Tribuna magazine 2017 04

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ph Appiani

Mensile di approfondimento di Treviglio e Gera d’Adda

Anno 2 - n. 4 – Aprile 2017

Euro 3,00

Caravaggio e Treviglio unite per la legalità Chi risponde delle buche sulle strade? Ex Cava Vailata story

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Da fare 2 • tribuna magazine • Aprile 2017


ph Appiani

Ѐ

una domanda che mi pongo spesso: cosa farei se mi trovassi nei panni di un imprenditore vessato dalla mafia? Come mi comporterei se minacciassero i miei figli, i miei familiari, se non mi dessero tregua per quello che scrivo, che dico, che faccio? Non è facile rispondere sinceramente, forse bisognerebbe proprio esserci dentro, per trovare la risposta e forse anche il coraggio di fare la cosa giusta. Ecco perché la mia ammirazione per queste persone, imprenditori, giornalistici, politici, preti, magistrati, forze dell’ordine, semplici cittadini, uccisi per volontà o anche per errore dalle mafie, è davvero sconfinata. Sono eroi della società civile, il loro impegno, il loro coraggio, la loro determinazione, sono un esempio per tutti, la loro eredità è un pezzettino di mondo più giusto, più pulito. Il 21 marzo scorso è stata la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle Mafie; in tutto il Paese abbiamo visto sfilare istituzioni, cittadini, associazioni. I paesi della “Bassa” non si sono tirati indietro, grazie anche a Libera, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti nel 1995 per promuovere legalità e giustizia, che ha coinvolto le scuole cittadine in una grande marcia da Caravaggio a Treviglio, culminata con la toccante cerimonia di intitolazione del passaggio pedonale tra il Liceo Weil e lo Zenale-Butinone ad Antonio Montinaro, capo scorta di Giovanni Falcone, morto nell’attentato del 23 maggio 1992. Trovate in questo numero la cronaca di quella giornata intensa e particolare e un resoconto dettagliato del fenomeno usura e dei modi per combatterla. Una realtà, quella dell’estorsione e dell’usura, alla quale non è estranea la nostra Regione, anche se fino a tempi recenti si sosteneva il contrario. Le mafie, che spesso portano la veste della rispettabilità, infiltrate e connesse come sono nel tessuto sociale, a tutti i livelli, nascono dall’assoluto spregio delle regole, in nome del Potere e del Denaro. Ed è proprio il rispetto delle regole il punto dal quale partire per educarci tutti alla legalità e alla giustizia. Tale principio, che dovrebbe essere ispiratore di tutte le nostre azioni, si trova sempre più spesso all’ultimo gradino della scala dei valori; lo vediamo anche nella quotidianità, dal saltare la fila alle Poste all’evasione fiscale, atteggiamenti che sono tollerati, a volte addirittura ben visti, che trovano sostegno nelle definizioni che noi giornalisti gli diamo (non sono forse chiamati “furbetti” coloro che evadono o timbrano il cartellino per poi andarsene al mare? Non sarebbe più consono chiamarli truffatori?). E allora ecco che anche le parole sono importanti,

quando allontanano il sentire comune da certi atteggiamenti e portano all’illegalità, senza che nemmeno ce ne rendiamo conto: bullismo, droga, usura, evasione fiscale, abusi e prepotenze di ogni tipo. Ed ecco perché ciascuno di noi può fare la propria parte, anche nelle piccole cose, perché non solo la Bellezza, ma anche la Giustizia, si vede dai particolari. Un giornalista, per esempio, deve rispettare le regole deontologiche, anche se questo comporta che la notizia sia meno succulenta, o costi tempo e fatica per averla (a tal proposito permettetemi di ringraziare il sindaco di Caravaggio, Claudio Bolandrini e il sindaco di Cologno al

Serio, Chiara Drago, per essersi spesi in prima persona al fine di ottenere in tempi brevi le liberatorie per la foto che vedete in copertina). Se ognuno di noi facesse la sua parte, con rispetto di se stessi, degli altri e delle regole del vivere civile, il mondo sarebbe davvero un posto migliore e il cancro della mafia non troverebbe terreno fertile. Mi sembra, questo, un ragionamento che si addice a tutte le persone “di buona volontà”, ma non voglio dilungarmi oltre; vi lascio ai numerosi articoli di questo numero di aprile, ricco ancora una volta di testimonianze, racconti, interviste e approfondimenti. Buona lettura! Il direttore Aprile 2017 •

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Sommario Mensile di approfondimento di Treviglio e Gera d’Adda

6 Il futuro è nelle nostre mani (Cristina Signorelli)

8 Strade bergamasche, cosa succederà in futuro? ph Appiani

3 esecut.

ph Appiani

Euro 3,00

Anno 2 - n. 4 – Aprile 2017

copertina bozza

(Cristina Signorelli)

10 Manutenzione strade, che fare? (Ivan Scelsa)

Caravaggio e Treviglio unite per la legalità Chi risponde delle buche sulle strade? Ex Cava Vailata story

11 Dalla parte delle vittime (Ivan Scelsa)

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12 Treviglio e viabilità (Daria Locatelli)

13 Il lungo e tormentato iter della discarica nell’ex cava Vailata magazine Autorizzazione Tribunale di Bergamo n. 6/16 del 19/04/2016 Anno 2° N. 4 - Aprile 2017 Editore Tribuna srl Viale del Partigiano, 14 - Treviglio (BG) www.tribuna.srl - info@tribuna.srl Contatti di redazione tel. 0363.1971553 redazione@tribuna.srl Amministratore Unico Marco Daniele Ferri REDAZIONE Direttore Responsabile Daniela Invernizzi Coordinamento Daniela Regonesi Redazione Daria Locatelli, Daniela Regonesi, Ivan Scelsa, Cristina Signorelli Fotografie e contributi Enrico Appiani Hanno collaborato a questo numero Ingrid Alloni, Luca Aresi, Alessandro Bassan, Maria Gabriella Bassi, Tino Belloli, Duilio Bellomo, Juri Brollini, Michele Ciarliero, Luca Cesni, Antonio Curti, Pinuccia D’Agostino, Stefano Dati, Laura Fagnani, Marco Falchetti, Giorgio Ferri, Marco Daniele Ferri, Umberto Lepore, Bruno Manenti, Silvia Martelli, Elio Massimino, Pierpaolo Montagna, Francesca Possenti, Lucia Profumo, Erika Resmini, Lino Ronchi, Valentina Simone, Paolo Tinnirello Impaginazione e Grafica Pubblicitaria Antonio Solivari UFFICIO COMMERCIALE Roberta Mozzali tel. 0363.1971553 - cell. 338.1377858 commerciale@tribuna.srl Altre collaborazioni Giulio Ferri Stampa Laboratorio Grafico via dell’Artigianato, 48 - Pagazzano (BG) Tel. 0363 814652 www.tribunatv.tv - facebook: Tribunatv

(Daria Locatelli)

14 Quando il credito diventa nero (Cristina Signorelli)

15 Fondo prevenzione dell’usura: 25 milioni per il 2017 (Cristina Signorelli)

16 In marcia per la legalità Cos’è Libera? (Daniela Regonesi)

17 Antonio non aveva paura (Daniela Regonesi)

18 Indovina chi viene a scuola? (Lucia Profumo)

20 La carica dei mille partecipanti per “La Paciada 2017” (Stefano Dati)

23 A fine mese la tradizionale Fiera Agricola 25 MatitaLibera di Bruno Manenti 26 Amilcare Borghi: ora mi godo la “nonnitudine” (Daniela Invernizzi)

40 Inerti

(Daniela Regonesi)

Silenzio Assordante (Pinuccia D’Agostino)

41 I libri di Zephyro 43 Sicilia a Treviglio (Laura Fagnani)

44 Poco spazio al Neoclassico in Gera d’Adda (Elio Massimino)

46 Le rogge trevigliesi (Marco Falchetti)

48 Com’era Com’è

(a cura di Marco Falchetti)

49 Torna il concorso pianistico internazionale 50 “Un altro mondo” è possibile (Daria Locatelli)

51 Il consiglio Lo sconsiglio (Luca Aresi)

28 182 anni e non li dimostra

52 A “postumi”

29 Celebrata la giornata internazionale della donna

VSCO: fotografie uniche e di qualità su mobile

30 Fotografia, al naturale

53 Aperitivo a Teatro

33 Ermanno Finardi: un cd oltre il Tempo

54 L’antica arte del Tai-Chi

(Lucia Profumo)

(Maria Gabriella Bassi) (Ivan Scelsa)

(Ingrid Alloni)

34 Gabriele Scaratti musica il suo nuovo mondo in un album (Daria Locatelli)

35 Il nuovo look del corpo musicale cittadino (Marco Falchetti)

36 A titolo d’ingresso (Valentina Simone)

39 Flavio Caroli presenta “Il museo dei capricci” (Francesca Possenti)

(Silvia Martelli)

(Marco Daniele Ferri) (Cristina Signorelli)

(Daniela Invernizzi)

55 110, e lode! (Ivan Scelsa)

56 Le ricette di Erika Resmini 58 Vetreria Cornelli: dal 1963 la qualità che fa la differenza, per privati e aziende 60 La rubrica della salute Testimoni di Geova: gli incontri di aprile 61 La rubrica del fisco 62 La vignetta di Juri Brollini Aprile 2017 •

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Politica

Il futuro è nelle nostre mani di Cristina Signorelli

Il sindaco di Arcene, Giuseppe Foresti, parla delle politiche adottate a salvaguardia del territorio per lasciare alle future generazioni un patrimonio ambientale dove vivere bene

G

nostra maggiore attenzione sono le persone e il territorio sul quale vivono. Il nostro sforzo consiste nel rispondere ai bisogni dei cittadini, fornendo loro i servizi adeguati, rispettando il luogo nel quale si vive e migliorando la qualità dell’ambiente con scelte oculate e soprattutto sostenibili nel futuro. Abbiamo compiuto in questi anni un grande sforzo per potenziare l’istruzione ed ampliare l’offerta culturale, convinti che la conoscenza aiuti l’Uomo a crescere e ad essere anche un buon cittadino. Per quel che riguarda i servizi cerchiamo di soddisfare i bisogni di ogni fascia di età, per esempio di recente abbiamo attivato il servizio di telesoccorso per alcuni anziani. Siamo molto attenti alle problematiche legate al periodo dell’adolescenza, certi che l’aiuto e la presenza sia fondamentale per i giovani e li sostenga in questa fase delicatissima della vita. Da circa un paio di anni abbiamo dato vita al progetto “Il sabato del villaggio” che mette in rete tutte le associazioni laiche e religiose per coordinare le azioni e finalizzarle al miglior risultato». Continuando a parlare delle persone, Arcene ha circa 4.800 abitanti dei quali oltre 500 sono stranieri. Un tema di stretta attualità, spesso controversa, riguarda le criticità che i Sindaci incontrano nel gestire sul territorio gli immigrati. Quale è stata la sua

ph Bassan

iuseppe Foresti, insegnante elementare, è il sindaco di Arcene, e fin dalle prime parole dimostra una gran passione per ciò che fa. Poco più che sessantenne si occupa della cosa pubblica come amministratore da molto tempo. Dopo una prima esperienza maturata all’inizio degli anni Ottanta come consigliere di opposizione, è impegnato attivamente dal 1994 con la lista civica “Insieme per Arcene” che da ben 5 mandati governa il territorio arcenese. Ha ricoperto diversi incarichi presso il Comune dove nel 2009 è stato eletto sindaco per la prima volta e poi riconfermato nel 2014 per l’attuale mandato. Sindaco, sono molti anni che ha ruoli attivi in Comune, che cosa l’ha spinta ad impegnarsi in politica fin da giovanissimo? «Più che in politica mi sento impegnato, praticamente da sempre, nella gestione amministrativa del mio Paese. Fin da quando ero ragazzino ho creduto importante, sull’esempio dei miei genitori, interessarmi degli altri e partecipare alla loro vita. Le prime esperienze, fatte in oratorio, mi hanno insegnato che qualunque contributo dato può migliorare la vita di qualcun altro. Oltre all’attività di volontariato, quindi, l’impegno a livello comunale è venuto naturalmente». Quali sono i temi a cui la sua Giunta guarda con una particolare attenzione e perché li ritiene così distintivi? «Sicuramente ciò a cui rivolgiamo la

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esperienza nel governare oltre l’11% di popolazione straniera? «Non costituisce un problema. Ormai sono molti anni che in Paese vivono abitanti di altre etnie, oltre trenta nazionalità diverse. Oggi i più numerosi sono i marocchini, i senegalesi, gli albanesi e i rumeni. Si tratta di famiglie di norma perfettamente integrate nella nostra Comunità. Monitoriamo con attenzione l’insorgere di eventuali problemi sui quali interveniamo prontamente per evitare che si trasformino in situazioni critiche. Ma soprattutto abbiamo sempre lavorato all’integrazione insegnando loro come inserirsi nel nostro contesto sociale, rispettando la nostra cultura e l’organizzazione della città. Per far questo lavoriamo fin dalle piccole cose, come per esempio spiegare in dettaglio come avviene la raccolta differenziata dei rifiuti, perché è importante socialmente metterla in pratica con scrupolo oltre che essere un dovere del singolo. Poiché il nostro obiettivo è formare dei cittadini consapevoli e attenti alle nostre leggi, traduciamo anche in altre lingue il nostro materiale informativo per raggiungere proprio tutti. Naturalmente i corsi di lingua italiana sono un indispensabile strumento di integrazione e provvediamo ad organizzarne almeno uno ogni anno». Il secondo tema qualificante sul quale ha posto l’accento è il territorio. Quali politiche persegue? «La scelta di fondo a cui siamo orientati è preservare e migliorare, per quanto possibile, l’ambiente nel quale viviamo. Per fare questo la prima decisione importante è stata predisporre in questi anni PGT che prevedessero un consumo di suolo


ph Bassan

pari a zero. La cementificazione subìta nei precedenti decenni già aveva deturpato e distrutto sufficienti porzioni di territorio, quindi le nostre politiche sono indirizzate al recupero dell’esistente. Certo, salvaguardare il territorio non significa guardare solo al suolo bensì tutelare anche le acque e l’aria. È dunque importante lavorare di concerto con i Comuni limitrofi, allargando l’idea di territorio a una più vasta area per progettare strategie comuni, che abbiano un reale impatto sull’ambiente e possiedano una maggiore forza persuasiva rispetto agli enti sovracomunali. Il tema, per esempio, delle discariche, alle quali la nostra zona ha già sacrificato tanto negli anni passati, deve essere gestito insieme perché l’escavazione di una grande cava anche se in terreno limitrofo al mio ha un forte impatto sulla qualità della vita dei miei cittadini». Tra i Comuni della Bassa, Treviglio ha per dimensioni e centralità una forza attrattiva indiscutibile. Che ruolo deve assumere? «Certamente Treviglio può funzionare da perno intorno al quale costruire politiche comuni, che servano a migliorare l’area che condividiamo e alla quale abbiamo il dovere di garantire uno sviluppo sostenibile». Ha più volte sottolineato l’importanza di guardare al territorio come un bene da accudire e preservare per le future generazioni. «Sì, ritengo fondamentale fare scelte che garantiscano il luogo in cui viviamo e soprattutto non lascino in eredità ai nostri figli i problemi legati ad un deterioramento ambientale. Inoltre è importante realizzare servizi e strutture che nel tempo educhino a comportamenti virtuosi. Abbiamo impiegato molte energie e tempo per ottenere la stazione ferroviaria ad Arcene. È stato un lavoro lungo e faticoso che ha visto coinvolta prima della mia, l’amministrazione di Michele Luccisano, che si è speso enormemente per questo progetto. Dopo aver predisposto un Piano Integrato con la collaborazione di enti pubblici, privati e Ferrovie dello Stato, finalmente abbiamo ottenuto la nostra stazione, che costituisce un importante tassello per incentivare la popolazione all’uso del trasporto su rotaia, diminuendo quello su strada e riducendo l’inquinamento che genera. Ovviamente i reali benefici sono da prevedere nel futuro, ma per noi è importante dare un segnale di coerenza sulle politiche che attuiamo. Anche gli importanti interventi di recupero di edifici pubblici fatti in questi anni sono stati pensati in prospettiva, coniugando esigenze di servizi collettivi e la locazione di taluni spazi ai privati, dai quali ricaviamo risorse economiche che aiutano a sostenere finanziariamente questi progetti, oggi e in futuro». La Provincia di Bergamo ha recentemente proposto un nuovo tracciato per il collegamento veloce tra Treviglio e Bergamo. Voi non siete direttamente

interessati per l’uso di suolo ma certamente è un elemento di impatto anche per Arcene. Cosa ne pensate? «Personalmente sono contrario alla soluzione autostrada o superstrada Bergamo-Treviglio. Ritengo molto più vantaggioso per il nostro territorio optare per una riqualificazione del percorso della ex SS 42. Questo comporterebbe un consumo di suolo nettamente inferiore e genererebbe soluzioni, come la nostra tangenziale già realizzata, che servono anche a sgravare il traffico cittadino, oltre a quello pesante, nella viabilità locale. Nel nostro NIF PA

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caso stiamo eseguendo lavori sulla strada di attraversamento del paese, al termine dei quali diverrà a senso unico – con senso di marcia da sud a nord – obbligando all’uso della tangenziale esterna». Al termine di questa conversazione chiedo al sindaco di riassumere in tre parole il suo impegno: «responsabilità, trasparenza e disponibilità» mi risponde, dando segno che davvero crede con fiducia e passione che amministrare la res publica, sia un impegno coinvolgente, ma da vivere sempre con grande coerenza e senso di responsabilità.

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Viabilità

Strade bergamasche, cosa succederà in futuro? di Cristina Signorelli

Due importanti novità in tema di viabilità: il trasferimento a Regione e Anas di molte strade lombarde e una nuova proposta per il collegamento Treviglio-Bergamo

S

e fotografassimo dall’alto la Lombardia e poi confrontassimo l’immagine con una di trenta anni fa vedremmo un reticolato di strade e incroci quasi irriconoscibile. Tanto nuovo asfalto che certamente ha reso più scorrevole e sicuro il traffico regionale, avvantaggiando i viaggiatori, spesso ma non sempre, sui tempi di percorrenza, ma che tuttavia ha gravato pesantemente sulle Province. Queste, risorte dalle proprie ceneri dopo il referendum del 4 dicembre 2017, hanno la responsabilità di gestire gran parte di questa rete viaria, ma purtroppo ormai da molti anni mancano delle risorse necessarie ad intervenire con efficacia. Per risolvere l’annoso problema Regione Lombardia e Anas lo scorso mese hanno definito la nascita di una nuova società, da loro compartecipata, alla quale trasferire la gestione di oltre 1.500 chilometri di strade che verranno classificate in parte (circa 740 chilometri) come Nuova Rete Regionale e in parte (circa 850 chilometri) come Nuova Rete Statale. Un salto indietro nel tempo, quando oltre trenta anni fa le strade erano di competenza statale. Il provvedimento infatti costituisce parte rilevante del processo di riordino, avviato da Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, della rete stradale di interesse nazionale e di semplificazione amministrativa, che prevede di riclassificare una parte delle strade a suo tempo trasferite agli enti locali (Regioni e Province). La nuova società – che contempla anche l’adesione dell’Unione delle province lombarde, il cui coinvolgimento riguarderà l’efficientamento della gestione della rete stradale – avrà funzioni di progettazione, costruzione, manutenzione, gestione e riscossione delle sanzioni. Ciò al fine di migliorare la gestione e rendere più sicure le strade lom-

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barde. «Con la società unica – ha dichiarato, durante la presentazione del protocollo d’intesa, il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni – vogliamo garantire la fruibilità della rete stradale, che costituisce elemento basilare dell’offerta infrastrutturale a servizio dei cittadini, delle imprese e, più in generale, del territorio lombardo, assicurando costanti interventi di manutenzione e coordinando gli investimenti statali e regionali della stessa. Vogliamo cioè, una società che non si limiti a fare asfaltatura, ma che si renda conto se sono necessari interventi extra per garantire la sicurezza delle strade. Anche questa è una novità, con l’obiettivo di individuare le strade fragili e intervenire subito prima che possano esserci pericoli». Particolarmente soddisfatti della nuova gestione sono in via Tasso a Bergamo, sede della Provincia. Infatti da oltre un anno si stava predisponendo l’elenco delle strade da trasferire alla nuova società. Di quelle individuate, tutte, eccetto la rivierasca del

lago d’Iseo, sono state inserite nel piano di restituzione all’Anas e alla Regione. Oltre 300 chilometri, dei quali circa 70 saranno di competenza della Nuova Rete Regionale e oltre 230 della Nuova Rete Statale, sottratti alla gestione della Provincia di Bergamo che si tradurrà in un importante risparmio per le esangui casse, calcolato intorno ai 2,5 milioni annui. In questo periodo ha ripreso vigore anche il tema che riguarda l’autostrada Bergamo-Treviglio. Due gli elementi nuovi: il subentro in Autostrade Bergamasche del nuovo socio, il Gruppo Vitali, che sprona a dare attuazione al vecchio progetto del 2012, e il nuovo tracciato presentato recentemente dalla Provincia ai Sindaci della Bassa Bergamasca. Il Gruppo Vitali, che opera nell’edilizia e infrastrutture, è oggi socio di riferimento della società Autostrade Bergamasche dopo aver acquisito, lo scorso anno, quote dell’aumento di capitale non sottoscritto da alcuni dei soci. L’iniezione di nuova liquidità costituisce un nuovo stimolo a riprendere l’annoso progetto del collegamento autostradale tra Bergamo e Treviglio, voluto fortemente anche dal nuovo socio. Sollecitata dell’evolversi della situazione, la Provincia, come dichiarato dal Presidente Matteo Rossi ai microfoni di Tribuna TV, ha ritenuto necessario sottoporre a tutti i 20 sindaci della Bassa le diverse ipotesi che sono in campo. Tre sono le proposte attualmente all’esame. La prima prevede la realizzazione del tracciato storico, presentato alla Conferenza dei Servizi nel 2012 e approvato dalla maggioranza dei Sindaci convocati. Un’autostrada, realizzata da Società Autostrade Bergamasche Spa, lunga 18,8 chilometri posta ad ovest della ferrovia TreviglioBergamo, con un costo previsto


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ph Appiani

Infrastrutture

Manutenzione strade, che fare? di Ivan Scelsa

Una rete viaria articolata e spesso carente in manutenzione. Gli obblighi, le proposte degli Enti e il diritto del cittadino

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a sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato. (…) Le norme e i provvedimenti attuativi si ispirano al principio della sicurezza stradale, perseguendo gli obiettivi: di ridurre i costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare; di migliorare il livello di qualità della vita dei cittadini anche attraverso una razionale utilizzazione del territorio; di migliorare la fluidità della circolazione”. È quanto sancito nelle disposizioni generali dell’articolo 1 del nuovo Codice della Strada, quello che ne indirizza le finalità ed inquadra le linee guida per l’organizzazione della circolazione. Il legislatore, infatti, indica le specifiche competenze di ciascun ente ed i divieti di danneggiamento alle strutture e alla segnaletica: un fatto, questo, che impone al proprietario del tratto di strada la sua corretta tenuta. In tal senso, numerose sono state le sentenze riportanti la responsabilità della Pubblica Amministrazione nell’omessa o cattiva tenuta delle strade che, proprio in virtù del Decreto Legislativo n. 285 del 30 aprile 1992 (il Codice della Strada, appunto, riformato dalla Legge n. 120 del 29 luglio 2010), sono vincolanti nei loro obblighi. Più nello specifico, l’art. 14 comma 1 del Codice della Strada indica: “Gli enti proprietari delle strade, allo scopo di garan-

