cdp 22-23

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lacausadeipopoli

problemi delle minoranze, dei popoli indigeni e delle nazioni senza stato

anno IX-X/nuova serie numero 22-23 luglio 2024-giugno 2025

ISSN: 2532-4063

Direttore: Alessandro Michelucci

Redazione: Maurizio Torretti, Davide Torri Via Trieste 11, 50139 Firenze, 327-0453975 E-mail: a.michelucci@tim.it https://issuu.com/lacausadeipopoli

Direttore responsabile: Riccardo Michelucci

Comitato scientifico

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Catholique de Lyon, Antonina Zhelyazkova International for Centre for Minority Studies and Intercultural Relations

frutto amaro della decolonizzazione

Il frutto amaro della decolonizzazione

"Il colonialismo è il grande rimosso del Novecento", ha scritto acutamente Brunella Schisa. Questa rimozione ha operato a vari livelli. Anzitutto, la decolonizzazione realizzata fra gli anni Cinquanta e Settanta ha creato l'illusione che bastasse costruire nuovi stati africani e asiatici per voltare pagina e sanare le ferite profonde del colonialismo europeo. In realtà molti di questi paesi, seppur in modi diversi, hanno conservato legami di sudditanza con le vecchie potenze coloniali. Sebbene lo stesso termine colonialismo sia stato frettolosamente archiviato, la decolonizzazione non ha segnato la sua fine, ma un semplice maquillage imposto dai tempi. A complicare ulteriormente questo quadro ha concorso il Movimento dei Non-Allineati, fondato a Belgrado nel 1961. Dotato di un nome accattivante, questo organismo si basava su propositi esemplari che però sono stati presto traditi. L'equidistanza dalle due superpotenze è rimasta lettera morta, dato che molti paesi si sono legati più o meno strettamente all'una o all'altra. Allo stesso modo è rimasta sulla carta la linea pacifista e anticolonialista delle origini, perché varie ex colonie non hanno tardato a manifestare un neocolonialismo feroce invadendo e annettendo altri territori. Pensiamo all'annessione di Papua Occidentale (1969) e Timor Est (1975) da parte dell'Indonesia, o a quella del Sahara Occidentale da parte del Marocco (1976-1979). Nell'immaginario collettivo la decolonizzazione ha riguardato solo certe colonie extraeuropee, ma in realtà ha toccato anche due territori europei, Malta e Cipro, entrambi colonie britanniche. La seconda isola, invasa e occupata dalla Turchia nel 1974, è stata divisa in due parti: a nord, la cosiddetta "repubblica di Cipro Nord", abitata in maggioranza da turchi e riconosciuta soltanto da Ankara; a sud, la repubblica di Cipro, a maggioranza greca. La situazione politica dell'isola unica al mondo. La sua divisione è la sola controversia territoriale irrisolta dell'Unione Europea. Il governo della repubblica di Cipro è riconosciuto come il governo legale dell'intera isola, ma non ha potuto esercitare un controllo effettivo sulla parte settentrionale dal 1974.

Questa situazione è il frutto amaro della decolonizzazione: l'indipendenza di Cipro è nata su basi fragili, forrtemente limitata dal diritto d'ingerenza che l'accordo siglatonel 1960 garantisce a tre paesi stranieri (Cipro, Gran Bretagna, Grecia e Turchia). Ma all'invasione turca ha fornito un pretesto ideale il tentativo di enosis, l'unione con la madrepatria ellenica, che i nazionalisti greco-ciprioti dell'EOKA-B avevano cercato di realizzare col sostegno della dittatura militare ateniese. Il compimento di questo disegno avrebbe ridotto ulteriormente il peso numerico della minoranza turco-cipriota, che avrebbe avuto vita difficile in un paese non certo sensibile ai diritti delle minoranze. Al tempo stesso, però, occorre sottolineare che la Turchia, anziché invadere l'isola, avrebbe potuto coinvolgere la Grecia e la Gran Bretagna invocando il rispetto degli accordi firmati nel 1960, che l'intervento turco ha definitivamente cancellato. La paralisi che attanaglial'isola mette in luce un pesante fallimento dell'UE. Questo organismo, dopo aver accettato che l'isola aderisse nonostante la sua divisione, non ha saputo affrontare la questione, ma si è richiamato alle risoluzioni dell'ONU, pur sapendo che questa non era in grado di farle rispettare. In pratica, un modo elegante per lavarsene le mani Oggi, mezzo secolo dopo l'invasione, la questione aspetta ancora di essere affrontata come una questione europea. Il disinteresse dell'UE è stato confermato dal discorso che Ursula von der Leyen ha tenuto il 1° maggio 2004, ventesimo anniversario dell'adesione. La divisione è stata citata in modo frettoloso: "il mio più sentito desiderio è quello di vedere riunita questa bella isola".

L'intero discorso, al contrario, era intriso di un trionfalismo irresponsabile, come se l'adesione di Cipro all'UE avesse sanato le ferite profonde derivate da mezzo secolo di divisione. Il nostro dossier è un omaggio sincero a coloro che continuano a soffrire per la divisione di Cipro. A tutti, greci, turchi, rom e alle minoranze religiose dell'isola. Naturalmente speriamo che il problema finalmente trovare una soluzione giusta, ma l'attuale approccio delle forze politiche coinvolte non legittima previsioni ottimistiche.

Cronologiadellaquestionecipriota

324-1191Ciprofapartedell'imperobizantino.

1192-1489 RegnodiCipro,statocrociatogovernatodallacasatafrancesedeiLusignano.IlregnocomprendeinizialmentesoltantoCipro,mapoivengonoassoggettateanchealcuneterresullacostameridionaledell'Anatolia.IlregnofinisceconlareginaCaterinaCorner,chevienecostrettaadabdicareafavore dellaRepubblicadiVenezia.

1489Ciprodiventaunacoloniaveneziana.

1571Ciprovieneannessadall'imperoottomano.

1878Ciprodiventaunacoloniabritannica.

1923FondazionedellaTurchia.

1952LaGreciaelaTurchiaaderisconoallaNATO.

1955L'EOKA,guidatadaGeorgiosGrivas,inizialalottaarmatacontroilcolonialismobritannico.

16agosto1960IndipendenzadiCipro.L'arcivescovoMakariosIIIvienenominatopresidente.

1961NasceaBelgradoilMovimentodeiNon-Allineati.Ciproèunodeifondatori.Nellostessoannol'isola aderiscealCommonwealthealConsigliod'Europa.

1963-1964Violentiscontrifragrecieturchi.

1967ColpodistatomilitareinGrecia.Vieneinstauratoilcosiddetto"regimedeicolonnelli".

1972AccordodiassociazioneCipro-CEE.

15luglio1974TentatocolpodistatoorganizzatodallaGreciaconl'obiettivodiannettereCipro. 20luglio1974InvasioneturcadiCipro.Cadutadelregimemilitaregreco.

1977MortediMakarios.

15novembre1983Proclamazionedella"RepubblicaTurcadiCiproNord",chevienericonosciutasoltantodallaTurchia.

2004ReferendumsulpianopropostodaKofiAnnanperlariunificazionedell'isola.Ilpianovieneapprovatodal65%deiturco-ciprioti,marifiutatodal76%deigreco-ciprioti.

2004Ciproentranell'UnioneEuropea,quindideveusciredalMovimentodeiNon-Allineati.

12maggio2014LaCorteeuropeadeidirittidell'uomoordinaalgovernoturcodipagareaCiprounrisarcimentodi90milionidieuroperleviolazionideidirittiumanicommesseduranteedopol'invasione dell'isola.NaturalmentelaTurchiarifiuta.

Manifestazione di esuli greco-ciprioti per commemorare il cinquantesimo anniversario dell'invasione turca, chiesa greco-ortodossa di Saint George, Thebarton, Adelaide, South Australia, 21 luglio 2024.

Lo stupro di Afrodite

Secondo gli Stati Uniti non c'è alcuna ragione per cui i turchi non debbano avere un terzo di Cipro. Henry Kissinger, Memorandum of Conversation, Washington, 13 agosto 1974

Cipro, terza isola del Mediterraneo per grandezza dopo Sicilia e Sardegna (9251 kmq), vanta una delle storie più antiche fra quelle registrate: i primi segni di civiltà risalgono al nono millennio a.C. Prima colonia romana a essere cristianizzata (45 d.C.), l'isola custodisce un patrimonio archeologico enorme, decisamente sproporzionato rispetto alle sue piccole dimensioni. La mitologia la associa alla bellezza femminile: patria di Afrodite, è il luogo d'origine della cipria, che veniva utilizzata per dare alla pelle il colore del rame, come conferma il termine latino cuprum (rame), col quale i Romani chiamavano l'isola.

Come la Corsica e molte altre isole del Mediterraneo, Cipro possiede una posizione strategica che stimola l'interesse di varie potenze coloniali. Per questo viene dominata da Venezia (1489-1571), dall'impero ottomano (1571-1878) e da quello britannico (1878-1960).

Dall'indipendenza alla divisione

La decolonizzazione del secondo dopoguerra tocca anche l'isola, che nel 1960 conquista l'indipendenza. La figura centrale di questo nuovo corso è Makarios III, il sacerdote greco-ortodosso che viene eletto presidente. Grazie a lui Cipro rifiuta il bipolarismo sovietico-americano e contribuisce alla fondazione del Movimento dei Non-Allineati, che vede la luce a Belgrado nel 1961. Nonostante tutto, sull'isola rimangono due basi militari britanniche, Akrotiri e Dhekelia, che Londra vuole conservare a causa del loro rilievo strategico.

Quando viene proclamata l'indipendenza l'isola conta 572.000 abitanti. I greci, maggioranza come sempre, costituiscono il 77%, mentre i turchi non superano il 18%. La Costituzione contiene un meccanismo che consente di bilanciare il potere, in modo da evitare che la minoranza venga emarginata. Il corretto funzionamento di questo sistema, però, non viene demandato unicamente alle autorità cipriote, ma viene garantito da un accordo fra Gran Bretagna, Grecia e Turchia. Molti greco-ciprioti contestano questa supervisione, che in effetti limita l'indipendenza dell'isola. Ma soprattutto contestano il fatto che l'accordo conferisca ad Ankara il diritto di intervenire laddove la minoranza turcofona venga discriminata o nel caso che la maggioranza greca voglia realizzare un sogno mai sopito: l'unione con la Grecia (enosis). Questo obiettivo, pur essendo vietato dalla Costituzione, gode di un largo seguito popolare. Perfino il presidente Makarios si dichiara più volte favorevole.

I rapporti fra le due comunità iniziano a deteriorarsi nel 1963, quando Makarios propone alcune modifiche costituzionali che favorirebbero la comunità greca. La minoranza turca abbandona i propri incarichi istituzionali e comincia ad amministrarsi separatamente. Questo genera una tensione che sfocia in violenti contrasti. Nel 1964, per contenere questi scontri, le Nazioni Unite istituiscono una zona demilitarizzata presidiata dai Caschi blu, la cosidetta "linea verde".

La dittatura militare che viene instaurata ad Atene nel 1967 manifesta l'intenzione di realizzare l'unione con Cipro. Makarios, fieramente avverso ai militari greci, assume una posizione nettamente contraria. La tensione fra Nicosia e Atene si fa sempre più forte: i militari greci cercano di manipolare Makarios, ma invano. Il 15 luglio 1974, infine, realizzano un colpo di

stato per destituirlo e ucciderlo. Il presidente lascia il potere, ma riesce a salvarsi. Il 20 luglio la Turchia, temendo che la giunta ateniese stia per raggiungere il proprio obiettivo, invade l'isola. L'esercito turcosi dimostra spietato. Molti greco-ciprioti diventano profughinella propria terra e si riversano nella parte dell'isola non controllata da Ankara, mentre altri scelgono l'emigrazione. I militari turchi occupano definitivamente la parte settentrionale dell'isola (36% dell'intero territorio). Cipro viene divisa in due secondo un confine interno che passa per Nicosia. La divisione era già caldeggiata anche dagli Stati Uniti, che erroneamente consideravano Makarios filocomunista. Nel 1983 viene dichiarata ufficialmente la "repubblica turca di Cipro Nord", presieduta da Rauf Denktaş e riconosciuta unicamente dalla Turchia.

Una lunga serie di fallimenti

Le Nazioni Unite e i vari stati coinvolti nella questione cipriota cercano più volte di risolverla, ma senza successo. Questi tentativi si intrecciano con il lungo percorso dell'integrazione europea. Nel 1990 la repubblica di Cipro chiede l'adesione alla CEE. Tre anni dopo, quando è già nata l'Unione Europea, il nuovo organismo manifesta l'intenzione di portare avanti i negoziati "senza attendere una soluzione pacifica, equilibrata e duratura della questione cipriota". In altre parole, mettendo da parte il problema della divisione e procedere come se questa non esistesse. Con una certa dose d'ingenuità, le autorità comunitarie sperano che l'adesione stimoli una soluzione del contenzioso territoriale.

Negli anni successivi vengono avanzate varie proposte per la soluzione del problema. I negoziati che si tengono all'ONU fra il 1997 e il 1999 si rivelano fallimentari. Denktash chiede invano che la "repubblica turca di Cipro Nord" venga riconosciuta come stato, alla pari della parte greco-cipriota. Fra il 2002 e il 2004 l'ONU propone cinque differenti versioni di un piano articolato. La versione finale del cosiddetto Piano Annan (dal nome di Kofi Annan, Segretario generale delle Nazioni Unite) propone la nascita di una repubblica federale sul modello svizzero: due Stati - greco-cipriota e turco-cipriota - uniti da un apparato governativo federale. Le due zone sottoposte alla sovranità britannica resterebbero immutate. La proposta viene sottoposta a un referendum che si svolge il 24 aprile 2004: il 65% della comunità turca la approva, ma il 76% della comunità greca la rigetta. Di conseguenza la situazione resta immutata.

Pochi giorni più tardi, il 1° maggio 2004, si verifica il più importante allargamento dell'Unione Europea grazie all'adesione di dieci paesi: Repubblica Ceca, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Per la prima volta l'UE accoglie uno stato diviso su base etnica. Questa grave anomalia genera una situazione paradossale: i turcociprioti del nord, pur essendo cittadini europei de jure, si trovano spesso privi di aiuti economici del-l'Unione Europea, che mantiene rapporti ufficiali soltanto con il governo della parte greco-cipriota.

Un futuro incerto

I rapporti fra le due parti peggiorano nuovamente nel 2017, dopo l'ennesimo fallimento dei negoziati condotti sotto l'egida dell'ONU. I colloqui che si svolgono a Ginevra nel marzo del 2025, mediati dal Segretario Generale dell'ONU Antonio Guterres, confermano che le posizioni sono distanti: Nicosia ha recuperato l'idea della federazione proposta dal Piano Annan e sottolinea la necessità di riprendere i negoziati ufficiali, mentre la parte turco-cipriota, in sintonia con Ankara, considera la formula dei due Stati come l'unica soluzione praticabile. Stretta in questo anomalo braccio di ferro a tre (Ankara, Atene e Bruxelles), ulteriormente complicato dall'inerzia dell'ONU e dalla consueta ingerenza americana, la soluzione della questione cipriota rimane molto lontana. Un altro nodo da sciogliere sarebbe quello derivante dalla presenza di basi straniere nelle due parti dell'isola, in netto contrasto con la tradizione neutralista di Cipro, che resta uno dei quattro membri dell'Unione Europea non aderenti alla NATO insieme ad Austria, Irlanda e Malta. Ma per il momento questo non sembra un tema all'ordine del giorno.

