ANNO LVII - N. 2 - MARZO-APRILE 2017

CONVERSAZIONE

La Torre 2 /2017

LA TORRE NOTIZIARIO DI ROVASENDA

Periodico bimestrale ANNO LVII - N. 2 Marzo - Aprile 2017

Redazione e Amministrazione

Rovasenda, Piazza Castello, n. 3 Telefono e Fax 0161 856134 DIRETTORE Don Cristiano Formaggio DIRETTORE RESPONSABILE Luca Sogno CAPO REDATTORE Dario Pansarasa

Registrato al Tribunale di Vercelli n. 194 del 24/10/1979 Stampa: MINIMEGAPRINT Via Di Saponara 588 - 00125 ROMA Spedizione in A.P. art. 2 comma 20, lettera c, legge 19-7-97 Filiale di Vercelli

SOMMARIO CONVERSAZIONE.......................................... 3-4 VITA PARROCCHIALE ................................... 5-9 VITA SCOLASTICA...................................... 10-13 COMUNI DI BARAGGIA.................................. 14 QUA E Là...................................................... 15-28 RICORDANDO ARNALDO COLOMBO..... 29-31 accade intorno a noi......................... 32-33 RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO.............. 33-34 GEMELLAGGIO........................................... 35-36 LA PAGINA SPORTIVA..................................... 37 ANAGRAFE....................................................... 38

In questo numero hanno collaborato: “Arnaldo Colombo”, Mary Barile, Camilla per Ekygym, Franco Carenzo, , Rita Corradino, Don Cristiano, Achille Forchini, Piera Mazzone, Maria Rita Nobile, Ada Palavanchi, Dario Pansarasa, Cristina Tomatis, Ileana Vezzù

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Conversazione Quest'anno Pasqua è ca­ duta il 16 aprile. Lo stesso giorno di novant'anni fa, in un piccolo villaggio del­ la Baviera, nasceva Joseph Ratzinger. «Era il sabato santo, ma c'era la neve e fa­ ceva tan­to freddo ­racconta il teologo Elio Guerriero in Servitore di Dio e dell'umanità. La biografia di Benedetto XVI (Mondadori) .­ Però l’oc­ casione era unica: allora la liturgia pasquale con la be­ nedizione dell’acqua e la cerimonia del battesimo ve­ niva celebrata già il mattino del sabato santo. Lascia­ ti a letto i bambini e la mamma, ancora sofferente per il parto, il padre si recò subito in chiesa con il neona­ to. Il piccolo Joseph venne così battezzato nella nuova acqua lustrale e il suo battesimo, come la sua vita, ve­ nivano immersi nell’atmosfera pasquale, in quelle ore nelle quali per i credenti avviene il misterioso passag­ gio di Gesù dalla morte alla vita. Commenterà papa Be­ nedetto nelle sue memorie: “Personalmente sono sem­ pre stato grato per il fatto che, in questo modo, la mia vita sia stata fin dall’inizio immersa nel mistero pa­ squale, dal momento che non poteva che essere un se­ gno di benedizione”».

Proprio tale coincidenza di date rende la Pasqua 2017 ancora più favolosa e ci offre l’occasione di ringraziare Benedetto XVI, un grande uomo di Chiesa, che ha sa­ puto vivere fino in fondo la missione affidatagli: im­ mergersi nella morte per rinascere alla vita, coinvol­ gendo un intero popolo e mostrando come sia possi­ bile uscire dal buio dei lager, per abbracciare i sentie­ ri della speranza. Da papa Ratzinger, dunque, il popo­ lo tedesco ha imparato a costruire la verità nella carità (si legga la sua enciclica Caritas in veritate, del 29 giu­ gno 2009), cioè a dare alla verità la precedenza, per­ ché nulla resta se non è basato su di essa.

La meta è la verità. Luminosa, ardua, altissima. Ma sempre accattivante, proprio come l’incontro col Si­ gnore Gesù.

In quest’ottica la mente di Joseph Ratzinger si fa cuo­ re di pastore, un «cuore che vede», un cuore che sa uni­ re la generosità della carità e la lungimiranza della ve­ rità. Poiché la carità è vera solo se è insieme generosa e intelligente.

Non posso scordare anche quell’ 11 febbraio 2013, quando papa Benedetto espresse la sua rinuncia. Inat­ tesa proprio come quella fatta da Celestino V il 13 di­ cembre 1294. Dopo lunga e sofferta riflessione, quel Papa di origini molisane ebbe il coraggio di ascoltare il proprio cuore che gli chiedeva di far spazio a un’al­ tra figura di Pontefice. Non per paura né per incom­ petenza, come si disse per secoli. Tanto meno per viltà, come potrebbe apparire da un’espressione, non chiara,

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CONVERSAZIONE

di Dante nella sua Divina Commedia- Inferno.

Anzi, per virtute papa Celestino giunse a quel gesto di immensa umiltà: scendere gli alti gradini del trono e spogliarsi degli abiti pontificali, per restare tra la sua gente, con la sola cocolla monastica, umile e povero, come era sempre stato. Entrambi i Papi (il tedesco e il molisano), dunque, ci insegnano che, come scrive anche

La Torre 2 /2017 Francesco nell’Amoris Laetitia (n. 98), «l’atteggiamento dell’umiltà appare come qualcosa che è parte dell’a­ more, perché per poter comprendere, scusare e servire gli altri di cuore, è indispensabile guarire l’orgoglio e coltivare l’umiltà».

Il mistero della Pasqua sta tutto qui.

Il Pievano

I PROSSIMI APPUNTAMENTI DOMENICA 7 MAGGIO 2017 PRIME COMUNIONI SABATO 13 MAGGIO 2017 Festa della MADONNA di FATIMA Ore 20,00 S. Rosario Ore 20,30

S. Messa - alla

Madonnina

DOMENICA 14 MAGGIO 2017 PELLEGRINAGGIO PARROCCHIALE AD OROPA Ore 11,00 Ritrovo al cancello del Santuario Ore 11,15 Processione Ore 11,30 Santa Messa nella Basilica Antica

animata dalla nostra Corale Lunedì 22 MAGGIO 2017 Festa S. RITA DA CASCIA Ore 20,00 Processione con la partecipazione

della banda di Ghemme Ore 20,30 S. Messa solenne - Benedizione rose

Bacio della reliquia della Santa.

Domenica 28 MAGGIO 2017 FESTA PATRONALE DEL PAESE Ore 16,30 S. Messa cantata

Processione con la statua

della Madonna per le vie del paese

e con la partecipazione

della banda di Ghemme

Rientro in chiesa Benedizione solenne con il SS. Sacramento Al termine “incanto delle torte” sul sagrato della chiesa e rinfresco offerto dalle Priore Lorella Peveraro e Maria Libera Fappani.

Martedì 13 GIUGNO 2017 SANT’ANTONIO DA PADOVA Ore 20,00 Processione Ore 20,30 S. Messa - Benedizione del Pane - bacio della reliquia Domenica 18 GIUGNO 2017 CORPUS DOMINI Ore 18,30 S. Messa seguita dalla Processione

e solenne Benedizione Eucaristica Sabato 24 GIUGNO 2017 SAN GIOVANNI BATTISTA Ore 20,30 S. Messa seguita dalla Benedizione dei bambini

19 MARZO: FESTA DI S. GIUSEPPE

Don Cristiano tra Marco Rosso e Federico Carola prio­ ri di San Giuseppe.

VITA PARROCCHIALE

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DOMENICA DELLE PALME

La domenica delle palme in­ troduce la settimana santa ed è fatta in memoria dell’ingresso trionfale di Gesù Cristo in Geru­ salemme. I fedeli dopo aver pre­ so parte alla processione ed alla messa hanno poi portato nelle proprie case l’ulivo benedetto, simbolo di saggezza, umiltà, bel­ lezza e gioia.

GIOVEDI’ SANTO La messa “in Coena Domi­ ni” del Giovedì Santo ha vi­ sto la chiesa particolarmente gremita, grazie alla presenza di tanti bambini che, indos­ sando la tunica bianca, han­ no rappresentato gli aposto­ li nell’intento di riproporre la scena evangelica dell’ul­ tima cena.

Don Cristiano ha ripetuto il gesto di Gesù della lavan­ da dei piedi lavando i pie­ di agli apostolini e dopo la messa ha riposto l’Eucaristia nel tabernacolo della cappel­ la laterale, addobbata a festa.

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VITA PARROCCHIALE

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VENERDI’ SANTO

Il venerdì santo è il giorno della morte di Gesù. Dopo la Via Crucis i fedeli hanno potuto baciare il Crocifisso con tanta devozione.

VEGLIA PASQUALE La celebrazione della Veglia Pasquale, nonostante sia la più importante dell’an­ no, poiché celebra la Risurrezione del Signore con la vittoria sul peccato e sulla morte da parte di Gesù Cristo, non è sta­ ta però molto partecipata.

Fuori dalla chiesa il celebrante ha pre­ so delle braci e le ha messe nel turibolo e, da quella fiamma, ha acceso il cero pa­ squale, simbolo del trionfo della luce sul­ le tenebre, della vita sulla morte. Quin­ di, portando il cero pasquale, è entrato in chiesa, Dietro il cero pasquale i fedeli si sono accodati in processione. Si sono ac­ cese le luci della chiesa e, dopo l’annun­ cio pasquale, è iniziata la liturgia della pa­ rola. Poi Don Cristiano ha immerso par­ zialmente il cero pasquale nell’acqua del battistero benedicendo l’acqua. Quindi ha asperso tutti i presenti.

Dopo la professione delle promesse bat­ tesimali ha celebrato la santa Messa, resa solenne dalla bella esecuzione di canti da parte della nostra corale, diretta dal dot­ tor Federico Carola.

Rita

PASQUA Domenica di Pasqua tanti fedeli hanno gremito la nostra chiesa parrocchiale, addobbata riccamente con un trionfo di ulivo, calle bianche e tulipani gialli. La santa Messa è stata allietata dalla nostra corale di Santa Cecilia che ha eseguito un significativo repertorio di canti, sia in latino che in italiano. Il dottor Federico Carola ha diretto i canti magistralmente mentre Gabriele Colombo li ha accompagnati all’organo con la solita bravura.

VITA PARROCCHIALE

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PRIME COMUNIONI Domenica 7 maggio 2017 hanno ricevuto per la prima volta la Pri­ ma Comunione 7 bambini, schierati vicino all’altare; a sx i 4 maschietti: Olivieri Ferdinando, Marino Cesare, Iuliano Marco e Castaldo Francesco; a dx le 3 bambine: Carola Elisabet­ ta, Ferraro Lucrezia, Pasquali Giulia.

La nostra chiesa, meravigliosa­ mente addobbata con fiori bianchi e arancio, era gremita da fedeli, pa­ renti ed amici, tutti desiderosi di fare da corona ai pargoli. I protagonisti della cerimonia, molto emoziona­ ti ma sorridenti, consapevoli di vi­ vere un’esperienza indimenticabile, hanno risposto con voce squillante alle domande poste loro da don Cri­ stiano nel corso dell’omelia. La no­ stra corale ha reso solenne e gioio­ sa la funzione. Tutta la Messa è sta­ ta praticamente un inno alla gioia.

Al termine della cerimonia i bambi­ ni si sono esibiti con un canto prepa­ rato durante le ultime lezioni di Ca­ techismo dal titolo “Preferisco il Pa­ radiso” (musica di mons. Marco Fri­ sina), nota colonna sonora dell’omo­ nimo film sulla figura di San Filip­ po Neri (interpretato nella fiction da Gigi Proietti).

Questo canto, il cui testo viene riportato in calce, è stato apposita­ mente scelto sia perché ricco di pre­ ziosi insegnamenti, sia perché lega­ to alla figura di san Filippo Neri, il santo della gioia, che, oltre 500 anni fa, creò a Roma il primo Oratorio, usando il metodo pedagogico del­ l’”Educazione divertente”. E pro­ prio questo metodo è stato utilizza­ to durante le lezioni di catechismo dal catechista dr. Federico Carola, che oltre ad impartire la lezione ha cercato di accattivare l’attenzione e la simpatia dei bambini facendoli di­ vertire e cantare.

Inutile dire che l’esibizione dei piccoli è stata un grande successo, molto apprezzata da tutti i presenti.

Ileana

I fedeli nella chiesa gremita.

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VITA PARROCCHIALE

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Il gruppo dei neo comunicati con don Cristiano.

I bambini mentre cantano “Preferisco il Paradiso”.

Preferisco il Paradiso C’è chi ama la ricchezza e vestirsi come un re; c’è chi non vuol far niente, non gli va di faticar.

C’è chi parla sempre troppo, non sa dir la verità E poi critica ogni cosa, non c’è nulla che va ben.

Ma per me no, non va, non è quello che piace a me.

Paradiso, Paradiso, preferisco il Paradiso, Paradiso, Paradiso Paradiso.

C’è chi crede d’esser grande; vuol salire fino al ciel.

E’ fanatico e superbo, crede d’esser chissà che.

C’è chi sogna gran carriere, grandi inchini ed i lacchè, vuole sempre aver successo ed onori in quantità.

Ma per me no, non va, non è quel che piace a me.

Paradiso, Paradiso, preferisco il Paradiso, Paradiso, Paradiso Paradiso.

VITA PARROCCHIALE

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MEDITAZIONI LAICHE

PRIMO CENTENARIO DELL’ APPARIZIONE IN PORTOGALLO DELLA MADONNA AI TRE PASTORELLI DI FATIMA Il 13 Maggio 1917 la Madonna ha parlato del cielo, perché ben conosce le realtà celesti. La sua dimora è Dio, la sua casa è l’eternità.

Quando ha detto “vengo dal cielo” parlava della sua patria, della terra promessa, che ha ricevuto in eredi­ tà da Dio per la sua fede.

Maria sa dirigersi con materna bontà, anche a noi che siamo an­ cora peregrinanti su questa terra, verso la patria definitiva. Conosce bene le fatiche, le ansietà, le ango­ sce del nostro tempo, entra nella profondità dei nostri cuori ed ha parole di consolazione nelle nostre tribolazioni.

Maria dal cielo vuole insegnarci a camminare bene sulla terra, af­ finché nella nostra vita, brilli un riflesso del cielo , per far sì che in questo mondo, tra le prove e le sof­ ferenze, non si spenga la speranza cristiana.

Quando la Madonna è apparsa ai tre pastorelli - Lucia, Francesco e Giacinta - preve­ deva con preoccupazione materna le ferite della nostra epoca insanguinata dalla follìa di due guerre mondia­ li, da ideologie atee e materialistiche che hanno cercato di soffocare la fede nel cuore degli uomini, durante le generazioni successive , e questo lo stiamo vivendo ora.

Ancora nei nostri giorni si estende questa “ombra oscura”, la diffidenza verso Dio, come la definì Papa Giovanni Palo II: “questa apostasia della fede che ha contagiato la nostra Europa Cristiana”.

E’ proprio nella nostra epoca satura e disperata che il cuore di questa mamma continua a parlare, tradu­ cendo le cose di Dio in linguaggio semplice, famiglia­ re, comprensibile a tutti.

Partendo dalla vita quotidiana ci innalza nella con­ templazione della vita del Cielo, perché questa è la no­ stra origine e la nostra patria. Per noi ripete come una paziente catechista, le verità e i dogmi della fede, i co­ mandamenti della legge di Dio, la Chiesa, i Sacramen­ ti, la carità e il perdono; tutto merita di essere conside­ rato e accolto come dono della grazia, come dono della nostra cara mamma del cielo, LA BIANCA SIGNORA che apparve a Fatima ai tre poveri bambini innocenti.

E noi come rispondiamo agli appelli della Madonna ?

Dobbiamo crescere nell’amore di Dio e intensificare le nostre preghiere per il dono della pace e della giustizia e della ripresa economica, che in questi tempi distrugge troppe famiglie .

Desidero chiudere questa no­ stra riflessione con la preghiera dell’Angelo, che apparve un anno prima ( estate 1916) e preparò i tre pastorelli all’apparizione della Madonna .

Non abbiate paura , disse, sono l’Angelo della Pace , pregate con me e in ginocchio curvò la fron­ te fino a terra e per tre volte disse: “ Mio Dio, io credo, adoro, spero e vi amo ! Domando perdono per quelli che non credono, non ado­ rano, non sperano e non vi ama­ no”. Dopo aver ripetuto questo si alzò e disse: “Pregate così. I cuo­ ri di Gesù e di Maria sono attenti alla voce delle vostre suppliche”.

E scomparve.