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tire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e relative pertinenze; c) alla apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta”. In giurisprudenza questa norma viene applicata soprattutto nel caso in cui il verificarsi di un sinistro possa essere addebitato proprio all’omessa manutenzione da parte dell’ente a ciò deputato. Se, in sede penale, si pone il problema relativo alla responsabilità del gestore per l’eventuale reato di lesioni, in sede civile la questione riguarda la possibilità di imputare all’ente gli eventuali danni, patrimoniali e non, derivanti dal verificarsi di un incidente stradale. Affinché si possa parlare di responsabilità da parte dell’ente per l’omessa o cattiva manutenzione delle strade, però, è necessario che sussista in capo al danneggiato un diritto o un interesse giuridicamente rilevante, meritevole di tutela davanti l’Autorità Giudiziaria. A tal proposito, si deve osservare come il Consiglio di Stato, sez. V, 29 novembre 2004, n.7773 specifichi che il cittadino non può esigere che la strada sia mantenuta in un modo piuttosto che in un altro, e non ha quindi azione per i danni che pretende essergli derivati dal modo in cui l’Amministrazione ha mantenuto il bene demaniale medesimo. Un circolo vizioso,

quindi: il riconoscimento di un obbligo senza l’effettiva possibilità sanzionatoria verso chi non vi ottemperi. Sulla base dell’orientamento giuridico predominante, gli enti territoriali, allo scopo di tutelare l’integrità personale e patrimoniale dei terzi, nell’attività di controllo e vigilanza dei beni demaniali, devono evitare che questi presentino situazioni di pericolo occulto, non prevedibili, né visibili dagli utenti con l’ordinaria diligenza, ovvero insidia stradale o trabocchetto. Esempi di insidia o trabocchetto sono numerosi, tra questi le ipotesi più frequenti sono il fondo stradale scivoloso o sconnesso, il guardrail interrotto, le banchine laterali danneggiate, i tombini o chiusini sfondati o rialzati dal livello del manto stradale, lavori in corso non segnalati o mal posizionati, semafori non funzionanti o cattiva apposizione di segnaletica per cui l’ente stesso è obbligato a provvedere a posizionamento e manutenzione. Tutto ciò, sia chiaro, ferma restando la correttezza nel comportamento alla guida dell’utente della strada. Ma come finanziare i lavori di manutenzione? Un recente incontro tra il Presidente della Provincia Matteo Rossi ed il Sindaco di Treviglio, Juri Imeri, ha palesato la possibilità di un accordo volto a dirottare gli introiti delle contravvenzioni elevate dall’impianto autovelox di via Bergamo (circa 500mila euro). Burocrazia permettendo, ovviamente. Un decreto legato al codice della strada, infatti, prevede che il 50% di quanto incassato con le multe degli autovelox posti sulle strade provinciali spettino alla Provincia – il gestore – che dovrà reinvestire gli introiti in opere di sistemazione ed adeguamento delle strade del territorio. Ma per la mancanza (dal 2012) del regolamento attuativo del decreto, tali somme non sono di fatto disponibili. La soluzione alternativa ipotizzata da Imeri e Rossi potrebbe però portare liquidità “aggirando” la burocrazia statale inserendo la somma nel Piano Operativo Provinciale, iscrivendolo solo al pareggio di bilancio e permettendone, così, l’utilizzo. Un’alternativa, questa, per indirizzare gli introiti alle opere stradali appartenenti all’ambito trevigliese a cui tecnici comunali e dell’Ufficio di via Tasso dovranno lavorare per valutare la fattibilità. In primo piano gli interventi da eseguire sulle SP 128 e 129 (più note come via Brignano e via Pagazzano) pesantemente interessate dalla presenza di un manto stradale ammalorato in più punti, così come i collegamenti con Casirate d’Adda e Calvenzano, anch’essi afflitti da analoghe problematiche, seppur minori. La soluzione alternativa paventata è ora al vaglio dell’Unione delle Province Lombarde e rappresenta la possibile soluzione alla forzosa austerità imposta dal governo centrale. Una soluzione che parte dal basso, dall’accordo degli Enti locali contro la lenta burocrazia statale.


ph Cesni

Dalla parte delle vittime di Ivan Scelsa

Il punto di Ivanni Carminati, Presidente dell’Associazione Vittime della Strada di Bergamo

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o stato manutentivo delle arterie stradali grava su più aspetti, dal decoro urbano all’usura delle vetture ma, soprattutto incide sulla variabile di sinistri da esso provocati. Il parere di Ivanni Carminati, Presidente dell’Associazione Vittime della Strada di Bergamo. Come ritiene possa essere valutato lo stato del manto stradale, della manutenzione della segnaletica e dell’arredo urbano nella nostra provincia? «Non è senz’altro in ottimo stato, come del resto in tutte le provincie lombarde. Più della metà delle nostre strade presentano buche che variano per profondità e larghezza. Spesso, dopo l’inverno, il manto stradale si sbriciola creando buche la cui formazione è aiutata dal sale precedentemente sparso. Il paragone è d’obbligo con le arterie di altre regioni; cito il Trentino come esempio: hanno veramente strade in ottimo stato, non so se sia dato dalla miscelazione diversa dell’asfalto o dal metodo di asfaltatura, ma sicuramente sono migliori delle nostre. Da noi, invece, tantissimi sono i rattoppi che, non essendo duraturi nel tempo, dopo qualche mese lasciano spazio al riformarsi delle buche. Riguardo alla segnaletica e all’arredo urbano non noto particolari carenze. L’unico appunto che posso fare è sulla differenza di sistemazione al bordo della carreggiata dei guardrail, in particolare per l’altezza dal terreno».

E, più nello specifico, nella Bassa Bergamasca? «Non penso che ci sia molta differenza tra le strade della bassa rispetto ad altre. Piuttosto si nota che le strade con maggior densità di traffico sono più soggette a deterioramento rispetto a quelle meno frequentate. Poi, ripeto, dipende dall’asfalto utilizzato». Su quali strade si concentrano le criticità maggiori? Nelle aree di competenza provinciale o in quelle comunali? «Si possono trovare strade “colabrodo” o in ottimo stato sia sulle provinciali che nelle comunali. Di solito in un anno si asfaltano solo alcune strade poiché è impossibile asfaltarle tutte, sia per il tempo necessario, che per i fondi a disposizione dell’ente». Quali sono le cause di maggior preoccupazione per l’utente della strada? E qual è la categoria più colpita? «La carenza e l’inadeguatezza della segnaletica possono essere una preoccupazione per tutti gli utenti della strada. Riguardo, invece, alle buche è ovvio che siano più a rischio i motociclisti ed i ciclisti: una buca può far perdere il controllo ai conducenti delle due ruote e in alcuni casi anche la vita. Non sono un tecnico, tanto meno un avvocato, pertanto non voglio entrare nel merito di una responsabilità civile o penale per un incidente mortale causato da una buca nell’asfalto,

sia se la colpa vada attribuita all’ente o, come è purtroppo successo, al motociclista che non ha rispettato il limite di velocità». L’Associazione che rappresenta come sostiene queste vittime? «Per prima cosa, noi inviamo una lettera di condoglianze ai familiari di vittime della strada offrendo un’assistenza psicologica e legale. Ma in primis, il nostro conforto è umano: parlare con altre persone che hanno subito lo stesso dramma in precedenza può essere veramente d’aiuto, per riuscire ad elaborare il lutto e cercare di riprendere una vita all’apparenza normale. Inoltre abbiamo incontri con studenti in provincia di Bergamo, promuoviamo convegni con la cittadinanza, alcune volte da soli, altre con le Polizie Locali, la Polizia Stradale o i Carabinieri, per sensibilizzare tutti ad una guida prudente e rispettosa delle regole. Non vogliamo che altre famiglie vengano colpite da questo immenso dramma, e auspichiamo che in futuro ci siano sempre meno fiori sull’asfalto». Ci sono episodi specifici di persone coinvolte in incidenti per queste cause? Se sì, che tipo di incidente? «Riguardo alle buche ci sono stati due incidenti mortali di motociclisti negli ultimi anni in provincia di Bergamo. Inoltre, a memoria, altre quattro persone in moto o ciclo hanno riportato lievi o gravi fratture dopo essere incappati in buche dell’asfalto. Riguardo al guardrail, tre anni fa un motociclista ha perso la vita passandoci con il corpo sotto, per poi finire in un burrone; un altro è deceduto per aver reciso l’arteria femorale dopo aver impattato contro il guardrail stesso. Un altro ancora, dopo essere scivolato con il proprio scooter in curva, è rimasto incastrato con il casco tra il terreno ed il guardrail, subendo la frattura delle vertebre cervicali e l’immediata morte. Invito a dare un’occhiata al nostro sito www.vittimestradabergamo.it: lì troverete tutte le nostre iniziative, le statistiche di mortalità in provincia di Bergamo ed altre informazioni molto interessanti». Aprile 2017 •

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Viabilità

Treviglio e viabilità di Daria Locatelli

Circonvallazione a senso unico, tangenziale sud e connessione Bergamo-Treviglio le necessità illustrate dall’assessore ai lavori pubblici

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assessore ai lavori pubblici di Treviglio, Basilio Mangano, ospite della rubrica “La Chiacchierata” di Tribuna Tv (www. tribunatv.tv) lo scorso marzo, ha fornito un ampio quadro sulla viabilità del Comune, sulle opere che l’Amministrazione guidata da Juri Imeri ha in progetto e quelle che sono auspicate al fine di migliorare l’aspetto infrastrutturale e urbano della città. L’ipotesi di rendere la circonvallazione interna di Treviglio a senso unico nel prossimo futuro trova conferma nelle parole dell’assessore, che dichiara: «In merito a questo tema c’è già uno studio di fattibilità che è stato presentato in Consiglio Comunale e che è stato oggetto di confronto con architetti cittadini. Ad oggi, con la presenza dei lavori in Piazza Setti, noi prevediamo di dedicare il 2017 per il progetto preliminare e quel-

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lo esecutivo. Successivamente, se il tutto viene accolto e approvato, partiremo nel 2018 con i lavori. Noi reputiamo che questo rappresenti l’ultimo tassello della riqualificazione del centro storico: non si tratta solo di rendere la circonvallazione interna a senso unico, ma soprattutto di dotare il centro di Treviglio di una pista ciclo-pedonale, quindi di mettere in sicurezza i pedoni e i ciclisti. Questo intervento comprende anche la riqualificazione di Piazza del Mercato, di Piazza Insurrezione e di Piazza del Popolo. Il progetto inerente la circonvallazione interna, perciò, non si limita soltanto alla questione del senso unico e della pista ciclo-pedonale, ma include una serie di interventi di riqualificazione urbana più ampia». Per quanto concerne, inoltre, la tematica del collegamento di Treviglio con il territorio circostante e le opere infrastrutturali

necessarie al fine di migliorare l’aspetto viabilistico della città, l’assessore Mangano afferma: «Noi abbiamo fatto molto su Treviglio e Treviglio ha fatto un grande salto di qualità dal punto di vista infrastrutturale. Ci sono ulteriori opere che, secondo me, andrebbero fatte per chiudere il cosiddetto cerchio. Ad esempio, un’infrastruttura che, a mio parere, dovrebbe essere realizzata a Treviglio è una “Tangenziale Sud” che servirebbe per spostare il traffico da Viale Piave. Un altro intervento molto importante per la nostra città è la “BergamoTreviglio”, senza fare, però, a tal proposito una crociata a favore di una superstrada o di una strada a scorrimento veloce. Io dico che il collegamento con Bergamo è necessario ed è ancora più necessario per Treviglio quel tratto terminale della “Bergamo-Treviglio” che sarebbe la “Tangenziale Ovest”. In ambito viabilistico penso che siano queste le opere importanti per la nostra città che, oggi, ha delle presenze importanti come la Brebemi, dal punto di vista infrastrutturale, e che registra un grande rafforzamento ferroviario nel collegamento con Bergamo, rendendo Treviglio un baricentro rilevante. Quello che noi dobbiamo fare, sia come classe dirigente politica che come imprenditori, è promuovere questo territorio per far sì che gli investimenti che vi sono stati fatti possano attrarre capitali per consentire alla nostra città un salto dal punto di vista socio-economico».


Ambiente

di Daria Locatelli

Ripercorriamo le tappe principali della vicenda legata alla realizzazione del sito di smaltimento di cemento-amianto a Treviglio

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l 7 marzo scorso si è registrata un’ulteriore tappa del lungo iter burocratico inerente la realizzazione della discarica di cemento-amianto nell’ex cava Vailata di Treviglio (via Palazzo, zona sud), in occasione della Conferenza dei Servizi di Regione Lombardia, chiamata a discutere circa la concessione dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). La riunione fiume non ha portato al via libera, ma a un posticipo della possibile decisione – prima al 27 marzo, poi al prossimo 7 aprile – e a una scia di confronti, anche accesi, tra i numerosi soggetti coinvolti nella vicenda, in coda a una serie, già lunga, di pareri discordanti e discussioni da parte di cittadini, amministrazioni comunali, associazioni ambientaliste e privati. La proponente del progetto è Team, partecipata per il 51% dal Gruppo Rota Nodari e per il 49% da Saab (Servizi ambientali bassa bergamasca), società con una quota pubblica rilevante detenuta dai 35 Comuni che ne fanno parte (Treviglio per il 14,89%). Numerosi i punti critici che rendono la questione della creazione del sito di smaltimento complessa e di non imminente risoluzione. Suscita polemica, innanzitutto, la questione ambientale, specie per quanto riguarda la minaccia che i materiali stoccati e trasportati costituirebbero per la salute di cittadini e territorio: ne danno voce Legambiente e la Presidente del Comitato

Tutela Ambiente di Treviglio, Giovanna Galli, la quale sottolinea che il progetto sia privo di Vis (Valutazione d’impatto sulla salute) e dell’indice di pressione. Un altro nodo da sciogliere è relativo alle tempistiche delle procedure: prima del via libera alla discarica, infatti, arriverà l’autorizzazione alla bonifica. L’area deputata a divenire il nuovo sito di smaltimento di cemento e amianto è risultata inquinata, a seguito delle analisi commissionate dal Comune, la cui amministrazione attuale, guidata da Juri Imeri, è ricorsa in appello al Consiglio di Stato contro la precedente sentenza del Tar che aveva respinto le istanze di Treviglio, Calvenzano e Casirate, contrari al progetto. La necessità di attendere la decisione del Consiglio di Stato prima di procedere sull’AIA e con il nulla osta alla concessione – richiesta a lungo rimasta inascoltata – è alla base della mozio-

ph Cesni

Il lungo e tormentato iter della discarica nell’ex cava Vailata

ne urgente della Lega Nord (primo firmatario il capogruppo Massimiliano Romeo, con l’appoggio dei consiglieri bergamaschi Silvana Saita e Roberto Anelli) approvata dall’aula del Consiglio Regionale il 14 marzo: un altro tassello dell’intricato percorso burocratico. La bonifica solleva anche un altro elemento che crea controversie: i costi. Le stime per le spese di risanificazione dell’ex cava Vailata, infatti, lieviterebbero da 2 a 3,5 milioni di euro, con un ribasso dei ricavi previsti per i Comuni di Saab. Non da ultimo e a rendere ancora più fitto il quadro: la politica. Ad alimentare il dibattito, già acceso intorno ai tavoli tecnici, sono intervenute le affermazioni dell’assessore regionale all’Ambiente, Energia e Sviluppo, Claudia Terzi (Lega Nord), la quale ha precisato che la procedura relativa alla discarica è parte di un iter in corso d’opera ed ereditato da un’amministrazione precedente a quella di Juri Imeri (Lega Nord). Sempre secondo l’assessore, la VIA (Valutazione Impatto Ambientale) è stata concessa nel 2012 (anno in cui era Sindaco Giuseppe Pezzoni), a seguito di un percorso già definito dall’allora Giunta trevigliese guidata da Ariella Borghi (PD), senza che fosse stata presa in considerazione la necessità di una bonifica preventiva, aspetto che, invece, è stato evidenziato dall’attuale amministrazione che ne ha presentato l’istanza, poi accolta e portata sul tavolo della discussione in Regione. L’ex primo cittadino Borghi ha respinto le parole dell’assessore, ribattendo che non esiste nessuna delibera del Comune dal 2006 al 2011- periodo in cui è stata Sindaco di Treviglio – che non contenga una netta contrarietà al sito di smaltimento, scansando, inoltre, ogni possibile rimpallo di responsabilità: “l’assessore ha due grossi problemi sul tavolo; come assessore regionale deve trovare il modo di stoccare l’amianto da qualche parte e come assessore leghista si trova a dare il via libera alla discarica in una città amministrata da sei anni dalla Lega, che del ‘no’ alla discarica ha fatto un cavallo di battaglia”. Qualsiasi sia la decisione che verrà presa durante la prossima Conferenza dei Servizi di Regione Lombardia, la questione dell’ex cava Vailata continuerà a far discutere: un ulteriore, ma non ultimo, episodio del suo lungo e tormentato iter.

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Economia

Quando il credito diventa nero di Cristina Signorelli

Il progetto Sportelli per la legalità RiEmergo, coordinato da Unioncamere Lombardia, è un punto di ascolto e supporto per le vittime della criminalità economica

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arlare oggi di fenomeni di illegalità economica significa guardare ad un mondo per lo più sommerso, nel quale si muovono figure di vario genere. Da una parte criminalità organizzata e microcriminalità locale, mafie e malavita di quartiere, dall’altra soggetti deboli, famiglie e imprese, che la pesante crisi economica di questi anni ha reso ancor più facili prede degli usurai. La progressiva fragilità della struttura economica italiana, la cui colonna portante è formata dalle piccole e medie imprese, ha reso sempre più difficile l’accesso al credito bancario per gli imprenditori e i commercianti, i quali con sempre maggior frequenza si sono rivolti agli strozzini. L’usura, disciplinata dall’articolo 644 del codice penale, è sostanzialmente la pratica in cui si forniscono prestiti di denaro a tassi di interesse considerati illegali, perché troppo alti e tali da rendere il rimborso molto oneroso o impossibile. Essendo direttamente connessa alla sfera

economica è compresa tra i delitti contro il patrimonio. Sappiamo che le maggiori organizzazioni criminali sono radicate al Sud dove sono nate e si sono sviluppate, eppure, negli ultimi decenni, hanno iniziato ad operare anche nel Nord Italia, principalmente in Lombardia, richiamate dalla più dinamica e ricca situazione economica, che è terreno fertile principalmente per i reati di estorsione e, in termini crescenti, di usura. Illeciti che costituiscono oggi – come sottolineato nella relazione 2014 della Direzione Investigativa Antimafia – per le organizzazioni mafiose la principale forma di controllo del territorio e il canale privilegiato per infiltrarsi nell’economia legale locale. Questo tipo di delitti costituisce un fenomeno perlopiù nascosto perché la paura, la vergogna e, spesso, il non sapere a chi rivolgersi, frenano le vittime dal venire allo scoperto e denunciare ciò che subiscono. Proprio la necessità di creare

fonte: Sportelli Riemergo Camere di Commercio Lombarde

Distribuzione geografica delle richieste

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un punto di ascolto e supporto, ponendo in atto azioni di contrasto al racket, all’usura e più in generale alla criminalità economica, ha spinto Unioncamere Lombardia a coordinare il progetto Sportelli Legalità Riemergo delle Camere di Commercio della Lombardia. Avviato nel 2014 da alcune Camere di Commercio lombarde, con la collaborazione di Libera e Trasparency International Italia, l’anno successivo ha coinvolto tutte le 12 Camere lombarde, rafforzando anche la collaborazione tecnica con le associazioni già impegnate sul territorio, oltre a ottenere il supporto della Regione Lombardia. La rete degli sportelli, istituiti presso ogni Camera di Commercio del capoluogo provinciale, è finalizzata a fornire l’informazione, l’orientamento e in molti casi l’affiancamento alla denuncia dei cittadini e delle imprese lombardi, intrappolati in questo genere di reati finanziari. Il progetto RiEmergo prevede su tutto il territorio lombardo una serie di azioni, in stretta collaborazione con le istituzioni locali, volte alla formazione interna del personale camerale, alla mappatura del fenomeno e alla realizzazione di dossier che ne definiscano i contorni, nonché alla sensibilizzazione presso la popolazione delle problematiche che insorgono. Per le sue intrinseche peculiarità si ha conoscenza del fenomeno di usura ed estorsione solo per la piccola parte che viene denunciata; ciò, seppur da un lato costituisce un forte limite ad avere un quadro complessivo del problema, ha ulteriormente spinto associazioni ed enti che si occupano di questi temi a sviluppare indicatori che interpretano i dati emersi, per una lettura più articolata e fedele alla realtà dei fatti. In questo senso Sos Imprese, associazione nata a Palermo nel 1991 ma, ormai da anni, operante su tutto il territorio nazionale per garantire assistenza legale agli imprenditori vittime di attività estorsive ed usuraie, si riferisce ad un Quoziente rischio usura in base al quale la Lombardia si pone in una zona di medio rischio. Anche i dati recentemente presentati dal progetto RiEmergo, relativi ai primi due anni di operatività, offrono un quadro della situazione attuale che vede im-


Tipo di problematica segnalata

fonte: Sportelli Riemergo Camere di Commercio Lombarde

prenditori, commercianti, professionisti e cittadini pronti a denunciare i reati di usura, estorsione, corruzione, peculato e concussione dei quali sono stati in qualche modo attori. Le segnalazioni complessive ricevute in Lombardia da giugno 2015 a dicembre 2016 sono state 116. La composizione territoriale (vedi grafico) evidenzia la preponderanza dei casi segnalati a Milano e provincia. Bergamo, insieme a Pavia, si colloca al secondo posto per numero di casi emersi, dando riscontro che anche nella nostra provincia la debole situazione economica ha raggiunto livelli critici, che conducono spesso a compiere scelte disperate. Come evidenziato dal grafico a lato, la problematica più segnalata è la corruzione, seguita dal sovraindebitamento – la prima procedura d’insolvenza per la ristrutturazione dei debiti di privati che non rientrano nei presupposti della legge fallimentare – a seguire vi sono l’estorsione, il cosiddetto pizzo, e l’usura. La corruzione, purtroppo sempre più di attualità nel nostro Paese, attiene ai colletti bianchi, politici e amministratori locali, e vede sempre più spesso l’infiltrazione, dietro agli imprenditori locali, di organizzazioni criminali, come sintetizzato nella relazione del primo semestre 2016 della DIA: «Non sfugge, infatti, al lettore attento come sia con riferimento a cosa nostra, alla ‘ndrangheta, alla camorra, alle organizzazioni criminali pugliesi e lucane e finanche ad alcune compagini straniere, ricorra nella realizzazione dei progetti criminosi una platea variegata di soggetti che si caratterizzano per una marcata professionalità, maturata nei più svariati settori. È nella prospettiva di queste “sinergie professionali”, cementate dalla corruzione, che può essere interpretata la

strategia di azione in atto delle mafie, sia in Italia che all’estero». È una pratica illegale che costituisce un peso sempre più insopportabile per l’Italia – la Lombardia non si rivela una regione virtuosa, collocata a metà strada nella classifica della corruzione registrata a livello regionale – e incide negativamente sulla qualità del governo locale, distoglie risorse e deforma il mercato, sempre a danno dei contribuenti e dei cittadini. Le vittime hanno bisogno di interlocutori neutrali che sappiano ascoltare, ga-

Fondo prevenzione dell’usura: 25 milioni per il 2017

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l crescente numero di casi di indebitamento, come evidenziato nel grafico, dipende principalmente dalle difficoltà generate dalla crisi economica e finanziaria che, da una parte, ha eroso la disponibilità monetaria di famiglie e di imprese e, dall’altra, ha ridotto le possibilità di accesso al credito, trasformandosi spesso nell’anticamera ai fenomeni di usura ed estorsione. Per contrastare, almeno in parte, questa allarmante situazione, anche quest’anno il governo ha finanziato, tramite il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Fondo di prevenzione dell’usura

con 25 milioni di euro. I fondi stanziati, destinati a sostenere le famiglie e le imprese a rischio, verranno erogati a 36 associazioni e fondazioni del terzo settore e 125 Confidi, che li porranno a garanzia di finanziamenti a favore dei soggetti più esposti all’usura. I contributi statali, per il 30% destinati alle associazioni e fondazioni e il 70% a Confidi, sono ripartiti in base a un algoritmo che tiene conto sia dell’efficienza riscontrata in passato nell’allocare i fondi, sia dell’indice di rischio usura riscontrato sul territorio di competenza.

rantendo se necessario anche la protezione dell’anonimato, e supportare durante l’iter che porta alla denuncia. Assume, quindi, un particolare valore la presenza sul territorio di operatori qualificati e facilmente accessibili che, con il loro lavoro, favoriscono l’emersione della illegalità come ha dichiarato Gian Domenico Auricchio, presidente di Unioncamere Lombardia: «Il supporto nella lotta all’illegalità passa da tre punti fondamentali, ai quali è ispirata la rete RiEmergo: ascoltare, accogliere e agire».

