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Al Monte della Strega ai confini con il Montefeltro
Nel numero 136
Agosto dal Parco dei Daini di Montelago
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Siarriva a Montelago (noto non tanto per la sagra del prosciutto di cinghiale di ferragosto quanto per la “patata di Montelago”), prima di raggiungere il monte della Strega, provenendo da Sassoferrato (è sito nella Marca Anconetana e potrebbe meritare una visita al rientro!) lungo la strada che dall’antico Sentinum porta a Serra S. Abbondio Strèga [lat Strĭga (m), variante pop. di strīx, gen. strĭgis, dal gr. stríx, gen. strigós, “uccello notturno”, (di fatto il barbagianni), *sec. XIII]: nel vocabolario della lingua italiana lo Zingarelli
2011 il significato principe è quello di “donna che, nelle credenze popolari di molte civiltà, e in particolare nell’Europa medioevale e rinascimentale, è ritenuta in rapporto con le potenze malefiche e accusata di azioni delittuose contro la religione e la società”.
Adorabile strega, ami tu i dannati? Dimmi, conosci l’irremissibile?
Conosci il Rimorso dai dardi avvelenati cui il nostro cuore serve da bersaglio? Adorabile strega, ami tu i dannati?
( Charles Baudelaire )
Non a caso, per fare un esempio, il “liquore Strega” (a base di una settantina di erbe), prodotto dal 1860 dalla ditta Alberti di Benevento deve la sua denominazione alle leggende sulla stregoneria in questa città campana. Credo che oltre al nostro ne esista soltanto un altro di Monte della Strega, ed è situato sull’appennino abruzzese ai confini con quello laziale.
Ma cerchiamo di comprendere perché codesto nome al nostro monte, pressoché tutto nel Comune di Sassoferrato. Si narra - questa è una ipotesi - che qui in ci fosse il culto di una sacerdotessa indovina simile alla nota Sibilla Appenninica: il suo nome era per l'appunto "Strega" e numerosi sono i segni della sua presenza nelle vicinanze. Secondo altri sembra che, vista dal monte Cucco o dal monte Catria, la cima più elevata del monte (che non è quello ove s’erge la croce) dà o dia l’idea di un cappuccio, un cappellaccio, come quello con il quale è solitamente raffigurata una “strega”. Certo se fosse chiamato dello Strega, il monte, si potrebbe ipotizzare il cognome di un “personaggio” di un tempo che fu, ad esempio. Oppure, se fosse chiamato semplicemente Strega, ovvero monte Strega, beh allora si potrebbe insinuare l’idea che tale montagna possa essere, come dire, stregata. Illazioni? Forse sì, forse no.
Ma prima di salire allo Strega eccoci a Montelago, a
750 m, ove un tempo, lo dice il nome, vi era un lago (tra il paesello e il monte Foria). Oltre 12 mila anni fa, a causa di uno sbarramento per frana, si formò un piccolo lago, a monte dell’attuale abitato. Esso si estinse tra l’XI e il XIV sec. dell’Era Volgare. Così, in questo geosito, scienza e storia si sono fuse e si sono integrate, rendendo tale area assai interessante, monti circostanti compresi. Il paleolago di Montelago, tra i monti Strega e Catria, intercettava probabilmente uno dei percorsi per l’eremo camaldolese di S. Croce di Fonte Avellana (in provincia però di Pesaro-Urbino), che Dante evocò nella sua Commedia. Ma questa è altra storia. Torniamo all’oggi e, preso un caffè nel barristorante del borgo, saliamo al Parco dei Daini. Il Parco dei Daini di Montelago è una bella area pic nic (con alcune panche e bracieri), ombreggiata, con un comodo parcheggio. Da qui partono diverse escursioni e sentieri, come quello che porta nella sommità del Monte Strega, un luogo appagante per tutti i sensi dove godere del silenzio, del magnifico panorama e dei delicati profumi. Il parco è riservato a loro, i Dama dama. Dal cancello li possiamo ammirare. Senza recare loro disturbo.

