Corte d’Appello 2019: usucapione ..difesa nazionale e protezione dei confini, sicurezza della naviga

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Corte d’Appello 2019: usucapione ..difesa nazionale e protezione dei confini, sicurezza della navigazione, polizia doganale, pubblica... Corte d'Appello Campobasso, Sent., 17/01/2019

USUCAPIONE Fatto - Diritto P.Q.M. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D'APPELLO DI CAMPOBASSO La Corte d'appello di Campobasso - collegio civile - riunita in camera di consiglio, nelle persone dei magistrati: Maria Grazia d'ERRICO - presidente Gianfranco PLACENTINO - consigliere Marco Giacomo FERRUCCI - consigliere relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nelle cause civili di appello riunite nn. 48/2008 e 49/2008 R.G., avverso la sentenza n. 740/2007, pronunciata dal Tribunale di Campobasso in composizione monocratica il 29.10.2007 (proc. n. 1166/1987 R.G.), avente ad oggetto: rilascio e risarcimento danni; TRA A.C.S.P. (c.f. (...)), M.P. (c.f. (...)), nella qualità di eredi di C.P., N.T. (c.f. (...)), G.P. ((...)), E.C. (c.f. (...)), M.L.P. (c.f. (...)), in qualità di erede di N.P., V.D.L. (c.f. (...)), rappresentati e difesi dagli avv.ti Renato Potente e Salvatore Di Pardo; APPELLANTI PRINCIPALI CONTRO MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE (c.f. (...)), AGENZIA DEL DEMANIO (C.F. (...)), MINISTERO DEI TRASPORTI (già MINISTERO DELLA MARINA MERCANTILE (c.f. (...)), in persona dei ministri in carica e legali rappresentanti, elettivamente domiciliati in Campobasso presso gli uffici dell'Avvocatura distrettuale dello Stato dalla quale sono rappresentati e difesi ope legis; APPELLATI E APPELLANTI INCIDENTALI


Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1.1. Con la sentenza oggetto di appello n. 740/2007 del 29.10.2007, il Tribunale di Campobasso, in composizione monocratica, ha: - dichiarato la proprietà in capo al Ministero delle finanze (per le aree ritenute non parte del demanio marittimo) e in capo al Ministero della marina mercantile (per le aree demaniali marittime) di terreni siti in agro di C., detenuti da G.P. (foglio (...), p.lle (...) e (...)), A.M. (foglio (...), p.lle (...) e (...)), G.C. ed E.C. (ciascuno una porzione del terreno di cui al foglio (...), p.lla (...)), M.L.P. (foglio (...), p.lla (...)), V.D.L. (foglio (...), p.lla (...)), N.T. (foglio (...), p.lla (...)), C.P. (foglio (...), p.lla (...) e foglio (...) catasto fabbricati, p.lle (...) e (...)); - condannato i predetti all'immediato rilascio dei terreni da ciascuno di essi detenuti; - condannato gli stessi al pagamento, in favore del Ministero delle finanze o del Ministero della marina mercantile di somme, quantificate per ciascuno in relazione al periodo di illegittima occupazione dei terreni e alla tipologia di questi; - rigettato le domande riconvenzionali di accertamento dell'intervenuta usucapione degli stessi terreni, proposte da G.P., A.M., G.C., E.C., M.L.P., V.D.L., N.T. e C.P.. 1.2. Il giudizio (n. 1166/1987 R.G.) aveva avuto inizio con atto di citazione notificato il 4.12.1987 ad opera di N.T. nei confronti dei Ministeri delle finanze e della marina mercantile, in riassunzione di un giudizio iniziato presso il Tribunale di Napoli il 5.12.1981 su iniziativa dei predetti ministeri, che avevano agito per il rilascio di un suolo di proprietà dello Stato, detenuto dal T. dal 1966, nonché per il risarcimento dei danni da occupazione illegittima; il T. si era costituito eccependo che il terreno non poteva considerarsi di natura demaniale e che pertanto egli doveva considerarsi legittimo proprietario dello stesso a titolo originario, per effetto di maturata usucapione, e/o a titolo derivato; il Tribunale di Napoli aveva dichiarato la propria incompetenza con sentenza del 22.5.1987. Al giudizio n. 1166/1987 R.G. erano stati poi riuniti: con ordinanza del 10.4.1990 il giudizio n. 428/1988 R.G., anch'esso riassunto a seguito di declaratoria di incompetenza del Tribunale di Napoli da C.P., il quale aveva agito (atto di citazione del 31.5.1982) per sentire accertare, nei confronti dei Ministeri delle finanze e della marina mercantile, la sua piena proprietà di un terreno sito in C., reclamato dalle amministrazioni statali, che, nel costituirsi in giudizio, avevano insistito per il rigetto della domanda principale e proposto domanda riconvenzionale di condanna del P. al rilascio del bene e al risarcimento dei danni; con ordinanza del 21.7.2006 il giudizio n. 895/1991 R.G., iniziato dinanzi al Tribunale di Campobasso dai Ministeri delle Finanze e della marina mercantile nei confronti di G.P., A.M., G.C., E.C., N.P. e V.D.L., avente il medesimo oggetto dei precedenti (rilascio di terreni e risarcimento danni per occupazione illegittima) e nel quale i convenuti avevano domandato in via riconvenzionale l'accertamento della proprietà dei terreni; il M. aveva eccepito di non essere nel possesso del fondo in oggetto. I giudizi, prima e dopo i provvedimenti di riunione, sono stati istruiti mediante produzione di documenti e c.t.u., la prima svolta dinanzi al Tribunale di Napoli e altre due dinanzi al Tribunale di Campobasso, la seconda delle quali resa necessaria dall'intervento, nelle more del giudizio, del D.L. n. 80 del 29 marzo 2004, convertito nella L. n. 140 del 28 maggio 2004, il cui art. 6 comma 2-bis reca una espressa disciplina relativa alla fascia demaniale marittima compresa nel territorio del comune di Campomarino: "La fascia demaniale marittima compresa nel territorio del comune di Campomarino (Campobasso) è delimitata, con effetti retroattivi, secondo la linea di demarcazione


definita sulla base delle risultanze catastali alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. L'attuazione in via amministrativa della ridefinizione della predetta linea di demarcazione è delegata all'Agenzia del demanio, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti". Le argomentazioni del giudice di primo grado che hanno portato all'accoglimento delle domande proposte dalle amministrazioni statali e al rigetto delle domande proposte dai privati possono così sinteticamente riassumersi : - l'art. 6 comma 2-bis del D.L. n. 80 del 2004, come risultante a seguito della conversione nella L. n. 140 del 2004, attribuisce efficacia dirimente e assorbente, in ordine alla individuazione della fascia demaniale marittima nel territorio del comune di Campomarino, alle risultanze catastali alla data di entrata in vigore della legge di conversione (30.5.2004), con una scelta che deroga ai criteri individuati dal diritto vivente per l'accertamento della natura demaniale di un'area (per cui sono decisive le caratteristiche obiettive, strutturali e funzionali del bene) e che, sebbene opinabile (specie per quanto attiene agli effetti retroattivi della previsione), non appare manifestamente irragionevole e arbitraria; - detta norma è immediatamente applicabile, anche in mancanza delle operazioni di concreta delimitazione della fascia (che, come si vedrà oltre, sono intervenute nel corso del giudizio di secondo grado), che costituisce operazione meramente ricognitiva, priva di discrezionalità valutativa e comparativa; - in base agli accertamenti tecnici svolti dal c.t.u. ing. Del Greco è emerso che le risultanze catastali riguardanti i terreni oggetto di occupazione, derivanti tutti dal frazionamento dell'unitaria p.lla 22, in atti da epoca precedente l'entrata in vigore della L. n. 140 del 2004, riportano in parte l'intestazione a "demanio dello Stato ramo marina mercantile", in parte a "demanio pubblico dello Stato" (si rimanda alla pag. 14 della sentenza impugnata per la precisa individuazione delle p.lle aventi l'una o l'altra natura); - i soli terreni classificati come appartenenti al "demanio dello Stato ramo marina mercantile" devono considerarsi come pertinenti al demanio marittimo, quanto meno a partire dalla loro classificazione catastale, risalente al 1948; non essendo, pertanto, configurabile per essi una sdemanializzazione tacita e, in difetto di un formale provvedimento amministrativo di sdemanializzazione, è illecita la condotta di occupazione da parte dei privati, i quali sono pertanto tenuti al rilascio dei beni occupati e al risarcimento dei danni per l'occupazione sine titulo; - per gli altri terreni classificati come "demanio pubblico dello Stato" non opera la presunzione assoluta di cui all'art. 6 comma 2-bis, trovando invece applicazione gli ordinari criteri di classificazione fondati sulla loro concreta e oggettiva collocazione, consistenza e funzione; non essendo essi riconducibili ad alcuna delle categorie di cui all'art. 822 c.c. e, non potendo in tal caso la classificazione catastale assumere valore conformativo, essi devono considerarsi compresi nel patrimonio disponibile dello Stato e sono pertanto possibile oggetto di diritti da parte di terzi, compresa l'usucapione; - l'acquisizione a titolo originario non si è tuttavia perfezionata in favore di nessuna delle parti private del giudizio, non avendo queste provato, con documenti o mediante prove orali, la loro prospettazione e sussistendo, anzi, elementi indiziari di segno contrario tali da escludere la sussistenza di un possesso valido a tal fine; anche per le aree non appartenenti al demanio marittimo si configura, pertanto, un'occupazione sine titulo, con conseguente fondatezza delle domande di rilascio e di risarcimento dei danni proposte dalle amministrazioni;


