Consiglio di Stato 2022-” diritto di assegnazione dell'alloggio di servizio e per il conseguente ris

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Consiglio di Stato 2022-” diritto di assegnazione dell'alloggio di servizio e per il conseguente risarcimento dei danni subiti per la non avvenuta attuazione di tale Cons.assegnazione”StatoSez.

II, Sent., (ud. 15/02/2022) 23-08-2022, n. REPUBBLICA7409

ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente sulSENTENZAricorsonumero di registro generale 3104 del 2018, proposto dal Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; ilcontrosignor omissis, rappresentato e difeso dagli avvocati x; per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione prima, n. 24/2018, resa tra le parti.

1. L'odierno appellato, ufficiale dell'Arma dei carabinieri, ha proposto il ricorso di primo grado n. 7 del 2016 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto per l'accertamento del diritto di assegnazione dell'alloggio di servizio e per il conseguente risarcimento dei danni subiti per la non avvenuta attuazione di tale assegnazione.

1.1. Il Ministero della difesa si è costituito nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.

2. Con l'impugnata sentenza n. 24 del 9 gennaio 2018, il T.a.r. per il Veneto, sezione prima, ha condannato l'amministrazione statale al risarcimento dei danni patrimoniali subiti dal militare, "consistenti nelle spese sostenute, nel periodo dal 20.12.2010 (data in cui il ricorrente prese un alloggio a proprie spese) al 17.10.2012 (data in cui lasciò tale alloggio) a titolo di canone di locazione, e spese connesse, per un totale di Euro in Euro

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; visto l'atto di costituzione in giudizio del signor omissis; visti tutti gli atti della causa; relatore, nell'udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2022, il consigliere Francesco Frigida; udito, per parte appellante, l'avvocato dello Stato Maurizio Greco e dato per presente, ai sensi dell'articolo 84, comma 5, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in L. 24 aprile 2020, n. 27, per parte appellata, l'avvocato Carlo SvolgimentoMasi; del processo - Motivi della decisione

28.075,33, di cui: a) Euro 1.440,00 a titolo di spese di agenzia immobiliare; b) Euro 235,33 per trascrizione del contratto di locazione; c) Euro 1.200,00 per 22 mensilità (per complessivi Euro 26.400,00), oltre rivalutazione e interessi nella misura legale dalla data di deposito della presente decisione fino all'effettivo soddisfo. Al suddetto ammontare dovrà essere defalcata l'eventuale quota di spese, ove prevista, che sarebbe stata a carico del ricorrente in caso di assegnazione di un alloggio demaniale"; il collegio di primo grado ha altresì condannato il Ministero al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 2.000, oltre agli accessori. 2.1. In particolare, il collegio di primo grado ha puntualmente sintetizzato i fatti di causa come segue: "Il ricorrente, all'epoca dei fatti Capitano dei Carabinieri, espone: - di essere stato trasferito, con Provv. dell'11 agosto 2010 del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, a Bologna, quale Comandante della Sezione Anticrimine Carabinieri del predetto capoluogo, con assegnazione dell'alloggio di servizio presso la caserma demaniale sede della Stazione Carabinieri "Bologna Mazzini"; - di non aver potuto usufruire di tale alloggio in quanto abusivamente occupato dall'Ufficiale Addetto, ovvero Vice del precedente Comandante e anche del ricorrente, C.G.R., il quale occupava l'alloggio, avendolo ottenuto in assegnazione temporanea in regime di prorogatio, oltre il termine massimo di giorni 90 di cui al D.M. 8 agosto 1996, n. 690; - che tale alloggio non era comunque disponibile necessitando di lavori strutturali, poi effettuati nel corso del 2012; - che l'alloggio di servizio gli era stato assegnato solo il 16 luglio 2012; - di essersi trovato nella necessità di prendere in locazione un immobile da un privato per il periodo dal dicembre 2010

