedicated to the Virgin Mary, was built; again the decoration was entrusted to Martino Bonfini, who completed it between 1630 and 1632.
These decorations are followed by the terracotta paving of the building, “appiancato” between 1640 and 1642.
Work on the dome is no longer mentioned in the accounts: probably interrupted due to lack of funds or the complexity of the construction deemed excessive by the workers employed in the Fabbrica.
Resuming the building of the perimeter loggia between 1660 and ‘62, the elevation and closing of the last right bay was carried out for the insertion of the connecting staircase between the ground floor and the second floor of the arcade. In April 1672 the tavern adjacent to the curial palace was built and the decoration of the main chapel was completed by Domenico Capobianco of Carassai for the stucco work, Giacomo Durbazzi for the paintings on the vault and Giuseppe Fantini of Fermo for the paintings.
The interior decoration was the subject of an in-depth study by Dr. Danila Mariotti, hence the decision to treat the subject only in chronological terms.
The Fabbrica del SS. Crocifisso remained an active construction site until the end of the 1600s after which only “ordinary maintenance” expenditures by the confraternity were recorded: the construction of the dome was definitively shelved.
Per quanto riguarda l’uso del sito si può affermare con certezza che esso continuò ad essere frequentato dai fedeli ininterrottamente. Il 15 novembre 1599 si istituisce che “ogni quarta domenica del mese, indossando il “sacco” (la divisa), tutti dovranno andare in processione alla Chiesa del SS. Crocifisso; e dopo una solenne Messa, sempre in processione, fare ritorno all’oratorio in paese”23 . Si stabilirono inoltre due celebrazioni annuali: l’Esaltazione della Croce il 14 settembre e la Festa di Santa Croce il 3 maggio. Dai resoconti della confraternita non è ben chiaro quando inizi il declino del complesso religioso, sicuramente esso è da attribuire alla mancanza di finanziamenti destinati direttamente alla chiesa. Il 25 gennaio 1728, infatti, la confraternita cede tutti i suoi beni per la realizzazione di un nuovo importante cantiere cittadino: l’edificazione della Chiesa collegiata di Santa Maria dei Letterati, che diverrà sede dell’arcipretura. Visto, infatti, l’aumento della popolazione e l’inadeguatezza delle altre chiese ad ospitare il culto riformato si decide la costruzione di un nuovo edificio sacro. Da questo momento tutti i beni mobili ed immobili della confraternita, compresa la stessa Chiesa del SS. Crocifisso, passano in mano ai possedimenti dell’“Iinsigne Collegiata”23, come documentato i catasti storici depositati in Comune e nell’Archivio di Stato di Fermo.
Pur mantenendo un notevole interesse religioso è facile pensare che da questo momento in poi il complesso suburbano cessi di essere il punto di riferimento territoriale come lo era stato per oltre un secolo. L’incuria e la mancanza di fondi devoluti alla manutenzione dell’edificio porta ad un sempre maggiore abbandono della chiesa che tuttavia rimane in funzione fino al dopoguerra. Le due ricorrenze annuali che caratterizzavano il Santuario sono celebrate per tutto il 1900 anche se in maniera discontinua. Alla fine del 2000 la chiesa risulta chiusa e inutilizzata: vari sono stati i tentativi delle amministrazioni per il restauro dell’intero complesso, senza mai raggiungere l’obiettivo.
Nel 1988 l’amministrazione comunale affida
As for the use of the site, it can be said with certainty that it continued to be attended by the faithful uninterruptedly. On November 15, 1599, it was instituted that “every fourth Sunday of the month, wearing the “sack” (the uniform), everyone should go in procession to the Church of the SS. Crocifisso; and after a solemn Mass, again in procession, return to the oratory in the village”23 Two annual celebrations were also established: the Exaltation of the Cross on September 14 and the Feast of the Holy Cross on May 3. From the accounts of the confraternity, it is not clear when the decline of the religious complex began, certainly it can be attributed to the lack of funding allocated directly to the church. In fact, on January 25, 1728, the confraternity surrendered all its assets for the realization of an important new city construction site: the building of the collegiate Church of Santa Maria dei Letterati, which was to become the seat of the archpriesthood. Given, in fact, the increase in population and the inadequacy of the other churches to accommodate Reformed worship, it was decided to build a new sacred building.
From this time on, all movable and immovable property of the confraternity, including the Church of the SS. Crocifisso itself, passed into the hands of the possessions of the “Insigne Collegiata”24 , as documented by the historical land registries deposited in the Municipality and in the State Archives of Fermo.
While maintaining considerable religious interest, it is easy to imagine that from this time on the suburban complex ceases to be the territorial landmark it had been for over a century. Neglect and lack of funds devolved to the maintenance of the building lead to increasing neglect of the church, which nevertheless remained in operation until after the war. The two annual anniversaries that characterized the shrine are celebrated throughout the 1900s although discontinuously. By the end of 2000 the church was closed and unused: various attempts were made by administrations to restore the entire complex, without ever achieving the goal.
In 1988 the city administration commissioned arch. Fanny Lanciotti a study to highlight the condition of
23 A.S.P.M., Inventario di tutti i beni mobili…, ms. cit., 1772; A.S.A.F., Primas Visita…, ms. cit., 1838; A.S.P.M.: Inventario di tutto ciò che ha…, ms. cit., 1839; Copia Visita Pastorale…, ms. cit., 1842; Confraternita del SS.mo Crocifisso di Monte Rubbiano Posizione alli 12 marzo 1869
24 Per la Bolla di Erezione della Collegiata, concessa da Benedetto XIII, le fonti citano due date differenti: il 16 febbraio 1728 e l’1 marzo 1728. Nel Libro delle Congregazioni del Capitolo della Collegiata (A.S.P.M.), f. 260
all’arch. Fanny Lanciotti uno studio per evidenziare le condizioni della chiesa. Nella relazione inviata alla Soprintendenza delle Marche si mette in rilievo il cattivo stato di conservazione e le criticità che affliggono la struttura, come la realizzazione della nuova strada rasente alla facciata che ne deturpa la visione e ne impedisce la fruizione, privandola del necessario spazio antistante già progettato. Lanciotti lamenta un completo degrado delle murature e degli apparati decorativi chiedendo un intervento mirato al consolidamento e al restauro degli stessi25 .
Solo nel 1999 la Soprintendenza delle Marche decide di occuparsi dell’edificio con una prima fase di intervento mirato al consolidamento della struttura muraria realizzato tra il 1999 e il 2002. A seguire, nel 2004, si stanziano nuovi fondi destinati alla sistemazione dell’immobile con un intervento a 3 fasi:
- lavori prioritari ed urgenti, sistemazione dell’area esterna alla chiesa;
- lavori urgenti, completamento dei lavori di restauro e consolidamento della chiesa e della casa canonica; - lavori a completamento, casa canonica annessa alla chiesa.
Di queste tre fasi solo la prima è stata portata a termine con notevoli criticità oltre ai danni arrecati all’ingente patrimonio artistico che caratterizzava il complesso: una serie di furti, infatti, ha progressivamente spogliato gli interni di ogni suppellettile asportabile e quadri, altari, balaustre sono state rubate durante un periodo di stallo del cantiere.
Oggi l’edificio rappresenta l’ultima memoria tangibile di un passato ormai lontano e totalmente dimenticato che ha consentito la realizzazione di un’opera tanto ricca e complessa.
the church. In the report sent to the Superintendence of the Marches, the poor state of preservation and the critical issues that plague the structure are highlighted, such as the construction of the new road bordering the façade, which disfigures its vision and prevents its use, depriving it of the necessary space in front that had already been planned. Lanciotti complains of a complete deterioration of the masonry and decorative apparatus, asking for an intervention aimed at the consolidation and restoration of the same25 .
It was only in 1999 that the Superintendence of Marche decided to take care of the building with a first phase of intervention aimed at the consolidation of the wall structure carried out between 1999 and 2002.
Then, in 2004, new funds were allocated for the accommodation of the building with a 3-phase intervention:
- priority and urgent works, arrangement of the area outside the church; - urgent works, completion of restoration and consolidation of the church and rectory house; - completion works, rectory house attached to the church.
Of these three phases, only the first one was completed with considerable criticality in addition to the damage done to the considerable artistic heritage that characterized the complex: a series of thefts, in fact, progressively stripped the interior of all removable furnishings, and paintings, altars, and balustrades were stolen during a period of stalled construction.
Today the building represents the last tangible memory of a now distant and totally forgotten past that allowed the realization of such a rich and complex work.
25 F. Lanciotti, Progetto di massima restauro della Chiesa rurale del SS. Crosifisso. Relazione, 09 Giugno 1988
268, Roman occupation Picene IIc, Urbs Urbana or Urbana Civita Vc, Gothes invasion
468, fall of Roman Empire
Xc, Urbiano or Orbeano
XIc, controlle by Monte Cassino Monastery, then by Farfa Abbey
1175, Christiano of Magonza conquest the town
1182, war against Fermo,defeet 1200, submission to Fermo’s power 1237, Ghibellines take the power 1244, Ghuelphs take the power
1268-1266, controled by King Man edi
1308, Clemente V act against the town as part of Lega Ghibellina
1334, invaded by Mercenario da Monteverd tyran of Fermo
1360, looted by Giovanni Visconti d’Oleggio, commander of Fermo’s army
1380, cospirancy against Bruancuccio tyran
1450, Cola da Perugia take refuge inside the town 1397, indipendence and own “Podestà”
1433-1446, Franesco Sforza take control of the town
1492, vDiscovery of America 1466, Albanian immigration 1507, indipendence and own “Podestà” 1458, indipendence 1585, Sisto V become Pope 1586, Monterubbiano become part of “Presidiato di Montalto” 1531, “Libri della Reformanza”
1591, Colucci rescoed the Crocefissione
1599, Church of SS. Crocifisso
1603, church structure almost completed 1604, Building of the “Palazzo”
1606, Building of the loggiato 1605, building of the fountin
1614, building of the dome
1618, Cappella Morici is closed and paintet by Bonfini
1623, Cappella of the Vergine is closed and paintet by
1597, miracles trial 1597, SS. Crocifisso’s aternity foundation 1598, Ventura Ventura design the church 1602, Mons. Paolo Pagani die, devolving all his goods to the church
1640, the church is paving in cotto
1662, one floor is added above the loggiato
1672, the Osteria is building next to the palazzo
1728, In a public assembly con aterita develop all his hoods to the Collegiata
2004, sopraintendenza finance new restoration work 1789, French revolution 1860, annexion to Italian Kingdom 1946, Italian Republic Today1816, Restoration 1797, vFrench invasion
1997, heartquake umbro marchigiano
1999, sopraintendenza start restoration work 2002, painting, holy obkect and furniture are stool form the
I capitoli precedenti hanno evidenziato alcuni elementi chiave che caratterizzano in maniera univoca il complesso del SS. Crocifisso imponendo una marcata variazione del panorama collinare e differendo per scala e tipologia edilizia dal resto delle costruzioni che punteggiano la campagna circostante.
La concomitanza di elementi architettonici così differenti dona alla struttura un senso di “straordinario”, inteso proprio come elemento che esce dall’ordinario, dal solito, dal comune.
A supporto di ciò si vuole introdurre due esempi tipologici dove il carattere straordinario di un elemento fondante funge da volano per la progettazione dello spazio circostante l’elemento stesso, che porta allo sviluppo di un organismo edilizio in perfetta fusione tra ambiente e architettura.
The preceding chapters have highlighted some key elements that uniquely characterize the SS. Crocifisso complex by imposing a marked variation in the hillside landscape and differing in scale and building type from the rest of the buildings that dot the surrounding countryside.
The concurrence of such different architectural elements gives the structure a sense of the “extraordinary,” understood precisely as an element that comes out of the ordinary, out of the usual, out of the common.
In support of this we want to introduce two typological examples where the extraordinary character of a foundational element acts as a driving force for the design of the space surrounding the element itself, leading to the development of a building organism in perfect fusion of environment and architecture.
IV.1
Sacri
Con il superamento dell’anno mille e il progressivo miglioramento delle condizioni socioeconomiche degli Stati europei si assiste, a partire dal XI secolo, ad un sempre maggior fiorire di cammini di pellegrinaggio verso i principali centri religiosi, primo fra tutti Roma. I pellegrinaggi si consolidarono tra il XII e il XIII secolo formando una vera e propria rete europea di cammini che univano in vario modo i luoghi di culto, spingendosi fino alla Terra Santa; essi si trasformarono ben presto in spazi di culto e di cultura, potenziati da Santuari, Sacri Monti e luoghi devozionali legati all’esperienza del pellegrinaggio.
I Sacri Monti di Lombardia e Piemonte, formatisi dalla fine del XV secolo, si inseriscono in questo panorama di centri devozionali, divenendo mete di pellegrinaggio e meditazione, spazi in cui riprodurre in chiave topo-mimetica i Luoghi Sacri di Gerusalemme. Si ricrearono alcune ambientazioni scenografiche della vita di Cristo o dei Santi; ogni Sacro Monte propone una ricostruzione nostalgica e allo stesso tempo popolare dei Luoghi Sacri di Palestina1 che, a seguito dell’espansione dell’impero ottomano, erano diventati di difficile raggiungimento per i fedeli.
Lo sviluppo di questi centri, avvenuto soprattutto a cavallo tra Rinascimento e Barocco, e la necessità di far “istruire” i fedeli portano alla formazione di complessi liturgici in cui arte, natura e architettura divengono tramite di conoscenza e meditazione. Il Concilio di Trento e la stessa figura di Carlo Borromeo danno nuovo slancio a tali luoghi portando una sempre maggior espansione del modello tipologico ed esperienziale. Sulla base del primo insediamento di Varallo Sesia (1486) si fondano i Sacri Monti tardo-cinquecenteschi di Crea e di Orta ai quali si uniscono nel ‘600 quelli di Varese, Oropa, Ossuccio, Domodossola, Ghiffa e Belmonte. Questi sacri complessi avevano già
With the passing of the year one thousand and the gradual improvement in the socioeconomic conditions of European states, there was, starting in the 11th century, an increasing flourishing of pilgrimage routes to the main religious centers, first and foremost Rome. Pilgrimages were consolidated between the 12th and 13th centuries, forming a true European network of paths that united places of worship in various ways, stretching as far as the Holy Land; they were soon transformed into spaces of worship and culture, enhanced by Shrines, Sacri Monti and devotional places linked to the pilgrimage experience.
