armo_biplano

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francescco fabbrovich

L’armo biplano


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introduzione

R

acconto in queste righe le esperienze maturate in tre anni di navigazioni con l’armo biplano del mio catamarano Cuoncio Cuoncio, le previsioni di progetto e le risposte delle prove in acqua. Rispondo così alle curiosità e spesso perplessità di chi intende acquistare i piani di una barca siffatta e di chi ha in mente qualcosa di …insolito per i suoi sogni nel cassetto. Mi auguro che questo possa pure essere uno spunto per aprire un piccolo forum di scambio di esperienze ed informazioni, che incentivi una maggiore diffusione di un armo che amo molto per motivazioni irriducibilmente sentimentali e, allo stesso tempo, profondamente razionali. La documentazione reperibile su tale configurazione è piuttosto scarsa e, in ogni caso, talmente specifica da rendere difficile qualsiasi previsione al cambiare, anche minimo, dei parametri in gioco. Non disponiamo, ovviamente, di prove in galleria del vento e, tanto meno, in vasca. Racconteremo, allora, dell’esperienza diretta, con quel minimo di oggettività che deriva dall’osservazione degli indicatori di flusso e dell’incidenza del vento e della velocità, GPS alla mano.


ma perché queste

idee strampalate?

C

uoncio Cuoncio nasce come catamarano biplano e questa connotazione è una parte fondamentale della sua concezione. La domanda ricorrente l’avrete già indovinata: non potrebbe avere un armo tradizionale con randa e fiocco? Certo che sì, ma questo comporterebbe una serie di complicazioni che non fanno parte della filosofia progettuale di una barca assolutamente semplice. Potreste sempre appiccicarci sopra un albero, magari riciclato, con due sartie e uno stralletto, ma non sarebbe un lavoro a regola d’arte. In realtà un armo sartiato impone alla barca una serie di sollecitazioni molto più severe e complesse di un albero semplicemente incastrato, che comporterebbero rinforzi specifici ed elementi strutturali aggiuntivi che non appartengono al progetto. Prima di immaginare alternative vi invito dunque a riflettere sulle qualità di questo armo, per comprenderne a fondo vantaggi e svantaggi.


vantaggi e svantaggi

I

niziamo dagli svantaggi, che sono pochi; anzi il problema sostanzialmente è uno solo: la barca non va al traverso. Beh,diciamola tutta: c’è un angolo morto di circa 15 gradi dal traverso verso il lasco in cui la randa sottovento smette di portare. E’ grave? Dipende. Considerato che questa è una barca esclusivamente da crociera e che per giunta non fa della velocità il suo punto di forza a favore dell’abitabilità, l’impossibilità di navigare al traverso non sembra catastrofica. Quelle volte che il nostro way-point fosse proprio al traverso allungheremo un bordo di bolina larga per poi poggiare al lasco. Personalmente, durante il bordo di bolina o quello al lasco ho pensato spesso di scambiare il mio bel biplano per una bella volata al traverso: pensa e ripensa però, il piatto della bilancia alla fine pende sempre di gran lunga dalla parte del biplano. Chi proprio non resistesse può comunque armare un asimmetrico sull’albero sopravento che oltre a sostituire la randa sventata al traverso regalerà qualche nodo dalla bolina larga al lasco nelle arie leggere. Vediamo, allora, quali sarebbero tutti questi vantaggi di un armo così strano! Primo fra tutti il problema strutturale: quello che non c’è non costa e soprattutto non si rompe.


Niente sartie, niente arridatoi, niente lande, rinforzi, stralli… Gli sforzi trasmessi dall’alberatura allo scafo giacciono sul solo piano orizzontale, interessano la sola zona della mastra in coperta e del piede in chiglia e sono sostanzialmente modesti e inversamente proporzionali alla distanza tra i due vincoli. Un albero non sartiato, poi, ha l’attitudine a flettersi autonomamente al rinfrescare del vento, il che appiattisce la vela senza bisogno di regolazioni. La mancanza di sartie e paterazzi consente allunamenti molto pronunciati alla randa completamente steccata, particolare che, insieme al frazionamento della velatura su due alberi, contribuisce a mantenere il centro velico eccezionalmente basso e ad avvicinare la forma della balumina ad un profilo ellittico (che è quello che ottimizza il rapporto portanza-resistenza indotta). La barca si governa semplicemente con le due scotte su paranco con strozzatore. Le rande ovviamente sono autoviranti. Si può scegliere tra due alberi in carbonio, leggerissimi, ma costosi e due alberi in alluminio, più pesanti, ma economici. Personalmente non ho mai avuto grandi infatuazioni per il carbonio, materiale straordinario che però non si piega prima di rompersi: ritengo questo un difetto molto poco simpatico, che significa non avere alcun preavviso prima del disalberamento. L’alluminio peserà pure tre vol-


