ART THERAPY ITALIANA®

Programma Triennale di Arte e DanzaMovimentoTerapia
Tesi di Diploma in Arteterapia
Programma Triennale di Arte e DanzaMovimentoTerapia
Tesi di Diploma in Arteterapia
Arteterapia per l’inclusione di un alunno autistico
Candidato Mori Laura Relatore Macagno Cecilia Anno Accademico 2018/2019
Un affettuoso ringraziamento alla mia famiglia che mi è stata vicino durante il percorso formativo
Introduzione
Capitolo 1 L’arteterapia: un’esperienza evolutiva 6 1.1 Arteterapia come esperienza d’integrazione in ambito scolastico ... 6 1.2 Autismo e arteterapia
Capitolo 2 Dinosauri a scuola 9 2.1 Alberto 9 2.2 Le relazioni con i compagni di classe e le figure di riferimento 11 2.3 Una nuova presenza ……………………………………………... 12
Capitolo 3 Il progetto d’integrazione
15 3.1 Sensorialità e autismo
15 3.2 Struttura del progetto
17 3.3 Il percorso sensoriale
18 3.4 La storia animata
Capitolo 4
Il percorso di Alberto ………………………………………..…………...….. 21
4.1 Il processo artistico …………………………………..……..…… 21 4.1.1 L’udito: una traccia di presenza ……………………….......…... 21 4.1.2 Il gusto e le figure giurassiche ..………………...………….….. 26 4.1.3 L’olfatto e il cane …………………………........………..…….. 30 4.1.4 La vista e l’incisione ……………………….………….……..... 33 4.1.5 Il tatto e parole 36 4.1.6 Una storia animata 39 4.2 Vivere lo spazio potenziale ………………...……………………. 41
Bibliografia 49
L’elaborato raccoglie l’esperienza di un progetto d’arteterapia per l’integrazione di un alunno con il disturbo dello spettro autistico presso una scuola dell’infanzia. Viene esposta la metodologia, motivata su basi teoriche, e il percorso artistico del bambino soggetto del progetto.
Il bambino autistico avendo difficoltà nella comunicazione si trovava a vivere una situazione scolastica in cui le relazioni interpersonali erano compromesse, con il progetto d’integrazione mi sono proposta di studiare una metodologia che potesse incuriosire il bambino a partecipare alle attività ludico-creative ed evolvere attraverso l’espressione artistica la comunicazione verbale e la condivisione con i compagni di classe del proprio mondo interno.
Nello scritto ripercorro il percorso artistico del bambino e lo analizzo con gli strumenti forniti dal percorso formativo d’arteterapia, soffermandomi nel riflettere su gli elaborati e le interazioni avvenute durante gli incontri.
La tesi prende in esame il tema della patologia del disturbo dello spettro autistico, indagandone le reazioni alle proposte di attività arteterapeutiche con il confronto teorico di alcuni autori (F. Tustin, D. W. Winnicott, M. Della Cagnoletta, O. Bogdashina, W. R. Bion).
Il progetto d’arteterapia è stato proposto in una scuola dell’infanzia, in una classe in cui era presente un alunno con il disturbo dello spettro autistico, per agevolare le relazioni interpersonali e la comunicazione in uno spazio condiviso d’esperienza creativa.
Le insegnanti della classe mi avevano segnalato la difficoltà nella comunicazione del bambino autistico che impediva lui di poter comunicare agevolmente e creare relazioni significative con i coetanei Dato l’interesse personale del bambino per le attività manuali e creative l’arteterapia s’è presentata come una offerta valida per agevolare il processo evolutivo
In arteterapia è possibile, attraverso la facilitazione del processo creativo, offrire un sostegno dell’Io e accompagnare a una maggior integrazione del Sé per una vita più partecipativa in ambito sociale. Nel setting dell’arteterapia la comunicazione viene attivata sulla base della condivisione di elaborati d’espressione creativa. L’elaborato artistico è un terzo oggetto che creato nel setting prende il ruolo di partner silenzioso (Landgarten & Lubbers 1991) del terapeuta e trasforma il setting terapeutico in triangolare in cui la comunicazione verbale e non-verbale avviene tra paziente, terapeuta e immagine. La particolarità del setting terapeutico dell’arteterapia permette a persone con difficoltà verbali di potersi esprimere attraverso la creatività e usando la comunicazione pre-verbale con il materiale artistico, dando poi la possibilità di evolvere la comunicazione sul piano verbale. Il processo di sviluppo avviene grazie all’evolversi del percorso creativo con l’uso della capacità visiva, che nei soggetti autistici è un senso privilegiato, e così sostenendo l’autostima può avvenire un consolidamento delle capacità precedentemente acquisite, integrandole con nuove capacità. Nei progetti d’arteterapia in ambito scolastico viene incentivata l’esperienza creativa nel gruppo classe in modo da permettere una maggior integrazione nel rispetto delle diversità e
l’accettazione delle differenze come valori. Le esperienze vengono studiate per affrontare le problematiche sorte in classe stimolando la partecipazione attiva con la creazione di elaborati artistici e giochi creativi che coinvolgono il gruppo classe
Il termine autismo deriva dalla parola greca “autos” (sé stesso), è stato coniato nel 1911 da Eugen Bleuler definendo la caratteristica sintomatica della schizofrenia d’estraniamento dalla realtà circostante in un ritiro all’interno del corpo. Il termine venne riconsiderato nel 1943 da Leo Kenner nel articolo “Disturbi autistici del contatto affettivo”, in cui vengono esposti i risultati di una ricerca svolta sull’osservazione di alcuni bambini affetti da psicosi infantile. I bambini diagnosticati con autismo infantile presentavano caratteristiche simili tra loro: difficoltà di linguaggio, atteggiamenti di ritiro dal mondo circostante, disinteresse dell’interazione con altre persone, manie per oggetti ruotanti, capacità particolari in determinati ambiti (denominate “isole di capacità”), sviluppo fisico normale e comportamenti problematici. Kenner attribuì le cause del distacco affettivo, tipico dei soggetti autistici, a un disturbo congenito derivante dalle caratteristiche familiari. Il concetto di distacco affettivo dell’autismo causato dall’ambiente familiare venne rielaborato in anni successivi da Bruno Bettelheim che pubblicò nel 1967 “La fortezza vuota” Nel saggio Bettelheim descrive il rapporto affettivo madre-figlio dei soggetti autistici come anomalo, caratterizzato da freddezza emotiva che portava a percepire la madre solamente come fonte di nutrimento, parlando così di “madre frigorifero” Le considerazioni di Bettelhim sono state smentite in tempi più recenti attribuendo all’eziologia del disturbo ha una radice neurobiologica e non derivante da un’inadeguata holding materno.
Bleuler aveva individuato la peculiarità nei soggetti schizofrenici di “evasione dalla realtà accompagnata dal predominio relativo o assoluto della vita interiore”1 definendola: “autismo”. Questa caratteristica sintomatica viene considerata come fattore per diagnosticare i bambini con psicosi infantile con Disturbo dello Spettro Autistico (Autistic Spectrum Disorders).
Frances Tustin sostenne l’ipotesi che il bambino autistico sperimenti uno stato di separatezza dalla madre nei primi mesi di vita che impedisce di vivere la sensazione di “illusione” tipica del processo evolutivo, in cui un bimbino si percepisce come un tutt’uno con la madre. Il passaggio evolutivo di sensazione illusoria permette all’individuo l’emergere del sé nel non percepire un confine definito con la madre, questo fenomeno viene definito come transizionale Nel bambino psicotico, secondo Tustin, c’è stata una percezione prematura del sentirsi come individuo separato dalla madre e questo attiva reazioni autistiche patologiche per fronteggiare le pressioni dalla realtà esterna. Il bambino psicotico invece di evolvere attività transizionali sviluppa un uso patologico di oggetti autistici per rimediare alla perdita primaria sensuale, non permettendo l’integrazione di sensazioni piacevoli e spiacevoli che permettono un inizio di elaborazione della realtà esterna.
Il lavoro terapeutico con soggetti autistici è costruito in un setting che offre un contenitore strutturato per permettere un uso moderato degli oggetti autistici e dell’utilizzo dell’autosensualità patologica, per tollerare le situazioni frustranti di consapevolezza della realtà esterna. I percorsi espressivi d’arteterapia offrono la possibilità di sperimentare le sensazioni primarie e integrarle con la facilitazione del terapeuta, condividendo l’esperienza sensoriale attraverso il mezzo artistico e usando il materiale con mezzo di contenimento.
La creatività è un processo psichico che media tra la realtà interiore e realtà esteriore, permettendo d’integrare pensiero, percezione e sentimenti; “Creare è dunque conoscere, fare esperienza della realtà nella realtà.”2
1 Eugen Bleuler, Dementia praecox o il gruppo delle schizofrenie, Nuova Italia, Roma, 1985, p. 225-227
2 Mimma Della Cagnoletta, Arte terapia: La prospettiva psicodinamica, Carocci Faber, Roma, 2010, p. 73
Il giorno che ho conosciuto Alberto ero seduta su una delle piccole sedie della classe e lo cercavo con lo sguardo mentre aspettavo di parlare con l’insegnate, che nel frattempo era intenta a conversare con un genitore. Poi ho visto, poco lontano da me, un bambino con le gambe intrecciate ai gambi della sedia e con il corpo teso come se cercasse distanza dal tavolo.
