Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) ha pronunciato la presente sulSENTENZAricorsonumero di registro generale 8429 del 2018, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati x ilcontroMinistero dell'interno e la Questura di Cagliari, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; per la riforma della sentenza del Tar Sardegna, -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso proposto avverso il rigetto dell'istanza
Consiglio di Stato 2022-” ricorso proposto avverso il rigetto dell'istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia” Cons. Stato Sez. III, Sent., (ud. 14/07/2022) 23-08-2022, n. REPUBBLICA7394
ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia emesso dalla Questura di Cagliari con decreto -OMISSISVisti.
il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno e della Questura di Cagliari -OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2022 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale; Svolgimento del processo 1. Con decreto -OMISSIS- la Questura di Cagliari ha respinto l'istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia presentata dal signor -OMISSIS-, sul presupposto che lo stesso fosse risultato destinatario diOMISSIS-. Nello specifico, il provvedimento questorile ha dato atto a) che tale reato rientra fra quelli direttamente ostativi ai sensi dell'art. 43, comma 1, lettera c) del T.U.L.P.S.; b) che nel parere -OMISSIS- il Consiglio di Stato ha ribadito come non residui in capo all'Amministrazione alcun margine di discrezionalità in ordine al rifiuto o alla revoca del porto d'armi laddove sussistano condanne per i reati menzionati nel primo comma dell'art. 43 cit.; c) che nel successivo parere -OMISSIS- il Consiglio di Stato ha ribadito come l'intervenuta riabilitazione per uno dei reati menzionati dall'art. 43 rilevi ai fini dell'applicazione della legge penale, ma non faccia venir meno gli effetti preclusivi ai fini del rilascio o rinnovo delle licenze d'armi,
proprio in quanto l'istituto della riabilitazione, pur menzionato in generale dall'art. 11 T.U.L.P.S., non viene invece richiamato dal successivo art. 43.
2. Il signor -OMISSIS- ha impugnato tale decreto, nonché la relativa comunicazione di motivi ostativi ex art. 10 bis, L. n. 241 del 1990, avanti il Tar Sardegna rilevando come egli sia stato titolare del permesso di fucile per uso caccia -OMISSIS- senza che alcuna censura venisse mossa nei suoi confronti in ragione dell'unica precedente condanna riportata.
5. Avverso la pronuncia del Tar il signor -OMISSIS- ha proposto appello, -OMISSIS-, ribadendo la violazione degli artt. 11 e 43, comma 1, del T.U.L.P.S. ed altresì contestando la violazione degli artt. 53 e 57, L. n. 689 del 1981, nonché l'eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità e contraddittorietà; l'interessato ha altresì nuovamente sollecitato il Collegio, in via subordinata, a dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
4. Il Tar Sardegna, con sentenza -OMISSIS-, ha respinto il ricorso confermando il carattere ostativo della condanna riportata dall'interessato e l'irrilevanza, alla luce delle vigenti coordinate normative ed ermeneutiche, dell'intervenuto provvedimento di riabilitazione.
3. Con successiva memoria -OMISSIS- il ricorrente ha altresì sollecitato il Tar a sollevare questione di costituzionalità dell'art. 43 cit., per violazione degli artt. 3 e 27 Cost, nella parte in cui non attribuisce rilevanza all'intervenuta riabilitazione.
43, comma 1, del T.U.L.P.S., per violazione degli artt. 3 e 27 Cost..
3. Ciò premesso, ai fini della risoluzione della presente controversia occorre ripercorrere brevemente, a completamento di quanto già fatto dal giudice di prime
7. Alla pubblica udienza del 14 luglio 2022 la causa è stata trattenuta per la decisione. Motivi della decisione
2. L'appello è Preliminarmenteinfondato.sirileva come il Collegio sia tenuto a pronunciarsi esclusivamente in riferimento ai motivi dedotti in sede di appello, dovendosi invece ritenere rinunciati quelli non espressamente riproposti; conseguentemente si prescinde qui da qualsiasi valutazione circa il motivo di primo grado volto a contestare l'esaustività e la chiarezza della comunicazione ex art. 10 bis, L. n. 241 del 1990, attesa la mancata riproposizione dello stesso in questa sede.