Mezzosecolodisilenzioedidolore

Moltetragedieumane,nonostantelalorogravità,nonsi sonoradicatenell'immaginariocollettivo. Il modomiglioreper evitare checadanonell'oblioè quello di ascoltarecoloro che cercano di dare voceallevittimeeailoroeredi. Misos Aionas Siopes (Mezzosecolodisilenzio)èiltitolodeldisco che la cantante greco-cipriota Maria Theodotou ha realizzato per commemorare i 50 anni dell'invasione dell'isola. Primo disco inciso dall'artista come titolare, contiene sette brani che fanno espressoriferimento al periodo dell'aggressione turca.Le musiche sono state composteda Andreas Katsigiannis, noto compositore greco, mentre i testi sono firmati da Maria Hatziauxentis. I due artistiavevanogiàscrittolecanzonidelCD Me Anastenagmo (Conunsospiro),realizzatonel2021 conGlykeria,affermataesponentedel laïkó,unodeglistilipiùpopolaridel mainstream greco. MariaHatziauxentiseMariaTheodotouavevanogiàcollaboratoin Trilogia Psyhis (2021),unCD antologico nel quale compaiono vari cantanti greci e ciprioti contemporanei. Conoscere gli artisti suddettiènecessariopercapirechelamusicagrecanondeverestarelegataacertistereotipidatati, comeilcelebresirtakidelfilm Zorba il greco (1964).

Matorniamoaldiscocheciinteressa.Neibranisisusseguonofiguredivariotipo,tutteaccomunate da unafieravolontàdi resistenza:EfrosyniProestos,che si presecuradi alcunisoldati;lagiovane maestra EleniFokas,chedecisedi nonlasciareil suovillaggio, rimanendointrappolatanellaterra che amava; Harita Mantoles, indisciplinata e ribelle; il soldato Nikos Kyriakos Makrigiorgis, che rappresentalamilitanzagiovanile.Itestiesprimonoiltraumaprofondodell'invasione,maanchela speranza di un popolo che non ha mai piegato la testa. All'opera hanno collaborato numerosi cantanti, fra i quali la greca Melina Aslanidou, nota esponente dell'éntekhno (musica orchestrale con melodie elleniche, spesso basata sull'opera di famosi poeti) e Kōnstantinos Christoforou, che ha rappresentatoCiprotrevolteall'EurovisionSongContest. Lariccastrumentazioneincludepiano,varitipidiliutiedichitarre,fisarmonica,baglamaesanturi, quest'ultimo suonato dallo stesso Katsigiannis. Nel complesso il disco, dominato dalla bella voce diMariaTheodotou,èmoltointeressanteebenconcepito,venatoditristezzamaprivodiretorica. Un altro disco realizzato in occasione del cinquantenario è Νυν και Αει (Cipro ora e per sempre), con branicomposti da George Dalaras,importante cantante greco,moltolegatoall’isolae promotore di altre iniziative dedicate alla sua storia travagliata. I testi sono di Polys Kyriacou, un poeta cipriotachevivedamoltianninegliStatiUniti,doveharicevutonumerosiriconoscimenti.

Antonella Visconti

Un'adesione prematura

Nel 2023 è stato reso che noto che due case in una zona esclusiva vicino a Mosca erano state acquistate per le figlie di Vladimir Putin da Ermira, una società cipriota intestata a un avvocato russo, ma in realtà appartenente al presidente russo. La repubblica greco-cipriota e la Russia vantano un legame consolidato. La prima ha una popolazione di circa 800.000 abitanti, cioè appena lo 0,002% della popolazione totale dell'UE. Eppure, fino allo scorso decennio, Cipro è stata il terzo investitore estero in Russia. Si trattava per lo più di capitali russi, che erano stati nascosti a Cipro per evitare tasse e controlli, per poi essere reinvestiti nel paese d'origine. Tra il 2012 e il 2013 Cipro ha vissuto una grave crisi bancaria che ha rischiato di destabilizzare l'intera area dell'euro. Le banche erano sovraindebitate e il prestito russo di 2,5 miliardi di euro non è riuscito a stabilizzare la situazione. L'UE stessa è dovuta intervenire. Nel 2022 uno scandalo ha travolto la classe politica dell'isola: alcuni giornalisti hanno scoperto che un programma di investimenti era stato utilizzato per fornire passaporti ciprioti (e quindi dell'UE) a cittadini stranieri, che potevano acquistarli per 2,15 milioni di euro. Dal 2007 al 2020 circa 6.800 persone avevano acquistato la cittadinanza dell'UE. Gran parte di loro erano russi. Cipro è divisa dal 1974, con la repubblica greco-cipriota a sud e la repubblica turca di Cipro del Nord, dove vive la minoranza turco-cipriota (circa 250.000 persone). Il confine è presidiato dall'ONU. La prima repubblica è riconosciuta a livello internazionale, mentre la seconda è riconosciuta solo dalla Turchia. L'invasione turca viene raccontata in modi diversi. All'epoca la dittatura greca voleva unire l'isola alla terraferma. La costituzione approvata al momento dell'indipendenza dal Regno Unito (1960) era fallita; i rapporti fra le due comunità erano segnati dalla violenza e molti turco-ciprioti temevano per la propria vita. Nel 1972 Cipro ha firmato un accordo di associazione con l'UE e ha presentando richiesta di adesione nel 1990. L'ONU ha cercato invano di mediare e definire una nuova costituzione. Quando la prospettiva dell'adesione all'UE è diventata più chiara, i negoziatori delle Nazioni Unite, con il sostegno internazionale, hanno pensato che collegare un accordo di pace all'adesione all'UE offrisse la migliore occasione per risolvere la divisione dell'isola.

All'inizio del 2004 l'ONU ha presentato un piano dettagliato a entrambe le parti. I turco-ciprioti l'hanno accettato, ma i greco-ciprioti l'hanno rifiutato. Molti di coloro che come me avevano assistito a questo processo ritenevano che i negoziatori greco-ciprioti fossero stati ambigui. Avremmo dovuto congelare l'adesione di Cipro e chiarire a entrambe le parti che solo un'isola unita avrebbe potuto entrare nell'UE. Invece abbiamo deciso di andare avanti come se niente fosse. Così facendo abbiamo perso ogni influenza sui greco-ciprioti. Questi ritengono, giustamente, di avere carta bianca - anche confronti della Russia - e che qualsiasi accordo di pace, per quanto rispettoso degli interessi greco-ciprioti, sia meno soddisfacente dello status quo. La storia dei successivi negoziati dell'ONU lo conferma.

L'unica soluzione possibile è quella dei due Stati. Ci sono molti precedenti che lo dimostrano. La Cecoslovacchia si è dissolta pacificamente in due Stati nel 1993. La dissoluzione della Jugoslavia è stata tutt'altro che pacifica, ma gran parte delle nuove repubbliche ha davanti a sé un futuro migliore di quello che aveva quando faceva parte della federazione.

Il Regno Unito è una dei "paesi garanti" di Cipro, insieme a Turchia e Grecia. Ha anche due basi militari nella repubblica greco-cipriota. Naturalmente non può risolvere il problema da solo, ma potrebbe e dovrebbe proporre la soluzione dei due Stati, cercando di convincere gli altri partner che questo è il modo migliore per risolvere il problema.

Una soluzione irlandese per Cipro

Le posizioni unioniste e quelle repubblicane hanno diviso l'Irlanda per oltre un secolo, ma poi è nata la volontà di lasciarsi alle spalle i contrasti del passato. Con l'Accordo di Belfast (10 aprile 1998) abbiamo trovato una strada pacifica persuperare quelli che parevano ostacoli insormontabili. Questa soluzione si fonda su principi democratici. La separazione dell'Irlanda del Nord dal resto dell'isola era derivata dal Trattato anglo-irlandese del 1920. Tale separazione conciliava la richiesta repubblicana di indipendenza dalla Gran Bretagna e il desiderio altrettanto forte degli unionisti di restare parte del Regno Unito. Per quasi 100 anni ci sono stati atti terroristici per separare l'Irlanda del Nord dal Regno Unito. Questi atti sono stati incoraggiati dalla rivendicazione della repubblica irlandese. L'Accordo di Belfast, sostenuto da entrambe le parti, stabilisce i principi democratici che garantiscono una pace duratura e regolano le istituzioni condivise.

Se osserviamo la storia recente di Cipro, è facile fare un parallelo con l''Irlanda. Entrambe le isole sono abitate da comunità profondamente divise che hanno vissuto contrasti di matrice religiosa e politica. La soluzione irlandese può essere applicata al caso cipriota per risolvere il problema di quest'isola divisa da mezzo secolo. Da una parte c'è il governo cipriota sostenuto dalla Grecia e riconosciuto dalle Nazioni Unite. Dall'altra parte c'è la Repubblica turca di Cipro del Nord, sostenuta dalla Turchia. La divisione dell'isola lungo la linea fissata dalle Nazioni Unite è il risultato del colpo di stato del 1974 e del successivo intervento turco. Tutti i tentativi per trovare una soluzione pacifica sono falliti. Il piano più promettente, proposto dall'ONU nel 2004, è stato accettato dai turco-ciprioti ma respinto dai greco-ciprioti.

La situazione di Cipro è chiara. Abbiamo due comunità che hanno differenze inconciliabili. Una delle due parti ha rinnegato i propri principi costituzionali. L'attuale divisione ha avuto origine nel 1963, quando il presidente Makarios ha proposto e attuato modifiche unilaterali alla Costituzione, sfidando la Corte suprema e dando luogo a una lunga serie di eventi che hanno finito per dividere l'isola. Questo ha indotto la comunità turco-cipriota a ritirare il proprio consenso al governo. Altrove, invece, abbiamo governi, amministrazioni e sistemi democratici pienamente funzionanti su entrambe le parti dello stesso confine. Non c'è alcun motivo per cui la Repubblica turca di Cipro del Nord non possa essere riconosciuta dalle Nazioni Unite come Stato indipendente. Non solo, ma la sentenza emessa nel 2010 dalla Corte internazionale di giustizia sull'indipendenza del Kosovo dovrebbe garantire ulteriore legalità alla richiesta della Repubblica turco-cipriota. Un accordo come quello anglo-irlandese permetterà anche un'eventuale riunificazione. La soluzione migliore sarebbe quella di individuare un paese che facesse da mediatore per raggiungere questo accordo tra turchi e greci.

Questo paese potrebbe essere il Regno Unito. Siamo uno degli Stati più influenti della regione, abbiamo governato Cipro prima dell'indipendenza e possiamo offrire l'esperienza dell'Accordo di Belfast, che potrebbe fungere da modello per una pace duratura. Non solo siamo una potenza garante dell'indipendenza di Cipro e di entrambe le sue comunità, ma abbiamo anche una responsabilità internazionale come membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Ciò che è chiaro, comunque, è che la divisione non può continuare all'infinito. Questa situazione è pericolosa, sia per Cipro che per l'intera regione mediterranea, che ha un ruolo strategico importante. La pace è un obiettivo irrinunciabile che deve guidare la nostra azione politica.

Ifratellidell'altraisoladivisa

Nel1949,conl'uscitadell'IrlandadalCommonwealth,iniziailprocessochesegneràlafinedell'impero britannico. Ilrapporto fra la nuova repubblica ela Gran Bretagna è complesso e Dublino, nonostantecerteprevisioni,nonsosterràlealtrelotteanticolonialiste.Acausadivarimotivipoliticie geopoliticil'Irlanda fornisceun validocontributoall'impero,come dimostra il ruolo attivoche giocanelcontenerela rivolta anticolonialista cipriota.Questo determina unastrettaalleanzafral'IRA, che aspira alla riunificazione dell'Irlanda, el'EOKA, ilmovimento separatista guidato da Georgios Grivas,chenonsibattesoltantoperl'indipendenzadiCipro,maancheperl'unioneconlaGrecia. Mentre si consolida questa alleanza contro il nemico comune, Dublino sostiene Londra, che vuole conservareCiprocomebasemediorientaledell'impero,necessariadopolaperditadell'Egitto(1922). Nel 1956 i separatisti delle due isole stabiliscono contatti personali quando si trovano nelle stesse carceri irlandesi. Uno dei ciprioti, Georgios Ioannou, traduce in greco alcuni scritti di James Connolly,figuracentraledellaRivoltadiPasqua(Dublino,24-29aprile1916).Nasceilprogettodievadere insieme, che però fallisce. Nel 1960, grazie al trattato che sancisce l'indipendenza di Cipro,i membri dell'EOKA vengono amnistiati. Le relazioni continuano negli anni successivi. Questi legami sono stati raccontati da Helen O'Shea nel libro Ireland and the End of the British Empire: The Republic and its Role in the Cyprus Emergency (I.B.Tauris,2014).

I contattinasconoanche a livelloistituzionale, grazie alfatto che le due isole restano neutralie non entranonellaNATO.Nel2019ilpresidenteirlandeseMichaelHiggingscompieunavisitaufficialea Cipro,doveringrazialeautoritàlocaliperaversostenutol'IrlandanellabattagliacontrolaBrexit.

Giovanna Marconi

Dall'altoinsensoorario:ilpresidenteHigginsaLefkara,villaggiofamosoperl'artigianatotessile(Foto: Maxwell);librodiDermotWhelansuCipro;NicosiaospitavarieventidedicatiaJoyceeaWilde.

Un impegno globale per Cipro

Per iniziare ti chiedo di dire ai nostri lettori chi sei, cosa fai e in cosa consiste il tuo impegno. Lavoro nel campo dei media e del marketing pubblicitario. Sono nato nel 1974 a Johannesburg, in Sudafrica, da genitori greco-ciprioti, e ho sempre mantenuto un profondo legame con le mie radici. Il caso vuole che sia nato nello stesso anno dell'invasione di Cipro: forse era un segno che un giorno la divisione dell'isola avrebbe segnato il mio lavoro e la mia vita. Ho fatto studi di marketinge design, esplorandoanche il giornalismo,i media, il cinema e latelevisione. Nel 2002, dopo la nascita di mio figlio, io e mia moglie Niki abbiamo deciso di trasferirci a Cipro. Qui ho cominciato a occuparmi di marketing collaborando con importanti aziende. Al tempo stesso ho curato le mie passioni, pubblicando tre romanzi, due dei quali sono diventati bestseller, e creando contenuti digitali. Ho scritto, prodotto e diretto lavori teatrali che hanno ricevuto il plauso della critica; ho creato Culturescope, una serie telematica di lifestyle e intrattenimento che viene trasmessa su varie reti televisive e piattaforme digitali, raggiungendo l'intera la diaspora greca.

Perché hai deciso di realizzare il film 74, dedicato all'invasione di Cipro?

Vivo a Cipro da oltre vent'anni e credo fermamente che la divisione dell'isola sia inaccettabile. Il mio obiettivo è quello di sensibilizzare l'opinione pubblica internazionale sul conflitto del 1974 e di raccontare la vera storia attraverso le voci di chi l'ha vissuta. Nell'ambito della mia ricerca, ho intervistato numerosi rifugiati greco-ciprioti e turco-ciprioti desiderosi di condividere le loro esperienze. Le loro testimonianze sono state profondamente emotive, raccontando tutti gli orrori vissuti durante la guerra, in particolare la violenza che è stata inflitta a donne e bambini. Le donne, lasciate sole e disarmate mentre gli uomini andavano a combattere, hanno sopportato il peso del conflitto. Credo che siano state i veri soldati della guerra, perché hanno patito sofferenze fisiche e mentali mentre lottavano per proteggere le loro famiglie. La sceneggiatura del film si basa su testimonianze reali, intrecciate a quattro personaggi femminili centrali che rappresentano diverse città: Morphou, Varosha e Kyrenia. Un quarto personaggio, Girne, incarna l'esperienza turco-cipriota del conflitto. Questo progetto è un omaggio alla resilienza delle donne cipriote che hanno sofferto immensamente durante la guerra. Ma soprattutto, cerca di far conoscere a tutti la divisione di Cipro, una questione irrisolta da mezzo secolo. Vogliamo realizzare un film avvincente, culturalmente e commercialmente valido, che ricordi alle generazioni future la tragedia del 1974.