Aveva le braccia leggermente ritratte al torace e con la punta dalle dita teneva pezzi di puzzle che univa lentamente alla parte già completata sul tavolo. In lui non c’era qualcosa di diverso da un comune bambino di cinque anni concentrato a completare un puzzle ma nel suo intorno. Accanto, i coetanei giocavano, conversavano, disegnavano, costruivano in un festoso momento di piacevole disordine. Lui rimaneva concentrato, teso, con un lento andare della mano dal mucchietto di pezzi di puzzle alla parte completata, quasi come se il resto non esistesse. Mi avvicinai e lui, senza muoversi, spostò gli occhi verso di me e il suo sguardo fugace incontrò il mio.
Alberto mi venne presentato dalle insegnanti nel primo colloquio come un bambino dotato di un carattere timido, tendente alla chiusura e all’inibizione, capace di controllare l’emotività e di esprimere i propri bisogni e stati d’animo ma la sua difficoltà nel linguaggio comprometteva le relazioni e la partecipazione all’attività scolastiche. Durante il periodo osservativo ho notato che Alberto ha un uso del linguaggio spontaneo sporadico che principalmente usa in campo ludico con brevi comunicazioni associate a emissioni di suoni e movimenti stereotipati. Nella comunicazione risponde a chiamate dirette, rispetta l’alternanza dei termini tra parlante e ascoltante e i contenuti della comunicazione sono di tipo ludico-amicale. Usa brevi verbalizzazioni associate a gestualità nelle richieste, bisogni e interessi ma generalmente per comunicare usa olofrasi.
Nella motricità è preciso ed accurato, eseguendo movimenti con intensità e forza adeguata, coordinando sincronia e sequenza temporale, velocità ed equilibrio. Esegue attività verso uno scopo e anche se necessita di consigli ed esempi visivi per imitare determinanti compiti manuali. Nello svolgimento delle attività quotidiane è autonomo, anche se necessita d’aiuto pratico per il completamento di alcune azioni. Nella pausa pranzo mangia in maniera indipendente ma presenta difficoltà nell’assaggiare alcuni cibi.
Il funzionamento cognitivo è carente nell’autoconsapevolezza e nell’autovalutazione dei propri processi riferiti a situazioni contestuali in ogni contenuto didattico. Ha uno stile di apprendimento sistematico e riesce meglio in attività basate sul codice visivo. Conosce il materiale scolastico e ne ha cura, anche se non ne mantiene l’ordine. Esegue compiti di organizzazione del proprio spazio di studio su richiesta o in maniera stereotipata. Rispetto alle richieste didattiche ha bisogno d’incentivi ed esortazioni per portare a termine un compito mostrando disinteresse e, a volte, si rifiuta di compierlo. Per adempiere a un compito necessita di una guida e consiglio da parte di un adulto e spesso riproduce un modello dato in maniera meccanica. Durante le attività scolastiche risponde se interrogato con brevi frasi, spesso poco comprensibili e incomplete, esegue gli ordini e accetta consigli su sollecitazione. Segue le attività scolastiche tranquillamente e ne è partecipe, anche se non interviene nelle discussioni. Nei compiti necessita un sollecitamento per dare risposte complete, richiede aiuto nel svolgerli e alcune volte li interrompe. L’attenzione per l’esecuzione di un compito proposto in una situazione di apprendimento migliora se legata a un suo interesse, anche se generalmente si stanca e si distrae facilmente soprattutto da movimenti e verbalizzazioni dei compagni. Nel momento di distrazione ha bisogno di uno stimolo verbale di un adulto per riconcentrarsi e ha un’attitudine che tende a passare da un’attività all’altra senza portarne a termine alcuna.
Nell’attività di gruppo frequentemente si isola dal contesto gesticolando con le mani in maniera stereotipata, concentrandosi sul movimento cinetico oppure gioca con parti dei suoi indumenti, come: il laccio della maglia, il cappuccio, le tasche e la cerniera. Oppure gioca con la saliva all’interno della bocca fino a farla uscire e cadere.
La sua partecipazione alle attività di gruppo è soprattutto nei momenti in cui vengono coinvolti gli alunni con canzoni o filastrocche. Presta attenzione al contesto e partecipa anche solo con l’articolazione della parola finale delle frasi delle canzoni cantate dalle insegnati e dai suoi compagni, se già conosciute in precedenza. Presentando una buona capacità di memoria uditiva relazionata alla partecipazione ad attività gruppali che includano l’espressione verbale in una modalità musicale.
Nel momento della mattina dedicato all’accoglienza dei bambini spesso prende l’astuccio, il quaderno e degli stencil a disposizione della classe e usa le maschere con la forma di animale o oggetto per colorarne l’interno con le matite. Si dedica all’uso degli stencil in maniera abbastanza prolungata, solitamente in piedi o seduto sulla sedia con le ginocchia in modo da poter esercitare maggior forza con le matite e tenere la maschera ben aderente al foglio. Nel colorare all’interno delle figure porta la punta della matita fino al confine dello stencil, sentendo così il limite della maschera che contiene le sue linee movimentate e decise.
Nel disegno a mano libera spesso rappresenta dinosauri oppure delle linee sul foglio usando tre pennarelli in una mano. Nella raffigurazione delle figure presenta una grafica con un’estetica comunemente riscontrata in bambini di età inferiore.
Alberto nel rapporto con i compagni di classe ha un’attitudine passiva, di dipendenza, con comportamenti gregari e tendente a ripetere azioni che divertono degli altri. Conosce i suoi compagni e sa chiamarli con il loro nome. Comprende le regole del gruppo classe e imita i compagni di classe nel compierle, nel caso in cui qualche compagno non segue le regole basilari talvolta imita anche i comportamenti scorretti. La sua difficoltà sull’aspetto linguistico-verbale lo rende carente nella comunicazione e nella socializzazione con i suoi compagni ma cerca in modo spontaneo o su sollecitazione il rapporto con gli altri.
In alcune occasioni ha mostrato un atteggiamento collaborativo verso i compagni di classe: per esempio una mattina, di sua spontanea volontà, ha aiutato un compagno a portare una cesta con dei giochi fino alla parte opposta della stanza poi è tornato al tavolo per continuare il gioco che stava svolgendo. Nei giochi presenta volontà di condivisione ma la comunicazione limitata porta a una difficoltà nell’integrazione nei giochi narrativi-simbolici e nello sviluppare forme di relazione più adatte alla sua età. Predilige partecipare a giochi senza l’uso della parola ma con emissioni di suoni, come per esempio il rumore dell’elicottero o suoni in relazione ai pupazzi. Questo fa sì che le sue amicizie siano vincolate da un uso sporadico della parola durante il gioco libero e talvolta si isola scegliendo un’attività di proprio interesse. I compagni di classe accettano questo suo modo di essere, anche se rende difficile lo sviluppo di una relazione profonda con la maggior parte di loro. L’alunno di cui mostra simpatia è contento di svolgere giochi prevalentemente non-verbali. Ha avuto spesso un atteggiamento collaborativo con le figure di riferimento, accettandone l’autorità, ricercando il loro aiuto ed è sensibile ad atteggiamenti d’incoraggiamento, anche se a volte mostra un comportamento oppositivo ad alcune richieste, soprattutto nelle attività didattiche.
Lo sguardo fugace che mi rivolse nel primo giorno di tirocinio continuò a presentarsi ogni qual volta mi avvicinavo a lui o all’attività in cui era incluso durante il periodo osservativo Decisi che avrei lasciato che si abituasse alla mia presenza in classe, senza invadere in suo spazio, e osservavo il suo modo di vivere a scuola mentre aiutavo le insegnanti. Sentivo che quando mi avvicinavo a lui era come se evitasse la possibilità di un contatto, come una tartaruga che si ritrae nel suo guscio se toccata. Nel salutarlo al mattino mi rispondeva con una timida e lieve voce, solitamente accompagnata da uno sguardo fuggente con la testa china e il mento in direzione del collo. Non sembrava che la mia presenza lo
spaventasse ma rimaneva a una distanza tale da non consentire la possibilità di una conoscenza. Rispettai la sua risposta al mio partecipare all’attività scolastica e limitai i contatti diretti con lui facendo conoscenza con gli altri alunni, emozionati nell’avere una maestra nuova in classe. Nella seconda settimana Alberto premise che giocassi con lui e dei compagni di classe con dei pupazzi, mostrando un atteggiamento inclusivo e non evitante. Alla fine del gioco, mentre si stava dirigendo verso un gruppo di bambini che giocavano sul tappeto della stanza, si era avvicinato e cercando la mia mano, la prese intrecciando le sue dita con le mie. Poi si unì alle bambine che giocavano sul tappetone imitando le loro gesta con un peluche morbido ma dopo poco si isolò dal gruppo e rimase a giocare con il pupazzo da solo. Mi avvicinai e gli chiesi quale era il gioco che preferiva. Lui guardandomi mi rispose sorridendo: cosquillas. “Cosquillas” in spagnolo significa “solletico”, dissi lui la parola in italiano e poi di nuovo in spagnolo. In questa comunicazione mi guardò divertito giocando con il pupazzo tra le mani.
Da quel giorno la mia presenza venne definitivamente accettata da Alberto e la mattina quando entrava in classe, cercava le matite e il quaderno per disegnare, mi sedevo accanto a lui, a volte disegnando pure io.
