Quindici - 5° Numero

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sta andando. Successivamente un’analisi qualitativa tramite la compilazione di un questionario finalizzato a raccogliere testimonianze reali. A questo fine, abbiamo creato anche una pagina facebook “HO.Stage”. Non avendo ancora dati

“Se passa l’idea che 450 euro al mese sono lo stipendio per un lavoro, ci tiriamo la zappa sui piedi” definitivi non si può dire se i tentativi di abuso da parte degli enti ospitanti sono tanti o pochi, però sono documentati, ci sono. Qualche esempio? Abbiamo raccolto esperienze di stagisti che arrivano a fare anche sette/otto tirocini in realtà analoghe. Di fronte a queste situazioni è evidente che il valore formativo dello stage viene

Isabella Ragonesi nel film “Tutta la vita davanti” messo in secondo piano: si continua a saltare da un’esperienza all’altra ma sempre in termini di lavoro precario. Siete soddisfatti della nuova legge regionale n. 7/ 2013? Sicuramente è migliorativa, prevede nuove tipologie di tirocinio, cerca di mettere dei paletti e prevede degli strumenti in più per evitare gli abusi. L’aspetto che ha avuto più risalto è evidentemente la previsione di un minimo retributivo, ma non

vorremmo che si pensasse che tramite questo rimborso si risolva il problema degli stage. Se passa l’idea che quei 450-500 euro vengono utilizzati come retribuzione per un lavoro, allora lì ci stiamo tirando la zappa sui piedi. Si crea in assoluto la forma di lavoro meno tutelata al mondo. La cosa da evitare è che la legge sdogani l’esperienza dello stage come percorso formativo in luogo di un’ulteriore forma di lavoro atipico. Se si verificasse questa

eventualità vorrà dire che qualcosa non è andato secondo le intenzioni del legislatore regionale. Dunque, se da un lato la legge è migliorativa, prima di esultare la verificheremo alla prova dei fatti,quando sarà a regime. Volendo confrontare la situazione dei lavoratori precari italiani e quella all’estero… Mi viene in mente il “Minijob” tedesco: attività che prevede una retribuzione minima di 450 euro, rivolta a chi deve fare ingresso nel mondo del lavoro. E’ simile a quanto previsto dalla nuova legge regionale con la differenza che si tratta di vero e proprio rapporto lavorativo a confronto con il quale il nostro stage resta ancora una volta il meno tutelato.

La storia di Marilena «Le mie aspettative non erano particolarmente alte, avevo necessità di trovare un impiego con un minimo di retribuzione per poter pagare l’affitto e restare a Bologna, una volta terminati gli studi». Marilena ha una laurea magistrale in filosofia e la sua esperienza di stage l’ha svolta in una grande azienda che si occupa di servizi al cliente. «Ho trovato questa offerta di lavoro su un sito di annunci specifici, ma si trattava di tirocinio promosso da un ente convenzionato con l’università. Non era uno stage finalizzato all’inserimento, sia perché l’azienda non mi ha mai prospettato l’eventualità di un contratto, sia perché io stessa avevo solo bisogno di guadagnare qualcosa per poi cercare un’occupazione coerente con i miei studi. Lo stesso percorso formativo dello

stage non mi è stato mai precisato: di fatto lavoravo otto ore al giorno con un’ora di pausa pranzo e le mie erano principalmente operazioni di segreteria. Era terribile rendersi conto di svolgere le stesse funzioni di un lavoratore a contratto senza avere i requisiti per esserlo. All’interno dell’azienda c’erano gerarchie ben definite e le responsabilità, di conseguenza, erano legate al livello gerarchico che si occupava: il mio, naturalmente, era tra i più bassi». Oggi, purtroppo, le aspettative di chi svolge un tirocinio non possono essere troppo elevate: avere una retribuzione, anche se minima, deve considerarsi, di per sé, positivo. L’esperienza perde il suo valore formativo non quando richiede di svolgere le stesse mansioni di chi ha un contratto, ma quando poi non ricompensa l’impegno con l’inserimento. Invece spesso le delusioni portano a

vivere in maniera poco serena, a fare considerazioni sbagliate e compiere scelte drastiche. «Era così frustrante che ho deciso di interrompere il tirocinio prima del tempo: i 600 euro mensili che guadagnavo erano pochi in confronto al carico di lavoro sopportato, ancora di più se si pensa alle continue richieste fare degli extra, naturalmente non retribuiti. Posso anche dire che sto dando voce a un malessere generale che percepivo ogni giorno al lavoro, un malessere di tanti altri stagisti lì, come me, per sostituire contratti di assunzione. La mia fortuna era quella di avere orari fissi, legati all’azienda, ma non era per tutti così. E’ stata la mia prima esperienza di tirocinio extracurricolare, ma ora posso dire di essere sufficientemente in grado di comprendere il sistema, in questo senso mi ha formata». G. Echit.


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