CGARS 2022-dispensato dal servizio per inabilità fisica. Pubblicato il 24/01/2022 N. 00113/2022REG.P

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CGARS 2022-dispensato

dal servizio per inabilità fisica.

Pubblicato il 24/01/2022

N. 00113/2022REG.PROV.COLL. N. 00389/2021 REG.RIC.

R E P U B B L I C A

I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 389 del 2021, proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore e dal Questore di XXXX, in persona del Questore pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6; contro -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. XXXX XXXX, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania (Sezione Terza) n. -OMISSIS-, pubblicata il 17 dicembre 2020.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. -OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2021 il consigliere Giovanni Ardizzone; Nessuno è presente per le parti; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Il sig. -OMISSIS-, dipendente della Polizia di Stato, ha impugnato il decreto del Ministero dell’interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, n. 333-E/ROC4406/17 290/2012 del 20 dicembre 2012, con il quale, sulla scorta del giudizio medico-legale espresso dalla Commissione medica ospedaliera di XXXX, in data 30 novembre 2012, è stato dispensato dal servizio per inabilità fisica. L’originario ricorrente, a sostegno delle proprie argomentazioni, ha affidato il ricorso a due distinti motivi: i. «violazione e erronea e falsa applicazione dell’art. 71 del d.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957», atteso che il Ministero avrebbe disposto la dispensa dal servizio senza che il ricorrente avesse superato il periodo massimo di aspettativa; ii. «violazione, erronea e falsa applicazione degli art. 15 del d.P.R. 461/2001 e 198 del d.lgs 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell’ordinamento militare); violazione erronea e falsa applicazione del decreto del Ministero dell’economia del 12 febbraio 2004; difetto assoluto di motivazione; eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento dall’interesse pubblico». 2. Il T.a.r. per la Sicilia, Sez. staccata di Catania, con la sentenza in epigrafe indicata, ritenuto fondato il primo motivo, ha accolto il ricorso, ritenendo che «l’art. 71, primo comma, del d.P.R. n. 3/1957 dispone che “scaduto il periodo


massimo previsto per l’aspettativa per infermità dall’art. 68 o dall’art. 70, l’impiegato che risulti non idoneo per infermità a riprendere il servizio è dispensato ove non sia possibile utilizzarlo, su domanda, in altri compiti attinenti alla sua qualifica. Nel provvedimento impugnato si dà atto che il ricorrente non aveva “ancora raggiunto il periodo massimo di aspettativa per infermità continuativo”». 3. Il Ministero dell’interno e la Questura di XXXX hanno appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea. Secondo parte appellante, il T.a.r. sarebbe incorso in un erroneo inquadramento della fattispecie, avendo «trattato una inabilità assoluta e permanente alla stregua di una inabilità temporanea». Ritiene che il Giudice di prime cure avrebbe dovuto tenere conto che l’inabilità del dipendente era di tipo assoluto e non reversibile e che l’art. 71, invocato dal ricorrente, fa espresso rinvio all’art. 68 del d.P.R. n. 3/1957, il quale contempla espressamente l’inabilità di tipo temporaneo. Afferma che «il procedimento amministrativo di dispensa dal servizio del sig. -OMISSIS- si è concluso con l’impugnato provvedimento del 20 dicembre 2012 nel pieno rispetto della normativa vigente in subiecta materia, con esito vincolato, in quanto consequenziale al giudizio medico-legale di inidoneità permanente espresso in data 30 novembre 2012 dalla Commissione medico ospedaliera, mai contestato o impugnato dall’appellato nei termini di legge». 4. L’appellato, già costituito con atto di mera forma il 15 aprile 2021, con memoria del 27 aprile 2021 ha resistito alle censure dell’appellante ritenendo che «appare di tutta evidenza l’errore posto in essere dal Ministero, che pur dando atto esplicitamente della circostanza che il -OMISSIS- non aveva superato il periodo massimo di aspettativa per infermità continuativa (secondo le previsioni di cui agli artt.68 e 70 d.P.R. del T.U. 3/1957) ha, comunque, proceduto alla sua dispensa per fisica inabilità. Tale interpretazione appare


suffragata dall’avvertimento che a seguito del giudizio di inabilità l’interessato avrebbe potuto richiedere, per motivi di particolare gravità, nel caso di raggiungimento del periodo massimo di aspettativa, un ulteriore periodo di aspettativa senza assegni non superiore a sei mesi, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 70 del T.U. 3/1957». 5. All’udienza del 10 novembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 6. L’appello è infondato. 7. Il Collegio, preliminarmente, richiama il contenuto delle disposizioni del d.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 come indicate nel corpo dell’impugnato provvedimento: - l’art. 71, titolato “dispensa dal servizio per infermità”, prevede che «Scaduto il periodo massimo previsto per l'aspettativa per infermità dall'art. 68 o dall'art. 70, l'impiegato che risulti non idoneo per infermità a riprendere servizio è dispensato ove non sia possibile utilizzarlo, su domanda, in altri compiti attinenti alla sua qualifica […]»; - l’art. 129, titolato “Dispensa”, prevede che «Può essere dispensato dal servizio l'impiegato divenuto inabile per motivi di salute, salvo che non sia diversamente utilizzato ai sensi dell'art. 71, nonchè quello che abbia dato prova di incapacità o di persistente insufficiente rendimento»; - l’art. 68 prevede che «l'aspettativa per infermità è disposta, d'ufficio o a domanda, quando sia accertata, in base al giudizio di un medico scelto dall'amministrazione,

l'esistenza

di

una malattia che

impedisca

temporaneamente la regolare prestazione del servizio»; - l’art. 70 prevede, tra l’altro, che «La durata complessiva dell'aspettativa per motivi di famiglia e per infermità non può superare in ogni caso due anni e mezzo in un quinquennio.