1 F. Singul, “Sacri Monti e cammino di Santiago: mentalità, cultura e patrimonio”, in Luoghi e vie di pellegrinattio. I Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia. Catalogo della mostra, 2004
The Sacri Monti of Lombardy and Piedmont, formed since the end of the 15th century, fit into this panorama of devotional centers, becoming destinations of pilgrimage and meditation, spaces in which topo-mimetic reproductions of the Sacred Places of Jerusalem were made. A number of scenic settings of the life of Christ or the Saints were recreated; each Sacro Monte proposed a nostalgic and at the same time popular reconstruction of the Holy Places of Palestine1, which, following the expansion of the Ottoman Empire, had become difficult for the faithful to reach.
The development of these centers, which occurred mainly at the turn of the Renaissance and Baroque periods, and the need for the faithful to be “educated” led to the formation of liturgical complexes in which art, nature and architecture became conduits for knowledge and meditation. The Council of Trent and the figure of Charles Borromeo himself give new impetus to such places bringing an ever greater expansion of the typological and experiential model. On the basis of the first settlement of Varallo Sesia (1486) the late-sixteenth-century Sacri Monti of Crea and Orta were founded, joined in the 1600s by those of Varese, Oropa, Ossuccio, Domodossola, Ghiffa
una propria valenza devozionale, tramandando la memoria di un culto pagano ancora più antico poi riconvertiti con l’avvento del cristianesimo.
La primitiva necessità di creare un percorso devozionale tra le differenti rappresentazioni, spesso veri e propri complessi statuari, porta allo sviluppo di una struttura architettonica dove l’elemento antropico è in rapporto con l’elemento naturale, conferendo ad ogni Sacro Monte una unicità paesaggistica; pur condividendo una morfologia generatrice comune, infatti, ogni complesso instaura un rapporto unico tra gli elementi architettonici delle cappelle e quelli naturali che lo circondano. Se all’esterno del “recinto” architettonico la natura è spesso identificata come un bosco, elemento di separazione fisico e spirituale, all’interno di esso si apre in una vasta gamma di interpretazioni paesaggistiche. Nei modelli paesaggistici più semplici, Belmonte, Domodossola, Crea e Ghiffa, l’elemento vegetale si aggrega attorno al percorso devozionale, affidando alla naturalezza del bosco il ruolo di integrare le architetture con l’ambiente circostante. A Varallo, il progetto di Alessi si spinge fino al disegno del verde, che porta al raggiungimento di livelli di complicata fattura simili a quelli che si possono trovare nelle piazze e nelle vie urbane mentre il Sacro Monte di San Francesco ad Orta assume le forme di un giardino, ritmato da siepi e contrappuntato da grandi alberi, che stabiliscono un rapporto dimensionale con le cappelle, tutto a favore dell’elemento vegetale, così come ad Oropa. Gli spazi fra una cappella e l’altra, raramente casuali, consentono al pellegrino la recita delle preghiere e la meditazione su quanto appena visto in una cappella piuttosto che in un’altra. Sono infatti le pause lungo i percorsi, le soste, le digressioni, il cambiamento di punti di vista e di orizzonti, a permettere la lettura di frammenti e cicatrici di una geografia che parla anche di interruzioni, pentimenti, fallimenti e di continui sforzi per ristabilire connessioni con i segni del passato2 .
I percorsi ben definiti che si snodano all’interno del recinto/paesaggio permettono al pellegrino
and Belmonte. These sacred complexes already had their own devotional significance, handing down the memory of an even older pagan cult later reconverted with the advent of Christianity.
The primitive need to create a devotional path between the different representations, often real statuary complexes, leads to the development of an architectural structure where the anthropic element is in relationship with the natural element, giving each Sacro Monte a landscape uniqueness; although sharing a common generative morphology, in fact, each complex establishes a unique relationship between the architectural elements of the chapels and the natural ones surrounding it. While on the outside of the architectural “enclosure,” nature is often identified as a forest, an element of physical and spiritual separation, inside it opens into a wide range of landscape interpretations. In the simplest landscape models, Belmonte, Domodossola, Crea and Ghiffa, the plant element aggregates around the devotional path, entrusting the naturalness of the forest with the role of integrating the architecture with its surroundings. In Varallo, Alessi’s design goes as far as the design of the greenery, leading to the achievement of levels of intricate workmanship similar to those found in urban squares and streets while the Sacro Monte of St. Francis in Orta takes on the forms of a garden, punctuated by hedges and counterpointed by large trees, which establish a dimensional relationship with the chapels, all in favor of the plant element, as far as in Oropa.
The spaces between chapels, rarely random, allow the pilgrim the recitation of prayers and meditation on what has just been seen in one chapel rather than another. In fact, it is the pauses along the routes, the stops, the digressions, the change of viewpoints and horizons, that allow the reading of fragments and scars of a geography that also speaks of interruptions, repentances, failures and continuous efforts to re-establish connections with the signs of the past2 . The well-defined paths that wind within the enclosure/landscape allow the pilgrim walking
2 I. Balestrieri, “L’architettura del Sacro Monte di Varallo. Disegni, progetti, vedute fra XVI e XVII secolo. Una proposta di lettura”, in M. Meriggi (edited by), L’architettura del del Sacro Monte.Storia e progetto, 2012
in cammino sul monte la possibilità di ammirare il paesaggio circostante, di riposarsi e ristorarsi con sedute in pietra, portici e fontane; guidato, in ogni caso, ad una graduale ascensione verso un edificio vertice, meta finale del cammino religioso, posto in cima al monte, “un mitema universale, di cui l’Ararat, l’altura del monte Sion, il Monte Sinai, il Monte Tabor, il Monte Carmelo e soprattutto il Calvario sembrano i testimoni della tradizione biblico-evangelica”3
Le cappelle sono generalmente costituite da un edificio a pianta centrale, ad andamento circolare o poligonale, e da un pronao o da un portico perimetrale. Non vi è, in ogni caso, una forma architettonica prestabilita riscontrabile sia tra i differenti siti sia tra le stesse cappelle che costituiscono i singoli complessi: questa varietà di architetture spesso è generata da un lungo percorso di costruzione fatto di aggiunte consecutive o, in altri casi, da necessità funzionali dei singoli edifici. L’unico caso in cui si può notare una certa linearità stilistica è nel Sacro Monte di Varese. Il progetto di Giuseppe Bernasconi fu realizzato in breve tempo e le architetture barocche delle quattordici cappelle hanno dimensioni maggiori: non più semplici costruzioni montane, ma singoli tempietti a piante diverse con portici antistanti sormontati da cupole che lasciano penetrare la luce dalle lanterne. A Ghiffa si trova, invece, l’unico esempio di struttura lineare, quasi una sostituzione localizzata e linearizzata del percorso processionale in un lungo portico affrescato in diretto contatto con lo spazio naturale su cui si affaccia.
Se nel caso dei Sacri Monti di Piemonte e Lombardia la costruzione formale dello spazio e la presenza di elementi ambientali ricorrenti, bosco, montagna, percorsi, ecc., porta con sé un certo grado di unitarietà e dipendenza tipologica dall’esempio valsesiano, vi sono tuttavia in Italia ed in Europa altri complessi religiosi comunque inscrivibili all’interno del più vasto concetto di Sacro Monte come ad esempio il Kalwaria Zebrzydowska in Polonia, il Sacro Monte di San Vivaldo di Montaione in Toscana oppure quello
up the mountain the opportunity to admire the surrounding landscape, to rest and refresh himself with stone seats, porches and fountains ; guided, in each case, to a gradual ascent to an apex building, the final destination of the religious journey, located at the top of the mountain, “a universal mythos, of which Ararat, the high ground of Mount Zion, Mount Sinai, Mount Tabor, Mount Carmel and especially Calvary seem to be the witnesses of the biblical-evangelical tradition”3 Chapels generally consist of a centrally planned building, circular or polygonal in shape, and a pronaos or perimeter portico.
There is, in each case, no set architectural form found either among the different sites or among the chapels themselves that make up the individual complexes: this variety of architecture is often generated by a long course of construction made up of consecutive additions or, in other cases, by the functional needs of the individual buildings.
The only case in which a certain stylistic linearity can be seen is in the Sacro Monte of Varese. Giuseppe Bernasconi’s project was realized in a short time, and the Baroque architecture of the fourteen chapels is larger in size: no longer simple mountain buildings, but individual small temples with different floor plans with porticoes in front surmounted by domes that let light penetrate from lanterns. In Ghiffa, on the other hand, one finds the only example of a linear structure, almost a localized and linearized replacement of the processional route in a long frescoed portico in direct contact with the natural space it faces.
If in the case of the Sacri Monti of Piedmont and Lombardy the formal construction of space and the presence of recurring environmental elements, forest, mountain, paths, etc., brings with it a certain degree of unity and typological dependence on the Valsesian example, there are, however, in Italy and in Europe other religious complexes that can nevertheless be inscribed within the broader concept of Sacro Monte, such as the Kalwaria Zebrzydowska in Poland, the Sacro Monte of San Vivaldo di Montaione in Tuscany or that of the Sette Chiesette di Monselice in Veneto.
3 F. Cardini, “Gerusalemme nel Ticino”, in Terra Santa, n. 2 mar-apr 2018, pag. 46-47
delle Sette Chiesette di Monselice in Veneto. Il termine, infatti, non precisa una definizione univoca, ma va a descrivere un complesso di carattere religioso dove al percorso devozionale si affiancano elementi del paesaggio, strutture architettoniche e/o artistiche e una secolare tradizione di pellegrinaggi. Luoghi in cui Amilcare Berbero scrive infatti che: “Un Sacro Monte è un complesso devozionale posto sul versante di una montagna con una serie di cappelle o edicole in cui vi sono rappresentate, con dipinti e sculture, scene della Vita di Cristo, di Maria o dei Santi. Riproposizione della Nuova Gerusalemme, i Sacri Monti offrivano la possibilità ai pellegrini di visitare i Luoghi Santi con la riproduzione, in scala minore, degli edifici in cui si era effettivamente svolta la Passione di Cristo. Essi sono collocati su di un’altura elevata, in una posizione appartata rispetto al centro urbano, in un ambiente più naturale, e vi si giunge prevalentemente mediante un pellegrinaggio”4
Il manifestarsi di un insieme di condizioni religiose, architettoniche ed ambientali ha suggerito la possibilità di considerare il complesso del SS. Crocifisso come un’interpretazione localizzata della morfologia architettonico-religiosa dei Sacri Monti lombardopiemontesi e di inserirla nel più ampio contesto italo-europeo che queste costruzioni hanno. Questa interpretazione si fonda sulla vicinanza di Mons. Pagani al cardinale Borromeo e alla sicura influenza che il Santo ha avuto nella vita del prelato, principale promotore e finanziatore dell’edificio monterubbianese.
Il complesso del Crocifisso può essere messo in relazione ai percorsi liturgici marchigiani, di cui Loreto divenne centro, anche in riferimento a quelli processionali che interessavano il piccolo comune marchigiano di Monterubbiano.
Vi è infatti una lunga tradizione di pellegrinaggi, rintracciabile negli stessi annali della confraternita, che legano il Santuario monterubbianese con la Santa Casa di Loreto, legame sottolineato ancor più dalle maestranze operanti nel cantiere e nelle fabbriche lauretane.
La fede popolare viveva di eventi processionali ricorrenti che dal cuore del paese conducevano i fedeli verso la chiesa suburbana o
The term, in fact, does not specify an unambiguous definition, but goes to describe a complex of a religious character where the devotional path is joined by elements of the landscape, architectural and/or artistic structures and a centuries-old tradition of pilgrimages. Places where Amilcare Berber writes in fact that: “A Sacro Monte is a devotional complex placed on a mountainside with a series of chapels or aedicules in which there are represented, with paintings and sculptures, scenes from the Life of Christ, Mary or the Saints. A re-proposition of the New Jerusalem, the Sacri Monti offered pilgrims the opportunity to visit the Holy Places with smallerscale reproductions of the buildings where the Passion of Christ actually took place. They are located on high ground, in a secluded position from the urban center, in a more natural setting, and are reached mainly by pilgrimage”4
The occurrence of a combination of religious, architectural and environmental conditions suggested the possibility of considering the SS. Crocifisso complex as a localized interpretation of the architectural-religious morphology of the Lombardy-Piedmont Sacro Monteains and to place it in the broader ItaloEuropean context that these constructions have. This interpretation is based on Mons. Pagani’s closeness to Cardinal Borromeo and the sure influence the saint had in the life of the prelate, who was the main promoter and financier of the Monterubbiano’s building.
The complex of the Crocifisso can be related to the liturgical routes of the Marche region, of which Loreto became the center, also with reference to the processional routes that interested the small Marche municipality of Monterubbiano. There is in fact a long tradition of pilgrimages, traceable in the very annals of the confraternity, that link the Monterubbiano’s sanctuary with the Santa Casa of Loreto, a link underscored even more by the workers working in the Loreto site and factories.
Popular faith thrived on recurring processional events that led the faithful from the heart of the town to the suburban church or
4 A. Barbero, ATLAS, Convegno Internazionale
“Religioni e Sacri Monti”, Supplemento n.2, in Piemonte Parchi, n.137, jun-jul, 2004
viceversa e interessavano altre chiese disseminate nella fascia periferica dell’antico borgo, ciascuna dedicata ad un particolare Santo e con una specifica funzione.
L’anello stradale, che dal centro abitato conduceva al complesso del SS. Crocifisso, transitava dinanzi ad alcuni edifici religiosi particolarmente significativi per la comunità come la Chiesa della Madonna della Celeste, edificio destinato alle funzioni religiose durante le pestilenze quando le porte di accesso venivano chiuse, la chiesa di S. Maria del Soccorso e la chiesa di Santa Maria dei Monti, definendo un percorso liturgico che accompagnava il fedele dalla campagna al centro abitato ed offrendo momenti di riposo e riflessione.
Al carattere processionale della chiesa vanno sommati gli aspetti geomorfologici del territorio e architettonici della costruzione.
Il paese, infatti, si attesta sulla cima di una collina accessibile nel Cinquecento attraverso tre porte ben distanziate, il percorso di ascesa era quindi obbligatorio: il Crocifisso definiva il crocevia forzato verso il centro e le chiese urbane.
Questa conformazione richiama i concetti di Monte e di itinerario tipica dei Sacri Monti in un contesto territoriale assai più ampio e non basato sul racconto di un particolare aspetto religioso legato alla vita di Cristo o di un Santo, ma alle fede popolare della comunità locale.