all'ottobre 2012, momento in cui, dopo aver rispettato il termine di preavviso di recesso al locatore di 90 giorni, aveva finalmente preso possesso dell'alloggio di servizio assegnatogli. Ciò premesso, il ricorrente chiede l'accertamento della illiceità della condotta dell'Amministrazione per: - violazione e falsa applicazione dell'art. 2 della L. n. 241 del 1990. In quanto, il regolamento emanato con D.M. 8 agosto 1996, n. 690, in attuazione dell'art. 2 comma 2 della L. n. 241 del 1990, prevede che il procedimento di concessione degli alloggi di servizio si deve concludere nel termine massimo di 90 giorni; mentre, nel caso di specie, l'Amministrazione, solo a distanza di 22 mesi aveva consegnato l'alloggio al ricorrente; - violazione e/o falsa applicazione del D.I. 3 giugno 1989 in materia di assegnazione di alloggi di servizio, che prevede che, nel caso in cui l'assegnatario non lasci l'alloggio entro i termini di cui all'articolo 4, verrà emessa formale ordinanza di recupero coatto da eseguirsi entro 60 giorni. L'art. 7 prevede inoltre che l'ordinanza di recupero coatto sia adottata dal Comandante del Corpo, che nel caso in questione sarebbe il Comando della Regione Carabinieri dell'Emilia-Romagna; nel caso di specie, non era stata emanata nessuna ordinanza volta a recuperare l'immobile abusivamente occupato e spettante al ricorrente. Quindi, il ricorrente conclude per la condanna dell'Amministrazione al risarcimento dei danni da lui patiti e consistenti nelle spese sostenute, nel periodo dal 20.12.2010 (data in cui il ricorrente fu costretto a prendere in locazione un alloggio a proprie spese) al 17.10.2012 (data in cui lasciò tale alloggio) a titolo di canone di pigione, e spese connesse, per un totale di Euro 28.175,35, oltre interessi legali e rivalutazione fino alla data della integrale rifusione".

Tale ricostruzione in fatto non risulta specificamente contestata dalle parti costituite, sicché, in ossequio al principio di non contestazione recato all'art. 64, comma 2, del cod. proc. amm., deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio. 2.2. Il T.a.r. ha poi così motivato la propria statuizione: "Va innanzitutto chiarito che al ricorrente, in forza del suo incarico di Comandante della Sezione A/C, spettava l'alloggio di servizio, come previsto dagli artt. 363 e 383 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90. Va anche ricordato che, come rilevato dalla giurisprudenza amministrativa formatasi in materia: "La concessione dell'alloggio di servizio, pur inquadrandosi nel genus delle concessioni amministrative del godimento di un bene pubblico (nella specie appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato) è indissolubilmente correlata con il rapporto d'impiego nelle peculiari connotazioni che esso assume in ambito militare, con la necessità di pronta e immediata presenza nel luogo di svolgimento dei servizi d'istituto. In tale prospettiva, il godimento dell'immobile, una volta intervenuta la concessione, è causalmente connesso al rapporto, con una valenza economica specifica integrativa del trattamento economico di attività, e l'Amministrazione ha il dovere di procurarne la disponibilità" (Cons. St.: Sez. IV, n. 5180/2012; Sez. VI, n. 2506/2006). Ne consegue che la responsabilità dell'Amministrazione ha natura contrattuale e non già extracontrattuale, soggiacendo alle relative regole, ivi compresa quella enunciata dall'art. 1218 cod. civ.. Nel caso di specie l'Amministrazione non ha dimostrato che la mancata assicurazione della disponibilità dell'alloggio di servizio o di altro alloggio demaniale o comunque reperibile sul libero mercato immobiliare, sia riconducibile a causa non imputabile,

ovvero a factum principis o a caso fortuito. Ed infatti, anche se l'alloggio devoluto all'odierno ricorrente non sarebbe stato comunque disponibile (a prescindere dal tardivo recupero coattivo dello stesso) - perché, come risulta dalla documentazione depositata in atti dall'Amministrazione, dovevano essere effettuati radicali interventi di ristrutturazione all'interno della caserma dell'Arma ed anche con riferimento alla suddetta unità abitativa - in ogni caso, il Comando Legione Carabinieri "Emilia Romagna" si sarebbe dovuto immediatamente adoperare per reperire, in favore dell'odierno ricorrente, un alloggio demaniale o, in mancanza, altra situazione alloggiativa sul libero mercato immobiliare, come più volte richiesto dal Comando Interregionale al Comando Legione a partire dall'agosto del 2011. Invece, il Comando Legione Carabinieri "Emilia Romagna" ha ritenuto, ingiustificatamente, di soprassedere a tali ricerche, attendendo infine il rilascio da parte di un altro ufficiale dell'alloggio di servizio da questi occupato, di cui il ricorrente ha potuto prendere possesso solo nell'ottobre del 2012, ovvero, dopo tre mesi dall'assegnazione (dovendo rispettare il termine di 90 giorni per il preavviso nei confronti del proprietario dell'immobile nel frattempo preso in locazione) e complessivamente dopo due anni dal suo trasferimento a Bologna. Ciò posto, poiché, come già detto, il diritto all'utilizzazione dell'alloggio in connessione all'incarico viene ad integrare, per equivalente, il complessivo trattamento economico spettante al militare, che beneficia dell'esonero dalle spese dirette a soddisfare le esigenze abitative nella sede di servizio, all'inadempimento del dovere di garantire la disponibilità dell'alloggio di servizio - che nella specie si configura privo di giustificazione - segue l'obbligo dell'Amministrazione di rendere indenne il Comandante

della Sezione Anticrimine di Bologna avente titolo, della perdita economica per il reperimento di una sistemazione abitativa alternativa, rimborsando i costi da questi sopportati, come documentati in giudizio. Ne consegue che la pretesa risarcitoria avanzata dal ricorrente è 3.fondata".Conricorso ritualmente notificato e depositatorispettivamente in data 23 marzo 2018 e in data 18 aprile 2018 - il Ministero della difesa ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando un unico composito motivo.

5. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 15 febbraio 2022.

4. La parte privata si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del gravame.

6. L'appello è infondato e deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e in diritto.

7. L'appellante ha lamentato: "Violazione e falsa applicazione artt. 27 e 41 c.p.a. nonché art. 30 c.p.a. art. 1227 c.c. violazione e falsa applicazione artt. 363 e 383 nonché artt. 362 e 383 D.P.R. n. 90 del 2010 (t.u.o.m.) violazione e falsa applicazione art. 2269 D.Lgs. n. 66 del 2010 (c.o.m.) nonché art. 162 c.o.m. violazione e falsa applicazione art. 1040 D.P.R. n. 90 del 2010 - art. 7 L. n. 241 del 1990 erronea valutazione degli atti di causaerroneità contraddittorietà della motivazione - illegittimità manifesta violazione e falsa applicazione artt. 2043 e 1218 c.c.".

7.1. Siffatte doglianze sono infondate. 7.2. L'appellante ha dedotto che il T.a.r. avrebbe dovuto rilevare d'ufficio la legittimazione passiva del Ministero dell'interno anziché del Ministero della difesa. Questa censura è inammissibile, in quanto, come eccepito dall'appellato, non sollevata nel primo grado di giudizio. In proposito si osserva che l'art. 4 della L. n. 260 del 1958 statuisce che "L'errore di identificazione della persona alla quale l'atto introduttivo del giudizio ed ogni altro atto doveva essere notificato, deve essere eccepito dall'Avvocatura dello Stato nella prima udienza, con la contemporanea indicazione della persona alla quale l'atto doveva essere notificato.Tale indicazione non è più eccepibile. Il giudice prescrive un termine entro il quale l'atto deve essere rinnovato. L'eccezione rimette in termini la parte". Ad ogni modo la contestazione de qua è altresì infondata. Occorre, infatti, distinguere tra la competenza decisionale, che appartiene al Ministero della difesa, e la competenza contabile, che appartiene al Ministero dell'interno, sicché il tema dell'alloggio ai fini della messa in disponibilità dell'avente diritto inerisce esclusivamente al Ministero della difesa, restando a quello dell'interno soltanto l'attività contabile, che non incide a livello 7.3.decisionale.L'appellante ha sostenuto che l'interessato avrebbe impegnato, insieme al proprio nucleo familiare, "senza attendere l'esito dell'iter amministrativo" e "a titolo privato", l'alloggio in via S.P.V., in B., liberando al

contempo l'alloggio di servizio di Napoli, ove in precedenza prestava servizio.

Tuttavia l'esito dell'iter amministrativo si è concluso soltanto con l'assegnazione, dopo due anni dall'entrata in servizio presso la sezione anticrimine, di un immobile temporaneo, tra l'altro gravemente ammalorato, con la conseguenza che, a fronte dell'indisponibilità dell'alloggio di servizio, l'interessato ha dovuto necessariamente prendere in locazione l'immobile di via S.P.V., liberando così l'alloggio di Napoli per il nuovo comandante della locale sezione anticrimine.

Inoltre, come emerge dagli atti, l'ufficiale ha sempre informato la propria catena di comando, suggerendo più volte, per ovviare alle difficoltà nell'individuare un'abitazione per sé e per il proprio nucleo familiare, di valutare la possibilità, per l'amministrazione, di farsi carico delle spese del contratto di affitto, senza mai ricevere espliciti dinieghi o indicazioni in senso contrario. Alla luce delle suddette evidenze fattuali, la tesi dell'appellante si appalesa del tutto infondata, in quanto condurrebbe ad esiti aberranti e contrari al principio di buon andamento della pubblica amministrazione; segnatamente, per tal via, l'odierno appellato avrebbe dovuto dirigere la sezione anticrimine di Bologna, continuando ad abitare a Napoli con la sua famiglia presso il precedente alloggio di servizio fino a quando non fosse stato ultimato l'iter amministrativo per l'assegnazione di un alloggio a Bologna, il che, oltra ad essere illogico, contrasta con le esigenze funzionali dell'Arma dei carabinieri.