A che punto è la lavorazione del film e quando uscirà?

Il film è in fase di sviluppo e si prevede di iniziare le riprese entro la fine del 2025 o l'inizio del 2026. Questo progetto nasce per contribuire allo sviluppo dell'industria culturale cipriota e per mettere in primo piano la storia dell'isola e la sua lotta per la riunificazione.

Sei un membro attivo della diaspora cipriota. In cosa consiste il tuo lavoro?

Ho fondato il Cyprus Diaspora Forum, un evento commerciale annuale che stimola i rapporti tra ciprioti e investitori stranieri. Il forum funge da piattaforma per unire i ciprioti di tutto il mondo, incoraggiando la collaborazione nel mondo degli affari, dell'innovazione, della cultura, della filantropia e dell'impegno sociale. Essendo un'iniziativa senza scopo di lucro, si ba-

sul sostegno di sponsor che condividono i suoi obiettivi. Le nostre attività sono molto varie: forniamo consulenza a coloro che vogliono investire o creare attività imprenditoriali; aiutiamo i ciprioti della diaspora che vogliono tornare in patria; sosteniamo progetti ambientali e iniziative per il recuperaro dell'arte trafugata, etc.

Quale credi che sia il modo migliore per risolvere il problema di Cipro?

La soluzione del problema cipriota richiede un impegno collettivo, soprattutto da parte delle giovani generazioni. Le due comunità hanno già creato varie iniziative per promuovere la cooperazione tra greco-ciprioti e turco-ciprioti. Figure pionieristiche come Stelios Haji-Ioannou, fondatore della compagna aerea Easyjet, hanno dimostrato che la collaborazione tra le due comunità può contribuire alla pace. Sono fermamente convinto che continuando a sostenere le iniziative comuni, promuovendo lo sviluppo sociale ed economico e incoraggiando il dialogo, Cipro possa contribuire a una soluzione pacifica. La chiave sta nel creare nuove opportunità di collaborazione, così che le generazioni future ereditino una patria unita e prospera.

La tua famiglia è stata colpita direttamente dall'invasione del 1974?

La mia famiglia è originaria di Paphos e Limassol, ma alcuni dei miei parenti sono stati direttamente colpiti dalla guerra. Tuttavia, in un paese piccolo come Cipro - con una popolazione di poco superiore al milione di abitanti - quasi tutte le famiglie sono state colpite in qualche modo. Il disinteresse internazionale per il conflitto irrisolto di Cipro è desolante. Al contrario di quello che accade per l'Ucraina e per il Medio Oriente, la situazione di Cipro viene sostanzialmente ignorata. Eppure migliaia di ciprioti sono stati costretti a fuggire per riparare in vari paesi stranieri. Queste persone, che formano la nostra diaspora, sono la mia famiglia allargata. Tutto quello che faccio, lo faccio per loro.

A quali progetti stai lavorando?

Oltre al film, stiamo portando avanti un importante progetto di investimento che incrementerà l'industria cinematografica emergente di Cipro. Anche se certi dettagli devono essere ancora definiti, posso dire che questa iniziativa, guidata dall'impegno e dalla passione della diaspora, rimodellerà il panorama economico e creativo di Cipro. Grazie a questo investimento la nostra isola potrà diventare un attore importante dell'industria cinematografica regionale, aprendo nuove opportunità di crescita culturale ed economica. Questa non è soltanto una semplice iniziativa commerciale, ma un progetto per dare a Cipro un rilievo internazionale.

Da sinistra: il 39% del territorio cipriota è occupato da eserciti stranieri; la locandina del film 74.

L'ultima capitale divisa

Nel febbraio del 2024 ho visitato per la prima volta Nicosia, l'ultima città divisa del mondo. L'inevitabile ricerca online delle attrazioni turistiche della capitale cipriota ha evidenziato come tappa obbligata la zona cuscinetto istituita nel 1974 dalle Nazioni Unite, meglio nota come Linea Verde. Ai turisti si raccomandava di portare con se il passaporto e di attraversare la parte turca della città. Avendo già visto i "muri della pace" di Belfast e i resti del Muro di Berlino, desideravo vedere come il paesaggio urbano di Nicosia fosse stato modificato dal conflitto. Così io e il mio amico abbiamo preso i passaporti e siamo partiti dal nostro albergo per esplorare le due parti della città.

La nostra prima tappa è stata il Green Line Hut, un posto di controllo abbandonato situato vicino alla Linea Verde. Una bandiera greca dipinta su un muro e una serie di cartelli col segnale stop ricordavano la sua vecchia funzione. Questi sono stati oscurati da un cartello più grande che vietava ai turisti di fare fotografie. A pochi metri iniziava la zona cuscinetto. Dietro il filo spinato erano visibili alcuni edifici chiusi. Un cartello su un cancello confermava che l'ingresso era vietato e avvertiva che non era consentito parcheggiare.

Ciò che mi ha colpito particolarmente è stato il fatto che nelle immediate vicinanze la vita quotidiana fosse continuata normalmente. Un grande bidone verde era posizionato davanti al rifugio. Abbiamo anche visto una persona che entrava in casa con la spesa, proprio sulla Linea Verde, a pochi metri dagli edifici abbandonati.

La nostra tappa successiva è stata il valico di frontiera di Ledra Palace. Un cartello accanto al posto di blocco sul lato greco mostrava le immagini di due uomini che avevano perso la vita protestando contro l'occupazione turca. Dopo un rapido controllo dei passaporti siamo entrati nell'area controllata dalle Nazioni Unite. I segni della sua presenza erano ovunque, dai parcheggi riservati al personale ai cartelli fuori dal Ledra Palace Hotel (trasformato in una base) che illustravano le varie iniziative di pace sull'isola.

Dall'altra parte della strada c'era una casa abbandonata, con sacchi di sabbia al posto delle finestre ed erbacce che crescevano sul tetto: un ricordo visivo della violenze di 50 anni prima. Percorse poche centinaia di metri siamo arrivati al successivo posto di blocco, contrassegnato da alcune bandiere turche e da uno striscione con la scritta "Repubblica turca di Cipro Nord PER SEMPRE".

Ci avevano detto che il nord era molto diverso dal sud. L'abbiamo potuto toccare con mano. I grattacieli moderni erano pochi e non si vedevano negozi di lusso come vicino al nostro albergo. Al contrario, dei negozi prevalentemente vuoti che esponevano oro, gioielli e falsi articoli di design. Non c'erano le caffetterie come Costa e Starbucks che si vedono nel sud: gli uomini, seduti fuori dai caffè e dai ristoranti turchi, giocavano a domino e ad altri giochi da tavolo. Un cartellone pubblicitario della Pepsi Cola dimostrava che la città non era cambiata da decenni.

Tornando oltre il confine, abbiamo camminato lungo la Linea Verde dal lato sud. Al Berlin Café, chiamato così per associare Nicosia alla città del Muro, un soldato mi ha detto di non fotografare una postazione di vedetta. Siamo riusciti a sbirciare nella zona cuscinetto stando in piedi su una panchina, sullo sfondo di uno striscione che invitava i turisti a "ricordare Cipro". Ancora una volta abbiamo avuto la sensazione che i residenti stessero vivendo una normale vita quotidiana. Un'auto bianca era parcheggiata accanto a una barricata di bidoni di petrolio bianchi e filo spinato situata vicino alla chiesa della Santa Croce. Uno striscione dava il benvenuto a Papa Francesco a nome ella comunità cattolica. Consiglio vivamente di percorrere la Linea Verde a chi non l'ha mai fatto. In questo modo capirà l'impatto devastante che la guerra ha sulle vite e sulle proprietà delle persone. Spe-riamo che il problema cipriota possa trovare una soluzione con la completa smilitarizzazione della zona cuscinetto e restituisca nuova vita a questo paesaggio urbano in decadenza.

Isoledivise

Il colonialismo europeodei secoli scorsi e i rigurgiti neocoloniali postbellici ci hanno lasciato un'ereditàarticolataecomplessa.Inquestopanoramaspiccanovarieisolechesonorimastediviseindue partibendistinte,sebbenequestafratturasisiaconsumataintempiemodidiversi. Ilcasopiùremotoèquellodell'Irlanda,chenonostantel'indipendenzaconquistatanel1949èrimasta parzialmentesoggettaaldominiobritannico.L'isoladiTimor,divisafraPortogalloePaesiBassinel 1942, resta composta di due parti. Quella occidentale fa parte dell'arcipelago indonesiano, mentre quella orientale aveva conquistatol'indipendenzain seguito alla fine dell'impero portoghese,quindi erastatainvasaeannessadaGiakartanel1975,dopodichéhariconquistatolapienasovranitàstatale nel1999.L'Indonesia,esempioperfettodiexcoloniariconvertitasiaunneocolonialismoferoce,ha avuto più fortuna con Papua Occidentale, che ha annesso nel 1969 con un referendum truccato e dominatuttora conmetodibrutali. L'altra partedell'isola,primacolonia tedesca epoibritannica,è diventataindipendentenel1975colnomediPapuaNuovaGuinea.Lariunionedelleduepartinon èunobiettivoall'ordinedelgiorno.UncasoaparteèquellodelBorneo,divisofratrepaesi:MalaysiaeBruneialnordeIndonesiaalsud(aquest'ultimoappartieneil73%dell'interoterritorio).Non sonomancateconteseterritoriali,manonsonoemersimovimentichechiedesserol'unitàdell'isola. Alessandro Michelucci

Dasinistra:

Foto:Filomeno daPaixãodeJesus.

cartinadell'Irlanda;copertinadi New Internationalist;JoséRamosHorta,figuracentrale dellalottaperl'indipendenzadiTimorEst,presidente(2007-2012),poirielettonel2022.

La Turchia e la questione cipriota

L'interesse della Turchia per Cipro comincia a manifestarsi nel settembre del 1955, quando Ankara cerca di inserirsi nel caso cipriota in occasione delle mobilitazioni turche contro i greci di Istanbul. Ma la Turchia sostiene che le radici del problema cipriota risalgano al 1963, quando la cooperazione tra greco-ciprioti e turco-ciprioti, concordata nel 1960 col trattato d'indipendenza, viene compromessa dai primi, che tentano di assumere il pieno controllo dell'isola e che da allora, secondo la parte turca, sostengono di essere gli unici rappresentanti del potere statale. Questa situazione le fornisce il pretesto per ripristinare l'ordine costituzionale e proteggere la minoranza turca. Inoltre, sulla base di questa posizione, la Turchia non riconosce la repubblica di Cipro, sostenendoche questa è rappresentata solo dai greco-ciprioti. Per lostesso motivo Ankara sostiene che il suo "intervento militare" del 1974 ha portato la pace sull'isola, evitando ulteriori conflitti armati. I soldati turchi che occupano l'isola vengono considerati la "forza di pace" che ha portato la stabilità e continua a garantire la sicurezza dei turco-ciprioti. Ankara sostiene che dopo l'invasione turca non si sono verificati altri conflitti, ma in realtà cerca di legittimare lo status quo ed estendere il proprio controllo su Cipro con il consenso della comunità greco-cipriota. La Turchia ritiene che la questione cipriota sia stata risolta con l'invasione del 1974, che definisce "operazione di pace". Tuttavia, la questione cipriota continua a essere un problema e la Turchia stessa lo riconosce partecipando ai negoziati per la sua soluzione. Ignora l'impatto della propria presenza militare sull'isola e sostiene che il problema riguardi le due comunità, alle quali spetta l'onere di trovare un modo per convivere pacificamente. In questo modo Ankara cerca di svincolarsi dagli oneri del diritto internazionale, secondo il quale la questione è nata dall'invasione e dall' occupazione illegale di uno Stato riconosciuto a livello internazionale. In sintonia con la posizione turca, secondo cui la questione cipriota è un problema di coesistenza di due comunità diverse, nel 1983 la Turchia ha rilasciato una dichiarazione di indipendenza della cosiddetta "Repubblica Turca di Cipro Nord" (Kuzey Kıbrıs Türk Cumhuriyeti), illegale in base al diritto internazionale e alle risoluzioni delle Nazioni Unite, riconosciuta soltanto o dalla Turchia.

La dichiarazione dello pseudo-stato è stata una mossa tattica volta a garantire la più ampia strategia turca per il completo controllo di Cipro, ma è anche servita per controllare la comunità turco-cipriota e le sue rivendicazioni nei confronti della repubblica di Cipro. Quando si tengono i negoziati sotto l'egida dell'ONU per la soluzione del problema cipriota, la Turchia li sostiene attivamente come potenza garante e madrepatria dei turco-ciprioti. Il suo obiettivo è la creazione di una federazione composta da due stati con uguali diritti, senza che uno prevalga sull'altro. Se questo non fosse possibile, Ankara preferirebbe la soluzione di due Stati separati. Insomma, la Turchia sostiene che qualunque soluzione del problemariota preveda la piena uguaglianza politica delle due comunità.

Ankara sottolinea inoltre la relazione speciale che ha con Cipro, in quanto garante della sicurezza della comunità turco-cipriota, e ritiene che questo assicuri la pace e la stabilità sull'isola. Con tale pretesto cerca di svolgere un ruolo centrale nella soluzione del problema cipriota e, attraverso questo, mira a perpetuare la sua presenza sull'isola.

Per comprendere la strategia della Turchia e il suo obiettivo a lungo termine, nonostante le diverse posizioni che ha assunto nel processo negoziale, è necessario analizzare il comportamento che ha assunto nel processo di adesione della repubblica di Cipro all'UE (1999-2004).

Allora le posizioni turche erano intransigenti, dato che la repubblica, entrando nell'UE, avrebbe ottenuto vantaggi strategici nei confronti della Turchia, costringendo Ankara a reagire. Molti politici turchi hanno desione di Cipro. Hanno messo in evidenza le conseguenze derivanti da un'eventuale ingresso della repubblica nell'UE, sottolineando il fatto che la Turchia non avrebbe avuto alcuna intenzione di cambiare la propria posizione sulla questione finché la politica dell'UE avesse limitato le possibilità di una soluzione. Alla fine del 2002 la linea politica è cambiata. Il nuovo governo, guidato dal Primo Ministro Recep Tayyip Erdoğan, ha appoggiato la riunificazione proposta dal Piano Annan, che veniva discusso in quel periodo.

Alcune pubblicazioni turche che festeggiano il cinquantesimo anniversario dell'invasione di Cipro. Il fumetto a destra allude al 1571, anno in cui l'isola fu annessa all'impero ottomano.