Il Fondo di prevenzione dell’usura, istituito nel 1998, ad oggi ha erogato più di 600 milioni di euro che hanno garantito oltre 81.000 finanziamenti che, per il meccanismo della leva finanziaria, hanno portato a un valore totale di una quota superiore a 1,9 miliardi di euro impiegati. Secondo una recente indagine di Eurispes nel 2015 erano attivi 40.000 strozzini che hanno prestato denaro a famiglie e imprese in difficoltà a tassi d’interesse mensili del 10% e più – pari a 120% annui – generando un giro d’affari sporchi, tra interessi e capitale, di oltre 82 miliardi di euro. Si stima che nell’ultimo biennio ben il 12% delle famiglie italiane si sia rivolto agli usurai. Tramite il Fondo di prevenzione all’usura il Governo persegue l’obiettivo di offrire ai cittadini e alle imprese in difficoltà un ingresso agevolato ai prestiti e ai mutui del circuito bancario, sottraendo questa vasta platea di potenziali vittime ai canali illegali del credito. C.S. Aprile 2017 •

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Società ph Appiani

In marcia per la legalità di Daniela Regonesi

Migliaia di studenti per un 21 marzo all’insegna dell’impegno e della testimonianza

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i sono silenzi emozionanti o carichi di dubbi, altri sono imbarazzanti, certi sono fecondi, come quelli ovattati in cui germogliano i semi; alcuni, troppi, sono colpevoli. Sono i silenzi dell’omertà, del tacere e del mettere a tacere, per paura o per interesse. Contro questi silenzi c’è chi si batte ogni giorno, chi ha pagato il suo ribellarsi con la vita, e chi si fa portavoce di una parola che è al tempo stesso testimonianza ed impegno. Il 21 marzo scorso i ragazzi delle scuole locali hanno fatto rumore, “invadendo” pacificamente, vocianti, dapprima la piazza del comune di Caravaggio, da dove si sono messi in cammino per poi “conquistare” Treviglio. È il serpentone colorato che vedete nella nostra bella copertina, che testimonia una mattinata speciale, nella quale oltre duemila studenti delle scuole secondarie di Caravaggio, Cologno al Serio, Presezzo, Romano di Lombardia e Tre-

viglio hanno accolto, con i loro insegnanti, l’invito del coordinamento Libera Bergamo. Una location la cui scelta non è casuale, come ci ha spiegato il suo referente Francesco Breviario: «Abbiamo deciso di festeggiare il 21 marzo (data scelta dal 1996 come Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, ndr) nella bassa bergamasca, e questa data coincide per la prima volta con il riconoscimento della giornata nazionale, votata all’unanimità dal Parlamento, è il coronamento dell’impegno di Libera: il primo giorno di primavera segna una rinascita, in una data slegata da anniversari di vittime precise, proprio perché si vogliono ricordare tutte». Nelle sei tappe previste durante il percorso il ricordo si è fatto voce, grazie a studen-

Cos’è Libera?

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ibera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” è fondata da don Luigi Ciotti nel 1995, per sollecitare la società civile nella lotta alle mafie, promuovere legalità e giustizia. Riconosciuta come associazione di promozione sociale dal Ministero della Solidarietà Sociale, oggi è un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità. Tra i numerosi impegni concreti ricordiamo: la legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l’educazione e la formazione alla legalità, l’impegno contro la corruzione, il sostegno alle vittime delle mafie, i campi di studio e volontariato antimafia, le attività antiracket e antiusura. In Bergamasca è presente con il Coordinamento Libera Bergamo (www.liberabg.it, www.facebook. com/libera.bergamo) e due presìdi: Bassa Pianura Bergamasca “Testimoni

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di Giustizia” (www.facebook.com/ Libera-presidio-bassa-bergamasca) e Isola Bergamasca - Valle Imagna “Gaetano Giordano e Rita Atria”. Amici di Libera - Caravaggio (www.facebook. com/AmiciDiLiberaCaravaggio/) è un’associazione laica, culturale, apartitica e senza fine di lucro che ha come scopo quello di sensibilizzare la società civile al rispetto della legalità, nello spirito dell’organizzazione di Libera. Il 27 ottobre scorso Provincia di Bergamo e Coordinamento Libera Bergamo hanno siglato un protocollo d’intesa, per promuovere la cultura della legalità nel territorio bergamasco e valorizzare il recupero sociale dei beni confiscati alla criminalità presenti in provincia, che a dicembre 2015 erano 30. D.R.

ti, autorità e forze dell’ordine che si sono alternati nella lettura degli oltre 900 nomi delle vittime. Un nome e un cognome, ciò che identifica e rende riconoscibili le persone, che come tali sono degne di rispetto e dignità: in questo modo «si sottolinea la personalità di ciascuna di queste vittime – spiega il vicequestore aggiunto Angelo Lino Murtas – per non dimenticare chi ha reagito alla richiesta di sottomissione ed è stato per questo condannato a morte. Dire i nomi permette proprio di ricordare sia la grandezza del fenomeno che ciascuno di loro. Con l’articolo 416 bis del codice penale, nel 1982 si è introdotto il concetto di associazione a delinquere di stampo mafioso, la cui peculiarità sta proprio nel fatto che il vincolo associativo si avvale della forza data da intimidazione, assoggettamento e omertà. La forza della mafia sta nel fatto che la vittima non sa chi ci sia dall’altra parte: chi l’attacca parla al plurale (“torneremo”, “ti faremo del male”), e la vittima si sente sola. Libera permette a tanti di dire di no e di darsi da fare». Tra i primi ad essersi dati “da fare”, in zona, c’è don Franco Perdomini, presidente dell’Associazione Amici di Libera Caravaggio: «Abbiamo cominciato nel 2008, notando come non si parlasse di mafia; ma ignorare una cosa non implica che essa non esista. Con la collaborazione delle Acli, dei sindacati e delle associazioni, abbiamo cominciato ad organizzare delle manifestazioni pubbliche presiedute da magistrati e giornalisti. Se si fa silenzio è brutto segno, significa che la cosa si ignora, la si vuole ignorare oppure la si condivide. Per fortuna non è un fenomeno clamoroso, qui, ma per questo bisogna tenere viva la memoria, ricordare che c’è e che fa del male, sensibilizzare alla legalità». Pare paradossale che un valore che dovrebbe essere assoluto e condiviso, quale quello della legalità, appunto, abbia necessità di esse-


re difeso e pubblicizzato. Ma in fondo non è scontato: «Il lavoro dello Stato – prosegue Murtas – è portato avanti dalle Forze dell’Ordine e dalla Magistratura. Ma non basta, deve esserci anche un lavoro della società che si ribella alla sottomissione: se ci giriamo dall’altra parte il prepotente va avanti. Per questo andiamo nelle scuole e proponiamo delle lezioni sui diversi aspetti della legalità: l’abuso di alcolici, la sicurezza stradale, bullismo e cyberbullismo, l’uso di stupefacenti. I ragazzi restano molto colpiti da quest’ultimo aspetto, perché pensano che il farsi una canna o una pista di coca, prima di andare allo stadio o a ballare, sia una cosa solo tra venditore e acquirente, ma in realtà stanno finanziando la criminalità organizzata». Il lavoro con le scuole è portato avanti anche dalle associazioni, e Paolo Massini, volontario degli Amici di Libera di Caravaggio, mi spiega come il loro impegno sia rivolto a tutti gli ordini, dalle elementari alle superiori: «È importante far riflettere i ragazzi; proponiamo contributi educativi integrati alla didattica, ma a volte si fa fatica: è importante rispettare le regole quotidianamente e combattere con la parola». Dire di no è possibile, come testimoniato da “Le ribelli contro la mafia”, spettacolo teatrale semplice ma coinvolgente, a cura della Banca del Tempo di Melegnano e proposto domenica 12 marzo dall’associazione caravaggina: 9 monologhi per altrettante donne che hanno avuto il coraggio di stare dalla parte delle regole. Non va sottovalutata la straordinaria forza degli esempi positivi, e tra questi la presenza

alla marcia di Ignazio Cutrò – imprenditore siciliano che ha denunciato i suoi estorsori ed è stato sottoposto, con la famiglia, ad un programma di protezione – non deve passare inosservata: prima di leggere una parte dei nomi delle vittime, non ha mancato di portare il saluto dei testimoni di giustizia. È proprio a loro a cui è dedicato il presidio Libera Bassa Pianura Bergamasca, l’unico in Italia intitolato a persone vive. «Ognuno di noi è responsabile della cancellazione della mafia – mi spiega il referente Sergio Limonta – pretendendo giustizia a noi stessi e agli altri». È un impegno che ci viene richiesto in prima persona, e che mentre tutti insieme cantavamo l’Inno di Mameli, alla sesta e ultima tappa della marcia, ha dato un senso vero e tangibile al verso “Siam pronti alla morte”. Lo siamo davvero? Concetta Montinaro è la dimostrazione che suo marito Antonio (vedi box) lo era. Questa bella signora siciliana, che 25 anni fa si è vista il marito ammazzato dalla mafia, ha portato ai ragazzi, ai quali si è direttamente rivolta, un monito ed un grande esempio di forza e dignità: «Grazie a nome dei famigliari, che oggi sono in tutta Italia – ha esordito commossa, sottolineando l’importanza della condivisione di un dolore personale, quale quello dei parenti delle vittime – Essere a tanti km da casa e vedere tanti ragazzi in piazza è emozionante. Chiedo il vostro impegno tutti i santi giorni per lottare contro la mafia. Abbiamo ascoltato tanti nomi, quasi un paese, un esercito: cammini con voi e siate scorte di questa Italia». E alla domanda sull’importanza

e la fatica della sua opera di sensibilizzazione, Tina ha risposto che «È importante educare i giovani ma anche gli anziani. Sapevo che Antonio non era solo mio, era di tutta l’Italia, perché proteggeva una persona speciale come Falcone. Era davvero pronto alla morte. Questo impegno di testimonianza è doloroso, indubbiamente, ma c’è in cambio anche tanta speranza». La stessa speranza che nasce dalla «consapevolezza che possiamo essere una società più giusta» come ha detto Breviario. E i ragazzi? Ho scambiato qualche battuta con Davide Rota, Lisa Pesenti e Marco Garlini, 56 anni in 3: sono membri della Consulta provinciale studentesca, alla quale è stata assegnata la co-gestione di un bene confiscato. Seri, sereni e motivati mi hanno spiegato i progetti approvati per trasformare l’appartamento di un ricettatore, a Seriate, nella sede del Centro per la Promozione della Legalità. «La mafia non è lontana – hanno concluso – si nasconde dappertutto. È importante che venga alla luce, c’è anche al nord». Questa consapevolezza, forse, è il ricordo più forte di questa giornata speciale. Perché, si sa, i ragazzi – ma, purtroppo, va detto, anche gli adulti – magari hanno faticato a tacere nei momenti ove era richiesto il silenzio, quello rispettoso e grato dovuto alle vittime, ma anche nel brusio del primo giorno di primavera si è seminato qualcosa di importante: non ci sono zone immuni alla mafia e – per usare le parole della “ribelle” Rita Atria – “la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci”. Fracassiamo il silenzio colpevole.

Antonio non aveva paura

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l dott. Angelo Lino Murtas, vicequestore aggiunto di Treviglio, condivide con noi il prezioso ricordo di Antonio Montinaro, alla cui memoria – insieme a tutte le vittime di mafia – è stato intitolato il passaggio pedonale posto tra il liceo Simone Weil e l’Istituto Zenale Butinone a Treviglio. «Antonio – sorride – era un ragazzo che ho avuto la fortuna di conoscere nell’ottobre del 1984, il primo giorno che arrivai a Bergamo, mentre raggiungevo la caserma. Gli chiesi un’informazione sugli alloggi e scoprii che stava per farmi la stessa domanda: anche lui era appena arrivato. Facemmo amicizia e, pur essendo destinati ad uffici diversi, capitavamo servizi insieme e continuavamo a frequentarci. Era alto, magro, intelligente. Condividevamo il senso di giustizia, in lui molto forte. Dopo qualche anno arrivò una circolare per l’aggregazione volontaria di personale a Palermo, per un tempo limitato ad alcuni mesi: Antonio aderì subito e fu per lui un’esperienza

molto importante. Ebbe l’onore di conoscere il giudice Giovanni Falcone, prestando servizio gregario alla sua scorta. Fece quindi domanda di rientro e, dopo alcuni periodi di aggregazione, richiese il trasferimento definitivo (nel frattempo aveva conosciuto Tina, con la quale si era poi sposato ed avevano avuto due figli), diventando capo scorta di Falcone e prestando anche servizio nella scorta di Paolo Borsellino. Era molto preparato, studiava i percorsi, li modificava, cercava di ridurre i rischi. Il 23 maggio 1992 sedeva nella prima macchina che era andata a prendere il giudice all’aeroporto. La sua auto fu ridotta ad un cumulo di rottami – il sorriso si è nascosto – Faceva l’angelo custode di una persona che stava portando avanti la battaglia contro la criminalità organizzata. Non aveva paura, non si è tirato indietro pur sapendo il rischio che correva. Voglio tenere Antonio vivo, perché è un esempio molto forte. Non è morto, è qui e continua a combattere, non si è

Angelo Lino Murtas con Tina Montinaro

arreso lui e non dobbiamo arrenderci noi. La battaglia continua, per tutelare il cittadino dalle persone arroganti e prepotenti che usano la violenza come strumento di potere». D.R. Aprile 2017 •

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Società

Indovina chi viene a scuola? di Lucia Profumo

Alla scuola Bicetti di Treviglio molto rumore per nulla

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l tranquillo tran-tran della vita trevigliese è stato scosso nelle scorse settimane da un polverone causato dall’inserimento presso la scuola Bicetti di un aiuto-bidello volontario, appartenente al gruppo di migranti ospitati in città. Tre carabinieri (di cui uno genitore di un alunno della Bicetti) infatti, a meno di ventiquattro ore dall’entrata in servizio del nuovo arrivato, si sono presentati dalla dirigente del plesso, la Prof.ssa Donatella Finardi, per chiedere spiegazioni, avendo ricevuto non meglio precisate segnalazioni sulla presenza di un richiedente asilo a scuola. Da qui in poi è stato un crescendo di agitazione scandito da folli messaggi WhatsApp, illuminato dall’intervento di un consigliere regionale che ha fatto sentire la sua indignazione per la presenza a scuola di “un gruppo di profughi, senza alcun controllo sanitario né attitudinale” e finendo in bellezza con uno striscione di Casa Pound, appeso nottetempo alla recinzione della scuola che recitava: “la vostra “integrazione”, la nostra insicurezza”. La Prof.ssa Finardi si è detta molto stupita da questa reazione sproporzionata e ingiustificata, soprattutto perché altri due

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rifugiati già da tempo svolgono senza alcun problema lo stesso servizio presso le scuole De Amicis e Cameroni. Questi ragazzi sono inseriti alcune ore alla settimana in aiuto ai bidelli, senza alcuna mansione didattica e mai a contatto diretto dei bambini, e prestano la loro opera nell’ambito delle attività di volontariato previste dall’accordo che regola la loro permanenza a Treviglio. A fronte dei due primi inserimenti che non hanno dato problemi, si è quindi proceduto ad un procedimento analogo anche alla scuola Bicetti, con le ricadute di cui abbiamo detto. La Dirigente sottolinea come la stragrande maggioranza delle famiglie degli alunni, sia alla Geromina che nelle altre scuole, non abbia smentito la tradizione della Treviglio accogliente e solidale e come i genitori, consultati nel corso di riunioni di routine che si sono svolte in questi giorni, abbiano dimostrato «tranquillità e massima disponibilità» alla prosecuzione del progetto. «Io posso dire solo bene di quest’esperienza» continua, spiegando come questi ragazzi abbiano ben chiaro il significato del loro servizio: dare un ritorno alla co-

munità che li accoglie. Il servizio volontario permette loro di imparare la nostra lingua e di trovare un senso nella lunga attesa a cui la burocrazia li costringe; d’altra parte svolgono un lavoro di cui c’è estremo bisogno, dando il loro contributo al migliore funzionamento e alla sicurezza della scuola. Il loro atteggiamento disponibile e gentile ha permesso di creare ottime relazioni con tutti. E i bambini? Da parte loro nessun problema di accoglienza e molti episodi divertenti, come quella volta in cui un bimbo uscito per andare in bagno è rientrato in classe dicendo entusiasta “maestra, maestra c’è un bidello nero come me!”. Al di là dell’agitazione di alcuni soggetti più fragili e manipolabili e della strumentalizzazione dei fatti per fini neanche troppo difficili da capire, ci troviamo dunque di fronte ad un riuscito esperimento di cooperazione fra comunità, ente pubblico, stato e privato sociale, i quali per una volta hanno operato positivamente per l’integrazione di soggetti, questi sì, in stato di grave incertezza. Ma quali prospettive ha l’accoglienza? Graziano Pirrotta, responsabile del Dipartimento Welfare - Immigrazione Sanità - Disabilità dell’ANCI Lombardia (Associazione Nazionale Comuni Italiani) spiega che, dal 2014 in poi, la distribuzione dei richiedenti asilo sul territorio è stata realizzata in gran parte attraverso un rapporto diretto fra Prefetto e soggetti privati disponibili ad accogliere, senza alcun ruolo da parte dei Comuni che, per motivi politici e/o per quieto vivere, hanno per lo più evitato di impegnarsi in prima persona. L’immigrazione massiccia da paesi del Sud del Mondo è un fenomeno che nessuno avrebbe voluto e che fa molta paura, ma non può essere considerata un’emergen-


za destinata a terminare in tempi brevi. Per questo motivo diventa cruciale che venga considerata una delle normali attività da presidiare a livello locale, a prescindere dalle priorità individuate sul piano politico. A questo scopo può essere utilizzato lo SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati). Secondo questo schema sono i Comuni che prendono in carico l’accoglienza dei profughi, presentando progetti di “accoglienza integrata” che superano la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo in modo complementare anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socioeconomico. Una volta ottenuta l’approvazione del progetto il Comune può affidare il servizio a partner da lui selezionati, alla stregua degli altri servizi sociali. Questa soluzione presenta molti vantaggi, fra cui la possibilità di godere della cosiddetta clausola di accoglienza prefettizia, cioè un tetto nel numero di richiedenti asilo, che, secondo le circolari del Ministero degli Interni, non dovrebbe superare i 2,5 migranti per 1000 abitanti. Inoltre gli Enti locali possono scegliere la tipologia di accoglienza da realizzare e i destinatari che maggiormente sono in grado di prendere in carico, fermo restando un livello di standard e servizi che tutti i progetti sono tenuti a garantire.

Nella nostra provincia è in partenza un progetto che vede Levate capofila di un gruppo di 22 comuni dell’hinterland bergamasco; anche i sindaci dell’Ambito di Treviglio si sono riuniti per discutere di un piano per un territorio di circa 135.000 abitanti e che dovrebbe portare pertanto all’accoglienza diffusa di circa 300 migranti, scongiurando numeri più elevati e con la possibilità per i Comuni di gestire in prima persona i progetti e i relativi finanziamenti. E se è vero che i Sindaci non possono più sottrarsi a questo impegno, certamen-

te un cambiamento così epocale necessita dell’impegno di tutti: un appello quindi anche a parroci, responsabili delle associazioni e di enti profit e non profit, dirigenti scolastici, singoli cittadini, perché diano la loro disponibilità alla costruzione di piccole esperienze come quella dell’Istituto Comprensivo De Amicis, che aiutino a superare diffidenza, paura e disinformazione. E il favore più grande lo faremo a noi stessi e ai nostri figli, imparando a vivere senza paura nel mondo che ci ospita, che è sempre più multiforme e che ci provoca ogni giorno con nuove storie.