- allo scopo di quantificare il danno subito dalle amministrazioni vanno applicati parametri diversi in relazione alla differente natura dei terreni oggetto di occupazione, come riconosciuta in sentenza, utilizzando, per i beni appartenenti al demanio marittimo e a decorrere dal 1.1.1990, i parametri previsti dal D.L. n. 400 del 1993. 1.3. Hanno proposto appello avverso la sentenza in oggetto: R.A.M. (proc. n. 48/2008 R.G.), con atto di citazione notificato il 23.2.2008; C.P., N.T., G.P., E.C., M.L.P. e V.D.L. (proc. n. 49/2008 R.G.), con atto di citazione notificato il 22.2.2008. La M., in qualità di erede di A.M., ha censurato la sentenza impugnata per aver ritenuto sussistente l'occupazione dei terreni da parte di quest'ultimo, deducendo che l'azienda turistica ricettiva rinvenuta dal c.t.u. sui terreni di causa è di proprietà di G.M., fratello di A.; ha chiesto, in ogni caso, il rigetto della domanda, per essersi perfezionata l'usucapione in assenza di idonei atti interruttivi. P., T., P., C., P. e D.L., previa sospensione della provvisoria esecutività della sentenza impugnata, ne hanno chiesto la riforma, con affermazione che tutti i terreni oggetto di causa rientrano nel patrimonio disponibile dello Stato e che essi sono di proprietà degli appellanti, in forza di atti di acquisto e/o per il perfezionarsi dell'usucapione ventennale, con conseguente rigetto delle domande di rilascio e di risarcimento dei danni proposte dall'amministrazione; in subordine hanno chiesto di accertare l'erroneità dei conteggi effettuati dal tecnico allo scopo di liquidare gli importi dovuti a titolo di risarcimento dei danni e, quindi, di provvedere alla loro rideterminazione, anche previa nuova c.t.u., in misura inferiore a quella ritenuta in sentenza, tenendo conto di criteri più favorevoli, delle reali caratteristiche delle singole aree, della corretta misurazione dell'estensione dei terreni e del periodo di effettiva occupazione. I predetti appellanti hanno altresì articolato prova testimoniale diretta a dimostrare il possesso dei terreni oggetto di causa, da parte loro o dei danti causa e a far data almeno dal 1945. In entrambi i giudizi si sono costituiti il Ministero dell'economia e delle finanze, l'Agenzia del demanio e il Ministero dei trasporti, quest'ultimo succeduto al Ministero della marina mercantile. Hanno proposto appello incidentale avverso il punto della sentenza appellata con cui è stato dichiarato che appartengono al demanio marittimo le sole particelle intestate catastalmente al "demanio dello Stato ramo marina mercantile" e non anche quelle che risultano intestate al "demanio pubblico dello Stato", considerato che tutti i terreni oggetto di occupazione hanno natura omogenea sostanziale di suolo di origine, natura e funzione marittime; hanno dedotto l'inammissibilità dell'usucapione in quanto i suoli compresi nel demanio marittimo non possono essere oggetto di sdemanializzazione tacita e tutti gli atti ufficiali prodotti in primo grado dalle amministrazioni depongono univocamente nel senso della demanialità marittima, non rilevando in senso contrario gli atti istruttori di nuova delimitazione risalenti agli anni ottanta; hanno rilevato, quanto alla posizione di A.M., che la documentazione prodotta in primo grado dimostra pacificamente l'occupazione da parte sua. All'udienza del 16.9.2008 è stata disposta la riunione dei procedimenti. Riservata una prima volta in decisione all'udienza del 20.4.2010, con ordinanza del 30.9.2010 la causa è stata rimessa sul ruolo istruttorio per l'impossibilità di comporre il medesimo collegio per la decisione, a causa del trasferimento di un suo componente ad altro ufficio. Nuovamente riservata in decisione il 15.3.2011, con sentenza del 5.10.2012 questa corte ha pronunciato sull'appello proposto da A.M., quale erede di A.M., accogliendolo e, per l'effetto,


rigettando le domande originariamente proposte dalle amministrazioni pubbliche nei confronti di quest'ultimo, rigettando altresì l'appello incidentale proposto dai ministeri. Con separata ordinanza pronunciata in pari data, previa rimessione sul ruolo della causa relativa ai restanti appelli, è stata disposta la convocazione del c.t.u. ing. Del Greco allo scopo di ottenere aggiornamenti "sulle sopravvenienze amministrative in punto di eventuale rettifica delle note di trascrizione dei fondi oggetto di causa e di ridefinizione della linea di demarcazione della fascia demaniale marittima, in attuazione dell'art. 6 comma 2-bis della L. n. 140 del 2004" nonché per ottenere chiarimenti e "verificare i dati numerici necessari alla soluzione della controversia (esatta estensione dei suoli oggetto di causa; misura dell'indennità risultante in base ai criteri applicati dal tribunale)". A seguito di rinuncia all'incarico da parte del c.t.u. è stato nominato l'ing. Michele Gioia, al quale è stato conferito nuovo incarico all'udienza del 5.6.2013. All'udienza del 26.2.2014 è stata dichiarata l'interruzione del processo per la morte di C.P.. Tempestivamente riassunto il giudizio, il consigliere istruttore, preso atto del fatto nuovo costituito dalla sottoscrizione da parte delle amministrazioni pubbliche interessate, in epoca successiva al deposito della prima relazione D.G., di "verbale di delimitazione ricognitivo della fascia demaniale marittima compresa nel territorio del comune di Campomarino", con ordinanza del 10.11.2014 ha conferito al tecnico incarico integrativo e a chiarimenti, volto ad accertare la definitiva classificazione di tutti gli immobili oggetto di causa in base a tale delimitazione e a quantificare gli indennizzi per l'occupazione sulla base dei criteri applicati dal tribunale. Precisate le conclusioni all'udienza del 27.5.2015, la causa è stata rimessa al collegio, una prima volta all'udienza del 1.7.2015 e, quindi, a quella del 7.3.2018, nella quale è stata trattenuta in decisione. 2. Devono essere esaminati congiuntamente il primo motivo dell'appello principale proposto da P., T., P., C., P. e D.L. e l'unico motivo dell'appello incidentale proposto dalle amministrazioni statali, attinenti entrambi alla qualificazione dei terreni oggetto di occupazione da parte degli appellanti. 2.1. Gli appellanti principali censurano la decisione impugnata per aver ritenuto che sulla base delle risultanze catastali, come accertate dal c.t.u. ing. Del Greco, siano compresi nel demanio marittimo (intestazione catastale: "demanio dello Stato ramo marina mercantile") i terreni di cui al foglio (...), p.lle (...) (posizione T.), (...) (posizione P.) e (...) (posizione C.), mentre tale qualificazione è stata esclusa per le altre zone di terreno occupate, la cui intestazione catastale è demanio pubblico dello Stato, nonostante si tratti di terreni di caratteristiche omogenee. A sostegno delle censure proposte, gli appellanti principali deducono che: - vi sono contraddizioni evidenti tra gli accertamenti risultanti dalle tre consulenze svolte in primo grado, in quanto: nella prima, svolta dinanzi al Tribunale di Napoli, a firma dell'arch. A.G. e datata febbraio 1987, si afferma che le aree oggetto di causa non possiedono le caratteristiche della demanialità marittima ma risultano di proprietà del demanio dello Stato; nella seconda, datata 9.4.2004, a firma dell'ing. E.P.M., si evidenzia che le aree in oggetto, originate dalla p.lle (...) del foglio (...), sono di proprietà del demanio dello Stato; nella terza consulenza, datata 4.1.2007, a firma dell'ing. A.R.D.G., si afferma che per alcuni terreni (riguardanti la posizione di T., P. e C.) i dati catastali, come modificati a partire dal 15.11.2002, data di un riordino fondiario, riportano l'intestazione al demanio dello Stato ramo Marina mercantile, mentre la restante parte conserva l'intestazione al demanio dello Stato;


- la terza consulenza non spiega il motivo di una differenziazione catastale così netta (che riverbera i suoi effetti sulla liquidazione dell'indennizzo per l'occupazione illegittima, con inevitabili e ingiustificate disparità di trattamento), trattandosi di aree ravvicinate, aventi origine da un'unica omogenea fascia di terreno; - le intestazioni catastali delle zone di terreno originate dalla p.lla (...) sono errate, essendo stato accertato dal c.t. di parte Gammieri che in occasione del riordino fondiario del 15.11.2002 è stato commesso un errore di trascrizione che ha modificato, per alcune particelle, l'intestazione originaria al demanio pubblico dello Stato, risultante dal 1948; - l'art. 6 comma 2-bis del D.L. n. 80 del 2004, come convertito con la L. n. 140 del 2004, non può applicarsi fino a quando non sia individuata la linea di demarcazione della fascia demaniale marittima, operazione necessaria in base al tenore della disposizione, con la conseguenza che alla data della consulenza (4.1.2007), non essendo ancora intervenuta tale delimitazione, non potevano trarsi elementi indicativi dell'appartenenza al demanio marittimo dal solo dato dell'intestazione catastale. 2.2. Motivo speculare è quello fatto valere dalle amministrazioni appellanti incidentali, le quali censurano come erronea l'esclusione dal demanio marittimo delle zone di terreno che in base alle risultanze catastali risultano comprese nel "demanio pubblico dello Stato"; esse ritengono che se i beni occupati dagli appellanti principali risultano catastalmente intestati al demanio dello Stato e hanno "natura omogenea sostanziale di suolo di origine, natura e funzione marittime", l'unica conclusione che se ne può trarre logicamente è che i terreni in questione sono tutti beni demaniali marittimi. 2.3. La decisione sulle questioni proposte con gli appelli non può non tenere conto del fatto nuovo costituito dalla intervenuta delimitazione della fascia costiera marittima, come risulta dal verbale del 27.12.2013, allegato alla relazione di c.t.u. integrativa del 10.4.2015. Si tratta di operazione che la disposizione oggetto di applicazione da parte del primo giudice per individuare la natura dei terreni occupati dagli appellanti (art. 6 comma 2-bis del D.L. n. 80 del 2004, come modificato dalla L. n. 140 del 2004) considera rilevante per la concreta individuazione dei terreni compresi nella fascia demaniale marittima (secondo la linea di demarcazione definita), sia pure attribuendo a tal fine rilievo ai dati ricavabili dalle intestazioni catastali (sulla base delle risultanze catastali). La delimitazione intervenuta nel corso del giudizio di secondo grado comporta la sopravvenuta perdita di rilevanza delle argomentazioni poste a base delle censure svolte dagli appellanti principali e da quelli incidentali, e quindi il difetto di interesse al loro accoglimento. È venuto meno, in primo luogo, l'interesse a far valere la non applicabilità della disposizione del richiamato art. 6 comma 2-bis in considerazione della mancata delimitazione della fascia demaniale marittima al momento degli accertamenti tecnici svolti in primo grado e della pronuncia della sentenza impugnata. Ma hanno perso consistenza anche le ulteriori argomentazioni svolte dagli appellanti principali e incidentali. Il dedotto errore dell'intestazione catastale delle zone di terreno che la sentenza impugnata ha ritenuto far parte del demanio marittimo (motivo dell'appello principale), così come la censura riguardante l'esclusione di tale tipo di demanialità per altra parte delle zone di terreno occupate