Aggiungo questa preghiera di consacrazione indivi­ duale a Maria .

Ricevimi, o Maria, in questo giorno.

Ti eleggo per madre;

custodiscimi e guidami come tuo figlio.

Tutto ti offro e consacro

quello che sono e quello che ho.

Difendimi per sempre dal peccato,

dammi la grazia di conoscere, amare e seguire sempre meglio Gesù,

Via , Verità e Vita.

Che tutta la mia vita, pensieri e desideri

siano rivolti al cielo.

Maria, mia buona mamma, prega per me adesso

e nell’ora della mia morte, poi, con Te per sempre nel Santo Paradiso.

Amen MARY

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VITA SCOLASTICA

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GRANDE FERMENTO PER LA SCUOLA DELL’INFANZIA In questi mesi i nostri piccoli del­ la Scuola dell’Infanzia sono sempre stati in fermento, come è d’altronde giusto che sia per la loro età.

Incominciamo da Carnevale, an­ che se superato ormai ma, per dove­ re di cronaca, non possiamo esimerci dal mettere in risalto il dinamismo e la fantasia di docenti e bimbi.

Il 23 febbraio 2017 i bambini e le insegnanti Paola Gerodetti e Moni­ ca Persini, grazie alla bella giornata di sole, trasformati in “ carte da gio­ co” hanno sfilato per le vie del paese creando un clima festoso e di allegria con il suono di maracas e i canti. La scelta dei costumi, realizzati a scuo­ la, rientra nella valorizzazione della conoscenza dei numeri che trova ri­ scontro nella programmazione e nel

percorso di sperimentazione legato alla Dottoressa Lucangeli.

I bambini hanno raggiunto la Scuola Primaria per uno scambio di doni caratteristici della festivi­ tà e si sono salutati con un canto ed una poesia.

Uscita al Castello di Buronzo Nell’ambito del “progetto conti­ nuità” gli alunni dell’ultimo anno della Scuola dell’Infanzia e delle classi prima e seconda della Scuola Primaria di Rovasenda, giovedì 23 marzo 2017 si sono recati al castel­ lo consortile di Buronzo, con le in­ segnanti Lavino Zona Margherita e Gerodetti Paola.

Qui hanno partecipato al labo­ ratorio “Il giro del vento” organiz­ zato e condotto dallo staff educati­ vo del Castello e promosso dal Co­ mune di Buronzo. Da anni le scuo­ le partecipano alle attività proposte

dal Castello di Buronzo con grande entusiasmo sia dei bambini che dei docenti, poiché trovano personale e ambienti accoglienti, preparati e disponibili.

Dopo la merenda i bambini sono stati coinvolti in diverse attività: pro­ iezioni, conversazioni, giochi di abi­ lità e di squadra, manipolazione di materiali tipici del nostro ambien­ te, e la realizzazione di una campa­ na tibetana e di un draghetto segna vento, che, alla fine, ciascun bambi­ no ha potuto portare a casa come ri­ cordo della bella esperienza.

Nel pomeriggio i frugoletti, ve­ stendo i costumi dei loro personag­ gi preferiti, hanno continuato i fe­ steggiamenti con giochi, balli, canti ed hanno concluso con una gustosa e ricca merenda.

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VITA SCOLASTICA

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Esperienza botanica - continuazione Nello scorso mese di ottobre gli alunni della scuola dell’infanzia di Rovasenda avevano raccolto nel bo­ sco alcune ghiande che poi avevano messo nei vasi. Con molta attenzio­ ne hanno provveduto ad innaffia­ re e tenere sotto controllo la crescita dei virgulti, attendendo con pazien­ za… E finalmente giovedì 29 marzo ecco arrivato il grande momento: la piantumazione.

Accompagnati dalle insegnanti, Gerodetti Paola e Grieco Stefania, si sono recati presso il terreno messo gentilmente a disposizione dai si­ gnori Zoppi Nino e Vezzù Giulia­ na, nonni di Dante, un allievo del­ la Scuola dell’Infanzia, e qui ogni bimbo ha potuto interrare la sua personale piantina, identificata con il proprio nome inciso su un pezzo di legno colorato, preparato in pre­ cedenza.

Anche il sindaco, signor Giuseppe Delmastro, ha presenziato alla mes­ sa a dimora degli alberelli.

Infatti con delibera n. 39 del 24 di­ cembre 2014 la Giunta deliberò di prendere in considerazione la pro­ posta dell’Associazione Internazio­ nale UPM – Un Punto Macrobioti­ co – che da più di 10 anni collabora con Amministrazioni Locali, Scuo­ le, Corpo Forestale dello Stato, Mi­ nisteri Ambiente - Politiche Agrico­ le -Alimentari e Forestali e di aderi­ re al progetto pluriennale “Un bosco per la città” . Questo progetto con­ siste nella messa a dimora di pian­ te autoctone, in spazi interni o cir­ costanti gli abitati, per costituire fa­ sce verdi intorno e dentro la città, su aree pubbliche e private, quale spa­ zio verde di educazione ambientale per tuttala cittadinanza.

Per il nostro comune sono sta­ te scelte: Betulle, Querce, Ontano e melo selvatico.

Il progetto è stato ideato dal Prof.

Pianesi nel 2002 e attivato, nel territorio di Rovasenda, dalla famiglia Stocchi, la quale si è premurata quel

giorno sia di accompagnare gli alunni presso il terreno che di aiutarli a piantumare.

Tutta la classe ha partecipato al progetto con grande entusiasmo ed interesse; nel pomeriggio hanno trasferito su un disegno le emozioni della bella mattinata trascorsa.

Questa esperienza è molto impor-

tante per la loro crescita. Infatti, se impareranno ad amare il bosco e a rispettarlo si costruiranno una coscienza civile e sociale ed apprenderanno ad avere rispetto di se stessi e degli altri, per un mondo migliore.

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VITA SCOLASTICA

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Progetto Psicomotricità Quest’anno scolastico, presso la Scuola dell’Infanzia di Rovasenda, è stato realizzato il progetto di psicomotricità “Prendere per ApPrendere” condotto dalla Dottoressa Stefania Drocco, finanziato totalmente dal Rotary Club di Gattinara, grazie alla sensibilità e all’interessamento della Signora Maria Grazia Calzoni Goio, socia/responsabile del progetto per il Club Rotary.

Nel mese di settembre presso la scuola la Dott.ssa Stefania Drocco, psicomotricista e specialista P.P.A. (pratica psicomotoria metodo Aucoturier ), ha presentato il progetto, affiancata dal signor Paolo Gamalero, Presidente del Rotary club di Gattinara e dalla dott.ssa Maria Grazia Calzoni Goio. Alla presenza dei genitori e delle insegnanti Gerodetti Paola e Grieco Stefania, la psicomotricista ha spiegato cosa si intende per psicomotricità.

La psicomotricità è un invito a osservare ciò che il bambino esprime del suo mondo interno attraverso il movimento; è un modo per cercare di cogliere il senso dei suoi comportamenti.

La pratica psicomotoria di Aucouturier distingue due campi d’azione: l’ambito educativo e preventivo, e l’ambito di aiuto terapeutico. Naturalmente l’esperienza realizzata nella scuola è stato di tipo educativo e preventivo.

In questo senso, la psicomotricità è un invito a porre attenzione a quello che il bambino esprime con il corpo; durante l’esperienza psicomotoria il bimbo trova quindi nell’adulto un valido aiuto pratico per superare le sue difficoltà nella crescita.

Le tre finalità che si intendono raggiungere attraverso la pratica educativa e preventiva sono: Favorire la funzione simbolica;

I soci rotariani sponsor del progetto. Sotto i genitori con le insegnanti e la psicomotricista.

Favorire lo sviluppo dei processi di rassicurazione; Favorire lo sviluppo dei processi di decentramento.

Il tutto viene attuato attraverso la modalità più spontanea che il bam­ bino conosce: il gioco.

Attraverso il gioco i piccoli sono stati aiutati ad esempio a vincere le proprie paure nel superare gli osta­ coli, oppure a rispettare gli spazi e a contenere la loro irruenza con rea­ lizzazioni sempre diverse poiché le­ gate alle esigenze sempre diverse di ogni bambino.

Le esperienze di psicomotricità pratiche si sono svolte nei mesi otto­ bre/gennaio con cadenza settimana­ le in spazi strutturati dove erano pre­ senti: l’esperta (dott.ssa Drocco), a turno un gruppo bambini(circa una decina) e un’insegnante.

Le stesse insegnanti, come i bam­

bini, hanno potuto vivere sul cam­ po la grande esperienza della psico­ motricista competente, andando così ad ampliare la loro formazione ini­ ziata già dal 2005.

Sono stati forniti strumenti di let­ tura e di gestione del gruppo clas­ se e delle dinamiche interpersonali sostenendo l’integrazione di tutti i bambini all’interno della realtà sco­ lastica. Il costante confronto tra do­ centi e specialista ha portato a pre­ stare maggiore attenzione ai singo­ li bambini e ai loro segnali di aiuto.

Una importante conseguenza della collaborazione tra insegnanti e psi­ comotricista è stata la modifica ap­ portata agli spazi della scuola per fa sì che l’attenzione pedagogica/psico­ motoria non si limitasse solo alle at­ tività specifiche ma rientrasse in tut­ ti i momenti della giornata a scuola.

A termine dell’esperienza è stato

La Torre 2 /2017 realizzato l’incontro di restituzione ai genitori. Molti di loro erano pre­ senti ed hanno mostrato estrema at­ tenzione e soddisfazione per l’im­ portante esperienza vissuta dai loro piccoli. Il corso, basato sulla peda­ gogia dell’ascolto e dell’accoglienza corporea, ha così realizzato un al­ tro obiettivo: creare sinergia tra tut­ ti gli adulti coinvolti nell’educazio­ ne dei bambini.

Il 29 marzo il Rotary Club di Gat­ tinara ha organizzato una cena con­ viviale alla quale sono state invita­ te la Dirigente Istituto Comprensi­ vo di Arborio, Dottoressa Barone Adriana, le insegnanti Gerodetti e Grieco e naturalmente la psicomo­ tricista Stefania Drocco (vedi foto pagina precedente).

VITA SCOLASTICA

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In questa occasione è stato possi- getto, un grande GRAZIE da parte bile condividere l’esperienza e por- delle insegnanti, dei bambini e dei tare al Rotary Club di Gattinara, che loro genitori. *** ha permesso la realizzazione del pro-

Il dono delle uova di cioccolato della L.A.V. Lunedì 10 aprile 2017 i bambini della Scuola dell’Infanzia hanno ricevuto in dono le tradizionali uova di Pasqua. Ma questa volta le uova sono speciali e veicolano con dolcezza un grande insegnamento di civiltà. Una cittadina di Rovasenda, che preferisce mantenere l’anonimato, ha pensato di regalare le uova della L.A.V. -Lega Anti Vivisezione, accompagnati da questa lettera: “Queste uova vi sono state regalate affinché vi ricordiate degli animali, del rispetto e dell’amore che a loro si deve. La Lega Antivivisezione vende queste uova per finanziare la lotta contro ogni forma di crudeltà: nei delfinari, nei circhi, negli allevamenti intensivi, nei macelli, nelle vivisezioni ecc… perché tante sono le ingiustizie che si commettono nei confronti degli animali.

Che sia una buona Pasqua, di pace tra uomini e animali, agnelli e capretti compresi ”.

le importante riflessioni che la sua lettera ha generato.

Dialogando con le insegnanti è emerso quanto sia importante che tutti gli adulti riconoscano alla Scuola la sua grande valenza educativa.

Ogni cittadino, con la propria sensibilità e a prescindere dalle proprie personali opinioni, deve sentirsi libero di collaborare con la Scuola e di A questa generosa Signora i contribuire con la condivisione delbambini e le insegnanti dicono la propria conoscenza per sviluppa“GRAZIE” per il gradito dono e per re e coltivare il pensiero critico degli

adulti di domani. Naturalmente con il massimo rispetto dei bambini, che rappresentano il nostro futuro.

Non occorre a questo punto aggiungere altre parole.

Ci complimentiamo con le insegnanti e con i bambini per le molteplici attività svolte e ci uniamo a loro nel ringraziare di cuore tutti coloro che hanno contribuito a vario titolo al successo.

Ileana

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COMUNI DI BARAGGIA

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IL MONDO CORRE, NOI SIAMO FERMI Cari Rovasendesi Questa volta, senza alcuna prete­ sa di opinionismo, vorrei analizzare tre delle principali notizie che stan­ no caratterizzando questi giorni, e che raffigurano situazioni che inci­ dono direttamente o indirettamen­ te su noi tutti, anche se a volte non ne siamo pienamente consapevoli.

Iniziamo dalla situazione inter­ nazionale. A livello planetario si sta verificando una situazione inquie­ tante per la pace dell’intero globo, ed in particolare nostra, ormai abi­ tuati ad un lungo periodo di non conflittualità. Stando a quanto ci ri­ portano i media, che certo non ci ren­ dono edotti sugli eventuali rapporti diplomatici sotterranei, la situazione medio-orientale, leggasi Siria, e la si­ tuazione del sud-est asiatico, leggasi Corea del Nord, lasciano presagire una elevatissima probabilità di scon­ tro tra super potenze, segnatamen­ te USA, Russia e Cina, con un’Euro­ pa ininfluente e destinata ad essere il classico vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro. E’ sicuramente una si­ tuazione di rischio ma, ed è questo il lato positivo, l’elevato grado di de­ terrenza in possesso delle potenze in gioco, rende praticamente improba­ bile un conflitto globale atomico, che non vedrebbe alcun vincitore ma che avrebbe, come conseguenza, di far retrocedere l’umanità di decenni, se non di secoli. Non credo ci siano Leader, pur guerrafondai, così paz­ zi da voler provocare una catastro­ fe così immane.

Passiamo poi ad una notizia di ca­ rattere economico che, se pur sotto traccia, ha una grande importanza per la nostra economia, e quindi per la vita di noi tutti. Alcuni giorni fa, in un suo discorso, il Presidente della Banca Centrale Europea ha annun­ ciato le sue linee di intervento, con­ fermando la prosecuzione del c.d.

“Quantitative Easing”, vale a dire il proseguimento della iniezione di li­ quidità nel sistema e l’acquisto di ti­

toli del debito pubblico, mantenen­ do molto bassi i tassi di interesse.

Per noi questo significa una ulte­ riore boccata d’ossigeno in quanto, più alti interessi da pagare, sul no­ stro mostruoso debito pubblico, va­ nificherebbero ogni nostro tentativo di risanamento con inevitabile recru­ descenza della tassazione. Per onor di cronaca, e dal mio modesto pun­ to di vista, debbo constatare che fino ad oggi non siamo riusciti ad appro­ fittare della congiuntura del tutto fa­ vorevole, data da bassi tassi di inte­ resse e prezzo del petrolio ai mini­ mi, ed il venir meno di queste condi­ zioni favorevoli avrebbe conseguen­ ze economiche che francamente mi preoccupano.

Purtroppo anziché incidere in maniera strutturale sui fattori che deprimono la nostra economia, ab­ biamo utilizzato lo strumento dei bonus una tantum, che sono quan­

to di più inadeguato nella situazio­ ne attuale. Un piccolo esempio: in un contesto in cui la disoccupazio­ ne giovanile è a livelli elevatissimi, anziché cercare soluzioni per creare lavoro ai giovani, è stato partorito il bonus cultura, che ha lo stesso ef­ fetto di dare un cucchiaino di cavia­ le sul piatto di chi, a mala pena, ri­ esce a procurarsi il pane. Costa tan­ te risorse altrimenti utilizzabili, ma di cui non se ne comprendono i re­ ali benefici a livello generale.

Per concludere diamo poi uno sguardo alle notizie relative al no­ stro interno. In un contesto come quello sopra accennato ci si aspette­ rebbe un moto di orgoglio e respon­ sabilità della classe politica, di qua­ lunque colore essa sia, tesi a ricer­ care seriamente soluzioni, ed invece assistiamo ad una nauseabonda se­ rie di litigi, di colpi bassi, veri o pre­ sunti, di scissioni e riformazioni che nulla hanno da vedere con la volontà di assumere una visione di lungo pe­ riodo tale da portare la nostra splen­ dida nazione al livello che merita.

Saremmo una grande nazione, non disperdiamo il nostro patrimo­ nio con politiche dissennate, che ci mortificano e non ci rendono giu­ stizia, soprattutto pensiamo ai no­ stri giovani, il cui futuro, senza una radicale inversione di tendenza, si prospetta alquanto buio e privo di speranze.

