Pausa Caffè | Numero 10 | Agosto 2018

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PAUSA CAFFÈNumero 10, Agosto 2018


PAUSA CAFFÈ - Numero 10, agosto 2018

Museo Chiaramonti pp.3-12

Le case dei romani pp. 21-23

Pausa Caffè - Rivista della Dante Alighieri di Ramos Mejía e Ituzaingó

I VOSTRI COMMENTI pp.13-17

Teatro Romano pp.24-28

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Museo Chiaramonti Romolo e Remo e la fondazione di Roma Secondo la leggenda, le origini di Roma risalgono all’Asia Minore, in particolare nella città di Troia. Mentre le fiamme avvolgono la nobile e ricca città a lungo assediata dai Greci (com’è raccontato nell’Iliade di Omero), Enea, figlio di Venere, fugge con il padre Anchise e il figlio Ascanio. La sua storia è narrata da Virgilio, nell’Eneide, in un chiaro esempio di propaganda imperiale! Sotto l’imperatore Augusto, infatti, nasce la volontà di nobilitare le origini romane e chi più nobile dei Greci, padri del pensiero filosofico occidentale? E’ così che nasce il mito di Enea che, alla fine di un lungo viaggio, approda nel Lazio. Come ci racconta Tito Livio, Enea fonda una città, Lavinio, in onore della sua sposa, Lavinia, figlia del re Latino. Da Enea discendono varie generazioni, fino a giungere al re Numitore, che costringe la figlia del fratello Amulio, Rea Silvia, a diventare vestale (una sacerdotessa che deve votarsi alla castità). Il dio Marte, innamoratosi di Rea Silvia, si unisce a lei, facendo nascere due gemelli, Romolo e Remo. Rea Silvia viene uccisa dal re e i bambini abbandonati nel fiume Aniene. Una lupa li vede e decide di allattarli e prendersene cura (“lupa”, in latino, è una parola che ha anche l’accezione di “prostituta”), per poi essere curati da Faustolo e Laurenzia. Divenuti grandi e conosciuta la loro identità, i due giovani, con l’aiuto di numerosi seguaci arruolati tra i fuorilegge dell’epoca,

si vendicano di chi li ha abbandonati, uccidendo Amulio. Romolo e Remo decidono di fondare una città. Ma chi deve esserne il re? Essendo gemelli, non è possibile valutare chi è più anziano e allora decidono di affidare ai segnali degli dèi il compito di indicare chi ha diritto di diventare re della nuova città. Romolo sceglie di andare sul colle Palatino, Remo sull’Aventino. Secondo Tito Livio, il primo presagio, costituito da sei avvoltoi in volo, è a favore di Remo, ma in seguito ne appaiono dodici a Romolo. Quest’ultimo reclama la primazia sulla base del numero, Remo sulla base del tempo di apparizione. Anche i seguaci si schierano a favore dell’uno o dell’altro e ne nasce una lotta. Remo, per prendere in giro il fratello, scavalca il solco sul terreno che delimita il confine della città di Romolo e quest’ultimo, irato, lo uccide. E diventa re della città. E’ il 21 aprile del 753 a.C.: giorno in cui nasce la città che dominerà per 1.000 anni il Mediterraneo, costituendo il più grande impero dell’Occidente. Una città che, secondo la leggenda, ha origini nel nobile pensiero greco, nella bellezza di Venere e nella forza di Marte.

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SPARTACO Gladiatore originario della Tracia, è stato il capo di una ribellione di schiavi in Italia. Dopo aver riunito decine di migliaia di schiavi ribelli in un vero e proprio esercito, per due anni Spartaco porterà avanti una guerra per la libertà contro la Repubblica romana, che ricordiamo come Terza Guerra Servile (73-71 a.C.). Spartaco veniva dalla Tracia, una regione dell’Europa orientale che faceva parte formalmente del regno di Macedonia. Dal 146 a.C. la Macedonia era diventata una provincia romana, a cui la Tracia venne annessa nel 129. Si trattava di un territorio difficile, dove i romani erano costantemente costretti ad intervenire per domare le ribellioni delle molte tribù locali. Sembra che Spartaco sia nato in una di queste tribù: una comunità di nomadi e pastori. Per un certo periodo sembra che Spartaco sia stato un soldato ausiliario di Roma. Non sappiamo in che modo, ma ad un certo punto la sua carriera militare si interrompe, e non nel migliore dei modi: molto probabilmente Spartaco era diventato un bandito, magari dopo una diserzione o addirittura una ribellione contro i romani. In ogni caso, Spartaco viene catturato dai legionari: il suo destino è la schiavitù.. Nel 73 a.C. Spartaco ed i suoi compagni pianificano una fuga che coinvolge più di 70 gladiatori: dalle cucine riescono a procurarsi armi di fortuna, come coltelli e mannaie, grazie a cui riescono a fuggire combattendo, per poi appropriarsi di un carro di armi ed armature destinate all’arena. Spartaco e la sua banda di fuggitivi, dopo aver saccheggiato la regione intorno a Capua, si rifugiano sul Vesuvio.