(motivo dell'appello incidentale), si fondano, infatti, su dati di fatto (risultanze del catasto, natura omogenea dei terreni, erroneità della intestazione) superati dalla individuazione in concreto dell'area demaniale risultante dal verbale di delimitazione a cui hanno preso parte le amministrazioni competenti. In particolare, è superata la questione della rilevanza dell'errore che sarebbe stato commesso in occasione del riordino fondiario dei terreni oggetto di causa del 15.11.2002, per effetto del quale sarebbe stata modificata per alcune particelle, senza giustificazione alcuna, l'intestazione da "demanio pubblico dello Stato" a "demanio dello Stato ramo marina mercantile". Va osservato, a tal riguardo, che la prospettazione degli appellanti ha trovato conferma negli accertamenti compiuti dal consulente ing. Michele Gioia (v. relazione del 17.12.2013), il quale, con riferimento ad alcune particelle originate dalla n. 22 (1360 occupata da T., 1361 occupata da P., 1363 occupata da P. e 1364 occupata da C.) ha rilevato la presenza di una variazione di ufficio del 26.2.2008 con la seguente dicitura "variata intestazione per errore commesso con tab. n. 289 dem. 1/1999 ist. cat. de. mar. 94"; da ciò il tecnico ha dedotto che nessuno degli immobili oggetto di causa già alla data del 30.5.2004, di entrata in vigore della L. n. 140 del 2004, di conversione del D.L. n. 80 del 2004, poteva considerarsi appartenente al demanio marittimo, poiché l'intestazione al "demanio dello Stato ramo marina mercantile" era conseguente a "un errore commesso dal Catasto nel riordino fondiario del 15.11.2002 n. 289 DEM.1/1999 in atti dal 15.11.2002". La questione se un simile errore materiale, già prospettato in primo grado, rilevasse o meno in ordine all'applicazione dell'art. 6 comma 2-bis del D.L. n. 80 del 2004 (che il primo giudice ha risolto in senso negativo, ritenendo che "per effetto dell'esplicita scelta fatta dal legislatore, la situazione esistente al catasto al momento dell'entrata in vigore della legge assurge ad unico e assorbente parametro di riferimento per l'interprete e per la p.a." a nulla rilevando che "l'intestazione catastale sulla natura demaniale marittima o meno di un bene possa essere il frutto di sviste, errori, imprecisioni o casualità") è ormai priva di rilievo a seguito della individuazione in concreto della fascia demaniale marittima che, in forza della norma richiamata, le amministrazioni interessate hanno operato in data 27.12.2013. Con il "verbale di delimitazione ricognitivo della fascia demaniale marittima compresa nel territorio del comune di Campomarino (Campobasso) ai sensi dell'art. 6 comma 2-bis del D.L. n. 80 del 2004, convertito con modifiche dalla L. n. 140 del 2004" (allegato 1 della c.t.u. integrativa del 10.4.2015), alla cui redazione hanno preso parte l'Agenzia del demanio delle regioni Abruzzo e Molise e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (nell'articolazione della Capitaneria di porto di Termoli), è stata individuata una porzione della proprietà demaniale soggetta al peculiare regime del demanio marittimo, esercitandosi in tal modo una potestà di cura dell'interesse pubblico in termini tali da incidere (come di fatto è avvenuto) sulla posizione soggettiva di soggetti privati. Tale atto, in quanto suscettibile di avere carattere costitutivo o modificativo di diritti, esprime la discrezionalità amministrativa, con la conseguenza che il giudice ordinario non ha il potere di verificare il corretto esercizio della potestà di cura dell'interesse pubblico e quindi di disapplicarlo, essendo la tutela delle posizioni soggettive da esso pregiudicate riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo. A tali conclusioni si perviene anche se si ritiene che la delimitazione della fascia demaniale marittima abbia rappresentato un atto vincolato di mera ricognizione delle particelle catastali comprese nella fascia demaniale marittima, senza spazio per apprezzamenti tecnici discrezionali da parte delle amministrazioni periferiche, come sembra evincersi dalla premessa del verbale ricognitivo, in cui si parla di "mera presa d'atto e registrazione, nella sede amministrativa, della volontà della legge, mediante individuazione delle particelle catastali alla data di entrata in vigore


della legge stessa e ricezione automatica delle risultanze da esse desumibili agli effetti della definizione della linea di demarcazione della fascia demaniale marittima". Lo stesso svolgimento dei fatti, che vede sopraggiungere la delimitazione amministrativa a distanza di quasi dieci anni dalla legge, dimostra che il testo normativo non era di piana applicazione ma ha richiesto un'attività interpretativa e, quindi, l'esercizio di discrezionalità quanto meno da parte dell'amministrazione centrale. Nello stesso verbale di delimitazione, peraltro, viene dato atto dell'emersione di problematiche relative alla "esatta interpretazione da adottare in ordine alla definizione di "risultanze catastali" circostanza chiarita definitivamente dalla Direzione Centrale dell'Agenzia del demanio con nota prot. (...) del 3.6.2013", non senza ricordare che dalla relazione di accompagnamento alla L. n. 140 del 2004 risulta chiaramente che la finalità perseguita dal legislatore era quella di "risolvere in via definitiva Le incertezze sulla collocazione della linea di demarcazione della fascia di demanio marittimo rientrante nel territorio del comune di Campomarino", essendo "controverso il regime giuridico delle relative aree per il consolidarsi di situazioni di proprietà privata la cui ubicazione, situata alle spalle dell'ampia fascia di pineta marittima (la cui demanialità è incontestata), è tale da escludere qualsivoglia utilità per pubblici usi del mare". Da un lato, quindi, emerge chiaramente che la finalità della legge era quella di riconoscere situazioni di fatto consolidatesi nel tempo in una zona per la quale la relazione di accompagnamento esclude espressamente qualsiasi possibile utilità per i pubblici usi del mare, quindi per le finalità che sono proprie del demanio marittimo, dall'altro l'Agenzia del demanio ha fornito un'interpretazione del concetto di "risultanze catastali alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto" tale per cui sono state recepite le intestazioni catastali alla data del 30.5.2004, anche se frutto (come nella specie è incontestabilmente avvenuto per alcune particelle di terreno) di un errore di trascrizione all'atto del riordino fondiario del 15.11.2002. La relazione di accompagnamento conferma che con l'intervento legislativo in oggetto non si è inteso attribuire natura di demanio marittimo a zone di terreno prive delle caratteristiche e delle funzioni che sono proprie di tale tipo di demanio, ma piuttosto escludere tale natura per terreni, la cui vicinanza al mare poteva dare vita a una situazione di incertezza; sotto questo profilo può riconoscersi all'intervento normativo il senso di una vera e propria sdemanializzazione operata per via legislativa. Alla luce di quanto evidenziato è chiaro che con la nota del 3.6.2013, richiamata nel verbale di delimitazione del 27.12.2013 e atto presupposto di questo, l'amministrazione, risolvendo una situazione di incertezza applicativa della legge, ha esercitato la propria discrezionalità amministrativa, essendo ben possibile un'interpretazione diversa del concetto di "risultanze catastali alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto", specie alla luce della finalità complessiva della legge; anche ammettendo la natura vincolata e di mera ricognizione del verbale di delimitazione del 27.12.2013, devono quindi escludersi le stesse caratteristiche per la nota del 3.6.2013, con cui la Direzione centrale dell'Agenzia del demanio ha fornito i chiarimenti che hanno costituito il presupposto per la materiale delimitazione della fascia demaniale marittima, compiendo una scelta discrezionale. La natura discrezionale dell'atto presupposto della delimitazione operata comporta che la tutela delle posizioni soggettive pregiudicate dall'interpretazione adottata è possibile unicamente dinanzi alla giustizia amministrativa e che, in difetto di impugnativa, la delimitazione operata vincola il giudice in merito alla qualificazione dei terreni occupati.