1. In via preliminare occorre dare atto del tardivo deposito di documenti da parte delle Amministrazioni costituite, in violazione dei termini previsti dal comma 1 dell'art. 73 c.p.a.. Di tali documenti, dunque, il Collegio non terrà conto ai fini del decidere (fatti salvi quelli già depositati in primo grado), così come comunicato ai sensi del comma 3 dell'art. 73 (e trascritto a verbale).
6. In data -OMISSIS- si sono costituiti il Ministero dell'interno e la Questura di Cagliari per chiedere il rigetto dell'appello, senza depositare memorie.
Ciò ha consentito il formarsi di due diversi orientamenti in seno alla giurisprudenza amministrativa circa la possibilità o meno di attribuire rilevanza all'intervenuta riabilitazione a fronte di istanze di rilascio o rinnovo di licenza d'armi, ai sensi dell'art. 43 T.U.L.P.S. Un primo orientamento (cfr. su tutte, Cons. Stato, sez. III,OMISSIS-) ha accolto un'interpretazione estensiva che
cure, il quadro normativo ed ermeneutico che ha riguardato, in particolare, gli effetti di una condanna per uno dei reati ostativi previsti dall'art. 43, comma 1 del T.U.L.P.S. ai fini del rilascio e/o rinnovo della licenza d'armi da parte dell'Amministrazione, con specifico riferimento all'ipotesi in cui, per tale condanna, sia intervenuta una successiva riabilitazione. Sul punto vi è da dire che la precedente formulazione dell'art. 43 cit. (anteriore alla novella legislativa del D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 104, sui cui effetti si tornerà più avanti) attribuiva valore automaticamente ostativo alla sussistenza di una condanna per uno dei reati menzionati nel primo comma, senza alcuna menzione circa la possibile rilevanza dell'intervenuta riabilitazione della Instessa.ciò,pertanto, la norma si distingueva rispetto a quanto previsto dall'art. 11 del citato regio decreto per le autorizzazioni di polizia in generale, ai sensi del quale: "Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate … a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione".
consente di attribuire rilevanza all'intervenuta riabilitazione, nel senso di far venir meno l'effetto direttamente e necessariamente ostativo dell'intervenuta condanna - con il conseguente potere-dovere di una motivata determinazione sulla complessiva situazione dell'interessato - anche rispetto ai reati menzionati nell'art. 43, comma 1, ai fini del rilascio e/o rinnovo di licenza d'armi. Il diverso e più restrittivo orientamento che, invece, negava la possibilità di dare rilevanza all'intervenuta riabilitazione si è in seguito imposto in sede consultiva (cfr. Cons. Stato, sez. I, -OMISSIS-) e nella giurisprudenza prevalente della Sezione (ex multis, -OMISSIS-). In particolare, tale orientamento ha fatto leva sulla netta diversità dell'ambito di applicazione degli articoli 11 e 43 del T.U.L.P.S. e "tale diversità giustifica pienamente la scelta del legislatore di attribuire rilevanza alla riabilitazione solo quando si applicano le regole generali sulle "autorizzazioni di polizia" (di cui all'art. 11 e per i casi ivi previsti dal comma 1, lettera a), e non anche quando si applicano le regole speciali sulla "licenza di portare armi"" (-OMISSIS-, cit.). E questo in quanto nello specifico settore riguardante la licenza di porto d'armi non è in sé in discussione la possibilità di svolgere o meno una attività lavorativa (come avviene con riferimento invece alle più generali e diversificate autorizzazioni di polizia ex art. 11 cit.), ma sono coinvolti particolari valori concernenti la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. Come ha rilevato la Corte Costituzionale (OMISSIS-), il potere di rilasciare le licenze per porto d'armi "costituisce una deroga al divieto sancito dall'art. 699 del codice penale e dall'art. 4, primo comma, della L. n. 110 del 1975": "il porto d'armi non costituisce un diritto
Sono poi intervenute una serie di modifiche normative che hanno inciso sulla materia in questione. Dapprima sono intervenute alcune riforme del sistema penale che, nel consentire al giudice penale di non disporre la condanna anche per un reato di per sé 'ostativo' al rilascio del titolo di porto d'armi, hanno notevolmente inciso sull'ambito effettivo di applicazione dell'art. 43, primo comma, del T.U.L.P.S. (sez. III,OMISSIS-; id. -OMISSIS-).
