Tribunale 2022-resistenza a pubblico ufficiale-Artt. 110, 56, 624 bis, 625 c.1., n. 2, 1^ ipotesi, c

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Tribunale 2022-resistenza a pubblico ufficiale-Artt. 110, 56, 624 bis, 625 c.1., n. 2, 1^ ipotesi, c.p. Tribunale Bari Sez. II, Sent., 03-06-2022 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL GIUDICE MONOCRATICO DR. MARIO MASTROMATTEO PRESSO IL TRIBUNALE DI BARI II SEZIONE PENALE Con la presenza del P.M. Avv. Amodio Con l'assistenza del Cancelliere G. Mastrangelo Ha pronunciato, mediante lettura del solo dispositivo, la seguente SENTENZA CON MOTIVAZIONE RISERVATA Nella causa penale di primo grado contro .. con domicilio eletto presso lo studio professionale del difensore di fiducia avv. ... IMPUTATO V. Allegato IMPUTATO dei seguenti reati: 1) Artt. 110, 56, 624 bis, 625 c.1., n. 2, 1^ ipotesi, c.p., poiché, in concorso con un altro soggetto non identificato, al fine di trame profitto per sé e/o per altri, compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco a introdursi all'interno dell'abitazione sita in B. al Viale U. d'I. n.24, piano 2, interno B, utilizzando strumenti di effrazione e forzando la porta d'ingresso, al fine di impossessarsi delle cose mobili ivi presenti, non riuscendo nell'intento per cause indipendenti dalla loro volontà, ed in particolare per l'intervento delle Forze dell'Ordine. Con l'aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose. Commesso in Bari, il 16.5.2022. 2) Art. 337, c.p., perché, per opporsi agli operatori di P.S. che, nell'esercizio delle proprie funzioni procedevano agli adempimenti inerenti all'arresto del G.T. per il reato di cui capo che precede, usava violenza - sferrandogli un calcio al volto e al corponei confronti dell'Assistente di P.S. S.G., che riportava le lesioni meglio descritte al capo 3), e colpiva, altresì, con la testa le pareti della


stanza della Questura di Bari ove era stato condotto, danneggiando, inoltre, una sedia dell'ufficio. Commesso in Bari, il 16.5.2022. 3) Art. 582, 585, 576 c. 1 n. 1 c.p., perché, al fine di commettere il reato di cui al capo che precede, cagionava a S.G. lesioni personali ("contusione della parte toracica, politrauma: trauma chiuso emitorace sx con infrazione della VII costa; trauma cranio facciale e cervicale minore, contusione delle pelvi"), giudicate guaribili in giorni 20. Commesso in Bari, il 16.5.2022. 4) art. 4 L. 18 aprile 1975, n. 110, perché, senza giustificato motivo, portava fuori dalla propria abitazione o dalle appartenenze di esse un cacciavite a taglio, con impugnatura in plastica/gomma di colore blu/giallo, strumento da punta atto ad offendere. Commesso in Bari, il 16.5.2022. Svolgimento del processo All'esito della convalida dell'arresto in flagranza eseguito in data 16.05.2022 dagli Agenti di P.S. in servizio presso l'Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico della Questura di Bari, cui seguiva la sottoposizione del prevenuto alla custodia cautelare in carcere, all'udienza del 18.05.2022 si procedeva al giudizio, ex art. 558, co.6, c.p.p., nei confronti di G.T. in ordine ai reati ascrittigli in epigrafe. In accoglimento dell'istanza di termine a difesa il processo veniva riaggiomato alla successiva udienza del 26.05.2022, in cui il difensore depositava documentazione medico-sanitaria relativa al proprio assistito, e l'imputato, coadiuvato dall'interprete nominato, avanzava istanza di definizione del procedimento mediate giudizio abbreviato. Disposta la trasformazione del rito in conformità a quanto richiesto ed acquisito il fascicolo delle indagini, le parti rassegnavano le rispettive conclusioni come da verbale in atti, cui seguiva la pubblicazione della presente sentenza mediante lettura del dispositivo. Motivi della decisione Gli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero, ed in particolare i verbali di arresto e di sequestro redatti a carico del prevenuto, la relazione di servizio a firma del Vice Ispettore della Polizia di Stato D.S.G., il referto di Pronto Soccorso relativo alle lesioni personali riportate dall'Ass. di P.S. S.G., pienamente utilizzabili ai fini della decisione in ragione della scelta difensiva di definire il presente procedimento mediante rito abbreviato, consentono di ricostruire la vicenda oggetto del giudizio nei termini che seguono. In data 16.05.2022, alle ore 22.10 circa, il vice Ispettore della Polizia di Stato D.S.G. udiva rumori metallici sospetti provenienti dall'esterno della propria abitazione, sita in B. al Viale U. d'I. n.24, piano 2 interno A, motivo per cui usciva e notava un individuo accostato con luci spente alla porta aperta del vicino di casa, che si fermava proprio in quel momento.