Non è quindi discutibile in questa sede la natura di demanio marittimo delle particelle di terreno che sono risultate comprese all'interno della fascia oggetto di delimitazione il 27.12.2013, a nulla rilevando che per alcune di esse l'intestazione catastale alla data del 30.5.2004 sia stata il frutto di un errore successivamente corretto. Non vale in senso contrario la prospettazione per cui il verbale di delimitazione costituirebbe in realtà un atto interno e che esso non sarebbe stato portato a conoscenza dei privati interessati attraverso canali ufficiali. A prescindere dal rilievo per cui gli appellanti hanno acquisito conoscenza del suddetto verbale nell'ambito del presente procedimento, la sua mancata comunicazione ai privati interessati non influisce sulla sua natura di atto discrezionale e sul conseguente regime di impugnazione. Va aggiunto che al presente caso non è applicabile la giurisprudenza riguardante la giurisdizione in tema di procedimento di delimitazione dei confini del demanio marittimo ai sensi dell'art. 32 codice della navigazione, dettagliatamente disciplinato dall'art. 58 del regolamento attuativo dello stesso codice. Tale disposizione prevede la possibilità di risolvere in via amministrativa questioni di delimitazione dei confini tra proprietà privata e demanio marittimo, o attraverso l'adozione di un provvedimento amministrativo che risolve eventuali contestazioni da parte del direttore marittimo di concerto con l'intendente di finanza (comma 2) o mediante redazione di un verbale che recepisce l'accordo delle parti interessate (comma 3). In entrambi i casi la giurisprudenza di legittimità più recente (Cass., s.u., 11.3.1992, n. 2956; Cass., 11.5.2009, n. 10817; Cass.,s.u., 15.3.2012, n. 4127; Cass., ord., 12.7.2018, n. 18511) è orientata a ritenere che l'attività dell'amministrazione sia meramente ricognitiva della esatta e preesistente delimitazione della proprietà e che il procedimento di delimitazione amministrativa abbia le medesime caratteristiche del regolamento di confini di cui all'art. 950 c.c., con la conseguenza che la parte pubblica e il privato confinante si trovano in una posizione di parità e che la giurisdizione sulla controversie nascenti dall'operata delimitazione appartiene in ogni caso al giudice ordinario, abilitato alla disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo. Si tratta di orientamento interpretativo chiaramente inapplicabile al caso in esame, dal momento che esso riguarda l'ipotesi della delimitazione della proprietà pubblica (demanio marittimo) dalla proprietà privata, in cui vi è effettivamente lo svolgimento di attività di tipo accertativo e non autoritativo e rispetto alla quale la posizione di diritto soggettivo del privato non è degradata dall'esercizio del potere pubblico, pena il riconoscimento all'attività di delimitazione di cui all'art. 32 cod. nav. di effetti espropriativi prodotti surrettiziamente al di fuori dei casi previsti dalla legge a senza le garanzie procedurali da questa disciplinate. Affatto diverso è il caso che viene in rilievo nella presente controversia, in cui la delimitazione della fascia marittima costiera non era finalizzata alla individuazione dei confini rispetto alle proprietà private finitime ma al riconoscimento della natura e delle caratteristiche dei terreni di proprietà pubblica oggetto di occupazione da parte di privati, con l'effetto di una compressione della posizione soggettiva di questi (si pensi alla impossibilità di far valere il possesso dei terreni ad usucapionem o alla disciplina dell'indennità di occupazione applicabile ai beni compresi nel demanio marittimo). L'incontestabilità dell'appartenenza delle particelle di terreno occupate da alcuni degli appellanti al demanio marittimo comporta le conseguenze esattamente indicate nella sentenza impugnata, del resto non oggetto di contestazione alcuna mediante l'appello principale proposto e che così possono


sintetizzarsi: 1) ai sensi dell'art. 35 cod. nav. non può ipotizzarsi per i beni del demanio marittimo la perdita delle caratteristiche di demanialità (cd. sdemanializzazione) se non per effetto di un provvedimento amministrativo e con esclusione, quindi, di una sclassificazione per facta concludentia (per tutte Cass., ord., 8.2.2018, n. 3111) 2) l'impossibilità di una sdemanializzazione tacita comporta la conseguenza che la condotta dei privati che occupano tali terreni è sempre illecita e mai suscettibile di condurre al perfezionamento di un acquisto a titolo originario della proprietà. 2.4. La delimitazione della fascia demaniale marittima operata il 27.12.2013 vincola il giudice anche in riferimento alla natura dei terreni che ne sono esclusi, i quali, come detto, risultano catastalmente intestati al "demanio pubblico dello Stato". Si deve ritenere, infatti, che mediante il verbale di delimitazione e l'atto presupposto in esso richiamato, le amministrazioni non soltanto abbiano attribuito natura di demanio marittimo ai terreni compresi nella fascia ma abbiano escluso tale demanialità per quelli rimasti fuori dalla delimitazione. Ciò comporta che l'appello incidentale proposto dalle amministrazioni possa essere accolto limitatamente a una parte dei terreni occupati da G.P., per i quali è stata esclusa in primo grado le natura demaniale marittima e che, in forza della delimitazione operata il 27.12.2013, rientrano per una parte cospicua, nella fascia demaniale marittima (precisamente mq 1537, a fronte di mq 210 non compresi in tale fascia). Non può, invece, recepirsi la tesi delle amministrazioni appellanti incidentali, secondo cui le vicende che nel corso del tempo hanno riguardato la zona oggetto di causa dimostrerebbero la sua appartenenza al demanio marittimo, anche per la parte che riporta l'intestazione catastale "demanio pubblico dello Stato". Si tratta di vicende (in particolare la precedente delimitazione operata agli inizi del secolo scorso dall'agente B.) superate dall'art. 6 comma 2-bis del D.L. n. 80 del 2004, che, come detto, ha avuto la finalità di eliminare la situazione di incertezza sempre esistita nella zona. La non appartenenza al demanio marittimo delle particelle di terreno non comprese nella delimitazione operata il 27.12.2013 emerge, peraltro, con evidenza dalle caratteristiche oggettive dei terreni, come rilevate nel corso dei sopralluoghi effettuati dai diversi consulenti. Si tratta di porzioni di territorio che non rientrano in alcuna delle categorie individuate dall'art. 38 cod. nav. ("a) il lido, la spiaggia, i porti, le rade; b) le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente col mare; c) i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo"), né nella nozione di pertinenze di cui all'art. 29 cod. nav. ("le costruzioni e le altre opere appartenenti allo Stato, che esistono entro i limiti del demanio marittimo e del mare territoriale"). Esclusa pacificamente la riconducibilità dei terreni oggetto di causa ad alcuno dei beni elencati alle lettere b) e c) sopra riportate ed escluso, altresì, che essi costituiscano un porto o una rada, qualche puntualizzazione è necessaria in merito alle nozioni di lido e di spiaggia, che la legge non definisce, ma che possono ricostruirsi sulla base dell'elaborazione della dottrina e della giurisprudenza. La definizione della nozione di lido risale tradizionalmente alle fonti romanistiche (est autem litus maris quatenus hybernus fluctus maximus excurrit) e comprende quella porzione di riva che, nel suo limite esterno, è a contatto immediato con le acque del mare e, nel suo limite interno, si estende non solo fino al punto bagnato dalla più alta marea, ma comprende anche quella parte di terreno ricoperta dalle ordinarie mareggiate, escluse quelle dovute al mare in tempesta.


L'esatta individuazione della nozione giuridica di spiaggia è più problematica, non coincidendo, se non per una dottrina minoritaria, con la sua accezione comune (striscia di terra sabbiosa o ghiaiosa che eventualmente si estende tra il lido e l'entroterra). L'opinione maggioritaria, condivisa dalla Suprema Corte (Cass., 18.5.2015, n. 10089, a proposito della spiaggia lacuale), considera irrilevante la natura del terreno contiguo al lido del mare (sabbiosa, argillosa, rocciosa, ghiaiosa, etc.), conferendo rilievo esclusivo alla sua idoneità al soddisfacimento dei pubblici usi del mare. Della spiaggia devono considerarsi parte anche gli arenili (o relitti del mare), vale a dire le fasce di terreno direttamente contigue che ne rappresentano un'estensione verso il confine interno, che, secondo la nozione comunemente accolta, sono le aree abbandonate dal mare nel suo ritirarsi e sottoposte alle mareggiate straordinarie (Cass., 1.4.2015, n. 6619), che pure si caratterizzano per il requisito funzionale della idoneità, anche solo potenziale, alla realizzazione dei pubblici usi del mare. Ciò premesso, le zone di terreno oggetto di giudizio non possiedono le caratteristiche fisicomorfologiche né quelle finalistico-funzionali proprie del lido, della spiaggia e della sua estensione ulteriore costituita dall'arenile. Dal punto di vista fisico, come evidenziato dai diversi consulenti, i terreni sono situati in una zona del litorale di Campomarino separata dal mare da una pineta, fatto che rappresenta una chiara soluzione di continuità rispetto alla spiaggia ed esclude, quindi, la contiguità che rappresenta il tratto costitutivo dell'arenile; senza considerare che detto ostacolo fisico rende difficilmente ipotizzabile l'interessamento dell'area da mareggiate straordinarie. Sotto il profilo funzionale, poi, è da escludere che l'area, per la sua distanza e la separazione fisica dal mare, sia, anche solo potenzialmente, utilizzabile per realizzare interessi pubblico-sociali collegati al mare, che tradizionalmente sono individuati nella difesa nazionale e protezione dei confini, sicurezza della navigazione, polizia doganale, pubblica sicurezza, navigazione e traffico marittimi, pesca e cantieristica. Posta l'impossibilità di qualificare come demanio marittimo le aree escluse dalla delimitazione del 27.12.2013, deve rilevarsi la mancanza di una specifica censura da parte degli appellanti incidentali riguardante la parte della sentenza impugnata che ha escluso anche la demanialità non marittima per le particelle di terreno non facenti parte del demanio marittimo, qualificandole come patrimonio disponibile dello Stato. È del resto ineccepibile l'argomentazione del primo giudice secondo cui, al di là dello specifico ambito di applicazione dell'art. 6 comma 2-bis del D.L. n. 80 del 2004 - riferito esclusivamente a ciò che, secondo le risultanze catastali, è intestato al demanio marittimo - i dati ricavabili dal catasto non costituiscono elemento risolutivo, dovendosi avere riguardo alle caratteristiche oggettive dei beni e alla loro riconducibilità alla elencazione tassativa contenuta nell'art. 822, commi 1 (relativa al demanio necessario, ivi compreso il demanio marittimo, ulteriormente e meglio specificato dall'art. 28 cod. nav.) e 2 (demanio accidentale): "come chiaramente evidenziato dalla c.t.u. dell'ing. Massamormile e dalla documentazione fotografica ad essa allegata, si tratta di normali terreni ... che certamente non possono essere qualificati come opere destinate alla difesa nazionale, strade, autostrade, aerodromi, acquedotti o immobili di interesse storico, artistico e archeologico", con la conseguenza che è "insufficiente la mera intestazione catastale la quale può valere come indizio rafforzativo di una demanialità ma ... non è in grado di per sé sola di attribuire tale qualità".