Un giorno mi fece guardare i suoi disegni marcandoli con un pennarello rosso mentre li mostrava. Sul quaderno vi erano disegnati prevalentemente figure animalesche. Il suo mondo creativo era un ambiente giurassico abitato da varie forme di dinosauri con la presenza di qualche figura umana. Quando gli chiesi che cosa fossero le raffigurazioni nei disegni mi rispose “dinosauri” , poi sfogliando le pagine a ritroso si mise la mano sulla gola, con un gesto che andava dall’inizio del collo fino al mento, dicendo: “vuoto”. Sembrava che mi stesse facendo partecipe della sua problematica nella comunicazione, come se lui fosse consapevole del suo blocco nel parlare. Lo considerai un elemento importante nella nostra relazione: mi avevo fatto partecipe della sua limitazione verbale. In quel momento del periodo osservativo mi resi conto che Alberto aveva abbastanza fiducia in me per proporgli un’attività da svolgere insieme, in modo da prepararlo agli incontri del progetto d’integrazione che avevo programmato per il periodo successivo. Così che un giorno gli chiesi se voleva aiutarmi ad applicare dei brillantini con la colla su i
biglietti di Natale dei bambini della classe, su consiglio di una maestra. Mi seguì senza indugio e osservando i miei gesti imitava quello che gli avevo mostrato, ascoltando le mie istruzioni. In breve tempo ci trovammo a lavorare a quattro mani su i biglietti e solo in alcuni momenti ho dovuto dargli delle indicazioni più precise, come per esempio per il versamento dei brillantini sulla colla in cui ho dovuto richiamarlo per evitare che ne versasse troppi. Alla fine sembrava soddisfatto nel vedere i biglietti di Natale con i brillantini ad asciugare sul termosifone e dopo si mise a giocare con altri bambini tranquillamente.
Verso la fine del periodo osservativo Alberto sembrava attento ai miei movimenti. Una mattina un bambino della classe mi chiese di leggere lui una fiaba. Alberto stava completando un puzzle poco lontano da noi e apparentemente non sembrava interessato alla lettura del libro. Invece stava ascoltando la mia voce perché finito il puzzle si diresse verso la libreria prese un libro e si messe a sfogliarlo accanto a me, quasi come se avesse voluto essere coinvolto nella lettura del libro.
Il periodo osservativo ha permesso che io e Alberto ci si conoscesse, instaurando una prima traccia di relazione che s’è mostrata fondamentale per lo svolgimento del progetto d’inclusione.
Il progetto d’inclusione ha avuto l’obiettivo di favorire le relazioni, l’espressione personale, la comunicazione e la condivisione delle proprie percezioni coinvolgendo il bambino autistico e i compagni di classe in attività esperienziali e artistiche per la conoscenza e l’esplorazione della percezione della sensorialità.
Le persone con il disturbo dello spettro autistico presentano un deficit nella percezione sensoriale per una predisposizione a una ipo o ipersensibilità agli stimoli ambientali che li porta a percepire la realtà in uno stato di confusione sensoriale. Olga Bogdashina descrivendo la percezione sensoriale nei soggetti autistici afferma: “La conseguenza di non saper filtrare le informazioni sensoriali e di essere inondati da stimoli sensoriali a una velocità insostenibile è di essere in grado di sentire (vedere, udire, ecc) ma di non riuscire ad associare alle sensazioni il loro significato (ovvero interpretarle).”3
Le esplorazioni sensoriali nel progetto d’arteterapia hanno offerto la possibilità di stimolare un senso per volta in modo da rendere possibile l’esplorazione della percezione sensoriale, provare a condividere le percezioni verbalmente in gruppo e rappresentare l’esperienza sensoriale attraverso il materiale artistico, in modo da dare ordine e significato agli stimoli percepiti.
La strategia d’attivazione sensoriale, come approccio d’aiuto per migliorare l’elaborazione delle informazioni provenienti dall’ambiente esterno, per soggetti autistici viene descritta da Donna Williams in un racconto biografico: “Ho costruito la capacità di cercare le
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Bogdashina Olga, “Le percezioni sensoriali nell’autismo e nella sindrome di asperger”, Uovonero Edizioni, Milano, 2011, p.82
parole attraverso le attivazioni sensoriali e quindi di essere più rapidamente in grado di dare un significato personale agli schemi di suono che si chiamano parole ” 4
Nel caso in cui il bambino autistico non fosse stato in grado di nominare una percezione sensoriale, con il mio aiuto e il coinvolgimento dei compagni di classe, ci sarebbe stata una compartecipazione nell’attribuire una parola e un significato alla stimolazione sensoriale L’attribuzione di un senso personale e condiviso è stato offerto, non solo con l’espressione verbale, canale espressivo compromesso dalla patologia del bambino, ma anche grazie alla possibilità di potersi esprimere attraverso un’elaborazione artistica, in modo da esprimere l’esperienza sensoriale attraverso la creatività e la comunicazione non verbale, dando una forma e colore personale alla sensazione provata. Il materiale artistico permette di attribuire un significato personale ad una percezione interna e condividerla nel campo estetico con le persone che partecipano all’attività Tustin teorizzò l’ipotesi che i bambini con il disturbo dello spettro autistico percepiscono sensazioni “dure/morbide”, “piacevoli/confortevoli”, “spiacevoli/sgradevoli” derivanti da sé stessi prematuramente, avviando così processi di proiezione, imitazione e identificazione che prendono il posto della sensazione di tutt’uno con la madre.
L’unità sperimentata durante la suzione del latte materno, in cui la percezione del seno comprende sensazioni dure e morbide, aiuta il bambino, in un processo evolutivo non patologico, a sentirsi radicato in una sensazione ambientale benigna che predispone la funzione di adattabilità e di elasticità che permettono un inizio per elaborare la realtà. Nei soggetti con disturbo dello spettro autistico essendoci stato un fallimento nel periodo postnatale, non percependosi come unità con la madre, hanno difficoltà nel percepire la realtà esterna e avere una percezione sensoriale nella norma.
I materiali artistici rievocano le esperienze primarie, sollecitando sensazioni psicocorporee che l’individuo ha appreso come diverso da sé, generando una reazione istintiva di piacere o disgusto secondo la propria esperienza infantile (Della Cagnoletta, 2010).
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p.147
Comprendendo in un processo artistico varie esperienze sensoriali, sostenute e testimoniate dalla presenza di un arteterapeuta, è possibile per il bambino autistico possa sperimentare all’interno del campo estetico e sensoriale le percezioni “dure” e “morbide” attraverso il materiale artistico, attivando in un setting protetto reazioni affettive-emotive, piacevoli e sgradevoli e integrando così le sensazioni nell’esperienza di vita. Durante il progetto d’arteterapia sono state proposte espressioni artistiche con molteplici materiali con differenti caratteristiche di forma, consistenza e texture, partendo da materiali duri e secchi, che permettono di lavorare con precisione e controllo, fino a materiali di consistenza morbida che inducono a creare lasciando fluire il materiale sul supporto. I materiali “duri” che richiedono maggiore forza e offrono maggiore resistenza nel loro utilizzo rafforzano la consapevolezza dei confini corporei aumentando la forza della struttura, delle funzioni dell’Io, il controllo e la determinatezza. A differenza i materiali “morbidi” tendono a dare una sensazione di perdita di controllo, d’indefinito e di unione con l’opera artistica, riportando a stati infantili, quindi definiti più regressivi.
Il progetto è stato organizzato in diciotto incontri, con una durata di un’ora e mezza ciascuno, nell’orario scolastico mattutino. All’attività ha partecipato l’alunno autistico con i compagni di classe a gruppi di cinque, scelti a rotazione all’inizio della settimana da una maestra, in modo da far partecipare tutti i compagni di classe ma mantenere un gruppo ristretto di partecipanti. Gli incontri sono stati svolti con la supervisione da parte dell’insegnante di sostegno e dell’educatrice, che oltre ad accompagnare il gruppo durante l’attività hanno assicurato la presenza accanto ad Alberto nel caso ci fosse stato bisogno d’aiuto. L’attività è stata incentrata sulla conoscenza e la percezione dei cinque sensi, in cui i bambini potevano esplorare la propria sensorialità la condivisione di considerazioni personali sull’esperienza vissuta e l’elaborazione artistica.
L’inizio e la fine degli incontri sono stati contraddistinti con l’uso di una filastrocca in cui è stato utilizzato un filo rosso di lana tenuto in mano dai partecipanti per marcare l’unione al livello concreto degli alunni e caratterizzare l’apertura e la chiusura dell’attività
Ad ogni incontro, dopo la condivisione, sono state proposte attività artistiche in cui gli alunni hanno potuto esprimere creativamente la percezione dell’esperienza e lasciare una traccia personale attraverso l’uso del materiale artistico.
In conclusione del progetto è stata proposta un’attività di costruzione di una storia, facendo scegliere i personaggi e l’ambientazione ai bambini, che poi hanno animato creando un video che ha registrato la storia animata e documentato le interazioni tra compagni di classe
Il percorso sensoriale è stato organizzato per l’esplorazione di un senso alla settimana iniziando dall’udito, continuando con gusto, olfatto, vista e per ultimo il tatto.