Analizzando ulteriormente l’edificio ci si rende conto che i caratteri architettonici dello stesso rispecchiano dei punti chiave dell’architettura dei Sacri Monti: la pianta centrale e la maestosità delle decorazioni e della scala architettonica, la presenza dell’ampio portico e le dinamiche ambientali paesaggistiche rendono il manufatto differente dalle altre chiese rurali del territorio.
Da qui nasce l’idea di sfruttare il concetto di “cammino” per riconnettere il paese ed il Santuario, dotando quest’ultimo di uno spazio esterno necessario ed al momento mancante, uno spazio “protetto” in cui i cittadini, oltre ai fedeli, possano riposare, riflettere, contemplare il paesaggio e riappropriarsi dell’edificio stesso.
vice versa and involved other churches scattered around the periphery of the ancient village, each dedicated to a particular saint and with a specific function.
The ring road, which led from the town center to the complex of the SS. Crocifisso, passed in front of some religious buildings that were particularly significant for the community, such as the Church of Our Lady of the Celestial, a building used for religious services during plagues when the gates of access were closed, the Church of St. Mary of Relief and the Church of St. Mary of the Mountains, defining a liturgical route that accompanied the faithful from the countryside to the town center and offered moments of rest and reflection.
The processional character of the church should be added to the geomorphological aspects of the land and architectural aspects of the building. The town, in fact, stands on the top of a hill accessible in the sixteenth century through three well-spaced gates; the ascent route was thus obligatory: the Crocifisso defined the forced crossroads to the center and the urban churches. This conformation recalls the concepts of Mount and itinerary typical of Sacro Monteains in a much broader territorial context and not based on the narrative of a particular religious aspect related to the life of Christ or a saint, but to the popular faith of the local community.
Further analyzing the building, one realizes that its architectural features reflect some key points of Sacri Monti architecture: the central plan and the majesty of decorations and architectural scale, the presence of the wide portico and the landscape environmental dynamics make the building different from other rural churches in the area.
Hence the idea of exploiting the concept of a “path” to reconnect the village and the Sanctuary, endowing the latter with a necessary and currently missing outdoor space, a “protected” space in which citizens, in addition to the faithful, can rest, reflect, contemplate the landscape and reappropriate the building itself.
I Sacri Monti possono fornire molteplici punti di riflessione su come un organismo edilizio complesso possa rapportarsi con il paesaggio in modo eterogeneo e apparentemente disorganico favorendo la creazione di un percorso meditativocontemplativo che guida il fedele lungo un preciso susseguirsi di singoli edifici senza un preciso rigore spaziale e/o architettonico; istaurando un complesso “paesaggistico” dove natura e edificio si susseguono senza una precisa logica geometrica. L’architettura certosina, al contrario, pur instaurando un diretto legame con il territorio e l’ambiente naturale tenta di imporre regole geometriche nella costruzione dello spazio religioso.
L’ordine dei Certosini, fondato da San Bruno, si basa sui principi di spiritualità e vita eremitica propri del primo cristianesimo; molto più vicino al modello spirituale di Pacomio che agli esempi Benedettini o Francescani propri del periodo.
Il primo esempio di architettura legata a questo ordine monastico risale al 1084, con la fondazione della prima comunità nelle Alpi del Delfinato, in Francia, nell’area del massiccio della Chartreuse (da cui deriva poi l’appellativo Certosa/Certosini).
Del primitivo complesso vi è una descrizione dell’abate Giuberto di Nogent-sous-Coucy5 secondo cui il monastero si trovava su di un promontorio impervio ed isolato, difficile da raggiungere; dalla scarna descrizione offerta dall’abate è possibile, inoltre, identificare alcune strutture che divennero poi costanti distintive dell’architettura certosina come il chiostro e le abitazioni che si sviluppano intorno ad esso. Il ritorno alla vita eremitica di Bruno porta a riflette sia sugli elementi dell’architettura legata all’ordine come sulla scelta dei luoghi di insediamento, sulle
The Sacri Monti can provide multiple points of reflection on how a complex building organism can relate to the landscape in a heterogeneous and seemingly disorganized way by encouraging the creation of a meditativecontemplative path that guides the faithful along a precise succession of individual buildings without a precise spatial and/or architectural rigor; establishing a “landscape” complex where nature and building follow one another without a precise geometric logic. Carthusian architecture, on the contrary, while establishing a direct link with the land and the natural environment attempts to impose geometric rules in the construction of religious space.
5 G. de Noget, De vita sua libri tres, L. 11, PL, CLVI, col 854
The Carthusian order, founded by St. Bruno, is based on the principles of spirituality and eremitic life proper to early Christianity; much closer to the spiritual model of Pachomius than to the Benedictine or Franciscan examples proper to the period.
The earliest example of architecture related to this monastic order dates from 1084, with the founding of the first community in the Dauphiné Alps, France, in the area of the Chartreuse massif (from which the appellation Chartreuse/ Certosini is later derived).
Of the primitive complex there is a description by Abbot Giubert of Nogent-sous-Coucy5 that the monastery was located on an impervious and isolated promontory that was difficult to reach; from the scanty description offered by the abbot it is possible, moreover, to identify some structures that later became distinctive constants of Carthusian architecture such as the cloister and the dwellings that developed around it.
Bruno’s return to the hermitic life leads to reflections on both the elements of architecture linked to the order as well as on the choice of
scelte abitative, prediligendo abitazioni isolate e indipendenti nelle quali i singoli monaci potevano lavorare, dormire e mangiare in solitudine: rifugi spirituali dai quali uscire solo nei momenti di ritrovo religioso. Architetture semplici e nude volte a rispecchiare il sentimento di abnegazione e riflessione che accomuna i monaci di questo ordine: le Certose, di conseguenza, divengono severi luoghi di contemplazione e solitudine. Si sviluppano in tutta Europa attraverso una rete di sistemi monumentali più o meno complessi che si adattano al territorio e alle situazioni locali. L’ordine intreccia legami con le più potenti dinastie signorili d’Europa e, soprattutto nel Trecento, si assiste alla costruzione di complessi monastici promossi e finanziati dai signori, che ne beneficiano come luogo di ritiro e per la loro sepoltura: è il caso della certosa di Firenze, edificata nel 1342 con il sostegno del ricchissimo banchiere Niccolò Acciaiuoli e della certosa di Pavia fondata nel 1396 dal duca Gian Galeazzo Visconti6 .
Come già detto, le fabbriche certosine rispecchiano i modelli religiosi imposti dal pensiero di Bruno; con la formulazione delle Consuetudines Cartusiae (Giugo I, 1133) emergono ulteriori punti d’unione tra gli elementi salienti della vita della comunità monastica e l’articolazione degli spazi e degli insediamenti che a partire dalla Grand Chartreuse hanno poi caratterizzato ogni nuovo cenobio certosino.
La necessità di suddividere la comunità in due gruppi ben distinti, laici da una parte ed ecclesiastici dall’altra, porta alla definizione di una duplice struttura architettonica: la domus superior, dove vivono solamente monaci guidati da un priore e la domus inferior7 che accoglie i fratelli laici diretti da un procuratore8; i due nuclei sono comunque uniti ed interdipendenti sia funzionalmente che architettonicamente.
La domus superior si articola in tre elementi a loro volta strettamente collegati tra loro che divengono corpi distintivi e irrinunciabili di ogni successivo monastero: la chiesa, il piccolo chiostro, con la sala capitolare, il refettorio e una cucina utilizzati solo nei giorni di festa, e il grande chiostro, intorno
settlement sites, housing choices, preferring isolated and independent dwellings in which individual monks could work, sleep and eat in solitude: spiritual refuges from which to leave only at times of religious gathering. Simple and bare architecture aimed at reflecting the feeling of self-denial and reflection shared by the monks of this order: the Carthusian monasteries, as a result, became severe places of contemplation and solitude.
They develop throughout Europe through a network of more or less complex monumental systems that are adapted to the territory and local situations. The order weaves ties with the most powerful seigniorial dynasties of Europe and, especially in the 14th century, we witness the construction of monastic complexes promoted and financed by the lords, who benefit from them as a place of retreat and for their burial: this is the case of the Charterhouse of Florence, built in 1342 with the support of the very rich banker Niccolò Acciaiuoli, and the Charterhouse of Pavia founded in 1396 by Duke Gian Galeazzo Visconti6 .
As already mentioned, Carthusian factories reflect the religious models imposed by Bruno’s thought; with the formulation of the Consuetudines Cartusiae (Giugo I, 1133) further points of union emerge between the salient elements of the life of the monastic community and the articulation of spaces and settlements that from the Grand Chartreuse onward characterized each new Carthusian coenoby.
The need to divide the community into two distinct groups, laity on the one hand and ecclesiastics on the other, leads to the definition of a double architectural structure: the domus superior, where only monks led by a prior live, and the domus inferior7, which houses the lay brothers directed by a procurator8; the two nuclei are, however, united and interdependent both functionally and architecturally.
The domus superior is divided into three elements, which in turn are closely interconnected and become distinctive and indispensable bodies of each successive monastery: the church, the small cloister, with the chapter house, refectory and
6 Beltramo, Silvia.
“L’Architettura Medievale
Delle Certose Tra XII e XIV
Secolo: Studi e Temi Di Ricerca”, in La Certosa Di Trisulti, 2018
7 G. de Noget, “De vita sua sive monodiarum libri tres”, book I, cap XI, 1084
8 A. Vauchez, I Laici Nel Medioevo Pratiche Ed Esperienze Religiose, Saggiatore, 1989
al quale sono disposte le abitazioni dei singoli monaci.
Nella domus inferior si trovano, oltre alla chiesa, vari fabbricati per la vita comune e per le numerose attività lavorative dei laici.
Questa articolazione funzionale degli spazi porta alla definizione di una ben precisa struttura tipologica riscontrabile in tutte le architetture legate a questo ordine monastico pur con le dovute variazioni determinate dalle condizioni e stili territoriali di ogni complesso, articolazione enfatizzata anche nelle CONSUETIDUNES; tuttavia, nessuna certosa fu mai una copia dell’altra: si tendeva infatti ad adattare la fabbrica alla morfologia del terreno, spesso un luogo aspro e complesso.
L’adozione di uno schema planimetrico comune, essenziale sottomissione alle indicazioni ricorrenti nelle consuetudini e negli statuti, viene quindi di volta in volta personalizzata; tuttavia, è possibile riscontrare alcune combinazioni ricorrenti nella definizione dei tre elementi cardine: chiesa, grande e piccolo chiostro, ai quali si aggiunge la corte delle obbedienze, riservata alla vita dei conversi9 . Attorno a questi centri fondamentali si sviluppano soluzioni diversificate nella disposizione degli ambienti nei quali particolari lavorazioni stilistiche hanno determinato, a partire dal XIV secolo, un unicum artistico nella matrice planimetrica comune, negli spazi della chiesa monastica, nelle cappelle, nelle sagrestie, nella sala capitolare, nel refettorio e nelle sale riservati agli ospiti10 . Le diversità rispondono al diversificarsi dei processi insediativi, alla realizzazione delle singole fabbriche e allo sviluppo dei complessi, mettendo oggi in luce un dialogo formale scritto nel decoro e nelle forme architettoniche, riguardante la storia dell’ordine e l’avvicendarsi di correnti politiche e artistiche.
Anche tra i siti italiani è riconoscibile un ampio catalogo di varietà stilistiche e di apparati decorativi, variazioni apportate alla tipologia architettonica, in relazione alle diverse influenze regionali o locali che il modello primitivo ha mutato a seguito degli eventi caratterizzanti i singoli complessi.
a kitchen used only on feast days, and the large cloister, around which are arranged the dwellings of the individual monks.
In the domus inferior there are, in addition to the church, various buildings for communal life and for the numerous work activities of the laity. This functional articulation of spaces leads to the definition of a very precise typological structure found in all the architecture related to this monastic order, albeit with due variations determined by the territorial conditions and styles of each complex, an articulation also emphasized in the CONSUETIDUNES; however, no Carthusian monastery was ever a copy of the other: in fact, there was a tendency to adapt the factory to the morphology of the terrain, often a rugged and complex place.
The adoption of a common plan scheme, essential submission to the recurring indications in the customs and statutes, is thus customized from time to time; however, it is possible to find some recurring combinations in the definition of the three pivotal elements: church, great and small cloisters, to which is added the court of obediences, reserved for the life of the conversi9
Around these fundamental centers diversified solutions developed in the arrangement of rooms in which particular stylistic workings determined, from the fourteenth century onward, an artistic unicum in the common planimetric matrix, in the spaces of the monastic church, chapels, sacristies, chapter house, refectory and rooms reserved for guests10 .
The diversities respond to the diversification of settlement processes, the construction of individual factories and the development of complexes, highlighting today a formal dialogue written in decorum and architectural forms, concerning the history of the order and the succession of political and artistic currents.
Even among the Italian sites a wide catalog of stylistic varieties and decorative apparatuses is recognizable, variation made to the architectural typology, in relation to the different regional or local influences that the primitive model changed as a result of the events characterizing the individual complexes.
9 G. Leoncini, La certosa di Firnze ed i suoi rapporti con l’architettura certosina, 1978
10 G. Leoncini,1978
Emblematico è il caso della Certosa di Firenze dove la rigida geometria che regola il chiostro grande e il susseguirsi delle abitazioni dei monaci è in parte rotta a causa della presenza di elementi naturali, come il burrone, che ne vincola lo sviluppo regolare lungo tutti i lati.
L’alternarsi di spazi pubblici e privati porta alla materializzazione delle tipiche caratteristiche del credo certosino che coniugano la vita eremitica, tipica del primo cristianesimo, con l’aspetto cenobitico della vita conventuale legata agli altri ordini monastici.
Le caratteristiche dell’eremo e del cenobio, presenti nell’articolato susseguirsi di ambienti pubblici e privati che porta alla coesistenza di una duplice essenza formale, evidenzia la molteplicità di percorsi per la strutturazione degli ambienti del complesso religioso11
Va notato come la rigorosa solitudine eremitica del certosino prende forma nella separazione dei singoli individui e quindi nelle celle, vero simbolo dell’architettura certosina, luogo in cui ogni monaco può incontrarsi liberamente con Dio: una simile soluzione deve essere rispettata, difesa ed esaltata anche dal punto di vista architettonico12 . Secondo gli statuti quanto più a lungo un monaco soggiornerà nella cella tanto più volentieri dimorerà in essa perché sappia occuparsi utilmente con ordine a leggere, scrivere, salmodiare, pregare meditare contemplare e lavorare13 . Ciò comporta che lo spazio interno della cella sia articolato in più ambienti che permettono di svolgere tutte le attività previste dalla vita certosina. Essa è quindi isolata dal resto del monastero, munita di una serie di spazi coperti e scoperti, ben articolati e posti su vari piani che, nella maggior parte delle volte, assecondano la morfologia del terreno e prevedono i piani terra o seminterrati adibiti a legnaia o laboratori dai quali accedere al giardino e all’orto, e i piani superiori riservati alle stanze di residenza: anticamera, stanza della preghiera, il cubicolo che funge da camera da letto, studio, refettorio, oratorio14 e alla loggia; anche le celle sono soggette a variazioni tipologiche a seconda delle condizioni climatiche e morfologiche del luogo.