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Eventi

La carica dei mille partecipanti per “La Paciada 2017” di Stefano Dati

A passeggio fra le bellezze artistiche e paesaggistiche cittadine: un percorso turistico-gastronomico nei luoghi cassanesi circondati dal verde della natura e dai corsi fluviali

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uccesso anche quest’anno per La Paciada: l’evento ha consolidato l’interesse per il territorio, raggiungendo in quest’ottava edizione (svoltasi a fine marzo e inizio aprile) la quota di mille iscritti. Tutto nasce dopo i primi anni del nuovo millennio: a far partire la bella avventura è stata la volontà del Gruppo Guide Cas-

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sano e dell’Associazione Cassano sotto le stelle, grazie ad un suggerimento di un alpino di Magenta: «Un alpino in visita nella nostra città, ospite del Gruppo Alpini Cassano – racconta Angelo Cernuschi, fondatore de La Paciada insieme a Elena Bornaghi e Ornella Crippa – dopo aver visitato la vecchia sede in Casa Berva e i luoghi storici del territorio, si era chiesto

perché a Cassano d’Adda non ci fosse chi si occupava di far conoscere turisticamente la città, citando l’esempio della Pacialonga, una manifestazione simile alla nostra Paciada, organizzata ogni anno nel comune milanese di Magenta. Dopo esserci fatti spiegare l’esperienza dall’alpino magentino, abbiamo subito preso al volo l’idea decidendo, di provare un’esperienza che negli anni è diventata poi una manifestazione molto apprezzata». La prima edizione risale al 2009, con un percorso organizzato con guide turistiche che raccontavano ad ogni tappa la storia dei luoghi in visita. Continua Cernuschi: «Abbiamo iniziato questa bell’avventura con 300 partecipanti, ci sembravano tantissimi. Sin da subito la risposta a questa iniziativa è stata sorprendentemente felice, fino a portarci a bloccare le iscrizioni in quella prima edizione. L’anno successivo, le richieste di partecipazioni furono più numerose e decidemmo, perciò, di aumentare a 500 il tetto massimo. Nella sesta edizione, poi, siamo stati sommersi dalle domande di iscrizione, cosa che ci spinse a innalzare la quota massima dei partecipanti a 800. Questo si tradusse per l’organizzazione in un impegno notevole per la gestione dell’aspetto logistico». Ogni anno sono stati aggiunti percorsi ed iniziative che hanno arricchito culturalmente l’evento turistico, oltre a vedere l’ingresso nell’organizzazione di nuovi volontari. Ed è proprio una di loro, la professoressa Piera De Maestri, a suggerire, a partire dalla quarta edizione, dei cambiamenti radicali, trasformando quelle passeggiate organizzate in visite guidate drammatizzate in costume da scena. «Per preparare le drammatizzazioni che proponiamo ad ogni tappa de La Paciada – spiega – ci siamo documentati parecchio, scoprendo documenti e fotografie che hanno arricchito la nostra conoscenza culturale del territorio cassanese e personaggi della storia legati a questa città». I momenti teatrali messi in scena ad ogni fermata non sono mai casuali, e l’idea di presentare ai partecipanti ogni anno qualcosa di diverso è stata vincente, rivelandosi l’ingrediente per il successo della manifestazione. «Tutto quello che


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abbiamo proposto è stato frutto di uno studio preciso, non è stato lasciato nulla al caso – prosegue Angelo Cernuschi – e ogni cosa è riconducibile a un filo conduttore: organizzare percorsi sul territorio che illustrino l’importanza dei luoghi visitati e che raccontino i personaggi cassanesi o della storia legati alla città di Cassano d’Adda». Un volontariato culturale, patrocinato dalla città, che ha dato vita ad un evento molto apprezzato e diventato, ormai, punto di riferimento per gli appassionati della storia e per chi ama camminare fra il verde della natura. Un’iniziativa legata anche a gesti di beneficenza: sin dall’inizio, infatti, gli organizzatori hanno messo a disposizione i proventi ottenuti dalla manifestazione (circa 20 mila euro) per vari interventi legati ai luoghi culturali sul territorio. I fondi raccolti nel 2017 saranno destinati alla sistemazione della cartellonistica dei luoghi culturali presenti nella Città di Cassano d’Adda. Otto anni di impegno notevole, quindi, per gli organizzatori del Gruppo Guide Cassano e l’Associazione Cassano Sotto le Stelle, che si avvalgono della collaborazione di svariate associazioni locali, quali Company Landrü, Centro Culturale Rudun, Associazione Nazionale Alpini, Agisci, Avis Cassano e Canoa Club. Una delle novità di quest’anno è la presenza degli studenti del Liceo Giordano Bruno, coinvolti come lettori e comparse dei momenti teatrali drammatizzanti messi in scena in ogni tappa, con attori in abiti da scena. Il filo conduttore della passeggiata turistica del 2017 è il racconto dello storico romanzo dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni: «I Promessi Sposi si legano molto bene a Cassano d’Adda – conclude Cernuschi – perché la prima interprete della nuova versione de I Promessi Sposi, fra l’altro con notevole successo, è stata la cantante cassanese Teresina Brambilla, moglie del compositore Amilcare Ponchielli».

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I.P.

A fine mese la tradizionale Fiera Agricola

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orna anche quest’anno l’appuntamento con la Fiera Agricola della Bassa Bergamasca, giunta alla sua trentaseiesima edizione. La manifestazione, in programma dal 28 aprile al 1 maggio, si svolgerà per il secondo anno presso il nuovo polo fieristico di Treviglio, in prossimità della stazione Centrale. Situata su una superficie di oltre 19.000 metri quadrati, ancora in fase di completamento, la nuova area ha già ospitato con successo il luna park per la tradizionale festa della Madonna delle Lacrime, confermandosi un’ottima location per eventi di questo tipo, che richiamano un notevole afflusso di persone. Lo ribadisce anche Giuseppe Fattori, referente e organizzatore della Alcuni momenti dell’inaugurazione della Fiera Agricola 2016

Fiera: «L’anno scorso ci siamo trovati molto bene con la nuova localizzazione, soprattutto per la presenza dei parcheggi, che in Foro Boario rappresentavano un cronico problema. Inoltre la vicinanza con la stazione e anche con il centro, grazie al sottopasso, ne ha reso agevole la fruizione. Purtroppo il meteo non ci ha aiutato e la pioggia ha notevolmente disturbato l’evento, soprattutto durante la fiera dei cavalli. Per questo auspichiamo che venga completato al più presto il capannone d’entrata al coperto, in modo da rendere più agevole la visita in caso di maltempo». Nei giorni di apertura della Fiera, saranno presenti anche quest’anno oltre cento espositori del settore agroalimentare, delle macchine e produzioni agricole, dei mangimi, dei servizi per

l’agricoltura, degli impianti fotovoltaici e a biogas, provenienti dalla Bergamasca, dal Bresciano, dal Cremasco e dal Milanese. In collaborazione con le Associazioni provinciali Allevatori (Apa) di Bergamo e di Brescia verranno allestite mostre interprovinciali di oltre 150 capi di allevamento della razza Frisona. «La scelta di esporre solo la razza Frisona è alla base del nostro impegno di dare visibilità e voce ad un settore fondamentale per il nostro territorio – continua Fattori – e la Frisona è la mucca da latte per eccellenza dei produttori padani. Dato che perdurano le difficoltà economiche per gli allevatori e i produttori di latte, la fiera Agricola della Bassa Bergamasca costituisce un importante supporto ad un ambito pesantemente colpito, ed è rimasto l’unico evento dedicato al settore nel raggio di molti chilometri». Come è ormai da tradizione verranno esposti anche i suini e i conigli riproduttori, mentre molto apprezzate sono da sempre le aree ristoro, dove è possibile assaggiare e degustare i migliori prodotti del territorio. Consolidata anche la collaborazione con le scuole: quest’anno è garantita la partecipazione dell’Istituto Oberdan, dell’Istituto Zenale e Butinone e della Scuola per lavorare nell’Agroalimentare di Caravaggio. L’inaugurazione è prevista per le 19 di venerdì 28 aprile, l’apertura nei giorni seguenti sarà dalle 9 alle 23. Come da tradizione, il weekend successivo, dal 5 al 7 maggio, si terrà la dodicesima edizione della Fiera dei cavalli. Verranno esposti al pubblico una sessantina di esemplari, con i quali verranno organizzati spettacoli di intrattenimento per tutti gli spettatori, su una pista di sabbia di oltre 2.000 metri quadrati. Non mancheranno le carrozze d’epoca trainate da uno o più cavalli, sempre molto suggestive, così come sarà possibile, per i più piccoli, il tradizionale ed emozionante battesimo della sella.

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Personaggi

Amilcare Borghi: ora mi godo la “nonnitudine” di Daniela Invernizzi

Il professore, ora in pensione, ci racconta alcuni capitoli di una vita piena di soddisfazioni

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i sono insegnanti che attraversano la nostra vita senza lasciare traccia, venendo meno a quello che dovrebbe essere il loro obiettivo: educare, comunicare il sapere, tracciare il solco. Ce ne sono altri, invece, capaci di segnare una stagione della nostra esistenza, quella degli anni del liceo, in maniera indelebile. Amilcare Borghi è uno di questi. Classe 1943, per oltre quarant’anni professore di latino e greco al Simone Weil di Treviglio, è sicuramente l’insegnante più presente nel cuore e nella mente dei suoi ex studenti, che lo ricordano per i suoi modi severi, ma anche per l’innegabile capacità oratoria che ha reso amabili le sue lezioni. Capacità che non gli manca nemmeno ora, visto che la nostra chiacchierata si è protratta per l’intero pomeriggio e l’intervista che riportiamo ne è soltanto una piccola parte. Vero è che “l’Amilcare”, come lui ama definirsi quando parla di se stesso, ha avuto una vita bella e ricca di aneddoti, che, a lasciar fare, non finirebbe mai di raccontare. Mi fa entrare nel suo piccolo studio, che contiene solo una scrivania e un mobile stracolmo di libri (e la bandiera dell’Inter, un po’ defilata, dietro la porta, «D’altra parte -dice lui- non va più di moda»). «Qui ci sono anche i libri scritti da me, sei in tutto, anche se non lo sa nessuno (in realtà alcuni di questi vengono tuttora utilizzati alla Facoltà di Lettere Classiche dell’Università Statale di Milano, ndr). Come tu ben sai, non ero mai soddisfatto dei testi scolastici che ci propinavano e me ne lamentavo non solo con voi studenti, ma anche con mia moglie, la quale a un certo punto, stufa di sentirmi, mi disse: “Perché non lo scrivi tu?” e così feci. Nottetempo scrivevo, a mano, di giorno avevo la scuola, e quella santa di mia moglie a fare da dattilografa. L’esigenza era fare chiarezza nella mia mente, attraverso studi tematici che non fossero semplici antologie, ma evidenziassero una presa di posizione precisa, la mia. “Oralità e parola pubblica nell’epos”, nasce invece dalla mia grande passione per la musica. Il testo è stato scritto con Franco Gallo, altro docente del Weil, Storia e Filosofia,

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ed è il primo di una trilogia che mette in evidenza l’importanza della parola parlata e della musica dalla società Micenea fino a quella Classica del V secolo avanti CriAmilcare Borghi con la moglie Grazia e, nella pagina accanto, sto. L’intento dello con il coro del Liceo Weil studio era capire se ci fosse un rapporto stretto, che evidentemente c’era, tra l’uso Il messaggio era questo: educhiamoci a “ fine” della parola, che ha un potenziale stare insieme, senza fili spinati, ma anzi seduttivo enorme, ieri come oggi, e la cat- propensi a costruire ponti e non barrietura del consenso. Il coro del Liceo Weil in re. Abbiamo cantato anche al Donizetti, siamo andati fino a Salisburgo. Per molfondo nasce da qui». to tempo siamo stati un “unicum” nella In che senso? «L’idea della musica come qualcosa scuola italiana, una parabola bellissima che distorce dalla ricerca della verità ri- finita del 2005 per morte naturale, per il sale a Platone ed è stata fatta propria nei venir meno, causa impegni di vita e di lasecoli dalle filosofie idealistiche e dal no- voro, dei suoi componenti». La sua professione, e l’altra sua granstro Giovanni Gentile, filosofo e ministro della cultura durante il Fascismo, il qua- de passione, è stata la scuola, che per lei le, nel 1920, ha posto in essere la riforma vuol dire soprattutto Liceo Weil «Sono entrato nel 1970 e ho avuto la della scuola secondaria superiore, escludendo la musica, caso unico in Europa, e grande fortuna di essere stato, di fatto, uno forse nel mondo, dal novero delle materie dei fondatori del liceo cittadino; insieme al oggetto di studio, per esempio nei licei prof. Ermete Valenti ho plasmato questo classici e scientifici. A me è sempre sem- liceo, allora sezione distaccata del Sarpi brata un’assurdità. Ecco perché quando, di Bergamo. Negli anni Ottanta siamo dinel 1992, l’allora preside del Weil Giovan- ventati autonomi, chiamandoci “Simone na Govoni si prefisse di inserire attività Weil”, che allora nessuno sapeva chi fosextracurriculari a costi contenuti, le pro- se… io avrei preferito Omero, o Lucrezio. posi di istituire un coro (venivo da anni di Il Weil era casa mia, ho avuto la possibili“militanza” nel coro Icat, fondato insie- tà di farlo crescere, lo dico con modestia me ad altri amici nel lontano 1967) for- ma anche con orgoglio, farlo diventare un mato da studenti ed ex studenti del liceo, luogo accogliente, dove si stesse bene, si ma anche da professori e genitori. Così respirasse un’aria di simpatia; ma anche nacque il coro del Liceo Simone Weil. Ne un luogo dove, chi avesse voluto, avrebbe facevano parte anche alcuni nomi che poi potuto trovare una solida preparazione. hanno continuato, come Massimo Grechi E infatti arrivammo fino a cinque sezioni. (che oggi dirige L’Ensemble Magnificat), C’era un bel gruppo docente, fatto di insema anche Marco Ciceri, Giovanna Ubia- gnanti motivati e preparati». Cosa serve per essere un buon inseli, Monica Bussini, Franca Ferrario…Un coro in un liceo classico era anche un gnante? «Bisogna avere, prima di tutto, qualmodo per fare cultura, formazione. Cantare in un coro è uno dei massimi eser- cosa da dire, altrimenti meglio cambiare cizi di autoeducazione, perché chi canta mestiere. Poi però bisogna trovare anche deve annegare qualsiasi intento solistico la modalità di comunicazione più giusta, e prestare la propria voce all’insieme, la narrazione del sapere deve essere graper creare l’emozione che dà la polifonia. devole, affinché lo studente abbia il pia-


cere di ascoltare, non il dovere. Nelle mie materie, soprattutto, avevo il desiderio di far capire ai miei studenti l’importanza del latino e del greco, perché fosse bello studiarli. La domanda è: perché studiare e tradurre due lingue morte, che non si parlano più nemmeno in chiesa?» Me lo dica lei. «Perché il latino e il greco sono il mezzo, non il fine. Queste due lingue hanno veicolato le rispettive civiltà fino ai giorni nostri e istituzioni moderne come la democrazia, il diritto, la scienza, la tecnologia, l’arte, la poesia, la musica, il teatro…! Hanno tutte le radici lì. Due lingue che, in sé, non hanno nessun rapporto con la modernità, ma sono portatrici di messaggi che sono ancora il fondamento della nostra civiltà. Quando il Papa parla di Misericordia, chi ha studiato latino e greco capisce subito che dentro lì, in quella parola, c’è “cordia” (cor, cordis, cuore) e miseri (miser, miseri), bontà verso il povero, il negletto; la misericordia non è una virtù teologale, ma una modalità di relazione. Il conoscere queste due lingue non ti dà solo qualche facoltà logica in più (che puoi avere anche dalla matematica), ma la loro specificità sta nell’opportunità di attingere alle basi, le fondamenta, le radici della civiltà e del suo progredire». Le manca la scuola? «Mi mancano gli studenti. Ma se in loro, come io spero, è rimasta questa scintilla, questa attenzione al valore intramontabile della parola, della Cultura (dal verbo colo, coltivare, stessa radice di coltura, ma qui è un’altra forma di coltivazione, quella dello spirito, della Bellezza), io ne sarei felicissimo, perché consapevole di aver contribuito a tale conquista; che non è nozionismo, ma un modo di essere. Come tu sai, ero capace di distribuire voti come tre e quattro a piene mani ai compiti in classe, ma poi questi voti diventavano sei o sette in pagella; perché alla fine, che lo studente traducesse bene o male, per

me era irrilevante. L’importante era che lo studente andasse avanti, dimostrasse interesse. A me premeva il percorso nella sua totalità. E infatti ho avuto primi della classe che oggi, come persone, non dicono granché, e ultimi della classe che invece si sono rivelati cittadini rispettabilissimi. Per questo credo di aver fatto il mestiere più bello del mondo e se rinascessi lo rifarei ancora. Però no, non mi manca la scuola, negli ultimi anni (inizio 2000) è stata la prepotenza dei numeri, delle medie matematiche, quindi, quando ho maturato il diritto al riposo, me ne sono andato». Ed è cominciato il capitolo della Cooperativa Insieme. «Cinque giorni dopo la pensione ebbi dalla sorte questo grande regalo. Mi telefonò Armando Ambivero, allora e tuttora presidente della cooperativa, chiedendomi se me la sentivo di far cantare i ragazzi. Un gruppo di 25 persone, per la metà con sindrome di down e gli altri portatori di handicap psichico. Ebbi qualche esitazione, non lo nego, ma non potevo e non volevo dire di no. Così è cominciata questa bella avventura, alla quale ha partecipato anche mia moglie. È una storia che racconto in cinque minuti, ma si è svolta nell’arco di quindici anni, pazientemente, con un’attenta opera di scavo, senza fretta. Abbiamo iniziato con le canzoncine, le letture, i disegni. Poi è arrivato il teatro. “Over the rainbow” è stato il titolo-simbolo della nostra prima rappresentazione teatrale ed esprimeva in maniera efficace tutto il desiderio di questi ragazzi di superare gli ostacoli, diventare autonomi. Sull’onda di questo tentativo, che ha suscitato molto orgoglio in tutti noi, è nato il Pinocchio, con testi scritti “dall’Amilcare”. Anche Pinocchio è simbolo di un cammino di liberazione del burattino etero-diretto che, attraverso l’errore, l’esperienza, si trasforma in un bambino intelligente e consapevole. Abbiamo avuto la preziosa collaborazio-

ne della Junior Band, diretta da Marco Carioli che ha realizzato le musiche: ne è nato un piccolo musical, chiamato “Tutti insieme per Pinocchio”». Un lavoro paziente ed encomiabile per il quale “l’Amilcare” e la moglie Grazia sono stati insigniti del premio Madonna delle Lacrime nel 2013. Una terza performance teatrale “Il lago dei cigni” sempre con la Junior band e la cooperativa Insieme, ha chiuso nel 2015 l’esperienza di teatro di questa straordinaria coppia, che però ancora oggi non ha abbandonato la cooperativa, frequentando le riunioni quando gli impegni familiari lo consentono. I coniugi Borghi infatti sono da poco diventati nonni; il figlio Alessandro, medico dermatologo, che vive e lavora a Ferrara, ha dato loro il nipotino Ascanio, 17 mesi, che i due accudiscono ogni quindici giorni alternandosi con gli altri nonni, esercitando con entusiasmo quella che Borghi chiama “la nonnitudine”, ovvero la beatitudine del nonno. «L’altro mio figlio, Andrea, è architetto e ha la cattedra di Design in lingua inglese alla Bovisa di Milano per studenti internazionali, ed è perennemente su un aereo. Insomma, ho avuto tanto dalla vita, una bella famiglia, dei genitori che rimpiango, una moglie che è una santa e due figli che mi danno tante soddisfazioni; e adesso Ascanio, che mi ha, senza dubbio, allungato la vita».

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Scuola

182 anni e non li dimostra di Lucia Profumo

La scuola materna Carcano e la sua proposta educativa attuale e sfidante, in piena consonanza con i valori del suo fondatore

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vecchi e austeri edifici mi incutono sempre un po’ di timore, specie se ospitano istituzioni educative. Oltre il portone immagino suore con larghi cappelli, camerate spoglie, grandi refettori e frotte di bambini con le gambette nude che spuntano dai grembiulini. È con questa suggestione, dunque, che varco la soglia dell’Asilo Carcano, colonna della vita e della società trevigliese da oltre centoottant’anni. All’ingresso mi accoglie un ampio e luminoso corridoio che dà su un grande giardino, di cui dall’esterno non si sospetta l’esistenza. Le volte alte dei soffitti e le vetrate di gusto retrò si fondono con le

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razionalizzazioni imposte dalla modernità e con un’esplosione di decorazioni: buffi copricapi che penzolano dal soffitto, foto di bimbi, disegni colorati e un grande albero in carta crespa che rivaleggia con l’olmo secolare del giardino. Ad attendermi la Presidente della fondazione Livia Bonetti, insieme ad Adelia Tibaldini, la Coordinatrice Didattica. L’accoglienza è molto cordiale e si percepisce da subito il desiderio di comunicare l’entusiasmo per il proprio lavoro, che non è solo una professione e un servizio da erogare secondo standard e regole ben precisi, ma soprattutto una missione da compiere ed una storia da onorare.