La posizione intransigente assunta davanti all'eventale adesione della repubblica e la successiva posizione favorevole nei confronti del Piano Annan hanno rivelato le sue vere intenzioni. Ankara non cercava una soluzione vantaggiosa per entrambe le parti, ma voleva evitare che i suoi avversari ottenessero un vantaggio strategico, con o senza una soluzione del problema. Le posizioni politiche della Turchia sono determinate soprattutto dagli equilibri strategici. Inoltre Ankara sostiene che dovrebbe accettare il diritto primario che risulterà dalla soluzione della vertenza. Questo sarà necessario per la stabilità del nuovo ordine che si instaurerà a Cipro. Tali posizioni rivelano che l'obiettivo strategico della Turchia è quello di impedire l'applicazione dell'acquis europeo, che potrebbe limitare l'influenza turca. La Turchia evita sistematicamente l'applicazione dell'acquis europeo, cercando al contempo di creare un diritto primario per il caso di Cipro, con l'obiettivo di creare problemi dopo l'adesione della repubblica di Cipro all'UE.

In conclusione, la posizione di Ankara mira a difendere i propri interessi nazionali e a consolidare la propria posizione strategica. Il suo atteggiamento è funzionale ai rapporti con le grandi potenze. Tanto è vero che la comunità internaziomale ha sempre tollerato le azioni aggressive della Turchia contro la repubblica di Cipro. Dall'invasione del 1974 non è mai stata presa in seria considerazione l'ipotesi di colpire Ankara con delle sanzioni per il suo atteggiamento aggressivo e per la violazione del diritto internazionale.

CULTURE VIVE

A sinistra: Monsieur Doumani; Kostas Montis (1914-2004), poeta greco-cipriota; la locandina di Zorba il greco, diretto da Michael Cacoyannis; The Traveller, graphic novel disegnata da Tasos Anastasiades; Christopher Pissarides, Premio Nobel 2010 per l'economia. A destra: Angela Barnett, modella, prima moglie di David Bowie; il musicista Nicolas Economou (1953-1993); la scrittrice Chimene Suleyman; l'attrice Hazar Ergüçlü; l'esule greco-cipriota George Eugeniou, fondatore del Theatro Technis di Londra.

Bibliografia

FouskasV.,MallinsonW., Cyprus 1974: Anatomy of an Invasion,Routledge,London2024. GheorghiuA., Un album di storie,Stilo,Bari2019.

GrecoV., Greci e turchi tra convivenza e scontro. Le relazioni greco-turche e la questione cipriota, FrancoAngeli,Milano2007.

KlapsisA.(acuradi), Cyprus: 50 Years since the Turkish Invasion, 20 Years since Accession to the EU, EburonAcademicPublishers,Utrecht2024.

Müller-PraefckeE.Ch.(acuradi), Cipro. L'isola contesa,LesFlâneurs,Bari2020.

PhellasM.I., Al di là del muro c'è … CASA,Morphema,Terni2025.

SantilliMarcheggianiO., I fantasmi di Famagosta. Splendori e drammi di una terra al crocevia tra Europa, Asia ed Africa,Polaris,Faenza(RA)2014.

ShafakE., L'isola degli alberi scomparsi,Rizzoli,Milano2021. VazzanaG., L'ultimo muro del Mediterraneo. Cipro, disputa al centro del Mediterraneo,PaesiEdizioni,Roma2020.

ZafiriouL., Diario cipriota e altri racconti,Bordeaux,Roma2025.

Filmografia

Attilas 74, The Rape of Cyprus, (titolooriginale. Αττίλας '74: Ο βιασμός της Κύπρου),regiadiMichaelCacoyannis,Cipro,1975.

Shadows and Faces (titolooriginale: Gölgeler ve Suretler),regiadiDervişZaim,Turchia,2010. The Divided Island,regiadiCeySesiguzel,GranBretagna,2024.

Si replica il mito della frontiera

Donald Trump ha inaugurato la seconda presidenza con toni particolarmente minacciosi. Da una parte, ha annunciato dazi molto gravosi sulle importazioni, che poi sono stati definiti alla alla fine di luglio dopo una serie di negoziati dove l'UE ha confermato la propria posizione subalterna. Dall'altra, ha elencato una serie di rivendicazioni territoriali, dietro le quali è facile leggere un ritorno al vecchio mito della frontiera col quale le tredici colonie originarie hanno costruito la federazione che conosciamo. Questo comportamento impone un ripensamento radicale dell'immagine che gli Stati Uniti hanno diffuso nel mondo durante gli ultimi ottant'anni. Si tratta di un'immagine fortemente condizionata dal ruolo positivo che avevano svolto durante la Seconda guerra mondiale, ma allora avevano già dietro di se quasi due secoli di storia, segnati da un complesso insieme di peculiarità che la vittoria bellica aveva oscurato. Trump non ha fatto altro che rivitalizzare lo spirito americano delle origini – Make America Great Again - e proiettarlo nel nuovo secolo, integrandolo con gli aggiornamenti necessari. In altre parole, una nuova versione del mito della frontiera e del destino manifesto (manifest destiny).

I numeri parlano chiaro. L'espansione territoriale più recente degli Stati Uniti risale al 1959, quando la trasformazione di due colonie (Alaska e Hawai'i) ha determinato una crescita del 21%. Se malauguratamente venisse realizzata l'annessione della Groenlandia, la federazione raggiungerebbe 11.000.000 di Kmq, diventando il secondo stato del pianeta dopo la Russia. Come attestano le statistiche demografiche, oltre la metà degli italiani viventi è nata dopo la fine della Seconda guerra mondiale. La storia che hanno vissuto li ha indotti a vedere negli Stati Uniti i paladini della libertà: dopo la guerra, pensiamo all'Afghanistan (1979), al Kuwait (1990), all'Ucraina (2022), ecc. Questa immagine, sostenuta da molti media e da un'abile propaganda, è stata così forte che è riuscita a mettere in secondo piano le numerose dittature anticomuniste sostenute da Washington in varie parti del mondo. Ma adesso, con la progettata annessione della Groenlandia, questo paradigma sta venendo meno. Per trovare un precedente analogo è necessario risalire al 1893, quando gli Stati Uniti invasero le Hawai'i, che furono poi annesse nel 1898 e trasformate in stato federato nel 1959. Questo fu anche l'ultimo ampliamento territoriale della federazione. Se è molto improbabile, per non dire impossibile, che gli Stati Uniti riescano ad annettere il Canada, lo stesso non può dirsi della Groenlandia. Non sarà certo l'Unione Europea, come preannuncia il suo atteggiamento pavido e rinunciatario, a impedire l'annessione della grande isola artica.

La Groenlandia non è in vendita

Molte cose ci dividono. Siamo un groenlandese e una danese, con carriere politiche molto diverse alle spalle, viviamo in continenti diversi e siamo su fronti opposti del mondo politico. Ma oggi che il presidente Trump torna a minacciare i nostri popoli e i nostri Paesi, rivendicando la Groenlandia, parte integrante del regno di Danimarca, noi ci uniamo con un unico messaggio: la Groenlandia non è in vendita e non lo sarà mai.

Uno di noi, Lynge, ha lottato a lungo per il diritto all'autodeterminazione dei groenlandesi ed è stato uno dei fondatori di Inuit Ataqatigiit, il partito progressista che ha governato più volte la Groenlandia. L'altra, la signora Seeberg, ha fatto parte del Parlamento danese e di quello europeo come membro del Partito Popolare Conservatore danese, per il quale il re, Dio e la patria costituiscono la sacra trinità. Quindi rappresentiamo sia il colonizzato che il colonizzatore: la Groenlandia è stata una colonia danese fino al 1953 e ha guadagnato l'autonomia nel 1979. Per anni, tuttavia, abbiamo lavorato insieme per rafforzare la società civile e garantire che lo sfruttamento delle risorse naturali venisse fatto rispettando la volontà della popolazione. Nel decennio scorso la Cina ha manifestato un forte interesse per queste ricchezze e ha proposto grandi progetti che ignorano l'impatto sulla vita quotidiana dei groenlandesi e sul loro futuro.

Questa corsa ha indotto i groenlandesi a tutelare i propri interessi economici, e oggi la nostra isola è in grado di utilizzare le proprie ricchezze evitando che queste vengano sfruttate soltanto dagli altri. Il punto più importante, comunque, è che i groenlandesi non hanno nessuna intenzione di vendere la loro terra, né di permettere che il destino della loro patria sia deciso da stranieri assetati di profitto. Le nostre leggi vietano a chiunque di possedere terre private, e dal 2009 i diritti sulle nostre risorse appartengono collettivamente al popolo groenlandese. Questo può sembrare incomprensibile per un magnate dell'immobiliare come il signor Trump, ma quando le persone costruiscono una nazione e ne promuovono i valori il fascino del dollaro è minore di quanto egli possa pensare.

I groenlandesi, dopo aver ottenuto una maggiore autonomia negli ultimi anni, non hanno alcun desiderio di scambiare centinaia di anni di dominio danese con quello americano. Quando sentono il signor Trump affermare che possedere la Groenlandia è "un'assoluta necessità" per gli Stati Uniti e che "l'avremo" – senza escludere l'uso della forza - sentono solo il minaccioso imperialismo di un'altra epoca. I groenlandesi e i danesi hanno considerato gli Stati Uniti un buon amico per decenni, il che rende tutto questo ancora più sorprendente. Gli amici non minacciano gli amici.

I groenlandesi vogliono decidere del proprio destino e lo stanno facendo da quando, 16 anni fa, è stato istituito l'autogoverno, assumendo la responsabilità principale in molti settori della politica pubblica, pur continuando a lavorare a stretto contatto con la Danimarca in altri. Gli americani, compreso il signor Trump, devono capire che i groenlandesi non sono danesi, ma prevalentemente inuit - sì, proprio come alcune delle popolazioni indigene dell'Alaska. Sebbene il danese e l'inglese siano ampiamente compresi e parlati, il groenlandese è la lingua ufficiale e la cultura inuit rimane forte. Grazie ai groenlandesi che lavorano per acquisire una conoscenza sempre maggiore delle tradizioni e della cultura che erano state trascurate e soppresse per centinaia di anni, il loro senso di identità è più forte che mai. In tutto l'Artico, gli I-

nuit degli Stati Uniti, del Canada e della Russia sono ispirati dai progressi compiuti dai groenlandesi, dalla nazione che stanno costruendo e dal loro tentativo di definire il proprio futuro. Il modo in cui le popolazioni indigene sono trattate in America, dove le loro lingue e le loro culture sono state emarginate, non è certo un buon biglietto da visita.

I groenlandesi, in linea di massima, non desiderano essere americani. Molti non desiderano nemmeno essere danesi. Ma la verità è che non sono obbligati a farlo. Possono continuare a essere groenlandesi. Un recente sondaggio condotto da un giornale groenlandese ha rilevato che solo il 6% di loro vuole lasciare il regno danese e unirsi agli Stati Uniti, mentre l'85% si oppone. L'unicomodo per garantire e sviluppare i diritti e le libertà conquistati dalla Groenlandia negli ultimi decenni è la collaborazione con la Danimarca.

A nostro avviso, l'unione tra Groenlandia e Danimarca, insieme alle Isole Faroe, può essere paragonata al rapporto tra fratelli. In certi casi si tratta di un rapporto difficile, per non dire peggio; le nostre tre società non sono certo d'accordo su tutte le questioni. Uno dei fratelli, almeno finora, è sempre stato più forte degli altri, e questo ha creato delle tensioni. Ma ora che il bullo di turno, in questo caso il signor Trump, se la prende con uno di noi, dobbiamo restare uniti per vincere la sua arroganza.

Questo non significa che gli Stati Uniti non abbiano un ruolo da svolgere in Groenlandia. Le forze americane sono presenti fin dalla Seconda guerra mondiale. Con la crescente militarizzazione dell'Artico e con le ambizioni di Russia e Cina nella regione, la presenza militare americana è destinata ad aumentare. Sia i danesi che i groenlandesi sono grati per il modo in cui l'America ha garantito la sicurezza dell'Occidente per decenni - e speriamo e ci aspettiamo che l'America continui a farlo. I groenlandesi comprendono l'importanza della presenza militare americana e la Danimarca è un membro attivo della NATO. Allo stesso modo, se le aziende americane vogliono investire nel settore del turismo, dell'estrazione mineraria, dell'esplorazione di minerali o di altre industrie della Groenlandia, sono le benvenute, purché lo facciano nel rispetto delle leggi e dei regolamenti locali.

Ma la nostra isola non è soltanto un pezzo di terra da sfruttare: è una nazione. E questo è possibile soltanto se la Groenlandia e la Danimarca restano unite. L'assurda pretesa territoriale di Trump non fa altro che rafforzare questo legame.

Manifestazione contro l'annessione minacciata da Trump a Sisimiut. Foto: Tôrtia Reimer-Johansen.

Gliimperidelventunesimosecolo

Ilventesimosecolosieraapertoconilcrollodiquattroimperi:asburgico,ottomano,russoetedesco. Oggi,all'iniziodelventunesimo,gliimperistannorinascendoinmodidiversi,ingenerepreferendo l'annessionediterritoricontiguianzichéildominiodiquellilontani.LaRussiahainvasoeannesso laCrimeaconunreferendumtruccato(2014)cheilmondo,salvoqualcheflebileprotesta,haaccettatosenzafareunapiega.Reazionebendiversaèquellachehaavutonel2022,quandolafederazione eurasiaticahainvasol'Ucraina.LaCinahasostanzialmentecancellatolostatusparticolarediHong Kong, ex colonia britannica, basato sul principio "un paese due sistemi". L'annessione di Taiwan restaunobiettivocentraledellapoliticacinese.Questorischiadiinnescareunasituazionemoltopericolosa.All'iniziodellasuasecondapresidenzaDonaldTrumphadichiaratocheintenderiprendere possesso del Canale di Panama, ma soprattutto che vuole annettere il Canada e la Groenlandia. Quest'ultimoobiettivoèunsognochelafederazionenordamericanaaccarezzadallontano1867.Da alloraè statoripropostopiùvolte,maèstatosoltantonel2019,durantelasuaprimapresidenza,che Trump haproposto diacquistarela grande isola artica.Una proposta che il governo danese, ovviamente,ha rifiutatosenzamezzitermini. Più complessa è la questione del Canale di Panama. Questo è oggetto di un lungo contenzioso fra PanamaeStatiUniticheèstatorisoltoconduetrattatisottoscrittinel1977.Inbaseaquestiaccordi il controllo americano del canale è cessato definitivamente nel 2000. Il proposito enunciato da Trump, quindi, porrebbe gli Stati Uniti al di fuori della legalità: condizione non certo nuova per la federazione nordamericana, ma comunque capace di scatenare una guerra fra i due paesi. Panama, Canada,Groenlandia:vedremocosasuccederàinpraticadopoquestesortite.Inognicasoilrilancio ingrandestiledell'espansionimostatunitensenonlasciaprevederenientedibuono.

Giovanna Marconi

Stato/periodo* Territorio annesso Prima dopo

Cina 1946-2011 Mongolia meridionale, Xinjiang, Tibet, Hong Kong, Macao

Cina? Taiwan 9.596.960 9.633.157

Russia 1992-2022 Crimea, Donetsk, Lukansk, Kherson, Zaporizhia 17.045.400 17.109.834

StatiUniti 1958-59 Alaska, Hawai'i

Stati Uniti? Groenlandia

8.082.689 9.834.000

Stati Uniti? Groenlandia, Canada 9.834.000

* Come termine di paragone, si consideri che l'impero russo, al momento della massima estensione (1895), misurava 22.800.000 kmq. Era lo stato più grande del mondo e copriva un sesto del pianeta.

The Rhodes Colossus,diEdwardLinleySambourne(Punch,1892);disegnodiJamesFerguson.