L’importanza della cella è sottolineata anche nella
Emblematic is the case of the Florence Charterhouse where the rigid geometry governing the great cloister and the succession of monks’ dwellings is partly broken due to the presence of natural elements, such as the ravine, which constrains its regular development along all sides.
The alternation of public and private spaces leads to the materialization of the typical characteristics of the Carthusian creed, which combine the hermitic life, typical of early Christianity, with the cenobitic aspect of monastic life related to other monastic orders.
The characteristics of the hermitage and the coenoby, present in the articulated succession of public and private environments leading to the coexistence of a dual formal essence, highlights the multiplicity of paths for structuring the environments of the religious complex11
It should be noted how the strict hermitic solitude of the Carthusian monk takes shape in the separation of individuals and thus in the cells, the true symbol of Carthusian architecture, a place where each monk can freely meet with God: such a solution must be respected, defended and exalted also from the architectural point of view12 .
According to the statutes the longer a monk stays in the cell the more willingly he will dwell in it so that he will be able to usefully occupy himself in order to read, write, psalm, pray meditate contemplate and work13 .
This implies that the interior space of the cell is divided into several rooms that allow all the activities envisaged by Carthusian life to be carried out. It is therefore isolated from the rest of the monastery, equipped with a series of covered and uncovered spaces, well articulated and placed on several floors that, in most cases, go along with the morphology of the terrain and provide the ground or basement floors used as woodsheds or workshops from which to access the garden and vegetable garden, and the upper floors reserved for the residence rooms: antechamber, prayer room, the cubicle that serves as a bedroom, study, refectory, oratory14 and to the loggia; the cells are also subject to typological variations depending on the climatic and morphological conditions of the place. The importance of the cell is also stressed in the
11 S. Parrinello, P. Becherini, “Evoluzione Metodologica e Protocolli Rappresentativi per i Complessi Delle Certose”, in Territori e Frontiere Della Rappresentazione. 39° Convegno Internazionale Dei Docenti Delle Discipline Della Rappresentazione, vol. 1, 2017.
12 G. Leoncini, “La certosa di firenze, considerazioni sulla genesi e sulla struttura del primo impianto architettonico”, in Certosa e Certosini, 1999
13 M. Magnani Cianetti
Tozzi, “Le abitazioni dei certosini e l’intervento nelle casette 7-8-9”, e G. Bulan, “Il grande Chiostro e le casette dei Certasini”, entrambi in Bollettino di Archeologia del Ministero Beni Culturali ed Ambientali, 1992, pp. 13-15,137-143
14 G. Leoncini, “La cella: cuore della vita eremitica”, in S. Bertocci, S. Panarello (edited by), Architettura eremitica. Sistemi progettuali e paesaggi culturali. Atti del quarto Convegno internazionale di studi,2013, pp. 32-39; G.M. Lorenzi, “Finalità e vita quotidiana dei certosin”, in Certose e Certosini in Europa, 1990, pp. 29-46
LETTERA D’ORO di Guglielmo di Saint Thierry datata 1140 dove viene proprio sottolineato che la spiritualità certosina risiede più nella semplicità della cella che in quella della chiesa15 .
Il collegamento fisico tra cellula abitativa e convento avviene tramite una singola porta che si apre sul chiostro grande o galilea; struttura di raccordo e di passaggio da e verso gli edifici destinati ai vari momenti di vita in comune e privata dei singoli monaci il cui stesso nome, secondo alcuni teologi, vuole dire passaggio o trasmigrazione.
Essa ha forma quadrilatera variabile e sistemi di copertura differenti a seconda delle zone. Se l’impianto delle singole certose si differenzia di volta in volta assecondando le esigenze e le situazioni locali, il modello di chiesa, invece, risulta più “monotono” anche se declinato secondo molteplici varianti architettoniche e costruttive16 .
Si tratta di chiese a navata unica senza transetto, fatta eccezione per alcuni edifici trecenteschi come la Certosa di Pavia, e caratterizzate da una quasi totale mancanza di lussi e decorazioni, a ricordare i sentimenti di povertà e semplicità dell’ordine e un chiaro richiamo alla frugalità della cella.
La certosa di Firenze con la sua sala unica e l’abside piatta, la volta a crociera è un fedele esempio di chiesa certosina17: l’abside piatta è infatti una caratteristica ricorrente nell’architettura certosina del primo periodo così come lo sviluppo lineare dello spazio sacro.
La religiosità dell’ambiente certosino non è quindi data dalla singola presenza dell’edificio religioso, ma da un insieme di fattori cooperanti a garantire un luogo di meditazione e formazione spirituale, sia esso la cella o il chiostro o la chiesa.
Analizzando lo sviluppo planimetrico delle certose si possono rintracciate due fondamentali caratteristiche: la successione degli spazi avviene in maniera tale da garantire sempre un maggior isolamento degli individui residenti, la successione dei singoli spazi funzionali è basata su una griglia geometrica che fa del quadrato e del rettangolo unità di base di tale sistema spaziale.
Tenendo conto del carattere duale, tra eremitismo e vita in comunità, che contraddistingue la fede
GOLDEN LETTER of William of St. Thierry dated 1140 where it is precisely stressed that Carthusian spirituality resides more in the simplicity of the cell than in that of the church15 .
The physical connection between the living cell and the monastery is made through a single door that opens onto the great cloister or galilea; a structure of connection and passage to and from the buildings destined for the various moments of common and private life of the individual monks whose very name, according to some theologians, means passage or transmigration.
It has a variable quadrilateral shape and different roofing systems in different areas.
If the layout of individual Carthusian monasteries differs from time to time, pandering to local needs and situations, the church model, on the other hand, is more “monotonous” even though it is declined according to multiple architectural and constructional variations16. These are single-nave churches with no transept, with the exception of a few 14th-century buildings such as the Carthusian Monastery of Pavia, and characterized by an almost total lack of luxuries and decorations, a reminder of the order’s feelings of poverty and simplicity and a clear reference to the frugality of the cell.
The Carthusian monastery in Florence with its single hall and flat, cross-vaulted apse is a faithful example of a Carthusian church17: in fact, the flat apse is a recurring feature of early Carthusian architecture as is the linear development of the sacred space. The religiosity of the Carthusian environment is thus not given by the single presence of the religious building, but by a set of cooperating factors to ensure a place of meditation and spiritual formation, be it the cell or the cloister or the church.
Analyzing the planimetric development of the Carthusian monasteries, two fundamentals can be traced: the succession of spaces takes place in such a way as to always ensure greater isolation of the resident individuals; the succession of individual functional spaces is based on a geometric grid that makes the square and the rectangle the basic units of such a spatial system.
Bearing in mind the dual character, between hermitism and community life, that distinguishes
15 G. de Saint-Thierry, C. Falchini (edited by), Lettera d’Oro. Epistola ad fratres de Monte Dei,1988
16 G. Leoncini, 1978
17 G. Leoncini, 1978
certosina, alla necessità di spazi collettivi è quindi sovrapposta la necessità di avere spazi privati destinati ai singoli monaci, nei quali essi trovino riparo e solitudine nella maggior parte dei momenti della vita.
Si assiste, quindi, ad una sempre crescente “privatizzazione” degli spazi del monastero a mano a mano che ci si addentra in esso: partendo dal chiostro dei conversi, assimilabile a una piazza pubblica, si accede a tutti quei fabbricati con funzioni di interscambio con l’esterno; da questo poi ci si immette al piccolo chiostro, dove in particolari occasioni accade l’incontro tra i conversi e i monaci del monastero che disimpegna la chiesa, il refettorio e la biblioteca.
Da questo primo filtro si passa alla galilea, luogo di pertinenza dei religiosi e di seguito alle singole celle, luogo di ritiro e solitudine dei singoli. Ogni elemento è disposto secondo un variabile schema geometrico che caratterizza soprattutto il chiostro dei monaci, sul cui perimetro si susseguono i singoli blocchi abitativi. Questi ad un’attenta analisi morfologica risultano delle variazioni tipologiche di una stessa abitazione base, in cui le singole stanze sono raggruppate e disposte secondo una semplice matrice regolare, che va a caratterizzare poi la consistenza dei singoli giardini e/o orti, elemento immancabile e contatto privato con l’ambiente naturale.
Il complesso del SS. Crocifisso di Monterubbiano è lontano dalle logiche di sobrietà e solitudine che i certosini impongono alla loro architettura (fatta eccezione per alcuni esempi italiani), ma la sobria monumentalità dell’esterno e la presenza storica di edifici ricettivi, per non dire residenziali, inducono alla seguente riflessione: banalizzando forse la questione si potrebbe descrivere una certosa come un insieme di edifici “normali” a contorno di un edificio “straordinario”; stesse caratteristiche che si ritrovano nel Santuario monterubbianese, dove la straordinaria chiesa è affiancata da edifici ordinari: osteria e palazzo accomunati da simili geometrie e dipendenze proporzionali.
Una riflessione che ha favorito la sperimentazione e la definizione di una griglia sulla quale basare il progetto del nuovo spazio esterno del santuario dove riproporre alcuni elementi tipologici della certosa: chiostro, celle e giardino sono quindi indicati a completamento dell’edificio storico.
the Carthusian faith, the need for collective spaces is thus superimposed by the need to have private spaces intended for individual monks, in which they find shelter and solitude in most moments of life. There is, therefore, an increasing “privatization” of the spaces of the monastery as one enters it: starting from the cloister of the conversi, assimilated to a public square, one enters all those buildings with functions of interchange with the outside; from this one then enters the small cloister, where on particular occasions the meeting between the conversi and the monks of the monastery happens, which disengages the church, the refectory and the library.
From this first filter one passes to the galilea, a place pertaining to the monks, and following that to the individual cells, a place of retreat and solitude for individuals.
Each element is arranged according to a variable geometric pattern that characterizes especially the monks’ cloister, on whose perimeter the individual living blocks follow one another. These to a careful morphological analysis turn out to be typological variations of the same basic dwelling, in which the individual rooms are grouped and arranged according to a simple regular matrix, which then goes on to characterize the consistency of the individual gardens and/or vegetable gardens, an unfailing element and private contact with the natural environment.
The complex of SS. Crocifisso at Monterubbiano is far from the logic of sobriety and solitude that the Carthusians imposed on their architecture (with the exception of a few Italian examples), but the sober monumentality of the exterior and the historical presence of receptive, not to say residential, buildings lead to the following reflection: trivializing perhaps the matter, one could describe a Carthusian monastery as a set of “ordinary” buildings around an “extraordinary” building; the same characteristics found in the Monterubbiano’s Sanctuary, where the extraordinary church is flanked by ordinary buildings: tavern and palace united by similar geometries and proportional dependencies. A reflection that favored experimentation and the definition of a grid on which to base the design of the new external space of the sanctuary where to repropose some typological elements of the Carthusian monastery: cloister, cells and garden are thus indicated to complement the historic building.
Lo studio delle complesse architetture dei Sacri Monti e delle Certose ha condotto verso l’esplorazione dello spazio e delle relazioni geometriche che si interpongono in organismi architettonici complessi formati da elementi straordinari e satelliti ad essi dipendenti. Questo mi ha avvicinato verso i concetti espressi da Iñaki Harosteguy nel progetto “Supra Order”, al quale ho volutamente ricollegato la mia analisi.
Il progetto è un’indagine incentrata sulle possibilità offerte dell’ordine18, nulla più di una raccolta di piante architettoniche accomunate da un linguaggio comune, senza tempo e universale basato sull’utilizzo di una griglia isotropa dalla quale l’architettura è generata.
Il progetto nasce in ambito accademico nel 2018 dall’identificazione di caratteri formali comuni tra giovani studi di progettazione, come ad esempio KGDVS, Dogma, Pezo, Von lrichshausen, Productora, XDGA, e2a, Muoto e Fala, accomunati dall’idea di “fare di più con meno”, quasi un ritorno ai Principi Miesiani di “less is more”. Questi, attraverso un’attenta riflessione, propongono un ritorno alle basi della disciplina architettonica contro le contingenze che il nuovo mondo impone , fatto che guida il progettista verso l’utilizzo di strumenti collaudati, un ritorno ad archetipi e strategie pragmatiche di composizione architettonica cercando di recuperare le digressioni dell’architettura moderna che pone nel risultato immediato e nel superfluo il centro nevralgico della progettazione. Secondo lo stesso Inaki “Supra Order è un modo di intendere l’architettura, le sue basi più elementari, il suo codice genetico e le sue logiche relazionali nel corso della storia”19 .
Nella banca dati si trovano sia progetti di studi attualmente attivi che lavori di architetti del passato come Jean Nicolas Louis Durand,
The study of the complex architecture of the Sacri Monti and Carthusian Monasteries has led toward the exploration of space and the geometric relationships that interpose themselves in complex architectural organisms formed by extraordinary elements and satellites dependent on them. This brought me closer toward the concepts expressed by Iñaki Harosteguy in the project “Supra Order,” to which I intentionally related my analysis.
The project is an investigation focused on the possibilities offered by order18, nothing more than a collection of architectural plans united by a common, timeless and universal language based on the use of an isotropic grid from which architecture is generated.
The project was born in academia in 2018 from the identification of common formal characters among young design studios, such as KGDVS, Dogma, Pezo Von lrichshausen, Productora, XDGA, e2a, Muoto, and Fala, united by the idea of “doing more with less,” almost a return to the Miesian Principles of “less is more.” These, through careful reflection, propose a return to the basics of the discipline of architecture against the contingencies that the new world imposes , a fact that guides the designer toward the use of proven tools, a return to archetypes and pragmatic strategies of architectural composition while trying to recover the digressions of modern architecture that places the immediate result and the superfluous as the nerve center of design.