Franco Carenzo

QUA E LA’

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LEGA TUMORI E LA SETTIMANA DELLA PREVENZIONE Nei giorni dal 18 al 26 marzo 2017 la lega italiana per la Lotta contro i tumori ha realizzato la XVI edi­ zione della Settimana Nazionale della Prevenzione On­ cologica.

Questo appuntamento vuole rimarcare l’importan­ za di una sana alimentazione e dei corretti stili di vita, al centro della prevenzione primaria .

Prevenzione vuol dire “poter agire prima” per se stes­ si e gli altri. In particolare educare i più giovani, sensi­ bilizzandoli su quanto sia fondamentale condurre una vita regolare e mangiare sano.

Come al solito anche Rovasenda si è mostrata dispo­ nibile a collaborare con questa iniziativa.

Il giorno 23 marzo la fiduciaria comunale signora Rita Corradino, affiancata dalle collaboratrici Fausta Bernar­ di Piccioni e Ileana Vezzù, ha allestito la postazione del­ la LILT tra i banchi del mercato settimanale.

Nonostante la pioggia abbia disturbato la giornata co­ stringendo a spostare il tavolo al riparo sotto l’atrio, la popolazione di Rovasenda ha risposto molto bene alla proposta della Lega Tumori. L’olio extra vergine di oli­ va, scelto dalla LILT come simbolo della settimana na­ zionale per la prevenzione oncologica, rappresenta in­ fatti, per tutti, l’ alimento basilare e veramente molto utile per conservarci in buona salute.

Protegge dalle malattie cardiovascolari; svolge un’a­ zione benefica nello sviluppo del sistema nervoso; è il più digeribile ed il più sano tra i grassi, ha un effetto

benefico su tutto il sistema gastrointestinale e ne pro­ tegge le mucose; rappresenta un alimento cardine del­ la dieta del paziente affetto da diabete mellito, in quan­ to riduce i livelli di zucchero nel sangue e la resistenza all’insulina tipica di questa condizione.

La fiduciaria comunale ringrazia tutti i generosi so­ stenitori , sensibili alla prevenzione, che hanno consen­ tito di ottenere un buon risultato.

FAGIOLATA 2017 La presenza del più giovane “fasulé” del 2017 Olivieri Costan­ tino è di buon auspicio per mantenere viva la tradizione nel tem­ po come 25 anni fa!!! (A cui si riferisce la foto sotto).

Rita Corradino

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ROVASENDA HA CELEBRATO IL 94° ANNIVERSARIO DELLA COSTITUZIONE DELL’AERONAUTICA MILITARE ITALIANA Domenica 2 aprile 2017 l’Asso­ ciazione Arma Aeronautica Avia­ tori d’Italia - sezione di Biella - ha celebrato a Rovasenda, con il nu­ cleo locale esistente dal 1971, il 94° anniversario dell’Aeronau­ tica Militare Italiana, scorpora­ ta dall’esercito e costituita come forza armata autonoma il 28 mar­ zo 1923.

Don Cristiano Formaggio ha celebrato la santa messa mentre gli avieri gli facevano da coro­ na con i labari decorati da tante medaglie al valore. La preghiera dell’aviatore ha originato un mo­ mento di commozione nei pre­ senti tra i quali c’era anche la si­ gnora Rosanna Berra, sorella del tenente pilota Giuseppe Berra, al quale è intitolato il nucleo di Ro­ vasenda.

Al termine della funzione reli­ giosa i partecipanti hanno sfilato in corteo, preceduti dal tricolore sorretto da Franchina Andreolet­ ti e Ileana Vezzù, due socie sim­ patizzanti, fino al monumento ai Caduti. –––– Qui, dopo l’Alzabandiera e la deposizione della corona d’allo­ ro, il presidente A.A.A. - sezione di Biella, sig. Giuseppe Gozzi, ha rivolto un caloroso saluto a tutti i partecipanti e poi ha così prose­ guito: “Un plauso ed un ringraziamento vada a tutto il personale militare in servizio, uomini e donne, che con la loro attività e abnegazione, contribuiscono alla salvaguardia e difesa delle nostre vite e dei nostri valori morali. La ricorrenza ci unisce nel ricordo ai Caduti di tutte le guerre che hanno sacrificato la loro vita per la sicurezza della nostra amata patria.

Due momenti della manifestazione con i labari presenti.

Auspichiamo che le nostre ali siano sempre usate per voli di pace e di soccorso a chi è in pericolo. Invochiamo, in questo periodo di difficoltà e di preoccupazione per il futuro, la Madonna di Loreto, nostra celeste patrona, perché dall’alto ci guidi e ci protegga.

Un ricordo particolare vada ai nostri associati che in questi ultimi tempi hanno chiuso le loro ali.

Termino porgendo a tutti voi e alle vostre famiglie, anche in occasione delle imminenti festività pasquali, i più sinceri auguri di giorni di letizia, sere-

nità e pace”.

A queste parole ha fatto seguito il sindaco con un breve saluto, dopo di che tutto il gruppo si è recato pres­ so l’Agriturismo Cascina Santa Te­ resa per concludere la giornata con il pranzo sociale.

Il Nucleo A.A.A. esiste nel nostro comune dal 1971, quando gli avie­ ri in congedo di Rovasenda deci­ sero di unirsi e formare un nucleo dell’Associazione Arma Aeronau­ tica, aggregato alla sezione A.A.A.

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Due momenti dell’omaggio al monumento dell’Arma Aeronautica.

“Luigi Barengo” di Biella. Il promo­ tore di questa iniziativa fu Angelo Michelini, nativo di Oldenico ma or­ mai rovasendese dal 1938, il quale, avendo fatto 18 mesi di servizio mi­ litare come aviere presso l’aeropor­ to della Malpensa, nutriva una vera passione per l’arma aeronautica.

Quando l’11 agosto 1969 il tenen­ te pilota Giuseppe Berra, assegnato al 5° stormo di Rimini, nel corso di una esercitazione aerea si schiantò al Crocicchio di Formigliana, a causa di un’avaria al suo reattore, Angelo lanciò l’idea di onorare la memoria di questo figlio della nostra terra, morto in servizio a soli 26 anni. In­ fatti Giuseppe, nativo di Rovasenda, apparteneva ad una famiglia di agri­ coltori presso la cascina Rondolina.

Il sindaco di allora, mio papà Vezzù Alfeo, anche lui aviere in congedo, si adoprò per realizzare l’iniziativa, entusiasmato dalla proposta.

E così il 23 maggio 1971 gli avieri

in congedo di Rovasenda inaugura­ rono il labaro intitolato al “Tenente pilota Giuseppe Berra” con la dott. ssa Gianna Chiappo come madrina e il Cav. Umberto Delmastro come padrino.

La festa risultò grandiosa e memo­ rabile, anche per la presenza straor­ dinaria del primo gruppo di “Majo­ rettes”, che portavano con orgoglio la bustina, il foulard e il blu Aviazio­ ne, sotto la guida dell’istruttore Bot­ ta Dismo. Il capo del nuovo nucleo fu il sindaco Vezzù Alfeo, coadiu­ vato dal segretario signor Michelini Angelo, divenuto proverbiale per il suo impegno nel mantenere i con­ tatti con altri nuclei e sezioni, anche a livello regionale.

Con la morte di Angelo Michelini, avvenuta il 25 giugno 1988, il testi­ mone passò nelle mani di Cesareni Agostino, che da quel momento di­ venne fac-totum e capo nucleo. Sem­ pre collaborativo e presente ad ogni A sinistra una delle tavolate a destra il tavolo che aveva tra i commensali (nella foto di sx) il Presidente A.A.A. Giuseppe Gozzi, nella foto di dx la signora Rosanna Berra, sorella del ten. pilota caduto in servizio.

iniziativa, Agostino dimostrò la sua operosità ed il suo spirito altruistico realizzando a Rovasenda altre ma­ nifestazioni, come quella grandiosa del 29 marzo 1992, per la ricorrenza del 69° anniversario della costituzio­ ne dell’Arma Aeronautica. Dopo la sua morte avvenuta il 7 aprile 2000, gli avieri di Rovasenda ebbero un giovane capo nucleo, Goio Massimo.

Il 7 novembre 2004 Massimo por­ tò in chiesa il rinnovato labaro so­ ciale, per la benedizione nel corso della messa in ricordo di tutti i ca­ duti. Purtroppo Massimo a soli 33 anni perse la vita in un grave inci­ dente stradale l’11 novembre 2005.

Da allora il capo nucleo dell’A.A.A. di Rovasenda è Tagliabue Romano.

L’anniversario è un momento im­ portante di riflessione oltre che di ce­ lebrazione. Nel passato si trovano la carica, l’energia e le motivazioni per proiettarsi verso il futuro.

Il numero dei soci è sempre più ri­

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dotto, dopo che hanno chiuso le ali gli avieri Angelo Michelini, Agosti­ no Cesareni, Ezio Fagnola, Massi­ mo Goio, Gaudenzio Martelli, An­ gelo Stocchi, Giovanni Tagliabue, Alfeo Vezzù, ecc. ma rimangono sempre vive la passione e la volon­ tà di mantenere alto l’onore dell’Ar­ ma Aeronautica Italiana, il cui mot­ to “con valore verso le stelle” sinte­ tizza il coraggio, la bravura ed il sa­ crificio di tutti gli Aviatori Italiani, in guerra e in pace.

Ileana

La Torre 2 /2017 A sinistra: il Presidente A.A.A. Giuseppe Gozzi, al centro con la signora Rosanna Berra, sorella del pilota caduto (a sinistra) e

GLI AMICI DI RIMINI PORTANO IL SOLE A ROVASENDA Come tutti gli anni, in primavera, Matteo e Gabriella, titolari dell’hotel Mauri di Rimini, sono arrivati a Rova­ senda per una breve visita.

Il gruppo dei partecipanti al soggiorno marino si è ritrovato quasi al completo per dare il benvenuto agli amici Riminesi, che questa volta ci hanno portato il sole.

La giornata dal tepore primaverile ha favorito l’incon­ tro e l’ha reso ancor più gradevole.

A mezzogiorno tutti puntuali per il pranzo alla ca­ setta della sportiva.

Ci siamo scambiati saluti affettuosi ed abbiamo sor­ seggiato un aperitivo, in attesa di prendere posto ai ta­ voli, per gustare le prelibatezze preparate da Federico, sempre disponibile a dare una mano.

Matteo e Gabriella, come al solito, si sono messi a di­ sposizione della cucina, rendendo impeccabile il servi­ zio. Abbiamo cercato amabilmente di convincerli a sta­ re seduti, ma senza risultato.

Gabriella poi ha precisato: “No, no, va bene così; in questo modo ci sentiamo veramente a casa di ami­ ci e in più manteniamo l’allenamento ed il ritmo”. An­ che quest’anno ci hanno voluto sorprendere con i loro doni, molto apprezzati da tutti: vino di loro produzio­ ne, piadina romagnola, e piccoli gadget a ricordo della piacevole giornata.

Dopo aver trascorso qualche ora con persone così af­ fabili e disponibili, viene spontaneo cercare di allarga­ re la cerchia e pensare di coinvolgere altri Rovasende­ si. Questa bella iniziativa si tiene a Rovasenda da tan­ ti anni, con il patrocinio del comune, che si occupa del trasporto, mettendo a disposizione un pullman andata e ritorno da Rimini, ed è rivolta a tutti, senza limiti di età.

Vi proponiamo quindi di partecipare al soggiorno marino a Rimini ad un costo qualità-prezzo introvabi­

Da sx Matteo Sindaco Benilde Roberto Gabriella Achille Domenico.

Sotto il convivio svoltosi alla casetta.

le, quindici giorni dal 31 agosto al 14 settembre 2017.

Le persone interessate e/o incuriosite possono con­ tattare la signora BENILDE o ACHILLE. Vi aspettiamo numerosi!!!!!

Achille

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A-Cile: Attraverso lo specchio Inaugurata il 29 aprile, al castello di Rovasenda la mostra personale “A-Cile attraverso lo specchio”, dell’artista Elena Rusca, or­ ganizzata dall’Associazione Sof­ fi d’Arte di Rovasenda, col patroci­ nio del Comune. con un buffet of­ ferto dalla “Buona Italia” di Gatti­ nara ed animato da balli e canti ti­ pici del popolo Mapuche. La mostra è stata aperta tutti i giorni fino al 7 maggio 2017 dalle ore 10.00 alle 12.00 e dalle 17.00 alle 19.00.

All’inaugurazione erano presenti una quarantina di visitatori per lo più fotografi.

Nei giorni di domenica 30 apri­ le e 7 maggio sono stati presenti an­ che dei figuranti con abiti medievali, tra cui anche le nostre lettrici Chiara Monfermoso e Mimma Canna. Inol­ tre nell’area pic-nic, è stato cucinato e servito un risotto locale ad una cin­ quantina di presenti tra cui un rova­ sendese, ovvero il cuoco; le loro of­ ferte libere serviranno per uno sco­ po benefico. La locandina, oltre alla mostra, prevedeva la visita guidata in alcune cascine del territorio non­ ché la visita al Museo della Civiltà Contadina alla cascina Teglio, per raccontare ancora l’arte ma anche il vino, il riso, ed i sapori della tradi­ zione locale.

Un’ occasione unica per vivere e scoprire il territorio della Baraggia, immersi nella natura, fra storia, cul­

tura, arte contadina.

Elena Rusca, nata a Genova nel 1988, è fotografa, pittrice e scrittrice; si è specializzata in Svizzera ed ha maturato molte esperienze all’e­ stero. “La sua arte non vuole illustrare, ma andare oltre, viaggiare tra emozioni vissute e sentimenti, fatti, ricordi.

I suoi piani trattano gli eventi del presente e del passato, su un tono giornalistico. Sono sempre preceduti da un’indagine approfondita sul territorio. Desidera denunciare la verità umana che si nasconde dietro i nostri ricordi”.

Questa volta, con un documenta­ rio e una completa serie di fotogra­ fie, ha voluto raccontare della vita di questo popolo Mapuche dopo

aver effettuato una dettagliata ri­ cerca sul posto. Mapuche significa letteralmente “figli della terra”, ed è il nome del popolo originario che occupa il centro-sud dell’Argentina e del Cile e che ancora oggi lotta per difenderla.

Per la millenaria filosofia Mapu­ che l’uomo non è nient’altro che uno degli elementi del cosmo, che deve rispettare e di cui non deve altera­ re l’equilibrio. Per questo motivo, i Mapuche lottano ancora oggi per di­ fendere la natura, dalla contamina­ zione inferta dall’uomo con l’estra­ zione selvaggia, molto frequente in questa parte del pianeta.

I Mapuche sono gli unici nativi a

La sala con i quadri in mostra, a destra Mimma Canna nel gruppo in costume.

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Il gruppo musicale in azione.

Sala interna con foto mostra.

non essere stati conquistati e sotto­ messi dagli spagnoli 500 anni fa, a differenza degli Atzechi e degli Inca.

Sono lo stato argentino e lo sta­ to cileno ad assoggettare questa po­ polazione a partire dalla fine del 1800. Oggi i Mapuche sono più di un milione e mezzo, il loro diritto alla autodeterminazione è stato loro negato, mentre il loro territorio, cultura, lingua, religiosità e ambien­

te sono costantemente minacciati.

In Cile la repressione è ancora più violenta.

A partire dal 1990 i Mapuche han­ no iniziato a occupare terre impro­ duttive che nel corso della storia, e in particolare durante la dittatura di Pinochet, sono state loro espropria­ te e vendute a imprese e latifondisti, tra cui i nostri Benetton.

Purtroppo, per l’ennesima volta si

è evidenziato il totale disinteresse dei rovasendesi agli avvenimenti di carattere culturale. Nemmeno il ric­ co buffet e la “panissa” hanno smos­ so la loro ormai proverbiale indiffe­ renza. Colpevoli siamo tutti, ma chi batte ogni record negativo sono pro­ prio i giovani che dovrebbero essere i maggiori interessati.

Dario Pansarasa

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SIENA e dintorni Sabato 22 aprile finalmente si parte. h. 06,15. Puntuali come orologi sviz­ zeri, i soliti affezionati alle gite pensa­ te e organizzate magistralmente da Fe­ derico, salgono sul pullman che li por­ terà in Toscana, regione simbolo per la cultura italiana ma anche per i gu­ stosi piatti della tradizione.