La colonizzazione dell'infanzia

Il colonialismo d'insediamento, ridotto alla sua essenza, consiste nell'occupazione di un territorio e nello sfruttamento di tutte le forme di vita che lo abitano: umane, animali, vegetali. Nel tempo, però, il colonialismo ha sviluppato la capacità di dominare queste forme di vita anche senza ricorrere all'occupazione fisica del territorio. In questo modo ha generato una sorta di illusione ottica, perché è riuscito a espandersi pur dando l'impressione di essere scomparso. Questa illusione è stata alimentata da un enorme equivoco: la convinzione che il colonialismo fosse un fenomeno puramente territoriale. In questo quadro si inseriscono certi crimini commessi contro i popoli indigeni, spesso mostruosi ma altrettanto spesso ignoti, che non hanno risparmiato neanche i bambini.

Un caso paradigmatico è quello dei 22 piccoli inuit groenlandesi, di età compresa tra i quattro e i nove anni, che nel 1951 furono sottratti alle loro famiglie dal governo di Copenaghen per essere integrati forzatamente nella società danese. Molte famiglie si opposero, ma altre si lasciarono convincere e permisero che i bambini venissero portati via da casa. Ritenuti esponenti di una civiltà inferiore destinata all'estinzione, i piccoli inuit dovevano essere sradicati e trasformati in "piccoli danesi" uguali ai loro coetanei. L'esperimento si rivelò così fallimentare che un anno dopo i bambini furono riportati in Groenlandia. Ma non erano più gli stessi. Nessuno rivide i genitori: sei furono adottati da famiglie danesi, mentre gli altri 16 furono collocati nell'orfanotrofio della Croce Rossa, dove fu loro vietato di parlare la propria lingua madre e vennero costretti ad adottare la cultura e i costumi danesi. L'intenzione di assimilarli, in altre parole, non era stata abbandonata.

Dimenticata per lungo tempo, questa tragedia è stata finalmente portata alla luce dal libro I den bedte mening (Con le migliori intenzioni, 1998), dove Tine Bryld ha raccolto numerose testimonianze dei sopravvissuti. Il libro ha ispirato il film Eksperimentet (L'esperimento, 2010), scritto e diretto da Louise Friedberg, purtroppo non tradotto in italiano.

Nel 2009 il Primo Ministro groenlandese Kim Kielsen ha chiesto le scuse ufficiali del governo danese. Lo stesso ha fatto la protagonista del film, Ellen Hillingsø, ma il Primo Ministro danese Lars Rasmussen non ha accolto la richiesta, limitandosi a riconoscere che l'esperimento era stato un errore. Al contrario si è scusata Mimi Jakobsen, segretario generale di Red Barnet (Save the Children), l'organizzazione coinvolta nel progetto. L'8 dicembre 2020, infine, anche il Primo Ministro Mette Frederiksen ha presentato le scuse ufficiali ai sopravvissuti. Fra questi c'era anche Helene Thiesen, che nel libro autobiografico Greenland's Stolen Indigenous Children (Routledge, 2022) ha raccontato la propria esperienza. Oggi Helene Thiesen ha 81 anni e vive a Stensved, un villaggio situato nel sud della Danimarca.

Ma c'è un altro aspetto di questa storia spaventosa che non va trascurato. L'esperimento del 1951 era stato concepito per convincere le Nazioni Unite che la Groenlandia, all'epoca ancora colonia danese, fosse parte integrante della Danimarca. Ma al contrario del governo danese, le Nazioni Unite non hanno mai fatto la minima autocritica.

Alle sofferenze causate da questa tragedia se ne sono aggiunte successivamente delle altre. Nel maggio 2022 un programma radiofonico ha rivelato che tra il 1966 e la metà degli anni Settanta quasi la metà delle donne groenlandesi in età fertile (circa 5.000) aveva subito l'inserimento di dispositivi intrauterini, spesso senza il loro consenso e all'insaputa dei genitori. Nel 2017 una di loro, Naja Lyberth, era stata una delle prime persone a denunciare pubblicamen-

te questa campagna governativa per la limitazione delle nascite. Oggi vive a Nuuk, la capitale della Groenlandia, dove lavora come psicologa, cercando di aiutare le vittime di questa pratica disumana a superare il proprio trauma psicologico.

La commissione istituita in Groenlandia per indagare su questi e altri crimini ha lavorato per tre anni (2014-2017), ma senza la partecipazione del governo, che si è opposto all'iniziativa. Nel 2019, invece, Mette Frederiksen ha mostrato la volontà di collaborare con le autorità groenlandesi in una nuova indagine sulle ingiustizie lamentate dagli Inuit, limitata però al periodo successivo alla fine della Seconda guerra mondiale: "Ci sono ancora capitoli della nostra storia comune da scoprire", ha dichiarato il Primo Ministro. Il 27 agosto 2025 Mette Frederiksen ha presentato le scuse ufficiali del governo alle 5000 vittime.

In alto a sinistra: la locandina del documentario Twice Colonized, che racconta la storia dell'avvocato inuit Aaju Peter, prima coinvolta nell'esperimento del 1951, poi emigrata in Canada, dove ha trovato un altro tipo di discriminazione. Peter è tuttora molto attiva nella difesa degli indigeni artici. Le altre foto si riferiscono ai libri e al film citati nell'articolo.

Né danesi né americani

Lo spazio che i media riservano ai fermenti separatisti viene spesso limitato da un'ottica eurocentrica. Negli ultimi anni, per esempio, si è parlato molto della Catalogna e della Scozia, più raramente delle Fiandre, mentre la Brexit ha riaperto il dibattito sulla possibile riunificazione dell'Irlanda. Al contrario, poca attenzione è stata data a certe situazioni extraeuropee di origine coloniale, a meno che queste non coinvolgessero stati europei di grande rilievo politico. È il caso della Nuova Caledonia, un tempo colonia francese e oggi Collettività d'Oltremare, dove si sono svolti tre referendum sull'indipendenza (2018, 2020 e 2021), ciascuno dei quali ha visto ha visto la sconfitta dei separatisti. Quasi ignorataè stata invece la Groenlandia, colonia danese dal 1814 al 1953, poi coinvolta in vari mutamenti istituzionali che potrebbero sfociare nell'indipendenza.

Un'isola unica al mondo

La Groenlandia, situata nell'estremo nordest del continente americano, si estende per 2.166.000 kmq (7 volte l'Italia). Il 90% dei suoi 57.000 abitanti è costituito da inuit (eschimesi). Questa isola artica, come altri territori circumpolari, stimola da tempo l'interesse di vari paesi – in particolare Cina, Russia e Stati Uniti - per le sue immense risorse naturali. Secondo un rapporto governativo diffuso nel 2023, l'isola contiene il 30% delle riserve mondiali di gas naturale e il 13% di quelle petrolifere. A queste si aggiungono enormi quantità di grafite (6 milioni di tonnellate), terre rare (46 milioni di tonnellate), rame (106.000 tonnellate), come anche grandi quantità di litio, molibdeno, oro, platino, etc.

La Groenlandia non è soltanto l'isola più grande del mondo, ma anche una delle terre più singolari del pianeta. È una delle poche dove non sia mai stata combattuta una guerra; la prima che sia uscita dalla CEE (1985), e di conseguenza non abbia mai aderito all'Unione Europea; la terra con la più bassa densità di popolazione (0,03 abitanti per kmq); la sola regione autonoma che costituisce parte integrante di un paese europeo (la Danimarca) pur essendo situata in un altro continente.

La Groenlandia durante la guerra fredda

Nel 1867, durante la presidenza di Andrew Johnson, gli Stati Uniti acquistano l'Alaska dall'impero zarista. Nello stesso periodo la federazione nordamericana comincia a manifestare un certo interesse per la Groenlandia. Il tema viene accantonato, ma riemergerà periodicamente. Nel 1940, quando la Danimarca viene occupata dalla Germania, l'isola rimane indifesa, esposta alle pretese territoriali della Gran Bretagna e del Canada. Per prevenire la sua occupazione, gli Stati Uniti decidono di garantire la posizione dell'isola trasformandola in un protettorato de facto Negli anni successivi l'assetto geopolitico della Danimarca subisce alcuni cambiamenti. Alla fine del 1943 scade l'atto di unione con l'Islanda che è stato firmato 25 anni prima. Il 20 maggio 1944, con un referendum, il 95% della popolazione islandese si pronuncia a favore di una repubblica indipendente. Subito dopo la fine della guerra gli Stati Uniti propongono alla Danimarca di vendere la Groenlandia, ma l'idea non viene accettata e la questione viene accantonata nuovamente. Intanto emerge la controversia delle isole Faroe, un arcipelago di 18 isole vulcaniche unito alla Danimarca dall'inizio del diciannovesimo secolo, che ottengono uno

statuto di autonomia nel 1948. La nascita della NATO (1949), che vede la Danimarca fra i fondatori, proietta la la Groenlandia nel contesto geopolitico internazionale.

Nel 1951 Copenaghen e Washington stipulano un trattato per la difesa dell'isola artica. Gli Stati Uniti acquistano un terreno per costruirci la base aerea di Thule (oggi Pituffik), costringendo gli inuit che lo abitano a emigrare in una zona inospitale. Le conseguenze umane sono tragiche.

La Costituzione danese approvata nel 1953 trasforma l'isola in una provincia del regno. Il paese, pur restando unitario, risulta composto di tre parti distinte: la Danimarca continentale, la Groenlandia e le isole Faroe. Negli anni successivi nasce Kalaallit Nunaata Radioa, la prima emittente radiofonica groenlandese, che nel 1982 inizierà le trasmissioni televisive.

Nel 1973, quando la Danimarca entra nella CEE, l'isola aderisce di riflesso. Negli stessi anni, però, si manifestano i primi fermenti autonomistici.

La svolta determinante avviene nel 1979, quando l'isola ottiene uno statuto di autonomia. Questo include il controllo degli affari giudiziari, della polizia e delle risorse naturali. I groenlandesi vengonoriconosciuti comepopolo distinto ai sensi del diritto internazionale. La Danimarca, che mantiene il controllodegli affari esteri e della difesa, assicura una sovvenzione annuale di 3,2 miliardi di corone. Quando l'isola inizierà a raccogliere i proventi delle proprie risorse naturali il contributo sarà gradualmente ridotto. Il referendum del 1982 segna l'uscita dell'isola dalla CEE. Il motivo principale è la volontà di riprendere il controllo delle risorse ittiche. Dopo la nascita dell'Unione Europea, comunque, i groenlandesi ottengono la cittadinanza europea. Nel 2009 la lingua locale, affine all'inuit, ottiene lo status di unica lingua ufficiale.

Un68fraighiacci

In vari paesi le minoranze e i popoli indigeni recepiscono l'ondata rinnovatrice del Sessantotto con qualcheannodiritardo,mainmodoautonomoeoriginale: nonsonointeressatiaidogmimarxisti-leninisti,mavoglionoaffermarelapropriadiversità.Gliartisti,einparticolareimusicisti,sonoparteintegrantediquestofenomeno.Bastipensarealla Nova cançó catalanaoal Riacquistu corso,tantoperfaredueesempi.Neiprimianni Settantaanchela Groenlandiacontribuisceaquestarinascitaculturale,dandounimpulsodecisivoaifermenti socialichesarannocoronatidall'autonomiadel1979. InquestocontestogiocaunruolocentraleSumé(dove ingroenlandese),ungrupporockfondatonel1972da Malik Høegh e Per Berthelsen, entrambi chitarristi e compositori. Frail 1973 eil 1977il quartetto realizza 3 LP, guadagnando velocemente un grande successo. L'influenza dl rock angloamericano è evidente, ma le canzoni sono cantate in groenlandese e affrontano temi politici, criticando apertamente il potere coloniale danese.Altrettantoesplicitaèlarivendicazioneidentitaria:"È tempo di vivere di nuovo come inuit e non come occidentali", cantano in "Nunaqarfiit". I loro concerti sono seguiti da molti giovani e i dischi vendono diverse migliaia di copie: un successo strabiliante in unpaesechehasoltanto57.000abitanti. Il gruppo si scioglie nel 1977, ma nello stesso anno Malik Høegh fonda insieme a Karsten Sommer l'etichettaULO,cherimaneattivafinoal2004,dopoaver pubblicatoidischidinumerosimusicistilocali.Quindi ilgrupposiriformatemporaneamenteperregistrareun quartoalbum, Persersume (1994),checontienealcuni branioriginalienuoveversionidiquellivecchi. Nel 2014 l'importanza del gruppo viene celebrata dal documentario Sumé: The Sound of a Revolution, direttodaInukSilisHøegh.Laregistaèlanipotedi Malik Høegh, che nel 2017 cura il libro Akamalik, una raccolta di antiche storie inedite. L'anno dopo il musicistavienepremiatoconilNersornaat,lamassimaonorificenzagroenlandese.

Antonella Visconti
HjalmarDahl,PerBerthelsen,EmilLarsen,MalikHøegh.

IlprecedentedelleHawai'i

L'arcipelagohawaiiano,situatonelPacificonordorientale,siestendeper28.000kmq(quantol'Albania).Includeottoisoleprincipalienumerosiatolli.Gliindigeni(KanakaMaoli)sono polinesiani. La società, divisa in tre classi distinte e retta dalla monarchia, s sviluppa per molti secoli senza contatti col resto del mondo. All'inizio del 1700 l'arcipelago è abitato da quasi un milione di persone. Il primo europeo a raggiungerlo è il capitano James Cook (1778), e l'impatto si rivela devastante: allo sradicamento culturale si accompagnano, come è già accaduto in America due secoli prima,ladiffusionedimalattieinfettive-lebbra,vaiolo,sifilide,tubercolosi-allequaligliindigeni nonpossonoopporredifeseimmunitarie.Nell'arcodiunsecololapopolazionevienedecimata:nel 1890gli hawaiiani sonosoltanto 40.000.Nelfrattempol'imperialismoreligioso veicolatodaimissionaricalvinistidelNewEnglandarrivatinel1820staschiacciandoilpoliteismolocalepersostituirlocolcristianesimo.L'eticapuritanadeimissionarisiscontraduramenteconlasocietàindigena, caratterizzatadaunerotismochevieneinterpretatocomepuradepravazioneequindirepresso. Sempre nel corso del diciottesimo secolo, la Russia e la Gran Bretagna tentano senza successo di colonizzarel'arcipelago,cheèstatounificatodalreKamehameha.E'quindiilpresidenteamericano JohnTylerchedichiaraapertamentel'intenzionediattrarreleisolenell'orbitadegliStatiUniti.Nel 1848 il re Kamehameha III cede alle pressioni dei coloni statunitensi che reclamano la privatizzazione delleterre,dove hannogià diffusolepiantagioni dicannadazucchero.Nel 1866,colpretesto di salvaguardare gli interessi americani, una nave della marina federale viene dislocata nelle acque dell'arcipelago. Intanto viene promossa una massiccia immigrazione di asiatici e nordamericani. La situazione sta ormai precipitando: nel 1877 il ministro Pierce dichiara che le isole sono "unacoloniaamericanadalpuntodivistapoliticoedeconomico".Cresceilmalcontentofragliindigeni,chevedonomorirelentamentelapropriaindipendenza. Nel1891salealtronoLydiaLili'uokalani.Lanuovaregina,volendorestituirealsuopopoloidiritti chestaperdendo,emanaunanuovacostituzionecheistituiscelamonarchiacostituzionaleenegail voto agli stranieri. I latifondisti americani formano un sedicente "governo provvisorio" sostenuto dagliStatiUniti.Il17gennaio1893ilpalazzorealevienecircondatodagliesponentidel"governo provvisorio"edall'esercitofederale.Lareginasivedecostrettaallaresa.