te tanto, ma in questo senso è un materiale di gran lunga più affidabile, che oltretutto non si spezza avendo una lunghissima fase plastica. Infine, essendo nella progettazione come nella vita tutto molto relativo, ricordiamoci che Cuoncio Cuoncio (che in napoletano significa piano piano) non è certo un mostro da regata e che la sicurezza, la semplicità ed il budget sono in questo caso di gran lunga più importanti di leggerezza estrema e velocità. A voi, dunque, la scelta. Ma una barca con due alberi e per giunta senza deriva ce la fa a bolinare? Certo che sì e per giunta molto bene. Le prove in mare parlano chiaro: la bolina è spesso l’andatura migliore quanto a velocità, al pari del lasco; lo scarroccio è moderato e l’angolo ottimale al vento è di circa 50 gradi. Volendo si può stringere fino a 30 gradi, ma la barca rallenta e lo scarroccio aumenta. Non è un caso se team di progettazione con budget molto diversi dai nostri hanno optato per un armo biplano del tutto simile per il mega-catamarano Team Philips alla prima edizione della The Race. La barca, ahimé, è affondata in atlantico prima della partenza per un cedimento strutturale agli scafi (era la più grande struttura in carbonio mai realizzata…a proposito di carbonio! Purtroppo, era pure la barca più straordinariamente avveniristica). Tuttavia, evidentemente, la configurazione a due alberi è stata talmente soddisfacente che recentemente è stata riproposta su un altro cata


di 60’ da record, l’Hydroplaneur Mediatis Règion Aquitaine di Yves Parlier. L’ultimo paio di motivazioni è forse un po’ meno razionale. Vedere in mare un biplano che, strambando, apre le sue vele a farfalla riserva un’emozione forte ed insolita, che non lascia indifferenti. Infine, in un mare pieno di barche tutte uguali, bianche, di plastica e con lo stesso piano velico, una volta decisi a farsela da soli, la nostra amata barchina, perché non farla un po’ diversa?

come si governa

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a ce la farà a virare? Riuscirà a bolinare? Sarà facile da condurre? Sono domande ricorrenti di fronte ad un oggetto così inconsueto. Bisogna però notare che le differenze da un armo tradizionale, con randa e fiocco, cui siamo tutti abituati, non sono veramente sostanziali. Sono le stesse differenze che ci sono tra uno sloop e un ketch, un cutter o una goletta. Le stesse che sperimentiamo al timone di una barca dislocante a chiglia lunga piuttosto che una dalla carena piat-


ta e potente con appendici a forte allungamento. Il principio non cambia: c’è il vento e ci sono le vele, con le loro regolazioni e soprattutto le loro interazioni. Bisogna capire come la regolazione di una vela influisce sull’altra e viceversa. Negli armi con vele di prua ci si concentra sul canale tra randa e fiocco: in un certo senso l’efficienza di un piano velico si gioca tutta lì. Nel biplano, il canale tra le due vele ha una posizione diversa, una diversa dimensione, ma, sostanzialmente il principio non cambia: una vela sente l’altra e ne modifica i fenomeni circolatori. La regola fondamentale per capire il comportamento di questo armo è che, mentre con le vele di prua, il bilanciamento della barca (la sua tendenza ad orzare o a poggiare) si regola con un gioco di forze che agiscono sul piano longitudinale (in parole molto…povere, il fiocco aiuta a poggiare e la randa ad orzare), su un biplano, le stesse forze agiscono sul piano trasversale: la randa sopravento spinge la barca all’orza, la sottovento alla poggia. Assomiglia molto alla sensazione di avere due motori: il motore di sinistra spinge la prua a dritta e quello di dritta la spinge a sinistra. Una volta capito il concetto, la barca vira, orza o poggia a nostro piacimento. Questi fenomeni sono estremamente più sensibili quando, uscendo da una condizione di riposo, da una virata o dalla cappa, la barca inizia ad acquisire


un po’ di abbrivio. In velocità, quando i fenomeni circolatori sono ben instaurati e interdipendenti, le due vele lavorano come un’unica ala e gli effetti sul bilanciamento sono molto più lievi. Cerchiamo di chiarire meglio questi concetti:

La randa sopravento spinge alla poggia, quella sottovento all’orza.