Il D.S. provvedeva immediatamente a qualificarsi chiedendo all'uomo chi fosse, ma questi reagiva dandosi a precipitosa fuga dallo stabile senza essere mai perso di vista dall'agente, e tentava di far perdere le sue tracce entrando in un palazzo sempre inseguito dal D.S., che nel frattempo aveva provveduto a richiedere rinforzi mediante chiamata sull'utenza (...). Sul posto sopraggiungevano due volanti della polizia, composte dagli agenti C.F., S.G., G.R. e C.P., i quali con l'ausilio del D.S. riuscivano a bloccare ed a porre in sicurezza l'individuo. La conseguente perquisizione consentiva di rinvenire nella sua disponibilità (occultati in una tasca interna del giubbotto smanicato indossato) un cacciavite a taglio con impugnatura in plastica/gomma, ed una chiave in metallo per serratura blindata, che venivano sottoposti a sequestro. Condotto presso gli Uffici di P.S., l'uomo veniva identificato in G.T. ed i rilievi foto-dattiloscopici disvelavano a suo carico un precedente segnalamento per reato di furto ad opera dei militari del N.O.R.M. di Bari. Tuttavia, nel corso di tali adempimenti il G. sferrava calci al volto e al corpo dell'agente S.G., cagionandogli lesioni personali consistite in "contusione della parete toracica; politrauma: trauma chiuso emitorace sx con infrazione della VII costa; trauma cranico facciale e cervicale minore; contusione della pelvi", con prognosi di 20 giorni s.c. In ragione delle suesposte emergenze gli agenti procedevano all'arresto dell'imputato, il quale in sede di interrogatorio di convalida - si avvaleva della facoltà di non rispondere; nel corso dell'udienza, tuttavia, il G. poneva in essere nuovi comportamenti intemperanti tanto da costringere il sottoscritto giudicante ad allontanarlo dall'aula. Tanto premesso in fatto, innanzitutto giova evidenziare che dagli atti acquisiti non emergono elementi o circostanze idonee a palesare l'inattendibilità della ricostruzione fornita dai verbalizzanti, né per imprecisione, vaghezza o approssimazione della stessa, né per falsità nella formazione dei verbali redatti dagli agenti, rispetto ai quali non risulta alcun interesse a mentire attesa la radicale assenza di ragioni di astio nei confronti dell'imputato. Oltretutto, lo stesso prevenuto non sconfessava in alcun modo gli addebiti contestati a suo carico, decidendo di non fornire alcuna versione alternativa alle plurime, gravi, precise e concordanti emergenze a suo carico. Tali ultime considerazioni illuminano chiaramente la penale responsabilità del G. in ordine a tutti i reati ascrittigli in rubrica. In particolare, per quanto concerne le imputazioni sub Capi 1) e 4) del libello accusatorio, il complessivo contegno tenuto dall'imputato integra pacificamente gli estremi oggettivi e soggettivi del delitto di tentato furto in abitazione, caratterizzandosi gli atti posti in essere per idoneità ed univocità rispetto alla fattispecie ex art. 624-bis c.p.