According to Inaki himself, “Supra Order is a way of understanding architecture, its most basic foundations, its genetic code and its relational logics throughout history”19 The database contains both projects by currently active studios and work by architects of the past such as Jean Nicolas Louis Durand, Louis Boullée, Louis Kahn or Mies Van der Rohe; this
18 Supraorder, supraorder.
com
19 B. Maiztegui,
“Supra Order: Estamos convencidos de que la arquitectura es universal y posee un lenguaje propio”, in Archdaily, 19 jun 2012, archdaily.mx/mx/962918/ supra-order-estamosconvencidos-de-que-laarquitectura-es-universal-yposee-un-lenguaje-propio
Louis Boullée, Louis Kahn o Mies Van der Rohe; questo ha permesso di identificare, andando oltre la classificazione temporale e stilistica dei singoli progettisti, i caratteri chiave riconducibili all’utilizzo di un sistema ordinato: il risultato ha portato a “collegare Pezo Von Ellrichshausen con gli archetipi di Kahn, le composizioni di Durand e l’insieme di ville palladiane o Dogma con le precedenti opere di Alberti, Ungers, Hilberseimer, Mies Van der Rohe, Aldo Rossi e Archizoom”. Il ritrovato interesse verso l’ordine, verso la razionalità del disegno architettonico e della composizione spaziale, opera sul supporto della griglia: geometria, rigorosa e neutra, sulla quale i vari architetti si esprimono. È la stessa limitazione ed economia imposta dal reticolo quindi a divenire fonte di ispirazione e stimolo creativo. Economia delle forme che porta ad un immediato rigore geometrico, semplicità strutturale ed economia costruttiva.
Questa riscoperta ha portato ad nuovo approccio universalista alla disciplina che, grazie ad un sistema di linee, un insieme di norme, regole e strutture, definiscono una sintassi combinatoria dei loro elementi primari.
Jean Nicolas Louis Durand è stato uno dei primi teorici a usare la metafora del linguaggio dell’architettura considerando il disegno come il mezzo con cui è stato espresso. Riconsiderando l’eredità classica e trasformandola in un sistema di composizione operativa, sistematizzando il processo combinatorio di punti, linee e figure su un supporto a griglia e consentendo un’infinità di configurazioni logiche tra le parti.
Il diretto seguace di Durand è forse proprio Mies
Van der Rohe e la corrente dell’International Style, che considerava il compito più importante del suo tempo sviluppare una grammatica che tutti potessero usare oggettivamente: “quello che cerco di sviluppare è un linguaggio comune e non idee personali”20
La potenza grammaticale della griglia è rimasta immutata e travolgente da Mileto a Manhattan, la sua astrazione, la semplicità razionale e la condizione di ridimensionamento l’hanno resa “l’unico elemento in grado di orchestrare il design
77
has made it possible to identify, going beyond the temporal and stylistic classification of individual designers, the key characters that can be traced back to the use of an ordered system: the result led to “connecting Pezo Von Ellrichshausen with Kahn’s archetypes, Durand’s compositions, and the Palladian or Dogma villa ensemble with earlier works by Alberti, Ungers, Hilberseimer, Mies Van der Rohe, Aldo Rossi, and Archizoom.”
The newfound interest in order, in the rationality of architectural design and spatial composition, operates on the support of the grid: geometry, rigorous and neutral, on which the various architects express themselves. It is the very limitation and economy imposed by the grid then that becomes a source of inspiration and creative stimulus. Economy of form leading to immediate geometric rigor, structural simplicity and economy of construction.
This rediscovery led to new universalist approach to the discipline, which, through a system of lines, a set of norms, rules and structures, define a combinatorial syntax of their primary elements.
Jean Nicolas Louis Durand was one of the first theorists to use the metaphor of the language of architecture by considering drawing as the medium by which it was expressed. He reconsidered the classical inheritance and transformed it into a system of operative composition, systematizing the combinatorial process of points, lines and figures on a gridlike support and allowing an infinity of logical configurations between the parts. Durand’s direct follower is perhaps Mies Van der Rohe and the International Style current, who considered it the most important task of his time to develop a grammar that everyone could use objectively: “what I am trying to develop is a common language and not personal ideas”20
The grammatical power of the grid has remained unchanged and overwhelming from Miletus to Manhattan, its abstraction, rational simplicity, and downsizing condition have made it “the only element capable of
20 J. Peter, “Conversazioni con Mies”, in H. N. Abrams (edited by), La storia orale dell’architettura moderna: interviste ai più grandi architetti del Novecento, New York, 1994.
di tutto” come afferma Pier Vittorio Aureli in totale armonia con Mies e Durand.
Esse hanno fornito un modello dominante per l’arte, l’architettura e il design; in quanto tali, rappresentano un importante sviluppo patriarcale del modernismo21 .
Grandi architetti come Andrea Pallaio, J.N.lDurand, Schinkel, O.M.Ungers, Mies, Hilberseimer, Aldo Rossi, Superstudio, Archizoom sono quindi riusciti a formalizzare un linguaggio senza tempo ed universale, comune e alla portata di tutti e dalla facile personalizzazione.
L’architettura non diviene quindi un insieme di elementi costruttivi generalmente e arbitrariamente posti sulla griglia; quegli stessi elementi divengono oggetti altamente sviluppati per una determinata risposta architettonica e compositiva; neutralità, ripetizione, scalarità e isotropia, caratteristici dei sistemi rigidi, si traducono automaticamente in un’infinita combinazione di possibilità compositive. In tutti i casi analizzati, escludendo il tempo, il luogo e l’uso, la griglia non è mai intesa come uno schema fisso, rigido ed immutabile. Esso diventa un semplice strumento contro l’arbitrarietà, come diceva una volta Le Corbusier, o semplicemente lo strumento più elementare del design, il supporto del pensiero logico, sistemico e razionale dell’essere umano.
Rosalind Krauss afferma: “Logicamente parlando, la griglia si estende, in tutte le direzioni, all’infinito. Qualsiasi limite impostogli da una data pittura o scultura può essere visto solo - secondo questa logica - come arbitrario. In virtù della griglia, l’opera d’arte data si presenta come un semplice frammento, un minuscolo pezzo ritagliato arbitrariamente da un tessuto infinitamente più grande”22
orchestrating the design of everything” as Pier Vittorio Aureli states in total harmony with Mies and Durand. They provided a dominant model for art, architecture and design; as such, they represent an important patriarchal development of modernism21 . Great architects such as Andrea Palladio, J.N.lDurand, Schinkel, O.M.Ungers, Mies, Hilberseimer, Aldo Rossi, Superstudio, and Archizoom thus succeeded in formalizing a timeless and universal language that was common and affordable and easy to customize. Architecture thus does not become a set of building elements generally and arbitrarily placed on the grid; those same elements become highly developed objects for a given architectural and compositional response; neutrality, repetition, scalarity and isotropy, characteristic of rigid systems, automatically translate into an infinite combination of compositional possibilities.
In all the cases analyzed, excluding time, place and use, the grid is never understood as a fixed, rigid and unchanging pattern. It becomes a simple tool against arbitrariness, as Le Corbusier once said, or simply the most basic tool of design, the support of logical, systemic and rational thinking of the human being.
Rosalind Krauss states, “Logically speaking, the grid extends, in all directions, to infinity. Any limits imposed on it by a given painting or sculpture can only be seen - according to this logic - as arbitrary. By virtue of the grid, the given work of art presents itself as a mere fragment, a tiny piece arbitrarily cut out of an infinitely larger fabric”22 .
21 C. Hinant, “Grid Next Door”, 2011
22 R.Krauss, “Grids”, in The originality of the Avantgard and other modernist muths, Cambridge, The MIT Press, 1986, p. 18
L’ordine può quindi essere utilizzato secondo nove strategie elementari:
1. FORESTA DI COLONNE. La griglia è colonizzata da elementi puntuali disposti in coincidenza con i punti di intersezione, essi sono governati da isotropia ed equidistanza, permettendo uno sviluppo neutro ed infinito e lasciano lo spazio libero ad infinite interpretazioni.
2. CORNICI NON SPECIFICHE. Materializzazione delle linee rette e perpendicolari della griglia per introdurre limiti precisi e definire stanze astratte senza caratteristiche distintive o usi prestabiliti. La duplice condizione autonoma e interdipendente dei quadri permette la costituzione di una generica matrice di spazi equivalenti separati ma interconnessi che trova flessibilità attraverso lo scambio e l’adattabilità.
3. MATRICE DI UNITÀ. Il quadrato definito dalla griglia è l’elemento generativo principale; la sua ripetizione contigua definisce un insieme di unità autonome che acquistano indipendenza nel loro contorno relazionandosi per distanza e somiglianza.
4. PARETI TECNIFICATE. La linea acquisisce spessore e specificità diventando pareti tecniche e operative, formando un’infrastruttura minima e necessaria per attivare nuovi usi. Questa strategia decide di concentrare l’architettura sul perimetro esprimendo un particolare rispetto per il vuoto.
5. COLONNE SPAZIALI. Le colonne si trasformano in elementi tecnici o spazi abitabili, riorganizzando la loro massa per creare opportunità. Non importa quanto la loro impronta aumenti la loro disposizione ordinata: lo spazio cartesiano rimane intatto.
6. RITMO PERIMETRALE. Definire lo spazio non da pareti ma da linee tratteggiate generate dalla ripetizione regolare di elementi verticali disposti in file generano un’idea di ordine ritmico e limiti virtuali, con la possibilità di organizzare lo spazio dal perimetro
7. QUADRATO ELEMENTARE. Il quadrato definisce dei limiti, la restrizione implicita dei bordi permette di lavorare con un interno variabile che opera in modo centripeto, attraverso meccanismi disciplinari di pura geometria.
The order can then be used according to nine elementary strategies:
1. FOREST OF COLUMNS. The grid is colonized by point elements arranged to coincide with intersection points; they are governed by isotropy and equidistance, allowing neutral and infinite development and leaving the space free for infinite interpretations.
2. NON-SPECIFIC FRAMES. Materialization of the straight and perpendicular lines of the grid to introduce precise boundaries and define abstract rooms without distinctive features or predetermined uses. The dual autonomous and interdependent condition of the frames allows the establishment of a generic matrix of separate but interconnected equivalent spaces that finds flexibility through exchange and adaptability.
3. MATRIX OF UNITY. The square defined by the grid is the main generative element; its contiguous repetition defines a set of autonomous units that gain independence in their contours by relating to each other by distance and similarity.
4. TECHNIFIED WALLS. The line acquires thickness and specificity by becoming technical and operational walls, forming a minimal and necessary infrastructure to activate new uses. This strategy decides to focus architecture on the perimeter expressing a special respect for the void.
5. SPATIAL COLUMNS. Columns are transformed into technical elements or living spaces, reorganizing their mass to create opportunities. No matter how much their footprint increases their orderly arrangement-the Cartesian space remains intact.
6. PERIMETER RHYTHM. Defining space not by walls but by dotted lines generated by the regular repetition of vertical elements arranged in rows generate an idea of rhythmic order and virtual limits, with the possibility of organizing space from the perimeter
7. ELEMENTARY SQUARE. The square defines limits, the implicit restriction of edges allows working with a variable interior that operates centripetally, through disciplinary mechanisms of pure geometry.
8. SUPPORTO GEOMETRICO. La griglia diventa un supporto geometrico visibile; attraverso la regolarità tutto si adatta al suo principio di ordine, limitando la sperimentazione di figure morbide e soggettive, con lo scopo di liberare il problema della forma in soluzioni semplici, senza tempo e riconoscibili
9. SUPPORTO COMPOSITIVO. Visibile o immaginaria, la griglia rimane in attesa come uno strato di fondo neutro senza gerarchie, un campo di gioco con norme e regole precise per la corretta disposizione degli elementi architettonici. La combinazione di punti, linee, piani e figure permette infinite possibilità compositive mantenendo un ordine logico e un’organizzazione razionale tra le parti di un insieme.
La falsa convinzione che l’ordine sia restrittivo, noioso e limitante, o peggio, che minacci il libero sviluppo della creatività è quindi smentita dai nove punti appena espressi: una serie minima di regole pone le chiavi per un infinito processo sperimentale tra ordine e disordine degli elementi compositivi. È importante notare che la griglia di sfondo non è perfetta o assoluta, la sua rigida disciplina è in grado di essere alterata da irregolarità del contesto e sorprese della vita, come ci insegna la casualità dei modelli delle certose. L’aspetto e l’applicazione di principi geometrici e di una griglia è una delle caratteristiche intrinseche all’architettura del complesso del SS. Crocifisso di Monterubbiano. Come già notato precedentemente sia il progetto originario del Ventura sia l’edificio effettivamente realizzato sono concepiti su di una maglia con due differenti gradi di dettaglio, da una parte il piede dall’altra la canna. Queste due unità di misura spaziali sono a loro volta interpretate e seguite dai differenti elementi che compongono l’edificio, siano esse le murature portanti della chiesa o i pilastri del portico o le aperture di portoni e finestre. L’idea quindi di utilizzare un sistema geometrico per il riprogetto dello spazio che circonda l’edificio deve essere letta in diretta relazione con le logiche espresse nei precedenti paragrafi.
8. GEOMETRIC SUPPORT. The grid becomes a visible geometric support; through regularity everything adapts to its principle of order, limiting experimentation with soft, subjective figures, with the aim of releasing the problem of form into simple, timeless and recognizable solutions
9. COMPOSITIONAL SUPPORT. Visible or imaginary, the grid lies in wait as a neutral background layer without hierarchies, a playing field with precise norms and rules for the proper arrangement of architectural elements. The combination of points, lines, planes, and figures allows endless compositional possibilities while maintaining a logical order and rational organization among the parts of a whole.
The false belief that order is restrictive, boring and limiting, or worse, that it threatens the free development of creativity is thus belied by the nine points just expressed: a minimal set of rules lays the keys to an endless experimental process between order and disorder of compositional elements.
It is important to note that the background grid is not perfect or absolute; its rigid discipline is capable of being altered by irregularities of context and surprises of life, as the randomness of Carthusian monastery patterns teaches us. The appearance and application of geometric principles and a grid is one of the inherent characteristics of the architecture of the SS. Crocifisso complex in Monterubbiano.
As noted earlier both Ventura’s original design and the building actually constructed are conceived on a grid with two different degrees of detail, on one side the foot and on the other the barrel.
These two spatial units of measurement are in turn interpreted and followed by the different elements that make up the building, whether they are the load-bearing masonry of the church or the pillars of the portico or the openings of doors and windows.
The idea then of using a geometric system for the redesign of the space surrounding the building must be read in direct relation to the logic expressed in the preceding paragraphs.
