Intercettazioni, sequestri, atti irripetibili della polizia giudiziaria

Page 1

Intercettazioni, sequestri, atti irripetibili della polizia giudiziaria


Le 3 condizioni per le intercettazioni previste dall'art. 266 c.p.p. 1) le intercettazioni devono riguardare una conversazione riservata; 2) devono essere effettuate da persone diverse estranee rispetto a quelle che partecipano alla conversazione; 3) comportano l'impiego di strumenti idonei a superare le normali capaciatà dei sensi (es: non è soggetta ad autorizzazione la intercettazione via etere fra apparati radioelettrici ad irradiazione circolare che sono percebili da chiunque si avvalga di un apparecchio ricevente sintonizzato lungo la stessa lunghezza d'onda).


La registrazione di una conversazione telefonica o fra persone presenti eseguita da uno degli interlocutori non necessita di alcuna autorizzazione ex art. 267 c.p.p. perchĂŠ viene meno la esigenza di tutela della riservatezza ed ogni interlocutore diventa lecitamente un potenziale testimone che compie attivitĂ di memorizzazione, mediante l'uso di apposito strumento, di notizie che apprende da un altro. A meno che chi registra non operi quale longa manus della polizia giudiziaria attraverso strumenti predisposti da quest'ultima (violazione dell'art. 15 Cost). Però ‌............


La registrazione fonografica occultamente eseguita da uno degli interlocutori d'intesa con la polizia giudiziaria e con apparecchiature da questa forniti, non costituisce un "documento" formato fuori del procedimento, utilizzabile ai fini di prova ex 224 c.p.p., ma rappresenta la "documentazione di un'attivitĂ d'indagine", dato l'uso investigativo dello strumento di captazione che in tal caso viene realizzato. Una tale attivitĂ , viene ad incidere sul diritto alla segretezza delle conversazioni e delle comunicazioni, tutelato dall'art. 15 Cost., a differenza della registrazione effettuata d'iniziativa di uno degli interlocutori.


Si conclude (Sezione II, 28 giugno 2012 n. 29320) che una intercettazione di tal genere richiede un controllo dell'autorità giudiziaria ma poiché il grado di intrusione nella sfera privata è minore rispetto ad una intercettazione fra persone tutte inconsapevoli, ai fini della tutela dell'art. 15 Cost., è sufficiente un livello di garanzia minore, rappresentato da un provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria, che può essere costituito anche da un decreto del Pubblico Ministero (come nel caso di acquisizione dei tabulati telefonici).


Le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno precisato che la registrazione fonografica da parte di un soggetto che ne sia partecipe, quantunque eseguita clandestinamente, non è riconducibile all'istituto della intercettazione disciplinato dagli artt. 266 c.p.p. e segg., ma costituisce piuttosto una forma di memorizzazione di un fatto storico, della quale l'autore può disporre legittimamente anche a fini di prova nel processo penale a norma dell'art. 234 c.p.p. (Sez. Unite sent. n. 36747 del 28.5.2003; conforme Sezione IV 9 dicembre 2006 n. 9804).


Il concetto di intercettazione postula che la captazione avvenga all'insaputa di tutti i partecipanti al colloquio o anche soltanto di uno di essi? A favore di quest'ultima opzione, si è rilevato che il diritto alla segretezza appartiene individualmente ad ognuno degli interlocutori, sicchè la rinuncia dell'uno non può comportare il venir meno della tutela nei confronti dell'altro. Si è poi valorizzato il dato normativo costituito dalla possibilità di procedere ad intercettazione per il reato di molestia o disturbo alle persone, col mezzo del telefono, in relazione al quale, di norma, il controllo telefonico viene disposto su sollecitazione della persona offesa. (Sez, VI 27 maggio 2014 n. 39771).


Non possono invece essere acquisiti al processo e non possono essere utilizzati, come materiale probatorio, documenti fonografici rappresentativi di sommarie informazioni rese alla polizia giudiziaria (e da queste clandestinamente registrate) da persone a conoscenza di circostanze utili ai fini delle indagini, perchè in tale maniera si renderebbe il processo permeabile ad apporti probatori unilaterali degli organi investigativi e soprattutto si aggirerebbero le regole sulla formazione della prova testimoniale nel contraddittorio dibattimentale (Sezione VI 24 febbraio 2009 n 16986).


Laddove una conversazione sia stata casualmente ascoltata - per essere stato lasciato fuori posto il ricevitore del telefono - nel corso di una intercettazione telefonica ritualmente autorizzata - la relativa registrazione non è soggetta a provvedimento autorizzativo del giudice (Sez. IV 13 gennaio 2010 n. 7677) Nel caso di intercettazione telefonica "a cornetta sollevata", la registrazione dei colloqui fra presenti non dipende da un'indebita violazione della "privacy" ma dal comportamento degli interlocutori, i quali, lasciando il ricevitore alzato, fanno sÏ che la loro conversazione viaggi liberamente lungo la rete telefonica, rimanendo "scoperta" dal punto di vista della segretezza.


L'intercettazione fra presenti (art. 266 u. c.) Essa è consentita ma quando la comunicazione avviene in uno dei luoghi indicati dall'art. 614 c.p. è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che vi si stia svolgendo attività criminosa a meno che non si procede per delitti di criminalità organizzata (in tal caso vale l'art. 13 d.l. 13 maggio 1991 n. 152). Ciò che conta è che con cognizione ex ante si possa regionevolmente ritenere che l'attività criminosa sia in corso anche se successivamengte si verifica che non è effettivamente sussistente.


Nel concetto di attivitĂ criminosa in corso va ricompresa anche l'attivitĂ post delictum diretta all'assicurazione del profitto del reato in quanto attiene alla condotta delittuosa e ne rappresenta un completamento ovvero una conseguenza ulteriore (es. intercettazioni attivate dopo la liberazione di un ostaggio sequestrato a scopo di estorsione al fine di individuare gli autori e l'attiviĂ posta in essere diretta ad assicurarsi il prezzo del riscatto)


I luoghi di privata dimora ex art.614 c.p. La nozione di “privata dimora" è più ampia e comprensiva di quella di "abitazione" e in essa rientrano tutti quei luoghi non pubblici nei quali le persone si trattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata ovvero attività di carattere culturale, professionale e politico. Es. gli studi professionali, gli spazi di esercizi commerciali o di stabilimenti industriali nei quali la persona offesa possa svolgere, anche in modo contingente, atti di vita privata; il pubblico esercizio, nelle ore di chiusura, utilizzato dal proprietario per lo svolgimento di un'attività inerente alla gestione del locale stesso


Segue: altri luoghi di privata dimora La portineria di un condominio; le aree condominiali, anche quando le stesse non siano nella disponibilitĂ esclusiva dei singoli condomini; il cortile condominiale, che costituisca pertinenza di una privata dimora ; uno studio odontoiatrico; l'interno di un campo da tennis inserito in un complesso alberghiero; una baracca adibita a spogliatoio in un cantiere edile; l'area di uno stabilimento adibita a deposito merci; la sagrestia di una chiesa adibita anche a servizio della casa canonica


La autorizzazione alla intercettazione in luogo di privata dimora legittima l'ingresso clandestino della p.g. nell'altrui abitazione?