Invero, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la univocità, che costituisce una caratteristica oggettivamente qualificante della condotta nel delitto tentato, richiede che gli atti, in sé considerati, e quindi nella loro struttura ontologica, nonché per il contesto nel quale si inseriscono, rivelino secondo le norme di esperienza ed in base all'id quodplerumque accidit il fine perseguito dall'agente, costituendo tale presupposto non un parametro probatorio, bensì un criterio oggettivo della condotta (cfr., tra le altre, Cass., Sez. V, sentenza n. 43255 del 24/09/2009; Cass., Sez. I, sentenza n. 9411 del 7/01/2010). E' stato inoltre chiarito come ai fini della rilevanza penale e della punibilità del tentativo gli atti non possano essere in astratto distinti e classificati in atti preparatori ed atti esecutivi, discrimine da ritenersi generico e superato, poiché ciò che rileva è l'idoneità causale degli stessi per il conseguimento dell'obiettivo delittuoso, nonché la univocità della loro destinazione, da apprezzarsi con valutazione ex ante in rapporto alle circostanze di fatto ed alle modalità della condotta (Cass., Sez. V, sentenza n. 7341 del 21/01/2015); ciò in quanto ai fini della configurabilità del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l'agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso, abbia iniziato ad attuarlo, potendosi affermare che l'azione abbia la significativa probabilità di conseguire l'obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi imprevedibili ed indipendenti dalla volontà del reo (Cass., Sez. II, sentenza n. 46776 del 20/11/2012). Orbene, conformemente alle linee teoretiche testé evidenziate, nella fattispecie in esame il G. si introduceva in pieno orario notturno all'interno dello stabile condominiale di Viale U.D. n.24, e giunto al secondo piano apriva mediante forzatura la porta di ingresso di un'abitazione privata (evenienza suffragata logicamente dai rumori metallici uditi dal vice Ispettore D.S. poco prima di sorprendere l'imputato in procinto di entrare nell'appartamento, e dal rinvenimento sulla sua persona di un cacciavite a taglio ed una chiave in metallo per serratura blindata), col chiaro intento di commettervi un furto funzionalizzato ad un evidente scopo di profitto. Alcun dubbio si pone, pertanto, sulla concreta idoneità e sulla univoca direzione della condotta al raggiungimento del proposito criminoso, e se il G. non riusciva nel proprio intento era per una causa del tutto indipendente dalla sua volontà, rappresentata dall'intervento del vice Ispettore D.S. che lo sorprendeva proprio nel momento in cui era in procinto di entrare nell'appartamento, determinandolo alla fuga. Il reato risulta altresì aggravato dalla contestata circostanza della violenza sulle cose ex art. 625 c.1., n. 2, 1^ ipotesi, c.p., ravvisabile nella effrazione della porta di ingresso mediante l'utilizzo degli strumenti atti allo scasso sottoposti a sequestro, e concorre con l'ulteriore addebito sub Capo 4) di porto - fuori dalla


propria abitazione e senza giustificato motivo - del cacciavite a taglio quale strumento da punta atto ad offendere, in quanto tale rientrante nell'alveo applicativo della fattispecie contravvenzionale ex art. 4 L. 18 aprile 1975, n. 110 (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. I, Sentenza n. 11812 del 26/02/2009). Del resto, la sussistenza della circostanza aggravante prevista dall'art. 625, comma primo, n. 2 c.p. non può determinare l'assorbimento nel reato di furto di quello di porto ingiustificato dell'arma impropria, poiché l'aggravante non presuppone necessariamente l'uso di quegli strumenti o attrezzi la cui detenzione o il cui porto sono previsti quali reati autonomi (v. sul punto Cass., Sez. II, n. 10250 del 12/04/1983; negli stessi termini, Cass., Sez. I, Sentenza n. 33384 del 10/07/2013), non postula l'illiceità della detenzione o del porto dell'arma ed è finalizzata a tutelare un bene giuridico diverso, stigmatizzando condotte violente volte a rendere più agevole la sottrazione e l'impossessamento di beni mobili. Anche con riguardo agli addebiti sub Capi 2) e 3) della rubrica si impone una pronuncia di condanna. Come noto, il reato ex art. 337 c.p. ha natura plurioffensiva, andando a ledere il corretto funzionamento ed il prestigio della Pubblica Amministrazione, nonché la sicurezza e la libertà d'azione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio (cfr., tra le altre, Cass., Sez. III, 18/03/2003, n. 21267). Per la configurabilità della fattispecie è sufficiente che il contegno rappresenti un impedimento concreto per l'esercizio del pubblico ufficiale, senza che occorra una limitazione della sua libertà di azione: in sostanza, la violenza come la minaccia - è considerata solo sotto il profilo della idoneità ad impedire o turbare l'attività del funzionario, senza che sia necessario che lo stesso riporti delle lesioni o delle conseguenze dannose a seguito della condotta delittuosa subita (cfr., in tali termini, Cass., Sez. VI, 9.7.2003; Cass., Sez. VI, 28.5.1999; Cass., Sez. VI, 28.4.1994; Cass., Sez. feriale, 9.8.1990; Cass., Sez. II, 5.4.1986; più di recente, Cass., Sez. VI, 6.11.2013, n. 46743 e Cass., Sez. VI, 8.111.2.2020, n. 5459; per la minaccia Cass., Sez. VI, 19.1.2006, secondo cui la stessa può essere integrata anche mediante il ricorso a mezzi indiretti, purché la pubblica funzione ne risulti impedita od ostacolata). A rilevare penalmente è, in conclusione, qualunque attività commissiva od omissiva che si traduca in un atteggiamento, anche solo implicito, purché percepibile dal pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, che in qualsiasi modo impedisca, intralci, valga a compromettere, anche solo parzialmente e temporaneamente, la regolarità del compimento dell'atto di ufficio o di servizio, "indipendentemente dall'esito positivo o negativo di tale azione e dall'effettivo verificarsi di un impedimento che ostacoli il compimento degli atti predetti" (cfr., ex multis, Cass. VI, n. 5459/2020; Cass. VI n. 5147/2014). L'elemento soggettivo richiesto deve, infine, individuarsi nel dolo specifico, che si concreta nella coscienza e volontà di usare violenza o minaccia al fine di