Dopo sei ore di viaggio vediamo un incantevole agglomerato, posto su una collina che guarda la Val d’Elsa. E’ S. Gimignano, circondato da mura mil­ lenarie e arricchito dalla cornice delle sue 14 torri. Nel medioevo erano 72, perché le famiglie benestanti dell’epo­ ca, manifestavano il loro potere con torri sempre più alte, ma per un de­ creto del 1255 non dovevano supera­ re la Torre Comunale detta Rognosa, di 51 metri. Oggi la più alta è la Tor­ re Grossa (1311) sede del podestà, di 54 metri.

Una breve pausa pranzo, per gu­ stare zuppa di farro, varie bruschette e un calice di Vernaccia, e siamo pron­ ti per visitare. Iniziamo con la Chiesa Collegiata (il Duomo), terminata nel 1148, uno dei più prestigiosi esempi di romanico toscano; poi la Spezieria di Santa Fina, che riproduce l’antica farmacia, con contenitori di ceramica e vetro, ed i medicamenti provenien­ ti dalla Spezieria dello “SPEDALE DI SANTA FINA”.

Soddisfatti partiamo per Siena, ma Federico, con una piccola deviazione, ci vuole prima far vedere nel comune di Chiusdino, a 30 chilometri da Siena, un sito costituito dall’Eremo di Montesiepi e dall’ Abbazia cistercense di San Galgano. La grande abbazia, ora completamente in rovina e ridotta alle sole mura perimetrali, è piena di fa­ scino, con il cielo come tetto e l’erba come pavimento.

Si narra che San Galgano, dopo una vita dissoluta e disordinata, arri­ vò qui nel 1180 e si convertì. Si ritirò a vita eremitica in penitenza, dopo aver piantato in una roccia la sua spada, trasformata così in una croce; tutt’ora è visibile, protetta da una teca in plexi­ glas. La vicenda ricorda molto il mito di Re Artù e della tavola rotonda. San Galgano moriva nel 1181.

Raggiungiamo Siena e l’hotel degli ulivi, per la cena e il pernottamento.

Il secondo giorno percorriamo le colline delle Crete senesi e giungia­ mo all’Abbazia di Monte Oliveto, a sud-est di Siena, all’interno di un bo­ sco di cipressi, querce e pini. E’ uno dei monumenti più importanti del­ la Toscana, sia per l’importanza sto­ rico-territoriale che per l’elevato nu­ mero di opere d’arte in essa racchiu­ sa. Nel chiostro ammiriamo gli affre­ schi con storie della vita di San Bene­ detto, dipinti da 2 grandi artisti del rinascimento: Luca Signorelli (8) e n 19 sono di Antonio Bazzi, nato a Ver­ celli nel 1477, detto il Sodoma; questo soprannome gli derivò dalla sua tipi­ ca espressione piemontese “su, ‘ndu­ ma!”, cioè “orsù, andiamo!” dai tosca­ ni trasformata in Sodoma.

Entrati in chiesa ci sediamo nel coro ligneo, intarsiato magnificamente, dove abitualmente prendono posto i monaci benedettini olivetani e seguia­ mo con trasporto la messa conventua­ le, celebrata in pompa magna con can­ ti gregoriani. Speravamo di visitare la farmacia e la cantina…. Ma dopo la messa il complesso chiude. Pazienza.

Ci attendono le prelibatezze del risto­ rante e poi riprendiamo il nostro viag­ gio per l’Abbazia di sant’Antimo, complesso monastico olivetano pres­ so Castelnuovo dell’Abate, all’interno

del comune di Montalcino, in provin­ cia di Siena. Si tratta di una delle ar­ chitetture più importanti del romanico toscano. La magnificenza della chiesa viene esaltata dal paesaggio circostan­ te in cui la presenza dell’olivo costitui­ sce l’elemento caratterizzante.

Oggi, qui ci sono i monaci della Comunità monastica benedettina di Monte Oliveto Maggiore.

A poca distanza, vicino al Mon­ te Amiata, alla fine della Val d’Orcia, troviamo Montalcino, a circa 600 m s.l.m., conosciuto in tutto il mondo per un nettare prodotto con l’uva Sangio­ vese, il vino Brunello di Montalcino; è superfluo aggiungere che molti di noi hanno portato a casa delle bottiglie.

Durante la passeggiata nel centro abitato, ammiriamo diversi edifici re­ ligiosi, tra i quali il Duomo, costruito nel XIV secolo e ristrutturato in stile neo-classico all’inizio del XIX secolo.

La piazza principale è piazza del popolo, con il Palazzo Comunale, det­ to anche Palazzo dei Priori (XIV sex.), adornato con gli stemmi araldici dei numerosi podestà che hanno governa­ to la città nel corso dei secoli. Di fian­ co, La Loggia, struttura rinascimenta­ le con sei archi, della fine XIV secolo.

Imponente la Fortezza con le sue mura costruita nel 1361, a struttura pentagonale, incorpora altre preesi­ stenti tra cui il Mastio di Santo Marti­

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no, La Torre di San Giovanni e un’an­ tica basilica che ora serve come cap­ pella del castello.

Un po’ affaticati torniamo a Siena per rinfrescarci e andare a cena. Il pul­ lman ci lascia sotto la Fortezza Medi­ cea. Da qui proseguiamo a piedi verso il centro della città, venti minuti, per­ correndo vicoli in salita e discesa, vi­ sta la morfologia della città, spazian­ do con il nostro sguardo in tutti quegli angoli affascinanti. Arrivati sulla piaz­ za siamo letteralmente sbalorditi dallo spettacolo che ci si presenta. Di fron­ te a noi l’antico Palazzo Comunale, la Torre del Mangia, di fianco una fonta­ na chiamata la Fonte Gaia, tutt’intor­ no una cornice di bar, gelaterie, piz­ zerie e ristoranti già brulicanti di av­ ventori. Che meraviglia! Ci troviamo nella spettacolare Piazza del Campo, famosa in tutto il mondo per la corsa del Palio che si corre 2 volte l’anno, il 2 luglio ed il 16 agosto. Corsa di ca­ valli unica, che vede confrontarsi le 17 contrade storiche, in tre giri del­ la piazza, cosparsa per l’occasione di polvere di tufo e terra, per consenti­ re ai cavalli di non scivolare, in corri­ spondenza delle curve.

Ceniamo all’aperto, posizione stra­ tegica per ammirare il panorama, ma la nostra concentrazione veniva distol­ ta dal profumo di affettati, bruschette e pecorino toscano, sformato con pere, ravioloni al tartufo, filetto di maialino, semifreddo e cantucci al vin santo, il tutto accompagnato da buon vino No­ bile di Montepulciano. Non ho parole, per tutta questa grazia di Dio. Il terzo giorno, approfondiamo la conoscenza di Siena, città con circa 55.000 abitanti, sorta in epoca romana su precedente insediamento etrusco.

Secondo la leggenda fu fondata da Se­ nio ed Ascanio figli di Remo, leggen­ dario fondatore di Roma. Dopo che Romolo uccise il fratello, i due giovani fuggirono in Etruria, dove fondarono Siena, e portarono con sé la lupa che già aveva nutrito il padre e lo zio. La lupa così divenne emblema della cit­ tà. Documenti storici dicono che Sie­ na fu fondata come colonia romana, al tempo dell’imperatore Augusto, nota come Saena Iulia.

Iniziamo con la Basilica di San Do­ menico. Eretta nel XIII secolo, contie­ ne la testa-reliquia di Santa Caterina

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da Siena, entro una splendida cappel­ la rinascimentale costruita per l’occa­ sione. A poca distanza il Santuario che incorpora la dimora dei Benincasa.

La casa della Santa, si articola in portici, loggiati, chiese e oratori.

Il Battistero di San Giovanni, è col­ locato al di sotto delle campate fina­ li del coro del Duomo, si raggiunge dalla scalinata di piazza San Giovan­ ni. Al centro la Fonte Battesimale esa­ gonale, esempio della scultura rinasci­ mentale del primo quattrocento. Rea­ lizzata in marmo, bronzo e smalto, vi lavorarono grandi artisti come Dona­ tello, autore della Formella, del Ban­ chetto di Erode e statue della Fede e la Speranza.

Il Museo dell’Opera del Duomo, si trova a fianco della cattedrale. Si acce­ de da un salone con frammenti archi­ tettonici e sculture provenienti dalla facciata, dai fianchi e dall’interno del duomo. La struttura è su diversi livelli e sale. Al primo piano la sala di Duc­ cio, dove spicca la Maestà del Duomo di Siena, e dai pannelli che ne compon­ gono il retro. A fianco una sala dove spiccano 3 armadi cinquecenteschi di­ segnati dal Riccio. Sempre dalla sala di Duccio si può accedere in una sala che contiene elementi originali del Duomo Nuovo, nelle vetrine codici miniati e vari disegni relativi a progetti per la cattedrale, tra cui una pergamena con un progetto per il Campanile di Firen­ ze, autografa di Giotto. Per salire al se­ condo piano, si apre La Sala del Teso­ ro, qui spicca al centro Il Reliquiario

di San Galgano. In una stanza attigua viene conservato Il Tesoro della Cap­ pella del Voto, composto da oggetti liturgici donati, opera di orefici fran­ cesi, tedeschi e fiamminghi ben noti a Roma nella prima metà del seicento.

Al secondo piano si trova la sala del­ la Madonna degli Occhi Grossi, attri­ buita al Maestro di Tressa, dipinta e parzialmente a rilievo. Dal pianerot­ tolo si accede al Saloncino dei Con­ versari ed alla Sala dei Parametri. At­ traverso due scale a chiocciola si arri­ va alla terrazza sul Facciatone, da cui si può godere una straordinaria vista sul Duomo e sulla città, alla quale ab­ biamo dovuto rinunciare poiché c’era un’attesa di 1 ora e mezza e più.

Proseguiamo la visita all’Ospedale di Santa Maria della Scala, adibi­ to a museo, situato proprio davanti alla cattedrale. Già uno dei più anti­ chi e grandi ospedali europei, esauri­ te le funzioni sanitarie è divenuto cen­ tro museale. Ospita una serie di colle­ zioni che vanno dall’antichità all’epo­ ca moderna, alternando ambienti mo­ numentali e corridoi angusti, intrec­ ci di gallerie scavate nel tufo e grandi spazi con volte a mattoni. Più tardi si sviluppò la leggenda secondo la quale l’ospedale era stato fondato in segui­ to alla visione del Beato Sorore, in cui una scala misteriosa accoglieva i fan­ ciulli abbandonati in paradiso.

Ormai è ora di pranzo; certo Siena offre l’imbarazzo della scelta, noi tor­ niamo in quel luogo magico di “Piaz­ za del Campo” e riviviamo l’esperien­

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La Torre 2 /2017 za della serata precedente, sotto un sole primaverile.

Pomeriggio al Duomo. Ci accoglie con la meravigliosa visione dell’im­ ponente cattedrale senese dedicata all’Assunta. E’ di una bellezza impres­ sionante tanto che basta ammirarne la parte esterna per rimanere profonda­ mente colpiti. Bellissimo complesso in stile romanico-gotico, sia l’esterno che l’interno rivestito da fasce bianche e nere di marmo, in riferimento alla balzana: lo stemma araldico di Siena.

Ospita una grande quantità di tesori firmati da Donatello, Pisano e Miche­ langelo, ma anche affreschi del cele­ bre Pinturicchio.

Poi torniamo in albergo, in fretta, perché questa sera andremo a cena alla trattoria “La Vigna” di Arezzo (circa 1 ora di viaggio), già conosciu­ ta dal nostro gruppo nell’altra gita in Toscana. Il menù prevede: Antipasto toscano con finocchiona, prosciutto to­ scano e assaggio di pecorini, tagliatel­ le fatte in casa al ragù di chianina, ri­ bollita aretina, bistecca alla fiorentina, vino chianti e per finire i cantucci con vin santo. Ne è valsa la pena di fare 2 ore di pullman tra andata e ritorno.

Mattino del quarto giorno, pron­ ti con i bagagli, perché passeremo la notte a Pienza, e partiamo per Orvieto, in provincia di Terni. Or­ vieto sorge su una rupe di tufo tra i 280 e 325 m s.l.m. Per cui per raggiungere il centro abitato utilizziamo la funico­ lare. Anche qui, migliaia di anni di sto­ ria (fondata dagli etruschi nel VII se­ colo a.C.) si percepiscono ad ogni stra­ dina e vicolo che si attraversa.

Sulla strada principale si affaccia

il Teatro Mancinelli, inaugurato il 19 maggio 1866 con l’opera “La Favori­ ta” di Donizetti.

La cattedrale di Orvieto è un capo­ lavoro dell’architettura gotica. La sua costruzione, per volere di papa Nico­ lò IV, fu iniziata nel 1290 e si protras­ se fino alla metà del 1400. All’inter­ no ci sono due meravigliose cappel­ le: La Cappella di S. Brizio, affrescata agli inizi del 1500 da Luca Signorelli, e la Cappella del Corporale che con­ serva il miracoloso corporale, che si in­ sanguinò durante la messa celebrata a Bolsena, da un prete boemo poco cre­ dente o dubbioso (anno 1263).

Incuriositi sulla storia degli Etru­ schi, a piccoli gruppi siamo scesi nel­ la Orvieto sotterranea, tra cunicoli e cavità, scavate dall’uomo, un labirin­ to di gallerie, pozzi e cantine. Lungo il percorso abbiamo visto una lunga serie di cisterne, che vanno da quel­ le etrusche a quelle medievali, cuni­ coli scavati per la captazione idrica e pozzi antichi, utilizzati nel medioevo come discariche, che hanno fornito re­ perti molto interessanti.

Altra curiosità di questa bella città è il Pozzo di S. Patrizio, che molti di noi desideravano vedere.

Costruito tra il 1527 ed il 1537, per volere del papa Clemente VII, reduce dal sacco di Roma ad opera dell’impe­ ratore Carlo V nel 1527, e desideroso di tutelarsi in caso di assedio.

Progettato per fornire acqua, il poz­ zo è un capolavoro di ingegneria. Pro­ fondo 54 metri, scavato interamente nel tufo, ha forma cilindrica con dia­ metro di 13 metri, due scale elicoidali con 248 scalini, e 72 finestroni per la

Sopra: a cena in Piazza del Campo a destra Anna Garavoglia con il decano di Orvieto medievale.

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luce. Meritava la nostra fatica.

Ma oggi abbiamo ancora una visi­ ta straordinaria: Federico ha convin­ to la direttrice del museo archeologi­ co di Chiusi a lasciarci visitare la Ne­ cropoli Etrusca; 2 guide ci hanno ac­ compagnati a piccoli gruppi all’in­ terno per visitare le più importanti: la Tomba della Pellegrina e La Tom­ ba della Scimmia, del VI secolo avan­ ti Cristo. Le tombe sono ben conser­ vate, ma con pochi reperti.

Ed eccoci arrivati a Pienza, Hotel Il Chiostro, ricavato da un ex monaste­ ro del XV secolo, molto accogliente, caldo ed elegante, dalla sua terrazzagiardino si può ammirare un panora­ ma fantastico.

Per l’ultima serata in toscana, siamo andati in un ristorante a pochi metri dall’albergo, La Buca delle Fate. Per iniziare il classico antipasto toscano, tra cui Prosciutto, Lombino, Finoc­ chiona e Pecorino di Pienza, Pici all’A­ glione e Gnocchi di patate fatti in casa al ragù, Tagliata di Chianina con Ru­ cola e scaglie di Parmigiano, crostata di Pienza con noci e marmellata, can­ tucci al vin santo, tutto accompagna­ to da un ottimo Rosso di Montepulcia­ no. Una passeggiata notturna ci aiuta a smaltire l’ottima cena e ci dà un assag­ gio di ciò che ci aspetta il giorno dopo.

Ultimo giorno con il sole, ma anche un vento freddo inusuale per questa stagione. Visitiamo Pienza: la Chie­ sa di S. Francesco, il Duomo e la sua cripta, Palazzo Piccolomini e Palaz­ zo Borgia.

E naturalmente non potevano man­ care degustazioni e acquisti di pro­ dotti tipici.

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Tappa successiva è Montepulciano. Arroccata sulla cima di un colle (605 metri s.l.m.) a sud della Tosca­ na e non lontana da Siena, è un citta­ dina di rara bellezza, racchiusa in tre cerchia di mura costruite nel XV seco­ lo. Conosciuta in tutto il mondo per i suoi vini ricavati da quel vitigno nobi­ le, che è il San Sangiovese. Tra i molti edifici storici che arredano la città vi­ sitiamo: il Duomo, Palazzo Comuna­ le, la Chiesa di Sant’Agnese.