La griglia, opportunamente dimensionata a partire dalla maglia dell’edificio sacro è quindi lasciata libera di invadere lo spazio esterno dell’edificio pur non condividendone la giacitura: la differenziazione tra antico e nuovo, tra “straordinario” e ordinario, viene enfatizzata dal differente orientamento che la stessa impone alla nuova architettura. La griglia storica diviene quindi nuova fonte di ispirazione per un’ennesima reinterpretazione dello spazio, un modello visivo per la proiezione di mondi ideali.
The grid, appropriately sized from the mesh of the sacred building is thus left free to invade the outer space of the building while not sharing its lay of the land: the differentiation between old and new, between “between extraordinary” and ordinary, is emphasized by the different orientation that it imposes on the new architecture.
The historical grid thus becomes a new source of inspiration for yet another reinterpretation of space, a visual model for the projection of ideal worlds.
La volontà di intervenire sul sito del complesso monumentale del SS. Crocifisso nasce dal riconoscere per la prima volta non solo il valore architettonico e artistico di tale elemento, ma anche il suo valore paesaggistico, storico e culturale. Esso, infatti, è stato parte integrante del processo evolutivo del territorio monterubbianese ed è il frutto di un lungo susseguirsi di vicende storiche e sociali che hanno portato quel trivio tra mari e monti a divenire prima edicola sacra, legata alle usanze della comunità agricola locale e dei tanti viandanti e pellegrini che percorrevano quella strada, poi importante contenitore di fede, arte e cultura. Le analisi condotte hanno ampiamente indagato sull’architettura dell’edificio e sul suo ruolo territoriale, evidenziando la stretta correlazione tra architettura e ambiente: tra spazio interno ed esterno, tra spazio sacro e spazio rurale. Le stesse ricerche hanno mostrato come le scelte amministrative non favorevoli al suo utilizzo e mantenimento, la donazione dei beni della Confraternita per l’erezione della nuova chiesa della Collegiata nel centro storico e le tante vicende socioeconomiche causa del progressivo spopolamento delle campagne ne hanno determinato il progressivo disuso e conseguente abbandono e la perdita della memoria per le nuove generazioni sull’utilizzo del luogo, memoria ormai legata agli anziani e ai loro racconti nostalgici.
Le modifiche viarie dell’ultimo secolo, inoltre, hanno profondamente deturpato l’utilizzo dell’area antistante la chiesa relegandola ad elemento marginale rispetto al tracciato viario, privandola del ruolo di riferimento che l’edificio aveva nel percorso di ascesa dei viaggiatori verso il paese e
The desire to intervene on the site of the monumental complex of the SS. Crocifisso stems from recognizing for the first time not only the architectural and artistic value of that element, but also its landscape, historical and cultural value. It, in fact, has been an integral part of the evolutionary process of the Monterubbiano’s territory and is the result of a long succession of historical and social events that led that trivium between the sea and the mountains to become first aedicule sacred, linked to the customs of the local agricultural community and the many wayfarers and pilgrims who traveled that road, then an important container of faith, art and culture.
The analyses conducted have extensively investigated the architecture of the building and its territorial role, highlighting the close correlation between architecture and environment: between interior and exterior space, between sacred space and rural space. The same research has shown how administrative choices not favorable to its use and maintenance, the donation of the Confraternity’s property for the erection of the new Collegiate Church in the historic center, and the many socioeconomic events causing the gradual depopulation of the countryside have led to its gradual disuse and consequent abandonment and the loss of memory for new generations about the use of the place, a memory now linked to the elderly and their nostalgic tales.
The road modifications of the last century, moreover, have profoundly disfigured the use of the area in front of the church by relegating it to a marginal element with respect to the road layout, depriving it of the role
viceversa.
L’intervento mira quindi a risolvere il problema dell’abbandono attraverso la progettazione di un nuovo luogo di ritrovo: una nuova piazza rurale antistante la chiesa ed un sistema di edifici satellite secondari nei quali inserire funzioni alternative, legate alla ricettività, alla scoperta del complesso e del territorio. Allo stesso tempo si interviene per mitigare la mitigazione della presenza disturbante della strada e della curva adiacenti alla facciata principale dell’edificio.
L’artificializzazione dell’area determinerebbe nuove possibilità di sviluppo sia per il monumento e che per il suo circondario. Infatti, si potrebbero cercare nuove condizioni per vivere ancora l’intero complesso intimamente legato alla natura secolare che lo circonda e inserirlo in un “nuovo” paesaggio costruito, una nuova topografia che modella la natura preesistente nel tentativo di riconfigurare il binomio naturale/artificiale e le convenzionali differenze tra architettura e paesaggio.
Il perimetro rurale, definito dalle geometrie della piazza, diverrebbe il collegamento tra lo spazio vuoto (la campagna) e lo spazio costruito (la chiesa) con la duplice funzione di integrare e connettere oltre che tendere e separare i due sistemi spaziali.
Lo spazio nuovamente funzionale potrebbe essere utilizzato dalla comunità in infinite varianti e modalità, sia direttamente collegato all’utilizzo dlella chiesa sia in maniera indipendente come luogo di riposo o di contemplazione del territorio.
of reference that the building had in the path of ascent of travelers to the village and vice versa.
Therefore, the intervention aims to solve the problem of abandonment through the design of a new meeting place: a new rural square in front of the church and a system of secondary satellite buildings in which to insert alternative functions, related to receptivity, the discovery of the complex and the territory. At the same time, action is taken to mitigate the disturbing presence of the road and curve adjacent to the main facade of the building.
The artificialization of the area would result in new development possibilities for both the monument and its surroundings. In fact, new conditions could be sought to still experience the entire complex intimately linked to the centuries-old nature that surrounds it and incorporate it into a “new” built landscape, a new topography that shapes the pre-existing nature in an attempt to reconfigure the natural/artificial pair and the conventional differences between architecture and landscape.
The rural perimeter, defined by the geometries of the square, would become the link between the empty space (the countryside) and the built space (the church) with the dual function of integrating and connecting as well as tending and separating the two spatial systems.
The newly functional space could be used by the community in infinite variations and ways, either directly connected to the use of the church or independently as a place to rest or contemplate the countryside.
Il punto di partenza per lo sviluppo progettuale dello spazio circostante il complesso del SS. Crocifisso è stato individuato attraverso l’analisi comparativa di differenti esempi architettonici consolidati dai quali poter estrapolare regole compositive e gerarchiche da utilizzare nella definizione delle nuove strutture e del loro rapporto tra “nuovo” ed “esistente”. L’individuazione di gerarchie e schemi geometrici ricorrenti nella modulazione spaziale di strutture complesse, come le certose o i Sacri Monti, hanno suggerito la possibilità di riutilizzare tali proporzioni anche nello sviluppo del sito di progetto.
Le osservazioni condotte sui disegni del Ventura e sull’edificio effettivamente costruito, come già riportato, evidenziano una spiccata modularità dell’architettura, sottolineata dall’uso certo di una griglia di misura del tempo basata su moduli di 1 piede quadrato, mentre il susseguirsi di spazi e funzioni suggeriscono possibili legami con strutture religiose complesse legate sia al culto che alla ricettività dei fedeli oltre che alla permanenza di un organismo laico e religioso a servizio costante della struttura.
Anche la posizione rurale del bene, dovuta alla collocazione geografica della preesistente edicola sacra, e il suo rapporto con il vicino centro abitato e le altre chiese poste lungo il percorso di ascesa verso il paese, suggeriscono una spiccata vocazione processionale da e verso il complesso religioso, avvalorata dalle cronache riportate nei verbali della stessa Confraternita e dai racconti degli anziani ancora viventi a ricordo delle celebrazioni legate al santuario.
Le misurazioni condotte sulla struttura suggeriscono, quindi, la presenza di due griglie compositive, riscontrabili parzialmente anche nel
The starting point for the design development of the space surrounding the SS. Crocifisso complex was identified through the comparative analysis of different established architectural examples from which one could extrapolate compositional and hierarchical rules to be used in defining the new structures and their relationship between “new” and “existing.”
The identification of recurring hierarchies and geometric patterns in the spatial modulation of complex structures, such as Carthusian monasteries or Sacri Monti, suggested the possibility of reusing such proportions in the development of the project site as well.
Observations conducted on Ventura’s drawings and on the building actually constructed, as already reported, point to a marked modularity of the architecture, underscored by the certain use of a time measurement grid based on 1-squarefoot modules, while the succession of spaces and functions suggest possible links with complex religious structures related both to worship and to the receptivity of the faithful as well as to the permanence of a secular and religious body constantly serving the structure. The rural location of the property, due to the geographic location of the pre-existing holy shrine, and its relationship with the nearby town and other churches located along the path of ascent to the village, also suggest a distinct processional vocation to and from the religious complex, corroborated by the chronicles recorded in the minutes of the Confraternity itself and by the accounts of elders still living in memory of the celebrations associated with the shrine.
Measurements conducted on the structure suggest, therefore, the presence of two compositional grids, also found partially in the
disegno originario dell’architetto, di cui una legata direttamente all’unità semplice e l’altra legata alla canna (circa 11 o 12 piedi).
Queste reggono sia lo sviluppo dello spazio planimetrico della chiesa, sia l’alzato dell’edificio definendo le proporzioni tra i vari elementi architettonici che compongono la costruzione: portico, arcate, finestre, porte secondo schemi facilmente ricostruibili e riconducibili alla tradizione architettonica lauretana.
La regola geometrica stabilita è stata quindi reinterpretata seguendo la chiave di lettura suggerita da Inaki con la teoria del Supraorder: questo ha consentito la composizione di una maglia di sviluppo spaziale basata sulla copresenza di entrambe le unità di misura storiche, piede e canna, e contemporaneamente di collocare il nuovo intervento in diretta correlazione con la struttura esistente e con gli altri edifici storici presi in esame. La maglia si compone infatti di due moduli ripetuti nelle tre dimensioni: un modulo da 270 cm seguito da uno da 45 cm. Tale scelta porta al mantenimento delle stesse proporzioni presenti nell’edificio monumentale e una migliore scalabilità e compatibilità del progetto tra struttura esistente e nuova costruzione; allo stesso tempo la stessa permette una diretta interazione tra i due edifici dando la possibilità di tralasciare l’aspetto temporale e basando questa relazione solo su caratteristiche geometriche e compositive. Attraverso l’analisi del Supraorder, infatti, è possibile trarre regole progettuali elementari assimilabili ai vari periodi storici definendole assiomi generalmente applicabili sia a edifici storici, come nel caso del complesso del Crocifisso, sia ai nuovi interventi. Pur mantenendo lo schema proporzionale del costruito ho scelto di sviluppare il nuovo intervento su di una differente giacitura: rispettando l’orientamento est / ovest la nuova griglia spaziale è stata tracciata seguendo la direzione della vecchia strada adiacente a fianco della chiesa. Come evidenziato, infatti, la modifica della viabilità avvenuta nell’ultimo secolo ha portato al riposizionamento degli assi viari che conducevano all’edificio: esso era diretto crocevia di passaggio e, come in precedenza la sacra edicola, segnalava il
architect’s original design, one of which is directly related to the simple unit and the other related to the reed (about 11 or 12 feet).
These govern both the development of the planimetric space of the church and the elevation of the building by defining the proportions between the various architectural elements that make up the construction: portico, arches, windows, doors according to patterns that can be easily reconstructed and traced back to the Lauretan architectural tradition.
The established geometric rule was then reinterpreted following the key of interpretation suggested by Inaki with the Supraorder theory: this allowed the composition of a mesh of spatial development based on the co-presence of both historical units of measurement, foot and barrel, and at the same time to place the new intervention in direct correlation with the existing structure and with the other historical buildings examined.
In fact, the mesh consists of two modules repeated in the three dimensions: a 270-cm module followed by a 45-cm module. This choice leads to the maintenance of the same proportions present in the monumental building and a better scalability and compatibility of the project between the existing structure and the new construction; at the same time the same allows a direct interaction between the two buildings giving the possibility of leaving out the temporal aspect and basing this relationship only on geometric and compositional characteristics. Through the Supraorder analysis, in fact, it is possible to derive elementary design rules assimilable to the various historical periods by defining axioms generally applicable both to historical buildings, as in the case of the SS. Crocifisso complex, and to new interventions.
While maintaining the proportional pattern of the built-up area I chose to develop the new intervention on a different lay-out: respecting the east/west orientation the new spatial grid was drawn following the direction of the old road adjacent to the side of the church. As pointed out, in fact, the modification of the road system that took place in the last century led to the repositioning of the road axes that led to the building: it was a direct crossroads of passage
trivio tra le strade verso il paese e l’entroterra.
La differente giacitura consente in questo modo di rievocare una fase storica di sviluppo del sito ormai impalpabile rafforzando la presenza della chiesa che, posta su un basamento rialzato di tre gradini secondo il trattato del cardinal Borromeo, si stacca dalla composizione della nuova piazza e diviene elemento di rottura della griglia acquistando così forza espressiva e presenza scenografica.
La morfologia del territorio dipende dalla presenza dell’edificio e pone allo stesso potenzialità e limiti. Ergendosi a ridosso della scarpata il complesso ne è protetto attraverso un imponente sistema di contenimento del terreno, ma contemporaneamente è soffocato dalla presenza di uno dei tornanti della strada “nuova”.
Si ha pertanto la necessità di ridare nuovo spazio alla costruzione e una sistemazione efficiente e duratura agli elementi antropici che ne delimitano l’area: mura di contenimento e strada.
La griglia di sviluppo si espande fino alla carreggiata stradale delimitando una nuova fascia di rispetto frontale all’edificio; permettendo una completa visione della facciata della chiesa che, non più deturpata dalle geometrie della curva stradale, diviene effettivo fondale prospettico che guida lo sguardo del viaggiatore verso il portale nascosto in penombra sotto il profondo portico.
Questo si ritiene possibile attraverso semplici interventi: la modifica del raggio di curvatura del tornante, il livellamento a favore della pendenza naturale del terreno del sedime stradale e la conseguente demolizione del muro di contenimento in cemento armato a ridosso della facciata realizzato durante gli ultimi lavori di sistemazione dell’area. Il nuovo tornante avrebbe le sembianze di un’ampia curva che dolcemente piega verso la collina, garantendo molteplici punti di vista dell’edificio. La stessa espansione della griglia detta le regole per la definizione architettonica del nuovo muro di contenimento verso monte, necessario per la protezione dell’edificio – di cui parla lo stesso Borromeo – ed attualmente solo in parte completato. Tale muro ripropone verticalmente la griglia spaziale disegnando una sorta di spazio wireframe tridimensionale che ingloba la chiesa, un fondale
and, like the sacred aedicule previously, marked the crossroads between the roads to the village and the hinterland.