L’Asilo Carcano nasce nel 1835 ad opera dell’Abate Carlo Carcano. In Treviglio il sacerdote aveva notato la presenza di un “vistoso numero di 216 fanciulli (…), tre quarti dei quali sono poveri e miserabili” e decide pertanto di aprire una scuola per il loro accudimento ed educazione; si tratta di una delle primissime esperienze in Italia. Carcano fonda una scuola dell’infanzia “tutta amore e carità”, le cui innovazioni hanno del rivoluzionario: bambini di famiglie ricche e povere sono accolti insieme, “…perché gli uomini diventano nemici perché crescono senza conoscersi” e mangiano alla stessa mensa “una stessa zuppa per ricchi e poveri”. E dopo i primi anni la scuola aprirà le porte anche alle bambine, perché la loro formazione è ritenuta fondamentale per le famiglie in cui saranno mogli e madri. La Materna Carcano è oggi una scuola paritaria, cioè privata riconosciuta dallo Stato. Ospita una scuola Primaria dell’infanzia e il Nido; fa parte dell’ADASM, rete di scuole cattoliche, e prosegue l’opera del Fondatore con una proposta basata su valori cristiani, qualità della proposta pedagogica, centralità del rapporto con le famiglie. Il porsi oggi come una scuola cattolica può non essere apprezzato da tutti; chiedo pertanto alla Presidente Bonetti come si riesca a proporre un modello che potrebbe passare per non inclusivo, superato, d’élite


Eventi

Celebrata la giornata internazionale della donna di Maria Gabriella Bassi

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orse la vera novità è la forte collaborazione fra i due organismi. Due presidentesse giovani e vigorose, voglia di fare e competenza organizzativa. Così fra il Consiglio delle Donne, di recente ricostituito, e la Commissione Pari Opportunità si è stabilito un bel rapporto. Valentina Tugnoli per le P.O., una laurea in Economia e fiscalista di Azienda; Silvia Agazzi per il CDD, avvocato e criminologa. Due donne di grande spessore. Il primo impegno che ha messo in moto la collaborazione è stato l’organizzare la Giornata Internazionale della Donna. Il Consiglio delle Donne ha ripreso un progetto Soroptimist, di cui la Agazzi è socia da molti anni, portando al teatro Filodrammatici uno spettacolo della compagnia teatrale TAE Teatro (Teatranti Autonomi Erranti), una Associazione Culturale che nasce a Treviglio nel 1996 per volontà di un gruppo di attori e operatori teatrali professionisti che hanno voluto creare uno spazio dedicato ai giovani e a quanti, per passione e curiosità, si vogliono avvicinare al mondo del teatro. Numeroso il pubblico presente che ha applaudito l’originale spettacolo, un atto unico, vagamente ispirato al teatro dell’Assurdo, basato sulla lettura di testi rielaborati da Karl Valentine, Franca Rame, Pedro Salinas, Stefano Benni, Gabriela Romagnoli, Serena Dandini, che hanno sfiorato delicatamente, ma incisivamente, tutte le varie sfaccettature che riguardano il mondo

ph Appiani

o magari non sufficientemente fedele ai valori cui si ispira. La risposta mi è data con la tranquilla sicurezza di chi con gratuità, dedizione e competenza dirige la scuola da oltre vent’anni: «Accogliendo la realtà per quella che è per farla propria senza giudicarla, e senza mai stancarsi di dialogare con le famiglie». Questo vuol dire onestà e chiarezza dal primo istante sui valori e i modelli proposti dalla scuola, rispetto assoluto del bambino e della sua storia, ascolto competente dei suoi bisogni e segnali, alleanza con le famiglie nella sfida comune dell’educare. Per questo il Carcano ancora oggi affida, uno per uno, tutti i suoi alunni alla Madonna, indipendentemente da origine, religione e condizioni personali e familiari, in una sorta di patto spirituale che è anche un impegno solenne a fare il meglio per ciascun bambino, riconoscendo la sua unicità e irripetibilità. E mentre facciamo il giro della scuola la coordinatrice Tibaldini mi racconta di un metodo educativo basato su un lavoro di crescita e confronto continuo di tutto il personale, incluso quello non docente (“le zie”!); un modello che prevede un’intensa attività di programmazione, ma anche studio, innovazione e sperimentazione continua. Da qui nascono attività sfidanti come l’uscita dei bimbi per la visita di EXPO 2015 o il cammino di quest’anno, che esplora le iperboli Leonardesche degli esperimenti sul volo. E davvero si preparano questi bambini a spiccare il volo, sapendo che tanti torneranno a trovare le maestre e le zie, l’albero del giardino e quelle aule colorate che, bambini, li hanno visti mettere basi importanti per il futuro. Il tutto, forse, sotto gli occhi dell’Abate Carcano che guarda la sua Opera e constatata con soddisfazione l’attualità della sua intuizione: il migliore investimento per il futuro di una comunità è prodigarsi per l’educazione dei più piccoli, che sono i cittadini di domani.

femminile. Sfatando luoghi comuni, come l’arrendevolezza o l’incoerenza femminile, ed enfatizzando i punti di forza come la tenacia, la resistenza, l’intelligenza. Si è partiti dal considerare i falsi miti amplificati dalla mercificazione e dal consumismo; si è tornati da dove tutto nasce, o dovrebbe nascere: dall’amore. La Commissione Pari Opportunità, a sua volta, proprio nella Giornata Internazionale della donna, mercoledì 8 marzo, ha organizzato un evento davvero unico. Il titolo “Pari Opportunità. Pari Dignità. Lo Sport per tutti, lo Sport di tutti” già evoca lo spirito che ha ispirato l’incontro: partire dallo sport come linguaggio unificante e inclusivo per crescere in armonia e affrontare il mondo con consapevolezza. Non a caso il Convegno si è svolto presso il Liceo Sportivo del Polo Scolastico Facchetti, pensato per ragazzi interessati a coniugare la formazione liceale con la pratica sportiva. Accolto dalla Preside Angela Lattuada, il pubblico numeroso ha ascoltato l’intervento di Monsignor Norberto Donghi che, dopo aver celebrato la Santa Messa, ha offerto una riflessione sul grande ruolo della donna nella chiesa cattolica, partendo dai testi sacri. Sono seguiti due interventi davvero molto particolari da parte delle due campionesse di sci Daniela Zini e Silvia Parente. Daniela Zini, originaria di Livigno, è stata una delle prime sciatrici italiane. Nei primi anni ottanta vinse moltissime gare importanti fra cui due slalom speciali. Ha fatto un’interessante riflessione su come il mondo dello sport sia cambiato, non sempre in meglio, soprattutto per le donne, ma ha sottolineato l’importanza formativa per tutti a cimentarsi non solo nello sci, ma in qualsiasi attività sportiva. L’intervento più atteso è stato certamente quello di Silvia Parente, campionessa non vedente nel Super G per disabili visivi. Il senso dell’umorismo e la grinta con cui ha parlato all’auditorium hanno lasciato tutti affascinati. È stato proiettato un breve filmato dove si è potuto capire come anche una persona non vedente possa affrontare qualsiasi sfida, dalla arrampicata allo slalom: indirizzata da un comando vocale dalla sua guida (suo marito) che la anticipa nella discesa; il suono è l’unica traccia che, nel buio più completo, le indica la via nella sua sfrecciante discesa. Silvia ha parlato di come lo sport abbia dato un senso alla sua vita, di come possa essere inclusivo e aggregante, di come la tenacia, la vittoria, la sconfitta, siano la vera palestra di vita. Aprile 2017 •

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Natura

Fotografia, al naturale di Ivan Scelsa

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colori della fauna lombarda ed il risveglio primaverile della natura sono immortalati negli scatti di Michele Ciarliero, una vita per l’Arma dei Carabinieri, a Cassano d’Adda, città a cui è stato sempre legato, non solo lavorativamente. Nato in Basilicata, ha vissuto sino all’età di 16 anni in provincia di Salerno, raggiungendo poi la nostra regione per lavoro, lo stesso da cui si è da poco congedato. Scopre la passione per la fotografia 20 anni fa, in maniera un po’ insolita: diventa infatti il responsabile del Gabinetto Fotografico del Comando dove presta servizio, quello dove vengono segnalati i fermati e gli arrestati, per intenderci. Per sua scelta non ha mai partecipato a nessun tipo di concorso fotografico, restando lontano dai riflettori e godendo, solo con la sua reflex, della semplicità della natura e dell’arte che ci circonda. Iscritto da 15 anni al Circolo fotografico “G. Ascani” di Cassano d’Adda, sta preparando una mostra personale che presenterà a fine anno presso la locale biblioteca, presumibilmente tra l’8 ed il 10 dicembre. Vi anticipiamo alcuni suoi scatti realizzati sul fiume Adda, ma anche nelle oasi di Mantova e Parma. Un focus sul patrimonio faunistico della pianura padana di cui, spesso, non riusciamo a scorgere le bellezze. È questa un’occasione per riscoprirle.

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Musica

Ermanno Finardi: un cd oltre il Tempo di Ingrid Alloni

Edito l’album postumo del Maestro trevigliese

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on è facile scrivere di una persona cui si era molto legati che non c’è più, che non puoi più vedere quando hai qualcosa da raccontarle, con cui non puoi più condividere un momento quotidiano. Soprattutto è difficile riuscire a trasmettere l’affetto che si prova per questa persona in una pagina di parole. Mio nonno era una persona molto conosciuta a Treviglio, ricordo infatti del quotidiano caffè dell’una: il tempo di fare un piccolo giro per via Matteotti e viale Filagno era sufficiente per fermarsi a parlare con qualcuno almeno tre o quattro volte. Come ha insegnato musica a moltissimi ragazzi e ragazze – a Treviglio, Casirate, Fara, Brignano e in molti altri paesi della zona – così anche io ho iniziato a suonare il pianoforte grazie a lui. È stato il mio primo Maestro, all’età di sei anni e, da allora, per quasi un decennio, ogni settimana andavo a casa dei nonni per la lezione di pianoforte. Era una persona molto corretta, e spero di aver ereditato il suo forte senso morale: provava un gran senso di rispetto per chiunque, indipendentemente da chi fosse. Ci sono piccoli episodi che ricordo dei diversi anni da nipote, attimi che rimarranno per me ricordi importanti. Raccontava spesso molti aneddoti, brevi storie con una propria morale che erano accompagnate da una cornice ironica. Un giorno mi raccontò di un frate cui un uomo aveva tirato uno schiaffo; il frate porse allora l’altra guancia, seguendo i precetti del Vangelo, ma, dopo una seconda botta, si rimboccò le maniche e ricambiò l’offesa. Posso così descrivere in parte mio nonno: rispettava ogni persona, ma aveva anche un forte senso di difesa nei confronti della sua famiglia e delle persone a lui care. Era anche una persona molto spiritosa. Prima che raccontasse una barzelletta si capiva immediatamente che la stava pensando: compariva infatti sul suo viso un sorriso furbo. Ogni domenica mattina ci trovavamo tutti insieme a fare colazione al bar. Molto spesso mi capitava di osservare il nonno e capire che non stava seguendo il discorso che si faceva: la nonna per questo, un po’ arrabbiandosi, un po’ scherzando, gli diceva di scendere dalle nuvole. A volte mi raccontava che era in quei momenti, i più inaspettati, che, im-

provvisamente, si creavano in lui nuovi motivi musicali, nuovi temi. Non poteva ascoltare quello che dicevamo perché stava semplicemente cantando nella mente. Essere messa di fronte al compito di scrivere una pagina di parole impone che si compia un grande sforzo di memoria e di concentrazione. Molto spesso crediamo di pensare alle persone che non ci sono più, quando in realtà il tempo consuma i ricordi. Scrivere i ricordi del nonno mi ha permesso di rivedere istanti della mia vita su cui non tornavo da molto tempo. Probabilmente, il ricordo più prezioso che non abbandonerò mai riguarda la musica. La musica, insieme all’affetto per la famiglia, è ciò che ha accompagnato tutta la vita di mio nonno. Non solo era pianista ed insegnava pianoforte, ma era anche compositore. Ricordo di quando mi trovavo a casa sua ed egli mi chiamava in studio: quasi tutte le volte, voleva farmi sentire un pezzo della sua ultima composizione, e non mancava mai di chiedermi cosa ne pensassi io. Alcune volte insegnava le canzoni a me e a mia sorella, io al pianoforte e lei al violino. Non so quante volte abbiamo suonato una sua “Ave Maria” o “Metropoli che dorme”. Infatti le sue composizioni erano sia di natura sacra che profana. Chiunque abbia ascoltato un suo pezzo, non può dire di non essere stato coinvolto nel profondo. Non dico questo per familismo, ma perché credo fermamente che la musica abbia un potere quasi magico, una forza molto rara rispetto alle altre discipline. La musica abbraccia i suoi ascoltatori, li fa sentire protetti e a casa.

È per questa ragione che abbiamo deciso di non lasciare la sua musica solamente sulla carta, ma di darle vita attraverso un cd di musica leggera. L’album, composto da dieci brani, è intitolato “Altri” perché è proprio l’essenza dell’Altro che vuole cogliere. L’Altro è lo sconosciuto, l’ignoto, il passante, il migrante. È colui su cui fantastichiamo in un bar, è una donna affascinante appena entrata dalla porta che cattura lo sguardo di tutti i presenti. L’Altro è chi guarda alla finestra e vede gocce di pioggia. Sono due giovani che si incontrano ad una mostra e si innamorano, e sono spaventati di fronte alla potenza di un sentimento così grande rispetto alla loro esperienza. L’Altro è moltissime possibilità: queste dieci canzoni si pongono l’obiettivo di provare a descriverlo o, perlomeno, di descriverne alcuni casi. Dal punto di vista musicale, il genere predominante è il leit motiv e vengono esplorate diverse potenzialità espressive. È una musica molto variegata, che cerca di raccontare emozioni differenti, dalla gioia al dolore, attraverso incontri, separazioni, amori. Musica e parole si intrecciano in una trama densa e semplice. La sua musica è sempre velata, a mio parere, da una sfumatura nostalgica: è quest’atmosfera, rotta da momenti euforici, che percorre tutto il cd. Il connubio potrebbe essere definito anche in base all’unione di musica classica e leggera. I poeti sono sempre arrivati successivamente alla musica: hanno tutti colto la sfida di esplicitare a parole messaggi già ben chiari contenuti nelle note. Aprile 2017 •

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Gabriele Scaratti musica il suo nuovo mondo in un album di Daria Locatelli

È stato presentato il 30 marzo allo Spazio Teatro 89 di Milano il primo cd del chitarrista blues di Calvenzano: “Get out of home”

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l punto di partenza è quello di non ambire»: ecco le parole con cui il giovane calvenzanese Gabriele Scaratti mi aveva salutata al termine dell’intervista esattamente un anno fa. Era stata l’occasione durante la quale il talentuoso chitarrista si era raccontato, descrivendo il percorso di un autodidatta che, iniziato all’amore per la musica dall’ascolto dei cd della collezione del fratello, aveva imbracciato la sei corde nella sua stanza, dando voce a una passione per il blues che si è fatta, via via, sempre più importante. «Il mio sogno è sempre stato quello di avere una band», mi aveva confidato Gabriele poco prima di salire sul palco insieme a coloro che hanno realizzato il suo desiderio: Luigi Sozzani al basso, Gianluca Tilesi alla batteria e Cristiano Arcioni all’Hammond. Questo non è l’unico sogno che Scaratti ha visto prendere vita e lo incontro perché mi illustri di cosa il suo bagaglio si sia arricchito e nelle sue parole è accompagnato da quell’umiltà che non lo ha mai abbandonato, unita a un pizzico di incredulità, caratteristica di chi vede compiuto qualcosa in cui ha fortemente creduto e, quasi, stenta a credervi: «Il 30 marzo, alla vigilia del mio compleanno, ho presentato il mio primo album allo Spazio Teatro 89 di Milano. È un cd autoprodotto di undici brani inediti scritti e composti da me, arrangiati insieme alla mia band e che include la partecipazione di alcuni musicisti, tra i quali il chitarrista jazz Alessandro Usai».

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“Get out of home”, ecco il nome del nuovo traguardo di Scaratti, che prosegue: «Sono orgoglioso di questo lavoro, che ha richiesto oltre un anno di impegno da parte mia e di tutti coloro che vi hanno contribuito. Lo sento completamente mio, perché mi rappresenta al 100% e parla di tutto quello che mi piace». Nell’album il racconto viene affidato a una commistione di vari generi, dal blues al pop, dal funky al rock, dallo swing al soul, dal boogie alla fusion, e con musica e parole Gabriele ripercorre la strada che dalla sua stanza lo ha portato “fuori casa”: «Negli ultimi tre anni è avvenuta una grande trasformazione in me. Ero molto chiuso nella mia quotidianità, spesa tra lavoro e il tempo che concedevo allo studio della chitarra. Il mio essere solitario e racchiuso tra le pareti della mia stanza, entro cui immaginavo di suonare di fronte al pubbli-

co, a un certo punto è stato scosso dalla perdita improvvisa di una persona cara a me e alla mia famiglia. Questo ha generato una riflessione sull’importanza di non perdere tempo, di non trascurare le proprie passioni e, soprattutto, di esplorare il mondo». Gabriele decide, così, di imbracciare la sua Fender Stratocaster non più soltanto a casa ma anche sui palchi, durante le Jam Sessions che inizia a frequentare e in compagnia di coloro che, oltre a divenire suoi compagni durante i live, lo supportano nella realizzazione dell’album: «Devo ringraziare Luigi, Gianluca e Cristiano per il sostegno che mi hanno dato, non solo per quanto riguarda l’aiuto che mi hanno offerto nell’arrangiare i brani di mia composizione, ma innanzitutto nel modo in cui mi hanno saputo rendere parte del gruppo e messo a disposizione la loro esperienza. Ricordo che all’inizio ero timoroso di come musicisti del loro livello avrebbero accolto i pezzi di un giovane alle prime armi come me, rimanendo poi sorpreso del modo umile e professionale con il quale, invece, hanno abbracciato la mia idea e lavorato sodo insieme a me per la sua riuscita». Sono svariati gli stati d’animo musicati in “Get out of home”: i sentimenti che si provano nell’attesa della costruzione di un sogno, nell’impossibilità di essere felici, nel rapporto con la verità o nella mancanza di una persona. «Per me – afferma Scaratti – il CD non è un punto di arrivo, ma la realizzazione di un desiderio ed una tappa dalla quale ripartire di nuovo. L’album è stato il modo con cui quello che faccio e la musica che propongo possano essere espressi non solo con i live, ma vengano cristallizzati in qualcosa di cui si possa fruire per sempre». Domando a Gabriele cosa consiglierebbe il chitarrista di oggi, “affacciatosi su un nuovo mondo”, al giovane chiuso nella sua stanza: «Sicuramente gli raccomanderei di suonare di più, perché sento di avere delle lacune accademiche. Nonostante questo, io cerco di trasmettere con le sei corde tutto l’amore che ho verso la musica e ringrazio Alessandro Usai per avermi riconosciuto la “dote del cuore” quando suono». E cosa si sentirebbe dire lo Scaratti del 2017 dal ragazzo di anni fa? «Penso che riceverei i suoi complimenti», risponde sorridendo e con una luce negli occhi che sa di un arrivederci... al prossimo sogno. ph Ferri

ph Montagna

ph Ferri

Musica


ph Bellomo

Il nuovo look del corpo musicale cittadino di Marco Falchetti

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l Corpo Musicale Città di Treviglio, presieduto da Giuseppe “Jack” Rozzoni, in questi giorni si sta rifacendo il guardaroba: sono in arrivo infatti una trentina di nuove divise con un taglio più giovanile e moderno rispetto a quelle già in dotazione. Il rinnovo dell’abbigliamento da parata e da concerto si è potuto realizzare grazie al contributo degli Istituti Educativi di Bergamo, attenti verso tutto quello che riguarda la cultura del nostro territorio e da alcuni anni vicini alla musica e al Corpo Musicale Cittadino, il quale ha di nuovo colto l’occasione per ringraziare la comprovata sensibilità del Direttivo dell’Ente. Le nuove divise vestiranno le numerose rappresentanti del gentil sesso che fanno parte del complesso bandistico, e gli allie-

vi che negli ultimi tre anni sono stati “promossi in prima squadra”, per usare un termine sportivo. Nell’imminente futuro saranno sostituite anche le attuali divise indossate dai musicisti di “lungo corso”, ormai vecchie di qualche anno. Inoltre, sono in via di allestimento le nuove giacche a vento per tutti i bandisti, circa una settantina, anch’esse confezionate con un taglio più moderno da professionisti del settore sartoriale. Il debutto delle nuove divise avverrà in occasione dell’annuale sfilata del 25 aprile per la ricorrenza della Liberazione. Nel frattempo, per quanto riguarda il programma della stagione del Corpo Musicale, ormai conosciuto nel territorio

come “Orchestra di Fiati Città di Treviglio” è quasi pronto il calendario degli impegni della stagione, che verrà reso noto al più presto. Le date già definite, oltre al 25 aprile, sono quelle di domenica 30 aprile al Teatro Nuovo di Treviglio (TNT), in occasione del concerto finale del Corso di Direzione e Concertazione per Banda, giunto alla sua Terza Edizione, organizzato e diretto dal Maestro Paolo Belloli, nonché l’annuale Concerto per la Festa della Repubblica che si terrà la sera di giovedì 1 giugno al chiostro del Centro Culturale, sempre a Treviglio.

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Mostre

A titolo d’ingresso di Valentina Simone

Una collettiva inaugura la riapertura di Spazio Arte a Fara Gera d’Adda

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al 11 marzo al 2 aprile si è tenuta la collettiva “A titolo d’ingresso”, presso lo Spazio Arte di Fara Gera d’Adda. L’esposizione ha visto la presenza di ben 12 artisti, ciascuno dei quali ha presenziato con una propria opera d’arte: l’evento nasce infatti come presentazione di quelli che saranno i protagonisti delle future mostre personali a loro dedicate, dunque come primo appuntamento di un vasto e ricco programma espositivo che si prolungherà fino al 2018.

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L’iniziativa nasce dalla volontà di tornare a valorizzare lo Spazio Arte, in un’ottica di continuità con artisti che hanno qui esposto nei decenni passati, intendendolo, dunque, quale luogo di raccordo ed incontro di eterogenee sensibilità artistiche, sito di unione di personalità provenienti “al di qua” e “al di là” del fiume Adda, da secoli considerato ideale linea di confine tra culture e zone geografiche differenti, quali la provincia milanese e quella bergamasca. Il luogo espositivo, collocato nei pressi

del corso fluviale, si caratterizza infatti come sito in grado di rendere possibile tale unione tra artisti provenienti dalle due rive, che nel corso degli anni passati hanno tra loro intrecciato relazioni e che tutt’ora continuano a farlo. La collettiva ha pertanto come scopo quello di mostrare e rendere tangibili questi legami, rete di conoscenze derivante non esclusivamente da rapporti territoriali, ma anche da connessioni temporali, con la compresenza di personalità appartenenti a diverse generazioni, talune già attive da diversi anni nel panorama artistico che hanno avuto un ruolo indispensabile nel percorso formativo di altre, emblematica coesistenza di figure guida accanto ai loro “allievi”. Nonostante queste strette corrispondenze e compenetrazioni, le 12 opere d’arte esposte in “A titolo d’ingresso” si caratterizzano come contributi diversi l’uno dall’altro, mostrando un’assoluta eterogeneità e capacità degli artisti di


ph Appiani

sviluppare in modo autonomo e personale le proprie considerazioni, pur partendo da un retroterra in comune. Astrid Serughetti è presente con il suo Butterflies, dipinto dal formato orizzontale sul quale l’artista ha riproposto innumerevoli volte la figura di svolazzanti farfalle, lavorando sulla fluidità della materia pittorica; Cesare Villa presenta Zal, opera nella quale si lavora invece sulla matericità e sulle forme, creando una dimensione tridimensionale che esce dalla superficie del supporto. Cristian Boffelli con la sua Figura pone un’attenzione tutta particolare alla resa grafica delle linee che compongono il personaggio, quasi una sorta di riproposizione di una maschera carnevalesca; Enrico d’Adda propone un dipinto nel quale la componente cromatica svolge il ruolo protagonista, con la predominanza del rosso sugli altri colori; Giacomo Nuzzo è invece presente all’esposizione con Passeggiando nel bosco, opera costituita

da due quadri sui quali l’artista ha giocato con le trasparenze date da ampie pennellate più o meno diluite, impiegando i colori di un panorama boscoso autunno-invernale. Gianni d’Adda espone il suo Totem, il cui titolo rievoca una dimensione spirituale, così come la forma ricorda una pala d’altare, ma al cui interno emergono lettere e numeri raffigurati con caratteri tipografici, come ad emulare un collage realizzato con ritagli di giornali e riviste; Giovanni Galli si presenta un quadro che ricorda quasi le sperimentazioni di Mondrian, ma nel quale viene meno il rigore ortogonale dell’artista olandese, con linee che si intersecano diagonalmente tra di loro, creando spazi talvolta riempiti di nero, talvolta con i tre colori primari. Giuliano Giussani espone il Fiore della libertà, scultura nella cui corolla sono riproposti i colori dell’arcobaleno; Kaori Miyayama ha realizzato invece Il modo di scendere al cielo 2/4, titolo che capovolge la collocazione del cielo,

inversione confermata dal secondo dei due dipinti, nel quale una scala pare accompagnare lo sguardo verso il basso ma comunque su una nuvola. Mary Crenshaw si presenta con Raffica, nella quale si vedono le impronte delle mani dell’artista, come una diretta derivazione dall’arte gestuale, nella quale è l’azione stessa ad essere opera d’arte. Silvano Bassani esibisce ad emily, un fiore oramai appassito accompagna mattonelle di diverso materiale, non perfettamente appoggiate al muro retrostante, in modo da poter lavorare sulla tridimensionalità e sulle ombre proiettate; infine, Stefano Crippa espone In figura di pagina, serie di fogli con un’attenzione alla linea e agli effetti grafici che possono realizzarsi con essa, componendo figure che ricordano un certo richiamo col mondo dell’infanzia. Per conoscere la personalità, le motivazioni e le concezioni artistiche dei 12 protagonisti, non resta che aspettare la personale di ciascuno di essi.