Una pioggia leggera e un vento freddo ci accompagnano sulla strada del ritorno, e lungo il percorso ci fer­ miamo a visitare la Cantina Cantucci.

Ci accoglie un maturo signore, che con amabilità tipica toscana, ci descrive il

La Torre 2 /2017 percorso della loro produzione, dai vi­ tigni alla vinificazione, la maturazio­ ne in botti, fino alle bottiglie. Il tutto raccontato come una favola e per fini­ re ci ha raccomandato “ricordate che codesto vino va bevuto co’ la ciccia”.

Abbiamo ascoltato i suoi suggeri­ menti e scelto bottiglie adatte a noi da portare a casa.

Riprendiamo il cammino ed entria­ mo in un piccolo negozio, che vende candele colorate, saponette profuma­ te ed altri prodotti per la casa. E’ mol­ to particolare, ricavato sotto il livello della strada, scavato nel tufo.

Al suo interno vediamo una tom­ ba etrusca, trovata durante il suo al­ lestimento.

Che dire, un’emozione dopo l’al­ tra. Siamo rientrati a casa più ricchi di SAPERE. Un grazie speciale a Federico; spe­ ciale perché è riuscito nell’impresa di far coincidere i tempi degli spo­ stamenti e i limiti delle ore di guida dell’autista con le varie visite e le esi­ genze personali, e ha fatto centro nel­ lo scegliere la qualità dei luoghi che ci hanno accolto e i siti di straordinaria bellezza da visitare; inoltre ci ha mu­ niti di radiolina e guidati meglio di un professionista invogliando tutti noi a partecipare ad altre gite per sempre nuove conoscenze.

Achille

Contratti agrari, efficacia della disdetta

Non vale la tacita rinnovazione del contratto se non in presenza di una precisa volontà del proprietario di rinnovare il contratto In tema del rinnovo automatico delle locazioni, ap­ plicabile anche ai contratti agrari regolati dalla Leg­ ge 3 maggio 1982 n. 203, una nuova sentenza Corte di Cassazione n. 4679 del 2016.

E’ tornata, infatti, a pronunciarsi su di un caso in cui la proprietà aveva inviato la disdetta pre­ vista dal contratto di affitto di un fondo, cui però non era seguito il rilascio da parte dell’affittuario.

Anzi la proprietà negli anni successivi, ave­ va continuato a riscuotere i canoni e l’occupazio­ ne si era protratta. Alcuni anni dopo, la proprie­ tà aveva inviato un’ulteriore disdetta interpreta­ ta dall’affittuario controparte, come implicita am­ missione della sussistenza di un contratto che si era rinnovato.

Non dello stesso avviso la Suprema Corte che ha ribadito il principio secondo cui gli effetti di una disdetta possono essere superati soltanto da una manifestazione di volontà di segno contrario, che secondo la Cassazione è mancata nel caso in esa­ me. Stessa interpretazione in caso di disdetta pre­ vista già da subito sul medesimo contratto d’affitto Il principio, comune a diverse pronunce, viene indicato dall’art. 1597, comma 3, del C.C. che sta­ bilisce che se é stata data disdetta dalla locazione, l’affittuario non può opporre la tacita rinnovazio­ ne del contratto, salvo diversa volontà del proprie­ tario di rinnovare il contratto.

Detta manifestazione di volontà deve consiste­

re in un comportamento idoneo ad evidenziare una nuova volontà contraria a quella precedente­ mente manifestata per la cessazione del rapporto.

É pertanto da escludersi che una volta intervenuta la disdetta, la permanenza dell’ affittuario nell’immobile dopo la scadenza del rapporto, anche se prolungata

nel tempo e accompagnata dalla riscossione del canone, possa comportare la tacita rinnovazione del contratto. Deve infatti essere dimostrato che, nell’imminenza della cessazione del rapporto o anche, per ipotesi, in epoca successiva, sia inter­ venuta una diversa manifestazione di volontà del proprietario e dell’affittuario, in altri termini un di­ verso successivo accordo per dare vita a nuovo, diverso rapporto, non essendo sufficienti gli ele­ menti dell’occupazione e del pagamento dei ca­ noni a dimostrare la suddetta volontà.

Nel caso analizzato, la Suprema Corte ha ritenu­ to che la prima disdetta non fosse in alcun modo stata revocata, né in modo espresso né a fronte di comportamenti validi.

La successiva disdetta aveva peraltro richiama­ to la prima disdetta ed indicava al contrario la volontà di ottenere il rilascio sulla base di quel­ la precedente.

Ancora vale la considerazione che la disdetta succes­ siva non sarebbe stata idonea a far cessare un contrat­ to che, a quel momento, era già scaduto per effetto del­ la precedente.

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LA CRISI DEL RISO ITALIANO SPIEGATA AI NOSTRI LETTORI CHE NON NE COMPRENDONO LE RAGIONI Mi rivolgo ai nostri lettori che sentono parlare delle grandi difficoltà che incontrano i nostri risicoltori, ma non ne comprendono le motivazioni. Forse, se bene informati, potranno aiutarli dando preferenza ai nostri risi.

Negli ultimi anni, il valore del nostro risone è sceso paurosamente sino ad arrivare ai minimi storici, cosa che seriamente preoccupa i risicoltori per il loro avvenire, in quanto malgrado la PAC, ovvero il contributo elargito dall’Unione Europea, il bilancio aziendale risulta in mol­ ti casi addirittura in rosso. Ancora più colpiti tutti coloro che hanno acceso mutui per acquisto terreni o macchinari; molti di loro, hanno difficoltà a pagare le rate semestrali A Vercelli il Carnaroli, che i consumatori trovano su­ gli scaffali almeno a due euro il chilo, è stato quotato ulti­ mamente da 0,315 fino a 0,385 euro il chilogrammo. Negli anni scorsi era arrivato quasi al triplo. Ci sono poi tipolo­ gie, come il tondo Sole Cl che non si schiodano da 0,2120,222 euro il chilogrammo. Il San Andrea è quotato 0,230 – 0,240, il Roma 0,230 – 0,270, l’Arborio 0,330 – 0,380, il Loto 0,300 – 0,330, e il Baldo 0,335 – 0,385. Alcune varietà sono vendute a prezzi che non coprono neanche i costi di produzione. La causa di questi ribassi sono le riserie che lavorano di preferenza il riso dei Paesi asiatici che costa molto meno in quanto non pagano dazio. Tanti agricolto­ ri hanno puntato sui nostri risi più nobili, fino a qualche mese fa più remunerativi. Ora la disponibilità è enorme e i prezzi calano: così tutto il sistema rischia di saltare. Gli acquisti di cereale in Europa dall’estero hanno toccato nel 2016 la cifra record di 1,4 milioni di tonnellate, pari al 65% in più rispetto alla campagna 2008/2009.

Ora il nostro riso è anonimo, compreso il nostro Riso di Baraggia, sul mercato vale tanto quello prodotto da altri Pa­ esi, anche asiatici, e venduto a un prezzo molto più basso malgrado sia di scarsa qualità e pericoloso per la salute in quanto pieno di residui di pesticidi e fitofarmaci. Abbiamo necessità, quindi, di far riconoscere al consumatore il no­ stro riso che per qualità, tecniche di coltivazione e prodot­ ti utilizzati, è una vera eccellenza. Nel primo semestre del 2016 c’è stata una sanzione ogni settimana, sul riso arrivato dalla Cambogia, per presenza di pesticidi non autorizzati o assenza di certificazioni sanitarie. E non si tratta di piccoli quantitativi: nel primo trimestre di quest’anno le importa­ zioni da quel Paese sono aumentate del 360%, rischiamo di trovarci nel piatto un riso sconosciuto e coltivato con residui troppo elevati di fitofarmaci che nei nostri campi sono stati banditi da decenni. In questi paesi meno avan­ zati, si usano invece in grande quantità, come dimostrano i controlli effettuati dal Sistema di allerta rapido europeo.

Orbene, malgrado questa situazione sia in peggioramento da un po’ di tempo, gli interessati come pure le organizza­ zioni di categoria, poco o niente hanno fatto per convince­ re Unione Europea e Governo, ad adottare misure urgen­ ti per contrastare questa emergenza.

Nella foto, da sinistra, Roberto Tomatis e Mauro Martelli a Roma per manifestazione del 13 aprile

Fino alla campagna 2015-2016, gli agricoltori si sono limitati a sperare nei provvedimenti che avrebbe dovu­ to adottare il governo per non mandare in malora tutto il settore italiano.

Finalmente i risicoltori piemontesi si sono stufati di at­ tendere invano ed hanno incominciato a darsi una mossa e ad agire in modo concreto.

L’Allarme rosso, per il riso italiano, lo hanno lanciato il 17/02/2017, nella sede del consorzio Est Sesia, Confagri­ coltura e Cia, che insieme con le associazioni di prodotto, i consorzi e le cooperative, hanno denunciato la crisi del settore, a causa delle grandi importazioni a prezzi strac­ ciati provenienti dal continente asiatico e dal conseguen­ te abbassamento dei prezzi del nostro riso. I partecipanti alla riunione hanno ribadito che l’Unione Europea deve tornare ad applicare la clausola di salvaguardia, ovvero ripristinare i dazi che al momento sono pari a zero. o per­ lomeno, pensare ad una forte limitazione dell’import per permettere il rilancio del settore. «Il riso che arriva soprattutto da Cambogia e Myanmar — sostiene l’associazione dei coltivatori diretti — rischia di distruggere il nostro reddito.

Per portare guadagno, il nostro prodotto dovrebbe essere pagato minimo 0,322 euro il chilogrammo e invece raggiunge appena i 0,240 euro. Questo perché c’è la concorrenza di questi Paesi che mettono sul mercato il loro prodotto a 0, 195 euro il chilogrammo. Cambogia e Myanmar, in particolare, hanno l’obiettivo dichiarato di esportare 5,5 milioni di tonnellate, pari a oltre il doppio dell’intero fabbisogno dell’Unione Europea. Le aziende risicole italiane produttrici di riso Indica, nel 2013, hanno incassato 126 milioni, mentre i costi di produzione erano stimati in 156 milioni, con una perdita secca di 30 milioni di euro.

Le nostre esportazioni — abbiamo impiegato decenni, per fare apprezzare i nostri risi all’estero — sono diminuite del 13,6%.

Il 15 marzo scorso seconda riunione ad Asigliano 610 ri­ sicoltori dalle province di Vercelli, Novara e Pavia si sono

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ritrovati nel palazzetto dello sport di Asigliano per la pre­ sentazione de «Il dazio è tratto», un movimento nato da neanche un mese che parte dal basso per cercare di usci­ re dalla peggiore crisi che il mondo del riso sta vivendo dal 1929 ad oggi. Con una ricetta semplice: la reintrodu­ zione dei dazi doganali, l’etichettatura d’origine obbliga­ toria, e la promozione del riso italiano per le sue numero­ se qualità benefiche. «Se non cambia qualcosa – hanno detto -- qualcuno tra di noi, tra 12 mesi, non farà più l’agricoltore».

E finalmente si parte per Roma. Il 13 aprile scorso, ol­ tre 600 i risicoltori provenienti da tutto il Piemonte e in gran parte dalle nostre province di Vercelli e Biella hanno partecipato alla manifestazione davanti al Ministero del­ le Politiche Agricole, a Roma, per salvare il riso italiano.

Con l’aumento del 346% degli arrivi dal Vietnam al +34% dalla Thailandia: mai così tanto riso straniero è arrivato in Italia come nel 2016. Una vera invasione da oriente da cui proviene quasi la metà delle importazioni che han­ no raggiunto il record storico di 244 milioni di chili. Sot­ to accusa l’introduzione da parte dell’Ue del sistema ta­ riffario agevolato a dazio zero per i Paesi meno avanza­ ti. Ma quali Paesi meno avanzati: dopo oltre 30 anni di ri­ forme economiche, il Vietnam da economia sottosvilup­ pata è diventato una dei paesi in via di sviluppo più di­ namici del sud-est asiatico. Da quando il governo di Ha­ noi ha avviato nel 1986 la politica delle “porte aperte”, il reddito medio pro capite è passato da 100 dollari a circa 1.700 dollari. Stabilità economica, sociale e inflazione sot­ to controllo: sono questi i tre fattori chiave che la rendo­ no la “tigre asiatica”.

La Torre 2 /2017 Al termine della manifestazione, il ministro Martina ha annunciato che «in accordo con il ministro dello Sviluppo Economico Calenda, è stato approntato un decreto per la sperimentazione dell’indicazione dell’origine in etichetta. Lo chiediamo a livello europeo, e siamo pronti a introdurre questo strumento in Italia. Il provvedimento è necessario per dare massima informazione ai cittadini».

Così come per il latte, anche per il riso verrà quindi in­ trodotto l’obbligo di indicazione in etichetta dell’origine del prodotto: sulla confezione dovrà comparire sia il luo­ go di produzione che il luogo di trasformazione. Questo è un provvedimento valido, ma non ancora risolutivo.

Tanti consumatori se ne fregano da dove provenga pur­ ché costi meno.

Con oltre 116 mila ettari, 1.100 aziende ed una produzio­ ne di 8 milioni di quintali il Piemonte rappresenta la più importante realtà risicola. Realtà che va difesa e sostenu­ ta con tutti gli sforzi necessari. Ben venga, quindi, quanto annunciato dal ministro Martina il 13 aprile, in attesa del via di un provvedimento europeo necessario per valoriz­ zare sul mercato il riso piemontese, ma non solo, bisogna fermare le importazioni, far pagare il giusto dazio in en­ trata e fare promozione ben organizzata tra i Paesi nostri importatori, al fine di divulgare le peculiari caratteristi­ che del nostro riso.

Quindi, con la speranza di essere stato chiaro, i consu­ matori italiani, potranno aiutare di risolvere in parte que­ sta crisi, dando preferenza ai nostri risi, che danno la mas­ sima sicurezza di qualità nei confronti dei risi asiatici.

Dario Pansarasa

Deputati in visita alle risaie della cascina “dell’Angelo” Nel tardo pomeriggio dello scorso 2 Marzo, una de­ legazione di giovani deputati portavoce della 13° Com­ missione Agricoltura, è giunta, direttamente da Roma, sino al nostro piccolo paese per visitare l’Azienda Agri­ cola “Una Garlanda”; nuovo nome di una già ben nota Azienda Risicola Rovasendese “ Stocchi Fulvio”che con­ tinua con le nuove leve il proprio lavoro alla Cascina dell’Angelo. E’ qui che i deputati Davide Crippa, Chia­ ra Gagnarli, Filippo Gallinella, Giuseppe L’Abbate, tutti esponenti di movimento 5 Stelle, hanno potuto vedere le risaie coltivate in Policoltura MA-PI® dalla famiglia Stocchi, che da diversi anni sta sperimentando il mo­ dello di coltivazione proposto dal Prof. Mario Piane­ si. In sintesi la Policoltura MA-PI® consiste in un recu­ pero ambientale funzionale ad una produzione di pro­ dotti agricoli, che esclude tutti i tipi di concimi e diser­ banti. Questa proposta, allettante sotto diversi punti di vista non ultimo quello economico, sta interessando il settore agricolo e gli enti statali preposti a trovare delle alternative valide alla crescente crisi. Crisi della quale si conoscono le cause sintetizzabili in due aspetti, uno esterno: importazioni estere a basso costo, e uno inter­

no: una vetusta pratica agronomica, ancora ferma alla monocoltura chimica ed intensiva responsabili di un impoverimento dei suoli e delle risorse. L’alternativa Sostenibile proposta da Pianesi con la Policoltura MAPI®, coniuga le produzioni di derrate alimentari, indi­ spensabili per sfamare i popoli e le esigenze ambientali che forniscono altri fondamentali cibi per l’essere Uma­ no: Ossigeno e acqua pulite. Alla Cascina dell’Angelo la Delegazione Parlamentare ha potuto vedere le risaie piene di argini alberati da poco e ricoperte di un man­ to erboso, quasi pronte ad accogliere il riso; riso colti­ vato completamente naturale che poi una volta raccol­ to e conservato nei magazzini, all’occorrenza, verrà reso commestibile dalla Pileria aziendale che lavora esclusi­ vamente riso coltivato senza chimica, proprio o di altre aziende che si sono convertite alla pratica di Policoltura MA-PI®. In definitiva un bel esempio di sostenibilità e autonomia che speriamo venga preso in considerazio­ ne per le future riforme agricole, da persona volente­ rose che, al di la di qualsiasi bandiera politica, religio­ ne o razza, lavorino per un bene comune.