3. Con il secondo motivo gli appellanti principali censurano la sentenza impugnata per aver escluso il perfezionarsi dell'usucapione relativamente ai terreni oggetto di occupazione. Considerato il regime proprio dei beni compresi nel demanio marittimo, il motivo deve essere esaminato in relazione ai terreni che ne sono esclusi, che per il primo giudice appartengono al patrimonio disponibile dello Stato quanto meno dal 1948, anno di classificazione catastale del comune di Campomarino, e che come tali, ai sensi dell'art. 828 comma 2 c.c., possono essere oggetto di acquisto a titolo originario. La censura deve essere disattesa, sia pure con le correzioni e integrazioni della motivazione di cui alle argomentazioni di seguito esposte. 3.1. A sostegno del motivo di appello si evidenzia, in primo luogo, l'erroneità dell'affermazione del primo giudice, secondo cui le diffide stragiudiziali inviate dalle amministrazioni agli occupanti avrebbero avuto effetto interruttivo del termine ventennale. Si deduce, poi, che l'area oggetto di causa è stata sempre oggetto di dominio e godimento privato da tempo remoto, quanto meno dal 1966 (data indicata dalle amministrazioni appellate come inizio dell'occupazione) e che questo è avvenuto pacificamente, pubblicamente, continuamente e ininterrottamente con la disposizione d'animo tipica dei proprietari, tanto che i terreni sono stati trasferiti di padre in figlio o acquistati inter vivos, sono stati in gran parte dei casi coltivati, edificati e urbanizzati, mediante realizzazione di campeggi, alloggi turistici, etc. A detta degli appellanti la data di inizio dell'occupazione, indicata dalle stesse amministrazioni che agiscono per il rilascio, consente di per sé sola, senza necessità di ulteriori accertamenti, di ritenere perfezionata l'usucapione per P., C., D.L. e P., nei cui confronti la citazione in primo grado, unico atto a cui può riconoscersi efficacia interruttiva dell'usucapione, risale al 1991, quindi a venticinque anni dopo. Quanto alla posizione di T. e P., rispetto ai quali l'azione giudiziaria risale al 1981, parte appellante evidenzia che: il T. ha acquistato il terreno nel 1974 da A.O., il quale lo possedeva dal 1945-46; il P. ha acquistato il terreno nel 1979 da P.T., il quale lo aveva acquistato a sua volta nel 1961 da U.S. e B.O., anch'essi possessori sin dal 1945-46 e, comunque, da prima del 1961. A sostegno dei propri assunti gli appellanti hanno altresì articolato, anche se solo "per mero scrupolo difensivo", richiesta di prova testimoniale relativa alla situazione possessoria dei terreni oggetto di causa, ai sensi dell'art. 345 c.p.c. nella formulazione anteriore alla novella di cui alla L. n. 353 del 1990, applicabile ratione temporis alla presente controversia. 3.2. Prima di esaminare il motivo nel merito è necessario in questa sede pronunciarsi sulla richiesta di prove orali, la cui decisione è stata espressamente rimessa al collegio con ordinanza del consigliere istruttore del 27.5.2015; detta istanza - è bene precisarlo - è stata sempre reiterata dalla difesa degli appellanti in tutte le udienze destinate alla precisazione delle conclusioni e anche in sede di discussione. Il comma 2 dell'art. 345 c.p.c., nella formulazione in vigore al momento dell'instaurazione del presente giudizio, stabilisce che "Le parti possono proporre nuove eccezioni, produrre nuovi documenti e chiedere l'ammissione di nuovi mezzi di prova, ma se la deduzione poteva essere fatta in primo grado si applicano per le spese del giudizio d'appello le disposizioni dell'art. 92, salvo che si tratti del deferimento del giuramento decisorio".


Unica condizione di ammissibilità, ai sensi della disciplina previgente, dei mezzi di prova articolati in appello è l'accertamento della loro novità, la cui nozione è stata ampiamente precisata dalla giurisprudenza. È da escludersi la novità della prova testimoniale articolata in appello "non solo nel caso in cui essa verta sulle medesime circostanze che hanno già formato oggetto dell'analogo mezzo istruttorio espletato nel grado precedente, ma anche quando, malgrado la diversa formulazione dei capitoli, La stessa sia diretta ad integrare o a confortare le risultanze di quella precedentemente acquisita, riguardando fatti connessi a quelli riferiti dai testi e che ben avrebbero potuto essere accertati nel medesimo contesto" (Cass., 31.8.2015, n. 17322; v. anche Cass., 20.9.2006, n. 20327, secondo cui è inammissibile in appello la "prova testimoniale che, anche in modo indiretto, si appalesi preordinata a contrastare, completare o confortare Le risultanze di quella già dedotta e assunta in primo grado, e cioè a determinare, attraverso nuove modalità e circostanze, ovvero per la connessione delle circostanze già provate con quelle da provare, una diversa valutazione dei fatti che sono stati oggetto dello stesso mezzo istruttorio nelle precedenti fasi del processo"). Nel corso del giudizio di primo grado non sono mai state articolate e assunte prove testimoniali né sulle medesime circostanza capitolate con l'atto di appello né su circostanze di fatto comunque attinenti alla questione del possesso dei terreni oggetto di causa. Non può pertanto invocarsi il principio dell'infrazionabilità e contestualità della prova testimoniale, posto a base dell'interpretazione giurisprudenziale sopra richiamata. Le prove testimoniale articolate dagli appellanti principali, per quanto ammissibili, devono tuttavia essere disattese perché superflue o irrilevanti. 3.2.1.Sono in primo luogo irrilevanti le prove testimoniali relative alla situazione dei terreni che, a seguito della delimitazione operata il 27.12.2013, sono risultati compresi, con effetti retroattivi, nella fascia demaniale marittima di Campomarino, considerato che il peculiare regime del demanio comporta l'impossibilità di acquisto a titolo originario e l'inutilità dell'esercizio di un potere di fatto a tal fine. Si tratta, in particolare, delle posizioni di N.T., M.L.P. ed E.C., occupanti terreni ricadenti per l'intero nella fascia demaniale marittima come delimitata il 27.12.2013, e di G.P., occupante un terreno costituente per la gran parte demanio marittimo. A proposito della posizione del T., l'occupazione di un terreno (foglio (...) particella (...)) interamente compreso nel demanio marittimo, comporta, peraltro, l'irrilevanza anche delle vicende traslative riportate nell'atto di appello, secondo cui il T. avrebbe acquistato il terreno oggetto di occupazione nel 1974 da A.O. (i beni demaniali sono inalienabili) e della situazione possessoria relativa a quest'ultimo. È quindi superflua ogni considerazione sulla pertinenza rispetto alla vicenda occupativa del titolo di acquisto del T. (doc. 4 del fascicolo di parte appellante di questo grado), dovendosi in ogni caso rilevare che oggetto della vendita nel contratto del 4.11.1974 è chiaramente un appezzamento di terreno esteso 16.20 are, non identificato catastalmente ma soltanto mediante i suoi confini, mentre nella nota di trascrizione si fa riferimento alla vendita di 43.80 are, con indicazione dei dati catastali (foglio (...), p.lle (...) e (...)), erroneamente riportando quelli che nel contratto erano chiaramente indicati come relativi al terreno confinante, non oggetto di vendita. 3.2.2.Per l'altro soggetto in riferimento al quale si deduce, con l'atto di appello, l'esistenza di vicende traslative (C.P.), la prova testimoniale articolata non può essere ammessa perché in