Nella settimana dedicata all’udito sono stati incoraggiati i bambini a trovare un proprio suono con la bocca e imitare il suono scelto dei compagni di classe, creare dei suoni con degli oggetti sonori, sentendone il suono ai vari volumi, e riconoscere dei suoni corrispondenti alle figure rappresentate nelle mascherine usate come stencil della classe. Nei giorni della tematica del gusto sono stati fatti assaggiare vari cibi per riconoscerne il sapore. Similmente nei giorni dedicati all’olfatto sono stati proposti dei contenitori con degli elementi odorosi da riconoscere.
Nella settimana dedicata alla vista sono stati esplorati i colori, la luce e l’assenza di luce: disegnando ad occhi chiusi e aperti, costruendo i colori con le tempere e osservando l’intorno attraverso dei retini trasparenti colorati, creando nuovi colori soprapponendoli e creando delle composizioni su un foglio con i retini
Nell’ultima settimana è stato esplorato il senso del tatto: cercando di indovinare un oggetto nascosto, sentire la consistenza e la superficie di vari materiali e modellando delle sculture con il pongo.
Gli incontri sono stati svolti con un saluto iniziale, la creazione di un elaborato artistico, l’esplorazione sensoriale con dei giochi, dopo la creazione di un altro elaborato artistico ed in fine un saluto per la chiusura dell’incontro.
All’inizio e alla fine degli incontri veniva srotolato un gomitolo di filo rosso di lana e i bambini, tenendo parte del filo formavano un cerchio per recitare una filastrocca. Le parole della filastrocca avevano il significato dell’attività e d’unione del gruppo. Quella finale invece aveva il significato della chiusura dell’incontro incoraggiando i bambini a scegliere come salutarsi.
Il recitare la filastrocca è stato un rito che ha divertito molto i bambini ed Alberto, che aveva imparato a recitare la parte finale delle frasi. Alberto, quando si avvicinava l’ora dell’incontro e mi vedeva preparare il materiale artistico, spesso si avvicinava al tavolo dell’attività e cercava il gomitolo rosso per giocarci fino all’inizio dell’incontro. I compagni di classe invece nominavano l’attività associandola alle parole della filastrocca e del filo rosso.
Le stimolazioni sensoriali sono state incentivate con dei giochi per coinvolgere i bambini alla partecipazione e a esprimere verbalmente le proprie sensazioni dell’esperienza, stimolando la compartecipazione e il condividere l’esperienza sensoriale personale in gruppo. Conclusa la prima parte dell’incontro dedicata all’esperienza sensoriale veniva chiesto ai bambini di creare un elaborato artistico con il materiale proposto. A volte usando pure gli elementi sensoriali come materiali creativi da includere nelle proprie opere artistiche, dandogli una funzione sensoriale-estetica, così da far propri gli elementi sensoriali ed integrarli con le tracce artistiche.
L’ultima settimana del progetto d’integrazione è stata dedicata alla costruzione di una storia animata come parte conclusiva del percorso, a cui hanno partecipato gli alunni della classe a gruppi di otto e nove bambini.
Gli alunni hanno scelto e creato i personaggi per poi animarli, dandogli voce e muovendoli sul foglio con illustrato l’ambiente. Durante questa attività è stata dedicata particolare attenzione al movimento corporeo attraverso le tecniche artistiche e multimediali, valorizzando le interazioni interpersonali attraverso il gioco simbolico.
La storia è stata ripresa con una fotocamera e, una volta assemblate le parti della storia, i bambini hanno potuto rivedere la propria creazione proiettata grazie all’utilizzo della LIM (Lavagna Interattiva Multimediale)
L’esperienza della multimedialità ha avvicinato gli alunni al mondo dei nuovi linguaggi come gioco e motivo d’inclusione, favorendo un contatto attivo con i media e la ricerca delle loro possibilità espressive con nuovi mezzi creativi.
Alberto consolidò nello svolgersi del progetto la propria auto-stima potendo esprimere attraverso il creare artistico le esperienze sensoriali vissute e questo permise l’evolversi del suo processo creativo. In concomitanza con l’espressione artistica e la partecipazione alle attività esperienziali in gruppo ha potuto migliorare la comunicazione e la verbalizzazione nell’attività su gli elaborati artistici, arrivando ad attribuire come titolo una frase completa a un’opera.
Nella fase osservativa avevo potuto stabilire una relazione di fiducia con Alberto così che egli partecipava attivamente agli incontri, anche se durante i primi giorni aveva un atteggiamento agitato, distratto, poco comunicativo, sia a gesti che parole, ma era molto interessato al materiale artistico.
Alberto durante il primo incontro era attratto dalle proposte sensoriali sull’udito ma al solito tempo non riusciva a distogliere l’attenzione da ciò che stava accadendo nel resto della stanza. Ogni tanto, si alzava e ascoltava i compagni di classe che giocavano al di là dalla fila di sedie che avevo disposto per delimitare l’area di gioco da quella dell’attività. Non riusciva a stare seduto e si muoveva in continuazione, fino a che non ho chiesto ad ogni bambino di produrre un suono con la bocca.
Avevo sentito Alberto emettere diversi tipi di suoni, in varie occasioni, e avevo scelto come prima proposta un gioco con i rumori della bocca in cui ognuno sceglieva un suono personale. Quando gli chiesi di emettere il suo suono, si sedette e guardandomi negli occhi,
lasciò correre un tempo tale che mi chiesi se avesse compreso la richiesta, poi schioccò la lingua contro il palato. Ripetette il suono diverse volte anche guardando l’insegnate di sostegno che stava al suo fianco. Sembrava che stesse riproducendo il suono degli zoccoli di un cavallo al trotto.
Quando distribuì i fogli per creare un elaborato non esitò nell’usare il materiale artistico e creò un disegno astratto con le matite (figura 1), in cui è raffigurato un cerchio all’interno vuoto e all’esterno con la presenza di linee e croci, tracciate con un ritmo lottante5 .
Figura 1
5
Il flusso di tensione è il ritmo che esprime le modalità di relazione affettiva con l’ambiente circostante e può avere diverse estetiche la “indulgente” e la “lottante”. Il ritmo lottante e si contrappone al ritmo indulgente: l’indulgente richiama il ritmo del succhiare del lattante e quella lottante del mordere. Questi termini sono stati definiti da Kestenberg (1975) per descrivere il movimento corporeo nello spazio e vengono usati per descrivere l’andamento delle linee di un’opera e la sua estetica.
Sulla sinistra una linea a forma di “M”, sottolineata da alcune linee lottanti, ricorda le orecchie che avevo visto disegnare ad Alberto per alcuni animali. Sembra che stesse rappresentando concretamente il cerchio formato intorno al tavolino dell’attività dai partecipanti o il cerchio formato dal filo rosso tenuto tra le mani dei bambini del rito iniziale, con un paio di orecchie animalesche sul confine dello spazio tra il cerchio e la parte esterna. Nel secondo gioco è stato chiesto ai bambini di riprodurre il suono dei compagni di classe, prima uno per volta poi a coppie. Alberto ha partecipato nel riprodurre i suoni in gruppo ma nell’esercizio a coppia s’è tappato le orecchie, come se il rumore della classe e la richiesta di riprodurre il suono di una compagna fossero stati eccessivi per lui Riuscì, anche se con difficoltà, a riprodurre il suono della compagna di classe che stava di fronte a lui Nel secondo elaborato (figura 2), creato dopo questa esperienza, Alberto ha rappresentato un altro cerchio rosso. Il cerchio è aperto a forma di aspirale e si estende verso i lati del foglio, anche in questa immagine sono stati tracciate diverse linee colorate e croci all’interno e all’esterno del cerchio centrale.
Le linee, visibilmente più fitte che nella figura 1, sono state tracciate all’esterno del cerchio con un ritmo lottante e alcune hanno una direzione dal centro del foglio verso l’esterno, altre seguono la forma del cerchio centrale e una linea, vicino all’estremo del foglio, marca una cornice che contiene l’intera composizione. Le linee lottanti al di fuori del cerchio centrale, insieme alle croci, danno la sensazione di confusione come il rumore creato dai compagni di classe che non partecipavano all’attività.
Tra le croci tracciate una è più marcata ed è disposta al centro del foglio accanto a una “M” azzurra girata in verticale, con la forma simile alle orecchie animalesche del primo disegno. Alberto nel tracciare la solita “M” voltata verso l’interno del cerchio è come se avesse rappresentato in maniera concreta la sua attenzione uditiva in direzione dell’interno del cerchio. Infatti la sua concentrazione nel seguire l’attività dell’incontro era cambiata dopo il gioco dei suoni personali
La croce rossa al centro del foglio si distingue dalle altre per la sua posizione all’interno della composizione, per la dimensione e la forza usata per tracciarla. Frances Tustin in “Stati autistici nei bambini” scrive di aver osservato, in più percorsi terapeutici con pazienti autistici, la traccia di una croce nel momento in cui i bambini sviluppavano un senso di possedere “cose buone dentro” e cominciavano a sentirsi tenuti insieme: “Ho costatato che quest’esperienza di integrazione entra a far parte della situazione terapeutica in un modo per certi versi sorprendente. Nel momento in cui il bambino comincia a sentirsi tenuto insieme e a farsi incontro agli altri, traccia una croce intersecando una linea verticale con una orizzontale, o in un disegno oppure utilizzando bastoncini o matite.”6
Alberto aveva tracciato altre croci in precedenza nei disegni sul quaderno, forse questo tipo di sensazione descritta da Tustin era già stata provata dal bambino durante il percorso didattico e veniva rappresentata anche nei disegni dell’attività.