P. D.

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BRUTTA NOTIZIA: LA FESTA PATRONALE NON CI SARA’ Siamo prossimi alle date della tra­ dizionale Festa Patronale e i rovasen­ desi non sono ancora stati informa­ ti se ci sarà o meno la nostra Festa.

Nulla si è saputo, si sa solamente che alla data di oggi, nessuna associazio­ ne o privato si è presentato dalla no­ stra Amministrazione Comunale per ottenere i nullaosta necessari per lo svolgimento di tale manifestazione.

Purtroppo non essendosi presen­ tato alcun candidato, è gioco forza credere che la Festa per il corrente anno, non si farà.

Altra mazzata!

Quali che possano essere le varie ragioni, sta di fatto che per la prima volta, credo, si è interrotta la tradi­ zionale Festa del Patrono. A dire il vero un motivo noto ci sarebbe: ne­ gli ultimi anni la “Festa Patronale” è considerata, dagli organizzato­ ri, parecchio rischiosa ai fini di un possibile sacrosanto bilancio positi­ vo a fine festa, a causa degli avver­ si cambiamenti climatici che da di­ versi anni infieriscono sul territorio a fine maggio, con temporali e re­ pentini abbassamenti delle tempera­ ture, che tengono lontano i parteci­ panti nei giorni dello svolgimento.

Ricordo che in occasione della ce­ rimonia dell’anniversario dei 40 anni del Gemellaggio, in paese la tempe­ ratura era di 5 gradi con un vento che spostava le persone. Sulla piaz­ za del Municipio suonava una or­ chestra di grido, che normalmente richiamava centinaia di fans dal vici­ nato, ma a ballare quella sera vi era­ no 5 o sei coppie, quasi tutti bambini in vena di giocare e nessun balleri­ no rovasendese o forestiero. I gesto­ ri dei vari stand gastronomici, alla fine della fiera ci hanno rimesso tutti.

Sono ormai lontani i giorni dei grandi successi: l’orchestra “Va­ scombricola” che suonava le canzo­ ni di Vasco Rossi, riusciva ad attira­ re una marea di ammiratori, che ar­

Foto d’epoca del mitico “ballo a palchetto” che non mancava mai alle Patronali di un tempo.

rivavano in anticipo partecipando anche alla cena pur di aggiudicarsi un posto a sedere.

Il rischio di perdere soldi è alto: si pensi che certe edizioni, l’impegno economico comprensivo di tutte le spese anticipate, arrivava anche ad oltre 30.000 euro. Se poi in una del­ le serate avesse piovuto, si potavano perdere anche 10/15.000 euro.

Ricordo che l’anno in cui fu effet­ tuata la festa sul campo sportivo, sempre con quella orchestra “sfiga­ ta”, la Pro Loco perse circa 10.000 euro, a causa della concomitanza di un avvenimento sportivo della nostra nazionale di calcio, che ten­ ne tutti a casa incollati ai televisori.

Con questi dati, come è possibi­ le non condividere le motivazioni dell’astensione degli eventuali or­ ganizzatori?

Ben diverso quello che avviene a Gattinara per la festa del carnevale.

Si pensi che i soci delle varie “tabi­ ne” , sono disposti a versare al co­ mitato del carnevale, somme non da poco pur di accaparrarsi il carro che innaffia il pubblico durante la sfila­

ta dei carri carnevaleschi.

Quali riflessioni fare? Per gli an­ ziani che per oltre mezzo secolo han­ no vissuto la Festa Patronale, come la più attesa manifestazione del paese, non accettano di buon gra­ do che non si possa più continuare come una volta. Non riescono a cre­ dere che uno degli appuntamenti della nostra tradizione debba esse­ re cancellato, senza che almeno un tentativo di buona volontà sia stato adottato per trovare magari una so­ luzione alternativa alla solita prassi.

Chi può asserire che certe agen­ zie di spettacolo del territorio o Pro Loco bene organizzate, se interessa­ te, non avrebbero magari accettato di sostituire gli organizzatori locali?

Per il prossimo anno, con antici­ po, il Sindaco dovrebbe indire una riunione per invitare gli eventuali interessati al progetto, e chissà che con un contributo tangibile da par­ te della nostra Amministrazione Co­ munale, non sia possibile riprende­ re la tradizione.

Dario Pansarasa

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Piante velenose: possibile pericolo per i bimbi Probabilmente non tutti sanno che molte piante da ap­ partamento o normalmente coltivate sui nostri balconi e nei giardini possono essere nocive o addirittura velenose. Nella realtà di tutti i giorni detersivi, prodotti chimici per la casa o il giardino, pentole e piano cottura, piscine e persino le scale di casa sono sicuramente causa di un maggior numero e di più gravi incidenti per i più piccoli. Ma al di là di questa con­ siderazione, è importante che i genitori conoscano le caratte­ ristiche, l’eventuale tossicità, il grado di tossicità e i sintomi che le piante eventualmente tossiche coltivate nelle case, bal­ coni o giardini possono provocare nel bambino. Starà poi ad ognuno di noi, in base all’età dei propri figli e alla loro pro­ pensione a mettere o meno cose o foglie in bocca decidere di coltivare una pianta potenzialmente pericolosa, di metterla in luogo sicuro non raggiungibile dai più piccoli o di evita­ re di coltivarla. La maggior parte delle piante sono innocue, ma ce ne sono alcuni tipi che è bene conoscere, molte pian­ te tossiche sono infatti molto diffuse, potrebbero essere pro­ prio nel vostro giardino o nella vostra casa.

Chi è più a rischio?

Sicuramente i bambini piccoli fra 1 e 2 anni di età a causa della loro propensione a toccare qualsiasi cosa e mettere in bocca di tutto, compresi fiori e foglie.

Per ridurre la probabilità che i bambini ingeriscano qualco­ sa di velenoso è opportuno prendere le seguenti precauzioni: • Insegnare ai bambini che non devono mangiare nien­ te direttamente da una pianta o da un cespuglio sen­ za il permesso di un adulto; • Rimuovere le piante velenose o pericolose conosciute; • Tenere il numero di telefono del centro anti-veleni a portata di mano (è fra i primi suggerimenti dati da­ gli esperti ai genitori quando frequentano un corso di primo soccorso pediatrico).

I sintomi provocati da piante tossiche e velenose sono mol­ to vari e possono includere: vomito, crampi allo stomaco, ir­ regolarità del battito cardiaco, bruciore alla bocca, attacchi convulsivi,. Il tipo e la gravità dei sintomi dipendono dal tipo di pianta ingerito, dalla quantità e dall’età/peso del bambi­ no. Gli incidenti più comuni sono rappresentati da punture e spine, più frequentemente nella zona della bocca, e da al­ lergie o irritazioni cutanee.

Se si sospetta che un bambino sia venuto in contatto con una sostanza tossica o nociva, le misure di primo soccor­ so comprendono: • contatto a livello della cute: lavare delicatamente la pelle con acqua corrente pulita; • contatto a livello degli occhi: pulire l’occhio o gli occhi con acqua corrente pulita per alcuni minuti; ingestione di parti di pianta: rimuovere eventuali pezzi residui di piante e lavare la bocca del bambino; telefonare ad un Centro antiveleni per ulteriori indi­ cazioni.

Se i sintomi sono più gravi e dovete andare al pron­ to soccorso portate con voi un pezzo della pianta causa dell’incidente (ovviamente se non ne conoscete con sicu­ rezza il nome) e cercate di scoprire che parte della pian­ ta ha provocato i sintomi: foglie, fiori, radici, bacche etc.

Se il bambino ha difficoltà a respirare o ha perso coscienza

chiamate immediatamente il 118 .

E’ possibile distinguere una pianta nociva o tossica da una pianta innocua?

Non ci sono caratteristiche comuni di forma, colore, odo­ re o sapore, che permettano di distinguere una pianta vele­ nosa o nociva da una pianta non velenosa. Ma, come regola generale, le piante con un sapore amaro, odore strano, lin­ fa lattiginosa, semi o bacche rosse possono essere velenose.

Per evitare incidenti, è importante imparare noi genitori per primi a riconoscere ed evitare le piante velenose in modo da poterlo insegnare ai nostri figli.

Segue una lista di piante da giardino pericolose, tossiche o velenose. Ho cercato di mettere in evidenza il fattore reale di rischio, molte piante infatti hanno ad esempio bulbi o ra­ dici velenose, ma essendo normalmente una parte interrata la possibilità di provocare avvelenamenti è abbastanza bas­ sa oppure altre hanno un sapore talmente disgustoso che è improbabile ingerirle o ingerirne una quantità sufficiente a causare un infortunio grave (l’oleandro ha un sapore così amaro e sgradevole che è difficile ingerirlo accidentalmen­ te) o ancora sono tossiche solo in grande quantità e i sinto­ mi di intossicazione.

Azalea: le foglie sono velenose ma solo se ingerite in quan­ tità. Sintomi: vomito, diarrea, debolezza, problemi della vi­ sta, convulsioni e coma.

Ciclamino: la pianta è tossica in ogni sua parte. La linfa può causare irritazioni cutanee. L’ingestione può provocare disturbi gastrointestinali con vomito e diarrea, si possono ve­ rificare anche crisi convulsive.

Filodendro: dai piccioli delle foglie rilascia una sostan­ za lattiginosa bianca tossica, che può causare irritazioni alla cute e agli occhi e, se ingerita, tumefazione della lingua e sof­ focamento.

Gelsomino: velenosa in ogni sua parte. Sintomi: perdita della coordinazione motoria, difficoltà di deglutizione, de­ bolezza muscolare, disturbi della vista, crisi convulsive, in­ sufficienza respiratoria.

Ginestra: pianta molto pericolosa, i sintomi sono rappre­ sentati da nausea, vomito, diarrea, crisi convulsive, coma che può giungere alla morte. Pianta da trattare con attenzione.

Glicine: semi e radici sono tossiche. Se ingeriti provoca­ no vomito e dolori addominali con diarrea e dilatazione pu­ pillare.

Mughetto: è una pianta molto pericolosa. Sono tossici i fio­ ri, le foglie, i frutti e i bulbi. I sintomi sono: dolori addomina­ li, nausea, vomito, disturbi cardiaci. Può portare alla morte.

Oleandro: tutte le parti sono velenose e possono provocare effetti gravi quali problemi gastrointestinale, cardiaci, ipoter­ mia e anche la morte (come già detto ha un sapore veramente orribile, difficile ingerirlo accidentalmente). Lavarsi sempre le mani dopo la potatura, la linfa può irritare la pelle e gli occhi.

Stella di Natale: la linfa lattiginosa è irritante (cute, occhi), maneggiare le piante con attenzione. Le foglie e i semi se in­ gerite possono provocare delirio.

Vischio: sono tossiche tutte le parti, le piccole bacche sono una vera attrazione per i bambini. I sintomi sono rappresen­ tati da problemi gastro-intestinali, sete intensa, rallentamento dei battiti cardiaci, collasso, pupille dilatate e visione doppia.

P.D.

RICORDANDO ARNALDO COLOMBO

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O BELLA CIAO E’ il sesto libro di Arnaldo, pub­ blicato nel 1983, unitamente a “Il Biondino,l’ultimo brigante della ci­ viltà contadina”, e a “Pavese e Nuto, sentire una voce fuori dal tempo” per il quale venne premiato con il prestigioso premio Cesare Pavese.

Personalmente lo ritengo uno dei migliori di Arnaldo, perché raccon­ ta la storia della gente di Rovasenda e del lento abbandono delle condi­ zioni massacranti del lavoro e del­ la vita grama sopportata da sempre dalla gente di campagna.

Dalla lunga prefazione di Fran­ cesco Leale, ho stralciato i punti più significativi, dove fa specifico riferi­ mento all’impegno profuso dall’au­ tore per la ricerca della reale situa­ zione di questa gente e quasi total­ mente sconosciuta da tutti ad ecce­ zione dei pochi ultraottantenni rima­ sti a testimoniarne la veridicitòà dei fatti raccontati da Arnaldo. Ne con­ siglio l’acquisto in biblioteca per co­ loro che non lo posseggano oppure ne facciano richiesta di lettura alla responsabile nelle ore di apertura.

La Prefazione “Arnaldo Colombo racconta sto­ rie dei nostri paesi. Racconta che sono pezzi di vita, spaccati di ani­ me. Balzano in primo piano figure e figurine ormai scomparse, ma che hanno contrassegnato epoche, con le loro passioni, il modo di pensare, di agire, di considerare i rapporti con la famiglia, con gli abitanti del paese, il valore della gioia e del dolore.

Momenti che sono stati il rifles­ so di situazioni e condizioni di vita sovente drammatiche, come la lotta per le otto ore, durata più di trent’an­ ni, per un vivere civile nelle risaie, per un miglior rapporto tra padrone e dipendente. Fa una lunga descri­ zione di fatti minuti, di episodi che, poco alla volta, vanno incasellandosi dentro quel grande affresco dei no­ stri ultimi cento anni, che sono sta­ ti quelli che hanno visto una società cambiare “da così a così”, come di­ cevano i nostri vecchi,rivoltando il palmo della mano!

Fa ciò grazie proprio a questi uo­ mini “minuti”; alle loro lotte e sa­ crifici, al credere veramente che un giorno si sarebbe potuto vivere me­ glio, come mangiare, vestire, diver­ tirsi; in cui ci sarebbe stata una nuo­ va realtá umana, dove le classi si sa­ rebbero avviate ad un decisivo livel­ lamento, dove il lavoratore avreb­ be potuto possedere qualche zolla

di terra e avrebbe magari avuto an­ che lui la carrozza (o l’automobile).

Colombo racconta come l’uomo si è fatto tale nelle nostre campa­ gne: dallo scendere schiavo in risa­ ia all’alba ed uscirne al tramonto, fino a conquistare un orario flessi­ bile, umano; come sia riuscito a vin­ cere la malaria; a mangiare la carne non solo “il giorno della festa”; a non scambiare più il piatto di minestra, unico menù della sera, con quello del vicino ...perché differente, quindi più buono; ad andare a ballare su di un ballo a palchetto, con orchestre di grido, senza smettere una “suonata”; a recarsi a vedere, lontano dal paese, una partita di calcio, sentire un gran­ de cantante; alla sera aprire la tele­ visione a colori. E nell’inverno non trovare più rifugio nella fetida stal­ la, dove si ingeriva e masticava l’o­ dore nauseante delle “sunte”, il fia­ to pieno di vapore acqueo delle vac­ che; dove cercare, assieme agli altri, quel necessario calore non solo fisi­ co, decisivo per continuare a vivere.

L’uomo, se vuole, sa anche oggi ritrovare le condizioni per uno sta­ re assieme allo stesso modo di quei tempi. L’uomo non può rinnegare se stesso. Non può cioè dimenticare che ogni epoca ha le sue condizio­ ni, le sue realtà, i suoi momenti. E quelli di oggi li ha voluti fermamen­

te lui. Li ha voluti quando ha detto basta allo sfruttamento nella risaia, quando ha portato sull’aia quel mo­ stro bonario ma rivoluzionario che fu la macchina trebbiatrice, vecchio ruspante incredibile pezzo di loco­ motiva, specie quando le pulegge e le ruote giravano tutte assieme e batteva per ore e ore il riso e il gra­ no tra polvere e ombre della notte.

Ci sarebbero stati di lì a poco mostri ben più giganteschi, che avrebbero divorato nei campi, giornate e gior­ nate di riso e grano, anche alla luce di fari artificiali, proprio come quei mostri dalle sette teste, tipici delle

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RICORDANDO ARNALDO COLOMBO

favole dei nostri paesi.

La storia del Vercellese é cosí va­ sta, tanto sfaccettata, che non si puó scriverla o descriverla tutta, non si puó raccontarla per intero. Tanto piú che a raccontarla non c’é nemmeno

piú il sito adatto: la stalla, il salotto dei poveri. E non c’é piú il Cesare dei Celti, uno dei suoi cantori, alla ma­ niera dei vecchi indimenticati can­ tastorie, a dirci che “O bella ciao” é un canto inventato dalle mondariso,

La Torre 2 /2017 preso a prestito per un’altra “saga”, altrettanto di dolore e radiosa nello stesso tempo, che investí drammati­ camente le nostre genti: quella della guerra di Liberazione”.

P.D.

8 MARZO 2017: GIORNATA IN BIBLIOTECA CON I BAMBINI DELLA SCUOLA PRIMARIA E SCUOLA INFANZIA DI ROVASENDA Il Comune di Rovasenda, sempre molto sensibile nei confronti della Scuola, ha accolto con soddisfazione la proposta delle maestre della Scuo­ la Primaria e della Scuola dell’Infan­ zia: una visita alla Biblioteca Comu­ nale, intitolata al Professor Arnaldo Colombo, che si sarebbe inserita nel­ le attività di conoscenza del territo­ rio e delle sue ricchezze culturali.