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Arte ph Lepore

Flavio Caroli presenta “Il Museo dei capricci” di Francesca Possenti

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l noto storico dell’arte Flavio Caroli è stato a Treviglio sabato 11 marzo, su invito dell’Associazione Malala, per una presentazione molto interessante e coinvolgente del suo volume intitolato “Il Museo dei capricci. 200 quadri da rubare” (ed. Electa). L’incontro, che si è svolto presso l’Auditorium della Biblioteca Civica di Treviglio, ha visto la partecipazione di un folto pubblico. Curioso il tema del volume, che contiene la descrizione di trenta sale tematiche, che a loro volta conservano al loro interno duecento capolavori “da rubare”, vale a dire opere considerate come momenti essenziali della storia dell’umanità. Protagonista del libro è “l’innamorato” come lo chiama Caroli, cioè un amante dell’arte che sceglie di creare un suo museo virtuale nel quale raccogliere le opere che egli ritiene siano le più significative della storia dell’arte, poiché rappresentano al meglio i momenti fondamentali della storia dell’uomo. Caroli ha scelto di illustrare al pubblico dieci stanze intitolate rispettivamente “Tipi psicologici”, “Noi siamo qui”, “I migliori anni”, “Notti e nebbie”, “Erotismo”, “Il tempo”, “La primavera”, “Le vite degli altri”, “Amore drammatico” e “Cinema e pittura”. Nella stanza dedicata ai tipi psicologici Caroli, riferendosi alle note teorie di Carl Gustav Jung, ci fa osservare come esi-

stano fisionomie simili che corrispondono a tipi psicologici simili, presentando al pubblico sorprendenti somiglianze tra personaggi dipinti nel passato e personaggi fotografati nel presente. A tal proposito ricordiamo la corrispondenza tra il Ritratto d’uomo di Carlo Ceresa ed il primo piano dell’attore Ugo Tognazzi; e tra il Ritratto di Principessa di Goya ed una fotografia di Luciana Littizzetto. Interessante la sala chiamata “I migliori anni” dove l’innamorato decide di bandire un concorso con lo scopo di decretare quale sia il capolavoro assoluto realizzato da alcuni grandissimi artisti. Il giudizio spetta al pubblico, ma è ben accetto solo se coincide con il suo. Difficile sarà decidere quale sia l’opera migliore tra la Vocazione di San Matteo ed il David e Golia di Caravaggio, oppure tra i Mangiatori di patate ed il Caffè con biliardo di Vincent Van Gogh. Complesso è anche rappresentare il tempo – ci dice Caroli – ciononostante molti artisti hanno provato a risolvere il problema: ad esempio Giorgione ne La Vecchia si sofferma sulla decadenza fisica, Giambattista Tiepolo si affida alla metafisica ed al concetto di Verità, ed infine Giacomo Balla, nel noto dipinto Ragazza che corre sul balcone, mette in

evidenza soprattutto i caratteri legati alle nuove teorie scientifiche proposte dalla cronofotografia di Eadweard Muybridge e dalla teoria della relatività di Albert Einstein. Lo studioso ha presentato al pubblico anche l’opera dell’originale artista contemporaneo Damien Hirst intitolata Teschio di brillanti dove si prende in considerazione il concetto della “Vanitas”, ossia della durata effimera di ogni cosa. “Le vite degli altri” tratta il tema delle grandi rivalità sviluppatesi nella storia dell’arte, come quelle tra Édouard Manet e Claude Monet, e tra Jackson Pollock e Willem de Kooning; “Cinema e pittura” sottolinea invece l’importanza del rapporto tra queste due arti, ben identificabile ad esempio nelle opere di Luchino Visconti e di Michelangelo Antonioni. Caroli ha affrontato anche il tema dell’amore drammatico soffermandosi su capolavori come La sposa del vento di Oskar Kokoschka e l’opera di Amedeo Modigliani Ritratto di Jeanne Hébuterne, la giovanissima compagna del pittore che, incinta, si tolse la vita subito dopo la morte dell’artista. La conferenza si è arricchita anche grazie alla lettura espressiva e coinvolgente, a cura di Rossana Valier, di alcuni brani del volume tratti dal capitolo intitolato “Notti e nebbie” e dal capitolo dedicato alla Primavera. Flavio Caroli ha concluso la sua presentazione ricordando che il fine dell’innamorato, cioè di chi ama l’arte, è quello di trasmettere al futuro ciò che è stato realizzato nel passato; per far ciò è necessario creare un Museo dei “cosiddetti Primari” che «dia risposte poetiche ai misteri dell’esistenza», un luogo che dimostri con quanta abilità l’uomo abbia saputo raccontare la vita tramite la bellezza, e che ricordi che «anche la drammaticità dell’esistenza è in se stessa bellezza che la vita ha voluto regalarci». Aprile 2017 •

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Libri

Inerti

Silenzio assordante

di Daniela Regonesi

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arbara Giangravè è una giovane giornalista professionista palermitana, dalle idee chiare e dal cuore appassionato, il cui tour di presentazione di Inerti, sua prima opera letteraria, toccherà anche la libreria caravaggina Il campanile, il 29 aprile. Il romanzo nasce da un’inchiesta giornalistica e dall’amore per la propria terra e la legalità. Lei stessa ci ha spiegato: «Ho sentito i racconti-fotocopia di abitanti di tre diverse province siciliane (Agrigento, Enna e Siracusa) ed incredibilmente erano identici, seppur i protagonisti non si conoscessero. Tutti e tre constatavano la crescita del numero dei tumori in centri abitati medio-piccoli, senza industrie vicine. Mi sono concentrata sulla provincia di Siracusa, seguendo la vicenda dal 2009 all’inizio del 2014, come giornalista. Di fatto, purtroppo, l’inchiesta non si è conclusa. Un mese dopo ho avuto modo di leggere i verbali delle confessioni di Carmine Schiavone (pentito di camorra), che erano stati desecretati; l’ho contattato nella speranza che mi rivelasse i siti di occultamento. Così

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di Pinuccia D’Agostino

ph Curti

Il primo romanzo della giornalista palermitana Barbara Giangravè, nato da un’inchiesta e dall’amore per la propria terra e la legalità

non è stato, ma il suo affermare che Cosa Nostra aveva cominciato gli intombamenti di rifiuti 10 anni prima rispetto alla Camorra in Campania, mi ha fatto decidere di utilizzare le sue dichiarazioni in postfazione al libro. Il romanzo in realtà esisteva dal 2012, è rimasto due anni nel cassetto, fino all’incontro, fortuito, con la casa editrice Autodafè edizioni nel 2014». La giornalista dà vita a Gioia Lantieri, trentenne licenziata dall’azienda per cui lavora, che decide di lasciare Palermo per fare ritorno al paese dei defunti genitori. Qui tra dubbi, ricordi, domande, silenzi e vecchie conoscenze, la ragazza comincerà ad indagare sia sulle ombre dell’incidente che ha fatalmente coinvolto i suoi genitori, sia sulla connessione tra aumento di malattie tumorali nel paese e traffici illeciti di rifiuti. «In Gioia – spiega l’autrice – c’è tanto di me a livello caratteriale: la testardaggine, il non sopportare le cose storte (nemmeno i quadri appesi al muro!), l’ostinazione a voler andare avanti a dispetto di tutto e tutti. Comunque fa vita a sé, la protagonista è lei. Unica nota biografica è l’incipit: la lettera di licenziamento con cui si apre il romanzo è quella che ho ricevuto io, mi è piaciuta così tanto…» Il lieto fine non c’è, o meglio, è un auspicio, ciò che Barbara stessa si augura per il suo libro, ossia «che in Sicilia qualche esponente di Cosa Nostra faccia quanto ha fatto Schiavone in Campania, cioè ne parli. Mi auguro che sia la prima di una serie di pubblicazioni, sicuramente per me è uno spartiacque. Mi sono presa un anno per “accompagnarlo” in tutta Italia, ora mi auguro che possa viaggiare anche senza di me. Siamo stati accolti bene, la tematica è sentita, anzi, la cosa un po’ preoccupante è che non c’è stato nessuno che non mi abbia avvicinato per raccontarmi esperienze simili: il romanzo è ambientato in Sicilia (nell’inesistente paese di Acremonte), ma potrebbe purtroppo essere ambientato ovunque», parola di chi è stata insignita, nel 2011, del titolo di Inspiring Woman of Italy per il suo attivismo antimafia.

Presentato a Treviglio dall’Associazione Malala la raccolta delle ultime poesie della sociologa bergamasca Anna Raffaella Belpiede

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l libro comincia con un ossimoro stridente, “Silenzio assordante”: è questo il titolo della raccolta di poesie di Anna Raffaella Belpiede, pubblicata da Genesi Editore per la collana “I frombolieri” e presentata a Treviglio dall’Associazione Malala. Ma superata la faticosità del titolo – per altro già ampiamente usato in arte da Munch (l’Urlo) e anche nel romanzo dal Premio Nobel Kenzaburo Oe (Il grido silenzioso) – il lettore si trova di fronte ad una lettura curiosa e accattivante di versi, dove la poetessa gioca a nascondersi e a manifestarsi in un dualismo continuo di situazioni autobiografiche e di riflessioni. Insomma, non abbiamo certo di fronte la dilettante che gioca con le rime o con le assonanze poetiche, ma una donna riflessiva e matura che fa sue le figure mitiche della nostra cultura religiosa, ora Eva, ora Maddalena ora la Regina di Saba, per ricondurle in un quotidiano vissuto


I libri di Zephyro

I.P.

Monika e Udo Tworuschka

Le religioni del mondo spiegate ai bambini dai bambini pp. 91 - € 15,00

ph Tinnirello

G

o in una personalissima fantasia onirica. Infatti, trapela dalla lettura di questi versi una sorta di bipolarità esistenziale che induce l’autrice ad essere ora figlia, ora madre, ora amante, ora donna solitaria e riflessiva. Non manca il compiacimento estetico per le immaginifiche figure retoriche e simboliche, quasi a voler dare un senso compiuto e storico alla propria poesia, quasi a volersi aiutare per indirizzare al mondo intero il percorso anche minimalista della propria vita. Perché non mancano, ovviamente, i riferimenti autobiografici che non stanno solo nell’essere stata figlia o l’essere madre, ma anche nella consapevolezza che dalle abitudini lente, dalla inesorabile routine dalla vita, ci si può salvare e, soprattutto, si può salvaguardare il proprio amore per gli altri. Ed è in questo dato universale e sublime che il minimalismo dell’autrice si eleva in uno slancio vitale e luminoso, che la spinge all’esortazione universale: “Com’è dolorosa la strada del ricomporre le nostre assurde individualità”. Anna Raffaella Belpiede è bergamasca con forte legami trevigliesi – riaverla per questa presentazione è stato piacevole – è sociologa, formatrice nel campo dell’intercultura e della mediazione interculturale. Si occupa di progetti relativi a rapporti fra culture diverse ed ha lavorato per i Comuni di Torino e di Ancona. Ha dato alle stampe numerosi libri e, per quanto concerne la poesia, questa è la sua seconda raccolta dopo “L’amare delle donne” pubblicata nel 2011 da Lieto Colle Editore. Ha partecipato a numerosi concorsi poetici nazionali, facendo parte di prestigiose antologie. “Silenzio assordante” contiene 32 liriche ed ha già ottenuto il premio “I murazzi” per l’inedito 2015, con una motivazione che riassume il valore dell’opera: “appare come il disegno riassuntivo di un pensiero femminile che connette con semplicità e successo il luminoso eroismo della donna alla sua invincibile paura per la vita, lo slancio vitale del dono di sé”.

li autori, avvalendosi di testimonianze dirette, spiegano in un linguaggio semplice e adeguato alle esigenze dei bambini le cinque più grandi religioni del mondo: giudaismo, cristianesimo, islamismo, induismo e buddismo, in modo tale che anche gli adulti possano trarne profitto e validi insegnamenti di vita. Attraverso queste testimonianze, anche autobiografiche e corredate da molte piacevoli illustrazioni, i bambini imparano a conoscere i fondatori e i fondamenti di queste religioni, i loro simboli, i luoghi sacri, i libri e gli usi che le caratterizzano, al fine di migliorare la comprensione e la convivenza dei popoli. Opera prima classificata all’edizione 2002 del Premio Satyagraha-Ric-

cione per libri dedicati alle tematiche sulla pace

Sara Parravicini - Illustrazioni di Camilla Cazzaniga

Millo Camomillo pp. 20 - € 8,50

M

illo Camomillo, il bambino dei sogni, ci racconta come arrivano i sogni a tutti gli abitanti della terra. Millo è un bambino che viene dalle stelle e si nutre solo di camomilla. Quando lui dorme fa sì che i sogni arrivino a tutti. Ma un bel giorno lui smette di dormire e decide di andare in giro per il mondo… Ed ecco che nessuno sogna più! Proteste, insurrezioni agitano tutti gli abitanti che vogliono tornare a sognare. Cosa si può fare? Millo non vuole più dormire come faceva prima… Anche lui vuole divertirsi. Fortunatamente per tutti Millo ha una mamma davvero speciale!

Sarà lei, infatti, a trovare una brillante soluzione che risolverà tutti i problemi del mondo.

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Il racconto

Sicilia a Treviglio di Laura Fagnani

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ra sola in casa, in quella tarda mattinata: solo il ticchettio della sveglia scandiva il silenzio. Aveva voglia di qualcosa di fresco e croccante per pranzo. L’insalata siciliana, sì. Avrebbe preparato proprio quella. Prese la grossa arancia dal vassoio della frutta. Ne tastò la consistenza piena: era perfetta. Lucida, anche se leggermente rugosa, con la buccia che sembrava quasi corrucciarsi intorno al corto ramo: in quel momento rimpianse di averne buttato le foglie, con noncuranza. L’arancia era tonda quanto l’anima più bianca del finocchio, a cui asportò velocemente i gambi superiori e le leggere foglioline, come di piuma. Poi, con il coltello più grande, pian piano iniziò ad affettare sottilmente il frutto dorato. Ma quando il sugo colò sul tagliere, si fermò: ci intinse un dito e se lo portò alla bocca.

nucleo bianco vellutato. Tante volte, negli ultimi tempi, aveva disegnato un centro e raggi multicolori, in diverse varianti, mai paragonando – sino ad oggi – i suoi dipinti a questo frutto che si trovava ora davanti. Cercò poi la stessa centralità e la stessa sottigliezza nel finocchio, partendo dalla sua base: affettarlo era più facile, per la maggior solidità della polpa croccante e traslucida, da cui si levava un lieve sentore d’anice.

Dall’alto dell’antica dispensa prese una grande teglia decorata da un bordo di foglioline scure: ci dispose tutte le fettine di finocchio e sopra quelle d’arancia. Poi una manciata di sale, facendolo scorrere tra il pollice e le altre dita, per saggiarne la giusta quantità; aggiunse un poco di pepe e ancor meno di un ingrediente segreto. Infine le grosse olive scure. Contemplò il tutto, soddisfatta dei colori a contrasto e dell’aroma fresco che si alzava dall’ovale del piatto e ripensò, per l’ennesima volta, all’isola antica da cui proveniva la ricetta: pur sentendola “sua”, non aveva ancora avuto modo di visitare quella terra. Rammarico e decisione. L’unione di due contrasti. Prese il telefono e chiamò l’agenzia viaggi.

Aspro e dolce insieme. L’unione di due contrasti. Quel frutto le somigliava! Il profumo dell’arancia si sparse per tutta la cucina, e le ricordò il Natale. Forse per questo sceglieva, per sé, sempre profumi agrumati? Il sentore di neroli o di zagara le riportava alla mente l’infanzia: di chi era stato quel profumo… “buono”? Riprese ad affettare, stando concentrata per mantenere intatta la rotondità del frutto: l’affascinavano quei cerchi perfetti – piccoli soli – la cui raggiera partiva dal Aprile 2017 •

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ph Appiani

Architettura

di Elio Massimino

Il Barocco della Controriforma che resiste all’Illuminismo e al recupero della classicità

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a Lombardia tra il Cinque e il Seicento fece argine all’onda protestante che proveniva dal Nord Europa, divenendo parte dell’agguerrito fronte controriformista che si sviluppò lungo la fascia alpina e prealpina del Nord Italia, fino al Trentino. Se vogliamo provare a riconoscere i segni della storia nel nostro tempo, possiamo quindi credere che non sia stato un caso che nel secolo scorso Lombardia, Veneto e Trentino siano state regioni “bianche”, al contrario delle più meridionali “rosse” Toscana e Emilia Romagna. Dal punto di vista architettonico la Controriforma si è molto servita anche delle arti visive per rinsaldare la fede cattolica. L’intento era di affascinare le masse e al tempo stesso incutere soggezione, con architetture, liturgie e immagini. Una Chiesa cattolica in realtà molto indebolita, perché aveva subito la grave perdita del Nord Europa (dopo quella dell’Est divenuto Ortodosso qualche secolo prima), voleva appaG. B. Dell’Era, Autoritratto e “La clemenza di Traiano” (particolare), Museo Civico di Treviglio

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rire “trionfante” ai fedeli del Sud Europa, in qualche modo illudendoli e illudendosi. In campo laico, la borghesia nordeuropea chiedeva ai propri artisti di ritrarre la realtà domestica, si pensi a Vermeer in Olanda, mentre i nostri nobili decaduti a loro volta si illudevano e volevano illudere, facendo affrescare le loro dimore con scene di un passato splendore, come nella Sala del Trono nel Castello di Brignano Gera d’Adda. Nel Sei/Settecento la grande politica si

svolgeva tra Madrid e Parigi, e i Visconti ormai erano solo dei possidenti di provincia senza potere, al massimo potevano insidiare le loro contadine, di qui l’ipotesi sull’identità dell’Innominato manzoniano. Quella di metà Settecento era dunque un’Italia bigotta e quasi priva di una borghesia produttiva, mentre in Inghilterra avanzava la rivoluzione industriale e in Francia iniziava l’Illuminismo, con la pubblicazione de l’Encyclopédie che si prefiggeva di raccogliere e diffondere il sapere umano con un linguaggio accessibile a tutti. La Chiesa, non ancora abituata a distinguere tra fede e scienza, reagì con ostilità perché vide nella diffusione della cultura scientifica un attentato ai suoi dogmi. Adesso non posso fare la storia dell’Illuminismo in Italia, però è facile intuire che nel nostro Paese, sede del Papato e per troppo tempo colonia spagnola, questo movimento ebbe meno spazio che nel Nord Europa, e ne patiamo ancora oggi le conseguenze. Ancora nel 1965, anno della pubblicazione della “Storia di Treviglio”, i suoi autori Perego e Santagiuliana definivano “l’Enciclopedia, Dizionario ra-

ph Belloli

Poco spazio al Neoclassico in Gera d’Adda

Ghisalba, interno ed esterno della Parrocchiale (1834), architetto Luigi Cagnola


gionato delle scienze, delle arti, dei mestieri, matrice della Rivoluzione francese e dell’ateismo”. Sul secondo punto vorrei dire che quando i due autori scrivevano il Concilio Vaticano II non si era ancora concluso, e quindi mi piace credere che il don Piero, del quale sono diventato amico circa quarant’anni dopo, avesse ormai rivisto quel suo vecchio giudizio così “tridentino”. Invece è vero che l’Illuminismo è stato uno dei propellenti della rivoluzione francese e più in generale della modernità. La nuova visione “illuminata” del mondo, cioè razionale e scientifica, non era nemmeno compatibile con gli orpelli dell’architettura barocca e quindi si avvertì l’esigenza di un nuovo stile più sobrio e lineare, ispirato alle costruzioni degli antichi greci e romani. Nacque così lo stile Neoclassico. Può sembrare un paradosso, ma in Italia, divenuta meta del grand tour per la sua ricchezza di monumenti di epoca classica, il nuovo stile, come del resto l’Illuminismo, attecchì meno che altrove. Quali esempi di stile Neoclassico in Gera D’Adda? C’è molto poco, perché la resistenza all’Illuminismo si espresse anche nei confronti dello stile architettonico che lo rappresentava, il Neoclassico appunto. Sul piano architettonico per trovare un esempio di rilievo sono dovuto andare oltre, fino a Ghisalba, dove si può ammirare la bella Parrocchiale dell’architetto Luigi Cagnola, consacrata nel 1834. Il riferimento all’architettura classica è evidente anzitutto nell’imponente colonnato davanti all’ingresso della Chiesa, che ha pianta circolare ed è sovrastata da una notevole cupola, chiaramente ispirata al Pantheon di Roma. Abbiamo invece molto sull’opera del più illustre pittore trevigliesi dell’epoca, Gian Battista Dell’Era (Treviglio 1765, Firenze 1799), nonostante nella sua città egli non abbia mai ricevuto commesse perché non c’era spazio in Gera D’Adda per artisti in “odore” di Illuminismo. Infatti egli ventenne si vide costretto a cercare fortuna a Roma, ma siamo stati fortunati perché l’ultimo erede del pittore, il cav. Oscar Dell’Era, nel 1931 donò al museo cittadino una ricca collezione di quadri e disegni, che oggi possiamo ammirare. A Roma il Dell’Era riuscì a farsi apprezzare da personaggi come l’architetto Quarenghi, che gli procurò varie commesse per lavori nell’Ermitage di San Pietroburgo. Venne anche accolto nel circolo intellettuale della pittrice Svizzera Angelica Kaufman, dove ebbe anche modo di conoscere e ritrarre il grande poeta tedesco Goethe. Nell’anno 2000 Treviglio ha rimediato all’antico ostracismo dedicando a questo suo figlio illustre, purtroppo scomparso giovanissimo, una bella mostra, giustamente sottotitolata “Un artista lombardo nella Roma neoclassica”. Rimane poco altro da segnalare riguardo al Neoclassico nella sonnolenta Gera D’Adda di quella stagione. Ma sono alle porte il Romanticismo e il Risorgimento, che le daranno una salutare scossa.