Per motivi di particolare gravità il Consiglio di amministrazione può consentire all'impiegato, che abbia raggiunto i limiti previsti dai commi precedenti e ne faccia richiesta, un ulteriore periodo di aspettativa senza assegni di durata non superiore a sei mesi». Il Collegio rileva che, secondo l’art. 71 del citato d.P.R., il procedimento di dispensa è regolato dagli articoli 129 e 130, e che quest’ultimo, titolato “accertamento sanitario per la dispensa” è stato abrogato dall'articolo 20, comma 1, lett. c), del d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461. Nel provvedimento, dunque, viene correttamente richiamato l’art. 15 del d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461 che disciplina il procedimento per gli “Accertamenti di inidoneità ed altre forme di inabilità”. 7.1. Fatte queste premesse il Collegio osserva come, da una lettura coordinata delle norme, appare che «l'impiegato pubblico - possa - essere dispensato dal servizio per infermità fisica o quando risulti affetto da una infermità che gli impedisce di rendere la prestazione in modo permanente, ovvero quando non risulti idoneo a riprendere il servizio, dopo che sia scaduto il periodo massimo d'aspettativa per infermità (diciotto mesi continuativi ovvero due anni e mezzo nel quinquennio qualora esistono interruzioni fra le aspettative), ai sensi degli articoli 70 e 71 del d.P.R. n. 3 del 1957. Quando l'impiegato pubblico supera il periodo massimo di aspettativa, di cui all'art. 71 del d.P.R. n. 3 del 1957, la dispensa dal servizio è disposta, ai sensi dell'art. 130 dello stesso T.U. (rectius art. 15 del d.P.R. 461/2001) previo un accertamento sanitario volto ad accertare lo stato di non idoneità a riprendere il servizio» (Cons. Stato, Sez. Terza, 3 marzo 2015, n. 1048). 7.2. Il Ministero appellante ritiene, invece, che il Giudice di prime cure sarebbe incorso in un erroneo inquadramento della fattispecie avendo «trattato una inabilità assoluta e permanente alla stregua di una inabilità temporanea», non tenendo conto che l’inabilità del dipendente era di tipo assoluto e non


reversibile e che l’art. 71, invocato dal ricorrente faceva espresso rinvio all’art. 68 del d.P.R. n. 3/1957, il quale contempla espressamente l’inabilità di tipo temporaneo. Il procedimento amministrativo di dispensa dal servizio dell’appellato si sarebbe concluso con l’impugnato provvedimento del 20 dicembre 2012, trattandosi di un esito vincolato, «in quanto consequenziale al giudizio medico-legale di inidoneità permanente espresso in data 30 novembre 2012 dalla Commissione medico ospedaliera, mai contestato o impugnato dall’appellato nei termini di legge». Ad avviso del Collegio, al di là della lettura coordinata delle norme che disciplinano la fattispecie in esame, le argomentazioni dell’appellante non appaiono, comunque, suffragate da quella che appare essere la effettiva volontà che l’Amministrazione ha manifestato nell’impugnato provvedimento. Non può non osservarsi, infatti, che se il Ministero dell’interno avesse voluto decretare la dispensa dell’appellato dal servizio per fisica inabilità, prima del decorso del periodo massimo di aspettativa, non avrebbe dovuto richiamare, così come ha fatto, anche gli articoli 68 e 70 del d.P.R. n. 3/1957 che disciplinano, appunto, l’aspettativa e la sua durata massima. Il Giudice di prime cure, correttamente, dunque ha evidenziato come «nel provvedimento impugnato si dà atto che il ricorrente non aveva “ancora raggiunto il periodo massimo

di

aspettativa

per

infermità

continuativo». L’intento

dell’Amministrazione, di subordinare la dispensa dal servizio per inabilità al decorso del termine per l’aspettativa, risulta confermato dal tenore letterale della nota dell’Ufficio personale della Questura di XXXX con la quale all’appellato è stato comunicato il giudizio della CMO di non idoneità “in modo assoluto” al servizio e, contestualmente, è stato avvisato che, «a seguito di tale giudizio lo stesso può richiedere , per motivi di particolare gravità, nel caso di raggiungimento del periodo massimo di aspettativa, un ulteriore periodo di


aspettativa senza assegni non superiore a sei mesi, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 70 del T.U. n. 3/1957». Tale conclusione, peraltro, trova conforto nel pacifico orientamento giurisprudenziale secondo cui «l’interpretazione degli atti amministrativi soggiace alle stesse regole dettate dall’art. 1362 e ss. c.c. per l’interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, dovendo in ogni caso il giudice ricostruire l’intento dell’Amministrazione, ed il potere che essa ha inteso esercitare, in base al contenuto complessivo dell’atto (cd. interpretazione sistematica), tenendo conto del rapporto tra le premesse ed il suo dispositivo e del fatto che, secondo il criterio di interpretazione di buona fede ex art. 1366 c.c., gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative» (Cons. di Stato, sez. VI, 25 marzo 2021, n. 2514; Id, 30 giugno 2020, n. 4166). 8. In conclusione il Collegio ritiene che il ricorso possa essere respinto e, in ragione delle questioni trattate inerenti l’interpretazione del provvedimento impugnato, le spese del presente grado di giudizio possano essere compensate. P.Q.M. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto conferma la sentenza gravata. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Ritenuto che sussistono i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellato. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2021 con l'intervento dei magistrati: Fabio Taormina, Presidente Raffaele Prosperi, Consigliere Carlo Modica de Mohac, Consigliere Maria Immordino, Consigliere Giovanni Ardizzone, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE Giovanni Ardizzone

IL PRESIDENTE Fabio Taormina

IL SEGRETARIO In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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