La Repubblica affida il comando di una milizia al pretore Gaio Claudio Glabro. Glabro tenta la via dell’assedio, bloccando le vie principali verso il Vesuvio per affamare gli schiavi ribelli. In quest’occasione Spartaco dimostra la propria abilità tattica, probabilmente frutto delle sue precedenti esperienze in campo militare. Gli schiavi ribelli utilizzano i materiali a loro disposizione (vigne selvatiche) per costruire corde con cui riescono a scendere dalle pendici della montagna. A questo punto gli schiavi circondano l’accampamento romano, per poi sconfiggere le milizie ed appropriarsi del loro equipaggiamento. Spartaco ed i suoi uomini erano inizialmente diretti verso le Alpi. Probabilmente da lì avrebbero sarebbero poi usciti dall’Italia, magari raggiungendo la Tracia o tentando di uscire dalle regioni sotto il controllo di Roma. Tuttavia, per ragioni a noi del tutto sconosciute, Spartaco, forse sotto richiesta dei suoi uomini, decide di fare marcia indietro. Nel frattempo a Roma Marco Licinio Crasso, un ricco uomo politico in cerca di consensi, si offre di fermare Spartaco ed ottiene il comando di otto legioni, per un totale di 40.000 soldati. Dopo un primo tentativo fallito, Crasso riesce a spingere gli schiavi ribelli fino a Reggio, davanti allo Stretto di Messina. Da qui Spartaco spera di poter raggiungere la Sicilia con 2.000 uomini, per tentare di provocare una nuova rivolta di schiavied ingrossare le proprie fila. Lo Stretto di Messina non è mai stato semplice da attraversare, in particolare durante l’inverno. A complicare le cose c’è il fatto che il governatore della Sicilia, Gaio Licinio Verre, aveva fortificato gli approdi migliori. Per riuscire ad attraversare lo stretto con tutte le sue truppe, Spartaco ha bisogno di imbarcazioni e di marinai esperti.

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Gli schiavi ribelli si rivolgono ad un gruppo di pirati della Cilicia (così li definisce Plutarco), uomini in possesso di imbarcazioni veloci e di un’ottima conoscenza di quelle acque. Dopo essere stati pagati ed aver preso accordi con gli schiavi ribelli, i pirati salgono a bordo delle loro imbarcazioni e si allontanano, tradendo Spartaco. A questo punto Spartaco tenta di attraversare lo stretto di Messina su imbarcazioni di fortuna, naufragando miseramente in terra calabrese. Spartaco tenta la via delle trattative, che Crasso rifiuta categoricamente. A questo punto non resta che una strada: sfondare il blocco. Spartaco ci riesce grazie ad un espediente brutale ma ingegnoso: riempire un punto del fossato (sembrerebbe con corpi umani), per poi sfondare la barriera con la cavalleria. Sembra che in quest’occasione gli uomini di Spartaco siano morti a migliaia. Anche per questo, forse, iniziano a nascere le prime divisioni in seno all’armata di schiavi ribelli: con l’inverno un gruppo di dissidenti, in gran parte celti e germani, guidati da Casto e Gannico, abbandonano Spartaco. Nella primavera del 71, Crasso sconfigge Casto e Gannico. Nel frattempo Lucullo è sbarcato a Brindisi. Spartaco, quasi circondato ma con ancora circa 30.000 uomini, decide di tentare il tutto per tutto attaccando Crasso frontalmente. Lo scontro finale avviene nell’aprile del 71. Non sappiamo dove si svolge di preciso questa battaglia, anche se molto probabilmente nei pressi delle sorgenti del Silaro. Le fonti ci raccontano che prima della battaglia Spartaco avrebbe ucciso il suo cavallo, poiché in caso di vittoria avrebbe preso un cavallo dei suoi nemici, ed in caso di sconfitta non avrebbe certamente mai più avuto bisogno di un cavallo. La cavalleria di Spartaco punta sugli arcieri di Crasso, ma viene ostacolata da un efficace si-

stema di trincee. Quanto a Spartaco, alla guida della fanteria, cerca lo scontro diretto nella speranza di uccidere Crasso. Tutte le fonti che abbiamo a nostra disposizione concordano su un fatto: Spartaco combatte valorosamente ma viene circondato, e poi ucciso. A questo punto Crasso riesce facilmente ad avere la meglio sui

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Giulio Cesare Roma - 12 luglio 100 A.C. - Domenica 15 marzo 44 A.C. (a 57 anni) Caio Giulio Cesare nacque a Roma nel 100 a.C. Faceva parte dell’antichissima e nobile “gens Julia”, discendente da Julo, figlio di Enea e, secondo il mito, a sua volta figlio della dea Venere. A partire dal 69 a.C. intraprese il cosiddetto “cursus honorum”: venne eletto alla carica di questore. La carica gli fruttò il governatorato e un comando militare in Spagna, dove per un po’ di tempo fronteggiò i ribelli, tornando poi in Patria con la fama di ottimo soldato e amministratore. Tre anni dopo fu nominato propretore in Spagna ma, pieno di debiti, poté partire solo dopo aver saldato tutti i contenziosi, cosa che fece grazie ad un prestito di Crasso. Divenne inoltre Pontefice Massimo nel 63 e pretore nel 62. In Spagna sottomise quasi del tutto gli iberici, riportò un bottino enorme e il senato gli concesse il trionfo, a causa del quale Cesare doveva ritardare il ritorno a Roma. In questo modo gli veniva impedito di presentare la sua candidatura al consolato, infatti la candidatura non poteva essere presentata in assenza del candidato. Cesare andò ugualmente a Roma, lasciando l’ esercito fuori dalla città. Qui, strinse accordi di alleanza con il suo finanziatore Crasso e con Pompeo, in quel momento politicamente isolato: si formò allora un patto a tre, di carattere privato, consolidato da un solenne giuramento di reciproca lealtà ,