Il rilievo dei 'reati ostativi' individuati dall'art. 43 T.U.L.P.S. si è invero ridotto, da un lato, a seguito dell'entrata in vigore degli articoli 53 e 57 della L. n. 689 del 1981, per i quali il giudice penale - anche quando si tratti di uno dei 'reati ostativi' - può disporre la condanna al pagamento della pena pecuniaria, in luogo della reclusione e, dall'altro, a seguito dell'introduzione dell'131 bis c.p., relativo alla "Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto", con cui si è previsto un ulteriore istituto che consente al giudice penale di non disporre la condanna, sia pure per un reato di per sé 'ostativo' ai sensi dell'art. 43, comma T.U.L.P.S.
assoluto, rappresentando, invece, eccezione al normale divieto di portare le armi e che può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la perfetta e completa sicurezza circa il 'buon uso' delle armi stesse" (-OMISSIS-, cit.).
Pertanto, come rilevato dalla giurisprudenza della Sezione, "si può ora ravvisare un quadro normativo chenel valorizzare i principi di proporzionalità e di offensivitàrileva anche sull'ambito dei poteri dell'Autorità
Nell'ambito del quadro sin qui delineato, in cui restava comunque fermo l'orientamento prevalente che sosteneva l'irrilevanza - a fronte di condanna a pena detentiva per uno dei reati previsti dall'art. 43, comma 1dell'intervenuta pronuncia di riabilitazione, si è inserita l'ultima modifica disposta dal già citato D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 104, che ha inciso direttamente sulla formulazione della norma in questione. In particolare, per effetto di tale riforma, il secondo comma dell'art. 43 oggi prevede che "la licenza può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione, ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi".
La successiva giurisprudenza della Sezione ha recepito tale mutamento normativo, chiarendo, da ultimo, che "l'art. 43, comma 2, T.U.L.P.S attualmente in vigore (come modificato dall'art. 3, comma 1, lett. e, D.Lgs. n. 104 del 2018), infatti, prevede che l'Amministrazione competente al rilascio o rinnovo del porto d'armi "può", e non più "deve", rifiutarlo ai soggetti condannati per i delitti di cui al primo comma per i quali sia intervenuto il beneficio della riabilitazione, così configurando come discrezionale (e non più vincolata) la valutazione rimessa all'Autorità di pubblica sicurezza. Con la conseguenza che in una situazione come quella dell'appellante, in cui le condanne penali risultino superate dalla concessione del beneficio
amministrativa, con la conseguente attribuzione di poteri discrezionali, in presenza di reati considerati 'ostativi' dal medesimo art. 43, primo comma, ma che non conducano alla condanna a pena detentiva, malgrado l'accertamento della relativa responsabilità" (-OMISSIS-, cit.; -OMISSIS-).
della riabilitazione, l'Amministrazione dovrà procedere a considerare se la situazione complessiva del richiedente sia favorevolmente apprezzabile per l'assenza di ulteriori condanne e recidive, per la risalenza nel tempo delle condanne riportate, per l'esistenza di rinnovi pregressi del titolo e, più in generale, per la "buona condotta" tenuta negli anni." (id. -OMISSIS-).
Alla luce dell'evoluzione del quadro normativo ed ermeneutico sin qui delineato, è ora possibile procedere alla disamina della fattispecie concreta.
4. Come esposto in narrativa, il provvedimento questorile qui impugnato ha fondato il proprio diniego sulla presenza di una condanna ostativa -OMISSIS-. E ciò ha fatto in un momento in cui la formulazione dell'art. 43 cit. non faceva alcun riferimento all'intervenuta pronuncia di riabilitazione ed in cui l'orientamento ermeneutico era essenzialmente nel senso di escludere qualsiasi rilevanza alla suddetta circostanza (nello specifico l'impugnato decreto questorile ha richiamato espressamente il citato parere dal Consiglio di Stato, sez. I, -OMISSIS-).
