Tar 2020- ricorso VS il rigetto istanza licenza porto armi uso caccia. Pubblicato il 26/05/2020 N. 0

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Tar 2020- ricorso VS il rigetto

istanza licenza porto armi uso caccia.

Pubblicato il 26/05/2020 N. 00957/2020 REG.PROV.COLL. N. 01410/2015 REG.RIC.

R E P U B B L I C A

I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1410 del 2015, integrato da motivi aggiunti,

proposto

da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato x contro Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Catanzaro, domiciliataria ex lege

in

Catanzaro,

via

G.Da

Fiore,

34;

Questura di Vibo Valentia non costituito in giudizio; per l'annullamento del decreto Cat. 6f/pas/prot. n.-OMISSIS-, notificato in data 8/5/2015, del Questore di Vibo Valentia, di rigetto istanza licenza porto armi uso caccia. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;


Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2020 il dott. Domenico Gaglioti come da verbale e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, c.5, d.l. 18 del 2020, conv. in legge n. 27 del 2020; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1-Il ricorrente aveva presentato istanza presso la Questura di Vibo Valentia tendente ad ottenere la licenza di porto di fucile per uso caccia. 2-In data 13.3.2015 gli veniva notificato il preavviso di rigetto stanti motivi ostativi a detta istanza, argomentato sui seguenti fatti: 1) l’istante era stato controllato in numerose occasioni unitamente a persone con precedenti di polizia e/o pregiudicate, nonché altamente pericolose per l’ordine e la sicurezza pubblica, molte delle quali segnalate all’A.G. per associazione a delinquere di stampo mafioso e delle quali non poteva dar ulteriore contezza stante segreto d’indagine; 2) il medesimo era stato segnalato in data 22.6.2014 per ritiro patente per superamento limite di velocità. 3-A seguito di ciò, il ricorrente produceva controdeduzioni, le quali, però, non sortivano esito favorevole. 4-Difatti, con successivo provvedimento dell’8.5.2015 l’Autorità di Pubblica Sicurezza rigettava l’istanza. 5-Avverso detto provvedimento viene spiegato ricorso articolato nei seguenti motivi di diritto: a. violazione di legge – artt. 11 e 43 R.D. 773/1931 (sostiene il ricorrente che il decreto di diniego sia stato adottato in violazione di tali disposizioni, per come interpretate

dalla

giurisprudenza,

nonché

prescindendo

dal

doveroso

accertamento e dall’indefettibile attività istruttoria che avrebbero dovuto offrire


risultanze concrete e riscontri tangibili rispetto all’informativa dell’Arma dei Carabinieri); b. eccesso di potere sotto i profili di carenza di istruttoria e di difetto di motivazione (sostiene il ricorrente che l’Autorità di Pubblica Sicurezza, nel valutare le informazioni in suo possesso, si sarebbe sottratta all’onere di dar conto in motivazione di un’adeguata e puntuale istruttoria e dell’attività di accertamento compiuta, che deve essere funzionale a mettere in luce le circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto è ritenuto inaffidabile sulla base di una valutazione prognostica in concreto che tenga conto complessivamente della personalità dell’interessato, mentre, per un verso, i controlli effettuati non possono essere indicati di una pretesa pericolosità sociale del ricorrente, allegando le ulteriori esperienze sociali, universitarie e politiche). 6-Si costituiva il Ministero dell’Interno e la Questura di Vibo Valentia, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, chiedendo la declaratoria di irricevibilità, inammissibilità ed infondatezza del ricorso. Nel merito l’amministrazione resistente contestava le deduzioni del ricorrente e, quanto ai vizi rilevati e posti a fondamento del ricorso, ne contesta la fondatezza in quanto sussistono validi e legittimi motivi, formali e sostanziali per negare il rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia. 7-A seguito del deposito dei documenti su cui si basava il provvedimento impugnato, il ricorrente presentava ricorso per motivi aggiunti articolandolo nel seguente motivo: violazione di legge in relazione agli artt. 11 e 43 R.D. 773/1931 – Eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti – Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria – Eccesso di potere per difetto dei presupposti – Eccesso di potere sotto il profilo del difetto del requisito dell’attualità – Manifesta irragionevolezza (in estrema sintesi, in tale ultimo ricorso, dopo aver svolto alcune puntualizzazioni in ordine al contenuto