The different location allows in this way to evoke a historical phase of development of the site that is now intangible, reinforcing the presence of the church, which, placed on a raised base of three steps according to Cardinal Borromeo’s treaty, is detached from the composition of the new square and becomes an element of rupture of the grid, thus acquiring expressive force and scenic presence. The morphology of the area depends on the presence of the building and poses potential and limits to the same. Standing close to the escarpment, the complex is protected by it through an imposing system of ground containment, but at the same time it is suffocated by the presence of one of the hairpin bends of the “new” road.
Therefore, there is a need to give new space to the building and an efficient and lasting arrangement to the anthropic elements that delimit its area: retaining walls and road.
The grid of development expands up to the roadway, delimiting a new buffer zone in front of the building; allowing a complete view of the church façade which, no longer disfigured by the geometries of the road curve, becomes an effective perspective backdrop that guides the traveler’s gaze to the portal hidden in penumbra under the deep portico.
This is considered possible through simple interventions: the modification of the radius of curvature of the hairpin bend, the leveling in favor of the natural slope of the terrain of the roadbed, and the consequent demolition of the reinforced concrete retaining wall close to the facade built during the last landscaping works of the area.
The new hairpin would have the appearance of a wide curve that gently bends toward the hillside, providing multiple views of the building. The same expansion of the grid dictates the rules for the architectural definition of the new retaining wall upstream, necessary for the protection of the building - mentioned by Borromeo himself - and currently only partially completed.This wall vertically re-proposes the spatial grid drawing a sort of three-dimensional wireframe space that encompasses the church, an
antropico per la composizione architettonica.
Le osservazioni condotte sui sistemi delle certose e l’interpretazione dell’edificio monumentale monterubbianese e del suo circondario come una possibile ed ennesima variazione tipologica dei complessi certosini porta quindi ad alcune scelte progettuali rilevanti per lo sviluppo dell’area. La nuova piastra cinge la costruzione storica togliendola alla vegetazione e ponendola all’interno di un recinto artificiale permeabile.
La piazza si sviluppa come un recinto, chiaro richiamo al sistema di corti tipico delle certose, ma mentre lo spazio della galilea certosina è strettamente delimitato da strutture e chiuso in sé stesso, la piazza rompe tale schema aprendosi verso il territorio. La stessa piazza diviene elemento aperto e permeabile, delimitata dal susseguirsi del muro di contenimento, dalla nuova manica porticata, dal sistema dei collegamenti verticali e dall’ utilizzo di differenti pavimentazioni. Si ha in tal modo un continuo passaggio tra isolamento e connessione fisica e visiva.
La piazza, così definita, diverrebbe il luogo di raccordo tra nuovo e esistente, tra edificio monumentale e le nuove strutture circostanti.
Il posizionamento degli elementi tridimensionali cerca, quindi, di enfatizzare il concetto di limite tra natura e edificio. Il rapporto che viene enfatizzato nella lunga manica porticata, elemento aereo costituito da una semplice soletta sorretta da una serie di pilastri romboidali, cela al di sotto di essa uno spazio permeabile e protetto: un diaframma tra ambiente naturale e ambiente antropico, un punto di osservazione privilegiato verso la campagna circostante ed allo stesso tempo verso l’edificio sacro esistente, un elemento di passaggio. Il lungo portico è anche riflesso di una serie di considerazioni sui Sacri Monti e l’interpretazione dello spazio sacro come percorso: le 16 arcate (14 aperte e 2 chiuse) sono un rimando alla Via Crucis e al percorso-culto, elemento fondante di tale complesso religioso, e quasi un richiamo diretto a ciò che accade architettonicamente a Ghiffa. La manica porticata è anche parte integrante di un più vasto edificio sotterraneo: la realizzazione della piastra in riferimento al vecchio sedime stradale ha
anthropic backdrop for the architectural composition.
The observations made on Carthusian monastery systems and the interpretation of the Monterubbian monumental building and its surroundings as a possible and yet another typological variation of Carthusian complexes thus leads to some design choices relevant to the development of the area. The new plate surrounds the historic building by removing it from vegetation and placing it within a permeable artificial enclosure. The plaza develops as an enclosure, a clear reference to the system of courtyards typical of Carthusian monasteries, but while the space of the Carthusian galilea is strictly delimited by structures and closed in on itself, the plaza breaks this pattern by opening up to the territory. The square itself becomes an open and permeable element, delimited by the succession of the retaining wall, the new porticoed sleeve, the system of vertical connections and the ‘use of different pavements. There is thus a continuous transition between isolation and physical and visual connection.
The square, thus defined, would become the connecting place between new and existing, between monumental building and the new surrounding structures.
The placement of the three-dimensional elements seeks, therefore, to emphasize the concept of the boundary between nature and building. The relationship that is emphasized in the long porticoed sleeve, an aerial element consisting of a simple slab supported by a series of rhomboidal pillars, conceals below it a permeable and protected space: a diaphragm between the natural and man-made environment, a privileged vantage point toward the surrounding countryside and at the same time toward the existing sacred building, an element of passage. The long portico is also a reflection of a number of considerations about Sacred Mounts and the interpretation of sacred space as a pathway: the 16 arches (14 open and 2 closed) are a reference to the Stations of the Cross and the cult-pathway, a founding element of such a religious complex, and almost a direct reminder of what happens architecturally in Ghiffa. The porticoed sleeve is also an integral part of a
comportato la modifica del terreno ampliando lo spazio antistante il santuario e invadendo il pendio che dal sedime della chiesa conduce verso i campi limitrofi. Ciò ha evidenziato la necessità di edificare un basamento solido al di sotto della nuova piazza, elemento che, come accade in altri scenari italiani quali le sostruzioni della basilica di S. Franceso ad Assisi, sfrutta la morfologia del territorio per inserire spazi funzionali al di sotto del livello basamentale del complesso.
Questo edificio parzialmente interrato diverrebbe una barriera di demarcazione tra il piano di campagna e il piano di calpestio della piazza. Barriera sulla quale si innesta il sistema di scale e collegamenti verticali dell’edificio.
Come per la piazza l’interno segue il modulo generatore preimpostato sia per lo sviluppo planimetrico sia per quello altimetrico. Esso contiene una serie di unità abitative temporanee composte da cucina, camera e bagno tutte dotate di loggiati e ampie finestre elementi di unione con il paesaggio; lo sviluppo di tali abitazioni trae spunto dalle celle certosine, spazi poliedrici dotati di parziale autonomia rispetto al sistema canonico delle celle conventuali: lo spazio è quindi frammentato e suddiviso rispettando le geometrie spaziali della griglia in modo da realizzare stanze per molteplici funzioni.
La presenza del loggiato e della finestratura mette in contatto diretto il fruitore con l’ambiente circostante favorendone la contemplazione e si pone direttamente a contrasto del muro cieco e della parte interrata dell’edificio, regolando in questo mondo anche la permeabilità delle stanze rispetto alla luce diretta del sole e alla quantità di ombra. Molto importanti risultano gli elementi di transizione tra interno ed esterno e tra le varie sezioni funzionali dell’edificio. Un anello di scalinate e corridoi, infatti, permette la discesa e la salita regalando molteplici scorci visivi verso la chiesa e il panorama. Una sorta di Promenade architettonica da svolgere tra interno ed esterno, tra buio e luce.
Se la manica porticata e la struttura ad essa sottostante sono destinate al “passeggio”, il blocco di servizi e collegamenti veloci sono inseriti di testa rispetto alla manica stessa definendo l’angolo sud
larger underground building: the construction of the plate in reference to the old roadbed involved the modification of the terrain by enlarging the space in front of the sanctuary and encroaching on the slope that leads from the church’s site to the neighboring fields. This highlighted the need to build a solid basement below the new plaza, an element that, as happens in other Italian scenarios such as the substructures of the basilica of St. Francis in Assisi, takes advantage of the morphology of the land to insert functional spaces below the basement level of the complex. This partially underground building would become a demarcation barrier between the ground level and the plaza floor. Barrier on which the building’s system of stairs and vertical connections would be grafted.
As with the plaza, the interior follows the preset generator module for both plan and elevation development. It contains a series of temporary housing units consisting of kitchen, bedroom and bathroom all equipped with loggias and large windows elements of union with the landscape; the development of these dwellings takes its cue from the Carthusian cells, polyhedral spaces endowed with partial autonomy from the canonical system of convent cells: the space is therefore fragmented and subdivided respecting the spatial geometries of the grid so as to realize rooms for multiple functions. The presence of the loggia and fenestration puts the user in direct contact with the surroundings favoring contemplation and directly contrasts the blind wall and the basement part of the building, regulating in this world also the permeability of the rooms with respect to direct sunlight and the amount of shade. Very important are the transitional elements between interior and exterior and between the various functional sections of the building. A ring of stairways and corridors, in fact, allows the descent and ascent giving multiple visual glimpses towards the church and the panorama. A kind of architectural Promenade to be carried out between inside and outside, between dark and light.If the arcaded sleeve and the structure below it are intended for “walking,” the block of services and fast connections are inserted head-on with respect to the sleeve itself defining the southern corner of the new square. This compact
della nuova piazza. Questo edificio compatto chiude lo spazio esterno verso la strada e si impone come un elemento rigido e impenetrabile. La scelta di inserire delle gelosie sulla struttura per alleggerire il blocco, mantenendo un elevato grado di protezione, è da rintracciarsi nell’architettura locale: la muratura forata è un diretto richiamo alle colombaie che un tempo caratterizzavano i muri delle case coloniche e la stessa struttura della chiesa presenta ancora le tipiche buche pontaie, ricordo indelebile delle fasi costruttive dell’edificio.
Le scelte materiche sono state ponderate in relazione ai riferimenti dell’architettura tradizionale della zona. Il territorio è caratterizzato dall’ampio utilizzo di muratura in mattoni cotti, spesso prodotti direttamente sul posto: le stesse cronache della Confraternita ricordano la costruzione di almeno due fornaci per la produzione del materiale destinato alla chiesa, mentre l’utilizzo di pietre o elementi lapidei pregiati è assai più esiguo. Tali materiali venivano infatti reperiti spesso durante le operazioni di scavo e reimpiegati sul posto: ciò porta all’utilizzo di massi di piccole dimensioni e di forma rotondeggiante o conglomerati naturali comunemente chiamati “morreceni” composti da sedimenti compattati; entrambe le tipologie di pietre sono chiara testimonianza del passato sedimentario dell’area e della sua formazione pliocenica. In aggiunta si ha l’utilizzo di arenaria e travertino, materiali disponibili nel bacino marchigiano e di stessa natura morfologica.
Pertanto, le scelte materiche sono ovviamente ricadute all’interno di questa rosa di prodotti o ad una loro diretta reinterpretazione.
Per creare un contrasto tra la chiesa esistente, la cui struttura muraria in laterizio è completamente facciavista, e il nuovo intervento si è deciso di utilizzare del cemento lavato a granulometria grossolana come materiale principale. L’edificio e la piazza si presentano quindi come un elemento monolitico in calcestruzzo modulato secondo il consueto andamento della griglia e inframezzato da elementi mono materici a contrasto: la struttura della gelosia realizzata in blocchi di laterizio parzialmente affogati nella colata di cemento o semplicemente incollati con
building encloses the outer space toward the street and imposes itself as a rigid and impenetrable element.
The choice to insert jellies on the structure to lighten the block while maintaining a high degree of protection can be traced to local architecture: the perforated masonry is a direct reference to the dovecotes that once characterized the walls of farmhouses and the church structure itself still has the typical pontaie holes, an indelible reminder of the building’s construction phases.
The material choices were weighted in relation to the references of the traditional architecture of the area. The area is characterized by the extensive use of baked brick masonry, often produced directly on site: the Confraternity’s own chronicles record the construction of at least two kilns for the production of the material destined for the church, while the use of stone or fine stone elements is much more meager. In fact, such materials were often found during excavation operations and reused on site: this leads to the use of small, rounded boulders or natural conglomerates commonly called “morrecenes” composed of compacted sediments; both types of stones are clear evidence of the sedimentary past of the area and its Pliocene formation. In addition, there is the use of sandstone and travertine, materials available in the Marche Basin and of the same morphological nature. Therefore, the material choices obviously fell within this product range or to a direct reinterpretation of them.
To create a contrast between the existing church, whose brick wall structure is completely fairfaced, and the new intervention, it was decided to use coarse-grained washed concrete as the main material.
The building and plaza thus appear as a monolithic concrete element modulated according to the usual grid pattern and interspersed with contrasting mono-material elements: the structure of the jealousy made of brick blocks partially drowned in concrete casting or simply glued with the use of simple
l’uso di semplice malta a formare il reticolo di pieni e vuoti che caratterizza il volume delle scale; la pavimentazione della piazza che fa del travertino il materiale principe della scacchiera di cemento, quasi un richiamo alla piazza di Ascoli, alternato ad elementi in ghiaia sciolta; travertino che troviamo nuovamente nella gradonata e nel basamento su cui si poggia la struttura sacra ed infine ferro e vetro per le partizioni effimere di divisione dello spazio. Il vetro viene trattato con una particolare patina olografica capace di falsare in parte i colori che su esso si rispecchiano donando al visitatore una nuova e particolare immagine del luogo, misteriosa e sovrannaturale. Lo stesso arredo fisico dello spazio cerca di trarre plasticità e materia dall’ambiente artificiale creatosi, il susseguirsi di parallelepipedi lapidei nella piazza rievoca i banchi di preghiera all’interno della chiesa posti a creare un nuovo spazio sacro esterno definito dalla presenza dei due porticati e direttamente collegato al paesaggio e alla navata interna della chiesa. Uno spazio sacro che si estende per tutta la piazza divenendo luogo di contemplazione del panorama e di riposo delle membra.
L’introduzione di uno specchio d’acqua a ricordo di una primitiva fonte narrata dalle cronache locali vuole essere l’elemento baricentrico intorno al quale ruotano chiesa, portico, piazza e natura circostante.