che aveva come fine, attraverso una opportuna distribuzione di compiti, la completa conquista del potere (luglio del 60). Il patto è conosciuto con il nome di “Primo Triumvirato”. Nello stesso periodo chiese e ottenne il consolato della Gallia. Cesare aveva scelto le Gallie perché sapeva di aver bisogno, per poter aspirare al supremo potere, di compiere gesta militari di grande importanza e, soprattutto, di forte impatto. Fu in particolare la fase finale del conflitto, quando dovette domare una ribellione capeggiata dal principe Vercingetorige, a mettere in risalto le straordinarie capacità militari di Cesare, che riuscì a sbaragliare il nemico nel proprio territorio e a fronte di perdite ridotte al minimo per i romani. La campagna militare, cominciata nel 58 a.C. e conclusa nel 51 a.C., fu minuziosamente - e magnificamente - narrata dallo stesso Cesare nei suoi Commentari (il celebre “De bello gallico”). Morto Crasso, sconfitto e ucciso a Carre (53 a.C.) nel corso di una spedizione contro i parti, il triumvirato si sciolse. Pompeo, rimasto solo in Italia, assunse pieni poteri con l’insolito titolo di “console senza collega” (52 a.C.). All’inizio del 49 a.C., Cesare rifiutò di obbedire agli ordini di Pompeo: inizia così la guerra civile, che sarebbe durata dal 49 al 45. Pompeo fuggì in Egitto, dove venne assassinato dagli uomini di Tolomeo XIV In Egitto Cesare incontrò Cleopatra, con la quale ebbe un’intensa storia d’amore (ne nacque un figlio: Cesarione). Nel 45 - ormai padrone assoluto di Roma - fece solenne ingresso nell’Urbe, celebrando il suo quinto trionfo. Da quel momento in poi Cesare detenne il potere come un sovrano assoluto, ma con l’accortezza di esercitarlo nell’ambito dell’ordinamento repubblicano. Alla sua persona furo-

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no attribuiti onori straordinari, quali la facoltà di portare in permanenza l’abito del trionfatore (la porpora e l’alloro), di sedere su un trono aureo e di coniare monete con la sua effigie. Inoltre, al quinto mese dell’antico anno venne dato il suo nome (luglio = Giulio) e nel tempio di Quirino gli fu eretta una statua: sembra che Giulio Cesare vi fosse venerato come un dio sotto il nome di Jupiter- Iulius. Nel periodo che va dal 47 al 44 a.C. Cesare attuò varie riforme, molte delle quali contenevano gli elementi cardine del futuro principato, tra cui la diminuzione del potere del senato e dei comizi. Dal punto di vista economico promosse alcune riforme a favore dei lavoratori agricoli liberi, riducendo il numero di schiavi e fondando colonie a Cartagine e a Corinto; promosse numerose opere pubbliche e la bonifica delle paludi pontine; introdusse inoltre la riforma del calendario, secondo il corso del sole e non più secondo le fasi della luna. I malumori contro un personaggio di così grandi capacità e ambizioni, in Roma, mai si sopirono. Vi era, ad esempio, il timore che Cesare volesse trasferire a un successore i poteri acquisiti (aveva adottato Ottaviano, il futuro imperatore Augusto), e nel contempo si riteneva inevitabile, o per lo meno altamente probabile, una deriva monarchica dell’avventura umana e politica di Giulio Cesare. Per questo, negli ambienti più tradizionalisti e nostalgici dei vecchi ordinamenti repubblicani fu ordita una congiura contro di lui, guidata dai senatori Cassio e Bruto, che lo assassinarono il 15 marzo del 44 a.C. (passate alla storia come le “Idi di marzo”).

Cleopatra 69 A.C. - Alessandria d’Egitto, Egitto - Sabato 12 agosto 30 A.C. La regina egiziana più nota della storia, Cleopatra VII, nasce ad Alessandria D’Egitto nel 69 a.C. E’ la figlia del faraone Tolomeo XII e alla morte del padre, avvenuta nel 51 a.C., viene costretta a sposare il fratello dodicenne Tolomeo XII con il quale ascende al trono. Il fratello però, durante il terzo anno di regno, incoraggiato anche dai suoi consiglieri, uno dei quali pare sia il suo amante, esilia la giovane sorella che trova rifugio in Siria. Dall’esilio Cleopatra riesce a difendere così bene la propria causa da ottenere che, con l’arrivo di Giulio Cesare, possa rivendicare a pieno i propri diritti di regina. Cleopatra, nonostante la giovane età, non è affatto una donna arrendevole ma anzi intelligente, colta, e poliglotta (pare che sia in grado di parlare sette o addirittura dodici lingue ed è la prima regina macedone ad imparare l’egiziano per meglio governare il suo popolo) e, soprattutto, è perfettamente conscia del proprio fascino. La storia dell’incontro trai due è ormai quasi leggenda: Giulio Cesare giunge in Egitto all’inseguimento di Pompeo, di cui gli viene fatta ritrovare solo la testa. Ad uccidere Pompeo sono stati i sicari del faraone Tolomeo che tenta in questo modo di ottenere i favori di Cesare. Mentre questi è a palazzo, però, gli arriva in dono un tappeto prezioso che comincia a srotolarsi e dal quale esce la splendida regina diciottenne Cleopatra. Molto si è scritto sulla storia d’amore dei due e persino favoleggiato, probabilmente l’unione è frutto di calcolo da parte sia di Cleopatra che di Giulio Cesare, interessato ad un alleanza con l’Egitto per motivi economici. Dalla relazione