Contrariamente alla dottrina, la giurisprudenza in un primo tempo ha ritenuto che la intercettazione ambientale in luoghi di abitazione fosse realizzabile solo grazie alla previa introduzione da parte della p.g. e costituisca la naturale modalitĂ attuativa del decreto attuativo (adottato dal P.M.) dell'autorizzazione alla intercettazione e non violasse l'art. 14 Cost. perchĂŠ funzionale al soddisfacimento di superiori esigenze di giustizia. La Corte Costituzionale ha ritenuto (sentenza 19 luglio 2000 n. 304) che la norma non violasse l'art. 14 Cost. perchĂŠ le modalitĂ di intercettazione non implicano necessariamente l'intrusione arbitraria nel domicilio altrui e spetta al legislatore determinarle nel rispetto dei limiti previsti dalla Costituzione.


Successivamente la stessa Corte Costituzionale )(ord..251/2004) ha avuto modo di precisare che anche il quomodo dell'ingresso in luoghi garantiti dall'inviolabilitĂ del domicilio fosse da riservare a determinazioni spettanti all'autoritĂ giudiziaria, e, per quanto attiene all'ingresso fraudolento o clandestino nel luogo di privata dimora per la collocazione degli apparati di captazione sonora la decisione non resti affidata alla polizia

giudiziaria, ma spetti piuttosto al giudice ed al pubblico ministero "nell'ambito delle rispettive competenze di cui agli artt. 267 e 268 c.p.p.":.


Sulla base di tale imput anche la più recente giurisprudenza della Cassazione è stabile nell'affermare (da ultimo Sez. V, 29 gennaio 2013 n. 50614) che la collocazione di microspie all'interno di un luogo di privata dimora costituisce una delle naturali modalità di attuazione dello strumento intercettativo. Le intercettazioni, infatti, sono un mezzo di ricerca della prova funzionale al soddisfacimento dell'interesse pubblico all'accertamento di gravi delitti, tutelato dal principio dell'obbligatorietà dell'azione penale di cui all'art. 112 Cost., con il quale pertanto, subendo la necessaria compressione, deve coordinarsi il principio di inviolabilità del domicilio.


Le intercettazioni di colloqui con persone detenute Poiché a norma dell'art. 18 dell' Ordinamento penitenziario i colloqui dei detenuti con i familiari devono avvenire sotto il controllo a vista e non auditivo del personale di vigilanza, è pacifico che la intercettazione ai fini investigativi dei colloqui deve essere oggetto di autorizzazione. Non si tratta comunque di intercettazioni in luoghi di privata dimora perché la sala colloqui non è nella disponibilità del detenuto che è privo dello ius excludendi alios mentre al contrario è nella disponbilità esclusiva della amminstrazione careceraria.


REQUISITI DELLA AUTORIZZAZIONE 1) sussistenza di gravi indizi di reato: riguardano l'esistenza del reato e non la colpevolezza di un determinato soggetto che potrebbe anche essere ignoto al momento della richiesta. 2) la intercettazione deve essere indispensabile ai fine della ricerca della prova e della prosecuzione delle indagini: può essere disposta a carico di soggetti diversi dal sospettato ma deve dar conto delle ragioni che impongono l'intercettazione di una determinata utenza telefonica che fa capo ad una specifica persona e, perciò non può omettere di indicare il collegamento tra l'indagine in corso e l'intercettando.


3) il decreto autorizzativo del Gip adottato su richiesta del P.M. deve essere motivato con riferimento ad entrambi i parametri suddetti e può recepire per relationem le argomentazioni del P.M. ma deve emergere che il giudice abbia compiuto una propria autonoma valutazione; 4) la motivazione deve indicare l'ipotesi di reato per cui si procede e che legittima il ricorso a tale tipo di strumento investigativo, le fonti degli elementi indiziari e le ragioni della loro idoneità a dimostrare il requisito della gravità . Non deve farsi ricorso a formule stereotipe che ripetono il contenuto delle norme che disciplinano l'adozione di quel mezzo di ricerca probatoria. 5) il decreto di autorizzazione deve indicare le ragioni per le quali la prova non può essere raggiunta con altri mezzi;


Solo la mancanza - tale dovendosi intendere anche la mera apparenza o l'assoluta incongruità - della motivazione dei decreti che autorizzano o prorogano le operazioni di intercettazioni comporta l'inutilizzabilità dei risultati delle operazioni captative mentre il difetto di motivazione inteso come insufficienza od incompletezza (Sezioni Unite 21 giugno 2000, Primavera) è emendabile dal giudice cui la doglianza venga prospettata ovverosia dal giudice del merito che deve utilizzare i risultati delle intercettazioni ovvero dal giudice dell'impugnazione nella fase di merito o in quella di legittimità e non produce inutilizzabilità .


Per I reati di criminalità organizzata valgono regole in parte diverse: - in linea generale anziché la gravità indiziaria occorrono solo “sufficienti indizi” e anziché la indispensabilità delle indagini si richiede soltanto che esse siano “necessarie”; - per le intercettazioni ambientali in luogo di privata dimora non è necessario che vi siano indizi di attuale svolgimento di attivtà criminosa - la durata è non di 15 ma di 40 giorni;


La durata e la proroga delle intercettazioni

Alla scadenza del decreto di inrcettazione (15 giorni) occorre che il Gip adotti il decreto di proroga che deve essere motivato con riguardo alla necessitĂ della prosecuzione delle indagini e la persistente attualitĂ delle ragioni che lo avevano in origine giustificato. La proroga tardiva rende inutilizzabile il contenuto delle intercettazioni medio tempore ma ha soltanto efficacia per il futuro a meno che non possa valere come nuovo provvedimendo autorizzativo se contiene tutti gli elementi che legittimano ex novo l'autorizzazione alla intercettazione ((sez. VI 12 marzo 2010 n. 34332)