In un incontro successivo Alberto aveva tracciato una croce per collocare un pezzettino di gomma adesiva sul retro del foglio, prima di attaccare il suo disegno alla parete della stanza, come di consueto. La croce era stata tracciata per attaccare in maniera precisa la gomma adesiva al foglio quindi per delimitare un luogo, come se significasse l’azione:
6 Tustin F., “Stati autistici nei bambini”, Routledge & Kegan Paul, Londra, 1981, p. 170
“Quello qui”.
La croce può significare la presenza di qualcosa in un luogo e forse la croce rossa, marcata nella figura 2, potrebbe denotare la presenza di Alberto all’attività Quindi la traccia della croce rossa, oltre a segnare in maniera ipotetica il possedere “cose buone dentro”, potrebbe indicare un inizio di consapevolezza dell’esistere, l’essere presente e la presenza di altre persone (le altre croci all’interno e all’esterno del cerchio). La croce rossa marcata potrebbe significare: “Io sono qui”.
La croce nella figura 2 è stata tracciata dopo aver prodotto un suono proprio e averlo sentito riprodurre dai compagni di classe, sia in gruppo sia nell’esercizio a coppia. Il sentir riprodurre il proprio suono può aver confermato l’esistenza del possedere “cose buone dentro”, anche se suoni invece che parole, e la sua presenza con una comunicazione non verbale nel gruppo classe, comunicazione da lui prevalentemente usata Nell’incontro seguente è stato svolto un gioco a stimolazione sensoriale dell’udito con oggetti sonori e alla fine dell’esperienza Alberto aveva cercato di descrivere le sue sensazioni nella condivisione verbale ma la sua comunicazione era incomprensibile, anche per l’insegnante di sostegno. Così che gli chiesi se avesse voluto rappresentare ciò che cercava di comunicare verbalmente con un disegno e rispose subito “sì” disegnando un uccellino, a cui attribuì la parola: “Musica” (figura 3). Cercò anche negli incontri successivi di condividere verbalmente l’esperienza sensoriale, anche se con poche parole, preferendo esprimersi con il materiale artistico. Spesso ho dovuto frenare il suo entusiasmo nel voler creare per ascoltare i suoi compagni di classe nella condivisione verbale in gruppo. In un gioco in cui i bambini erano incoraggiati nel riconoscere dei suoni Alberto emise le prime parole spontanee, senza aver dato una richiesta di comunicazione direttamente a lui. La sua capacità di memoria uditiva e la predisposizione per i suoni ha permesso di partecipare al gioco attivamente come gli altri bambini, a volte riconoscendo il suono e altre volte dicendo un elemento simile. Dopo l’espressione sensoriale, in un momento in cui aveva preso fiducia in se stesso, decise di scrivere il suo nome sul retro del foglio senza l’aiuto dell’insegnante, che di solito tratteggiava le lettere prima di farle completare ad Alberto. Le lettere scritte non erano
Figura 3
quelle del suo nome ma l’insegnate di sostegno era piacevolmente sorpresa nel vedere Alberto prendere l’iniziativa nello scrivere da solo il proprio nome, come era stata sorpresa nel vedere che il bambino partecipava volenterosamente all’attività di riconoscere i suoni.
Nei giorni dedicati all’udito l’attenzione di Alberto era verso l’attività. Era agitato ma attento, invece nei giorni del senso del gusto era ritirato in se stesso, come se avesse avuto la paura di provare gli alimenti proposti, anche se erano a lui noti, e questo lo portava a uno stato di chiusura Assaggiava comunque gli alimenti, soprattutto quelli che gli piacevano di più, come per esempio la banana, ma era meno coinvolto rispetto all’attività sull’udito
Nella condivisione in gruppo dell’esperienza rimaneva in silenzio e si esprimeva attraverso la creatività, oppure sussurrava brevi timide parole con il viso chino e il mento ritratto verso
Figura 4
il collo.
Nell’espressione creativa Alberto aveva trovato un canale comunicativo per poter esprimere l’esperienza sensoriale provata e un mezzo di contenimento delle sensazioni suscitate dalle stimolazioni sensoriali.
Nella composizione del disegno (figura 4) creato dopo la prima esperienza sensoriale del gusto, in cui è stato proposto di assaggiare l’arancia e la banana per provare il sapore aspro e dolce, sono visibili vari elementi raccolti da una lieve linea che incornicia il disegno. Osservando l’immagine lo sguardo si sofferma sulle linee centrali marroni che coprono con un movimento lottante una figura azzurra circolare, con all’interno un insieme di linee concentriche. Sembrerebbe che Alberto abbia usato il disegno come contenimento di una sollecitazione sensoriale e il mezzo artistico come strumento per scaricare con un movimento cinetico l’eccesso di stimolo.
Figura 5
Alberto disegna il dinosauro in situazioni simili a quelle da lui vissute, come se il dinosauro si facesse carico dell’esperienze vissute dal bambino. La proiezione di un elemento che può essere un sentimento, un desiderio, un oggetto interno o una sua parte è una difesa primitiva, nominata da Melanie Klein come “identificazione proiettiva”. L’identificazione proiettiva si sviluppa nei primi mesi di vita dell’individuo e viene usata dal bambino per difendersi da un eccessivo stimolo esterno e riporre gli elementi inoltrabili nella madre o caregiver. L’identificazione proiettiva è una difesa che viene attivata in maniera smodata nella terapia da persone con grave disagio psichico e viene riscontrata anche nelle opere artistiche. Schaverien (1992) definisce la proiezione nell’oggetto artistico di elementi intollerabili come “transfert capro espiatorio”
Alberto ha disegnato vari elementi di cui è riconoscibile una forma a sole, in alto a sinistra del foglio, una centrale a forma di banana e una figura marrone, a destra, con le sembianze di un animale, simile a quelle del dinosauro rappresentato nel disegno prima dell’esperienza sensoriale (figura 5). Il dinosauro è stato soggetto nei disegni prima e dopo l’esperienza sensoriale: prima è stato rappresentato solamente il dinosauro, come se fosse stato presentato un personaggio, poi è stato disegnato il dinosauro all’interno di una composizione articolata da più elementi. Il primo dinosauro (figura 5) ha delle linee rosse che escono fuori dalla bocca, create con un movimento lottante, e rappresentano delle fiamme di fuoco che indicano la presenza di una sollecitazione nella zona orale Il ritmo lottante, usato per rappresentare le fiamme, marca la zona della bocca prima dell’esperienza sensoriale, mostrando la capacità di
comprensione di Alberto d’intendere ciò che sarebbe avvenuto durante l’attività e dell’introdurre alimenti all’interno della bocca, come era stato spiegato all’inizio dell’incontro.
Il dinosauro è disegnato con un’interruzione della linea tracciata per il contorno del corpo, tra le spalle e le braccia, il tronco e le zampe, come se le parti del corpo fossero divise Le persone con la patologia dell’autismo vivono costantemente nell’angoscia di frammentarsi, così che vi è un uso eccessivo di difese e oggetti autistici per poter superare la paura e tollerare le sensazioni e situazioni che potrebbero provocare ansia.
Nella figura 5 è rappresentato il corpo del dinosauro con diverse linee collocate vicine non unite, rendendo un senso frammentato della forma. Nel disegno sembra che le linee del contorno del corpo siano fragili e scomposte rispetto alle linee delle fiamme marcate e decise vicino alla bocca; la paura della stimolazione sensoriale del senso del gusto ha portato alla raffigurazione dell’angoscia di frammentazione del corpo stesso. Nelle creazioni successive spesso ha raffigurato figure di dinosauri come nella figura 6 in cui vi è una forma di animale con il collo lungo, il corpo piccolo, varie zampe e un insieme di linee tracciate con un diverso colore, che mettono in evidenza la parte del muso, nella zona della bocca.
Alberto nella figura 6 sembra che abbia rappresentato la sensazione provata nel assaggiare il cioccolato amaro, attivando un’identificazione proiettiva con il soggetto del disegno, come se avesse raffigurato la sua esperienza sensoriale nel disegno attraverso la rappresentazione del dinosauro. Nella stimolazione sensoriale del sapore amaro aveva provato disgusto e aveva sputato il pezzettino di cioccolato per poi chiedere più di una caramella che avevo proposto per fare sentire sapore dolce. Nell’incontro successivo si rifiutò di assaggiare gli alimenti proposti e si dedicò per un tempo prolungato ad attaccare con la colla vinilica i granelli di sale sul foglio concentrandosi alla sensazione dei granelli sulla colla a contatto con le dita.
Figura 6
Nella settimana dell’esplorazione dell’olfatto l’interesse per la pastosità materica, che aveva avuto per la colla, continuò con l’uso della tempera anche se, a differenza dell’elaborato con i granelli di sale, la concentrazione corporea nel dipingere con la tempera era breve.
