Estratto il bacio cremisi

Page 1




1

Dante fece scorrere il dito sulla dolce carne femminile, indugiando all’altezza della carotide, dove il battito cardiaco dell’umana pulsava più forte. Anche il suo accelerò, rispondendo all’afflusso di sangue sotto la superficie della candida pelle delicata. Dante chinò la sua testa scura e baciò quel punto tenero, lasciando giocare la sua lingua sopra il ritmo frenetico delle pulsazioni della femmina. «Dimmi,» mormorò contro quella pelle calda, la sua voce un basso brontolio nel mezzo della martellante musica della discoteca «sei una strega buona o una strega cattiva?» La femmina si contorse nel suo grembo, le gambe avvolte nelle calze a rete intrecciate attorno a lui, il corpetto con lacci nero che le sollevava i seni fin sotto il suo mento come un buffetto. La femmina attorcigliò il dito nella sua sgargiante parrucca fucsia, poi lo lasciò scorrere verso il basso con fare allusivo, oltre il tatuaggio di una croce celtica e poi nel solco fra i suoi seni rigonfi. «Oh, sono una strega molto, molto cattiva.» Dante grugnì. «La mia preferita.» Rivolse un sorriso agli occhi ebbri della donna, non curandosi di nascondere le proprie zanne. Era uno dei molti vampiri presenti in quella discoteca di Boston la notte di Halloween, anche se parecchi erano soltanto mascherati. Umani che osten7


tavano denti di plastica, sangue finto e diversi costumi ridicoli. Pochi altri – lui e una manciata di maschi provenienti da uno dei Rifugi Oscuri della nazione vampirica, che ciondolavano vicino alla pista da ballo – erano genuini. Dante e gli altri facevano parte della Stirpe, ben lontani dai pallidi vampiri gotici del folklore umano. Né progenie demoniaca né non-morti, la razza di Dante era un miscuglio ibrido a sangue caldo di Homo sapiens e letali creature di un altro mondo. I precursori della Stirpe, una banda di alieni conquistatori schiantatisi sulla Terra millenni fa, ed estinti da lungo tempo, si erano accoppiati con femmine umane e avevano trasmesso ai discendenti la sete – l’esigenza primaria – di sangue. Quei geni extraterrestri avevano conferito alla Stirpe grandi poteri, ma anche tremende debolezze. Solo il lato umano della Stirpe, con le qualità tramandate dalle loro madri mortali, manteneva la loro razza civilizzata e fedele a qualche tipo di ordine. Eppure, alcuni della Stirpe soccombevano alla loro parte selvaggia e diventavano Ribelli; una strada a senso unico lastricata di sangue e follia. Dante disprezzava quella componente della sua razza e, in qualità di membro della classe dei guerrieri, era compito suo eliminare i suoi simili Ribelli ogni volta che li trovava. Come maschio avvezzo ai piaceri, Dante non era sicuro quale fosse il suo preferito: la vena di una femmina, succosa e calda, sotto la sua bocca, oppure la sensazione dell’acciaio dal filo in titanio nella sua mano mentre lo affondava nei nemici riducendoli in polvere per strada. «Posso toccarli?» La strega con i capelli fucsia che gli stava seduta in grembo fissava la bocca di Dante con fascino rapito. «Diamine, quei canini sembrano dannatamente veri! Voglio proprio toccarli.» «Sta’ attenta» la ammonì mentre la ragazza avvicinava le dita alle sue labbra. «Mordo.» «Davvero?» ridacchiò lei sgranando gli occhi. «Ci scommetto, dolcezza.» 8