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nasce un figlio, a cui danno il nome di Tolomeo Cesare o Cesarione. L’intento politico di Cleopatra, che si rivela un’ottima stratega, è comunque quello di proteggere l’integrità del suo regno dal sempre più invadente espansionismo romano Dopo l’assassinio di Giulio Cesare nelle idi di marzo del 44 a.C, la situazione politica non consente più a Cleopatra di rimanere a Roma, ed ella riparte per l’Egitto. Secondo alcune fonti, tornata in patria, avvelena il fratello Tolomeo XI e governa con il figlio Cesarione. Alla fine della guerra civile seguita alla morte di Giulio Cesare, Cleopatra si lega ad Antonio. Marco Antonio ha il compito di governare le province Orientali e durante una campagna, intrapresa per sedare una rivolta, incontra Cleopatra. Caratterizzato da una personalità esuberante e vivace, resta affascinato dalla regina egiziana e tra i due ha inizio una relazione. Mentre si trova alla corte di Alessandria ad Antonio giunge la notizia della morte della moglie Fulvia, responsabile di aver capeggiato una rivolta contro Ottaviano. Antonio torna a Roma e, per rinsaldare il legame con Ottaviano, ne sposa la sorella Ottavia nel 40 a.C. Insoddisfatto però dalla condotta di Ottaviano nella guerra ingaggiata contro i Parti, Antonio finisce per tornare in Egitto, dove Cleopatra ha avuto nel frattempo due gemelli, ai quali seguirà un terzo figlio e il matrimonio tra i due, nonostante Antonio sia ancora sposato con Ottavia. Cleopatra, da ambiziosa e scaltra regina qual’è, vorrebbe costituire con Antonio una sorta di grande regno, la cui capitale dovrebbe essere la più evoluta Alessandria d’Egitto e non Roma. Ella concede dunque ad Antonio l’uso delle milizie egiziane, con le quali egli conquista l’Armenia. Cleopatra viene nominata regina dei re, associa-

ta al culto della dea Iside e nominata reggente con il figlio Cesarione. Le manovre della coppia preoccupano Ottaviano che induce Roma a dichiarare guerra all’Egitto. Le milizie egiziane guidate da Antonio e quelle romane guidate da Ottaviano si scontrano ad Azio il 2 settembre del 31 a.C.: Antonio e Cleopatra vengono sconfitti. Nel momento in cui i romani giungono ad espugnare la città di Alessandria, i due amanti si risolvono al suicidio. E’ il 12 agosto dell’anno 30 a.C. In realtà Antonio si suicida a seguito della falsa notizia del suicidio della sua Cleopatra, la quale, a sua volta, si suicida facendosi mordere da un aspide. Alcuni studi effettuati di recente smentiscono tuttavia la possibilità che ella sia potuta morire a seguito del morso di un aspide. Cleopatra è una grande esperta di veleni e sa che utilizzando quella metodologia la sua agonia sarebbe molto lunga. Probabilmente deve aver escogitato questa storia per apparire al suo popolo ancor più come la reincarnazione di Iside, ma deve essersi avvelenata usando una miscela di veleni preparata in precedenza.

Messalina Valeria Messalina (Roma, 25 – Roma, 48) fu imperatrice consorte dell’imperatore Claudio, che aveva sposato quattordicenne per volere dell’imperatore Caligola. Biografia Figlia di Domizia Lepida e di Marco Valerio Messalla Barbato nacque in una famiglia patri-

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zia imparentata con la casa Giulio-Claudia. Quando Caligola salì al trono, era già una delle donne più desiderate di Roma per la sua bellezza. Costretta dall’imperatore a sposare Claudio, un uomo più anziano di lei di trent’anni, balbuziente, zoppo e al terzo matrimonio, ebbe da lui due. Dopo che il 24 gennaio del 41 i pretoriani uccisero Caligola, lei e suo marito Claudio furono eletti imperatori di Roma. Insieme al marito fece uccidere gli assassini di Caligola. Giovane e inquieta, Messalina non amava molto la vita di corte; conduceva invece un’esistenza trasgressiva e sregolata. Di lei si raccontarono (e si narrano tuttora) le storie più squallide: che avesse imposto al marito di ordinare a tutti i giovani e bei sudditi di cederle, che avesse avuto relazioni incestuose con i fratelli, che si prostituisse nottetempo nei bordelli (postriboli) sotto il falso nome di Licisca dove, completamente depilata, i capezzoli dorati, gli occhi segnati da una mistura di antimonio e nerofumo, si offriva a marinai e gladiatori per qualche ora al giorno. Secondo il racconto di Plinio il Vecchio (10,172), una volta sfidò in gara la più celebre prostituta dell’epoca e la vinse nell’avere 25 concubitus (rapporti) in 24 ore. Fu proclamata invicta e, a detta di Giovenale (6,130), “lassata, viris nondum satiata, recessit” (“stanca, ma non sazia di uomini, smise”). Se sapeva essere molto generosa con gli uomini che cedevano ai suoi capricci, era anche pronta a far eliminare con facilità quanti non vi si prestavano. Dopo le accertate relazioni adulterine con il governatore Appio Giunio Silano e con l’attore Mnestere, Valeria Messalina si innamorò di Gaio Silio, marito di Giulia Silana. Gaio Silio ripudiò la moglie e divenne l’amante di Messalina e, mentre l’imperatore Claudio si trovava a Ostia, durante una festa dionisiaca a palazzo i due amanti simularono il loro matrimonio nel 48 d.C. Informato dal liberto Narciso, Claudio (forse ti-

moroso che il rivale volesse succedergli sul trono) decretò la morte dei due amanti. Mentre Gaio Silio non oppose resistenza e chiese una morte rapida, Messalina si rifugiò negli “Horti Lucullani” (giardini di Lucullo) dove fu uccisa da un tribuno inviato dal liberto.