opporsi al compimento di un atto dell'ufficio, mentre del tutto estranei sono lo scopo mediato ed i motivi di fatto avuti di mira dall'agente (cfr. Cass. pen. Sez. VI Sent., 17/09/2014, n. 38786). Applicando i principi illustrati alla questione specifica, il G. usava violenza nei confronti dell'Assistente di P.S. S.G. (sferrandogli calci al volto e al corpo) proprio nel corso degli adempimenti finalizzati alla sua compiuta identificazione ed ai rilevamenti fotodattiloscopici, all'evidente scopo di opporvisi, cagionando all'agente lesioni personali. Inoltre, il reato ex art. 582 c.p., ampiamente riscontrato dal referto in atti relativo alla conseguenze dannose riportate dall'agente, concorre con il reato di resistenza (cfr. tra le altre, Cass., Sez. VI, Sentenza n. 24554 del 22/05/2013, secondo cui "il delitto di resistenza a pubblico ufficiale assorbe soltanto quel minimo di violenza che si concretizza nella resistenza opposta al pubblico ufficiale che sta compiendo un atto del proprio ufficio, non anche degli ulteriori atti violenti che, esorbitando da tali limiti, cagionino al medesimo lesioni personali, nel qual caso è configurabile il reato di lesioni personali ..."), e risulta aggravato dalla contestata circostanza ex art. 61 nr. 2 c.p., in quanto perpetrato al precipuo scopo di integrare il reato di resistenza. Chiarito nei termini che precedono il giudizio di accertamento della penale responsabilità del G. in ordine a tutti gli addebiti ascrittigli in rubrica, tra gli stessi può ritenersi sussistente il nesso della continuazione in ragione dello stesso contesto spazio-temporale di commissione e del medesimo disegno criminoso sotteso. Per converso, deve escludersi la possibilità di riconoscere le circostanze attenuanti richieste dalla difesa. Innanzitutto, non si ravvisano nel caso di specie elementi che possano giustificare una attenuazione del trattamento sanzionatorio ai sensi dell'art. 62-bis c.p., non essendo stato peraltro allegato alcun elemento atto ad orientare in tal senso la decisione; piuttosto, inibiscono in radice la possibilità di riconoscere circostanze attenuanti generiche il precedente di polizia per delitto di furto emerso a carico del G. dai rilievi fotodattiloscopici, l'assenza di qualsiasi forma di resipiscenza per i gravi fatti che portavano al suo arresto, e le sue gravi intemperanze nel corso dell'udienza di convalida, che costringevano il sottoscritto giudicante ad allontanarlo dall'aula. In secondo luogo, non sussistono i presupposti per ritenere che al momento dei fatti il prevenuto fosse per infermità in uno stato di mente tale da escludere parzialmente la sua capacità di intendere e di volere. Sul punto, infatti, la documentazione medico-sanitaria depositata in forma tradotta dal difensore attestava esclusivamente l'intervenuto ricovero del proprio assistito "dal 17 giugno 2019 al 20 giugno 2019" per "avvelenamento da droghe sintetiche, consumo simultaneo di sostanze diverse, e disturbi mentali e comportamentali causati dall'ingestione di altre sostanze psicoattive. Intossicazione acuta, insufficienza respiratoria acuta, epatite cronica", con diagnosi assolutamente