Dante succhiò il suo dito, riflettendo sul modo migliore per poter indurre la femmina a scopare. Aveva bisogno di nutrirsi, ma non era mai restio a un po’ di sesso come antipasto o dolce non aveva importanza. Andava comunque bene, per come la vedeva lui. Conclusione, decise d’impulso, facendo in modo che le sue zanne perforassero la punta carnosa del dito della ragazza mentre lei iniziava a ritrarlo. Quella annaspò mentre Dante succhiava dalla piccola ferita, impedendole di ritirarlo così presto. Quel piccolo assaggio di sangue lo infiammò, assottigliando le sue pupille in fessure verticali nel mezzo dei suoi occhi dorati. Un bisogno rovente lo percorse, raccogliendosi nel rigonfiamento crescente del suo membro, in tensione sotto la pelle nera dei pantaloni. La femmina gemette, chiudendo gli occhi mentre si inarcava come un gatto tra le sue braccia. Dante lasciò andare il suo dito mentre le avvolgeva una mano attorno alla nuca e attirava il suo collo più vicino a sé. Prendere un’Ospite come lei in un luogo pubblico non era esattamente il suo stile, ma era annoiato fino alla nausea e aveva bisogno di quel diversivo. Inoltre dubitava che quella notte qualcuno ci avrebbe fatto caso, quando nella discoteca c’era abbondanza di falsi pericoli e manifesta sensualità. Per quanto riguardava la femmina che teneva sul grembo, avrebbe solo provato piacere mentre Dante prendeva da lei ciò che gli occorreva. Dopo non avrebbe ricordato nulla, poiché le avrebbe cancellato dalla mente qualunque ricordo di lui. Dante si fece avanti, inclinando di lato la testa della femmina, con l’acquolina in bocca per la fame. Guardò oltre lei e vide due vampiri del Rifugio Oscuro, membri della popolazione generale della Stirpe, che lo osservavano da qualche metro di distanza. Sembravano ragazzini: senza dubbio appartenevano alla generazione attuale. Bisbigliavano fra loro, chiaramente riconoscendolo come uno della classe dei guerrieri e cercando di decidere se avvicinarlo o meno. 9


Toglietevi di torno, pensò Dante fissandoli mentre schiudeva le labbra e si preparava ad aprire la vena della sua Ospite. Ma i giovani vampiri ignorarono la sua occhiataccia. Il più alto dei due, un maschio biondo in pantaloni mimetici, stivali da motociclista e una maglietta nera, si fece avanti per primo. Il suo compagno, agghindato con jeans larghi, scarpe alte alla caviglia e una maglietta dei Lakers troppo grande, procedette impettito dietro di lui. «Merda.» Dante poteva tollerare un po’ di indiscrezione, ma non gli serviva certo un pubblico che lo osservava a bocca aperta mentre si nutriva. «Qualcosa non va?» si lamentò la sua prossima Ospite mente Dante si scostava da lei. «Nulla, dolcezza.» Appoggiò il proprio palmo contro la fronte della femmina, cancellandole dalla mente l’ultima mezz’ora. «Ora va’ dai tuoi amici.» Lei si alzò obbediente dalle sue gambe e si allontanò, svanendo nella calca di corpi sulla pista da ballo. I due vampiri del Rifugio Oscuro le rivolsero solo un’occhiata fugace mentre si avvicinavano al tavolo di Dante. «Come va, ragazzi?» Dante gettò lì quel saluto, senza il minimo interesse a scambiare quattro chiacchiere. «Ehi.» Il biondino in tenuta militare fece un cenno col capo, assumendo una posa con le braccia muscolose incrociate sul petto. Non si vedeva un singolo dermatoglifo su quella pelle giovane. Stirpe di generazione attuale, di sicuro. Probabilmente non superava nemmeno la ventina. «Spiacenti di interrompere, amico, ma dovevamo proprio dirtelo: è stato davvero un colpo sensazionale quello che avete inferto ai Ribelli qualche mese fa. Tutti parlano ancora del modo in cui l’Ordine si è sbarazzato in una notte di un’intera colonia di succhiateste. Avete fatto saltare in aria quei bastardi. Davvero strepitoso, amico.» «Già» aggiunse il suo compagno. «Perciò ci stavamo chiedendo... Voglio dire, abbiamo sentito che l’Ordine sta cercando nuove reclute.» 10


«Ah sì?» Dante si appoggiò all’indietro sulla sua sedia e sospirò annoiato. Quella non era certo la prima volta che veniva avvicinato da vampiri dei Rifugi Oscuri che speravano di unirsi ai guerrieri. Dal momento del raid al covo dei Ribelli, nel vecchio manicomio la scorsa estate, la squadra dei guerrieri della Stirpe – che un tempo agiva in segreto – aveva acquisito parecchia notorietà indesiderata. Celebrità, perfino. Era irritante come non mai. Dante scalciò via la sua sedia dal tavolo e si alzò in piedi. «Non sono io la persona con cui dovete parlare di questo» disse ai due speranzosi. «E comunque il reclutamento nell’Ordine è soltanto su invito. Spiacente.» Si allontanò a grandi passi da loro, sollevato nel sentire la vibrazione del suo cellulare all’interno della tasca della giacca. Tirò fuori l’apparecchio e rispose alla chiamata proveniente dal complesso della Stirpe. «Sì.» «Come va?» Era Gideon, il genio locale della classe dei guerrieri. «Nessuna attività da riferire, in superficie?» «Non molto. Qua fuori le cose sono piuttosto morte, per ora.» Dante passò in rassegna la discoteca affollata, notando che i due vampiri avevano deciso di andarsene. Erano diretti verso l’uscita e portavano con loro un paio di femmine umane mascherate. «Neanche un Ribelle nei paraggi finora. Che situazione schifosa. Ho una gran voglia di un po’ d’azione qui, Gid.» «Be’, cerca di tirarti su» disse Gideon, un sogghigno nella sua voce. «La notte è ancora giovane.» Dante ridacchiò. «Di’ a Lucan che gli ho risparmiato un altro paio di aspiranti che volevano arruolarsi. Sai, preferivo di gran lunga quando eravamo temuti, piuttosto che venerati. Il nostro ragazzo sta facendo qualche progresso col reclutamento oppure è troppo impegnato con quella sua splendida Compagna della Stirpe?» 11