contrasto con il contenuto dei documenti prodotti dalla stessa parte appellante e, comunque, irrilevante. Con l'atto di appello si sostiene che il P. avrebbe acquistato nel 1979 i terreni e i fabbricati oggetto di causa da tale T., il quale a sua volta li avrebbe acquistati da U.S. e B.O. nel 1961. Tra i documenti allegati al fascicolo di parte appellante del presente grado (nuova produzione documentale ammissibile ex art. 345 comma 2 c.p.c. ante riforma) vi sono, in effetti, due contratti di compravendita (doc. 6 e 7), nell'ultimo dei quali, datato 20.11.1979, figura quale acquirente il P. e venditore P.T., in nome e per conto del padre Secondo T.. E tuttavia l'acquisto compiuto dal P. riguarda esclusivamente "due vecchi fabbricati rurali, ormai ridotti a non più che ruderi", identificati nel N.C.E.U. con le particelle (...) e (...) del foglio (...), non essendovi assolutamente compresi i terreni su cui gli stessi sono stati edificati, il cui identificativo viene richiamato solo per indicare dove i fabbricati venduti sono "giacenti". Dalla lettera inequivocabile del contratto prodotto consegue, per un verso, l'inammissibilità del capitolo 4 (pag. 31 dell'atto di appello), con cui si chiede di provare l'acquisto da parte del P. del terreno indicato al foglio (...) p.lle (...) e (...), perché in contrasto con il contenuto del documento prodotto dallo stesso appellante, che attesta l'acquisto dei soli fabbricati di cui al foglio (...) p.lle (...) e (...) del N.C.E.U.; per altro verso l'irrilevanza dei capitoli 5, 6 e 7, riguardanti il precedente acquisto da parte del T. e la situazione possessoria di questo e dei suoi danti causa. Più oltre si dirà della valenza confessoria della deduzione di aver acquistato (e quindi posseduto) solo dal 1979, senza poter unire il proprio possesso a quello dei danti causa, essendo esclusi i terreni dal titolo di acquisto. 3.2.3.Le prove testimoniali articolate conservano, alla luce di quanto detto, una residua rilevanza rispetto alla posizione di V.D.L., il quale risulta occupare una porzione di terreno interamente esclusa dalla fascia demaniale marittima, e di G.P., limitatamente alla parte di terreno occupata non demaniale. Si tratta di prove finalizzate a dimostrare l'esercizio di attività di coltivazione e imprenditoriale (campeggio) da parte degli occupanti a partire dal 1945 e la mancanza di rivendicazioni nel corso del tempo, che tuttavia appaiono superflue alla luce della documentazione acquisita in causa, sufficiente per la decisione della domanda di usucapione relativamente ai terreni facenti parte del patrimonio disponibile dello Stato (si rimanda al punto 3.3.2.). 3.3. Rilievo preliminare assume, in ordine alla delibazione della domanda di usucapione rispetto ai terreni non compresi nella fascia demaniale marittima (riguardante esclusivamente la posizione di D.L., P. e P.), la questione dell'efficacia interattiva, rispetto al possesso utile, degli atti di diffida inviati dalle amministrazioni ai privati, risolta in senso positivo dal primo giudice con motivazione oggetto di specifico motivo di censura. Sostengono gli appellanti che l'effetto interruttivo del termine ventennale per usucapire conseguirebbe soltanto alla domanda giudiziale, risultando prive di effetto a tal fine le diffide stragiudiziali, nel caso in esame inviate agli occupanti delle aree non demaniali nel 1978 (precisamente il 5.5.1978 al D.L. e l'8.8.1978 al P.) e nel 1982 (al P., precisamente il 7.4.1982). Il motivo di doglianza è fondato, ma non ne consegue, per i motivi di seguito meglio esposti, la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso il perfezionarsi dell'usucapione.


Il tribunale ha ritenuto applicabili in materia di usucapione, in forza del rinvio operato dall'art. 1165 c.c., le disposizioni dettate in tema di interruzione della prescrizione - quindi anche l'art. 2943 ult comma c.c., secondo cui vale a interrompere la prescrizione "ogni altro atto che valga a costituire in mora ii debitore" - senza, tuttavia, tenere conto della consolidata interpretazione della Suprema Corte, ormai diritto vivente, in tema di clausola di compatibilità delle norme in tema di prescrizione rispetto alla diversa fattispecie dell'usucapione (l'art. 1165 c.c., infatti, richiama le norme sulla prescrizione "in quanto applicabili"). Con interpretazione costante nel tempo la Cassazione ritiene le disposizioni in tema di interruzione della prescrizione non compatibili con i diritti reali e, in particolare, con l'istituto dell'usucapione, ma applicabili unicamente al campo dei diritti di obbligazione; ne consegue l'inidoneità di atti di diffida o di messa in mora, come la richiesta stragiudiziale di rilascio dell'immobile occupato, a interrompere il termine per usucapire, potendosi il possesso esercitare anche in aperto e dichiarato contrasto con il titolare del diritto reale (limitando il richiamo all'ultimo trentennio di giurisprudenza: Cass., 29.7.2016, n. 15927; Cass., 11.7.2011, n. 15199; Cass., 23.12.2010, n. 26018; Cass., 19.6.2003, n. 9845; Cass., 23.11.2001, n. 14917; Cass., 11.9.1998, n. 9025; Cass., 15.12.1992, n. 13211; Cass., 2.8.1990, n. 7742). Può, quindi, attribuirsi efficacia interruttiva del possesso solo ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa oppure ad atti giudiziali diretti ad ottenere ope iudicis la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapiente; tra questi certamente la domanda, di natura possessoria o petitoria, diretta a riottenere il possesso del bene occupato da altri. Di nessun rilievo in senso contrario la circostanza che la richiesta stragiudiziale di rilascio provenga, come nel caso di specie, dalla pubblica amministrazione, sia pure nell'esercizio della potestà di cura dell'interesse pubblico: Cass., 11.6.2009, n. 13625 ha escluso efficacia interruttiva del possesso ad usucapionem alle ordinanze di sgombero emesse dal sindaco quale ufficiale di governo e dall'intendente di finanza, così come alle difese sviluppate dalla pubblica amministrazione nei relativi giudizi amministrativi. Esclusa l'idoneità delle diffide stragiudiziali notificate agli occupanti a interrompere il corso dell'usucapione, unico atto a cui può attribuirsi tale efficacia è quello giudiziale con cui è stata proposta domanda di rilascio, che per D.L. e P. risale al giugno 1991, per il P. al maggio 1982. 3.3.1. Rispetto alla posizione del P. risulta evidente l'insufficienza del periodo di tempo in cui, secondo la prospettazione difensiva, avrebbe esercitato il possesso, peraltro limitatamente a due fabbricati diruti, quindi con esclusione dei terreni che formano oggetto della domanda di usucapione. Come si è visto in precedenza, il contratto di compravendita del 1979 riguarda, appunto, l'acquisto di due fabbricati, con la conseguenza che l'appellante non può unire il proprio possesso a quello dei danti causa relativamente ai terreni su cui pretende il riconoscimento dell'acquisto a titolo originario; ne è conseguita altresì l'irrilevanza della prova testimoniale articolata sul punto. 3.3.2. Con riferimento alla posizione del D.L. e a quella del P. (quest'ultimo limitatamente al terreno non demaniale dallo stesso occupato), costituisce fatto pacifico tra le parti l'esistenza di una situazione di fatto corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà sui beni oggetto di causa sussistente quanto meno dal 1966 - 1967. Sul punto è sufficiente riportare uno stralcio dell'atto di citazione nel giudizio n. 895/2011 ad opera dei Ministeri delle finanze e della marina mercantile, in cui si afferma che "P.G. ... D.L.V.


detengono abusivamente sin dagli anni 1966 - 1967, comportandosi illegittimamente uti domini, alcuni lotti di terreno siti in agro di C. (in catasto ...) appartenenti al demanio pubblico e precisamente al demanio marittimo") aggiungendosi che "numerose e reiterate diffide sono state rivolte ai predetti da parte dell'amministrazione per ottenere ii rilascio dei suoli demaniali di che trattasi, oltre al pagamento dell'indennità di abusiva occupazione". La parte pubblica, quindi, riconosce espressamente l'esercizio, sulle porzioni di terreno occupate, di un potere di fatto da parte dei privati occupanti corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà (uti domini), così ponendo fuori dall'area di ciò che necessitava di essere provato la questione del possesso ad usucapionem almeno a partire dal 1966 - 1967. Ciò nonostante, non può ritenersi che nel 1991, epoca di proposizione della domanda giudiziaria, a cui solo può riconoscersi, per i motivi anzidetti, efficacia interruttiva del possesso ad usucapionem, fosse decorso un tempo sufficiente al maturare della fattispecie acquisitiva a titolo originario in favore dei proprietari, essendosi verificato, rispetto al D.L. e al P., un ulteriore e diverso fatto interruttivo, emergente dagli atti. Ci si riferisce alle due richieste di concessione dell'area occupata, sottoscritte da V.D.L. e G.P., depositate presso l'Intendenza di finanza di Campobasso (il 15.5.1978 con prot. n. (...) quella del D.L. e il 16.8.1978 con prot. n. (...) quella del P.), allegate ai fascicoli relativi alla posizione personale dei predetti occupanti, prodotti all'Avvocatura dello Stato nel giudizio di primo grado n. 895/1991 R.G. Con le predette istanze, di tenore simile, i privati, premesso di aver ricevuto dall'Ufficio del registro di Termoli invito al rilascio del terreno "occupato abusivamente", individuato mediante riferimenti catastali, fanno richiesta all'Intendenza di finanza "perché voglia concedere in concessione allo scrivente il menzionato terreno, in quanto lo stesso è stato notevolmente bonificato e migliorato con aggravi di spese considerevoli, essendo in precedenza una palude sabbiosa impraticabile" (D.L.) e "perché voglia concedere in concessione al sottoscritto il su citato terreno, in considerazione anche delle notevoli migliorie in esso apportate sopportando spese economiche e sacrifici, essendo in precedenza il terreno in questione una palude impraticabile sorgente di malaria e di altre malattie infettive" (P.). Nelle istanze in esame, prive di qualsiasi rivendicazione di una situazione possessoria consolidata e/ o di una maturata usucapione, sono presenti chiarissime enunciazioni non solo della consapevolezza che il terreno occupato appartiene allo Stato, ma anche della volontà di attribuire il diritto reale al suo titolare (Cass., ord., 26.10.2018, n. 27170): solo il riconoscimento della spettanza del diritto all'amministrazione dello Stato legittimava questo ad attribuire il terreno in concessione al privato occupante ed era, come tale, incompatibile con la volontà dei privati di godere del bene uti domini. Con l'attribuzione allo Stato della proprietà del terreno occupato, desumibile dalle richieste rivolte all'Intendenza di finanza, D.L. e P. non hanno soltanto interrotto il termine di prescrizione ma hanno altresì espresso una chiara rinuncia a far valere l'usucapione eventualmente maturata (Cass., 12.10.2016, n. 20565; Cass., 31.8.2015, n. 17321, nel senso che la rinuncia all'usucapione può manifestarsi in forma tacita, quando il comportamento del possessore sia assolutamente incompatibile con la volontà dello stesso di avvalersi della causa di acquisto del diritto, senza alcuna possibilità di un'interpretazione diversa), così che è inutile accertare se al momento della manifestazione di volontà contenuta nelle istanze suddette fosse già maturato il ventennio utile per l'usucapione. Ne consegue l'irrilevanza della prova testimoniale articolata dagli appellanti allo scopo di dimostrare l'esercizio di atti di possesso uti domini dal 1945.