Nerone Nerone è stato uno dei più amati e allo stesso tempo odiati imperatori dell’antica Roma. Il popolo lo amava, gli avversari dicevano che era matto. Ma chi era, davvero, Nerone? L’imperatore romano Nerone (37 - 68 d.C.) è stato un personaggio pieno di contraddizioni: un pazzo ha incendiato la città, racconta la leggenda, ma anche un uomo amante dell’arte e della bellezza. Un despota megalomane e crudele ma, allo stesso tempo, amato dal popolo per la riforma tributaria e monetaria che diedero vantaggi ai più poveri. Nerone è l’ultimo rappresentante della dinastia Claudia (quella dei primi cinque imperatori di Roma). Il vero nome di Nerone è Lucio Domizio Enobarbo . Nacque ad Anzio il 15 dicembre del 37 d.C. da Agrippina e Gneo Domizio Enobarbo. L’imperatore Caligola , che morì nel 41, era fratello di Agrippina, quindi era zio di Lucio Domizio. Dal 49 Lucio Domizio ebbe come precettore un senatore: il filosofo Lucio Anneo Seneca . Nerone amò molto il suo maestro: grazie a lui divenne colto ed ebbe un pensiero illuminato che cercò di applicare quando divenne imperatore. Agrippina era molto ambiziosa e fece di tutto per conquistare il potere

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per il figlio e per sé stessa. La sua idea era che le mogli degli imperatori, di solito, venivano uccise se diventavano scomode. ll 25 febbraio dell’anno 50 Lucio Domizio venne adottato da Claudio, da subito Agrippina fece in modo che la strada di Nerone verso il potere fosse assicurata: lo fece sposare a sedici anni con la dodicenne Ottavia, la figlia di Claudio. Il 12 ottobre del 54 Claudio morì. Probabilmente avvelenato da Agrippina con dei funghi velenosi. E così, a 16 anni e dieci mesi, Nerone divenne imperatore con il nome di Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus. I primi cinque anni del principato di Nerone sono considerati uno dei periodi più felici dell’Impero . Su indicazioni di Seneca, l’imperatore fece molte riforme che aiutarono il popolo. Con il passare del tempo, però, in Nerone si scatenarono paranoia (una malattia psichica che porta al delirio) e magalomania (la tendenza a ritenersi al di sopra di tutti). Convinto di essere un grande poeta obbligava il popolo ad assistere alle sue esibizioni. Nel marzo del 59 Agrippina venne uccisa su ordine di Nerone. Nerone si giustificò dinanzi al Senato affermando che Agrippina aveva congiurato contro di lui e contro lo Stato, Nerone, però, pagò a caro prezzo il matricidio e fu tormentato da tremendi incubi per il resto della vita , prezzo dell’orrendo delitto. L’uccisione della madre cambiò profondamente l’imperatore e segnò l’inizio di un governo dispotico, passato alla storia come uno dei più vergognosi che Roma abbia mai avuto . Infatti, liberatosi dal controllo della madre, Nerone cominciò a soddisfare ogni suo capriccio. La notte del 19 luglio del 64, era una notte di luna piena, un incendio divampò a Roma . L’incendio durò sei giorni, sembrò spegnersi e poi riprese vigore e durò altri tre giorni: la città fu

in gran parte distrutta . Si pensò che fosse stato l’imperatore stesso a dare l’ordine di iniziare l’incendio. Oggi gli storici pensano che che l’accusa fosse falsa (Nerone non era nemmeno in città), quello che è certo è che Nerone accusò del disastro i cristiani. E così iniziò la loro persecuzione. Dopo l’incendio Nerone fece iniziare la costruzione di un’enorme villa, un palazzo smisurato chiamato Domus Aurea , la cui ricchezza stupisce i visitatori ancora oggi. Nell’anno 65 venne scoperta una congiura per uccidere, i congiurati erano senatori e cavalieri appoggiati da ufficiali della guardia pretoriana, la guardia personale dell’imperatore. Dei 41 partecipanti alla congiura diciotto morirono, gli altri 23 vennero esiliati o perdonati. Pare che tra i congiurati ci fosse anche Seneca , il maestro di Nerone. Gli venne dato l’ordine di togliersi la vita e lui si suicidò bevendo della cicuta , un veleno estratto da una pianta. L’8 giugno dell’anno 68, il senatori deposero Nerone e lo dichiararono nemico pubblico : significava che chiunque lo avrebbe potuto uccidere. Il giorno dopo, Nerone scoprì che le guardie personali non presidiavano il palazzo e sua moglie era scomparsa. E così, abbandonato da tutti, fuggì dalla città con pochi fedelissimi e si rifugiò in campagna. Il giorno dopo, il 9 giugno, prima di essere catturato dai pretoriani si suicidò . Aveva 30 anni. Nerone aveva regnato 13 anni: con la sua morte si aprì la prima grave crisi per la successione all’Impero di Roma.