“Concentrazione corporea” è un termine usato da Mimma Della Cagnoletta per denominare una modalità di esperienza nel processo artistico in relazione alle tre modalità descritte da Ogden come matrici psicologiche dell’esperienza. Questa modalità identifica la tipologia di esperienza che coinvolge primariamente i sensi, conduce a un’esplorazione sensoriale (Della Cagnoletta 2010) e le percezioni corporee creano una profonda relazione
con l’oggetto artistico, quasi fino a sentirsi un tutt’uno con l’opera. La modalità a concentrazione corporea è in relazione con la dimensione contiguo-autistica definita da Ogden come una delle tre modalità che compongono il processo che genera l’esperienza umana. La modalità contiguo-autistica è una organizzazione primitiva operante dalla nascita che genera le forme più elementari di esperienza umana (Ogden 1989) ed è a dominate sensoriale.
Alberto nell’ultimo incontro della settimana del gusto si era ritirato in se stesso nel toccare con le dita i granelli di sale, entrando in una modalità a concentrazione corporea da cui è uscito solamente una volta che è stato richiamato all’attenzione.
La pastosità della colla vinilica e quella della tempera, simili tra loro per consistenza, ha indotto Alberto a rimanere più tempo a contatto con il materiale, a differenza dei materiali contenitivi come le matite e i pastelli con cui tracciava rapide linee La fluidità del materiale ha permesso che il bambino potesse sperimentare la sensazione del dilagare del colore sul supporto, anche se Alberto dipingendo e giocando con la punta delle dita e il sale sulla colla era entrato in uno stato di ritiro autistico. Ciò è avvenuto anche nel manipolare un retino durante la settimana dedicata al senso del tatto. Con il retino di plastica si era ritirato dall’attività giocando con le dita nell’aprire i fori della rete e girando la punta delle dita all’interno. Alberto con i materiali di vario uso come il sale e il retino era entrato in uno stato di concentrazione corporea senza la volontà di interrompere l’attività invece con la tempera seguiva a livello visivo le tracce che lasciava con il pennello, quindi passando da una modalità a concentrazione corporea alla modalità a risoluzione formale.
Nella modalità a risoluzione formale vengono messi in atto dei meccanismi primari dell’organizzazione della composizione, definizione della struttura e di equilibrio delle forme secondo il principio estetico personale. Questo permesso di poter integrare elementi differenti nel suo stato di concentrazione corporea e modificare l’elaborato nei momenti che prendeva distanza dalla creazione
Nella stimolazione sensoriale dell’olfatto la maggior parte delle scatoline contenenti degli elementi odorosi lo disgustavano e disse che avevano l’odore di pizza e uovo evitando la stimolazione sensoriale ma dedicandosi con piacere al dipingere, al ritrovare quello stato di concentrazione corporea. Nell’elaborato con la tempera, dopo le prime linee, richiamò la
mia attenzione per mostrarmi la sua opera, come fece in precedenza in altre poche occasioni, e incoraggiato a continuare prese il colore che stavo creando in quel momento per aggiungerlo alla sua composizione, aggiungendo una pennellata di colore vedere (figura 7).
Figura 7
Nella verbalizzazione dell’elaborato Alberto nominò la sua immagine “Tirannosauro-Rex” e, dopo una breve pausa, aggiunse la parola “vuoto” (figura 7). La solita parola che aveva detto durante il periodo osservativo cercando di comunicarmi la sua difficoltà nel parlare venne ridetta durante questo incontro, forse per segnalare la sua comunicazione limitata nella verbalizzazione delle sue opere, che era ridotta a poche parole. A differenza i suoi compagni di classe raccontavano anche fantasiose storie a proposito delle loro creazioni. Il disgusto verso la maggior parte degli elementi odorosi continuò per gli incontri successivi, invece sembrava gradire l’odore delle tempere che si mise ad annusare prima di dipingere. Cercava maggiore distanza dalle scatoline, anche se negli elaborati, su mio suggerimento, aggiunse qualche elemento odoroso alla composizione, come le erbe aromatiche usate per uso culinario e il cotone colorato con l’odore di disinfettante e di
mentolo, come è visibile nell’immagine della figura 8. Nell’immagine è raffigurato un cane sulla sinistra dipinto di verde, riconoscibile per le orecchie arancioni a forma di ¨M”, diviso da una linea rossa centrale dalla figura sulla destra su cui sono stati incollati gli elementi odorosi. Nominò con enfasi allegra questo elaborato come: “Cane bau-bau”
Figura 8
Prima di dare un titolo a un’altra opera passarono tre incontri. Fu nella settimana dedicata alla vista, esplorando i colori con dei retini colorati trasparenti, in cui chiese un retino di colore verde, uno rosso e uno viola e compose delle file di quadrati colorati sopra la figura tracciata con i pastelli che nominò: “Tartaruga” (figura 9).
Figura 9
In questo incontro la sua comunicazione è stata maggiore del solito nel richiedere i retini colorati ma anche nel dire di aver finito la creazione e nel richiamare due bambini che si erano allontanati dal tavolo, anche se storpiando le lettere ma con una comunicazione comprensibile.
Nell’attività dedicata alla vista sull’esplorazione dei colori con le tempere è stata proposta la creazione di macchie con spugne e oggetti di vario tipo oltre che al pennello.
Alberto dipinse interamente un foglio di colore azzurro, con una grande quantità di tempera, poi nel osservare una compagna di classe che stava disegnando con il retro del pennello sul supporto vi prese spunto e incise una figura formata da un torace composto da due linee verticali e altre linee orizzontale, con la forma di una scala, gambe e mani grandi rispetto al torace e alla testa. Nominerà l’opera “dinosaura” (figura 10), mettendo al femminile ciò che aveva definito fino a quel momento come maschile. Nel dipingere con un materiale fluido e difficile da controllare è possibile essere indotti a
una perdita dei confini dell’Io ma l’atto di sottrarre materia con un oggetto duro su un supporto, diventato morbido per la quantità di tempera, aiuta a ritrovare una linea e una forma definita nell’insieme caotico di sovrapposizione di strati di colore.
Figura 10
Arthur Robbins nell’articolo “I materiali come estensione of the holding environment” ha definito la natura dei materiali per le qualità intrinseche, una conoscenza utile per un uso appropriato del materiale artistico per le categorie diagnostiche con cui viene usato, e ha scritto a proposito di un materiale liquido e duttile: “Star di fronte ai temi del controllo e confusione può portare alla superficie conflitti di disordine e vergogna associati a oggetti interni.”7
La liquidità della tempera può aver stimolato Alberto a una nuova sensazione di uso del
7
come estensione
materiale ma lo ha portato fino a uno stato di disordine a cui ha trovato soluzione, prendendo spunto dalla compagna di classe, per ritrovare ordine e ridefinire i confini del disegno e dell’Io.
Nell’incontro successivo, nella settimana dedicata al tatto, cercherà nuovamente questa sensazione, come se avesse trovato piacere nel trovare una forma di definizione del disordine ma usando meno tempera liquida, cambiando colore frequentemente, e entrando in una concentrazione corporea limitata. Quasi come se si tenesse a distanza dalla sensazione prolungata del perdersi nel dilagare della tempera e nel cercare di incidere la tempera non era riuscito ad ottenere il solito risultato, fino a che non mi chiese aiuto e gli consigliai di mettere più tempere per poter incidere sul supporto
La tecnica di disegnare incidendo in macchie di colore è stata riusata nel secondo incontro della settimana del tatto in cui i bambini hanno provato la percezione del caldo e del freddo. Nell’immagine (figura 11) sono presenti diverse macchie di colore tra cui nel centro due di dimensione simile: un’azzurra e l’altra arancione. Su quest’ultima è stato incisa una figura a forma di dinosauro con la testa verso l’alto. Questo elaborato verrà intitolato da Alberto “Dinosauro fa popò e pipi” comunicando la frase parola per parola, dando così una spiegazione del disegno e attribuendo al dinosauro l’azione del bisogno primario di espellere escrementi. L’idea d’attribuire al dinosauro l’azione di questo bisogno forse è stata stimolata dalla sensazione di caldo e di freddo ricordando le sensazioni provate durante la cura dell’igiene personale. Dopo il divagare dipingendo grandi quantità di tempera ha sentendo il bisogno primario di definire i propri confini corporei, ritrovando contorni delle figure con l’uso di un oggetto duro, ristabilendo così anche i confini dell’Io. Nella teoria di sviluppo del pensiero Wilfred R. Bion teorizza il modello del “contenente e contenuto” in cui il bambino proietta parte di sé, emozioni incontrollabili (contenuto), nel seno buono della madre (contenente), per essere trasformate e restituite in una modalità
accettabile. Bion considera il pensare come una funzione della personalità che nasce nel vivere un’esperienza. L’interazione con una varietà di fattori e il sorgere d’impressioni sensoriali e esperienze emotive (elementi beta) che vengono trasformati dalla funzione alfa prendendo nome di elementi alfa. Nelle personalità in cui è carente la funzione alfa le percezioni sensoriali e emotive rimangono elementi beta e vengono vissuti come “cose in sé”, a cui si aggregano tracie di Io e super Io, configurati come oggetti bizzarri, e vengono evacuati attraverso l’identificazione proiettiva.