E allora seguitemi, partendo da qua. È una camminata non impegnativa, di pochi chilometri, che in tre ore si completa, tra l’andare e il tornare. Dal parcheggio a 915 m prendiamo il S.105a, un comodo stradello, che ci porterà sotto lo Strega a quota 1190 m per poi salire per un sentiero vero e proprio ai 1276 m della croce e ai 1284 della cima, quest’ultima vetta vie più suggestiva, non solo per magnifico panorama che offre. Il rientro può essere lungo il medesimo sentiero, con la variante del 105b e poi 105d per chi avesse con sé la carta dei sentieri specifica. Mi preme concludere ricordando l’importanza di questo monte ai tempi della resistenza partigiana che fu di base per la liberazione della nostra Italia dalla tirannia nazi-fascista. Un saluto così con l’incipit del canto partigiano :
“Il partigiano del Monte Strega”: “Coll’arma al fianco, in cuore la speranza
Su per la Strega sale il Partigiano. Il giorno è sul fine, la sera avanza, Rapida l’ombra cala verso il piano.”
Una finestrella sull’arte a cura di Go appassionato d’arte Piccola Antologia di Artisti nativi delle Marche
Umberto Peschi e la sua astrazione geometrica
gli anni '20 e '30 del secolo scorso Macerata è stato un centro artistico molto vivace tanto che diventò la palestra in cui si formarono artisti come Ivo Pannaggi, Wladimiro Tulli , Bruno Tano e Umberto Peschi. In quegli anni Umberto Peschi, nato a Macerata nel 1912, non aveva ancora sviluppata la sua scelta artistica ma dopo la frequenza della scuola professionale in cui aveva raggiunto la specializzazione in "legno", incominciò a frequentare le varie botteghe artistiche maceratesi e determinante fu il suo incontro e l'amicizia con lo scultore Giuseppe de Angelis. Raggiunto un minimo di esperienza, ben presto l'ambiente maceratese gli risultò alquanto ristretto tanto che nel 1937 pensò di trasferirsi a Roma. Sebbene alle prime armi, qui condivise lo studio artistico di via Colonnette con Sante Monachesi e Bruno Tano, suoi conterranei, e proprio durante questi primi anni romani ci fu la sua prima mostra presso la Casa d'Arte Bragalia e contemporaneamente presero forma i suoi contatti con il movimento futurista. A Roma conosce Filippo Tommaso Marinetti e stringe amicizia con Enrico Prampolini, Giacomo Balla e Fortunato Depero tutti artisti che gli aprono la strada che lo portò ad importanti esposizioni Fu nell'immediato dopoguerra, complice anche il sodalizio con Prampolini e con l'Art Club, che Peschi segue un percorso che lo porterà sempre più a scegliere un linguaggio astratto.

Infatti, entra a far parte del “Gruppo Futurista Boccioni” costituitosi a Macerata nel 1932 ed insieme allo scultore e pittore Sante Monachesi e all’artista Bruno Tano, tra i maggiori esponenti del Gruppo, partecipa alle principali rassegne nazionali ed esposizioni locali. Tra queste va segnalata la partecipazione alla Mostra Nazionale Viaggiante di Aeropittura Futurista organizzata all’aeroporto di Falconara Marittima, con tappe a Fano, Pesaro e Rimini. La scelta dell'Aereopittura viene declinata da Peschi nelle sue sculture proprio perché l'artista, per la personale espressione astratta, considera importante osservare la realtà come da un aereo in quanto, dall'alto, la visione della oggettività si amplia, restituendo una diversa prospettiva in continuo movimento . Questo concetto Peschi lo trasferisce nel legno nel tentativo di abbracciare la molteplicità, attraverso un segno rapido e una grande sintesi figurativa. La sua complessa personalità artistica si formò attraverso tante sperimentazioni e tra queste l'esperienza in trincea, come soldato volontario in Etiopia, lo segna in maniera irreversibile e lo induce a ripensare la sua opera in termini naturalistici, con stilemi arcaicizzanti e martiniani in cui manifesta plasticamente l’azzeramento di ogni certezza. Gradualmente pratica sempre più intensamente l’astrazione geometrica che è una sorta di rivelazione in quanto la si può definire una scrittura nello spazio. Arrivano, poi, gli anni della “poetica del tarlo”, come superamento della logica materialista insita nel gesto scultoreo: la mano, come il tarlo, si muove alla cieca. In tal modo, egli opera una formalizzazione linguistica dei soggetti, volta a smorzare ogni retorica. Espone spesso in Italia e nel mondo anche se privilegia la piccola dimensione provinciale maceratese, dalla quale non si allontana mai, lavorando nel suo storico studio in via Lauro Rossi Muore a Macerata nel 1992.