Va infine osservato che la protrazione del possesso in epoca successiva alle istanze sopra indicate (1978), anche se avvenuta con la disposizione d'animo del proprietario, è inutile ai fini del perfezionamento dell'usucapione, atteso che al momento della domanda giudiziale di rilascio proposta dalle amministrazioni (1991) erano trascorsi solo tredici anni rispetto al verificarsi dell'evento interruttivo. 4. Restano da esaminare le censure riguardanti la quantificazione dell'indennizzo per l'illegittima occupazione dei terreni. Gli appellanti principali deducono l'esistenza di errori nella c.t.u. recepita dal tribunale, sia in ordine alla reale estensione delle aree occupate sia in relazione ai parametri utilizzati per la quantificazione, che non sempre hanno tenuto conto delle reali caratteristiche delle singole aree, e chiedono (punto 4 delle conclusioni dell'atto di appello) la rideterminazione in misura inferiore degli indennizzi risarcitori dovuti, alla stregua di quanto indicato nella relazione tecnica allegata all'atto di appello ed escludendo, per T. e P., l'applicazione della normativa relativa alla quantificazione del canone concessorio relativo agli stabilimenti balneari, considerato che i terreni occupati non hanno mai avuto tale utilizzazione. Le consulenze svolte nel presente grado di giudizio, a firma dell'ing. Michele Gioia (relazioni del 16.12.2013 e del 10.4.2015), hanno consentito di correggere gli errori, in alcuni casi macroscopici, riguardanti la superficie realmente occupata da ciascuno degli appellanti, o loro aventi causa. Si riportano i dati relativi alle superfici effettivamente occupate dagli appellanti, evidenziando anche le differenze rispetto alle misurazioni compiute in prime cure: 1) N.T. occupa una superficie di mq 1.390 (foglio (...), p.lla (...), interamente compresa nella fascia demaniale marittima), invece che di mq 6.400,00, come determinata in primo grado; 2) G.P. occupa una superficie di mq 1.747 (foglio (...), p.lle (...), (...) e (...)), a fronte di una superficie calcolata in mq 1.770 in primo grado, di cui mq 1.537 ricadenti nella fascia demaniale marittima e mq 210 fuori dalla delimitazione, da considerare, quindi, patrimonio disponibile dello Stato; 3) L.M.P. occupa una superficie di mq 6.460 (foglio (...), p.lla (...), interamente compresa nella fascia demaniale marittima), invece che di mq 6.400,00, come determinata in primo grado; 4) V.D.L. occupa una superficie di mq 5.945 (foglio (...), p.lla (...), interamente al di fuori della fascia demaniale marittima), invece che di mq 6.400,00, come determinata in primo grado; 5) E.C. occupa una superficie di mq 3.035 (foglio (...), p.lla (...), in parte, interamente compresa nella fascia demaniale marittima), invece che di mq 2.800,00, come determinata in primo grado; 6) gli eredi di C.P. occupano una superficie di mq 14.360 (foglio (...), p.lle (...) e (...) N.C.E.U., foglio (...), p.lle (...) e (...), interamente esclusa dalla fascia demaniale marittima), invece che di mq 4.800,00, come determinata in primo grado. Sulle nuove determinazioni dell'esatta superficie occupata da ciascuno degli appellanti non sono state sollevate contestazioni, ragion per cui esse possono considerarsi accettate, ma soltanto nella misura in cui comportano la liquidazione di un danno di ammontare inferiore rispetto a quello liquidato in primo grado, in mancanza di appello incidentale sul punto da parte della amministrazioni dello Stato; pertanto, ove all'esito dei sopralluoghi svolti in grado d'appello sia stata constatata l'occupazione di un'estensione maggiore di quella accertata in primo grado, dovrà tenersi conto del primo accertamento. Costituisce una scelta equilibrata quella di individuare il dies a quo delle condotte occupative nella data di comunicazione delle prime diffide al rilascio e al pagamento dell'indennità , non potendosi fare affidamento sulla diverse e anteriori date rappresentate nelle stesse diffide; pertanto per tutti gli occupanti il momento iniziale dal quale far decorrere l'occupazione illegittima va individuato nel 1.1.1979 (le diffide risalgono tutte al 1978).


Deve essere disatteso il motivo di censura riguardante l'applicazione dei criteri previsti dall'art. 8 del D.L. n. 400 del 1993 per la determinazione, a decorrere dal 1990, degli indennizzi dovuti per le utilizzazioni senza titolo dei beni demaniali marittimi. Sostengono gli appellanti principali che per effetto dell'utilizzazione di tali criteri l'ammontare dei risarcimenti per occupazione illegittima risulterebbe abnorme rispetto al reale valore dei suoli occupati e alla tipo di utilizzazione che ne è stata fatta; si determinerebbe, inoltre, una ingiustificata disparità di trattamento tra gli appellanti, venendo ingiustamente penalizzati coloro che occupano terreni ricompresi all'interno della fascia demaniale marittima. Vanno a tal proposito richiamate le considerazioni svolte in precedenza a proposito della insindacabilità in questa sede delle scelte discrezionali (anche se ritenute illogiche) compiute dall'amministrazione all'atto della delimitazione della fascia demaniale marittima del comune di Campomarino, scelte che, imprimendo ai terreni la qualità di beni demaniali marittimi, influiscono inevitabilmente sul regime applicabile in tema di liquidazione degli indennizzi risarcitori dovuti dagli occupanti. L'entità senza subbio considerevole del risarcimento dovuto per l'occupazione dei beni del demanio marittimo non costituisce argomento valido per eludere l'applicazione del D.L. n. 400 del 1993, il cui art. 8 è chiarissimo nell'individuare il suo ambito applicativo ("utilizzo senza titolo di beni demaniali marittimi, di zone del mare territoriale e delle pertinenze del demanio marittimo, ovvero per utilizzazioni difformi dal titolo concessorio"), anche temporale ("a decorrere dal 1990"). L'unica forma di mitigazione possibile, in concreto praticata dal primo giudice, è l'esclusione della rivalutazione monetaria per la somma liquidata a titolo di indennizzo per l'occupazione dei beni demaniali marittimi, scelta ribadita in questa sede, anche per la mancanza di un appello incidentale sul punto. Né vale osservare che gli appellanti non gestiscono stabilimenti balneari e quindi non ricavano dai beni occupati redditi tali da giustificare la liquidazione nei termini indicati. L'ambito di applicazione del D.L. n. 400 del 1993, in tema di determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime, non è limitato alla gestione di stabilimenti balneari, come risulta dall'art. 1, comma 1, che elenca le diverse attività per le quali può essere rilasciata la concessione, anche diverse dalla gestione di stabilimenti balneari: si pensi alle strutture ricettive e turistiche come i campeggi, in alcuni casi esercitate dagli occupanti. In ogni caso il tipo di utilizzazione che l'occupante fa del bene demaniale marittimo, così come le caratteristiche concrete di questo, sono ininfluenti rispetto al regime di normativo applicabile per l'indennizzo. Ciò premesso e in conseguenza delle correzioni operate riguardanti le estensioni effettivamente occupate, gli indennizzi devono essere determinati nei termini che seguono, ferme restando le altre decisioni adottate dal primo giudice, non oggetto di specifica censura, tra cui la di liquidazione degli interessi compensativi mediante applicazione di un tasso di interesse (3%), medio rispetto ai diversi saggi di interesse legale succedutisi nel tempo, che va applicato sulle somme definitivamente liquidate in sentenza. La protrazione dell'occupazione dopo la pronuncia di primo grado legittima l'aggiornamento della misura del danno fino alla data della decisione.