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Le rogge trevigliesi di Marco Falchetti

L’

acqua è sempre stata una risorsa vitale per l’uomo, a maggior ragione quando fino alla prima metà del secolo scorso l’attività preponderante era l’agricoltura e questo elemento della natura costituiva un bene preziosissimo: irrigava le campagne che producevano i frutti della terra, fonte di alimentazione e commerci. Agli inizi del 1300 Treviglio era un borgo in continuo sviluppo, a cui però mancava qualcosa per poter crescere ed espandersi: un fiume. La campagna trevigliese presentava, e presenta tuttora, un terreno facilmente esposto a siccità, così diventò vitale munirsi di un sistema irriguo efficiente. Gli abitanti del borgo capirono che l’unica acqua che potevano portare nelle loro terre era quella del fiume Brembo, in quanto la più vicina Adda scorreva a un livello più basso delle loro campagne, così chiesero e ottennero il diritto di estrarvi l’acqua. A differenza del Serio, il Brembo inizia e finisce la sua corsa in territorio orobico e si può capire per quale ragione i bergamaschi mal sopportassero che altri ne estraessero le sue acque. Nel XVI secolo una vera e propria “guerra dell’ac-

qua” scoppiò tra brembatesi e trevigliesi: controversie, contese, omicidi, incursioni armate, distruzione di chiuse erano all’ordine del giorno. Nel 1560, all’ennesimo sabotaggio, da parte dei brembatesi, della diga che convogliava le rogge trevigliesi, i cittadini si armarono e partirono per Brembate dove fecero addirittura dei prigionieri. Fu solo nel 1570 che, grazie ad un accordo tra le Repubblica Veneta e Milano, Treviglio ebbe diritto ad usufruire dell’acqua del fiume. Durante tutto quel lungo periodo storico Treviglio contava ben quattro mulini, uno per ogni porta della città: il borgo vantava un consistente numero di rogge, tanto da poter essere considerato come una sorta di piccola Venezia. Col passare dei secoli e

l’avvento di nuove esigenze urbanistiche, questi canali artificiali sono stati quasi tutti coperti. Le cosiddette “rogge trevigliesi” nacquero quindi agli inizi del 1300 per opera degli abitanti della città. Al Fornasotto, frazione di Pontirolo Nuovo, nello stesso punto in cui passava il Fosso Bergamasco, antico confine tra il Ducato di Milano e la Serenissima Repubblica di Venezia, un’imponente filarola (diga) sbarra il corso del Brembo e convoglia le acque derivandole in sponda sinistra, verso le bocche di presa della Roggia Moschetta – che prende il nome da Mosca Della Torre, un signorotto locale – e della Roggia Vignola, le due storiche rogge trevigliesi, tuttora così denominate. In questa località, chiamata Bocche del Brembo, il Comune

Treviglio - Via M. D’Azeglio 46 • tribuna magazine • Aprile 2017


di Treviglio ha le strutture di presa delle acque, nonché l’edificio che era la sede del custode delle bocche, “al Cònsul di acque” denominata “Cà de Treì”. La Roggia Moschetta è la prima roggia che parte dallo sbarramento, prosegue verso sud ovest, lambendo le cave artificiali di Pontirolo e a Castel Cerreto si divide in due rami: la Roggia di Sopra, a destra, che irriga le campagne a Nord di Treviglio e la Roggia Visconti, che scorre

verso Est nelle campagne di Castel Rozzone e Brignano Gera d’Adda. La Roggia Vignola invece, estratta a fianco della Moschetta, scende a sud ovest verso le campagne. Dopo Canonica e Pontirolo si dirige verso la Geromina, dove un “partitore” (“i spartisù”, manufatto in pietra e cemento che “partisce”, divide le acque) genera in riva sinistra la Roggia di Mezzo che irriga le campagne comprese fra Castel Cerreto e la periferia Nord di Treviglio e in riva

destra la Roggia dei Mulini, che attraversa tutta la zona Nord fino ad arrivare in via Felice Cavallotti, dove tuttora fa bella vista di sé davanti a gli edifici d’epoca collegati alla via da caratteristici ponticelli. All’altezza del Mulino Fanzaga, in fondo alla via, un partitore la divide in due tronconi: a destra nasce la Roggia Murena, che percorreva le vie Del Partigiano e Viale Filagno e a sinistra la Castolda, lungo Via Cesare Battisti. Queste erano le due rogge principali che scorrevano in città; ora ne possiamo vedere a cielo aperto solo la succitata Roggia dei Mulini in via Cavallotti e la Castolda, lungo il parcheggio del mercato, che compare e scompare come un fiume carsico, riapparendo nella zona di Via Jenner. Le rogge cittadine alimentavano i quattro mulini per poi convogliare tutte presso il mulino Ferrandino – ultimo “baluardo” trevigliese, ai confini con Calvenzano, recentemente soppresso per far posto ai lavori della BreBeMi – dopodiché proseguivano verso il Cremasco. Per il lettore che volesse approfondire questo interessante argomento consiglio la lettura del dettagliatissimo, fondamentale e completo volume “Le rogge trevigliesi” (edito dalla Cassa Rurale nel 1982) di Gianni Chiari, zio dell’amico prof. Francesco e figlio dell’ultimo “Cònsul di acque” di “Cà Treì”.

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Com’era - Com’è

a cura di Marco Falchetti

“Là dove c’e ra l’e rba ora c’è una città”: mai come per queste immagini la celebre frase della canzone di Celentano poteva essere condivisa. Nella cartolina, viaggiata i primi anni del secolo scorso, si intravede l’a llora Piazza Crivelli, praticamente un prato davanti al palazzo, tuttora esistente, di Via Diaz. In questo campo, negli anni seguenti sono stati edificati il mercato coperto, le sedi delle associazioni cittadine, il museo scientifico Explorazione e il vasto parcheggio comunale. Un panorama irriconoscibile!

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Appuntamenti

Torna il concorso pianistico internazionale

CENTRO GOMME

ANTONIO

L

a IV edizione del concorso pianistico internazionale organizzato dall’associazione culturale Malala avrà luogo i prossimi 8 e 9 aprile. L’8 aprile ci saranno le selezioni presso la Scuola media T. Grossi, mentre domenica 9 con inizio alle 16.30 si terrà il Concerto dei Vincitori presso il TNT di Treviglio. Il concorso si rivolge ai giovani fino 19 anni, divisi in varie categorie. Ne è prevista anche una per gli studenti delle Scuole medie ad indirizzo musicale, dove gli studenti della Grossi hanno sempre ben figurato. Le giurie sono composte da qualificati maestri, in gran parte docenti al Conservatorio di Milano. La direzione artistica è affidata al mo. Silvia Bianchera Bettinelli, vedova del mo. Bettinelli al quale il concorso è intitolato. Il Comitato d’Onore prevede alcuni dei più bei nomi del mondo musicale e della danza, quali Riccardo Muti, Marcello Abbado, Umberto Benedetti Michelangelo, Aldo Ceccato, Giorgio Gaslini, Carla Fracci.

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Cinema

“Un altro mondo” è possibile di Daria Locatelli

Appuntamento il 10 aprile a Treviglio per la proiezione del film documentario che risveglia una nuova visione di sé e del mondo

“N

on sono felice”, “non ho tempo”, “mi sento solo”: chi di noi non ha pronunciato o pensato almeno una volta una di queste frasi o le ha sentite da parte di chi ha accanto? E se i messaggi affidati alla mente e alle parole fossero diversi, se la prigionia nei dogmi collettivi fosse scansata dalla consapevolezza di chi siamo e del nostro posto nel mondo, come muterebbe la vita quotidiana dei singoli e degli altri? “Un altro mondo” è possibile ed è il titolo del documentario che verrà presentato il 10 aprile presso Matè di Treviglio (www.unaltromondo.net), alla presenza del regista Thomas Torelli, dopo oltre 300 proiezioni in Italia avvenute nei 3 anni successivi alla sua uscita nel 2014. Il film, vincitore di numerosi premi e riconoscimenti (Vincitore di “Clorofilla Film Festival” e “Bienal Internacional de Cine Cientifico - BICC Ronda” Spagna; selezione ufficiale per: “RIFF - Rome Independent Film Festival”, “Phoenix Film Festival” USA, “Ischia Film Festival”, “Ariano Film Festival”, ecc.), ha registrato un inarrestabile successo di consenso da parte del pubblico, tanto che ha da poco terminato il tour in Australia. Del team di produzione del documentario fa parte anche il trevigliese Ivan Nossa, che racconta: «Ho incontrato Tho-

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mas un paio di anni fa in occasione della proiezione del film a Cassano d’Adda. Mi sono reso conto che la visione di “Un altro mondo” mi ha dato una forte scossa interiore e ho avuto il desiderio e l’onore di entrare a far parte della squadra. Il messaggio che il documentario trasmette è forte e riflette un cambiamento di coscienza che si avverte nelle persone,

un mutamento energetico che caratterizza sempre più il mondo contemporaneo e il successo che sta riscuotendo è la prova che il richiamo alla consapevolezza è una realtà che merita di essere testimoniata». In 63 minuti, attraverso i contributi di scienziati, psicoterapeuti, sociologi, scrittori, nativi americani, ricercatori e filosofi, viene proposto un viaggio alla riscoperta dell’essenza dell’uomo, di quei principi propri degli antichi popoli che nel corso della storia sono stati insabbiati a favore della separazione, dell’ansia, della dicotomia tra l’essere umano e il resto dell’universo, e che ora stanno riemergendo grazie agli studi di fisica quantistica e a un’evoluzione di coscienza della gente. Oggi, infatti, la scienza moderna conferma che tutto nell’universo è energia, che ogni cosa è in rete e collegata, ovvero ciò che i Maya esprimevano nella loro forma di saluto “In Lak’ech”, che significa “Io sono un altro te stesso” o “Io sono te”, o quanto Galileo Galilei intendeva nel “non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella”. «Riappropriarsi di questo principio – descrive Ivan Nossa – si traduce nell’intendersi come parte di un tutto, nel capire che il mondo esterno che vediamo è anche la proiezione di quello che siamo al nostro interno. Non è la natura ad appartenerci, ma il contrario e comunichiamo con essa e con ciò che ci circonda mediante vibrazioni di energia che si trasmettono su determinate frequenze e che propagano i messaggi intorno a noi: ecco come possiamo cambiare la realtà, perché il pensiero e le emozioni muovono l’energia». Si potrebbe, da increduli, ritenere che questa sia la visione di chi ripone troppa fiducia nella spiritualità, ma a tale riguardo interviene anche la scienza. Il ricercatore e scienziato giapponese Maseru Emoto, per esempio, ha dimostrato che l’acqua, di cui sia gli esseri umani che il pianeta sono composti per oltre il 70%, tiene memoria in forme differenti dei diversi stati d’animo e dei pensieri, reagendo in modi diversi a sentimenti di gioia, gratitudine e amore, piuttosto che di odio, rancore, preoccupazione. Ecco che “ciò che noi pensiamo esiste realmente”, come affermava Parmenide, trasformandosi in una vibrazione che espande quello che noi emettiamo, conferendo a ciascuno di noi il potere di rendere la vita un grande gioco cosmico positivo o negativo. Passando “dal due all’uno e dalla chimica dell’odio a quella dell’amore”, l’uomo riacquisterà l’armonia con l’universo e, come viene illustrato nel documentario, potrà conquistare nuovamente la sintonia con il tempo: “abbiamo perso la capacità di sentire l’armonia del qui e ora, dove è contenuto tutto ciò che serve per essere felici. ‘Present’ in inglese vuol dire sia regalo che tempo attuale, ‘l’adesso’ è un regalo che l’eternità ci fa in ogni momento”. “Un altro mondo” è possibile, aprendo i confini della nostra coscienza.


Il consiglio Logan - The Wolverine, di James Mangold (2017)

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orna sugli schermi il mutante più iconico della Marvel, il terzo capitolo della trilogia dedicata a James Howlett AKA Logan/Wolverine vira totalmente. Logan sta invecchiando, vive in un mondo dove i mutanti sono estinti e gli (ex) eroi vivono allo sbaraglio, in un Messico arido che li rispecchia, e si rifà al capolavoro Mad Max: Fury Road e a certi western crepuscolari. Finché arriva una richiesta d’aiuto da parte di una donna, che chiede a Wolverine di portare al sicuro in North Dakota una misteriosa ragazzina, Laura. Partiranno alla volta di un viaggio dell’anima che darà vita a una piccola famiglia disfunzionale. La pellicola ha un rating vietato ai minori di 14 anni: sin dalle prime scene assistiamo a un livello di violenza mai visto in un film sui mutanti, una gioia per i fan del Wolverine cartaceo. Hugh Jackman scatena la bestia con mutilazioni e rabbia, dandoci l’interpretazione migliore della sua carriera. Amore vero per il personaggio, avendo affermato lui stesso di averci messo tutto il cuore oltre a una parte del compenso per far sì che il film avesse un divieto ai minori. Il suo stesso aspetto fisico è volto alla violenza, segnato da cicatrici e vecchie battaglie, specchio dell’interiorità di un uomo segnato nel profondo e tormentato dal passato. Anche la giovane e esordiente Dafne Keen, che interpreta Laura, non scherza.

Lo sconsiglio Babbo Bastardo 2, di Mark Waters (2016)

La sua prima scena d’azione lascia basiti per crudezza e intensità. Dopo lo schizoide e divertentissimo Deadpool, la Fox sperimenta ancora dimostrando che i cincomic rated possono funzionare. Perché in questo Logan quello che viene messo in scena è un attento lavoro di destrutturazione del genere: no a tutine e gadget ipertecnologici, nemici che svolazzano e vogliono dominare il mondo. Viene schernito il materiale d’origine in una scena che sa di meta-cinema. Solo esseri umani stanchi che si trascinano giorno per giorno sognando di finire la loro vita su una barca, lontani dal mondo e dalla società che hanno salvato più e più volte. I villain sono giusto abbozzati, ingranaggi per mettere in moto la vicenda, che più che sullo svolgimento si deve apprezzare per le interpretazioni e il tocco umano. La pellicola scorre bene lungo i 120 minuti, sedendosi un po’ nella parte centrale fino al climax finale. Ah, niente cammeo

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el lontano 2003 uscì nelle sale Babbo Bastardo, commedia nera e politicamente scorretta che metteva in campo Billy Bob Thornton nei panni del ladro d’appartamenti di mezza tacca, Willie Soke, che, per infiltrarsi e fare un sopralluogo, organizzava feste in cui interpretava uno svogliato Babbo Natale. Cosa che faceva, ubriaco e scorbutico anche nei grandi mall americani nel fine settimana, col complice nano di colore Marcus (Tony Cox). Tra battute razziste, sessiste e atti osceni incontrano un adolescente ritardato e sovrappeso che nonostante l’età crede che Willie sia il vero Santa Claus. Nel corso del tempo questo piccolo film è diventato un grande cult del cui seguito si è paventato per anni. Ritroviamo Thornton, Cox e la new entry Katy Bates, alias Sunny Soke, madre di Willie, alcolizzata e cinica più dello stesso figlio. Il personaggio della Hendricks non pervenuto, inutile pretesto simil-malato-amoroso del nostro antieroe. I tre organizzeranno un colpo da cliché hollywoodiano con modalità assurde, il tutto condito da un’aurea di già visto e forzatamente politically scorrect che

per Stan Lee a questo giro. James Mangold dirige per la seconda volta Jackman nei panni del mutante dopo Wolverine - L’Immortale (peccato per quel finalaccio), dando una lezione di cinema nella deriva narrativa dei cinecomic, discostandosi dal genere e avvicinandosi alla contaminazione, come avvenuto con la splendida trilogia sul Cavaliere Oscuro di Christoper Nolan, ergendo figure monumentali ma umane, con cui lo spettatore facilmente può identificarsi ed emozionarsi. La camera è sempre addosso ai protagonisti, la fotografia cruda, le scene action girate con consapevolezza e chiare, gli effetti visivi e speciali di livello. Crepuscolare, intimo, non perfetto ma sopra la massa. Questo è Logan - The Wolverine. Il cinecomic di cui avevamo bisogno. Hugh Jackman e Patrick Stewart danno l’addio ai loro personaggi più iconici in modo magistrale, ci mancheranno tanto. Grazie per gli ultimi 17 anni ragazzi. dopo mezz’ora di film farà rimpiangere il primo godibile capitolo. Perché tra continui scambi di battutacce di bassa lega, cambi di fazione improvvisi e scurrilità in genere si fa pesante la mancanza di una scintilla, di quei film grotteschi che scivolano via, anzi qui l’ingranaggio si inceppa frenando la voglia di proseguire la visione. La scrittura è farraginosa, la regia da mestierante, solo gli attori si salvano abbastanza, in parte, ma non sono sufficienti a salvare la barca che scivola verso la noia più totale. Babbo Bastardo 2 soffre del peggior difetto dei sequel d’oggigiorno, da cui si sono salvati per un pelo capitoli due non richiesti come Scemo e + Scemo 2, T2 Trainspotting o il recente Rings (The Ring 3), uscendo comunque zoppicanti dalla sala di montaggio. Perché se la rivisitazione della trama è un (rischioso) espediente che funziona, come negli esempi di prima, non sempre può essere un pretesto per racimolare qualche dollaro al botteghino rovinando il lascito di pellicole brillanti, che sarebbe stato meglio fossero rimaste degli unicum nel loro sotto-genere. Luca Aresi Aprile 2017 •

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UK-in

L’App del mese

A “postumi” di Silvia Martelli

I tradizionali festeggiamenti in onore di San Patrizio

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i dice che durante il giorno di San Patrizio, il 17 marzo, diventiamo tutti un po’ Irlandesi. In tutto il mondo, infatti, si tengono festival, parate, e balli tradizionali in nome del noto vescovo e missionario. New York è famosa per una parata di sei ore, che di solito include dai 150.000 ai 250.000 partecipanti e fa sosta nella St. Patrick’s Cathedral. A Sydney, l’Opera House si colora di verde, mentre a Chicago è proprio il Chicago River a mutare sembianze. A Dublino, naturalmente, si svolgono le celebrazioni più impegnative e sfarzose, in una serie di eventi, tra cui gare in barca, distribuiti su cinque giorni. Nonostante i vari dibattiti sul luogo di nascita di San Patrizio (scozzese? gallese? inglese?), non ci sono dubbi sul fatto che di certo irlandese non era. Dovunque sia nato e cresciuto, fu rapito dai pirati all’età di sedici anni e venduto come schiavo al re del North Dal Riada, odierna Irlanda del Nord, da cui scappò sei anni dopo avviando il suo percorso religioso. Da allora, San Patrizio fu notato e riconosciuto per le sue azioni benevole e la diffusione del cristianesimo in Irlanda. Ai gallesi piace pensare che San Patrizio sia originario proprio del loro Paese, nello specifico di Banwen (Dulais Valley),

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un villaggio di poche centinaia di abitanti nell’entroterra. Nonostante il mio scetticismo al riguardo, i miei amici gallesi mi hanno assicurato, vigorosamente e con grande enfasi, che “il santo è veramente nato a Banwen”, nozione che qualunque scuola gallese insegna. Il 17 marzo i cittadini del piccolo paesino hanno quindi ricordato San Patrizio recandosi alla sua tomba allo scoccare delle 11. Sono seguite feste, canti, e balli in un’atmosfera di malinconia mista ad euforia. A Cardiff, invece, nel giorno di San Patrizio studenti e non solo si sono rovesciati per strada intraprendendo il cosiddetto coraggioso pub crawl, il giro dei pub (letteralmente “gattonare tra i pub”). I pub crawls prevedono di solito soste in diversi pub (tra cinque e i venti locali visitati), consumando una birra in ciascuno prima di rimettersi in marcia alla volta del successivo (dopo dieci, più che “marciare” si tratta di “strisciare”, da qui il termine pub crawl) – quando farlo se non il 17 marzo? È così che la capitale gallese si anima di verdi spiriti assetati, festeggiando quello che è diventato il re della birra, più che un pio missionario. E, pinta dopo pinta, molti si ritrovano “crawling”, seguendo la tradizione o forse più semplicemente annaffiandosi con fiumi di birra.

VSCO: fotografie uniche e di qualità su mobile di Marco Daniele Ferri

N

ata nel 2012, la app VSCO (www. vsco.co) si è distinta fin da subito per semplicità di utilizzo e per le differenti personalizzazioni di filtri, vignettatura, messa a fuoco e nitidezza, diventando nel tempo tra le più apprezzate app per creativi e fotografi. Come spesso accade, l’idea nasce da una necessità, quella dei fondatori di una start-up, di avere uno strumento legato all’editing fotografico che potesse essere usato in primis da loro stessi nella propria attività di fotografi di matrimoni. Nel corso degli anni, la app si è posizionata come un valido ed importante supporto per la creazione, da dispositivi mobili, di foto uniche che possono essere condivise sulle piattaforme social. Secondo i dati delle statistiche ufficiali, la maggioranza degli utenti sono donne sotto i 24 anni e grazie alla piattaforma di condivisione VSCO GRID, che permette di avere uno spazio sicuro dove poter creare e rimanere “proprietari” degli scatti, è particolarmente apprezzata dai giovani. Insomma, un’app che riesce a coinvolgere dai professionisti agli aspiranti fotografi, e che tende sempre a valorizzare la qualità rispetto alla quantità, anche selezionando nuovi utenti da promuovere nel proprio journal. Disponibile e gratuita per iOS e Android, ha aggiunto recentemente la possibilità di editare i file in formato Raw che, per chi ama la fotografia, è il formato “crudo” ideale.


Appuntamenti

Aperitivo a Teatro

D

omenica 2 aprile si terrà presso il Teatro Nuovo di Treviglio il primo appuntamento musicale della rassegna “Aperitivo a Teatro”. L’Accademia Musicale di Treviglio, diretta da Elisabetta Magri, nel corso degli anni ha sempre contribuito a diffondere l’ascolto della buona musica attraverso l’organizzazione di eventi molto apprezzati dai cittadini. La nuova proposta, suggerita dall’Assessore alla Cultura Beppe Pezzoni, prevede, nei mesi di aprile e maggio, una serie di quattro concerti che avranno luogo la domenica mattina presso il TNT e si concluderanno con la degustazione di un aperitivo offerto in collaborazione con il ristorante Matè. Durante la rassegna verrà proposto un vasto repertorio musicale per accontentare ogni tipo di gusto: da Mozart, Vivaldi, Strauss alle colonne sonore di film, al repertorio pop rivisitato in chiave classica. Quattro gli appuntamenti di questa prima edizione da non perdere: dal trio classico, alla musica anni ‘50, dal jazz fino alle atmosfere “world” di arpa e pianoforte. Il primo concerto, 2 aprile, vedrà come protagonista il “Trio Prelude”: Marcello Giolo al flauto traverso, Elisabetta Magri al violino e Flavio Bombardieri al violoncello. Il 23 aprile si esibiranno Tozzi Sisters & the favourites, per riportarci ai favolosi anni Cinquanta e Sessanta. Il 7 maggio, sarà la volta delle atmosfere jazz proposte dalla voce di Desire De Silva, accompagnata al pianoforte da Giovanni Colombo e Milly Fanzaga alla batteria. L’ultimo concerto del 14 maggio sarà tenuto da Paolo Fanzaga al pianoforte e Michela La Fauci all’arpa. L’ingresso, comprensivo di un ricco buffet-aperitivo, sarà di 10 €, gratuito per gli under 18. A tutti è rivolto l’invito di recarsi a teatro per trascorrere una piacevole domenica mattina in compagnia della buona musica. C.S.