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Adriano Mercoledì 24 gennaio 76 - Mercoledì 10 luglio 138 (a 62 anni) Publio Elio Traiano Adriano (Publius Aelius Traianus Hadrianus, in latino) - noto più semplicemente e storicamente come Imperatore Adriano - nasce il 24 gennaio del 76 dopo Cristo a Italica, in Hispania Baetica, a pochi chilometri da Siviglia. Diventato orfano di tutti e due i genitori a soli nove anni, viene cresciuto da Traiano. La carriera di Adriano viene agevolata sia dal suo matrimonio con Vibia Sabina, parente di Traiano, sia dalla nomina dello stesso Traiano come successore dell’imperatore Nerva. Prima di diventare imperatore, Adriano è tra l’altro tribuno militare in Ungheria, tribuno militare in Bulgaria, in Germania . Nel 105 Adriano viene nominato tribuno della plebe, mentre nel 106 ottiene la carica di pretore in Germania. Nel 117 diventa imperatore. Una volta salito al trono, decide di mettere da parte molti degli uomini che avevano fatto parte del seguito di Traiano, cui pure egli stesso apparteneva, e ordina l’eliminazione fisica dei potenziali concorrenti e dissidenti che potrebbero ostacolargli la strada. Sul fronte della politica interna, nonostante ciò, egli decide di estendere i livelli di tolleranza, per esempio promuovendo una riforma della legge che si propone di rendere meno pesante e impegnativa la situazione degli schiavi; si rivela,

inoltre, più accondiscendente nei confronti dei cristiani. Dopo avere consolidato il proprio potere in una maniera sufficientemente tranquillizzante, Adriano si dedica a viaggi in tutto l’Impero, dalla più vicina Gallia alla Britannia, passando per la Germania, la Spagna e la Mauritania, allo scopo di verificare le esigenze delle varie popolazioni e di adottare i provvedimenti indispensabili a rendere efficiente il sistema di difesa. Nel 123, per esempio, intraprende un viaggio nelle province orientali, che lo tiene impegnato addirittura per due anni, mentre nel 128 si dedica all’esplorazione delle province romane in Africa. In quanto a politica estera, Adriano decide di rallentare tutte le operazioni militari, per esempio abbandonando le conquiste che il suo predecessore Traiano aveva realizzato in Mesopotamia, con l’idea che si tratti di territori troppo difficili da difendere in virtù degli eccessivi sforzi che si renderebbero necessari per permettere alle truppe di ottenere i rifornimenti di cui avrebbero bisogno. In generale, l’intento dell’imperatore Adriano è quello di tracciare confini che possano essere controllati con una certa facilità e tenendo sotto controllo i costi. Rientra in questo progetto, per esempio, la costruzione in Gran Bretagna del Vallo di Adriano, conseguente alla conquista del nord dell’isola e finalizzata a tenere lontani i popoli della Caledonia e i pericoli cui potrebbero dare vita. Esperto tanto di battaglie e guerre quanto di pubblica amministrazione, Adriano dà spazio a funzionari in arrivo dalla classe dei cavalieri: grazie a questa iniziativa, e alla retribuzione più organizzata, consegue una maggiore stabilità della pubblica amministrazione.

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Dopo ventuno anni di potere, l’imperatore Adriano muore il 10 luglio del 138 a causa di un edema polmonare, all’età di sessantadue anni, nella sua casa di Baia: dopo la sua morte viene eretto un monumento equestre in suo onore, che lo raffigura su una quadriga.

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i t n e m m o c i vostr tati bels o n o s a ic t n lla Roma A e d i r i balli. to e a r d o b io r la to I a r o b cipato al la te r a p o H i. ciuto gente im s o liss n o c o h , o moltissim ri labolt a li G Ho imparato . a it t r e mi sono div e a s o li ig v a r uello d’arte e q m i, d n e p tu s e ati anch dio. Tutti a r , a ratori sono st in c u c , o r ivente, teat penso e o it v in con le statue v l’ io z a simi. Ringr is ll e b i t a t s o n so ossimo. r p o n n a l’ e h c an di partecipare r Diana Drexle

Mi sono piaciuti molto Laboratori dell’antica Roma, già dall’inizio con giochi divertenti e ho conosciuto gente carina e diverse tradizioni dei romani. Ho partecipato del laboratorio di cucina. I professori sono stati meravigliosi. Ho imparato a fare gnocchi alla romana, la minestra di ceci con finocchi e i suoi aromi mi hanno fatto ricordare alla cucina della mia nonna, con la pentola fumante sui fornelli, ed il vetro della finestra gocciolante d’acqua per il vapore ed il caldo nella cucina dove avevo amore familiare. Spero che si ripeta questa esperienza! Grazie Dante! Andrea Recoaro

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La mia partecipazione ai laboratori di danza della antica Roma è stata gradevole. Qui ho ballato e ho dovuto fare il commento della lotta tra i gladiatori. Questa è stata la parte piu difficile per me, perche dovevo raccontare velocemente quello che succedeva in quel momento, è un bell’esercizio ma complesso. Gli insegnanti sono bravi a trasmettere ciò che dovevamo imparare. Chissà, se non avessero ridotto la durata del ballo mi sarebbe piaciuto di più, ma questo è stata una scelta di gruppo, è meglio quando tutti si godono quello che fanno. I lavori dei altri laboratori sono stati interessanti. Sempre mi diverto e imparo qualcosa di nuovo. In generale è sempre una bella giornata e cercherò di partecipare sempre. Eva Caduto a fagiolo! Il bel momento che abbiamo vissuto è stato carino e bellissimo. Infatti ho voluto ringraziare la signora Direttrice, non soltanto per quel momento, ma anche per il gruppo di professori che ha scelto per circondarsi. Ma perché dico “cadere a fagiolo?” perché si è organizzato nel momento giusto, cioè quando la “stanchezza” comincia a farsi sentire, e c’è bisogno di relax e un po’ di riposo e vacanze. Grazie a tutti e per tutto, anche per iniettare nuova forza, questo incontro ci ha rinnovato le energie! Jorge Jalón