«Sì a entrambe» replicò Gideon. «Per quanto riguarda il reclutamento, sta per arrivare un candidato da New York e Nikolai ha mandato qualcuno a sondare il terreno dai suoi contatti a Detroit. Dovremo organizzare dei test per i novellini... sai, metterli alla prova prima di decidere.» «Intendi strapazzarli per bene e vedere quanti tornano a chiederne ancora?» «C’è qualche altro modo?» «Conta su di me» replicò Dante, muovendosi attraverso la discoteca verso la porta. Uscì fuori nella notte, evitando un gruppo di avventori umani vestiti come zombie in abiti sbrindellati e con un trucco orrendo. Il suo udito acuto distinse centinaia di suoni, dal rumore generale del traffico fino alle urla e le risa dei festanti ubriachi di Halloween che intasavano le strade e i marciapiedi. Sentì anche qualcos’altro. Qualcosa che fece allertare i suoi sensi da guerriero. «Devo andare» disse a Gideon all’altro capo della linea. «Ho individuato un succhiateste. Immagino che dopotutto stanotte non sarà uno spreco totale.» «Ci risentiamo dopo che l’hai ridotto in polvere.» «Bene. A dopo.» Dante chiuse la chiamata e mise in tasca il cellulare. Si infilò in un vicolo laterale, seguendo il basso ringhio e il lezzo stantio e diffuso di un vampiro Ribelle che si aggirava furtivo pedinando la sua preda. Come gli altri guerrieri dell’Ordine, Dante provava un profondo disprezzo per i membri della Stirpe che erano diventati Ribelli. Tutti i vampiri erano assetati, tutti i vampiri dovevano nutrirsi – a volte uccidere – per poter sopravvivere. Ma ognuno di loro, fino all’ultimo, sapeva che il confine fra necessità e ingordigia era sottile; appena poche, misere gocce di sangue. Se un vampiro ne consumava troppo oppure alimentava il suo bisogno troppo di frequente, correva il rischio della dipendenza o di entrare in uno stato di fame permanente noto come Brama di 12


Sangue. In preda alla malattia, sarebbe diventato Ribelle, un drogato violento che avrebbe fatto qualunque cosa per la sua dose successiva. La brutalità e la sconsideratezza dei Ribelli minacciavano di rivelare la Stirpe alla razza umana, un pericolo che Dante e il resto dell’Ordine non tolleravano. E incombeva una minaccia ancora maggiore: pochi mesi prima era diventato evidente che i Ribelli si stavano organizzando, il loro numero stava crescendo e venivano orchestrate tattiche verso un obiettivo che pareva nientemeno che la guerra. Se non fossero stati fermati, e presto, sia la Stirpe che la razza umana si sarebbero potute ritrovare al centro di una battaglia sanguinosa e infernale che avrebbe rivaleggiato perfino con il peggior scenario da fine del mondo. Per ora, mentre l’Ordine era concentrato sull’individuare i nuovi posti di comando dei Ribelli, la missione dei guerrieri era semplice: dare la caccia ed eliminare ogni Ribelle possibile. Sterminarli come la feccia infetta che erano. Era un compito che Dante gradiva: doveva aggirarsi furtivo per le strade, armi in mano, in cerca di un combattimento. Lo manteneva vivo, ne era certo; cosa più importante, teneva a bada i suoi demoni più profondi. Dante svoltò dietro un angolo, poi si intrufolò in uno stretto vicolo fra un paio di vecchi edifici di mattoni. Sentì un grido femminile da qualche parte davanti a lui nel buio. Accelerando il passo, si affrettò verso le urla. Arrivò con appena un secondo di ritardo. Il Ribelle aveva pedinato i due vampiri del Rifugio Oscuro e le femmine che li accompagnavano. Pareva giovane, abbigliato con indumenti dark e con un lungo soprabito nero. Ma, giovane o no, era grosso e forte, e inferocito per la fame. Una delle donne era stretta in una presa mortale, col vampiro in preda alla Brama di Sangue già avvinghiato alla sua gola, mentre i due aspiranti guerrieri se ne stavano lì immobili e inebetiti. 13