Nella giornata internazionale del­ la donna, l’8 marzo, le insegnanti Margherita Lavino Zona, con la clas­ se 5, Simona Bisaggio, con le classi 1 e 2, Maria Domenica (Mary) Arlone e Giacomina Chiacchio, con le classi 3 e 4 hanno raggiunto in Biblioteca le colleghe della Scuola dell’Infan­ zia Paola Gerodetti e Monica Persini.

Il vicesindaco Graziella Erbetta ha accolto le classi ed ha spiegato che la biblioteca è a disposizione di tut­ ti i bambini che potranno anche ac­ cedervi singolarmente, purché ac­ compagnati da un genitore o da un adulto, per prendere in prestito dei libri da leggere.

I piccoli ospiti sono stati poi ac­

La Torre 2 /2017 compagnati attraverso le sale che compongono la Biblioteca e hanno potuto guardarsi intorno e vedere il gran numero di libri e riviste ben ordinati negli scaffali. In particolare sono stati attratti dai quaderni scola­ stici di Arnaldo Colombo, notando come fossero tanto diversi da quelli di oggi e soprattutto come il piccolo Arnaldo fosse ordinato e diligente.

Prima di far ritorno a scuola i ra­ gazzi hanno preso in prestito alcuni testi e hanno confermato che certa­ mente torneranno, perché è un am­ biente accogliente in cui ogni tipo di interesse può essere soddisfatto.

I bambini della Scuola dell’In­ fanzia saliranno in biblioteca con le maestre per ascoltare letture ad alta voce e per abituarsi ad amare i li­ bri, compagni fedeli di un’esistenza come quella, purtroppo troppo bre­ ve del Professor Colombo.

Il vicesindaco comunicherà presto

RICORDANDO ARNALDO COLOMBO

gli orari di apertura al pubblico del­ la Biblioteca, per dare modo ai rova­ sendesi, e a tutte le persone interes­ sate, di accedervi ed utilizzare que­ sto servizio, tanto più importante in quanto Rovasenda non vuol perdere l’occasione di valorizzare la sua bi­ blioteca incrementata dalla generosa

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donazione fatta dagli eredi del com­ pianto professor Arnaldo Colombo.

Piera Mazzone a nome di tutti i preziosi volontari che hanno collaborato al riordino della Biblioteca, inaugurata lo scor­ so 8 dicembre

XXIX Edizione della Poesia Dialettale “San Germano” Associazione Turistica Pro Loco, Cavallirio, 2 ottobre 2016 Poesia di Maria Rita Nobile

Ma n’an fa...

L’è ma n’an fa e tevi ‘nsèma nOi. ‘Ntla bèla ricurensa ‘d San German ciascadun al ligiva la sö storia e ti tevi cüntà tüta la gloria dal tö brau nonu, dia guèra la mimoria.

Soma spiciati... (famuss i töi ritard) ma ‘st’an vardand travèrs di pianti, son mia visti rivée

cun libri sota ‘l bracc, al suriss malinconie, ma la voja da ristée magari anca ghignée...

Chisà ‘ntè tei andà!

Fani savei quaicoss...

In ciamati a ritirée al premiu dal cuncurs da tuta la tö vita, al premiu püssè beli?

So n sicura di sì! ...e alura, giù ‘l capell!!

(Dialetto di Romagnano Sesia)

Traduzione letterale: Solo un anno fa - E’ solo un anno fa / ed eri con noi. / Nella bella ricorrenza/ di S. Ger­ mano / ognuno leggeva / la sua storia / e tu hai raccontato la gloria / del tuo bravo nonno, / della guerra la me­ moria. // Ti abbiamo aspettato... / (famosi i tuoi ritardi) / ma quest’anno / guardando traverso le piante, / non ti ho visto arrivare / coi libri sotto il braccio, / il sorriso malinconico, / ma la voglia di esserci / magari anche di ridere... // Chissà dove sei andato! Facci sapere qualcosa... // Ti han chiamato a ritirare / il premio del concor­ so / di tutta la tua vita, / il premio più bello? / Son sicura di sì! / ... e allora, giù il cappello!!

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ACCADE INTORNO A NOI

La Torre 2 /2017

A SAN GERMANO PRESENTATO UN NUOVO VOLUME DELLA SOCIETà STORICA VERCELLESE

IL CONVENTO AGOSTINIANO DI S. MARIA DELLA CONSOLAZIONE Il nuovo volume pubblicato dalla Società Storica Vercellese nella collana “Quaderni della Società Storica Vercellese”, che racchiude la storia de: “Il Convento Agostiniano di S. Maria della Consolazione in San Germano Vercellese” è stato presentato venerdì 7 aprile, nell’Auditorium del Cor­ pus Domini di San Germano. Gian­ ni Mentigazzi, sangermanese, Presi­ dente del Museo Leone e della Casa di Riposo di San Germano, dopo aver ringraziato il numeroso pubbli­ co, la relatrice, l’autore e i coautori del volume, ha lanciato un suggeri­ mento per un prossimo articolo del Bollettino Storico Vercellese: “Dedicarlo alla prima donna notaio d’Italia, Elisa Resignani,originaria di Trieste, che nel 1928 esercitò per un breve periodo a San Germano”.

Dopo aver portato il saluto del Presidente Giovanni Ferraris, è sta­ ta ricordata la scoperta del mano­ scritto seicentesco: “Racconto del Convento di S. Germano”, fatta da Mario Coda nella Biblioteca del Santuario di Oropa, all’interno di un volume miscellaneo, giunto alla Biblioteca dopo le soppressioni napoleoniche.

Antonio Corona lo trovò subito mol­ to interessante e cominciò ad occu­ parsene, pubblicandone una breve parafrasi in un suo libro del 2004, tornando sull’argomento nel volu­ me pubblicato nel 2016: Un Maestro, un Medico e un Pellegrinaggio Sanger-

manesi. Lavorando alla contestualiz­ zazione del manoscritto Antonio Co­ rona, chiese all’amico Direttore del Bollettino Storico Vercellese, Giorgio Tibaldeschi, “indiscusso esperto di archivi vercellesi (e ben oltre!)”, di anno­ tarlo con la consueta acribia. Vincen­ do le iniziali resistenze, Tibaldeschi iniziò una ricerca storica che portò a risultati estremamente interessanti: la storia di San Germano è stata ar­ ricchita da una nuova fonte. Il ma­ noscritto secentesco narra le vicen­ de della nascita e crescita del Con­ vento in modo dettagliato, offrendo uno spaccato della vita del paese, de­ scrivendo la travagliata nascita e cre­ scita del convento degli Agostiniani, dalla distruzione durante l’occupa­ zione di San Germano da parte del­ le truppe spagnole durante la prima guerra di successione del Monferra­ to, alle difficoltà causate dalle conti­

nue incomprensioni, talvolta liti, che sorsero tra i Religiosi e la Comuni­ tà del paese. Il convento era molto piccolo, non ebbe mai più di quat­ tro o sei frati, ed ebbe la grossa sfor­ tuna di essere soppresso in anticipo rispetto alle soppressioni napoleo­ niche, che conservarono gli archivi della corporazioni religiose soppres­ se. Per studiare le vicende del con­ vento agostiniano Tibaldeschi è ri­ corso a fonti diverse da atti notarili a conti, in una sorta di caccia dai ri­ sultati molto soddisfacenti: “A San Germano esistono ancora ben due tesori ancora da scoprire: la medaglia murata in occasione della rifondazione del convento nel 1627, coniata dai Savoia nell’anno santo 1575 con la porta santa di Roma e l’effigie del Duca Carlo Emanuele I, citata nel manoscritto, ma della quale si è persa traccia. Il secondo tesoro è la pala d’altare citata da Aurelio Corbellini che benedì la prima pietra della chiesa del nuovo convento: si tratterebbe di un’ancona del Moncalvo, o forse di sua figlia Orsola Caccia, che raffigura la Madonna con Bambino, la cui ultima segnalazione risale agli anni Venti dell’Ottocento, quando se ne registra la presenza in una collezione privata a Crescentino: sarebbe importante ritrovare questo pezzo importante della storia artistica del paese”. Tibaldeschi ha segnalato anche l’antichità della dedicazione a San Vito di una chiesa poco distan­ te dal convento, oratorio campestre

ACCADE INTORNO A NOI

La Torre 2 /2017 oggetto di grande devozione, abban­ donato e crollato nel 1951: “Oggi si conoscono solo tre San Vito sul territorio: uno vicino a Santhià, quello di San Germano e uno nel Novarese. Molto importante è stato l’aver ritrovato la citazione di San Vito di San Germano in un frammento pergamenaceo del 1275, che riferisce di uno scambio sulla strada di San Vito. Vito potrebbe derivare da vicus, un termine latino riferito alla presenza di un piccolo nucleo di persone”.

Nel volume è stata riprodotta un’ac­ quaforte degli anni Sessanta, realiz­ zata dal pittore Enzo Gazzone, che raffigura la chiesa di San Vito, pub­ blicata accanto ad una malinconica immagine del 2010, scattata dall’au­ tore del volume, che ne ritrae l’at­ tuale desolazione. Carla Gazzone, figlia di Enzo, ha ricordato che que­ sta era una delle prime opere di suo padre, che soggiornò spesso alla ca­ scina San Vito, gestita dal Dottor Pe­ razzo, e ritrasse il San Vito Piccolo:

così erano chiamate poche giornate di terra che venivano coltivate per servire da sostentamento al custo­ de della chiesa.

Mario Coda, autore del ritrova­ mento e della trascrizione del ma­ noscritto, è intervenuto durante la presentazione per spiegare la sua tesi sull’autore, basata sia sulla gra­ fia, che su alcuni tratti stilistici ca­ ratteristici dello storico biellese Car­ lo Antonio Coda. Antonio Corona, “lo Storico” di San Germano, auto­ re di una lunga serie di libri dedica­ ti al suo paese e ai personaggi che vi ebbero i natali, invece ritiene che il “Racconto” riporti dati così precisi da non poter essere stato scritto che da una persona del paese, o molto vicina ad esso, e precisamente dal frate agostiniano Aurelio Corbellini, autore della nota: “Storia dei Vescovi di Vercelli”, ancora oggi apprezzata e di vari volumi di poesie.

Nel testo San Germano è defini­

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to: “Sempre luogo riguardevolissimo per l’acutezza degli ingegni e territorio cosi fertile che produce quanto è necessario al vivere umano” e compaiono i nomi di personaggi direttamente o indirettamente implicati nella storia del convento, esponenti delle fami­ glie sangermanesi più influenti, ma soprattutto emergono preziosi mi­ cro toponimi, alcuni dei quali tuttora presenti sul territorio, che dimostra­ no una precisa conoscenza della gen­ te sangermanese da parte dell’auto­ re del manoscritto. Nell’ultima par­ te del volume, intitolata: “I protagonisti del Racconto del convento”, An­ tonio Corona offre delle sintetiche schede che racchiudono le informa­ zioni essenziali per contestualizza­ re luoghi e personaggi.

Un libro dunque interessante e pieno di sorprese, che appassionerà anche coloro che si occupano di sto­ ria per diletto.

Piera Mazzone

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

HAIR STYLIST CRISTINA TOMATIS Il nostro lettore Luca Tomatis, rovasendese anche se abita a Chieri, ci ha fatto pervenire questo breve scritto di sua figlia Cristina di 29 anni, nel quale ci racconta la sua passione come Hair Stylist.

“Ho mosso i primi passi nel mondo degli acconciatori all'età di 14 anni, seguendo il corso biennale di formazione presso l'Accademia Maiello, sita nel centro di Torino.

Al termine degli anni accademici, sono l’unica persona selezionata tra gli allievi del mio corso ed assunta con la qualifica di apprendista proprio presso il salone della direttrice accademica.

Dopo alcuni anni presso questo salone, decido di cambiare per confrontarmi con diverse realtà, e molteplici metodiche dalle quali ho preso spunto per poi crescere e sviluppare un mio metodo; a 21 anni ottengo la qualifica di lavorante. La formazione e il continuo miglioramento sono un must per me, infatti dedico il tempo libero a corsi di aggiornamento teorici e pratici, specializzandomi anche nel marketing e nel set-

tore estetico per servizi come manicure e trucco. La forte motivazione e passione per questo lavoro, mi spinge a fare "il grande salto" ovvero l'apertura del mio primo salone “boutique” a Moncalieri nel 2013. Da quando ho iniziato questa nuova avventura posso dire di essere soddisfatta della strada intrapresa, e di ciò che ho creato, ma non voglio certamente fermarmi qui, anzi; ho partecipato a sfilate come “operatore di bellezza” e mi sono classificata al primo posto come HAIR STYLIST 2017. Chi ama il bello conosce il valore di un Professionista. Chi apprezza lo stile conosce l’importanza di un accessorio. Oltre a garantire nel mio salone servizi di alta qualità, sto inserendo giovani talentuosi, con esperienza internazionale, per coccolare sempre di più le mie clienti.

Attraverso le pagine del notiziario ‘La Torre’ desidero rivolgere un ringraziamento particolare alla mia famiglia che sempre mi ha sostenuta e accompagnata in questa grande scelta lavorativa”.

La redazione de “La Torre” si complimenta con Cristina e le augura di continuare a ricevere in futuro le tante soddisfazioni che questo lavoro le ha regalato fino ad oggi.

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RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

La Torre 2 /2017

CONSIDERAZIONI DI UNA MONDINA Non c’era “Italo” né “Freccia Rossa”.

Il tuo trolley era un sacco di juta ed una “casèta” (n.d.r. la tipica cassetta di legno usata come valigia). Viaggiavi 24 ore sul treno merci, ma non avevi la morte nel cuore.

A quindici anni vedi tutto rotondo, non vedi gli spi­ goli che ci sono nel mondo.

A braccia aperte vai incontro alla vita, ti senti padro­ na del tuo destino.

Hai l’età e il candore dell’innocenza, quanto orgo­ glio a quei tempi!

A nessuno permetti di spezzare i tuoi sogni. Il tuo cuo­ re è colmo di gioia e di speranza per la tua vita.

Aspetti impaziente il futuro, lo vuoi vicino perché pensi di esser tu che guidi il tuo cammino.

Lavori molto, ma la fatica non la senti. Ti senti gran­ de, importante, ti senti la figlia che ora può portare il pane alla sua famiglia.

A testa alta mondina bambina, fai la tua strada aspet­ tando il domani. Apprezza il dono che Dio ti ha dato, apprezza il mondo e la sua beltà, ma non permettere mai a nessuno di rubarti la dignità.

Mondina cara, racconta al mondo la tua avventura, fatta di fatica lotta e miseria, non temere di sembrare banale. Ascolta chi te lo dice, la miseria è nel cuore di chi non capisce!

Ha novant’anni ora quella mondina, dalla vita è sta­ ta temprata, molti spigoli ha incontrato, molti sogni si sono spezzati, ma lei ha saputo rimetterli insieme, tra­ endo la forza da quella corazza che dal destino le è sta­ ta donata.

Alla soglia dell’ultimo viaggio, senza cassetta di le­ gno, né il suo sacco di juta, a volte si sente fragile e un po’ smarrita, ma per questo non si sente sconfitta. Al­ zando gli occhi al cielo prende coraggio e, guardando una stella, continua a pensare che la vita è bella!!!

Ada Palavanchi

MONDINA BAMBINA Sei piccola quando fai il tuo primo viaggio.

Nella “casèta” porti la favola.

La tua mamma la porti nel cuore.

Nei tuoi canti metti tutto il fiato che hai, perché la tua voce arrivi fino a lei.

Per difenderti dalla fatica, ti inventi la favola del­ la principessa che di giorno galleggia nell’acqua, ed è tanto leggera che alla notte vola sul suo materas­ so di paglia.

La mattina presto, all’alba devi svegliarti.

Il lavoro è lontano, ma non importa.

Tutte in fila, assieme alle tue compagne, parti.

Camminando su sentieri sterrati, col tuo cappel­ lo in mano, i piedi nudi ti fanno male.

Hai anche un po’ freddo, e qui ti prende lo scon­ forto, ma tu hai una grande arma che al momento del bisogno mai ti abbandona: la fantasia.

Ti vedi un soldatino che va alla guerra, assieme al suo plotone va a guadagnarsi il pane.

Tutto passa e ti senti un’eroina!