Pochi mesi dopo il nuovo presidente Cleveland condanna senza mezzi termini il colpo di stato e cerca di restaurare la monarchia hawaiiana. Il suo mandato termina però senza che sia riuscito a vincerelaresistenzadellelobbiesfinanziariechepropugnanol'espansioneamericananelPacifico, dovegliStatiUnitihannogiàdiversecolonie,fralequaliGuam,SamoaeleFilippine. Nel1895lalinguaautoctonavieneproibitaetreannidopo(1898)leisoledivengonoufficialmente colonia americana. Il Novecento è segnato dall'americanizzazione e dall'espansione turistica, fenomenidevastantiperlaculturalocale.Il27giugno1959unreferendumdall'esitoscontatotrasformal'arcipelagonelcinquantesimostatofederato,mainrealtàquestoègiàstatodecisodaEisenhower conunattoufficiale del 18marzo.Sottoil profiloformale,quindi,l'incorporazione avvieneper adesionevolontaria.LostessocopionepotrebbeessereutilizzatoperannetterelaGroenlandia.

Antonella Visconti

CULTURE VIVE

A sinistra: Jonathan Motzfeldt, padre dell'autonomia groenlandese; Magia delle farfalle, inchiostro di Naja Abelsen; il libro La valle dei fiori di Niviaq Korneliussen; Angunnguaq Larsen, attore e musicista. A destra: locandina del film Nummioq (2009); il libro A nord di Thule di Knud Rasmussen; Aqqaluk Lynge, ex presidente dell'Inuit Circumpolar Conference, parlamentare e poeta; la cantante Naja Parnuuna; Aaju Peter, avvocato e attivista.

Bibliografia

BerniB.(acuradi), Leggende groenlandesi,Iperborea,Milano2020. BuchananE., So You Want to Own Greenland? Lessons from the Vikings to Trump,MelvilleHouse, NewYork(NY)2025.

CasottiP., Uppa, Cronache groenlandesi,ItaloSvevo,Roma2013. HuctinJ.-M., Avec les Inuit du Groenland dans un monde en ébullition,Editionsdel'Aube,LaTourd'Aigues2025.

MeschiariM., Artico nero. La lunga notte dei popoli dei ghiacci,Exorma,Roma2016.

OrlandoS., Groenlandia. Viaggio intorno all'isola che scompare,Laterza,Bari2025.

PeroniR., I colori del ghiaccio. Viaggio nel cuore della Groenlandia e altri misteri della terra degli inuit,Sperling&Kupfer,Milano2014.

RasmussenK., Aua,Adelphi,Milano2018.

Rud S., Colonialism in Greenland: Tradition, Governance and Legacy, PalgraveMacmillan, London2017.

Filmografia

Anori,regiadiPipalukK.Jørgensen,Groenlandia,2018. Inuk, regiadiMikeMagidson,Francia-Groenlandia,2010. Kalak,regiadiIsabellaEklöf,Danimarca-Finlandia-Norvegia-PaesiBassi-Svezia,2023. Twice Colonized,regiadiLinAlluna,Danimarca,2023.

ATLAS DER VOM AUSSTERBEN BEDROHTEN SPRACHEN

IL NUOVO ATLANTE DELLE LINGUE MINACCIATE

Il linguista Stefan Schnell, membro del consiglio direttivo della Gesellschaft für bedrohte Sprachen, e Arnfrid Schenk, redattore del quotidiano Die Zeit, sono i curatori del nuovo Atlas der der vom Aussterben bedrohten Sprachen (Du Mont, Köln 2025, pp. 224, € 34), che esamina50 lingue inviadi sparizione: dal basco al comanche, dal sorabo al'artshinich. Un viaggio alla scoperta di una diversità linguistica che rischiamo di perdere per sempre, un grido d'allarme che non deve restare inascoltato. https://www.dumont-buchverlag.de

La grande conquista di un piccolo popolo

Il 12 dicembre 2024, dopo una lunga battaglia legale che aveva coinvolto anche la Corte europea dei diritti dell'uomo, il Seimas (Parlamento lituano) ha concesso il riconoscimento statale a Romuva, un'associazione religiosa che si richiama alle tradizioni spirituali precristiane dell'area baltica. A differenza degli altri paesi europei, che sono stati cristianizzati fra il quarto e il decimo secolo, quelli dell'area baltica sono stati gli ultimi ad abbracciare la nuova religione: prima la Lettonia nel 1215, seguita dall'Estonia (1227) e infine dalla Lituania (1387). Il nome di Romuva onora l'omonimo santuario, un importante sito spirituale descritto nelle fonti storiche come un luogo in cui un fuoco eterno diffondeva la pace in tutta la regione. Secondo dati recenti, oltre 5.000 lituani si identificano con questa religione.

La mozione è stata approvata con 64 voti a favore, 8 contrari e 10 astensioni. "In Lituania persone di diverse nazionalità e religioni hanno convissuto per lungo tempo", ha dichiarato la deputata socialdemocratica Jūratė Zailskienė, sostenitrice della mozione, "e ognuno poteva praticare liberamente la religione che voleva, quindi vi invito a sostenere questa mozione e a risolvere finalmente la questione". Rita Tamašunienė, membro della Lietuvos Lenkų Rinkimų Akcija (Azione Elettorale dei Polacchi in Lituania, partito cristiano della minoranza polacca), ha motivato la propria opposizione con queste parole: "Questa comunità, che custodisce l'antica cultura baltica, è degna dell'attenzione e del sostegno finanziario del Ministero della Cultura, ma non è una religione e risponde solo ad alcuni criteri formali che non ne fanno una religione. Credo che il Parlamento, accettando di riconoscerla, crei le condizioni per un conflitto di identità religiosa. La Lituania è stata cristianizzata molti secoli fa e il percorso scelto da re Mindaugas è il nostro percorso storico. Pertanto, credo che non dobbiamo assoluta-mente abbandonare questa strada". Da queste parole traspare chiaramente l'intolleranza tipica delle religioni monoteistiche.

La vittoria di Romuva segna il culmine di una lotta decennale per il riconoscimento. Il movimento è nato nel 1967, ma è stato soppresso dai sovietici negli anni Settanta. Alla fine degli anni Ottanta, quando il potere dell'Unione Sovietica si è indebolito, gli aderenti hanno iniziato a praticare apertamente. Nel 1995, dopo l'indipendenza della Lituania, Romuva ha ottenuto al registrazione come organizzazione religiosa "non tradizionale", il primo dei tre livelli di riconoscimento religioso previsti dal sistema lituano. Il primo riguarda appunto le organizzazioni religiose registrate (livello 1), che garantiscono uno status giuridico di base per la proprietà e la raccolta di fondi; le religioni riconosciute dallo Stato (livello 2), che includono benefici come esenzioni fiscali, assicurazione sociale per il clero e riconoscimento automatico dei matrimoni religiosi; e le religioni tradizionali (livello 3), che ricevono finanziamenti statali e sono definite da una legge del 1995 come parte del patrimonio storico e culturale della Lituania. Solo nove gruppi detengono lo status di religione tradizionale, tra cui i cattolici romani, i greco-cattolici, i luterani evangelici e i musulmani sunniti.

Nonostante il rispetto dei requisiti legali, Romuva ha dovuto affrontare una notevole opposizione per ottenere lo status di livello 2, in particolare da parte della Chiesa cattolica. Nel 2019, l'arcivescovo Gintaras Grušas, presidente della Conferenza episcopale lituana, ha contestato l'autenticità storica della Romuva e hamesso in dubbio la coerenza dei suoi insegnamenti. Il Seimas ha respinto più volte le richieste di riconoscimento statale della Romuva. Nel 2021, la CEDU ha stabilito che i precedenti rifiuti della Lituania violavano i principi della

libertà religiosa. La Corte ha ritenuto che le decisioni fossero influenzate da convinzioni religiose politiche e personali piuttosto che da criteri oggettivi. La sentenza ha sollevato dubbi sull'imparzialità delle autorità lituane e ha sottolineato i pregiudizi sistemici nei confronti dei gruppi religiosi non cristiani. Nel 2022, nonostante la sentenza della CEDU, il Seimasall'epoca controllato da una coalizione di partiti socialmente conservatori - respinse nuovamente la richiesta di riconoscimento di Romuva.

La composizione del Seimas è cambiata in ottobre, portando al potere una coalizione del Partito socialdemocratico e aprendo la possibilità di un risultato diverso per Romuva. Con il voto di giovedì, la Lituania riconosce ufficialmente Romuva come organizzazione religiosa di livello 2 riconosciuta dallo Stato. Il riconoscimento di Romuva come religione di livello 2 le dà diritto a diversi benefici legali, tra cui il funzionamento come ente di beneficenza, l'esenzione dalle tasse sulle proprietà e l'accesso alle trasmissioni nazionali per i servizi religiosi e il riconoscimento legale dei matrimoni celebrati dai suoi sacerdoti. Questo riconoscimento non si limita ad assicurare diritti legali a Romuva, ma segna anche un progresso importante nell'approccio della Lituania alla diversità religiosa, sfidando il predominio delle gerarchie religiose e promuovendo una maggiore accettazione del pluralismo spirituale.

IlpanoramareligiosodellaLituania

Secondoil censimentodel2021, il 74% della popolazione si dichiara cattolico,quindi pocomeno del 77% del precedentecensimento (2011). Il 4% si proclama ortodosso,mentre le altre comunità non superano l'1% della popolazione e il 6% (in calo rispetto al 6,1% del 2011) dichiara di non appartenere ad alcun gruppo religioso e il 14% (in aumento ri-spetto al 10% del 2011) non ha indicato la propria religione. Le nuove comunità rappresenta-te sono i deisti, gli Hare Krishna, le streghe,irastafarianieiteosofi.Nel2021(comenel2011),lemaggioriconfessionieranoicattolici romani, gli ortodossi,i vecchi credenti,i luterani evangelicie i riformati evangelici. Lestatistiche siconcentranosuigruppipiùnumerosi,senzaprestareattenzioneallereligioniminoritarieoallepersonechenonsiidentificanoconalcungrupporeligioso.Questasituazionesinotaancheneglistudi sullereligioniminoritarienontradizionali. Adesempio,unaricercaetnograficasulladiversitàreligiosaèstatacondottaneiterritoriurbanierurali,attraversol'osservazionedellecomunitàreligiose minoritarie.Secondoquestaricerca,ilcattolicesimoèdiventatoilfondamentodiognidibattitosulla religione e sulla morale, quindi la discussione sulla diversità religiosa e sul secolarismo avviene soltantoall'internodiquestoperimetro.

Bibliografia

Brokken J., Anime baltiche, Iperborea, Milano 2024.

Dini P. U., L'anello baltico. Lituania, Lettonia, Estonia: un profilo storico-culturale, sec. ed., Vocifuoriscena, Viterbo 2018. Gouguenheim S., Les derniers païens. Les Baltes face aux chrétiens (XIIIe-XVIIIe siècle), Passés/Composés, Paris 2022. Trinkūnas J., Baltic Religion Today, Romuva, Vilnius 2015.

Young F. (a cura di), Pagans in the Early Modern Baltic: Sixteenth-century Ethnographic Accounts of Baltic Paganism, Arc Humanities Press, York 2022.

Rasa Pranskevičiūtė-Amoson
Inija Trinkūnienė, leader di Romuva, durante un rito.

intervenuto David Seymour, leader di ACT New Zealand e Ministro per la regolamentazione legislativa, che ha presentato un disegno di legge (Treaty Principles Bill). Questo stravolgerebbe la sostanza del Trattato di Waitangi limitando fortemente certi diritti delle minoranza indigena e dovrebbe essere approvato da un referendum. Il 14 novembre 2023 il disegno di legge ha superato la prima lettura in Parlamento.

Primi segnali di dissenso

Il Waitangi Tribunal, la commissione parlamentare che deve dirimere i contrasti relativi al trattato di Waitangi, ha espresso una posizione contraria nei confronti della riforma. Nato nel 1975, questo organismo risponde al Ministro della Giustizia, ma il suo parere non è vincolante. Naturalmente la riforma ventilata dal nuovo governo ha allarmato soprattutto la comunità indigena. Per i Māori, ovviamente, toccare il Trattato di Waitangi equivale a una dichiarazione di guerra. Il 5 dicembre 2023 il Māori Party ha organizzato varie manifestazioni di protesta alle quali hanno partecipato decine di migliaia di persone, fra le quali anche molti bianchi. All'inizio del 2024 Seymour ha lanciato una campagna informativa sulla sua proposta di legge. Il Ministro sosteneva che la riforma non ne avrebbe toccato la sostanza, mentre gli indigeni temevano il contrario. La festa nazionale, che si è tenuta come ogni anno il 6 febbraio, si è svolta in un clima molto teso, con le due parti arroccate su posizioni inconciliabili. Nel dicembre del 2024 due associazioni māori, National Iwi Chairs Forum e Ngā Rangatira o Aotearoa/Te Waipounamu, hanno scritto al re Carlo III chiedendogli di intervenire per ga-rantire il rispetto del Trattato di Waitangi, sottoscritto durante il lungo regno della sua trisa-vola Vittoria. A quanto si sa la lettera, firmata da 503 persone, non ha ricevuto una risposta ufficiale.

Un coro di voci stonate

Nelle prime settimane del 2025 vari membri della maggioranza hanno cominciato a manifestare serie riserve sulla riforma proposta da Seymour. Il Primo Ministro Luxon ha dichiarato che "il National Party non sosterrà il disegno di legge" e ha escluso un referendum. Winston Peters, leader di New Zealand First, gli ha fatto eco affermando che la riforma era "morta e sepolta".

L'ex Primo Ministro Jane Shipley (1997-1999), membro del National Party, ha definito il disegno di legge "inconcepibile" perché "negherebbe al partner originario il ruolo che gli spetta". Un altro ex Primo Ministro, il laburista Geoffrey Palmer (1989-1990), era convinto che il controverso disegno di legge danneggiasse il "tessuto collettivo della nostra nazione". Il 10 aprile 2025, infine, il Parlamento ha bocciato il disegno di legge con una larga maggioranza (112 contrari e 11 favorevoli). Seymour ha dichiarato che continuerà comunque la sua battaglia.

Protesta a Palmerston North. La scritta sullo striscione significa "Onorate il trattato. Marcia di Papaioea" (nome māori di Palmerston North).

Bibliografia

Corteggiani A., I figli di Maui. Saggio etnologico sui Maori della Nuova Zelanda, Bulzoni, Roma 2002.

Mulholland M., Weeping Waters: The Treaty of Waitangi and Constitutional Change, Huia Publishers, Wellington 2011.

Orange C., An Illustrated History of the Treaty of Waitangi, Bridget Williams Books, Wellington 2004.