Il decreto di urgenza del P.M. e la convalida Nei casi di urgenza quando cioè il ritardo può vanificare il risultato delle indagini il P.M. può adottare un provvedimento di urgenza da comunicare entro 24 h al GIp che lo convalida entro le successive 48 h. Ogni eventuale difetto di motivazione di detto provvedimento viene ad essere sanato dal decreto di convalida emesso dal giudice per le indagini preliminari (in tal senso: Cass. V, 28 ottobre 1997 n. 4714, Cass. V, 3 aprie 2001 n. 32657, Cass. I, 22 aprile 2004 n. 23512,, per la quale ultima il decreto di convalida sana, inoltre, anche l'oggettiva assenza del requisito dell'urgenza)


Il problema della intercettazione con impianti esterni agli Uffici della Procura (art. 268 c.p.p.) Quando gli impianti della Procura sono insufficienti o inidonei e ricorrone ragioni di eccezionale urgenza il P.M. può autorizzare il compimento delle operazioni con impianti nella disponbilità della p.g. l richiamo alla "indisponibilità” degli impianti non è meramente ripetitivo della formula normativa che richiede impianti insufficienti o inidonei e, come ricordato da S.U., sentenza n. 919 del 26/11/2003, "una volta evidenziata l'indisponibilità delle linee non occorre indicarne anche le cause, perchè è la situazione obiettiva che rileva ai fini della motivazione, ed essa ben può essere attestata dal P.M. presso il quale sono installati gli impianti di intercettazione".


Segue L'affermazione, secondo la quale l'attività criminosa è in atto e che dal ritardato inizio delle attività captative può derivare grave pregiudizio per le indagini, soddisfa le necessità motivazionali che legittimano sia l'adozione del decreto, sia il ricorso agli impianti in dotazione alla polizia giudiziaria (da ultimo, Sez. 05/02/2013 n. 11561 e Sez III 19.03.2014 n. 39413) perché in tema di intercettazioni, nella nozione di urgenza quale requisito di legittimità del decreto emesso dal P.M. rientrano anche le eccezionali ragioni d'urgenza richieste per l'utilizzazione di impianti diversi da quelli in dotazione alla Procura con la conseguenza che la motivazione sul primo requisito da conto anche della sussistenza del secondo.


Per l'uso di impianti esterni diversi da quelli non basta il riferimento alla "insufficienza o inidoneitĂ " degli impianti stessi (ripetitiva della formula di legge), ma si richiede la specificazione delle ragioni di tale carenza che in concreto depongono per la ritenuta "insufficienza o inidoneitĂ ". Si ĂŠ precisato che l'obbligo di motivazione implica, per il caso di inidoneitĂ funzionale degli impianti della Procura, che sia data contezza, seppure senza particolari locuzioni o approfondimenti, delle ragioni che li rendono concretamente inadeguati al raggiungimento dello scopo, in relazione al reato per cui si procede ed al tipo di indagini necessari. (Sez.Unite. sentenza n. 30347 del 12/07/2007).


Sulla base di tali premesse la Corte di Cassazione ha ritenuto adeguatamente motivato il decreto del pubblico ministero autorizzativo dello svolgimento delle operazioni mediante impianti in dotazione alla P.G., che faccia riferimento alle concrete caratteristiche delle attività investigative in corso, tali da richiedere il pronto intervento della stessa polizia giudiziaria, intervento che sarebbe impossibile ove le operazioni di captazione non fossero svolte mediante impianti duttilmente dislocati sul territorio (Cass. Sez. VI, 8 ottobre 2014 n. 48428). Può trattarsi dunque di una inidoneità tecnica od anche solo funzionale.


Anche nel caso di intercettazioni disposte in via d'urgenza la durata delle intercettazioni deve essere calcolata dall'inizio effettivo delle operazioni che, peraltro, in caso di intercettazioni ambientali, risentono anche delle ulteriori difficoltĂ tecnico-operative derivanti dalla necessitĂ di introdursi negli ambienti nei quali collocare le apparecchiature. L'urgenza, dunque, deve essere valutata anche in relazione all'avvio delle necessarie attivitĂ prodromiche che, in caso di procedura ordinaria, non potrebbero essere disposte dal pubblico ministero prima dell'autorizzazione del giudice, con ulteriore slittamento dell'effettivo inizio delle operazioni di ascolto.


il decreto con il quale il pubblico ministero autorizza l'esecuzione delle operazioni di intercettazione presso impianti di pubblico servizio od in dotazione alla polizia giudiziaria, può richiamare per relationem, al fine di giustificare l'esistenza delle condizioni concretanti il requisito della insufficienza o inidoneità degli impianti di Procura, il contenuto della attestazione dell'ufficio intercettazioni della procura della Repubblica circa l'indisponibilità dei predetti impianti (Cass., sez. I, 24/02/2011, n. 42892), senza che sia necessario, dunque, al fine dell'adempimento dell'obbligo di motivazione che grava sul pubblico ministero, produrre la suddetta attestazione.


Le intercettazioni di utenze straniere Allorchè le investigazioni siano state condotte all'interno del territorio italiano, a nulla rileva che la captazione delle conversazioni abbia avuto ad oggetto un'utenza italiana o straniera. In questo secondo caso, invero, non ricorre la ratio stessa della cooperazione internazionale, e cioè quella di richiedere la rogatoria. Ciò che rileva non è la nazionalità dell'utenza da intercettare quanto se l'intercettazione sia compiuta o meno nel territorio nostrano (utenza che chiama in Italia o utenza straniera utilizzata in Italia, Sez. III 12 maggio 2014 n. 19424) .


La sola ipotesi in cui necessita la richiesta di rogatoria è quella in cui le comunicazioni transitino unicamente su territorio straniero ed ivi si svolgano le indagini degli inquirenti. E ciò vale anche per le intercettazioni con la c.d. tecnica dell'istradamento, accorgimento tecnico che permette di identificare ex post il numero identificativo dell'utenza o delle utenze italiane partendo dalla conoscenza di un numero di utenza straniera con conseguente autorizzazione della attività di intercettazione con riferimento a tutte le comunicazioni e conversazioni in partenza da utenze italiane, ancora indeterminate, e dirette verso quella utenza straniera, ovvero provenienti da tale ultima e dirette verso qualsiasi utenza italiana.