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Il Laboratorio annuale è un incontro di tutti gli studenti, quest’anno era su Roma Antica; il nostro gruppo ha scelto la storia. Abbiamo lavorato sull’inizio di Roma, l’Impero, la vita in città, la tradizione e i vestiti, ecc. Altri gruppi hanno scelto arte, danza, e la cucina del tempo. Alle fine abbiamo presentato tutti i lavori realizzati, è un momento piacevole e divertente, che culmina con la degustazione dei piatti preparati. L’incontro consente la comunicazione e lo scambio tra tutto ciò che lo rende produttivo è benefico. Mirta

Come ogni anno, questa volta, il sabato 7 luglio si sono fatti i laboratori alla Dante. Questo anno ci siamo trasportati all’Antica Roma. Abbiamo scoperto attraverso la cucina, l’arte, la storia e archeologia, le danze e il teatro, come era la vita dei romani nell’epoca dei Cesari. Io ho partecipato al laboratorio di cucina, ed insieme alla professoressa Alice abbiamo preparato dei piatti tipici, che ancora oggi si possono assaggiare nella cucina italiana, per esempio lo Epityrum, che una sorta di paté di olive, anche abbiamo preparato dei gnocchi alla romana, minestra di ceci con finocchi, crespelle dolci e sfornato di piselli e da bere una bevanda alla rucola, considerata afrodisiaca, si poteva usare come bevanda rinfrescante. Voglio ringraziare a tutti i professori per tutto il lavoro che fanno per questa attività, ci mettono molto impegno a tutto quello che fanno per darci di loro il meglio per la conoscenza della lingua e la cultura italiana. Vanina Martins

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Ho partecipato nel gruppo di ballo, secondo la leggenda una delle prime forme di danza è stata sicuramente la bellicrepa inventata da Romolo, come consacrazione della città che si trasformava da rutale in bellica. All’inizio mi sono piaciuti i giochi da tavolo, alcuni in alcuni bisognava trovare delle antiche città romane sulla cartina dell’Europa. In un altro momento mi hanno chiamato l’attenzione le statue viventi che raccontavano le biografie di Adriano, Cleopatra, Giulio Cesare; la radio e gli annunci commerciali vendendo e affittando case od offrendo turismo a Pompei ed Ercolano. Chiudendo con lo squisito cibo come la minestra con i ceci e le crespelle. Monica Bonomo

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Serata alla Dante di Ramos... Sempre mi sento ad agio alla Dante, e questa sera é diventata Romana! Un momento per condividere tra compagni e professori che ti portano e ti fanno sentire parte della storia con i giochi e le interpretazione... tutto inspirato alla Roma Antica. Comincia con tipici giochi divertenti come le noce, i travestimenti dei gladiatori e trovare ogni monumento nella mapa dell’epoca, tutto ben adatto all’idea del laboratorio. Alla Dante uno si trova co compagni oppure conosciuti; questa volta sono andata da sola ma alla Dante e impossibile restarci da solo! un bellissimo momento perimparare con molta gioia tutti insieme. Dopo arriva il tempo per prepararsi secondo il “Laboratorio” scelto, sempre ‘e difficile fare la scelta! Ma ho deciso di partecipare al laboratorio di Arte con Angelo dove abbiamo svolto una Radio!! Io ero l’inviata speciale in cui la mia partecipazione ‘e stata “nell’arena”, veramente molto divertente e anche come intervistatora ‘e staro un bel momento per conoscere piú compagni. Siamo stati un passo avanti ai siscesi faccendo le domande con il professore Matteo che mi ha aiutato nel trascorso della giornata; siamo andati alla cucina a conoscere ad Adriana, abbiamo parlato con Katia che ha fatto le preparazione di danza....un divertimento! Quando siamo stati tutti preparati abbiamo cominciato con le demostrazioni, lavoro dei alumni e professori..non ti devi memorizare nessuna cosa soltanto facciamo l’imparato nella giornata sempre con l’emozione. Condividere questi momenti belli che restano sempre nel cuore, é una giornata in cui parli l’italiano e ti senti in Italia. Ringrazio a tutti i professori e anche a tutti che sono andati! un lavoro STUPENDO!! Barbara Viale Pausa Caffè - Rivista della Dante Alighieri di Ramos Mejía e Ituzaingó

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Viaggiare con la fantasia per Antica Roma e stato un piacere culturale interessante . La motivazione iniziale con l’intrattenimento che usavano a quei tempi e anche un gioco sulla posizione geografica in la mappa della citta che occupavano i romani, divertente. Inoltre un tema importante da ricordare erano le famose opere architettoniche - foro, colosseo, acquedotto romano- e il design delle loro case private: domus, insula, taberna, palazzo sia in citta che nel villaggio e le speciale posizione di la stanze dentro di la casa es . dell atrio, dei cubicula -le camere da letto- semplici (senza finestre e senza porte), della cucina e il bagno insieme e il peristylium che comunica con un giardino interno. La decorazione delle pareti chiama la attenzione per i affreschi e mosaici. Anche l’ingresso e l’uso della luce del sole e dell’acqua erano ammirevoli. Questa passeggiata attraverso la vita quotidiana ha permesso conoscere le loro usanze anche capire il calendario romano e la sua connessione con gli dei. Originalità nella presentazione di celebrità come Giulio Cesare, Cleopatra e Adriano attraverso statue viventi. La presentazione dei costume teatrali, l’uso delle maschere e le danze ha permesso di godere di una bella giornata che si è conclusa con i pasti : pane, gnocchi di semola, pasta di olive, minestrone, a base di ingredienti locali come farina, legumi, cereali, e verdura. Insomma un pomeriggio preparato per professori che lo hanno guidato in modo dinamico e ameno. Haydee AM Fulense