Il progetto pur ambizioso vuole dare una nuova chiave di lettura e un nuovo scopo a un elemento territoriale ormai dimenticato, ma capace di offrire ancora molto alla comunità monterubbianese.
mortar to form the grid of solids and voids that characterizes the volume of the stairs; the paving of the square that makes travertine the main material of the concrete checkerboard, almost a reference to the square of Ascoli, alternating with loose gravel elements; travertine that we find again in the steps and in the base on which the sacred structure rests and finally iron and glass for the ephemeral partitions dividing the space. The glass is treated with a special holographic patina capable of partially distorting the colors reflected on it giving the visitor a new and special image of the place, mysterious and supernatural. The very physical furnishing of the space seeks to draw plasticity and matter from the artificial environment created, the succession of stone parallelepipeds in the square evokes the prayer pews inside the church placed to create a new external sacred space defined by the presence of the two arcades and directly connected to the landscape and the inner nave of the church. A sacred space that extends throughout the square becoming a place for contemplation of the landscape and resting of the limbs. The introduction of a pool of water in memory of a primitive spring narrated in local chronicles is intended to be the barycentric element around which church, portico, square and surrounding nature revolve.
The project, while ambitious, wants to give a new key and a new purpose to a forgotten territorial element, but one that is still capable of offering much to the Monterubbiano’s community.
Level0
Level-1
Commonfacilitiesandprivatecells
Level-2
Commonfacilitiesandprivatecells
B. Ricci, Memorie storiche delle arti e degli artisti della marca di Ancona, Macerata, 1834, 221, 222, 226, 227, 228.
Guida di Loreto, Siena, 1895, p. 191
E. Luzi, in Arte e Storia, 1888, p. 5; 1892, p. 194
L. Centanni, Guida storico-artistica di Monterubbiano, Fermo 1927
L. Centanni (et al.), Strenna storica monterubbianese, Monterubbiano, 1946, p. 26, 29.
G. Santarelli, Il Santuario della Madonna dell’Ambro, Ascoli Piceno, 1958, pp. 20- 22, 40- 48.
P. Sebastiano da Potenza Picena, Martino Bonfini pittore della Madonna del Santuario dell’Ambro, Ascoli Piceno, 1950
A. Paredi (ed by), Sancti Caroli Borromaei Orationes XII: ad usum episcoporum in Concilium Oecum. Vaticanum II convenientium Pauli VI Pont. Max. iussu denuo editae, Milano,1963
G. Natali, Dizionario marchigiani illustri, ms. 1204, fino al 1965 ca., voce Desiderio Bonfini, Martino Bonfini.
F. Aliberti Gaudioso, in Mostra d’opere d’arte restaurate, Urbino, 1967, p. 40.
M. Natalucci, per il Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, 1970, ad vocem Bonfini Desiderio, pp. 30-31
F. Grimaldi, Loreto, Basilica di Santa Casa, in Musei d’Italia-Meravigliee D’italia, Roma 1975, pp. 15, 16, 33, 57
G. Nepi and G. settimi, Santa Vittoria in Matenano, Camerino, 1977, p. 355, G. Leoncini, La certosa di Firnze ed i suoi rapporti con l’architettura certosina, 1978
L. Mochi Onori, Claudio Ridolfi, in Pittori nelle Marche tra il ‘500 e il ‘600, Urbino, 1979, pp. 22- 24.
F. Grimaldi (ed. by), Guida degli archivi lauretani, Roma, 1985, pp. 7, 37, 90, 104, 337
P. Giannuzzi, Dell’architetto di santa casa Lattanzio Ventura che nel 1592 disegnò il campanile del Duomo di Ascoli Piceno e delle opere da lui compiute a Loreto, in “arte e storia”, IV, 1885 E. Cattaneo, Il restauro del culto cattolico, in San Carlo e il suo tempo, Atti del convegno internazionale nel IV centenario dalla morte, Roma 1986, pp. 427-453
Floriano Grimaldi (ed. by), La basilica della santa casa di Loreto, indagini archeologiche geognostiche e statiche, Ancona,1986.
R.Krauss, Grids, in The originality of the Avantgard and other modernist, Cambridge, the MIT Press, 1986, p. 18
M. Laclotte (ed. by), Dizionario della pittura e dei pittori, Torino, 1989, vol. I, ad vocem, Bonfini Martino, p. 395
F. Lanciotti, Progetto di massima e restauro della chiesa rurale del SS. Crosifisso, Jun 1988.P. Zampetti, Pittura nelle Marche, vol. II, Ancona, 1989, pp. 157, 456- 458.
G.M. Lorenzi, Finalità e vita quotidiana dei certosin, in Certase e Certasini in Europa, 1990, pp. 29-46
P. Zampetti, Pittura nelle Marche, vol. III, Ancona, 1990, pp. 23- 29, 35- 37, 79- 81.
F. Grimaldi, La Chiesa di S. Maria di Loreto tra Cinquecento e Seicento, in Le Arti nelle Marche
al tempo di Sisto V, catalogo della mostra, Milano, 1992, pp. 137- 142
P. Zampetti, Il Santuario di Santa Maria a Macereto in Le Arti nelle Marche al tempo di Sisto V, catalogo della mostra, Milano, 1992, pp. 166- 169
P. Dal Poggetto, La situazione delle Arti, in Le Arti nelle Marche al tempo di Sisto V, catalogo della mostra, Milano, 1992, pp. 183- 187
M. Giannatiempo Lopez, I Lombardi- Solari e la porta centrale di Loreto, in Le Arti nelle Marche al tempo di Sisto V, catalogo della mostra, Milano, 1992, pp. 219- 231
M. Giannatiempo Lopez, Tiburzio Vergelli e la porta nord di Loreto, in Le Arti nelle Marche al tempo di Sisto V, catalogo della mostra, Milano, 1992, pp. 246- 251
M. R. Valazzi, Federico Zuccari, in Le Arti nelle Marche al tempo di Sisto V, catalogo della mostra, Milano, 1992, pp. 272- 281
D. Ferriani, Simone De Magistris ad Ascoli Piceno: 1588- 1592, in Le Arti nelle Marche al tempo di Sisto V, catalogo della mostra, Milano, 1992, pp. 299
L. Arcangeli, Andrea Lilli, in Le Arti nelle Marche al tempo di Sisto V, catalogo della mostra, Milano, 1992, pp. 331- 335
L. Arcangeli and B. Montevecchi, L’Oratorio del Crocifisso a Monterubbiano, in Le Arti nelle Marche al tempo di Sisto V, catalogo della mostra, Milano, 1992, pp.170- 172 Caldari Giovannelli, Andrea Boscoli, in Le Arti nelle Marche al tempo di Sisto V, catalogo della mostra, Milano, 1992, pp. 380- 387
L. Mochi Onori, Claudio Ridolfi, in Le Arti nelle Marche al tempo di Sisto V, catalogo della mostra, Milano, 1992, pp. 431- 433
M. Magnani Cianetti Tozzi, Le abitazioni dei certosini e l’intervento nelle casette 7-8-9, in Bollettino di Archeologia del Ministero Beni Culturali ed Ambientali”, 1992, pp. 13-15
G. Bulan, Il grande Chiostro e le casette dei Certasini, in Bollettino di Archeologia del Ministero Beni Culturali ed Ambientali”, 1992, pp. 137-143
L. Bessone and R. Scuderi,Manuale di Storia romana, Bologna, Monduzzi, 1994, pp.87-88
D. Ferriani, Chiese aperte, Feb 1995
F. Mariano, L’Architettura nelle Marche, Firenze, 1995, pp. 201- 205, 321- 326
F. Zeri, Pittura e Controriforma- Alle origini dell’arte senza tempo, Torino, 1995, pp. 29-115
P. De Vecchi, E. Cerchiari, Arte nel Tempo, vol. 2, Milano, 1996, pp. 552- 582
G. Gili (translated by), Conversazioni con Mies van der Rohe, previously in J. Peter, La storia orale dell’architettura moderna: interviste ai più grandi architetti del Novecento, New York, 1994.
G. Rocchi, Dai riti marziali delle tavole Iguvine a “Sciò la pica”, Monsampietro Morico 1999, p. 27
G. Leoncini, La certosa di firenze, considerazioni sulla genesi e sulla struttura del primo impianto architettonico, in Certosa e Certosini, 1999
G. Santarelli, L’arte a Loreto, Loreto, 2001, pp 30, 34, 38, 86, 102, 131, 170, 172, 176, 177, 190
F. Singul, Sacri Monti e cammino di Santiago: mentalità, cultura e patrimonio, in Luoghi e vie di pellegrinaggio, i Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia, catalogue, 2004
A. Barbero, ATLAS, Convegno Internazionale “Religioni e Sacri Monti”; in Piemonte Parchi, Jun-Jul 2004
C. Hinant, “Grid Next Door”, 2011
I.C.R. Balestreri, L’Architettura Del Sacro Monte. Disegni, Progetti, Vedute Fra XVI e XVII Secolo. Una Proposta Di Lettura, in L’Architettura Del Sacro Monte. Storia e Progetto, 2012
G. Leoncini. La cella: cuore della vita eremitica, 2013, pp. 32-39
S. Parrinello, P. Becherini, Evoluzione Metodologica e Protocolli Rappresentativi per i Complessi Delle Certose, in Territori e Frontiere Della Rappresentazione 39° Convegno Internazionale Dei Docenti Delle Discipline Della Rappresentazione, Vol. 1, 2017.
F. Cardini, Gerusalemme nel Ticino, in Terra Santa, n. 2 Mar-Apr 2018, pp 46-47
S. Beltramo, L’Architettura Medievale Delle Certose Tra XII e XIV Secolo: Studi e Temi Di Ricerca, in La Certosa Di Trisulti, 2018.
F. Del Sole, Istruioni architettoniche tra cinque e seicento, da carlo borromeo a vincenzo maria orsini, edA, 2021
G. Nepi, la passeggiata di S. Rocco.
U. Thieme, F. Becker, Allgemeins Lexikon, vol. 33/ 34, ad vocem, Ventura Ventura, p. 217.
Biblioteca Comunale di Macerata, G. Natali, Dizionario marchigiani, Ventura Ventura.
G. Santarelli, Il Santuario della Madonna dell‘Ambro, pp. 20- 22, 40.
Verbali delle adunanze della Confraternita del SS. Crocifisso di Monterubbiano, 1597- 1599
T. Vergelli and P. Cecchini (written and signed), Fattura del Crocefisso p.10, Recanati, 9 Mar 1598
V. Ventura, Ass.mo ser.re Ventura Ventura Arch.to d. S.ta Cassa, Ali Molti mag.chi sig.ri Deputati della fabrica e fratelli della Compagnia del San.to Crocifisso de Monte Robiano, Loreto, 14 Aug 1599
P. Cecchinj, Alli M.to Mag.ci SS. Miej oss.i li ss. Rectore et Priorj della compag.a del S.mo Crocifisso de Monterob.no, Recanati, 29 Aug 1599
P. Cecchinj, Alli M.to Mag.ci SS. Miej oss.i li ss. Rettore et Priorj della comp.a del S.mo Crocifisso, de Monte rob.no, Recanati, 24 Aug 1600.
Jomatisto Muratore da M.te gr.ro, Al Ma.co ss.re e Patroni il ss.re Rettore e fabricieri dil Santissimo Crucifisso di M.te Robiano, Montegranaro, 2 May 1600
Jomatisto Muratore da M.te gr.ro, Al M.co ss.re e patroni __ M.te Robiano, Montegranaro, 9 Feb 1601
Card. Bandini, Alli molto mag.ci miei amat.mi Il Rettori __ del SS.mo Crucifisso di Monti Rub.ni, Macerata, 17 Mar 1601
Antonio Bornio Vicario, Alli Molto Mag.ci Confr.elli li Priori della Compag.a del S.mo Crucifisso di Monte Rubbiano, Fermo, 18 Jun 1602
Verbali delle adunanze della Confraternita del SS. Corpo, ff. 63v- 63r, 6 Jul 1603
Registro delle Uscite della Confraternita del SS. Crocifisso di Monterubbiano, 1603- 1608
Registro delle Uscite della Confraternita del SS. Crocifisso di Monterubbiano, 1609- 1687
Affett.mo ser.re Lucilio Costantini, All’I.mi Si.ri miei Priori Oss.mi li Sig.ri fr.lli della Ven.da comp.a del S.mo Crucifisso di M.te Rub.no, Fermo, 26 Jun 1629
Libro delle Congregazioni del Capitolo della Collegiata, f. 260, 25 Gen 1759
Inventario di tutti i beni mobili della Ven. Confraternita del SS.mo Crocifisso, 8 Dec 1772
Inventario di tutto ciò che ha la Ven. Confraternita del SS.mo Crocifisso, 1839
Visita Pastorale Card. Filippo De Angelis, 8 Sep 1842
Atti di S. Visita, Inventario 1771, Monterubbiano.
Primas Visita di S.E.R. Monsig. Gabrielle Ferretti, tomo XII, Monterubbiano Visita Pastorale Confraternita del SS. Crocifisso, 1838.
Treccani, Diaframma, 2022, treccani.it/vocabolario/diaframma
Archdaily, Supra order estamos convencidos de que la arquitectura es universal y posee un lenguaje-proprio, 2022, archdaily.mx/mx/962918/supra-order-estamos-convencidos-de-que-la-arquitectura-es-universal-y-posee-un-lenguaje-proprio
Storiadimilano, Carlo Borromeo, 2022, storiadimilano.it/Arte/CBORROMEO_EDILIZIA/CarloBorromeo.htm
Beniculturali.marche, Chiesa del SS. Crocifisso, 2022, beniculturali.marche.it/Ricerca/tabid/41/ ids/75532/Chiesa-del-SS-Crocifisso/Default.aspx
IMAGO, Catasto Gregoriano, 2022, cflr.beniculturali.it/Gregoriano/gregoriano_intro.htm
SacriMonti, 2022, www.sacrimonti.org
Graziea Prof.LuigiMarioLorenzoSpinelli perlapreziosaguidaepernonavermiabbandonatonelmomentodeldubbio, MassimoSgrillietuttalaConfraternitadelSSCrocifisso peravercredutoinquestaricercalasciandomiliberoaccessoallachiesaedaidocumenti, DanilaMariottiperaverfornitoilpuntodipartenza, ElisabettaVespriniperlenotiziestoricheel’attentacorrezione, LudovicaTassottiperessersisempreresadisponibiliallemieassurderichieste, MauroNicolaiperlefoto“storiche”e atuttiquellichehannoaiutatoinunmodoonell’altro.
UnGraziespecialea FedericoeSusannachemihannodatolaforzadiandareavantineimomentidifficili, Martinaperavercondivisoilpercorsoditesiinsiemee allamiafamigliachehaaiutatoinmodiinimmaginabili(fidatevi) esenzailcuiaiutoquestolavorosisarebbefermatoancoraprimadiiniziare.
Editing and graphic design by Leonardo Vesprini
Printed by Rosati Tipografia, Pedaso