INTERCETTAZIONI E SEGRETI Pur essendo ampio il catalogo dei segreti processualmente rilevanti – professionale, d'ufficio, di Stato e sugli informatori della polizia giudiziaria e dei servizi di sicurezza (artt. 200-203 c.p.p.) il codice ha optato per una restrittiva scelta di costruire la classe dell'inutilizzabilitĂ di cui all'art. 271, comma 2, c.p.p. esclusivamente attorno al segreto professionale e, al suo interno, alle sole fattispecie elencate nel comma 1 dell'art. 200 c.p.p., con esclusione dalla previsione relativa ai giornalisti (il difensore è tutelato dal divieto di intercettazione ex art. 103 c.p.p.)


Nel 2007 è stata aggiunta un'apposita previsione in tema di comunicazioni di servizio di appartenenti a c.d. servizi segreti (art. 270-bis c.p.p.) Contiene una peculiare disciplina inerente alle sorti di siffatto materiale, qualora oggetto di intercettazione da parte dell'autorità giudiziaria, che dovrà disporre «l'immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti tali comunicazioni» (comma 1). Una blindatura funzionale a non pregiudicare le esigenze di segretezza di interlocuzioni sensibili nelle more della chiamata in campo del Presidente del Consiglio «per accertare se taluna di queste informazioni sia coperta da segreto di Stato»


Problemi vari di nullità / inutilizzabilità 1) Non rileva la mancata sottoscrizione del relativo verbale da parte del pubblico ufficiale che abbia proceduto all'operazione, dato che l'omissione in questione non rientra tra le cause di inutilizzabilità previste dall'art. 271 c.p.p., comma 1, ma da luogo a una nullità relativa, da eccepire nei termini e con le modalità stabiliti negli artt. 181 e 182 c.p.p., e che in sede di giudizio abbreviato sono deducibili e rilevabili solo le nullità di carattere assoluto e le inutilizzabilità cosiddette "patologiche" (ex multis, cfr. Sez. II, n. 19483 del 16/04/2013).


2) Le informazioni acquisite in via confidenziale dalla Polizia giudiziaria non possono integrare gli indizi di reato posti alla base del provvedimento di autorizzazione delle operazioni di intercettazione. L'art. 267 c.p.p., comma 1-bis, richiama l'art. 203 c.p.p., che impone il divieto di utilizzabilità delle informazioni acquisite da ufficiali e agenti di P.G. o dei servizi di scurezza, se provenienti da fonti confidenziali, e gli informatori non siano stati interrogati, nè assunti a sommarie informazioni. Tuttavia, esse determinano l'inutilizzabilità delle intercettazioni soltanto quando esse abbiano costituito l'unico elemento oggetto di valutazione ai fini degli indizi di reità (Sez. VI, n. 10051 del 03/12/2007),


3) La indicazione della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria di chi ha firmato i verbali delle operazioni di intercettazione appare sufficiente ad attestare la regolarità dell'atto e neppure vi è l'incertezza di cui all'art. 142 c.p.p., (circa i soggetti che abbiano partecipato all'atto) mentre la mancata indicazione dei nominativi degli operanti, oltre a integrare una opportuna precauzione, non è causa di nullità, trattandosi, al massimo di irregolarità ordinamentale innocua ai fini del valore processuale dell'atto, come emerge dalla lettura del testo dell'art. 89 disp. att. c.p.p.(contenuto del verbale delle operazioni di intercettazione).


4) L'art. 271 c.p.p., non indica, tra i divieti di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni telefoniche, l'omesso avviso al difensore del deposito dei relativi verbali, previsto dall'art. 268 c.p.p., comma 6, l'inosservanza di tale norma non determina l'inutilizzabilitĂ delle Intercettazioni, prevista per i soli casi in cui le comunicazioni non siano state registrate o le operazioni non siano state oggetto della redazione di un verbale e per l'ipotesi in cui le operazioni stesse non siano state eseguite mediante gli impianti tassativamente previsti (Sez. III n.48161 del 18/11/2009; Sez. IV 30 .09. 2014 n. 43469).


5) La mancata sottoscrizione dei brogliacci di chi ascolta le comunicazioni non ha rilievo perchÊ la funzione essenziale di tali documenti è solo quella di consentire, in sede di redazione finale del verbale, l'identificazione dei soggetti che hanno effettuato l'ascolto. Il verbale, unico per tutto il complesso delle operazioni deve essere necessariamente predisposto solo al termine del periodo di effettuazione delle operazioni e va sottoscritto non da tutti gli operatori intervenuti (i quali dovranno semplicemente essere "indicati" ex art. 89 disp. att. c.p.p.) ma solo dai soggetti cui è demandato il compito di sovrintendere a dette operazioni, cioè dal P. M. o dell'Ufficiale di polizia giudiziaria da lui delegato (Sez. IV 5.10.94).


6) Non è ammissibile l'eccezione di inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni quando si limiti alla mera denuncia del mancato inserimento dei decreti di autorizzazione agli atti del dibattimento e della connessa impossibilità di verificarne l'esistenza e la congrua motivazione, atteso che il codice di rito non prevede la necessaria acquisizione al fascicolo di tale decreto, non figurando tale atto nell'elenco di cui all'art. 431 c.p.p., e che la difesa ha la possibilità di verificarne la regolarità nelle precedenti fasi del giudizio (Cass. sez. II del 4 luglio 2012).


7) L'inosservanza delle disposizioni previste dall'art. 89 disp. att. c.p.p. in tema di verbali e nastri registrati delle intercettazioni telefoniche non determina l'inutilizzabilitĂ degli esiti dell'attivitĂ captativa legittimamente disposta ed eseguita. Con riguardo al mancato avviso al difensore del deposito nella segreteria del P.M. dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni, la giurisprudenza della Corte (Cass., sez. III, sent. n. 48161 del 18.11.2009) ritiene che non costituisca causa di nullitĂ o inutilizzabilitĂ delle stesse.


8) La'impossibilità per l'imputato di ascoltare ed esaminare le video - riprese effettuate dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio a meno che si verta in sede di rito abbreviato, laddove il giudice può valutare le trascrizioni sommarie compiute dalla polizia giudiziaria circa il contenuto di conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione, ovvero i cosiddetti brogliacci, essendo utilizzabili ai fini della decisione;tutti gli atti che siano stati legittimamente acquisiti al fascicolo del pubblico ministero (Sez. VI, 15 dicembre 2011 n. 21265)..