dell’informativa dell’A.G. del luogo di residenza, contesta comunque la correttezza delle conseguenziali valutazioni da parte dell’Autorità di Pubblica Sicurezza nel provvedimento impugnato). 8-Alla camera di Consiglio del 19.1.2016 parte ricorrente rinunciava all’invocata trattazione della misura cautelare. 9-All’udienza del 20.5.2020 la causa veniva spedita in decisione. DIRITTO 10-Il ricorso principale e i motivi aggiunti sono infondati. 11-Stante la loro connessione, i motivi del ricorso principale possono essere trattati congiuntamente tra loro e con i surriferiti motivi aggiunti. 12-Appare opportuno svolgere anzitutto alcuni accenni in ordine alla giurisprudenza ritenuta particolarmente saliente con riferimento alla materia del porto d’armi: i) in linea generale, il rilascio del porto d'armi costituisce un'eccezione al normale divieto di portare le armi (sancito dall’art. 699 c.p. e dall'art. 4, 1° comma, della l. n. 110 del 1975) di talché il richiedente non gode di un diritto assoluto al suo conseguimento, potendo l'eccezione operare soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la completa e perfetta sicurezza circa "il buon uso" delle armi stesse e ciò al fine di evitare qualsiasi dubbio o perplessità sotto il profilo dell'ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività (cfr. TAR Emilia-Romagna, Bologna, 16 maggio 2008 n. 1935); ii) al fine di stabilire se in concreto sussistono i presupposti per l'operatività di detta eccezione, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che, in subiecta materia, il legislatore affida alla Autorità di P.S. la formulazione di un giudizio di natura prognostica in ordine alla possibilità di abuso delle armi, da svolgersi con riguardo alla condotta e all'affidamento che il


soggetto può dare, intestando all'Amministrazione un potere di valutazione latamente discrezionale, da esercitarsi appunto con prevalente riguardo all'interesse pubblico all'incolumità dei cittadini ed alla prevenzione del pericolo di turbamento che può derivare dall'eventuale abuso delle armi (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. V, 18/03/2020, n.1181); iii) la funzione dei provvedimenti di cui all'art. 43 del t.u.l.p.s., come più in generale di tutti i provvedimenti discrezionali in materia di licenze e autorizzazioni di pubblica sicurezza, infatti, non è quella di accertare responsabilità né tanto meno di sanzionare illeciti, bensì di porre rimedio, con ampia discrezionalità, a situazioni di obiettivo pericolo per l'ordine pubblico e la pubblica sicurezza (T.A.R. Napoli, (Campania) sez. V, 18/03/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 18/03/2020), n.1181); iv) si è in particolare rimarcato che la licenza di porto d'armi può essere negata all'istante anche in assenza di sentenza di condanna per specifici reati quando, per circostanze legate alla sua condotta, sia assente la presumibile certezza della completa affidabilità del soggetto; a tali fini l'Autorità amministrativa può comunque valorizzare nella loro oggettività sia fatti di reato sia vicende e situazioni personali del soggetto che non assumano rilevanza penale, concretamente avvenuti, per desumerne la pericolosità, o, comunque, la non completa affidabilità di colui che li ha commessi, anche quando non si tratti di precedenti specifici connessi proprio al corretto uso delle armi (Consiglio di Stato, Sez. III, 29 luglio 2013 n. 3979); ai fini della revoca della licenza l'Autorità di pubblica sicurezza può, dunque, apprezzare discrezionalmente, quali indici rivelatori della possibilità d'abuso delle armi, fatti o episodi anche privi di rilievo penale, indipendentemente dalla riconducibilità degli stessi alla responsabilità dell'interessato, purché l'apprezzamento non sia irrazionale e sia motivato in modo congruo (Cons. Stato, sez. VI, n. 107 del 2017; sez. III, n. 2974 del 2018; n. 3502 del 2018), trattandosi di un provvedimento, privo di