Durante gli incontri avevo cercato di restituire ad Alberto le parole che mi diceva in maniera poco comprensibile nei primi incontri fino agli ultimi in cui le parole dette erano più comprensibili. Ripetevo le sue parole in maniera chiara e le scrivevo sul retro del disegno come titoli delle opere. Il disegno della figura 11 è stato il primo elaborato in cui Alberto ha attribuito all’opera un titolo con una frase completa Alberto ha in parte interiorizzato la funzione dello scandire le parole in maniera comprensibile imitando la mia
maniera di ripeterle. Questo non significa che Alberto sia riuscito ad attribuire una simbolizzazione al proprio elaborato, per la carenza tipica della sua patologia che lo rende impossibilitato nell’accedere alla parte simbolica del significato (elemento alfa) ma in questo percorso artistico è arrivato al scandire le parole e a formare una frase completa a differenze dei primi incontri in cui l’uso della parola era maggiormente compromesso. Rendendo così comprensibile la sua comunicazione verso gli altri, il suo far partecipe di un suo elaborato è avvenuto anche nell’ultimo incontro sulla tematica del tatto. In questo incontro era stata proposta un’attività artistica creativa con la plastilina, Alberto s’è dedicato alla costruzione di vari elementi come: una collana, con una banana come ciondolo, un dinosauro, un cane e un uccellino (figura 12), mostrando una buona capacità creativa nella manipolazione tridimensionale della plastilina. Sembrerebbe che Alberto in queste creazioni avesse riportato degli elementi che per lui erano stati significativi durante le esperienze precedenti: l’uccellino, raffigurato nell’attività dedicata all’udito, la banana, dell’esperienza sensoriale del gusto, il cane, disegnato nella settimana dell’olfatto e il dinosauro, personaggio spesso presente nei suoi elaborati.
Figura 12
La sesta settimana è stata dedicata alla creazione di una storia animata come conclusione e restituzione dell’esperienza, a cui hanno partecipato i bambini costruendo su un unico supporto. In questa attività Alberto ha partecipato attivamente proponendo figure per la storia animata di suo interesse, come i dinosauri e la banana (figura 13).
Con queste figure, disegnate, colorate e ritagliate, ha giocato sullo sfondo (di cui ha partecipato alla creazione disegnando elementi naturali) interagendo con i suoi compagni di classe con suoni e alcuni movimenti stereotipati, seguendo la storia che veniva messa in
Figura 13
atto. Nella proiezione della storia animata Alberto s’è riconosciuto mendosi una mano sul petto nel momento dell’animazione in cui era presente. Il vedersi e sentirsi ha permesso di potersi riconoscere all’interno del contesto della storia, interagendo con i compagni di classe, giocando con i personaggi e gli elementi della storia. L’attività della storia animata ha permesso che Alberto si potesse riconoscere come creatore e partecipante di una storia con i compagni di classe e vedersi in un gioco simbolico anche se con la sua comunicazione principalmente a suoni.
“C’era una volta in un paese con un vulcano un pupazzo di neve, un unicorno, un gorilla e due dinosauri, la mamma dinosauro e suo figlio. In una bella giornata l’unicorno andò a trovare una bambina principessa e si misero a giocare. Anche i dinosauri, il pupazzo di neve e il gorilla andarono a trovare la bambina. Appena arrivato il pupazzo di neve aveva bisogno di fare i suoi bisogni, mentre l’unicorno portava a fare una passeggiata il dinosauro mamma.
Il gorilla invece andò a fare un giro volando nel cielo alto alto e quando scese a terra andò a prendere su un albero una banana. La mamma dinosauro che lo vide gli prese la banana e la dette al suo cucciolo, che la mangio tutta. L’unicorno andò a fare un bagno nel mare e il dinosauro mamma una passeggiata nel prato e quando tornò salutò calorosamente suo figlio. Il pupazzo di neve andò a trovare la bambina e le chiese di fare una passeggiata insieme.”
In un incontro della settimana con la tematica del gusto Alberto stava cercando di dirmi delle parole sul suo elaborato artistico ed io stavo cercando di capire cosa voleva comunicarmi, quando una bambina con sincerità esclamò: -Lui è diverso, non può parlare come noi-.
Dissi loro che Alberto avrebbe potuto partecipare seppure avesse difficoltà nel parlare e feci capire ai bambini che ero lì anche per quel motivo, chiedendogli loro collaborazione nell’attendere con pazienza una risposta, lasciando ad Alberto maggior tempo per formulare una parola.
Avevo notato durante il periodo osservativo che i bambini accettavano la diversità di Alberto e i suoi comportamenti a volte bizzarri ma non veniva cercato per partecipare ai giochi, a parte che da un compagno di classe straniero a cui piaceva giocare emettendo suoni e non parole. Alberto viveva la quotidianità scolastica tra i compiti didattici, che svolgeva adeguatamente con l’aiuto dell’insegnate di sostegno, e giochi preverbali senza essere coinvolto in giochi simbolici o comunicativi
Le persone con disturbo dello spettro autistico preferiscono condividere un’attività o uno spazio se aderisce al proprio interesse. L’arte s’è presentata come un’occupazione gradita da Alberto perché era utilizzata da lui precedentemente come mezzo di espressione e contenimento. L’arte è un mezzo espressivo amato dai bambini per la capacità intrinseca del materiale di
affascinare per consistenza e colore, permette di lasciare una traccia personale che rispecchia l’affermazione dell’essere sul piano visivo e nello spazio circostante, come atto di autoaffermazione nel mondo esterno In un’attività incentrata su una forma d’arte in cui prevale l’espressione preverbale per un bambino autistico, con una buona capacità manuale, può quasi partecipare come i bambini normodotati. Questo porta a condividere uno spazio in cui la diversità è ridotta, l’adempiere alle richieste è facilmente raggiungibile da ogni partecipante ed è possibile facilitare lo sviluppo nel rispetto della disabilità. In un’attività ludica in cui l’arte è protagonista, che offre la possibilità d’espressione preverbale e il giocare con forme, consistenze, immagini e colori, l’apprezzare di poter condividere i materiali artistici e uno spazio è di per sé terapeutico, essendo questo uno “spazio potenziale”
Lo spazio potenziale definito da Donald W. Winnicott è l’area in cui è possibile il gioco con la presenza di altre persone, sia in relazione duale che di gruppo, e contribuisce nell’aumentare la possibilità di arricchimento dell’esperienza di vita.
Winnicott ritenne fondamentale l’area di gioco che viene instaurata tra la madre e il bambino, che nominò “area transizionale”. Nell’autismo, essendoci un fallimento nell’età in cui il neonato si sente un tutt’uno con la madre e sviluppa delle difese per proteggersi dall’angoscia della percezione del non-sé, vi è una difficoltà nel poter accedere al gioco in cui il bambino non attivi eccessivamente difese per proteggersi dall’esperienza ma viva il momento di gioco come atto creativo. L’uso dell’arte ha permesso l’accesso al gioco, grazie dalla predisposizione di Alberto nella creazione attraverso il mezzo artistico. Nel periodo osservativo avevo percepito che Alberto era abituato nel gioco duale con suoni e piuttosto ritirato in se stesso nelle attività gruppali, con un’impossibilità ad accede al gioco simbolico, come tipico nella patologia dell’autismo Temevo che ci sarebbe stata una sua riluttanza nel partecipare alle attività ma il periodo osservativo ha consentito che si fosse costruito nel tempo un legame di fiducia che ha permesso ad Alberto di partecipare alle proposte degli incontri. Winnicott considera l’area di gioco come spazio potenziale, origine di esperienze d’arricchimento della vita, che agevola lo sviluppo personale. Nello spazio potenziale vi è l’incontro tra oggetti e fenomeni del mondo esterno con quelli della realtà interna e
personale. Questo incontro nell’arteterapia prende forma nell’elaborato artistico che rappresenta emozioni, desideri, sensazioni del creatore nella realtà esterna. Maria Belfiore, cofondatrice di Art Therapy Italiana, scrisse a proposito:
“L’immagine non è più semplicemente riflesso che ritorna dallo specchio, ma soprattutto un elemento su cui vengono proiettati contenuti personali, anzi essa è lo spazio in cui ricercarli per comprendersi meglio”8
L’immagine prender il ruolo di contenitore che rimanda alla persona che l’ha creata la rappresentazione del proprio mondo interno e apre uno spazio per riflettere, con l’aiuto del arteterapeuta, in cui è possibile un intercambio di opinioni.
In un gruppo di arteterapia non solamente l’immagine prende il ruolo di specchio per il partecipante ma anche le persone intorno che creano e le loro opere d’arte. Lo scambio è possibile a più livelli, anche solamente osservando intorno a se in quel momento che prelude la comunicazione sugli elaborati.
Negli incontri del progetto d’integrazione ho notato che Alberto a volte guardava i compagni di classe che gli stavano intorno, spostando la sua attenzione dalla creazione artistica all’ambiente circostante. Nella settimana dedicata al senso della vista ha osservato come una compagna di classe stesse adoperando il pennello dalla parte opposta e usava il manico come punta per incidere la tempera sul supporto tracciando linee e forme Precedentemente Alberto stava dipingendo dilagando sul foglio grandi quantità di tempera in modalità a concentrazione corporea. Nel momento di distanziamento ha notato la compagna disegnare in quella maniera inusuale e ne ha preso spunto per continuare il suo elaborato.