9) La leggibilità della firma, o sottoscrizione che dir si voglia, del Pubblico ufficiale non può condurre in alcun modo alla inesistenza o invalidità del verbale. La firma è segno grafico che serve alla identificazione del soggetto e la sua funzione è assicurata dalla possibilità di risalire mediante di essa al suo autore, non dall'evidenza del nominativo di questo. In caso di dubbio sulla autenticità della firma di un Ufficiale di polizia giudiziaria o su tale veste del firmatario del verbale, la parte ha la facoltà di chiedere chiarimenti o attestazioni all'ufficio da cui proviene l'atto.


Quando sia stata rispettata la formalità della registrazione e, a causa dello smarrimento o del deterioramento del supporto magnetico, la registrazione non sia piÚ disponibile, la prova del colloquio e del suo contenuto può essere data anche con gli ordinati mezzi probatori, dunque finanche con i cosiddetti "brogliacci" Solamente la omessa registrazione rende inesistente il mezzo di ricerca della prova, pur ritualmente autorizzato, ed è inutilizzabile l'acquisizione del contenuto dei colloqui altrimenti compiuta, attraverso annotazioni o dichiarazioni dei verbalizzanti (Sez. III, 11 giugno 2014 n. 29760).


LA UTILIZZAZIONE DELLE INTERCETTAZIONI IN ALTRI PROCEDIMENTI (art. 270 c.p.p.) - i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli in cui sono stati disposti, salvo che si tratti di procedimenti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza. Quando un procedimento è diverso??


La prevalente e piĂš recente,giurisprudenza di legittimitĂ ha ancorato la nozione di procedimento diverso ad un criterio di valutazione sostanzialistico, che prescinde da elementi formali, quale il numero di iscrizione del procedimento nel registro delle notizie di reato, in quanto considera decisiva, ai fini della individuazione della identitĂ dei procedimenti, l'esistenza di una connessione tra il contenuto della originaria notizia di reato, per la quale sono state disposte le intercettazioni, ed i reati per i quali si procede sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico (Sez. VI, n. 11472 del 02/12/2009; Sez. VI, n. 46244 del 15/11/2012, ; Sez. II, n. 43434 del 05/07/2013, Bianco, Rv. 257834; Sez. II n. 3253 del 10/10/2013)


Esempi: 1) E' stata affermata la utilizzazione delle intercettazioni nate da una indagine per reati di prostituzione nel procedimento per intestazione fittizia di beni ex art, 12 sexies d.l 306/92 a carico di uno stesso soggetto (Sez. II 29 maggio 2014 n. 27473); 2) E' stata esclusa quando la notizia di reato deriva da un fatto di reato storicamente diverso da quello oggetto di indagine (indagine per doping da cui risultavano a carico di terzi indizi per esercizio abusivo di professione medica - Sez V 5 febbraio 2014 n. 15652). La mera riunione di procedimenti non è condizione sufficiente per escludere la diversità (Sez Vi 15 marzo 2012 n. 20910)


Può il giudice dell'appello ritenere utilizzabili intercettazioni che il giudice di primo grado ha stimato non utilizzabili in difetto di appello del P.M.? Risposta: La regola dell'effetto devolutivo dell'appello, attiene alle statuizioni del provvedimento impugnato e non anche alla parte argomentativa che ne è svincolata, non preclude al giudice di appello la conferma della sentenza impugnata sulla base di elementi di prova diversi da quelli indicati dalla pronuncia di primo grado (Sez I, 5 febbraio 2013 n. 11561).


INTERCETTAZIONI E CORPO DI REATO i divieti di utilizzazione ed il concetto di inutilizzabilità devono essere riferiti al dato probatorio, che è disciplinato dall'art. 187 c.p.p. e ss., e non al corpo del reato. La comunicazione o conversazione oggetto di registrazione costituisce corpo del reato, unitamente al supporto che la contiene (S.U 15 novembre 2004 n. 45189), solo allorchè essa stessa integri ed esaurisca la fattispecie criminosa (e non solo un frammento). Es: favoreggiamento commesso mediante comunicazione telefonica (Sez. VI, n. 5141 del 2008); rivelazione di segreto i ufficio consumatasi nel corso di una telefonata (Sez. VI, n. 14345 del 2001).


L'art. 270 c.p.p. prevede che nel procedimento “secondario” debbano essere inseriti i verbali e le registrazioni ma non i decreti autorizzativi del procedimento “originario” Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite che hanno affermato il diritto delle parti ad ottenere copia dei provvedimenti autorizzativi del diverso procedimento originario, in quanto idonei ad influire anche sulla legalità del procedimento intercettativo da questa derivato, ove si verifichi la mancata osservanza del modello legale. É tuttavia onere delle parti interessate allegare i decreti di cui si chiede la verifica di legalità, essendo escluso qualsiasi obbligo acquisitivo del giudicante del procedimento derivato (Sez. Unite n. 45189 del 17/11/2004).


Intercettazioni e diritti della difesa PoichÊ è interesse costituzionalmente protetto della difesa quello di conoscere le registrazioni poste alla base del provvedimento cautelare, allo scopo di esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali; ne consegue, che i difensori hanno il diritto incondizionato ad accedere, su loro istanza, alle registrazioni poste a base della richiesta del pubblico ministero e non presentate a corredo di quest'ultima, in quanto sostituite dalle trascrizioni, anche sommarie, effettuate dalla polizia giudiziaria"; ed "il diritto all'accesso implica, come naturale conseguenza, quello di ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni medesime".


Cass sezione I, 6 giugno 2014 n. 37366 L'illegittima compressione del diritto di difesa, derivante dal rifiuto di consentire al difensore, prima del loro deposito ai sensi dell'art. 268 comma 4 c.p.p. l'accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione di un'ordinanza di custodia cautelare, da luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'art. 178 c.p.p., in quanto determina un vizio nel procedimento di acquisizione della prova, che non inficia l'attività di ricerca della stessa ed il risultato probatorio, in sè considerato ma non possono essere considerate nel giudizio de libertate


Perquisizioni illegittime e conseguenze (Sezione Vi dep. 27 marzo 2014 n. 14507) il presupposto della plausibile detenzione di armi può essere ravvisato soltanto in presenza di un dato oggettivo certo, anche solo a livello indiziario. La perquisizione personale, atto di indagine invasivo della sfera personale dell'individuo e della sua libertà tutelata dall'art. 13 Cost., non può dunque basarsi sul mero sospetto che il soggetto sia, in quel momento, in possesso di armi, ma deve fondarsi su dati oggettivi certi, anche solo a livello indiziario, risultando altrimenti del tutto pretestuoso perchÊ effettuato in assenza di ragionevoli presupposti e tale da integrare i presupposti dell'atto arbitrario del pubblico ufficiale.