intento sanzionatorio o punitivo, avente natura cautelare al fine di prevenire possibili abusi nell'uso delle armi a tutela delle esigenze di incolumità di tutti i consociati (Cons. Stato, sez. III, n. 2974 del 2018); v) ancora, nell'ipotesi di autorizzazioni di polizia, non viene in discussione la limitazione della sfera di libertà del singolo in un'ottica sanzionatoria, ma un giudizio di affidabilità nell'uso delle armi da fuoco (in via generale, vietato dall'ordinamento), nell'ambito del quale la frequentazione, anche saltuaria, di soggetti pregiudicati, segnalata da organi di polizia diuturnamente operanti sul territorio, può costituire un indizio sufficiente a corroborare una prognosi negativa. Pertanto, le frequentazioni di pregiudicati ben possono essere valutate dall'Amministrazione come ostative al rilascio o al rinnovo di una licenza di porto d'armi e, quindi, non è irragionevole il relativo diniego opposto, atteso che chi chiede il rilascio o il rinnovo di licenze di porto d'armi deve dare pieno affidamento sulla sua buona condotta e sull'improbabilità che faccia abuso dell'arma, con l'ulteriore precisazione che qualunque elemento di pericolo, anche determinato da fattori non strettamente relativi alla persona del destinatario, ma comunque ad esso riconducibili, come la presenza di un soggetto vicino a pregiudicati legato da vincoli di parentela o convivente, giustifica il divieto di porto d'armi (TAR Campania – Napoli, Sez. V, 03/06/2019, n.3001, TAR Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 7 aprile 2010 n. 320; TAR Campania, Napoli, sez. V, 7 giugno 2016 n. 2859; TAR Campania, Napoli, sez. V, 2 settembre 2016 n. 4154; Cons. St., sez. III, 6 giugno 2016 n. 2406; TAR Campania, Napoli, sez. V, 7 giugno 2016 n. 2859. vi) a fronte di ciò, non è compito del g.a. sostituirsi all'autorità competente nel valutare discrezionalmente se una determinata situazione giustifica o non una misura cautelativa quale il ritiro del porto fucile uso caccia dell'interessato, ma solo verificare che la valutazione fatta non sia "ictu oculi" errata ovvero viziata


da travisamento dei fatti e manifesta irrazionalità (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 8 novembre 2012 n. 5678). 13- In applicazione dei condivisibili principi giurisprudenziali sopra richiamati, ritiene il Collegio che il provvedimento gravato vada esente dalle censure di illegittimità formulate in ricorso. 13.1- Invero, le riferite circostanze ostative al rilascio del titolo in esame risultano certamente idonee ad inalveare l'esercizio del potere amministrativo verso il diniego oggetto di impugnativa, espresso in un'ottica non sanzionatoria bensì cautelare, di possibilità di abuso del titolo, rispetto al quale devono invece ricorrere, per quanto appena esposto, piene garanzie di affidabilità, a salvaguardia dei superiori interessi di tutela della sicurezza e incolumità pubblica. 13.2- Nel caso di specie, il provvedimento di diniego si basava sul fatto che nella banca dati SDI emergevano numerosi controlli del ricorrente con individui di elevatissimo spessore criminale, molti dei quali appartenenti alla criminalità organizzata di tipo mafioso. 13.3- Le situazioni controindicate appaiono rilevanti, sia in quanto non appaiono episodiche ma di numero consistente (vengono menzionate oltre una dozzina di controlli), sia in quanto non coinvolgono una o due persone ma un numero alquanto consistente di persone gravate da pregiudizi di polizia e/o penali, sia in quanto non sono limitate ad un momento particolare ma investono un arco temporale abbastanza significativo (dal 2003 al 2014), sia ancora per il fatto che i soggetti con cui il ricorrente (che, si ripete, è incensurato) è stato controllato sono gravati da pregiudizi di polizia e/o penali per una molteplicità di reati, anche gravissimi (attinenti alle armi o di associazione di stampo mafioso, anche con un ruolo ritenuto “carismatico”). 13.5- Né, in tale quadro, giovano le argomentazioni del ricorrente, diffusamente contenute nel ricorso principale e nei successivi motivi aggiunti. Difatti, da una