Conseguentemente, il diniego questorile deve ritenersi corretto, in quanto pienamente in linea con il quadro normativo ed ermeneutico vigente al momento della sua Suladozione.punto, non può innanzitutto trovare accoglimento l'argomento dell'appellante volto a sostenere la violazione degli artt. 53 e 57, L. n. 689 del 1981, in quanto - in disparte la considerazione che si tratta di contestazione formulata per la prima volta in appello e come tale inammissibile per violazione del divieto dei nova in
appello sancito dall'art. 104 c.p.a. - non è corretto sostenere che l'arresto sia fattispecie del tutto analoga a quella prevista dai citati articoli che consentono, invece la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria. Il venir meno dell'effetto ostativo, con riespansione del potere-dovere di valutazione discrezionale dell'Amministrazione, non può dirsi direttamente predicabile anche in presenza di una condanna all'arresto, posto che quest'ultima rappresenta comunque un'ipotesi di pena Neppuredetentiva.sipuòcondividere
l'argomento, formulato per la prima volta con la memoria -OMISSIS-, per cui la riforma legislativa del 2018, che ha modificato il secondo comma dell'art. 43 cit., avrebbe carattere meramente ricognitivo di principi già consolidati nell'ambito della giurisprudenza costituzionale ed amministrativa, con la conseguenza che il provvedimento, pacificamente intervenuto prima di tale riforma, sarebbe da ritenersi comunque illegittimo. In disparte anche qui ogni rilievo sull'inammissibilità di questa nuova censura per violazione dell'art. 104 c.p.a., vi è da dire che, come chiarito nella sovra delineata ricostruzione dell'evoluzione normativa ed interpretativa, la modifica legislativa del 2018 ha segnato un elemento di novità rispetto al passato e non può dirsi il risultato di un processo, per così dire, di interpretazione autentica di principi già consolidati, posto che, come visto, l'orientamento ermeneutico prevalso era nel senso opposto a quello che, da ultimo, risulta accolto dal Ciòlegislatore.chiarito con riferimento alla domanda di annullamento - e ferma quindi restando la legittimità del provvedimento
5. Non può infine trovare accoglimento neppure la richiesta, formulata in via subordinata, di sollevare questione di legittimità costituzionale rispetto all'art. 43, comma 1 cit., nella parte in cui non attribuisce rilevanza all'intervenuta riabilitazione del soggetto interessato al rinnovo o al rilascio della licenza di armi. Meritano, infatti, conferma le statuizioni del giudice di prime cure circa l'assenza di profili di manifesta irragionevolezza della precedente diversità di trattamento fra le due ipotesi previste rispettivamente dagli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S., attesa la diversa finalità ed i diversi beni in rilievo, nonché, in generale, l'assenza nel nostro ordinamento di un diritto per i cittadini di portare le armi.
La novità della questione giuridica sottesa alla presente controversia, rispetto alla quale rileva la recente modifica legislativa intervenuta sulla normativa qui rilevante,
qui impugnato - si osserva come, proprio alla luce del mutato quadro normativo e del conseguente adeguamento interpretativo, l'Amministrazione debba, a fronte di una nuova istanza dell'interessato, procedere ad un riesame complessivo della posizione dell'interessato che tenga conto dell'intervenuta riabilitazione della condanna ex art. 699 c.p.; e conseguentemente possa, venendo meno l'effetto direttamente ostativo della stessa, procedere alla valutazione ampiamente discrezionale che gli è propria in tale materia circa la buona condotta e l'affidabilità del richiedente ai fini del rilascio della licenza d'armi.
6. L'appello deve quindi essere respinto e merita conferma la pronuncia del giudice di prime cure, nei termini meglio indicati nella suesposta motivazione.
giustifica la compensazione delle spese e degli onorari del IlP.Q.M.giudizio.Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione definitivamenteTerza), pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge Compensa le spese e gli onorari del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità Ritenutoamministrativa.chesussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 2, D.Lgs. n. 196 del 2003, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l'appellante. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2022 con l'intervento dei magistrati: Michele Corradino, Presidente Massimiliano Noccelli, Consigliere Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore Raffaello Sestini, Consigliere Antonio Massimo Marra, Consigliere