Sezioni Unite n. 5021 del 27/3/1996 La perquisizione effettuata senza l'autorizzazione del magistrato e non nei "casi" e nei "modi" stabiliti dalla legge è un mezzo di ricerca della prova che non è compatibile con la tutela del diritto di libertà del cittadino e la inviolabilità del domicilio. Ne consegue che la perquisizione è nulla e il sequestro eseguito all'esito di essa non è utilizzabile come prova nel processo, salvo che ricorra l'ipotesi prevista dall'art. 253 c.p.p., nella quale il sequestro del corpo del reato, costituendo un atto dovuto, rende del tutto irrilevante il modo con cui ad esso si sia pervenuti (principio del male captum bene retentum ribadito da Sez. III 19 sett, 2012 n. 1258).


Questa tesi è oggetto di critica in dottrina che richiama la giurisprudneza della Corte di Strasburgo (in tama di utilizzo di agenti undercover) secondo cui le autorità nazionali possono servirsi degli agenti infiltrati quale forma speciale di tecnica investigativa per fronteggiare le forme più gravi di criminalità fra cui il traffico di stupefacenti a condizione che vengano adottate delle garanzie adeguate contro gli abusi, poiché l'interesse pubblico non può giustificare l'uso di prove ottenute come risultato di una provocazione della polizia. La conseguenza sarebbe che in tal caso......


…. la raccolta di materiale probatorio frutto di una provocazione da parte di operatori di polizia gudiziaia produrebbe degli ulteriori riverberi sul piano probatorio e cioè non solo la responsabilità penale dell'agente, ma l'inutilizzabilità della prova acquisita, per contrarietà ai principi del giusto processo rendendo l'intero procedimento suscettibile di un giudizio di non equità ai sensi dell'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.


E' contraddittorio asserire che le conoscenze ottenute dall'agente provocatore debbano essere escluse dal quadro decisorio, per non rendere l'intero procedimento suscettibile di un giudizio d'iniquità ai sensi dell'art. 6, comma 1, CEDU e al contempo, sostenere che il risultato di quell'attività può comunque entrare nel giudizio in virtù della regola del male captum, bene retentum. Il rispetto della legalità esige che vengano osservati dei percorsi di garanzia nell'attività investigativa, dovendosi espungere dal materiale conoscitivo, prima, e decisorio poi tutto ciò che risulti frutto di captazione in modo non conforme alle regole legali di formazione della prova.


La motivazione del provvedimento Oltre alla indicazione dei motivi per cui è da ritenere che cose pertinenti al reato possano ritrovarsi in un determinato luogo, è necessaria la indicazione degli elementi che indicano il fumus della commissione di un reato (rqgionevole probabilità della sua commissione) e le ragioni per cui le cose da ricercare assumono la veste di corpo di reato o di cose pertinenti al reato. Un tale collegamento fra res e perquisizione vale anche per l'attività della polizia giudiziaria giustificata dalla flagranza, dalla evasione, dalla esecuzione di misura cautelare custodiale.


Corpo di reato e cose pertinenti La nozione di pertinenza include tutte le cose che servono ad accertare la consumazione dell'illecito, il suo autore, le circostanze del reato con riferimento ad ogni possibile legame fra cose e accertamento dell'illecito che sia rilevante ai fini del processo (es. anche all'accertemento del movente, alla individuazione dell'antefatto o del postfactum anche se esterni all'iter criminis. E' nozione piÚ ampia di quella di corpo del reato (cose su cui o per mezzo delle quali il reato è stato commesso, prodotto, profitto e prezzo del reato).


La utilizzazione del termine "cosa" nell'art. 253 c.p.p. indurrebbe a ritenere che il legislatore abbia voluto attribuire al corpo del reato una accezione strettamente materiale, il che dovrebbe escludere dal concetto di corpo di reato tutto ciò che è immateriale. Ma già nei successivi artt. 254 e 254 bis c.p.p., in tema rispettivamente di sequestro di corrispondenza e sequestro di dati informatici, telematici e di telecomunicazioni, si coglie come, in relazione a determinate forme di comunicazione, ciò che al legislatore preme acquisire sia il contenuto della corrispondenza, del dato informatico, telematico e della telecomunicazione, anche se l'intervento ablativo si materializza sul contenitore (la lettera di carta o il supporto informatico). L'oggetto del sequestro viene così a connaturarsi di profili di immaterialità, identificandosi, ai fini del provvedimento ablativo, il contenuto della comunicazione o del dato informatico, rilevante per il processo, con il supporto materiale che lo contiene o lo ha registrato.


Secondo la prevalente giurisprudenza il sequestro del corpo di reato è sempre utilizzabile come prova e la esigenza probatoria è in re ipsa. Ciò non toglie, come dimostra la disposizione dell' art. 262 c.p.p., la possibilità di restituzione delle cose sequestrate ivi comprese quelle costituenti corpo di reato quando non è necessario mantenere il sequestro ai fini di prova, fatti salvi i limiti posti dall'art. 240 c.p. ovvero che non se ne disponga il sequestro prevenitvo o il sequestro conservativo.


Atti irripetibili e sentenza S.Unite Il problema si è posto con riferimento alle relazioni di servizio che riproducono attività di constatazione ed osservazione effettuate dalla polizia giudiziaria sostenendosene la equiparazione a perquisizioni, sequestri ed ispezioni con la conseguente possibilità di acquisire questi atti al fascicolo per il dibattimento, mentre un contrastante orientamento affermava che costituiscono una mera constatazione ed acquisizione della notizia di reato, che può essere agevolmente ridescritta dall'operante nel corso del dibattimento.


La sentenza delle S.U. 17 ottobre 2006 n 41281 muove dai seguenti principi: 1) la norma (art. 431 c.p.p.) va interpretata alla luce della previsione contenuta nell'art. 111 Cost., comma 4 che impone il contraddittorio come regola per la formazione della prova mentre il comma successivo consente la deroga a questo principio solo nel caso di consenso dell'imputato, di provata condotta illecita e "per accertata impossibilitĂ di natura oggettiva".


2) In caso di dubbio, un'interpretazione costituzionalmente orientata non può che imporre una delimitazione degli atti acquisibili al fascicolo dibattimentale alle sole ipotesi nelle quali la rinnovazione sia effettivamente ed oggettivamente impossibile;. 3) La disciplina degli atti non ripetibili riguarda, oltre che gli atti della polizia giudiziaria e del Pubblico Ministero, anche quelli compiuti dal difensore come prevede la lett. e dell'art. 431 a seguito della modifica introdotta dalla L. 7 dicembre 2000, n. 397, art. 15.