Un nuovo mandato coloniale

Il piano di Donald Trump per Gaza comporta la creazione di una seconda amministrazione mandataria, e non c'è motivo di credere che non avrà effetti simili a quelli del primo. L'articolo 22 del Patto della Società delle Nazioni disponeva quanto segue: Alcune comunità che appartenevano all'Impero turco hanno raggiunto un grado di sviluppo tale che la loro esistenza come nazioni indipendenti può essere provvisoriamente riconosciuta, salvo il consiglio e l'assistenza amministrativa di una Potenza mandataria, finché non saranno in grado di reggersi da sé. I desideri di queste comunità dovranno essere considerati prima di tutto nella scelta della Potenza mandataria. Come ad altri territori mandatari, fra i quali Siria, Libano e Iraq, anche alla Palestina avrebbe dovuto essere concessa l'indipendenza. Ma nel 1922, quando la Società delle Nazioni approvò la risoluzione sul Mandato della Palestina, divenne chiaro che alla Gran Bretagna erano stati concessi poteri che andavano ben oltre la semplice "consulenza e assistenza". Tali poteri consentirono l'attuazione della Dichiarazione Balfour. Come previsto esplicitamente dal preambolo della risoluzione sul Mandato: "Considerando che le principali potenze alleate hanno inoltre convenuto che il Mandatario dovrebbeessereresponsabile dell'attuazionedelladichiarazione originariamente fattail2no-vembre 1917 dal governo di Sua Maestà Britannica e adottata dalle suddette potenze, a favore della creazione in Palestina di una patria nazionale per il popolo ebraico, fermo restando che nulla dovrebbe essere fatto che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina, o i diritti e lo status politico di cui godono gli ebrei in qualsiasi altro paese".

Inoltre, l'articolo 1 conferiva al Mandatario un'ampia autorità:

“Il Mandatario avrà pieni poteri legislativi e amministrativi, salvo quelli che possono essere limitati dai termini del presente mandato”. In pratica, il regime del Mandato servì come strumento giuridico per istituire una "patria nazionale per il popolo ebraico" sul ter-ritorio palestinese. Negli anni successivi abbiamo visto come si è svolto questo processo. Sebbene il testo del Mandato affermasse che i diritti delle comunità non ebraiche sarebbero stati protetti, non furono mai messe in atto garanzie efficaci e le conseguenze sono ben note. L'attuale pianodi Trump replica questo schema. Promette cheipalestinesinon saranno sfollati e che i loro diritti saranno garantiti. Ma in che modo? Cosa accadrebbe se, dopo il rilascio degli ostaggi, Israele – come ha fatto più volte in passato – invocasse un nuovo pretesto, rinnegasse l'accordo e persistesse nell'occupazione di Gaza? Cosa accadrebbe se non ritenesse la smilitarizzazione della Palestina ta e rifiutasse di ritirarsi? Trump parla di un nuovo regime simile al mandato. Hamas sarà esiliato e nascerà una nuova Palestina che Israele potrà "approvare!. Lungi dal preparare la strada all'autodeterminazione, il piano renderà la Palestina ancora più soggetta al dominio israeliano, proprio come fece il primo mandato tra il 1922 e il 1948. Inoltre, attuare un piano senza consultare il popolo palestinese costituisce una violazione esplicita del suo diritto all'autodeterminazione. L'articolo 22 del Patto della Società delle Nazioni stabiliva che "i desideri di queste comunità (dovessero) essere considerati prima di tutto". Ma oggi come ieri, la volontà del popolo palestinese viene totalmente ignorata.

La logica sionista

Secondo i sionisti che occupano la Palestina, i loro antichi profeti ebrei avevano predetto che negli "ultimi giorni di questo mondo" il loro dio avrebbe inviato un "messia" che li avrebbe condotti nella loro terra promessa. In questa terra avrebbero istituito il loro governo "divino", che avrebbe permesso loro di "governare tutte le altre nazioni con una verga di ferro". Se i sionisti israeliani credono che la loro occupazione della Palestina araba sia il compimento di queste profezie, allora credono anche che Israele debba adempiere alla sua missione "divina" di governare tutte le altre nazioni con la verga di ferro, il che significa solo una forma diversa di governo simile al ferro, persino più ben radicata, di quella delle ex potenze coloniali europee. Questi sionisti israeliani credono religiosamente che il loro Dio ebraico li abbia scelti per sostituire l'obsoleto colonialismo europeo con una nuova forma di colonialismo, così ben mascherata che consentirà loro di ingannare le masse africane affinché si sottomettano volentieri alla loro autorità "divina", senza queste siano consapevoli di essere ancora colonizzate.

Un colonialismo invisibile

I sionisti israeliani credono di aver camuffato con successo il loro nuovo tipo di colonialismo. Questo sembra essere più "benevolo", più "filantropico", un sistema con cui fanno accettare alle potenziali vittime le loro amichevoli offerte di "aiuti" economici e altri doni allettanti coi quali cercano di sedurre le nuove nazioni africane, afflitte da gravi problemi economici.

Nell'Ottocento, quando le masse africane erano in gran parte analfabete, era facile per gli imperialisti europei governarle con la forza, ma oggi queste masse si stanno risvegliando ed è impossibile controllarle con i vecchi metodi. Gli imperialisti, quindi, sono stati costretti a escogitare nuovi metodi per sottometterle. L'arma moderna del neoimperialismo è il dollarismo. I sionisti hanno imparato la scienza del dollarismo: la capacità di presentarsi come amico e benefattore, portando doni e ogni altra forma di aiuto economico e offerte di assistenza tecnica. Così Israele è riuscito a guadagnare in molte delle nuove nazioni africane "indipendenti" un'influenza ancora più forte di quello dei vecchi colonialisti europei. Il nuovo colonialismo sionista differisce solo nella forma e nel metodo, ma mai nell'obiettivo.

Il potere del dollaro

L'arma numero uno dell'imperialismo del XX secolo è il dollarismo sionista e una delle sue basi principali è Israele. Gli imperialisti europei, astuti come sempre, hanno collocato Israele dove poteva dividere geograficamente il mondo arabo, infiltrarsi e gettare il seme del dissenso tra i leader africani e mettere gli africani contro gli asiatici. L'occupazione israeliana della Palestina ha costretto il mondo arabo a fare spese militari imponenti, impedendo a quelli più giovani di rafforzare le proprie economie e migliorare il livello di vita dei loro popoli. I problemi economici del mondo arabo sono stati utilizzati dai propagandisti sionisti per dimostrare agli africani che i leader arabi non sono in grado di garantire ai loro popoli una vita dignitosa. In questo modo hanno indotto gli africani ad allontanarsi dagli arabi e a rivolgersi agli israeliani per poter avere personale didattico e tecnico. “Storpiano l'ala dell'uccello e poi lo condannano perché non vola veloce come loro”. Gli imperialisti si fanno sempre belli, ma solo perché sono in competizione con Paesi economicamente paralizzati e di recente indipendenza, le cui economie sono in realtà paralizzate dalla cospirazione sionista-capitalista. Non possono opporsi a una concorrenza leale, quindi temono l'appello di Gamal Abdul Nasser per l'unità afro-araba sotto il socialismo.

Un Messia?

Se è vero che i sionisti sono stati condotti nella terra promessa dal loro messia, e se l'attuale occupazione della Palestina araba da parte di Israele è il compimento di quella profezia, dove si trova questo messia? È stato Ralph Bunche, mediatore delle Nazioni Unite, a "negoziare" il possesso della Palestina da parte dei sionisti! Ralph Bunche è il messia del sionismo? Se Ralph Bunche non è il loro messia, e il loro messia non è ancora arrivato, allora cosa stanno facendo in Palestina in attesa del loro messia? I sionisti avevano il diritto legale o morale di invadere la Palestina araba, sradicare i cittadini arabi dalle loro case e impadronirsi di tutte le loto proprietà arabe affermando che i loro antenati vivevano lì migliaia di anni fa? Solo mille anni fa i Mori vivevano in Spagna. Questo darebbe ai Mori di oggi il diritto legale e morale di invadere la penisola iberica, cacciare i cittadini spagnoli e poi fondare una nuova nazione marocchina... dove prima c'era la Spagna, come i sionisti europei hanno fatto ai nostri fratelli e sorelle arabi in Palestina? In breve, l'argomentazione sionista per giustificare l'attuale occupazione israeliana della Palestina araba non ha il minimo fondamento legale, né nella storia né nella loro stessa religione. Dov'è il loro Messia?

Bibliografia

Malcolm X, Alex Haley, Autobiografia, Rizzoli, MIlano 2003. Malcolm X, Nessuno può darti la libertà, Gog, Roma 2020.

MalcolmX1925-2025

19maggio1925NasceaOmaha(Nebraska)colnomediMalcolmLittle,quartodisettefratelli.

1928LacasadeiLittlevienedistruttadallefiamme.Iresponsabilirestanoignoti.

1938-1939Lamadre,malatadimente,vienechiusainmanicomio.Ifiglisonoaffidatiavariefamiglie.

1946-1952Vieneincarceratopiùvoltepervarireati.

1952EntranellaNationofIslameassumeilnomediMalcolmX.

1954Viaggiinvaripaesiasiaticieafricani.InEgittoincontrailpresidenteNasser.

1955ABandung(Indonesia)perlaprimaconferenzadelMovimentodeiNon-Allineati.

1963Iniziaascriverel'autobiografiaconAlexHaley.

1964ViaggiinalcunipaesiafricanieArabiaSaudita.

21febbraio1965VieneuccisoaNewYorkdaalcunimembridellaNationofIslam.

Dasinistra:locandinadelfilm Malcolm X (1992);copertinadell'LP Colloquio con Malcolm X (1974); larecentebiografia(2025)diKehineAndrews,direttoredellarivistatelematica Make it Plain

rottura più o meno evidenti; Gran Bretagna e Spagna, esempi differenti di centralizzazione teorizzata, ma non pienamente realizzata, nonostante gli sforzi compiuti e le ingenti forze impiegate.

Perri compara le varie situazioni in un'analisi storica di lungo periodo, dove evidenzia la loro differenziazione per approccio ideologico e obiettivi, strategie e pratiche di carattere politico. Sono in particolare tre i periodi in cui queste istanze acquisiscono particolare rilevanza: quello tra le due Guerre mondiali, gli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta del secolo scorso e gli ultimi decenni, tra la fine del secondo millennio e l'inizio del nuovo.

Nella prima sezione spiccano la diversificazione ideologica e la divaricazione tra resistenza e collaborazionismo. Nella seconda emerge l'esigenza di decolonizzazione, che si esprime anche con le connessioni tra gli obiettivi di emancipazione nazionale/sociale e le forme di violenza politica. Nella terza, infine, si assiste a una ridefinizione ideologica che interessa in primo luogo le forze politiche più radicali e ad un'evoluzione del rapporto tra istanze di auto-governo e processo di integrazione europea. In un contesto come quello italiano, dove si riscontra una particolare difficoltà nell'affrontare tali questioni, il libro è una lettura necessaria.

Marco Buttino, I tatari di Crimea. Dalla deportazione al difficile ritorno (1944-2024), Scholè, Brescia 2025, pp. 208, € 17.

Greta Lynn Uehling, Decolonising Ukraine: The Indigenous People of Crimea and Pathways to freedom, Rowman & Littlefield, Lanham (MD) – Boulder (CO) - New York (NY) – London 2025, pp. 224, $36/$85.50.

Dal 2014, quando l'Ucraina ha guadagnato un rilievo mediatico senza precedenti, l'edi-toria italiana e quella americana hanno pubblicato una grande quantità di libri sulla sua storia più o meno recente. Nonostante questo, l'annessione forzata della Crimea che la Russia ha realizzato in quell'anno ha ricevuto un'attenzione minima. Questi due libri colmano in parte questo vuoto, permettendo al lettore italiano e a quello anglofono di conoscere una questione cruciale.

Il volume di Buttino offre un panorama storico sintetico ma preciso che copre gli ultimi ottant'anni, in altre parole il periodo successivo alla deportazione che il regime stalinista realizzò durante la Seconda guerra mondiale. Accusati di aver collaborato con i tedeschi, i Tartari vennero prelvati casa per casa e deportati in aree lontane dell'URSS, in prevalenza in Uzbekistan, dove iniziarono una nuova vita segnata da grandi difficoltà materiali e culturali.

Il testo americano ha unastruttura diversa. L'autrice attinge a un ampio lavoro sul campo che comprende un centinaiodi interviste.Questetestimonianze dirette compongonoun mosaicoche include diversi gruppi etnici e religiosi. Rispetto al libro di Buttino questo è caratterizzato da toni più militanti, che comunque non scadono mai nella propaganda, conservando sempre un livello scientifico alto e qualificato.

Adania Shibli, Un dettaglio minore, La nave di Teseo, Milano 2021, pp. 129, € 16,15.

"Non dobbiamo mai smettere di concentrare tutte le nostre forze e la nostra determinazione nella costruzione di questo nostro stato nascente, nella sua difesa e salvaguardia per le generazioni future. Ciò implica che spetta a noi stanare il nemico, invece di rimanere in attesa che si manifesti, perché se qualcuno viene per ucciderti, alzati e uccidilo tu per primo" (corsivo nell'originale, p. 42). Le parole che l'autrice mette in bocca a un generale del nascente stato sionista,

rivolte al proprio plotone mobilitato nel deserto del Negev nel 1949, suonano molto attuali. In questo romanzo breve Adania Shibli ci presenta un paesaggio desertico intenso e nudo. La prosa è scarna: solo i fatti hanno dignità di parola e ci tolgono il respiro. Nella trama si incrociano due traiettorie biografiche: un generale alle soglie del mezzo secolo e, venticinque anni dopo, una giovane donna che cerca un lembo di un passato scomparso.

Sono traiettorie che corrispondono a due stili narrativi. In questo viaggio l'autrice ci comunica un'esistenza a brandelli, dove i gesti, meccanici o marziali, a volte urgenti e istintivi, rincorrono un signifi-cato. Ma nel mondo di Shibli non vi sono certezze. Ciò che resta è soltanto lo scandalo dei fatti.

Lance Henson, Entities / Entità, Forum, Udine 2024, pp. 128, € 18.

Il nuovo libro del poeta cheyenne, già noto per le sue opere tradotte in ventisette lingue, porta l'emblematico titolo di Entità. L'edizione è bilingue, e già in questo sdoppiarsi del testo possiamo ravvisare il tema che attraversa molti componimenti: la traduzione non è che specchio, superficie che mette in comunicazione mondi diversi, proprio come l'autore stesso, che da anni risiede in Italia. Ma c'è ovviamente molto di più: la poesia come incantesimo ed evocazione. Un vero e proprio "fiume di lingue", mormorate da diverse entità che si affacciano, tramite le parole di Lance Henson, sul presente.

Molte sono entità di un passato turbolento: è un fiume in piena che trasporta i detriti del passato, i traumi del genocidio e della resistenza, la violenza delle boarding schools e della discriminazione, ma anche diversi conflitti di ieri e di oggi, così come le voci di antichi amori e di vecchi amici che nel lungo viaggio è d'obbligo incontrare e perdere. È allora, leggendo una dopo l'altra queste poesie, che il fiume di lingue ci trasporta in luoghi sconosciuti, dove si svela la sua profonda e cristallina essenza: la parola di Lance Henson è acqua di medicina.

The Indigenous World 2025

È stato pubblicato The Indigenous World, l'unico rapporto annuale sulla questione indigena: i problemi, le lotte, le aspirazioni e le conquiste di 476 milioni di persone che vivono in 90 paesi. La loro strenua resistenza alle iniziative politiche ed economiche che minacciano la loro sopravvivenza.

Dalla Bolivia alla Groenlandia, dalla Polinesia alla Scandinavia, un panorama chiaro e aggiornato realizzato dai maggiori esperti mondiali.

Una pubblicazione fondamentale per comprendere temi e problemi che i media trascurano o trattano in modo confuso.

Il libro, disponibile in inglese e spagnolo, può essere scaricato gratuitamente:

Nuvole di carta

Alessandro D'Osualdo, Un re, un imperatore, un confine, ADE, Sedegliano (UD) 2024, pp. 64, € 20.