Dante estrasse un pugnale da un fodero sul fianco e lo scagliò. La lama colpì forte, conficcandosi fra le scapole del Ribelle. L’arma era fatta appositamente in acciaio e titanio: quest’ultimo metallo era estremamente velenoso per il sistema circolatorio e gli organi contaminati dei Ribelli. Un bacio di quella lama e un Ribelle avrebbe cominciato a bruciare dall’interno a una rapidità da record. Ma con questo non accadde. Diede un’occhiataccia feroce a Dante; i suoi occhi come ambra lucente, le zanne coperte di sangue mentre sibilava un malevolo avvertimento. Il Ribelle resisté all’attacco del pugnale, tenendo stretta la sua preda e ruotando la testa per bere con urgenza ancora maggiore. Che diavolo..., pensò Dante. Il guerriero corse verso il vampiro intento a nutrirsi con un’altra lama in mano. Non perse un secondo, stavolta mirando al collo, intendendo conficcarvi l’arma. La lama affondò, giungendo in profondità. Ma il succhiateste ruotò e si sottrasse all’assalto prima che Dante potesse finire il lavoro. Con un grido di dolore, lasciò cadere la femmina e concentrò tutta la sua furia su Dante. «Portate via da qui le umane!» gridò il guerriero ai vampiri del Rifugio Oscuro mentre strattonava la donna fuori dalla mischia e la spingeva verso gli altri. «Datevi una mossa! Ripulitela, cancellate i ricordi di tutt’e due, e portatele subito via di qui!» I due giovani maschi balzarono in azione. Afferrarono le donne urlanti e le tirarono fuori da quel luogo mentre Dante rifletteva sulla stranezza di ciò a cui aveva appena assistito. Il vampiro non si era disintegrato, come avrebbe dovuto, per la doppia dose di titanio che Dante gli aveva somministrato. Non era un Ribelle, anche se aveva cacciato la sua preda e si era nutrito come il peggior drogato di sangue. Dante fissò quel volto trasfigurato, le zanne protese e le pupille ellittiche immerse in iridi inondate da colori fiammeg14


gianti. La bocca del vampiro era incrostata di una maleodorante bava rosa, che fece rivoltare lo stomaco di Dante per il suo puzzo. Sconcertato, indietreggiò, supponendo che il vampiro avesse più o meno la stessa età dei due giovani del Rifugio Oscuro. Un maledetto novellino. Ignorando lo squarcio pulsante nel suo collo, il vampiro allungò una mano dietro di sé ed estrasse il pugnale di Dante dalla spalla. Grugnì, con le narici che si dilatavano come se stesse per balzare da un momento all’altro. Ma poi fuggì. Il succhiateste schizzò via a passo svelto, con l’orlo del soprabito svolazzante dietro di lui come una vela mentre si dirigeva zigzagando nel buio della città. Dante non esitò un attimo. Lo seguì una strada dopo l’altra, attraverso vicoli e quartieri, poi sempre più in periferia, fuori da Boston, verso la zona portuale, dove fabbriche vuote e vecchi complessi industriali si ergevano come tetre sentinelle lungo la sponda del fiume. Da uno degli edifici proveniva il sommesso pulsare ritmico di una musica, i pesanti bassi e i guizzi intermittenti di luci stroboscopiche provenivano senza dubbio da un rave in corso lì da qualche parte. In vantaggio su di lui di poco più di un centinaio di metri, il vampiro si affrettò giù lungo un molo verso una sgangherata rimessa per barche. Vicolo cieco. Con la bocca che sputava furore, il succhiateste si voltò e passò all’offensiva, ruggendo contro Dante come un pazzo. Il davanti dei suoi vestiti era inzuppato di sangue dall’assalto brutale ai danni della femmina umana. Il vampiro affilò le zanne e artigliò verso di lui, i suoi enormi denti che colavano saliva, quelle fauci spalancate che trasudavano altra maleodorante schiuma rosea. I suoi occhi d’ambra brillavano di pura malignità. Dante sentì il cambiamento sopraffare anche lui, la furia della battaglia che lo scuoteva dentro, trasformandolo in una creatura non molto diversa da quella contro cui si stava scon15