Uscendo da una situazione di cappa (figura sopra), con barca traversata al vento (1), si cazza prima la randa sopravento, finché non si è ben abbriviati (2); poi, lentamente, si cazza pure la randa sottovento (3) e quindi si mettono a segno entrambe le vele, controllando gli indicatori di flusso. Uscendo da una virata (figura sotto), sulle nuove mure lasceremo in bando la scotta sottovento e abbrivieremo la barca con la sola randa sopravento (2), poggiando per accelerare. Solo ad abbrivio acquisito, cazzeremo la randa sottovento e metteremo a segno le vele (3).


In navigazione di bolina, i mostravento ci dicono di portare la randa sottovento lievemente più cazzata rispetto a quella sopravento. Ricordiamo che una randa totalmente steccata non fileggia, o quasi, e ci comunica pochissimo della situazione dei suoi fenomeni circolatori: le stecche la tengono sempre ferma e tesa nella sua forma, persino quando è in stallo: l’unico modo per capirci qualcosa è leggere attentamente le indicazioni dei mostravento. Il biplano in quanto tale non penalizza le prestazioni di bolina, non influisce sulla capacità di stringere il vento e sulla VMG, insomma, non comporta, in questa andatura specifica, alcuna restrizione alle prestazioni della barca. Offre piuttosto il vantaggio di una maggiore superficie velica, grazie all’abbassamento del centro velico. Cuoncio Cuoncio ha la sua migliore VMG intorno ai 50 gradi al vento, ma volendo è in grado di stringere fino a 30 gradi. Queste caratteristiche sono tuttavia da imputare alla sua natura di multiscafo, alle elevate velocità di crociera e alla scelta di un piano di deriva senza appendici, piuttosto che al suo armo.


Al traverso, in un settore di una quindicina di gradi (tra i 90 e i 105 gradi al vento) la randa sottovento smette di portare fino al punto di essere completamente risucchiata dalla depressione di quella sopravento. Il fenomeno, cosiddetto di back-wind, può essere spiegato, anche senza ricorrere a prove in galleria del vento, con le note teorie del flusso circolatorio. Comunque, evitando di annoiarci in questa sede con trattazioni troppo scientifiche, basti sapere che nel settore descritto potremo veleggiare con la sola randa sopravento, a tutto svantaggio di velocità e VMG, oppure scegliere, come già spiegato, di tirare un bordo di bolina larga e uno al lasco. Al lasco, non ci sono particolari differenze dalla regolazione di una qualsiasi randa.


Continuando a poggiare, portandosi in fil di ruota, la randa sopravento abbatterà: le vele sono ora a farfalla. L’andatura in poppa è ovviamente più lenta del lasco, ma sicuramente molto più suggestiva.

la virata

N

on vi è in assoluto alcun elemento, in un armo biplano, che pregiudichi il successo di una virata. Non dobbiamo dimenticare che la posizione del centro velico di progetto è sostanzialmente nello stesso punto in cui si troverebbe con qualsiasi altro tipo di armo. Come abbiamo illustrato, il ruolo normalmente svolto dal fiocco per aiutarci ad uscire da una virata, viene svolto dalla randa sopravento. Ovviamente, un catamarano, per di più senza derive, non virerà mai come un Coppa America o una deriva, ma questo aspetto è comune a tutti i multiscafi, indipendentemente dalla configurazione del loro piano velico, che dovrà comunque essere ben disegnato e correttamente relazionato al piano di deriva.


