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Il tenore di vita, in specie nelle campagne, non andava oltre la soddisfazione, non sempre facile da raggiungere, dei bisogni più elementari dell’esistenza. Le cose non andavano per nulla meglio per le popolazioni urbane occupate in attività lavorative da fame o di semplice sussistenza. Un clero numeroso, di gran lunga eccedente le esigenze spirituali della popolazione, ignorante, intento nelle zone rurali solo ad incrementare le rendite della chiesa ricettizia di cui era “porzionario” e nelle città a vivere all’ombra del nobilato locale, suggellava un quadro economico e sociale ingessato e poco suscettibile di sviluppo. In una simile situazione, il confine tra l’indigenza delle plebi e la protesta violenta era, di conseguenza, molto labile. Chi era il brigante? Non risponde alla realtà la figura stereotipata del brigante con fucile a trombone e cappello conico a pan di zucchero. Il brigante poteva essere un delinquente e criminale comune; un bandito, terrore di viandanti e di possidenti; un contadino, che viveva alla macchia perché costretto a rubare da un’insopportabile vita di miseria e di stenti; un ribelle, infine, che combatteva per un ideale e un obiettivo politico. Non pochi briganti, di qualsiasi condizione, furono usati dai reazionari conservatori, quando eventi interni ed esterni al Regno stavano per sconvolgere “lo status quo” politico, sociale ed economico esistente. 100