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PAUSA CAFFÈ - Numero 10, agosto 2018 LE CASE DEI ROMANI Le domus, le abitazioni dell’élite di Roma, colpivano l’immaginazione dei contemporanei e la fantasia dei visitatori. Erano una sintesi tra lusso, praticità e arte e hanno avuto un’influenza importante nelle nostre abitazioni contemporanee. L’entrata principale era costituita da un alto portone in legno a due battenti. Oltre la porta iniziava un breve corridoio che si apriva in un ambiente grandioso, l’atrio. Questo era una sala rettangolare, ampia, decorata con affreschi vivaci. Al centro del soffitto una grande apertura quadrata lasciava passare luce e acqua piovana che veniva raccolta in un’ ampia vasca anch’essa quadrata posta in mezzo alla sala, l’impluvium, che la raccoglieva e la trasferiva in una cisterna sotterranea. Ai lati dell’atrio si aprivano i cubicula, le camere da letto: normalmente erano ambienti piccoli e poco illuminati, spesso decorati con affreschi o mosaici. Oltre l’atrio si apriva il tablinum, di solito riccamente affrescato. Questo era l’ufficio del padrone di casa dove, seduto dietro all’ampia scrivania che dominava la stanza, riceveva i suoi

clientes e collaboratori in affari. Al centro della casa si apriva il peristylium, il luogo in cui la domus comunicava con la natura, un ampio giardino interno circondato da un colonnato. Sul colonnato del peristylium si affacciava il triclinium, la sala dei banchetti. La cucina (culina) era considerata un ambiente secondario e non aveva una collocazione precisaPochissime domus avevano un bagno in casa. A volte era presente un secondo piano con un ingresso indipendente che i proprietari affittavano ad altre famiglie (Hospitio). La vita quotidiana di un cittadino romano, maschio e adulto, si svolge soprattutto all’aperto. Il Foro è il luogo principale della socialità urbana: qui si arriva anche la mattina presto. Dopo una rapida colazione e un altrettanto sbrigativo lavacro ognuno si reca al proprio lavoro in bottega, all’orto o presso il laboratorio. In uno spazio ristretto tra questi luoghi urbani e la propria abitazione, il cittadino romano conduce la sua giornata, secondo un ordine dettato dal tempo, dal cibo, dalla cura del corpo.

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IL TEMPO E LA SUA MISURA Per i Romani il tempo non è una categoria astratta, ma è sempre pensato in rapporto alle singole attività da compiere. In un’epoca in cui non esistono ancora gli orologi, la misurazione del tempo è molto imprecisa e approssimativa: gli anni sono indicati col nome dei consoli in carica, le cui liste venivano conservate negli archivi, mentre la vita quotidiana è scandita dalla disponibilità della luce solare secondo due stagioni fondamentali, l’estate e l’inverno. Alla fine del IV secolo a. C. i Romani dividono il giorno in due parti, prima di mezzogiorno (ante meridiem) e dopo mezzogiorno (post meridiem). Tutte le attività pubbliche e private devono compiersi prima di mezzogiorno, unico punto fisso della giornata. Col tempo arrivano i primi strumenti di misurazione, quadranti solari e poi orologi ad acqua. Il primo horologium arriva a Roma durante la prima guerra punica ed è il quadrante solare di Catania, sottratto alla città dal console romano M. Valerio Messalla e portato a Roma come bottino di guerra (II secolo avanti Cristo). IL CALENDARIO Se gli orologi scandiscono il tempo individuale, aspetti del tutto diversi ha l’esperienza collettiva del tempo che a Roma è fin dalle origini ben organizzata nel calendario (fasti). Il termine calendarium indica a Roma il registro (privato o pubblico) in cui si segnano i prestiti a interesse: le somme sono riscosse il primo giorno del mese chiamato Calende. L’equivalente del nostro “calendario” è detto invece a Roma Fasti, termine che indica la serie dei giorni in cui è le-

cito (fas) compiere determinate attività. Il calendario è un elemento importante della vita sociale dei Romani e fin dal suo apparire risulta legato alle autorità politiche e religiose. Alla nostra “settimana” – introdotta più tardi in epoca cristiana su influsso della settimana ebraica – si avvicina nel calendario romano la nundina che conta otto giorni; all’inizio di ogni nundina si tiene il mercato. IL CULTO DEGLI AVI Accanto a questo tipo di misurazione esiste quella, ancora più approssimativa, di carattere familiare e generazionale. Alle origini stanno i maiores, gli antenati, che rappresentano la memoria del passato: nell’atrio della propria abitazione ciascun nobile romano conserva le maschere di cera dei propri antenati che, nel loro insieme, danno vita a veri e propri alberi genealogici che permettono di risalire addietro nel tempo, talvolta nei secoli. CURA DEL CORPO E ABBIGLIAMENTO La pratica del bagno quotidiano si diffonde nel II a.C. con la nascita di strutture pubbliche, i balnea (chiamati thermae in età imperiale), soprattutto per i cittadini di condizione non elevata. Da questo momento il bagno pubblico, luogo di igiene ma anche di incontro e aggregazione, diviene un atto sociale e civico presso tutti i ceti. Alle terme ci si reca per godere di un momento distensivo al termine del lavoro, ma anche per incontrare gente, discutere di affari, chiacchierare amenamente. Al prezzo di un solo quadrante (un quarto di asse) si può accedere alla struttura, prima amministrata dagli edili poi affidata ad una figura addetta (curator thermarum).

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