4) Errori da evitare: A) fare riferimento al contesto in cui l'atto è stato compiuto perchè in questo caso non esisterebbe atto ripetibile in dibattimento non essendo mai riproducibile il contesto in cui l'atto è stato formato (lo sono anche le dichiarazioni rese dal teste); B) fare esclusivamente riferimento alla possibilità di descrizione delle attività compiute perchè, in questo caso, sarebbe ben difficile ritenere non ripetibili quegli atti che, fino ad oggi, dottrina e giurisprudenza hanno concordemente ritenuto tali (perquisizioni, sequestri, arresto, fermo ecc.) su quali il pubblico ufficiale potrebbe essere chiamato come teste.


5) La ripetibilità non può peraltro consistere nella mera possibilità di descrivere le attività compiute dagli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria. L'esame delle fattispecie concordemente ritenute appartenere alla categoria degli atti non ripetibili consente invece di affermare che questi atti sono caratterizzati dall'esistenza di un risultato ulteriore rispetto alla mera attività investigativa della polizia giudiziaria e dall'acquisizione di informazioni ulteriori derivate da questa attività. Deve però trattarsi di casi in cui questo risultato ulteriore non sia più riproducibile in dibattimento se non con la perdita dell'informazione probatoria o della sua genuinità.


6) Il caso tipico di atto irripetiible è quallo delle intercettazioni telefoniche perchè chi le ha eseguite potrebbe sì, in astratto, descrivere in dibattimento le attività svolte ed anche riferire il contenuto delle conversazioni intercettate, ma non potrebbe certo riprodurre le conversazioni captate: quello che in ipotesi potrebbe riferire sarebbe comunque diverso da quanto è stato captato e andrebbe dunque perduta una informazione probatoria potenzialmente rilevante nel processo. Ciò che è decisivo è che l'atto aggiunga un quid pluris di informazione rispetto alla mera descrizione di esso.


7) Per gli altri casi di atti tipici comunemente ritenuti irripetibili (perquisizioni, sequestri, arresti) il concetto è analogo nel senso che i relativi risultati possono essere ridescritta in forma narrativa ma se questa attività si è cristallizzata in un atto o in un fatto estrinseci alla mera attività investigativa il risultato dell'attività può essere descritto ma non riprodotto. Così l'apprensione materiale in cui si concretizza il sequestro, la ricerca materiale del corpo di reato che si svolge nel corso della perquisizione, la concreta privazione della libertà personale nei casi di arresto.


8)Vi sono poi .atti non ripetibili quando documentano situazioni modificabili per il decorso del tempo. La non ripetibilitĂ deriva dalla perdita di informazioni per la possibilitĂ di mutamento dello stato di luoghi, cose o persone che non renderebbe possibile, in caso di necessitĂ , la ripetizione dell'atto. Si veda l'art. 354 c.p.p. che abilita la polizia giudiziaria a compiere rilievi sullo stato delle cose, dei luoghi e delle persone nel caso di pericolo di alterazione, dispersione o modificazione; l'art. 360 c.p.p. che abilita il Pubblico Ministero, in situazioni analoghe, a disporre accertamenti tecnici non ripetibili, l'art. 391 decies c.p.p. che fa riferimento alla documentazione di atti non ripetibili compiuti dal difensore.


9)Quanto alle relazioni di servizio esse sono da considerare atti irripetibili quando si sono concretizzate in un risultato oggettivo estrinseco che non può essere nuovamente compiuto come esemplificativamente il rilievo dei luoghi e la descrizione della cosa soggetta a modificazioni. SI può ridescrivere una situazione ma non riprodurla come è stata "fotografata" nell'immediatezza. In questi casi la mancata acquisizione dell'atto condurrebbe alla perdita di un'informazione certamente più genuina della descrizione che potrebbe farsene in dibattimento e che si può rivelare essenziale per l'esito del processo.


10) Ma se la relazione di servizio si limita a descrivere attività investigative consistenti in osservazione, constatazione, pedinamenti, accertamento della presenza di persone e di loro attività come contatti, spostamenti, ovvero a descrivere le circostanze di tempo e di luogo in cui è stata acquisita la notizia di reato, non vi è alcuna "impossibilità di natura oggettiva" alla riproduzione narrativa in dibattimento delle attività svolte; non v'è alcun risultato estrinseco in cui si sia concretizzata l'attività d'indagine che non possa essere riprodotto in dibattimento; non esiste alcuna perdita di informazioni probatorie genuine.


Ma se l'attività d'indagine è accompagnata da rilievi fotografici, fonografici o cinematografici anche queste attività di documentazione devono essere ritenute non ripetibili proprio perchè non possono essere riprodotte in dibattimento se non con una descrizione narrativa che non riproduce quanto descritto nel rilievo fotografico, fonografico o cinematografico con conseguente perdita dell'informazione probatoria (oltre che della sua genuinità). 11)


Casistica 1) Hanno natura di atti non ripetibili gli accertamenti e rilievi planimetrici o volumetrici (per es. a seguito di un incidente stradale o nel caso di rilevazione di violazioni urbanistiche), le rilevazioni tecniche su luoghi, cose e persone (per es. per accertare la presenza di tracce di sparo o di sostanze stupefacenti) in tutti i casi in cui vi sia possibilità di mutamento delle situazioni rilevate; 2) Le videoregistrazioni di condotte non comunicative eseguite dalla p.g. in ambienti in cui è garantita l'intimità e la riservatezza, non riconducibili alla nozione di "domicilio", costituenti prove atipiche, soggette ad autorizzazione motivata dell'autorità giudiziaria e perciò anche del pubblico ministero.