considerazioni progettuali

L

e motivazioni progettuali nella scelta di un armo biplano, lo ripetiamo, sono relative alla possibilità di mantenere basso il centro velico e di adottare alberi non sartiati. Da questi due vantaggi ne derivano, poi, alcuni altri: la divisione della superficie portante ha, in teoria, un effetto positivo sulla resistenza indotta; la forma delle vele, libera da vincoli, può avvicinarsi alla distribuzione ellittica ottimale; la resistenza dovuta al sartiame è eliminata. Alcuni aspetti della progettazione sono del tutto simili a quelli relativi a qualsiasi altro tipo di armo, come la posizione relativa del centro velico rispetto al centro di deriva e il proporzionamento del piano velico relativamente al momento raddrizzante. I punti nevralgici sono, invece, la scelta della distribuzione della superficie velica, ovvero l’altezza dell’inferitura, il coefficiente di allungamento o Aspect Ratio e la distanza tra i due alberi. Infatti, le interferenze tra le due vele sono legate principalmente all’altezza di ciascuna (l’apertura alare, in termini aeronautici). In altri termini, come succede per randa e fiocco, la portanza totale è minore della somma delle portanze prodotte dalle singole vele se lavorassero singolarmente in flussi diversi. Tale decremento della portanza totale è legato alle


interferenze che le zone di alta pressione e bassa pressione di ciascuna vela esercitano sull’altra. Le interferenze sono, a loro volta, direttamente proporzionali alla vicinanza delle due vele e alla loro altezza (e quindi al loro coefficiente di allungamento a parità di superficie).

Questa è la rappresentazione convenzionale di quello che succede ad un flusso quando incontra un profilo o, in questo caso una vela. La linea retta in tratto-punto è l’asse dello scafo, la vela è quella più scura. La linea curva in tratto-punto è chiamata linea di ristagno e costituisce il confine tra le due zone di alta e bassa pressione, rispettivamente sopravento (+) e sottovento (-). Le altre linee ci indicano, con la loro vicinanza, la velocità del flusso: più sono vicine, più aumenta la velocità e quindi, ci dice Bernoulli, più diminuisce la pressione. Tutto chiaro? Speriamo!


Ora, se accostiamo, ad una certa distanza, un’altra vela, queste si influenzeranno a vicenda, inevitabilmente. In particolare, l’area con bassa pressione sul lato sottovento della vela sopravento tenderà a risucchiare aria dall’alta pressione vicina del lato sopravento della vela sottovento, come indicato dalla freccia nel disegno. Oltre a modificare l’andamento delle linee di flusso, questo fenomeno provoca in modo evidente un abbassamento della differenza di pressione tra le due facce di ogni vela e quindi una diminuzione della portanza. Non c’è da scandalizzarsi: anche in un armo tradizionale la randa si…sacrifica, lavorando in uno ‘scarso’, per regalare portanza al fiocco che lavora invece sempre in un ’buono’. Si tratta sempre e comunque di ottimizzare il rendimento generale dell’insieme, come se si


trattasse di un’unica ala, anche perdendo qualcosa della portanza ottimale di ogni singola vela. I termini fondamentali di questo gioco al compromesso sono, nel caso del biplano, la portanza, e quindi l’allungamento o, meglio, l’altezza delle singole vele, e la distanza trasversale che le separa. A titolo di riferimento, riportiamo qui di seguito i parametri descritti, per i tre catamarani biplano nominati nel testo (i dati dell’Hydroplaneur e di Team Philips sono approssimativi e dedotti dal materiale disponibile): Cuoncio Cuoncio: Superficie randa 15,3mq Inferitura 7,5m Base 2,8m Distanza tra gli alberi 3,0m Rapporto distanza/inferitura 0,4 Hydroplaneur: Superficie randa 150mq Inferitura 22m Base 9m Distanza tra gli alberi 11m Rapporto distanza/inferitura 0,5 Team Philips: Superficie randa

380mq


Inferitura 41m Base 12m Distanza tra gli alberi 21m Rapporto distanza/inferitura 0,5 Il confronto dei rapporti tra la distanza degli alberi e la lunghezza dell’inferitura ci indicano che Cuoncio Cuoncio, barca da crociera, ha preferito sacrificare qualcosa in termini di efficienza per potersi infilare occasionalmente in qualche porto senza occupare il posto di tre barche; gli altri due, essendo mostri da record, non sono scesi a compromessi ed hanno privilegiato un rapporto ottimale in termini di efficienza, oltre che di stabilità trasversale (Cuoncio Cuoncio misura 6x3m, l’Hydroplaneur 18,30x15,05m, cioè è largo quasi quanto è lungo (!!!), Team Philips 37x21m, pure lui non scherza!). Come riferimento generale possiamo quindi assumere, con una certa approssimazione, che il rapporto ottimale si aggiri intorno allo 0,5 (come i due… mostri, testati in galleria del vento, ci indicano) e che valori inferiori sono accettabili entro certi limiti, pur rappresentando un compromesso.



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