inidonea persino a fornire un principio di prova in merito alla sussistenza di una psicopatologia o di un disturbo della personalità capaci di influire concretamente sul processo motivazionale e deterministico dell'imputato; infermità sconfessata - a ben vedere - anche dalle stesse circostanze e modalità di perpetrazione del tentato furto in abitazione, se solo si pone mente alla estrema ed allarmante lucidità ed alla meticolosa premeditazione con cui il prevenuto si muniva di arnesi atti allo scasso, accedeva allo stabile condominiale in pieno orario serale, e forzava abilmente la porta di ingresso dell'appartamento preso di mira. Per quanto attiene alla determinazione del trattamento sanzionatorio, avuto riguardo ai criteri di cui all'art. 133 c.p. e nell'ottica della funzione rieducativa di cui all'art. 27, comma terzo, della Costituzione, si ritiene congrua la pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, così calcolata: - pena base per il più grave delitto di tentato furto in abitazione aggravato dalla violenza sulle cose, anni tre di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, determinata applicando alla pena minima edittale prevista dall'art. 624-bis co.3 c.p. una diminuzione prossima alla metà ex art. 56 c.p., ostando ad una decurtazione di pena maggiore le suesposte considerazioni in ordine alle circostanze e modalità di perpetrazione del reato (avuto specifico riguardo al grave allarme sociale della condotta, realizzata in piena notte ed indirizzata verso un'abitazione privata), all'intensità dolosa (stante l'evidente premeditazione del fatto mediante predisposizione di arnesi atti allo scasso), ed alla negativa personalità del prevenuto (desunta dal precedente di polizia per reato specifico e dai comportamenti intemperanti tenuti in udienza di convalida); - aumentata alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa ex art. 81 c.p., nella misura di mesi sei di reclusione ed Euro 300,00 di multa per la resistenza a pubblico ufficiale, mesi quattro di reclusione ed Euro 150,00 di multa per le lesioni aggravate cagionate all'agente di P.S., e mesi due di reclusione ed Euro 50,00 di multa per la contravvenzione ex art. 4 L. 18 aprile 1975, n. 110; - ridotta alla pena finale per la diminuente del rito premiale prescelto. Per effetto della condanna graverà sull'imputato anche il pagamento delle spese processuali e di mantenimento in custodia cautelare in carcere. Deve, infine, disporsi la confisca e la distruzione dei reperti in sequestro ai sensi dell'art. 240 c.p. Nonostante l'applicazione in concreto di una pena detentiva non superiore a tre anni, non può procedersi ad una modifica in melius della misura carceraria cui il prevenuto è attualmente sottoposto, in considerazione dell'attualità e concretezza del pericolo di reiterazione criminosa relativa a delitti della stessa specie di quelli per cui si procede in questa sede, e dell'assenza di una fissa dimora da parte del prevenuto. In proposito, infatti, l'art. 275 c.p.p., comma 2-


bis postula l'inapplicabilità della disposizione che vieta la misura cautelare della custodia in carcere allorché la pena prevista (o irrogata) non sia superiore ad anni tre, "quando, rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell'art. 284, comma 1, del presente codice". A mente dell'art. art. 147 c.p.p. la presente sentenza sarà tradotta in forma scritta nell'idioma noto all'imputato (lingua georgiana) mediante interprete nominato, nel termine di giorni quindici dalla data di deposito. Il carico di lavoro impone l'indicazione di un congruo termine per il deposito della motivazione, che si determina in giorni quindici. P.Q.M. Letti gli artt. 442, 533, 535 c.p.p., dichiara G.T. responsabile dei reati ascrittigli in rubrica riuniti in continuazione, e, operata la diminuente del rito prescelto, ritenuto più grave il delitto sub Capo 1) della rubrica, lo condanna alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, oltre la pagamento delle spese processuali e quelle di mantenimento in custodia cautelare in carcere. Dispone la confisca e distruzione dei reperti in sequestro. Dispone la traduzione della presente sentenza in lingua georgiana a mezzo di interprete nominato, nel termine di giorni quindici dalla data di deposito. Motivazione riservata nel termine di giorni quindici. Così deciso in Bari, il 26 maggio 2022. Depositata in Cancelleria il 3 giugno 2022.


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