3) il riiievo delle impronte digitali su veicolo usato per la consumazione di un furto perchĂŠ gli accertamenti ed i rilievi eseguiti, ai sensi dell'art. 354 c.p.p., comma 2, dagli ufficiali di polizia giudiziaria, al fine di conservare le tracce di un reato, sono atti irripetibili i cui verbali possono essere acquisiti al fascicolo per il dibattimento a norma dell'art. 431 c.p.p., lett. b), ed essere successivamente utilizzati per la decisione. 4) il prelievo di frammenti di polvere da sparo, prodromico all'effettuazione di accertamenti tecnici (Sez. I 14 marzo 2008 n. 15679); 5)il processo (Sez III 29 .05. 2014) verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza per accertare o riferire violazioni a norme di leggi finanziarie o tributarie;


6) i fotogrammi acquisiti dagli impianti di videoregistrazione di sicurezza costituiscono atti irripetibili quando documentano una frazione della condotta illecita (nel caso di specie attivitĂ di prelievo dall'impianto elettronico di pagamento), in un momento determinato, e le fattezze della persona che compie l'azione (colui che ha effettuato il prelievo) (Sezione II 30 aprile 2014 n. 27536)


Gli accertamenti tecnici del P.M. La nozione di accertamento riguarda non la constatazione o la raccolta di dati materiali pertinenti al reato ed alla sua prova che si esauriscono in semplici rilievi, bensi il loro studio e la relativa elaborazione critica, necessariamente soggettivi e per lo piÚ su base tecnico scientifica. Ad es. Il prelievo dei residui di sparo da arma da fuoco (il c.d. stub) è atto irripetibile ma di semplice rilievo tecnico (al pari del prelievo delle impronte digitali) mentre il suo studio atraverso l'analisi elettroscopica è ripetibile (come la comparazione delle impronte)


La giurisprdeunza ha chiarito in tema di accertamenti tecnici irripetibili, che il prelievo del DNA della persona indagata attraverso il sequestro di oggetti contenenti residui organici alla stessa attribuibili non è qualificabile quale atto invasivo o costrittivo, ed essendo prodromico all'effettuazione di accertamenti tecnici non richiede l'osservanza delle garanzie difensive mentre nell'ambito di tali incombenti, le successive operazioni di comparazione del consulente tecnico pretendono l'osservanza delle garanzie difensive (Sez II, 9 maggio 2014 n 39076).


In tema di accertamenti tecnici effettuati dal

P.M. (sez. V, 24 sett. 2014 n. 43413) L'art. 360 c.p.p. sembra enucleare distinguendoli, i concetti di irripetibilità e di indifferibilità ancorando al primo il presupposto perchè l'indagine tecnica possa formare anticipatamente una prova ed al secondo quello per cui l'accertamento possa essere utilmente eseguito nonostante la riserva di incidente probatorio proposta dall'indagato. Il concetto di irripetibilità comprende tanto l'ipotesi in cui l'indagine tecnica non sia più eseguibile in futuro (risultando dunque non rinviabile), sia quella in cui la stessa, una volta eseguita, non possa essere più ripetuta (risultando dunque non rinnovabile), vuoi per le sue intrinseche caratteristiche, vuoi per il suo impatto sull'oggetto dell'accertamento; (art. 117 disp. att. c.p.p.)


La possibilità del P.M. di procedere comunque alla consulenza superando la riserva di incidente probatorio rischiando la inutilizzabilità (il che può accadere anche in caso di irripetibilità dell'accertamento) è vincolata alla necessità dell'immediata esecuzione dell'indagine tecnica e cioè all'effettiva impossibilità di effettuarla utilmente in un momento successivo con le identiche prospettive di risultato. In altri termini ignorare la riserva di incidente probatorio è legittimo solamente quando i tempi di utile esecuzione non sono compatibili con quelli di attivazione della procedura ex art. 392 c.p.p. dell'incidente probatorio. Questo è il concetto di indifferibilità


La consulenza del p.m. quando ha per oggetto accertamenti ripetibili (art. 359 c.p.p.) riveste esclusivamente valore endoprocessuale (ovvero come punto di riferimento per le determinazioni che le parti assumano all'esito delle indagini). Superata tale fase, la consulenza non assume generalmente (salvo che nelle ipotesi di rito abbreviato e di applicazionei pena su richiesta oppure, nel dibattimento, in caso di accordo delle parti) il valore probatorio che solo la procedura ex art. 360 c.p.p., o l'incidente probatorio possono garantire.


La consulenza ex art. 359 c.p.p., non è inseribile nel fascicolo per il dibattimento ex art. 431 c.p.p. e neppure, può essere "recuperata" per il tramite dell'esame dibattimentale del consulente che abbia effettuato, in assenza di contraddittorio, la valutazione stessa. E' vero che il consulente del P.M. può essere interrogato al dibattimento come testimone ma il suo apporto conoscitivo non può dilatarsi fino a svalutare la disciplina specifica dei consulenti investigativi del P.M. quale disegnata degli artt. 359 e 360 c.p.p. (Sezione III, 18 settembre 2014 n. 42024)


Tale apporto testimonaile, seppure consentito da quanto disposto dall'art. 233 c.p.p., (secondo cui i consulenti tecnici "possono esporre al giudice il proprio parere, anche presentando memorie a norma dell'art. 121 c.p.p."), non può però estendersi sino a far convogliare nel processo, ai fini probatori, indagini, il cui contenuto è stato contestato dalla controparte, effettuate senza preventivo contraddittorio con il consulente della difesa e senza la possibilità di un controllo postumo reso impraticabile in ragione del mezzo prescelto. Esiste sul punto anche giurisprudenza difforme.


Consulenza P.M. ed esame di personalità In presenza di un bambino in tenera età ragioni di prudenza consigliano di utilizzare con cautela la formalità non garantita in presenza di strutture mobili della personalità che si evolvono e si modificano. Una nuova perizia a distanza temporale potrebbe non essere più utilmente praticabile per la condizione mutata in cui versa l'oggetto di indagine in rapporto all'epoca della consulenza. ll ricorso all'art. 359 c.p.p. non è radicalmente escluso ma è dovere del p.m. di valutare, tenendo conto di età, condizioni del bambino e prevedibile durata delle indagini, se l'accertamento possa essere utilmente ripetuto dopo la conclusione delle indagini. (Sez III, 4.12.2012 n 3258).


A differenza dei consulenti tecnici nominati dalle parti private, ausiliari della difesa il consulente tecnico del pubblico ministero ripete, «dalla funzione pubblica dell'organo che coadiuva i relativi connotati». e assume la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio; in quanto tale ha «il dovere [...] di obiettività e imparzialità»; non potrebbe, altresì, esimersi dal dire la verità. Si dovrebbe, di conseguenza, ritenere che il consulente tecnico, con la nomina ad opera del pubblico ministero, rivesta già «una precisa veste processuale, potenzialmente destinata a refluire sull'assunzione della qualità "testimoniale" ex artt. 371bis o 372 cod. pen.»: qualità che, dunque, anche se non ancora formalmente assunta, sarebbe «immanente» alla figura, «in quanto prevedibile e necessario sviluppo processuale della funzione assegnata» (da Sezioni Unite ord. 23 ottobre 2013)


Arrivederci


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.