Alessandro D'Osualdo, grafico e disegnatore friulano, non è molto noto al di fuori della sua regione: una lacuna che deve essere colmata. D'Osualdo è il creatore di Tarvòs, un simpatico celta vagamente ispirato ad Asterix. Nato nel 1978, Tarvòs è il protagonista di storie divertenti, ricche di personaggi simpatici e irriverenti, di citazioni storiche stimolanti.

Il primo albo fu pubblicato da Chiandetti, che fra il 1978 e il 1980 stampò in entrambe le lingue (friulano e italiano) anche i successivi sette della serie. La prima, perché nel 2023 Tarvòs è tornato con una nuova storia, Un re, un imperatore, un confine. Stavolta le edizioni sono tre, perché all'italiano e al friulano si aggiunge il veneto.

La trama ruota attorno a Sighièt, il paese di Tarvòs, che non essendo segnato sulle mappe viene conteso fra un re e un imperatore. Esilarante e ricca di colpi di scena, la storia viene completata dalle note di alcuni esperti che approfondiscono certi aspetti storici, come l'origine del nome Tarvòs e il fatto che i Celti a noi noti non siano mai esistiti. Completa il volume "Le 33 morti di Uno", tre brevi racconti illustrati, dove la storia si intreccia con la fantasia.

Alessandro Michelucci

Massimo Rosi (soggetto e sceneggiatura), Nicola Izzo (disegni), Lorenzo Palombo (colori), Inuit, Leviathan Labs, Venturina Terme (LI) 2024, pp. 112, € 15.

Anche se il titolo fa pensare agli eschimesi odierni, la storia si svolge in tempi molto più remoti, in una preistoria dai tratti fantastici. Siamo nell'era in cui l'apparizione dei primi esseri umani coincide con l'estinzione dei Kiviuq (giganti), perseguitati dagli uomini che vogliono impadronirsi delle loro risorse. Una di loro, una gigantessa incinta, riesce a salvarsi. Ma anziché continuare a fuggire, si ribella e decide di vendicarsi.

Le atmosfere opprimenti trasmettono una paura quasi tangibile. L'irregolarità delle tavole rende l'azione ancora più vivida e coinvolgente. Un'altra scelta felice è quella che riguarda i dialoghi, brevi e rarefatti, in sintonia con una natura spietata sempre in agguato. Chiude il testo un glossario che permette al lettore di calarsi in un contesto che altrimenti gli sarebbe estraneo.

Alessandro Michelucci

Cineteca

Il mohicano, regia di Frédéric Farrucci, Francia, 2024, 87'.

Thriller interpretato da un attore intenso, ambientato tra i grandiosi paesaggi e le viuzze della Corsica, Il mohicano è un film potente diretto da un regista isolano, Frédéric Farrucci. Nella sua terra affacciatasul mare, Joseph (l'ottimoAlexisManenti) allevalecapreeproduceunformaggio molto apprezzato. È uno degli ultimi pastori della costa. La sua vita rischia di cambiare quando alcuni imprenditori decidono di comprare la sua terra per realizzare un progetto immobiliare. Joseph non conosce altro che il suo lavoro, la terra è la sua vita e non ha intenzione di rinunciarvi, perché venderla significherebbe la scomparsa definitiva di un mondo rurale già in pericolo. Dopo aver ucciso accidentalmente un uomo che lo minacciava, il contadino fugge sulle colline. Ma non è solo: la nipote Vannina (l'attrice belga Mara Taquin) racconta sui social network la sua lotta. Il fatto che Joseph venga sostenuto dalla popolazione preoccupa la mafia. "L'allevamento costiero era un'attività molto diffusa in Corsica, ma è scomparso quando il turismo e la speculazione fondiaria hanno preso il sopravvento su tutte le altre attività, spingendo i pastori verso l'interno", spiega il regista. Un lavoro emozionante, basato su una sceneggiatura impeccabile, dove cronaca sociale e politica si fondono creando un efficace film d'azione.

Jacques Brinaire

No Other Land, regia di Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor e Hamdan Ballal, Palestina-Norvegia, 2024, 95'.

No Other Land è un documentario sull'occupazione isrealiana della Cisgiordania. Ambientato nella zona di Masafer Yatta, il lavoro si concentra sul periodo che va dal 2019 al 2023. La telecamera segue da vicino la resistenza nonviolenta dei palestinesi alla distruzione delle case e all'espulsione realizzata dall'esercito israeliano, che vuole farne un'area di addestramento. La narrazione è guidata dalle riprese di Basel Adra, un attivista palestinese. L'elemento centrale è l'amicizia che si sviluppa tra Basel e Yuval Abraham, un giornalista israeliano che documenta la situazione e sostiene la causa pa-lestinese. Il film mostra da un lato la violenza degli sgomberi, dall'altro la resilienza degli abi-tanti che ricostruiscono quanto viene distrutto. Il messaggio è un forte grido di autodeterminazione da parte degli occupati. Il titolo stesso, No Other Land, sottolinea il legame indissolubile dei palestinesi con la loro terra. Il film è un chiaro atto di denuncia della disuguaglianza e dell'apartheid vissute quotidianamente, con Ba-

Musiche

Mari Boine, Alva, ByNorse Music, 2024.

Nell'ultimo CD della cantante sami palpita l'orgoglio di un'artista che ha abbandonato i dogmi imposti dal cristianesimo per riappropriarsi della propria cultura. Autrice dei testi, Mari Boine ha scritto le musiche insieme al bassista Svein Schutz. Completano la formazione Stein Austrud (tastiere, bulbultarangekalimba),GeorgBuljo(chitarraelettrica),Kristian SvalestadOlstad (chitarre, cori), Gunnar Augland (batteria e percussioni) e Jakop Janssønn (percussioni).

I testi di "Vuoi beaivi don eallima addi" (O Sole, donatore di vita) sono di Nils-Aslak Valkeapää, uno dei massimi poeti sami, musicista e attivista a livello internazionale. "Áhkánsuolu" (L'isola degli aiutanti) ribadisce il legame con la natura. Altri brani sottolineano gli affetti familiari: "Oainnestan" (Sguardi) è dedicata al figlio, mentre "Mu eadni" (Madre mia) rievoca la madre.

Opera intensa, realizzata col cuore e con una notevole perizia tecnica, Alva conferma ancora una volta il valore di questa grande artista, oggi nota e apprezzata in tutto il mondo.

Alessandro Michelucci

Cergio Prudencio, Antología 1: Obras para la Orquesta Experimental de Instrumentos Nativos, Buh Records, 2024.

Cergio Prudencio è nato a La Paz, capitale boliviana situata a 3600 metri, che ospita grattacieli e antiche rovine. La sua musica vive di questi umori: ambiziose composizioni orchestrali per strumenti tradizionali che fondono musica contemporanea e suoni autoctoni dell'area andina. Questo disco presenta alcuni dei suoi lavori più importanti, composti fra il 1980 e il 2015. Tra questi spicca "La ciudad", una composizione post-minimalista influenzata dalla musica tradizionale. Scritta nel 1980, è nata come canzone popolare di protesta. Da questo brano emerge la volontà di rompere con la formazione classica e dare vita a una forma di avanguardia propria. "Tríptica" è un pezzo per cordofoni tradizionali, mentre "Cantos" è un tuffo rituale nel mondo delle anime. Il disco ci permette di conoscere un compositore innovativo, la cui musica incarna la collisione tra i suoni travolgenti delle montagne boliviane e le città moderne che prosperano al loro fianco.

Javier Rodríguez-Camacho

PASQUALE PAOLI

6 aprile 1725 - 6 aprile 2025

Siamo còrsi per nascita e sentimento ma prima di tutto ci sentiamo italiani per lingua, origini, costumi, tradizioni e gli italiani sono tutti fratelli e solidali di fronte alla storia e di fronte a Dio… Come còrsi non vogliamo essere né schiavi né "ribelli" e come italiani abbiamo il diritto di trattare da pari con gli altri fratelli d'Italia… O saremo liberi o non saremo niente…Ovinceremocon l’onore osoccomberemoconlearmi in mano... La nostra guerra di liberazione è giusta e santa come santo e giusto è il nome di Dio, e qui sui nostri monti spunterà per l’Italia il sole della libertà.

Pasquale Paoli, Napoli, 1750

La prima costituzione democratica dell'era moderna vede la luce in un'isola del Mediterraneo che sta lottando per liberarsi da quattro secoli di dominio genovese: la Corsica. La costituzione di Pasquale Paoli (1755) segna la nascita di un vero stato. Dotato di una raffinata cultura umanistica, il rivoluzionario corso organizza l'esercito e la marina; fonda Isula Rossa (Ile-Rousse) per avere un porto in alternativa a Calvi, che è rimasta genovese; usa metodi draconiani per sradicare la pratica della vendetta diffusa nelle faide interfamiliari; fonda l'università di Corte, dove l'insegnamento viene impartito gratuitamente in italiano. In pochi anni lo sconosciuto generale corso diventa una leggenda vivente. Federico I di Prussia e Caterina di Russia manifestano la propria ammirazione per lui; Vittorio Alfieri gli dedica la tragedia Timoleone; Goethe lo conosce a Francoforte e ne resta affascinato. "Qualcosa mi dice che ungiorno quest'isola sbalordirà l'Europa" scrive Jean-Jacques Rousseau nel Contratto sociale (1762). "Toute l'Europe estcorse" afferma entusiasta Voltaire. In Francia Paoli viene accolto come il precursore della Rivoluzione e aderisce con entusiasmo alla nuova repubblica.

Ma presto Paoli deve constatare che il centralismo giacobino non potrà mai dare all'isola l'autonomia che lui reclama. Questo determina una netta frattura fra Parigi e Corte. La Corsica paolina tramonta nel 1769 a Pontenovo, dove l'esercito corso viene sconfitto da quello francese. L'annessione dell'isola alla Francia (1789) segna la fine di una delle esperienze politiche più originali dell'Europa moderna. La Corsica si allea quindi con laGran Bretagna, dando vita al breve regno anglo-corso (1794-1796). Il suo scontro con la Francia termina con la vittoria della repubblica. Paoli muore esule a Londra nel 1807.

Dall'alto: busto di Paoli nella Piazza di Ile-Rousse dedicata a lui; ritratto del pittore inglese Richard Cosway, conservato nella Galleria Palatina di Firenze; busto di C. Rivi, situato nel Giardino del Pincio (Roma), fra i busti dei grandi italiani.

Srebrenica1995-2025

Ilgenocidioeuropeochehachiusoilventesimosecolo

Trent'anni fa, l’11 luglio 1995, l’esercito serbo invase la città bosniaca di Srebrenica, portando a compimentoilpiùspaventosomassacroavvenutoinEuropadopolafinedelsecondoconflittomondiale. Persero la vita oltre 8.000 musulmani bosniaci, in maggioranza ragazzi e uomini. Srebrenica dovevaessereuna"zonasicura",designatadalleNazioniUnitepericiviliinfugadaicombattimenti trailgovernobosniacoeleforzeseparatisteserbedurantelalungaframmentazionedellaJugoslavia. Maquestononimpedìaisoldatiserbidiassediarelacittàperanni. Le truppe serbo-bosniache agli ordini del generale serbo Ratko Mladic irruppero nella cittadina di Srebrenica,assediatada treanni,e in 10giornimassacraronooltre 8000musulmani -8.372lacifra ufficiale -per lopiu'uomini e ragazzi,mentre i Caschiblu olandesi non alzaronoun dito. Il giorno precedente la caduta di Srebrenica, il 10 luglio, a causa dei bombardamenti, circa diecimila musulmanisieranorifugiatiaPotocari,aseichilometridaSrebrenica,nellabasedeicaschibluolandesi. Il12luglioquesticostrinseroirifugiatialasciarelabase,consegnandolipraticamentenellemanidei carnefici. Al tramonto i serbi rastrellarono gli uomini che avevano cercato rifugio in un edificio di fronteall'accampamentodell'ONU.Il13luglioiniziòlamattanza. Mentre migliaia di prigionieri venivano barbaramente uccisi, le Nazioni Unite non fecero nulla per impedirloeilcomandantedelbattaglioneolandese,ThomKarremans,immortalatodalletelecamere, brindava con Mladic alla "brillante operazione militare" perla conquista di Srebrenica. Nel 2002 il governo olandese di Wim Kok presentò le dimissioni dopo che l'Istituto per la documentazione di guerrariconobbelaresponsabilitàdeipoliticiedeiCaschibluolandesipernonaversaputoimpedire il massacro. Nel 2013 un verdetto della Corte suprema dei Paesi Bassi ha confermato la responsabilitàdeiPaesiBassinellacausaintentatadall'exinterpretedelbattaglioneolandese,Hasan Nuhanovic, per la morte del padre e del fratello. Nel 2019 la questa responsabilità è stata incredibilmenteridottaal10%... Naturalmente esistonomolti libri suquesta tragedia.Unodeipiùautorevoli èquellodiIvicaĐikić, Metodo Srebrenica (Bottega Errante), uscito nel 2020 e riproposto nel 2025 in una nuova edizione aggiornata.Unapreziosatestimonianzadirettadellaqualeconsigliamocaldamentelalettura.

Per gli amici assenti

NANDO ACQUAVIVA (1939-2025)

La Corsica è vicina in termini geografici e storici, ma ignota alla maggior parte degli italiani, che la considerano soltanto una meta estiva. Di conseguenza sono sconosciuti anche coloro che segnano la sua vita artistica e culturale. Come Nando Acquaviva, uno dei massimi musicisti isolani, deceduto a Lisula (L'Île-Rousse) il 30 gennaio 2025 dopo una lunga malattia. Nato nel 1939, Nando (all'anagrafe Ferdinand) ha percorso la seconda arte nel modo più completo: cantante, compositore, musicologo e strumentista, è stato uno dei principali esponenti del Riacquistu, la rinascita culturale che l'isola ha vissuto fra gli anni Settanta e Ottanta. Questo fermento ha prodotto frutti visibili. Uno dei maggiori è l'esperienza di Pigna, un paese della Corsica nordoccidentale che vive di musica. Abbandonato fino agli anni Sessanta, è rinato grazie a Toni Casalonga e alla Corsicada, la cooperativa di artigiani che l'ha trasformato in un laboratorio musicale. A questo fermento Nando ha dato un contributo enorme. Ha fondato e guidato il gruppo polifonico A Cumpagnia. Con questo ha inciso vari dischi, fra i quali Nerone in Corsica (Casa, 1999), realizzato con Antoine Massoni, musicista molto legato a Pigna, e In concertu (Casa, 2013). Capace di spaziare dalle chitarre al violino, si è cimentato anche con l'antica cetra corsa, come attesta Cetera (Casa, 2000), inciso con Henri Agnel e altri. Ha scritto le musiche di Fiumarella (CDRP, 2004), inciso con Claude Bellagamba, Toni Casalonga e altri musicisti gravitanti attorno a Pigna.

Nando amava profondamente l'Italia. Ha lavorato intensamente per rianimare lo scambio culturale italo-corso che si era interrotto in seguito all'invasione fascista dell'isola (1942). Ha partecipato al progetto europeo IN.CON.TRO (Incontri condivisi transfrontalieri di ricerca sull'oralità, 2009-2011), che aveva coinvolto numerosi studiosi corsi, sardi e toscani.

Nando è stato anche un maestro. Ha ideato la mimofonia, un metodo per apprendere la polifonia basato sulla gestualità. Ma non un maestro che dispensava il suo sapere dall'alto, in modo freddo e distaccato. Al contrario, è stato un maestro gentile, animato da spirito di servizio, capace di trasmettere le proprie conoscenze con un sorriso amichevole.

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