7.4. Ad avviso dell'appellante, il Comando legione EmiliaRomagna si sarebbe attivato per tempo con la Prefettura nella ricerca di un immobile di servizio per l'interessato e il suo nucleo familiare.

Questa deduzione è infondata, siccome basata su un dato irrilevante. Ed invero, il Comando non era tenuto semplicemente ad attivarsi con la Prefettura per reperire un altro alloggio al comandante della sezione anticrimine, bensì era tenuto a reperire concretamente una soluzione abitativa per l'appellato durante il suo periodo di servizio a Bologna, eventualmente revocando una delle molteplici assegnazioni temporanee a favore di altri militari dell'Arma che beneficiavano di alloggi di servizio gratuiti, ma non connessi all'incarico ricevuto. 7.5. È parimenti infondata l'asserita assimilazione tra il concetto di indisponibilità dell'alloggio di servizio e quello della sua Specificamenteinesistenza.l'appellante ha affermato che la dichiarata indisponibilità dell'alloggio per la necessità di lavori e la dichiarata indisponibilità di altri alloggi di servizio, funzionali a risolvere le esigenze dell'odierno appellato, sia di per sé causa necessaria e sufficiente a giustificare l'impossibilità di riscontrare favorevolmente la richiesta di concessione dell'interessato, alla luce dell'art. 363 del D.P.R. n. 90 del 2010, che subordina l'assegnazione dell'alloggio all'avente diritto "ove Inesistente".proposito si rileva che l'inesistenza non è equivalente di indisponibilità, giacché è inesistente un alloggio che in assoluto non sussiste, mentre è indisponibile l'alloggio

che esiste, ma non può allo stato essere occupato siccome già occupato da non avente più diritto, con conseguente dovere di consentirne il riutilizzo anche mediante la liberazione coatta dall'attuale occupante non avente più diritto, dando applicazione al D.I. 3 giugno 1989 in materia di assegnazione di alloggi di servizio, dove si prevede che, nel caso in cui l'assegnatario non lasci l'alloggio entro determinati termini, va emessa formale ordinanza di recupero coatto, da eseguirsi entro 60 giorni. 7.6. La censura inerente alla percezione dell'indennità intera di trasferimento, per cui erroneamente il T.a.r. avrebbe riconosciuto il diritto al rimborso dei canoni pagati dal 20 dicembre 2010 al 17 ottobre 2012 per la locazione dell'abitazione privata di via S. P. V., pur avendo percepito l'indennità intera di trasferimento, ai sensi dell'art.1 della L. n. 86 del 2001, è un'eccezione del tutto nuova, in quanto proposta solo in grado di appello e quindi inammissibile ai sensi dell'art. 104, comma 1, del cod. proc. amm.. Per completezza il Collegio precisa che detta contestazione è comunque infondata. La corresponsione dell'indennità di trasferimento di cui art. 1 della L. n. 86 del 2001, infatti, non esclude in radice qualsivoglia beneficio economico relativo all'alloggio e, quindi, il rimborso dei canoni eventualmente corrisposti a titolo personale e privato, poiché la predetta indennità non è finalizzata a soccorrere il personale trasferito in sede sprovvista di alloggio di servizio, ma spetta per i primi 24 mesi a tutti i militari trasferiti d'autorità, a prescindere dal fatto che gli venga assegnato o meno un alloggio di servizio, con lo scopo di lenire i disagi del militare e degli

eventuali familiari conseguenti al trasferimento di per sé Neconsiderato.discende che non vi è dunque alcuna sovrapponibilità logica e teleologica tra l'indennità di trasferimento e il riconoscimento dell'alloggio di servizio, che, dunque, non si escludono a vicenda.

9. In applicazione del principio della soccombenza, al rigetto dell'appello segue la condanna dell'appellante al pagamento, in favore dell'appellato, delle spese di lite del presente grado di giudizio, che, tenuto conto dei parametri stabiliti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55 e dall'art. 26, comma 1, del cod. proc. amm., si liquidano in euro 3.000 (tremila), oltre al 15% per spese generali e agli accessori di legge. IlP.Q.M.Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 3104 del 2018, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata; condanna il Ministero della difesa al pagamento, in favore dell'appellato, delle spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate in euro 3.000 (tremila), oltre al 15% per spese generali e agli accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

8. In conclusione l'appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2022, con l'intervento dei magistrati: Oberdan Forlenza, Presidente FF Francesco Frigida, Consigliere, Estensore Cecilia Altavista, Consigliere Carla Ciuffetti, Consigliere Stefano Filippini, Consigliere

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