disamina complessiva dei rilievi appare che, più che contestare tali controlli come fatti storici, egli li specifichi nelle circostanze e, comunque, contesti la loro idoneità a condurre alle conclusioni rassegnate dall’Autorità. E però, dinanzi al surriferito complesso di circostanze non possono essere ritenute illogiche, immotivate o arbitrarie, alla luce della surriferita ricostruzione normativa e giurisprudenziale, le conclusioni rassegnate dall’amministrazione, nel momento in cui ha ritenuto che il numero dei controlli, unitamente ai ristretti intervalli temporali e alle persone con cui il ricorrente è stato controllato, inducesse a ritenere che, nel complesso, questi difetti dei requisiti di affidabilità necessari per il rilascio del porto d’armi; né, a fronte di ciò, aveva il dovere la Questura di svolgere ulteriori approfondimenti rispetto al contenuto dell’informativa, in quanto i dati in suo possesso appaiono sufficienti per formulare, nel caso concreto, un giudizio prognostico per come richiesto dalla normativa. 13.6- Non rilevano neanche, sempre a fronte dei descritti elementi di fatto, le argomentazioni del ricorrente in ordine all’assenza di pregiudizi penali a suo carico (non investendo il diniego il campo della responsabilità penale né ponendosi esso in un’ottica sanzionatoria) o le ulteriori argomentazioni in ordine alle cariche politiche e sociali, anche nell’ambito studentescouniversitario, che egli ha ricoperto fuori dal territorio di origine, atteso che l’assunzione delle stesse non presuppone una “affidabilità”, quanto meno negli ambiti e nei termini richiesti dalla normativa in materia di porto d’armi; né rileva l’avvenuto trasferimento per motivi di studio (che non gli avrebbe comunque impedito di mantenere i contatti oggetto di controllo nell’ambito del Comune di -OMISSIS-, nel quale – si soggiunge per mera completezza – lo stesso risulta tuttora residente, come risulta dall’intestazione del ricorso e dei motivi aggiunti). Ancora, il fatto che, come osservato dal ricorrente, “dall’informativa della Stazione dei Carabinieri di -OMISSIS- (…) risulta


essere stato controllato dodici volte con soggetti segnalati all’A.G. nell’arco di otto anni; dalla relazione della questura di Vibo Valentia, invece, risulta che il ricorrente è stato controllato con analoga tipologia di soggetti per dodici volte nell’arco di undici anni” piuttosto che sminuire la logicità del provvedimento finisce per corroborarla, considerato che, trattandosi di controlli casuali e sporadici, le relative risultanze rendono non inverosimili o illogiche le conclusioni prognostiche rassegnate dall’Autorità di Pubblica Sicurezza. Logicità che, si soggiunge, non viene neanche scalfita dall’osservazione per cui il Comune teatro dei controlli “conta poco più di 4000 anime e costituisce una realtà piccola e raccolta dove tutti i cittadini si conoscono e intrattengono rapporti di cortesia”, giacché da tale circostanza ne consegue, semmai, che non si possa non conoscere la situazione pregiudizievole dei soggetti con cui si viene in contatto. Peraltro, l’obiezione in questione finirebbe per contraddirsi con quanto lo stesso ricorrente osserva sempre nel ricorso, laddove obietta che, in disparte alcuni episodi su cui egli svolge alcuni chiarimenti “le risultanze istruttorie residue rispetto a quelle esaminate, consistono in contatti occasionali con paesani e parenti del ricorrente dei quali quest’ultimo non è tenuto a conoscere i trascorsi e le pendenze giudiziarie”. 13.7- In conclusione, il giudizio complessivo di inaffidabilità appare legittimamente fondato su considerazioni probabilistiche, caratterizzato da adeguata istruttoria e motivazione (in argomento, ex plurimis, TAR Lombardia – Milano, Sez. III, 3/8/2011, n. 2086), in modo da rendere il provvedimento immune dalle censure sollevate. 14- Il ricorso e i motivi aggiunti vanno dunque rigettati. 15- Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li rigetta. Condanna il ricorrente alle spese di lite, che liquida in complessivi euro 1000,00, oltre rimborso forfettario spese legali, IVA e CPA come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente. Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2020 con l'intervento dei magistrati: Giancarlo Pennetti, Presidente Francesca Goggiamani, Referendario Domenico Gaglioti, Referendario, Estensore L'ESTENSORE Domenico Gaglioti

IL PRESIDENTE Giancarlo Pennetti

IL SEGRETARIO In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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