trando. Con un ringhio, gettò a terra il succhiateste sulle assi di legno del molo. Con un ginocchio piantato contro il massiccio torace del suo avversario, Dante estrasse le sue lame malebranche gemelle. Le armi ricurve scintillarono alla luce della luna, dotate di una bellezza letale. Perfino se il titanio si rivelava inutile, c’era più di un modo per uccidere un vampiro, Ribelle o meno. Dante calò le lame, prima l’una, poi l’altra, tagliando in profondità la gola carnosa del vampiro impazzito e staccandogli di netto la testa. Poi calciò i resti giù dal molo, in acqua. Il fiume scuro avrebbe nascosto il cadavere fino al mattino, poi i raggi ultravioletti della luce del giorno si sarebbero occupati del resto. Un vento si levò dall’acqua, portando con sé la puzza di inquinamento industriale e di... qualcos’altro. Dante udì un movimento lì vicino, ma fu solo quando avvertì il bruciore della carne squarciata sulla sua gamba che si rese conto di essere sotto un nuovo attacco. Subì un altro colpo penetrante, stavolta al torace. Cristo santo. Da qualche parte dietro di lui, in alto vicino alla vecchia fabbrica, qualcuno gli stava sparando. Lo scoppio dell’arma era silenziato, ma era inequivocabile che si trattasse di un fucile automatico. La sua nottata noiosa all’improvviso stava diventando un po’ troppo interessante per i suoi gusti. Dante si gettò a terra mentre un altro colpo sibilava oltre lui e finiva nel fiume. Rotolò, cercando di guadagnare il riparo della rimessa per barche mentre il cecchino sparava qualche altro colpo. Un proiettile raggiunse l’angolo della struttura fatiscente, mandando in frantumi simili a coriandoli il legno marcente. Dante portava con sé una pistola, un pesante supporto da 9 mm per le lame che preferiva usare in combattimento. La estrasse, sapendo che sarebbe stata del tutto inutile contro il cecchino a quella distanza. Altri colpi tempestarono la rimessa; uno di essi graffiò la 16


guancia di Dante mentre faceva capolino per guardarsi attorno e individuare il suo aggressore. Cattive notizie. Quattro sagome scure si stavano muovendo verso la banchina dalla zona della fabbrica, tutti muniti di armamento pesante. I vampiri della Stirpe erano in grado di vivere centinaia di anni e sopportare gravi ferite fisiche, ma erano comunque di carne e ossa. Bastava imbottirli di piombo, recidere le arterie importanti – o, peggio, la loro testa – e morivano come qualunque altro essere vivente. Ma non senza combattere come dei demoni. Dante rimase abbassato e attese che i nuovi arrivati giungessero entro la gittata della sua arma. Quando lo fecero, aprì il fuoco su di loro, centrandone uno al ginocchio e piantando una pallottola nella testa di un altro. Rimase stranamente sollevato nel vedere che erano Ribelli, il titanio nei proiettili fatti appositamente che li abbatteva all’istante e innescava in loro un rapido decadimento cellulare. I Ribelli rimasti risposero al fuoco e Dante evitò di un soffio le raffiche, spostandosi ancora più indietro lungo il lato della rimessa. Dannazione. Restare in copertura voleva dire sacrificare la posizione di offesa. Per non parlare del fatto che gli impediva di tenere sotto controllo l’avvicinamento dei nemici. Li sentì approssimarsi mentre inseriva un nuovo caricatore nella pistola. Poi silenzio. Attese un secondo, valutando la zona circostante. Qualcosa di più grosso di una pallottola volò in aria verso la rimessa. Sferragliò pesantemente sulle assi del molo e rotolò fino a fermarsi. Cristo santo. Gli avevano tirato contro una maledetta granata. Dante inspirò e si gettò nel fiume solo un istante prima che quella cosa scoppiasse, scagliando in aria la rimessa e mezzo molo in una gigantesca esplosione di fumo, fiamme e scheg17


ge. L’onda d’urto fu come un bang sonico sotto l’acqua limacciosa. Dante sentì la propria testa schioccare all’indietro, l’intero corpo schiacciato da una pressione insopportabile. I detriti piovvero sopra di lui sulla superficie del fiume, illuminati da uno spruzzo accecante di luce arancione. La sua vista si annebbiò mentre la scossa violenta lo tirava sotto. Iniziò ad affondare, spinto dai forti strattoni della corrente. Incapace di muoversi, il fiume lo trascinò a valle, sanguinante e privo di conoscenza.

18


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.