L’atto di Alberto mi ricordò una frase dell’antropologo René Girard letta qualche anno fa mentre approfondivo le mie conoscenze sull’autismo nel libro “In te mi specchio: per una scienza per dell’empatia” di Giacomo Rizzolati e Antonio Gnoli: “L’uomo è ciò che è perché imita intensamente i suoi simili”9
8 Belfiore M., “Specchio, schermo, legame: tre frasi dell’itinerario di un gruppo di arte terapia” in “Tra il corpo e l’Io: l’arte e la danza-movimento terapia ad orientamento psicodinamico”, Maria Belfiore e Luisa Martina Colli, Pitagora Editrice Bologna, 1998, Bologna, p.151
9 Rizzolatti G. e Gnoli A., “In te mi specchio: Per una scienza dell’empatia”, Rizzoli, Milano, 2016, p.177
Nello scritto veniva attribuita alla capacità imitativa di essere fattore principale dell’evoluzione della civiltà, la corrispondenza e la somiglianza tra due simili, la qualità di sincronizzare l’attenzione tra due individui (joint attention) Ciò avviene in uno sviluppo dell’evoluzione dell’apprendimento normale ma nei bambini con disturbo dello spettro autistico l’imitazione prende un altro ruolo nello sviluppo per la carenza di attribuire un simbolo all’azione; “Nei bambini psicotici (con invidia e eccesiva intolleranza alla frustrazione), tale imitazione sostituisce l’apprendimenti basato sulla comprensione, assimilazione e automatizzazione di simboli”10
Ecco che allora Alberto nella semplice azione di prendere spunto per la sua creazione usando il pennello come la compagna di classe e incidendo la tempera sul supporto per disegnare ha messo in atto un processo imitativo importante. Ha osservato, ha presi l’idea da un'altra persona, l’ha reso proprio e in quel momento ha rispecchiato una maniera di creare diversamente dal resto del gruppo, ciò risulta come atto imitativo di prendere una soluzione creativa della persona vicina.
All’elaborato ha dato il nome di “dinosaura”, mettendo il suo personaggio al femminile, come se il suo tema preferito si fosse modificato e avesse preso le spoglie della compagna che aveva imitato, forse nel sentirsi simile al lei in quel atto creativo, in quel bisogno di ritrovare i confini dopo aver sparso abbondanti quantità di tempera L’imitazione dell’atto creativo è avvenuta anche in soggetti di alcuni elaborati, ben visibile nelle opere di un incontro della settimana dell’olfatto (figura 14), in cui la cornice è un elemento che si ripete in ogni creazione dei bambini. Uno dei bambini, il più rispettato della classe anche se ha un comportamento particolarmente difficile, aveva iniziato a disegnare una cornice nera dopo aver tracciato delle macchie verdi e azzurre al centro del foglio. Gli altri bambini lo imitarono tracciando anche essi una cornice sul loro foglio, sia nella serie dei primi elaborati (figura 14) che nella seconda serie. Anche Alberto nelle sue composizioni tracciò la cornice, segmentata,
10 Grinberg L., Sor D., Tabak De Bianchedi E., “Introduzione al pensiero di Bion”, Armando Editore, Roma, 1991, pag. 42
formata di vari colori e dimensioni ma pur sempre una cornice come gli altri. In questo caso Alberto è stato convolto nel farsi influenzare dalle opere dei compagni e ha aderito all’azione gruppale di rappresentazione del solito elemento. Gli atti creativi che motivano al livello gruppale la classe fanno si che i partecipanti si sentono coinvolti in un movimento imitativo che spinge a conformarsi agli altri. Un'altra azione di questo tipo è stata agita nell’ultimo incontro del senso del tatto quando i bambini hanno sperimentato il pongo e ad un certo punto ognuno ha iniziato a dire ciò che aveva rappresentato, oltretutto molti elementi erano simili tra loro poiché rappresentavano elementi appartenenti al mondo culinario. È possibile che la consistenza del pongo e la manipolazione di questo portava i bambini a una regressione fino all’età infantile in cui con le mani tastavano e modellavano il cibo prima di metterselo in bocca.
Alberto anche in questa occasione aveva preso spunto dalla compagna di classe e aveva creato quando finita la modellazione di una collana, formata da una linea con dei pallini attaccati, una banana poi aveva continuato a manipolare il pongo rappresentando degli animali. L’atto che mi sorprese fu che imitó uno scherzo. Una bambina si era messa a giocare con le sue forme di pongo e a metterle sulla spalla della compagna. Questo gioco è stato ripetuto dalla compagna di classe e anche altri bambini che hanno giocato al mettere una forma di pongo sulla spalla di un bambino vicino.
Alberto ha costruito una piccola forma rappresentante un escremento e l’ha appoggiata la sulla mia spalla ridendo e facendo ridere i compagni. Questa forma di attuare ha sorpreso anche la insegnante di sostegno che poi mi ha riferito che era la prima volta che lo vedeva scherzare in quella maniera con un adulto. L’atto imitativo è stata un’azione positiva poiché è stata una maniera per entrare in contatto con gli altri, cercando di provocare il riso degli altri.
Winnicott ritiene che nello sviluppo di un individuo la parte vitale è rappresentata nell’ambiente circostante fin dai primi stadi dello sviluppo emozionale del bambino che non sente ancora come separato da sé. Il bambino nell’osservare il volto della madre vede se stesso, come se ci fosse un rispecchiamento nella persona che si prende cura dell’infante e restituisce un’immagine di sé che aiuterà l’individuo nello sviluppo di un’immagine propria. Winnicott lo ritiene “...uno scambio significativo con il mondo, un processo a due vie, in cui l’arricchimento del sé si alterna con la scoperta di un significato nel mondo delle cose viste”11. Ciò non avviene solamente nell’età infantile ma avere un ambiente stimolante e che permetta un dialogo tra il mondo interno e quello circostante è importante anche in età adulta, soprattutto per le persone con la patologia dello spettro autistico che tendono a rimanere chiuse in se stesse e nella cerchia ristretta dei loro interessi. “Non basta uno sviluppo basato sulla propria capacità di apprendere da soli, l’esperienza di punti di vista concordanti di altre persone è vitale, altrimenti possono svilupparsi
11 Winnicott
p.177
simboli artistici bizzarri (Britton, 1989).”12 12 Mimma Della Cagnoletta, “Arte terapia: La prospettiva psicodinamica”, Carocci Faber, Roma, 2010, p. 59
Se questa parte fosse la preparazione alla conclusione di un incontro dell’attività del progetto ci sarebbe il recitare della filastrocca che musicalmente agevola la conclusione dell’incontro tenendo per mano il filo rosso di lana
Ad Alberto piaceva molto recitare quella filastrocca, anche se ne pronunciava solamente la parte finale delle frasi e con le dita giocava con il filo, spesso arrotolandolo su un dito, come quando un tempo si arrotolava il dito intorno al filo del telefono in una conversazione coinvolgente.
Il filo rosso è stato presente concretamente agli incontri del progetto e concettualmente si è srotolato nel tempo dai primi incontri dagli sguardi sfuggenti agli ultimi in cui lo sguardo di Alberto cercava il mio sorriso o quello dei compagni di classe Ripensando all’intero progetto avrei programmato gli incontri più dilatati nel tempo per permettere al bambino di abituarsi alla tipologia di attività e, se fosse stato possibile, avrei disposto l’attività in uno spazio al di fuori della classe, per avere maggior silenzio e dare la possibilità al bambino autistico di concentrarsi maggiormente.
Io ho chiesto poco a lui o tanto, dipende dai punti di vista, il solo essere presente e partecipare per me era una grande conquista. Complessivamente Alberto non solo è stato presente ma si è fatto coinvolgere nelle attività partecipando volonterosamente a modo suo.
Tra noi c’è stata una relazione intrecciata in piccoli movimenti e suoni che cercavo di decifrare ma soprattutto scambi di materiali artistici e brevi timide parole, che andavo a cercare facendo leva sui suoi interessi.
Alberto ha potuto così fare esperienza in un’attività per lui soddisfacente, partecipare esprimendo se stesso e condividendo il proprio mondo con gli adulti e i compagni di classe.
“Il prodotto artistico è un risultato individuale, ma vive nella realtà del mondo condiviso ed entra a far parte del mondo degli altri.”13
Cottini Lucio, “Didattica speciale e integrazione scolastica”, Carrocci Editore, Roma, 2004
Della Cagnoletta Mimma, “Arteterapia: La prospettiva psicodinamica”, Carrocci Editore, Roma, 2015
Belfiore Maria e Colli Luisa Martina, “Tra il corpo e l’Io: l’arte e la danza-movimento terapia ad orientamento psicodinamico”, Pitagora Editrice Bologna, 1998, Bologna
Bogdashina Olga, “Le percezioni sensoriali nell’autismo e nella sindrome di asperger”, Uovonero Edizioni, Milano, 2011
Fratini Tommaso, “Conoscere l’autismo: teorie, casi clinici, storie di vita”, FrancoAngeli, Milano, 2016
Grandin Temple, “Pensare in immagini: e alte testimonianze della mia vita autistica”, Centro studi Erickson, Trento, 2006
Grinberg L., Sor D., Tabak De Bianchedi E., “Introduzione al pensiero di Bion”, Armando Editore, Roma, 1991
Luzzatto Caboara Paola, “Arte terapia: Una guida al lavoro simbolico per l’espressione e l’elaborazione del mondo interno”, Cittadella Editrice, Assisi, 2009
Ogden Thomas H., “Il limite primigenio dell’esperienza”, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1992
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Cottini Lucio, “L’integrazione scolastica del bambino autistico: aspetti metodologici e didattici”, https://www.researchgate.net, 2002, consultato in data 10 Gennaio 2019