Per N.T.: mq occupati 1.390 di terreno demaniale marittimo; indennità per il periodo dal 1.1.1979 al 31.12.1989 Euro 199,57, ricavata dalla stima dell'UTE effettuata per il periodo dal 1966 al 1978, successivamente ridotta in data 15.9.1980 (L. 278 /mq, determinata sulla base del valore di L. 1.782.000 in rapporto a una superficie di mq 6.400); indennità per il periodo successivo al 1.1.1990 e fino al 31.10.2018 (28,83 anni) Euro 3.655,42 annui, ricavata dalla stima del demanio di Campobasso del 31.5.1994 (L. 5.092/mq, determinata sulla base del valore di L. 32.595.000 in rapporto a una superficie di mq 6.400); pertanto per il primo periodo l'indennizzo ammonta a Euro 199,57 e per il secondo periodo a Euro 105.385,75, per un totale di Euro 105.585,33; gli interessi compensativi nella misura del 3% annuo vengono liquidati in Euro 126.251,13; totale Euro 231.836,46. Per G.P.: mq occupati 1.537 di terreno demaniale marittimo; indennità per il periodo dal 1.1.1979 al 31.12.1989 Euro 219,88, ricavata dalla stima dell'UTE effettuata per il periodo dal 1966 al 1978, successivamente ridotta in data 15.9.1980 (L. 277 /mq, determinata sulla base del valore di L. 490.000 in rapporto a una superficie di mq 1.700); indennità per il periodo successivo al 1.1.1990 e fino al 31.10.2018 (28,83 anni) Euro 4.042,00 annui, ricavata dalla stima del demanio di Campobasso del 31.5.1994 (L. 5.092/mq, determinata sulla base del valore di L. 32.595.000 in rapporto a una superficie di mq 6.400); pertanto per il primo periodo l'indennizzo ammonta a Euro 219,88 e per il secondo periodo a Euro 116.530,86, per un totale di Euro 116.750,74; gli interessi compensativi nella misura del 3% annuo vengono liquidati in Euro 139.601,90: totale Euro 256.352,64; mq occupati 210 di terreno non demaniale; indennità (calcolata in base alla stima dell'UTE in relazione al valore unitario di L. 277 /mq e, quindi di Euro 30,04 per il periodo dal 1.1.1966 al 31.12.1978) per il periodo dal 1.1.1979 al 31.10.2018 (39,83 anni) Euro 99,71; rivalutazione monetaria Euro 533,55; indennità rivalutata all'attualità Euro 632,26; gli interessi compensativi nella misura del 3% annuo vengono liquidati in Euro 756,01; totale Euro 1.388,27. Per M.L.P.: mq occupati 6.460 di terreno demaniale marittimo, di cui va però presa in considerazione la minore estensione di mq 6.400, come determinata in primo grado, perché più favorevole; indennità per il periodo dal 1.1.1979 al 31.12.1989 Euro 920,32, ricavata dalla stima dell'UTE effettuata per il periodo dal 1966 al 1978, successivamente ridotta in data 15.9.1980 (L. 278 /mq, determinata sulla base del valore di L. 1.782.000 in rapporto a una superficie di mq 6.400); indennità per il periodo successivo al 1.1.1990 e fino al 31.10.2018 (28,83 anni) Euro 16.833,91 annui, ricavata dalla stima del demanio di Campobasso del 31.5.1994 (L. 5.092/mq, determinata sulla base del valore di L. 32.595.000 in rapporto a una superficie di mq 6.400); pertanto per il primo periodo l'indennizzo ammonta a Euro 920,32 e per il secondo periodo a Euro 485.321,62, per un totale di Euro 486.241,94; gli interessi compensativi nella misura del 3% annuo vengono liquidati in Euro 581.412,14; totale Euro 1.067.654,08. Per V.D.L.: mq occupati 5.945 di terreno non demaniale; indennità (calcolata in base alla stima dell'UTE in relazione al valore unitario di L. 255 /mq e, quindi di Euro 782,93 per il periodo dal 1.1.1966 al 31.12.1978) per il periodo dal 1.1.1979 al 31.10.2018 (39,83 anni) Euro 2.598,57; rivalutazione monetaria Euro 13.878,96; indennità rivalutata all'attualità Euro 16.477,53; gli interessi


compensativi nella misura del 3% annuo vengono liquidati in Euro 19.702,61; totale Euro 36.180,14. Per E.C.: mq occupati 3.035, di terreno demaniale marittimo, di cui va però presa in considerazione la minore estensione di mq 2.800, come determinata in primo grado, perché più favorevole; indennità per il periodo dal 1.1.1979 al 31.12.1989 Euro 385,60, ricavata dalla stima dell'UTE effettuata per il periodo dal 1966 al 1978, successivamente ridotta in data 15.9.1980 (L. 246 /mq, determinata sulla base del valore di L. 690.000 in rapporto a una superficie di mq 2.800); indennità per il periodo successivo al 1.1.1990 e fino al 31.10.2018 (28,83 anni) Euro 8.019,95 annui, ricavata dalla stima del demanio di Campobasso del 31.5.1994 per quattro anni dal 1990 al 1993 (L. 5.546/mq, determinata sulla base del valore di L. 62.124.000 in rapporto a una superficie di mq 2.800 per un quadriennio); pertanto per il primo periodo l'indennizzo ammonta a Euro 385,60 e per il secondo periodo a Euro 231.215,16, per un totale di Euro 231.600,76; gli interessi compensativi nella misura del 3% annuo vengono liquidati in Euro 276.931,06; totale Euro 508.531,82. Per C.P. (eredi): mq occupati 14.360 di terreno non demaniale, di cui va però presa in considerazione la minore estensione di mq 4.800, come determinata in primo grado, perché più favorevole; indennità (calcolata in base alla stima dell'UTE in relazione al valore unitario di L. 335 /mq e, quindi di Euro 830,46 per il periodo dal 1.1.1966 al 31.12.1978) per il periodo dal 1.1.1979 al 31.10.2018 (39,83 anni) Euro 2.756,43; rivalutazione monetaria Euro 14.722,09; indennità rivalutata all'attualità Euro 17.478,52; gli interessi compensativi nella misura del 3% annuo vengono liquidati in Euro 20.899,52; totale Euro 38.378,04. 5. La decisione di disporre la compensazione delle spese processuali, assunta in primo grado rispetto alla posizione degli occupanti di aree demaniali marittime deve essere ribadita in questa sede, con la precisazione che analoga decisione deve essere presa rispetto al P., che, solo a seguito della delimitazione della fascia demaniale marittima operata nel corso del giudizio di secondo grado, è risultato occupare un'area demaniale. Le annose vicende che hanno interessato l'area oggetto di causa e, soprattutto, la circostanza che le amministrazioni statali non abbiano tenuto conto dell'errore commesso in occasione del riordino fondiario del 15.11.2002, integrano giusti motivi per provvedere in questa direzione. La stessa decisione deve essere adottata, sia pure per ragioni diverse, rispetto alla posizione del D.L., sebbene occupante un'area del patrimonio indisponibile dello Stato, rispetto al quale il rigetto della domanda di usucapione viene in questa sede confermato. Il suo appello viene, infatti, accolto, sia pure in minima parte, essendo risultata ridotta l'estensione della zona di terreno oggetto di occupazione (5.945 mg invece di 6.400, accertati in primo grado); rispetto alla sua posizione si realizzano, quindi, i presupposti della soccombenza reciproca. Residua la posizione del P., il cui appello viene integralmente rigettato e che, in applicazione del principio della soccombenza, deve essere condannato al pagamento delle spese di questo grado del giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo, in applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, sotto il cui vigore si è esaurita l'attività professionale, in riferimento allo scaglione relativo al quantum della condanna e con applicazione del valori medi; a suo carico sono posti definitivamente gli onorari relativi alle c.t.u. svolte. P.Q.M.


la Corte d'appello di Campobasso - collegio civile, pronunciando definitivamente sull'appello principale avverso la sentenza n. 740/2007 del 29.10.2007 del Tribunale di Campobasso in composizione monocratica, proposto da C.P. (a cui sono succeduti A.C.S.P. e M.P.), N.T., G.P., E.C., M.L.P. e V.D.L., con citazione notificata il 22.2.2008, nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dei trasporti e dell'Agenzia del demanio (succeduti al Ministero delle finanze e al Ministero della marina mercantile), nonchÊ sull'appello incidentale proposto dagli appellati, cosÏ provvede: 1) accoglie l'appello principale e l'appello incidentale per quanto di ragione e, per l'effetto: -ridetermina l'indennizzo dovuto da N.T. in Euro 231.836,46, oltre interessi legali dalla data odierna al saldo; -ridetermina l'indennizzo dovuto da G.P. in Euro 257.740,91, oltre interessi legali dalla data odierna al saldo; -ridetermina l'indennizzo dovuto da L.M.P. in Euro 1.067.654,08, oltre interessi legali dalla data odierna al saldo; -ridetermina l'indennizzo dovuto da V.D.L. in Euro 36.180,14, oltre interessi legali dalla data odierna al saldo; -ridetermina l'indennizzo dovuto da E.C. in Euro 508.531,82, oltre interessi legali dalla data odierna al saldo; -ridetermina l'indennizzo dovuto da C.P. in Euro 38.378,04, oltre interessi legali dalla data odierna al saldo; 2) conferma nel resto la sentenza impugnata; 3) dichiara compensate le spese del presente grado di giudizio rispetto a N.T., G.P., E.C., M.L.P. e V.D.L.; 4) condanna A.C.S.P. e M.P. al pagamento, in favore degli appellati, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in Euro 9.515,00, di cui Euro 1.960,00 per fase di studio, Euro 1.350,00 per fase introduttiva, Euro 2.900,00 per fase istruttoria ed Euro 3.305,00 per fase decisionale, oltre rimborso forfetario, Iva e Cpa; 5) pone definitivamente a carico di A.C.S.P. e M.P. l'onere del pagamento delle spese relative alle c.t.u. CosÏ deciso in Campobasso, nella camera di consiglio del 31 ottobre 2018. Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2019. Gentile utente La ringraziamo per averci contattato, ma la consultazione del documento da lei richiesto è riservato ai nostri sostenitori che risultano in possesso delle credenziali di accesso al portale www.laboratoriopoliziademocratica.it in corso di validità . Cordiali saluti


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