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Sport

L’antica arte del Tai-Chi di Daniela Invernizzi

Conosciamo più da vicino un’arte marziale proveniente dalla millenaria cultura cinese

L

i vedi muoversi lenti, eleganti, concentrati, lontani da tutto quello che accade intorno a loro. Li trovi nei parchi, di fronte agli specchi d’acqua, incuranti del tempo e delle intemperie. Li hanno celebrati nei film, in celebri scene ricche di suggestioni (la scrivente, più prosaicamente, ricorda un Patrick Swaize d’annata ne “Il duro del Road house”): sono i praticanti del Tai-Chi, o Tai-Chi Chuan, antica arte marziale cinese basata sul concetto taoista di Ying-Yang, ovvero l’eterna alleanza degli opposti. Nato come suprema arte di combattimento, in Occidente si è trasformata in una forma di esercizio che punta al benessere psico-fisico di chi lo pratica. Basato sul movimento lento e circolare che mima un combattimento immaginario, l’esercizio del Tai-Chi ha lo scopo di

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liberare il fluire dell’energia e ristabilire l’armonia tra corpo, mente e spirito. Con questi esercizi si impara a muovere il corpo in maniera consapevole, senza fretta, a calmare il respiro e a staccare la mente da tutto ciò che l’affolla. Ne consegue un benessere fisico e mentale che si ripercuote, nel tempo e con la pratica costante, su tutta la vita di chi lo esercita. Praticarlo riduce lo stress, migliora la risposta immunitaria, regala una maggiore consapevolezza di sé. Per saperne di più incontro uno dei tanti gruppi che anche nella Bergamasca si esercitano con costanza in questa antica arte cinese. Giancarla Vezzoli e Antonia Guglielmo sono solo due delle allieve di Lina Zhu, insegnante cinese, medaglia d’oro in questa disciplina, in Italia da 23 anni. Dopo aver iniziato a Cassano d’Ad-

da nell’associazione Shiatsu-Ai-Wa, oggi pratica a Treviglio con un gruppo di fedelissimi, che vedete in queste foto. Si trovano una o due volte alla settimana, nel parco di fronte alla piscina, ma praticano Tai-Chi quotidianamente, anche a casa, poiché solo la costanza regala risultati. «Non è un’attività sportiva fine a se stessa; è un modo per stare meglio sia dal punto di vista fisico che psichico – mi spiega Antonia – Il Tai-Chi ti insegna ad avere un approccio diverso alle cose. Impari a rilassarti in maniera profonda, che vuol dire concentrarsi sul momento presente, non farsi trascinare via dai pensieri, cogliere il momento in cui si trova l’equilibrio, l’attimo di felicità. E, con il tempo, il Tai-Chi ti dona anche benefìci fisici, grazie ai movimenti lenti e costanti che portano elasticità e mobilità». «La pratica quotidiana mi ha aiutato a controllare lo stress – racconta Giancarla – prima ero sempre tesa come una corda di violino. Ma mi ha aiutato molto anche a livello fisico. Soffro di ernia al disco, che spesso mi bloccava anche per mesi. Ora, grazie alle tecniche di rilassamento di questa disciplina, va molto meglio, e il dolore si è alleviato». «Non è solo questione di vivere più sani e più felici – spiega Lina, l’istruttrice, viso radioso e dolcissimo – c’è anche un’etica del Tai che va oltre e che insegna a stare in gruppo, a stimolarsi a vicenda. Ma nella vita c’è anche la morte, e questa antica arte ci può aiutare a “morire con dignità”: sempre più spesso infatti si vive sì a lungo, ma con una qualità della vita non apprezzabile, né dignitosa. Bisogna essere preparati a tutto ciò che la vita, e la morte, ci riservano». Il Tai-Chi Chuan può essere praticato a tutte le età e per tutta la vita. Come spiegato dalle stesse praticanti, oltre a un considerevole miglioramento fisico, dato dal potenziamento della mobilità articolare (i tendini si allungano e si distendono) e da una miglior ossigenazione del corpo grazie alla pratica della corretta respirazione, il Tai-Chi ha una forte valenza sulla psiche, aiutando a migliorare la fiducia in se stessi e la consapevolezza nelle proprie possibilità. I movimenti sono lenti, sinuosi, regolari, senza interruzioni. Le figure da apprendere sono molteplici, e a loro volta sono contenute all’interno di stili diversi: i più popolari sono Yang e Chen. Il gruppo di Treviglio che abbiamo incontrato si sta attualmente esercitando sull’83 Yang. Molte sono ormai le associazioni o le palestre che hanno introdotto la pratica del Tai-Chi fra le loro specialità, alcune con un approccio più filosofico, altre più prettamente sportivo, continuando ad insegnarlo ed esercitarlo come un vero e proprio sistema di difesa. Ma in ogni caso costanza, disciplina e pazienza sono i requisiti fondamentali per trarre da questa antica arte orientale il massimo dei risultati e dei benefici.


110, e lode! di Ivan Scelsa

Il Circolo Sportivo Trevigliese compie gli anni. Una lunga storia di successi, umani e sportivi

I

ph archivio C.S. Trevigliese

complimenti e gli auguri sono d’obbligo: spegnere 110 candeline non è da tutti. Nel giorno in cui si aprono i festeggiamenti per questo importante traguardo, tra i primi a complimentarsi c’è il Sindaco Juri Imeri –già assessore allo Sport con la precedente Giunta- che, attraverso la sua pagina facebook, non manca di rimarcare la sua vicinanza all’ambiente sportivo locale con un post dedicato. “Un traguardo significativo, che poche società possono vantare”. Niente di più vero, soprattutto per piccole realtà sportive locali da sempre obbligate a confrontarsi con mille difficoltà, organizzative, logistiche ed economiche. Ma al di là dei risultati ottenuti sul campo (l’inizio dei festeggiamenti precede la vittoria per 2-1 sulla Rivoltana), il traguardo della società fondata nel 1907, è davvero meritevole di essere ricordato perché non sono poi molte le società che possano vantare tale longevità. Ed è quanto avvenuto allo stadio ‘Mario Zanconti’ di via Milano con una cerimonia di apertura che prevedeva il taglio del nastro (ovviamente biancoceleste) officiata dal Presidente Bruno Brulli e dal Sindaco a cui hanno partecipato dirigenti e personalità dello sport locale nonché il Presidente federale Giuseppe Nicoli ed alcuni esponenti dell’Amministrazione comunale. A seguire la commemorazione presso il Giardino della Memoria e la benedizione dei cippi in ricordo del notaio Zanconti (che donò il terreno dove venne realizzato il campo di calcio) e dei caduti della Trevigliese deceduti nelle due guerre mondiali: un momento di raccoglimento in cui i capitani delle due squadre –Trevigliese e Rivoltana, appunto- hanno posato un mazzo di fiori prima del calcio d’inizio. I festeggiamenti proseguiranno per tutto questo 2017 importante dal punto di vista storico tanto quanto per la lotta della squadra nella classifica del campionato e la permanenza nella categoria ‘Eccellenza’.

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Le ricette di Erika Resmini

Uova primavera Ingredienti (per 2 persone) • 3 uova • 100 gr di crescenza • Panna di soia • 1 barbabietola precotta • 1 mazzetto di spinaci • 5 pomodorini • Olio extravergine di oliva • Sale q.b.

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ar rassodare le uova. In un pentolino scottare gli spinaci con un filo d’olio e salare. Sbollentare qualche minuto i pomodori, privandoli della buccia. Preparare tre ciotole: una con gli spinaci, una con la barbabietola e una con i pomodorini. In ognuna di esse aggiungere il sale, un terzo della crescenza e un goccio di panna di soia al fine di rendere più cremoso il composto. Frullare, poi, fino ad ottenere le tre creme. Privare le uova del tuorlo e riempire gli albumi con le creme ottenute. Ecco un simpatico e colorato antipasto per le vostre tavole pasquali.

Costolette di agnello panate al forno Ingredienti (per 2 persone) • 10 costolette di agnello • Pane integrale • 1 uovo

S

battere l’uovo insieme a un pizzico di sale e immergervi le costolette ad una ad una, passandole poi nel pane integrale grattugiato. Preriscaldare il forno a circa 180 gradi, stendere sulla placca un foglio di carta forno e adagiarvi le costolette. Spruzzare un filo d’olio e far cuocere per circa 40 minuti (la tempistica può variare in base al forno). A cottura ultimata, impiattare e abbinare verdure fresche di stagione a piacimento.

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Prodotti disponibili presso CFL

Sorbetto alla mela verde Ingredienti (per 2 persone) • 250 gr di mele verdi • Succo di 2 limoni • 300 gr di acqua • 50 gr di zucchero

T

agliare le mele a pezzi senza privarle della buccia. Spremere i limoni, filtrando il succo per trattenere i semi, e versarlo in una ciotola. Aggiungere le mele a pezzi e lo zucchero, frullare il tutto unendo l’acqua. Ottenuto un composto cremoso, riporre in freezer per circa un’ora. Una volta tolto, mescolare con una forchetta fino ad ottenere la consistenza desiderata. Versare nei bicchieri, guarnendo con delle fettine di mela: il sorbetto è pronto per essere gustato. Una serena Pasqua a tutti all’insegna del benessere. Aprile 2017 •

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I.P.

Vetreria Cornelli: dal 1963 la qualità che fa la differenza, per privati e aziende

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uerino Cornelli, ha lavorato nel campo della produzione artigianale del vetro dai primi anni Cinquanta, fondando l’omonima vetreria nel 1963, per farla crescere e diventare, grazie alla sua passione e capacità imprenditoriale, una delle odierne imprese più longeve, efficienti e stimate del distretto produttivo di Treviglio. La guida dell’impresa famigliare è quindi passata di padre in figlio e Francesco Kikko Cornelli è amministratore unico della società che, ieri come oggi, è sinonimo di vetreria di qualità, sia per clienti privati che per aziende. Nei 3.000 mq dello stabilimento di via Aldo Moro, la continua volontà di migliorare e rispondere alle necessità di mercato hanno portato l’azienda ad articolarsi in due “divisioni”: l’azienda madre, ossia la vetreria storica, e Cornelli Glass, che ne rappresenta e commercializza la parte più artistica.

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Vetreria Cornelli srl

Attiva nel campo dell’edilizia, dell’arredamento, della posa e della manutenzione, Vetreria Cornelli srl è in grado di dare forma e risposta ad ogni esigenza legata al vetro: gli operai sono specializzati in differenti tecniche di lavorazione, quali bisellatura, molatura multipla, stratifica, fresatura, e legatura in piombo. Ciò permette di produrre e lavorare vetri per l’edilizia commerciale, industriale e privata, con un output aziendale a 360 gradi, che comprende: vetri per serramenti, specchi, scale, porte, verande, parapetti, docce e pareti divisorie in cristallo, oltre a vetrate isolanti con marchio Climalit®, di cui l’azienda è esclusivista Saint Gobain. Ciò comporta un continuo controllo da parte degli ispettori del gruppo industriale francese, per il rispetto degli standard prefissati, e rappresenta un’ulteriore garanzia di qualità il cui riscontro è quotidiano e serrato. Nella sede dell’azienda trevigliese, certificata UNI (per i modelli TR1 e TR2) e CE, moderni macchinari, programmati e gestiti in modo computerizzato, automatizzano determinate operazioni – come ad esempio il lavaggio e la sabbiatura per decorazioni – e sovrintendono all’assemblaggio di vetri antisfondamento, blindati e isolanti; macchinari “d’epoca”, invece, permettono di eseguire lavorazioni a mano molto particolari, che presuppongono knowhow, manualità ed esperienza specifici. Vetreria Cornelli è a disposizione del cliente privato anche per interventi “in emergenza”: le sostituzioni dei vetri rotti di finestre, specchi o box doccia sono effettuabili con un comodo servizio a domicilio.

Cornelli Glass

Arte e tecnologia, vetro ed ingegneria si fondono in Cornelli Glass, un’eccellenza di design completamente made in Italy, apprezzata e amata dal mercato estero, al quale si rivolge prevalentemente, tanto che vi ha aperto due show-room, in Cina e negli Emirati Arabi Uniti. Non semplici tavoli e sedie, ma pezzi unici, sculture, realizzati dal 2012 in collaborazione con il maestro artigiano trevigliese Giuliano Gaigher, che consentono di immaginare un nuovo modo di stare seduti e di mangiare. Non si tratta di prodotti industriali, né di un semplice assemblaggio, bensì di creazioni da zero nelle quali ogni singolo componente (viti, guarnizioni, ecc.) è appositamente creato ad hoc per quel prodotto. Ecco allora che i versi di Eugenio Montale prendono letteralmente forma in un tavolo che dialoga con la poesia, grazie alla scultura e alle forme in esso contenute; arredi che velano e rivelano le forme, le luci e le ombre; tavoli che omaggiano in modo originale la città di New York e gli USA (grazie ad una teca che ospita mele vitree, pezzi unici realizzati con la tecnica della cera persa, con i colori della bandiera americana); mobili che rendono il pasto e il momento della convivialità a tavola un’esperienza concettuale, creativa, estetica, di contemplazione. E ancora sedie pensate per stare seduti e avere la sensazione di volare, per svelare il tavolo al quale sono accostate o la persona che vi siede e, infine, arredi per esterni in vetro e cemento.


Produzioni uniche create da artisti visionari ed artigiani della lavorazione del vetro, utilizzando soluzioni progettuali ed ingegneristiche innovative e tecniche all’avanguardia, quali: unione tra il vetro e acciaio in pezzo unico ottenuto per elettroerosione, tagli del vetro a getto d’acqua, inserimento della fusione in vetro direttamente nel piano, per citarne alcune. Ogni prodotto è sottoposto ad una cura infinitesimale e maniacale dei particolari, e può essere realizzato su misura, secondo le specifiche richieste del cliente: l’unico limite è la fantasia.

Filosofia e attenzione al cliente Personalizzazione di ogni manufatto, capacità di servire cliente per cliente, utilizzo di materiali nobili, tecnologia di alto livello unita alla lavorazione a mano, cura scrupolosa di ogni dettaglio sono i principi fondamentali della filosofia di Vetreria Cornelli. Oltre che nella qualità dei prodotti, tutto ciò si concretizza anche in attenzioni particolari al cliente, quali la possibilità, per ogni acquisto, di usufruire di un finanziamento a tasso zero fino a 30.000 € e, laddove se ne rispettino i requisiti, della detrazione fiscale per il risparmio energetico (recupero del 65% per sostituzione di serramenti e vetri). Perché da Vetreria Cornelli è possibile trovare tutto quanto concerne il vetro per la casa, sia all’ingrosso che al minuto.

S.R.L. Box Doccia su Misura Pareti Divisorie e Porte in Cristallo Parapetti per Scale e Balconi Specchi su Misura

Sostituzione Vetrine e Finestre a Domicilio Sostituzione di Vetri e Serramenti con Detrazione Fiscale del 65%

Finanziamento fino a 30.000€ a tasso zero su qualsiasi acquisto.

Vetreria Cornelli s.r.l. Treviglio - Via A. Moro, 30 Tel. 0363/41261 info@vetreriacornelli.it www.vetreriacornelli.it www.cornelliglass.com

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La rubrica della salute

I.P.

Fisioterapia

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a parola fisioterapia è data dall’unione di “Fisio”, ossia natura, e “terapia”, cura: da qui si può capire che la fisioterapia si fonda sull’utilizzo di tecniche e strumenti basate sul naturale movimento del corpo. È una branca della medicina che si occupa di prevenzione, cura e riabilitazione dei pazienti affetti da patologie, disfunzioni congenite o acquisite in ambito muscoloscheletrico, grazie all’uso di vari interventi terapeutici, quali: terapia fisica, terapia manuale, manipolativa, massoterapia, terapia posturale, chinesiterapia, terapia occupazionale e altre. Il professionista assiste il paziente nel recupero funzionale per quanto riguarda le menomazioni e le disabilità motorie, qualunque ne sia la causa, applicando tecniche di base e speciali di esercizio e di rieducazione funzionale, metodiche massoterapiche e fisioterapia strumentale. Con terapie strumentali ci si riferisce a quella branca della medicina riabilitativa che sfrutta le energie fisiche per ottenere effetti terapeutici attraverso l’attivazione di una serie di reazioni biologiche e biostimolanti. Tra le terapie strumentali più utilizzate vi sono ultrasuoni, tens, onde d’urto, laser, tecar che si possono, quindi, inserire con ottimi risultati all’interno di un programma rieducativo affiancando le terapie manuali.

Nel nostro centro sono presenti: - Tecar: trasferimento di energia biocompatibile ai tessuti lesi, che si attua inducendo all’interno le correnti di spostamento. Ripristina la fisiologia tissutale mediante l’incremento della temperatura interna e l’innalzamento del potenziale energetico delle cellule dei tessuti trattati. - Tens: stimolazione elettrica nervosa transcutanea. Consiste nell’applicazione sulla cute di lievi impulsi elettrici, che attivano fibre nervose di grosso diametro riducendo la percezione del dolore. - Ultrasuoni: sono vibrazioni sonore a frequenze molto elevate non percettibili all’orecchio umano. L’irradiazione ultrasonora produce un micro-massaggio ed un effetto termico che facilitano ed esaltano gli scambi cellulari ed intracellulari. - Magnetoterapia: è un campo magnetico originato da frequenze basse e alte. Rigenera le cellule lese migliorando la cinetica enzimatica e ripolarizza le membrane cellulari; inoltre produce un’azione antistress e promuove un’accelerazione di tutti i fenomeni riparatori con netta azione biorigenerante, antinfiammatoria, antiedematosa, antalgica, senza effetti collaterali. Nel poliambulatorio 9coop collabora la Dottoressa Suardelli Martina, specialista in fisioterapia.

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Appuntamenti

Testimoni di Geova: gli incontri di aprile

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n origine erano gli “studenti biblici” oggi sono conosciuti in tutto il mondo come “Testimoni di Geova”, movimento religioso che si fonda sullo studio della Bibbia e sulla divulgazione delle Sacre Scritture. Anche nella bergamasca esistono diverse congregazioni, tra le quali sono assai numerose quelle di Treviglio, che contano circa 120 proclamatori del Regno (così vengono chiamati i fedeli che hanno i requisiti per parlare con la gente) nella congregazione Treviglio Est e altri 120 nella congregazione Treviglio Ovest, più una in lingua spagnola per i fedeli latino-americani, che sono circa 60. Altre congregazioni sono presenti a Calvenzano, Caravaggio, Cassano, Verdello, Osio, Pontirolo, Fara Gera d’Adda, Zingonia, Urgnano. Il prossimo 11 aprile, come tutte le congregazioni del mondo, si riuniranno per la Commemorazione della morte di Cristo, unica occasione veramente importante per i Testimoni di Geova: «Nel celebrare il Pasto Serale del Signore, detto anche “Cena del Signore”, Ultima Cena e Commemorazione della morte di Gesù, ci atteniamo strettamente alla Bibbia (1 Corinti 11:20; Parola del Signore)», si legge sul loro sito ufficiale www.jw.org. Ed infatti questo giorno, che corrisponde alla data storica del 14 Nisan (mese ebraico) in cui Gesù istituì il pasto serale nel quale disse «Fate questo in memoria di me» e che cambia ogni anno poiché cade il 14° giorno del ciclo lunare della settimana di Pasqua, corrisponde alla prima luna di pri-


I.P.

La rubrica del fisco

Bonus Bebè 2017

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mavera e vedrà riuniti al tramonto tutti i Testimoni di Geova (ma la partecipazione è aperta a tutti) in due appuntamenti, uno alle 19,45 e uno alle 21,30 presso il TNT in piazza Garibaldi a Treviglio. Un altro importante evento è previsto per domenica 16 aprile, quando tutti sono invitati ad ascoltare un discorso sul tema “Pacifici in un mondo pieno di rabbia”, alle ore 10 e alle ore 17, presso la sala del Regno, in viale Piave-parcheggio Turro a Treviglio. Gli incontri della domenica (il sabato alle 17 in lingua spagnola) presso la Casa del Regno sono finalizzati allo studio della Bibbia e all’applicazione della stessa nella vita quotidiana. Incontri sempre aperti a chiunque intenda assistere. Durante la settimana, invece, si tengono riunioni più specifiche, volte ad “addestrare” alla Parola i cosiddetti Proclamatori del Regno, ossia coloro che vanno di casa in casa, ultimamente anche in postazioni specifiche nelle città con espositori esplicativi. Tra le altre attività, anche incontri gratuiti di approfondimento degli studi biblici per chi fosse interessato. Ma come si diventa Testimone di Geova? Con un cammino di conoscenza che passa attraverso lo studio della Bibbia, che porta alla Fede, al Pentimento, alla Conversione, alla Dedicazione e, infine, al Battesimo. Questi gli step previsti al termine di un percorso di studio che comporta dei passaggi obbligati, tra i quali la rinuncia ad alcuni atteggiamenti e comportamenti non in linea con gli insegnamenti biblici. Anche il momento del Battesimo è un appuntamento importante, che si tiene durante due assemblee, una in autunno e una in primavera, e in un congresso di tre giorni, che quest’anno dovrebbe tenersi alla fine di luglio, e al quale partecipano rappresentanti da tutto il mondo. Per saperne di più, oltre al sito Internet già citato, esiste anche un’applicazione gratuita, JW Library, che consente di leggere e studiare la Bibbia sul proprio smartphone.

l bonus bebè è stato confermato per il 2017 dalla nuova Legge di Stabilità. L’assegno natalità Inps si va, dunque, ad affiancare alle altre misure a sostegno della maternità e delle famiglie in difficoltà, come il bonus mamme domani e i bonus famiglia 2017. Le neo mamme e i neo papà in possesso dei requisiti indicati possono richiedere il bonus bebè 2017 per ogni figlio nato o adottato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, ma per beneficiare dell’incentivo e ricevere l’assegno ogni mese devono seguire le istruzioni ISEE fornite dall’Inps, pena la sospensione del bonus. Il bonus natalità INPS consiste nell’erogazione di un assegno di 80 € al mese per ogni figlio nato o adottato tra il 1° gennaio 2015 ed il 31 dicembre 2017 alle famiglie con un ISEE inferiore a 25mila euro, e di 160 € mensili a chi è in una fascia ISEE al di sotto di 7mila euro. L’assegno di natalità Inps, il cui valore dipende dal reddito ISEE del nucleo familiare, si differenzia dal bonus mamme domani, ossia il contributo di 800 euro alle donne in gravidanza a prescindere dal reddito. Fermo restando la soglia reddituale, tramite apposita richiesta all’Inps tutti i neo genitori o genitori adottivi (italiani, cittadini dell’UE o extracomunitari con permesso di soggiorno) possono fruire del bonus bebè 2017, ma solo fino al compimento del 3° anno di età del figlio naturale o al 3° anno dall’ingresso in famiglia del figlio adottivo. La richiesta del bonus bebè 2017 va fatta entro 3 mesi dalla nascita o dall’arrivo in casa del bambino. Se la domanda viene fatta oltre i termini previsti, l’erogazione del bonus scatterà comunque dalla data di

presentazione della stessa al compimento del 3° anno di vita del figlio e non si riceveranno gli arretrati. Per presentare la domanda basta inviare apposita richiesta per via telematica attraverso il sito ufficiale dell’Inps dalla sezione “Servizi online”. Per accedere al sito e compilare la domanda è necessario avere il codice PIN rilasciato dall’Istituto. L’Inps ha inoltre spiegato che c’è tempo fino alla fine del 2017 per apportare correzioni sulla dichiarazione ISEE. Dal 2018, quindi, non sarà più consentito correggere gli errori e chiedere il rimborso degli arretrati dei mesi in cui il bonus bebè è stato sospeso. Esso viene corrisposto per un massimo di 36 mesi a partire dalla data di nascita o di adozione del bambino. La somma complessiva (960 euro l’anno per ISEE tra i 7mila e i 25mila euro e 1.920 euro l’anno per ISEE sotto i 7mila euro) viene suddivisa in 80 o 160 euro al mese. Il pagamento avviene entro il giorno 5 di ogni mese e la prima liquidazione entro la fine del mese di luglio, comprensiva degli arretrati maturati. Dal 2017 è stato approvato un ulteriore bonus “mamme domani”: questa la grande novità nell’ambito degli aiuti alle famiglie che va ad affiancare il bonus bebè. Si tratta di un premio di 800 € erogato dall’Inps alle donne in gravidanza a partire dal 7° mese e a quelle che partoriscono nel 2017 purché in possesso dei requisiti bonus bebè, ossia: residenza in Italia; cittadinanza italiana o UE; cittadinanza extra-UE, ma in possesso dello status di rifugiato politico e protezione sussidiaria o permesso di soggiorno. Giovanni Ferrari Tributarista

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La Vignetta di Juri Brollini

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