La Domenica è un giorno di festa, fai il bucato,

lavi i capelli, perché si sa fin da bambina la donna è vanitosa.

Metti il vestitino della festa, sulle labbra un po’ di rossetto, sul viso la “Biancardi” per nascondere la pelle bruciata dal sole. Ultimo tocco, una coron­ cina di fiori fra i capelli: ti senti una regina!

L’ultimo giorno è il più lungo, l’ultima notte non dormi. Ti lasci andare e l’emozione ti prende. Quel cuscino bagnato che al mattino ti trovi, non sono la­ crime di dolore.

Sono lacrime che fanno bene al cuore.

Non hai più bisogno della fantasia, è tutto vero, domani torni a casa tua!

Quaranta giorni ti hanno un po’ cambiata. Sei par­ tita bambina ora ti chiamano “mondina”. Ti senti fie­ ra, orgogliosa, sei stata brava, hai superato la prova.

Come un cucciolo smarrito che ritrova la strada, appena si rifugia fra le amorevoli braccia della sua mamma, ti senti protetta e sicura.

Come d’incanto tutto si trasforma: svanisce la mondina…..ritorni bambina!

GEMELLAGGIO

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500 ANNI DOPO IL CAVALIER BAYARDO HA UN VOLTO Straordinaria scoperta! Finalmente dopo 500 anni si è certi di aver trovato il corpo del Cavalier Bayardo e grazie alle nuove tecnologie sono riusciti anche a ricostruirne il volto.

Questo è quanto emerge dall’articolo tratto dal Il DNA ha parlato. Il cranio, tira­ to fuori dal fondo di una cassa quasi dimenticata negli archivi dell’Isère, è proprio quello del Cavalier Bayardo (1476-1524).

Ed è uno dei suoi discendenti, Je­ an-Christophe Parisot di Bayard, che il 2 marzo 2017 a Montpellier, ha ri­ velato i risultati della ricerca scien­ tifica durata diversi mesi.

Fine di un Enigma che ci porta in­ dietro di più di 500 anni. Perbacco!

Da diverse settimane ormai nel­ la valle del Grésivaudan (Isère), ter­ ra natia del Bayardo e teatro degli atti di coraggio del “Cavaliere sen­ za macchia e senza paura “, si pensa­ va che la pista scientifica fosse quel­ la giusta. Si sperava molto in questo epilogo : un personaggio illustre del­ la storia di Francia, del quale si era­ no perse le tracce della sua tomba, riesumato quasi 500 anni dopo la sua morte.

Si incominciava a sognare: Pontcharra (finalmente) avrebbe potuto accogliere il suo antenato il­ lustre e consacrare il suo eroe na­ zionale.

Ieri, si è concluso l’enigma. I cam­ pioni prelevati un anno fa da quel­ lo che era solo un teschio “presun­ to”, dimenticato in una scatola ne­ gli archivi dipartimentali dell’Isère, corrispondono, come rivelato ieri a Montpellier da Jean Christophe Parisot, un diretto discendente di Bayardo.

Mezzi scientifici e spiegazioni ge­ netiche, comunque sia questa sto­ ria è degna di un romanzo.

Tutto inizia nel 2012 quando Je­ an-Christophe Parisot, prefetto

“Dauphiné Libéré” a firma di Céline Ferrero.

Sicuramente tutto questo avrebbe potuto diventare materia per un nuovo libro del nostro storico Arnaldo Colombo….ma chissà, forse lui ha la possibilità di incontrarlo e verificare di persona …..

dell’Hérault e appassionato di ge­ nealogia, scopre che non risultano discendenti di Bayardo dal 1875.

“Allora ho presentato una richie­ sta al ministro della giustizia, che va­ luta i legami tra le persone che vo­ gliono riprendere un cognome fa­ moso. Christiane Taubira ha firma­ to il decreto nel luglio 2012 e mi ha autorizzato a portare il cognome del cavaliere. » Bayard è suo antenato. Ne aveva la certezza. “Da parte di mia ma­ dre, ho legami con la famiglia Alle­ man, famosi notabili di Grenoble nel Medio Evo. Io discendo dalla zia di Bayardo, la sorella di sua mamma, Catherine Alleman, che visse alla fine del XVI secolo. “ Ma Bayard non ebbe mai sepol­ tura. Lui sa anche questo. L’uomo quindi dedica ore e ore alla ricerca per ridare alla figura dell’eroe nazio­ nale “il posto che merita.”

Le tracce lo portano in Isère. Qui incontra “les Amis de Bayard”, l’as­ sociazione di Pontcharra che gli spiegano l’incredibile storia dei pre­

sunti resti del cavaliere, trasferiti ne­ gli archivi dipartimentali dell’Isère, a Grenoble, negli anni 60.

Essi contribuiscono a finanziare le ricerche su DNA donando € 4. 800 su una spesa stimata di 10.000 euro.

“Ecco, io mi sono lanciato in un'avventura veramente straordinaria!”

Dove la scienza incontra la storia.

La vera storia.

M. Parisot di Bayard incarica il professor Gérard Lucotte, dell’Isti­ tuto di antropologia genetica mole­ colare di Parigi, di analizzare que­ sti “presunti” resti. I campioni pre­ levati il 9 febbraio 2016 negli archi­ vi dell’Isère saranno determinanti. Tra i resti risultano tre teschi, e uno annerito messo insieme come un puzzle con la fronte, il mento.... Risultati: i cin­ que marcatori testati dal professor Lucotte sono formali. Il colore degli occhi (marroni), i capelli (castani ), la pelle chiara, il viso spigoloso e la presenza di ferro impregnato nelle ossa (testimonianza di un contat­ to con un casco di armatura in fer­

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GEMELLAGGIO

ro, come quello che doveva portare il cavaliere quando cadde a 49 anni colpito al dorso da un colpo di ar­ chibugio) mostrano che si tratta del Chevalier Bayard.

Ma occorreva ancora una prova ulteriore.

Quale? La ricerca del DNA. Non uno qualsiasi, ma il DNA mitocon­ driale, identico a quello di un di­ scendente del ramo femminile e dal­ la parte della mamma di Bayard.

“Non potevo proporre il mio DNA, giustifica il prefetto, perché nella mia stirpe, ci sono uomini e donne. “ Ed ecco­ lo lanciato sulla pista di famiglia. Pa­ ziente, non conta più le ore di lavo­ ro (600...) per trovare qualcuno an­ cora vivente la cui madre della ma­ dre della madre... discenda dal ramo materno di Bayardo.

La probabilità era scarsa (ridot­ ta). Il risultato incredibile: “un cugino, domiciliato ad Annecy, ha accettato di sottoporsi ad un prelievo. “ Sen­ za questo DNA la ricerca si sarebbe interrotta.

Grazie a lui, è conclusa. Ed è anco­ ra la scienza che si pronuncia!

Il software utilizzato dalla FBI mo­ stra il viso del Bayardo in 3D. Sor­ prendente!

Le ossa della fronte e del mento,

La Torre 2 /2017 sovrapposti, corrispondono in tutti i punti al modello in 3D. “Non è più la scienza romanzata della fiction” sorrise il discendente, “molto turbato” dall’immagine del suo antenato che lui vede come un colosso di almeno 1 metro e 80.

Oggi, determinato a realizzare una sepoltura “degna del suo rango” probabilmente in Isère, e una tom­ ba, con l’aiuto dei mecenati, JeanChristophe Parisot de Bayard chie­ de soprattutto che le ossa, riposizio­ nate nella loro cassa originale, siano consegnate a lui. “Nessuno è proprietario di un corpo umano” dice lui.

Da ieri, lui vuole solamente esser­ ne il custode.

Due secoli di ricerca. Prima del­ la sua morte nel 1524, il cavalier Bayardo aveva espresso la sua vo­ lontà di essere sepolto nella cappel­ la di Grignon (all’epoca il comune di Pontcharra non esisteva) “I suoi ge­ nitori avevano preferito un funera­ le più prestigioso nella cappella fon­ data da suo zio, il vescovo Laurent Alleman, che diventerà il Convento dei Minori a Saint-Martin-d’Hères” racconta Jacques Viret, Presidente dell’associazione “Les Amis de Ba­ yard” e sindaco di Saint-Maximin, una cittadina sopra Pontcharra.

“Nel corso del tempo,” dice JeanChristophe Parisot de Bayard, tre persone sono state sepolte con lui, appartenenti alla stessa famiglia.

Il tempo ha fatto il suo corso e all’i­ nizio del XIX secolo un prefetto mi­ litare chiese di riesumare i resti di Bayardo per dargli degna sepoltura.

E vennero portati a Grenoble.

Ma il corpo riportato alla luce in quella occasione non poteva essere quello del Bayardo poiché si tratta­ va di una donna, come si seppe solo molto più tardi nel XX secolo. » Nel 1937, in occasione degli sca­ vi presso la Chiesa di Saint-Martind’Hères, vennero riesumati quattro scheletri “ e corrispondevano in tut­ to alla storia di quelle tre persone se­ polte accanto a Bayardo”.

Riposte in casse durante la secon­ da guerra, sono state messe in un magazzino di deposito presso il Mu­ nicipio di Saint-Martin-d’Heres per più di vent’anni; poi negli anni 60 trasferirono il tutto, in un’unica cas­ sa, presso gli Archivi Dipartimenta­ le dell’Isère, a Grenoble.

Tra queste ossa, dunque, un te­ schio annerito. Ieri a pezzi. Oggi ri­ composto.

Ileana

PONTCHARRA NEWS 17 giugno al Parco Saint-Exupéry festa della scuola di musica comunale alle ore 16,30 concerto dell’Harmonie Les enfants de Bayard

ni e dimostrazioni di tiro con l’arco per festeggiare degnamente i suoi 40 anni di esistenza.

24 e 25 giugno “Les petits rats”, l’associazione di danza della quale è presidente la signora Marie-Laure Ca18 giugno porale da ben 25 anni, festeggeranno 45 anni di vita con allo stadio dell’Ile Fribaud la prima compagnia di tiro un programma ad hoc realizzato al Coléo all’arco di Pontcharra aspetta tutti con giochi, animazio***

PROSSIMI APPUNTAMENTI PER IL GEMELLAGGIO 27 e 28 maggio 2017 Festa Patronale di Rovasenda

Si segnala che i nostri gemelli Carrapontini in occasione della festa patronale di Rovasenda hanno previsto la visita alla Reggia di Venaria Reale;

giungeranno a Rovasenda verso le ore 17,30.

Per i dettagli contattare Ileana al n. 340 80 60 552

26 e 27 AGOSTO 2017 : Festa della Rosière a Pontcharra.

La Torre 2 /2017

LA PAGINA SPORTIVA

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La ginnastica in lutto per Erika Zurlin, 35 anni Il mondo dello sport in lutto per la morte di Erika Zurlin avvenuta il 6 marzo 2017, a soli 35 anni. Laureata in Scienze motorie e tecnico federa­ le Fgi, nel 2014 aveva dato vita all’A­ sd Ekygym, nuova realtà nel cam­ po della ginnastica artistica vercel­ lese. La sua passione per la ginna­ stica artistica l’aveva spinta a creare una società tutta sua attirando gio­ vani promesse. Il 14 settembre 2014 inaugurò la sua nuova attività nel rinnovato Salone Polivalente del no­ stro comune.

Il notiziario “La Torre” di Rova­ senda e le giovani promesse della ginnastica artistica vogliono rivol­ gere un affettuoso pensiero al mari­ to, alla mamma e ai suoi cari con la certezza che dal cielo Erika è vicina a tutti loro e seguirà sempre con impe­ gno e passione perenni le sue allieve.

DEDICATO AD ERIKA

“Le parole insegnano, gli esem­ pi trascinano”, ricorda Martina, che ti ha seguita fin dalla nascita della Ekygym, la TUA società sportiva, la rappresentazione concreta e tan­ gibile del tuo sogno divenuto realtà, dopo anni di lavoro, impegno e de­ dizione, affrontati senza mai arren­ derti e con la tua straordinaria cari­ ca di energia, quell’energia che sei riuscita a trasmettere a tutte noi in­ sieme ad una splendida passione e molto, molto altro.

Forza, coraggio, determinazione,

resilienza, tenacia…ognuna di noi ti ricollega ad un valore che sei stata in grado di infonderci. A me piace ri­ cordarti come vita, perché , parados­ salmente, vivere è stata la cosa più bella che avresti potuto insegnarmi a fare, proprio tu che in quel “percor­ so lungo, a volte complicato” che ri­ corda Anna, la tua prima allenatrice, “non ti sei mai arresa, perché quello era il tuo sogno”.

Ma un sogno ora lo abbiamo an­ che noi, le tue “Giannine”: far sì che da lassù, guardandoci, tu possa sor­ ridere ed essere orgogliosa di noi, nella speranza di diventare un gior­ no delle donne forti e vittoriose pro­ prio come te, non solo nello sport, ma anche e soprattutto nella vita.

Ti dobbiamo molto.

Grazie Erika.

Camilla per l’Ekygym

Vendo divano “Chateaux d’Ax” 3 posti, in pelle bianca. Praticamente nuovo.

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ANAGRAFE

La Torre 2 /2017

NATI BAIETTI MIA nata a Biella il 24/01/2017, primogenita di Baietti Riccardo e Sileo Deborah.

“La Torre” si congratula con i genitori per questo lieto evento e porge le più sentite felicitazioni ai nonni paterni Baietti Gian Paolo e Patriarca Flora, ai nonni materni Sileo Gerardo e Cogato Lorena.

Alla piccola Mia “La Torre” porge i più fervidi auguri di crescere sana e felice, circondata d’amore.

DEFUNTI FERRARO WALTER di anni 89 Nato a Rovasenda il 12.12.1927 morto all’ospedale di Borgosesia il 4 marzo 2017 e sepolto a Rovasenda il 6 marzo nella tomba di famiglia.

Ne danno il triste annuncio la mo­ glie Carmen, il figlio Massimo con la moglie Pierangela, i nipoti Stefania e Alessandro con Deborah, nipoti, cu­ gini e parenti tutti.

DELPRINO CARMEN ved. FERRARO di anni 85 Nata a Rovasenda l’11.2.1932 Morta a il 1 maggio 2017 e sepolta a Rovasenda il 3 maggio nella tom­ ba di famiglia.

Ne danno il triste annuncio il fi­ glio Massimo con la moglie Pieran­ gela, i nipoti Stefania e Alessandro con Deborah, nipoti, cugini e pa­ renti tutti.

Walter e Carmen sposi da 65 anni, “uniti nel bene e nel male, finché morte non vi separi”.

E loro hanno rispettato alla let­ tera le frasi di rito del matrimonio.

Sono morti a nemmeno due mesi di distanza uno dall’altra, come se non potessero restare soli senza l’altro, proprio come gli uccellini insepara­ bili. La loro vita è sempre stata im­ prontata al grande rispetto della fa­ miglia. Il lavoro regolava i loro tem­ pi liberi, molto scarsi, ma sempre in­ sieme, con la soddisfazione di aver

cresciuto il figlio Massimo che, a sua volta, con la moglie Pierangela ha dato loro la gioia di diventare non­ ni di Alessandro e di Stefania. Dive­ nuti pensionati, in particolare, han­ no potuto dedicare grandi attenzio­ ni alla nipotina Stefania, seguendola passo a passo nella crescita. Quan­ do circolavano in paese con la pic­ cola Stefania si vedeva bene sui loro volti e nei loro occhi la felicità; sem­ bravano ringiovaniti e rinvigoriti da tanta gioia e vivacità.

Walter non era uomo di chiesa ma è sempre stato uomo buono, di sani principi morali.

Carmen, nata il giorno dedicato alla Madonna di Lourdes, è sempre stata molto devota alla Madre Cele­ ste. Faceva parte della Confraterni­ ta del Santissimo Rosario e sembra proprio che la Vergine l’abbia volu­

ta accompagnare in cielo poiché è morta il primo giorno del mese de­ dicato alla Madonna.

PORZIO EMMA ved. GUARNERI di anni 93.

Nata a San Giacomo Vercellese il 28.04.1923 Morta all’ospedale di Vercelli il 22.3.2017 e sepolta a San Giacomo vercellese il 24.3.2017 Ne danno il triste annuncio i figli Orsolina, Giorgio e Maurizio, la ni­ pote Federica, la cognata Aldina, ni­ poti, cugini e parenti tutti.

“La Torre” porge le più sentite condoglianze ed il più vivo cordoglio ai familiari di questi nostri defunti e ai parenti tutti, assicurando il ricordo nella preghiera e nelle messe di suffragio