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PENSIERI.GLOBALI

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Vittorio Gregotti

«Il design si sta trasformando in “packaging”, mentre l’architettura punta ai successi mediatici. Bisogna ridare valore al senso della progettazione» L

La città: monumento dell’uomo. Come crescerà nel futuro e quali responsabilità e ruolo avrà l’architettura?

Architettura e disegno urbano si sono collocati molto in basso nel sistema di valore del pubblico medio. Tanto in basso da essere oggetto di pubblicazione sui settimanali di moda. Alla capacità di mediazione sociale peraltro l’architettura sembra aver rinunciato.

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L’urbanistica. I piani. L’architettura. Oggi esiste ancora una possibilità di dialogo tra le parti?

Mai come in questi anni l’urbanistica (attività diversa da quella della pianificazione territoriale) e quella parte dell’architettura che si pensa come responsabile di un civile dialogo con il contesto urbano sono state unite.

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La città italiana del ‘900 e la sua espansione da riprogettare e ricucire. Quali sono le strade da seguire?

Le città italiane (ma direi in generale la città europea) possono essere caratterizzate dalla diversità con cui è necessario dialogare con ciascuna in modo specifico per pensare il loro sviluppo. Uno sviluppo abituato da secoli ad un internazionalismo critico fondato proprio sulla loro differenza.

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Il cittadino riesce oggi a identificarsi con i luoghi pubblici e la città in cui vive?

Nella città contemporanea la nozione stessa di “cittadino” si è andata indebolendo. Città e cittadini sembrano non più identificarsi reciprocamente. Di questo sono responsabili architetti e istituzioni che lavorano per la privatizzazione dello spazio pubblico ma massimamente l’omogeneità dei comportamenti collettivi indotti dalle comunicazioni di massa.

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L’architettura, il design e l’arte si rincorrono seguendo la stessa filosofia di comunicazione estetica. I linguaggi specifici di queste discipline forse in futuro tenderanno sempre più a unificarsi. Cosa potrebbe comportare ciò?

Sarebbe una disgrazia fatale all’architettura che già oggi per ottenere successi mediatici tende a ridursi ad oggetto ingrandito. Quanto al “design”, la sua funzione sembra trasformarsi progressivamente in “packaging”. Con le rare, dovute, eccezioni.

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Crede che l’avvento della tecnologia digitale nella fase della progettazione abbia apportato un cambiamento migliorativo o peggiorativo nell’ambito dell’architettura?

Altamente migliorativo sul piano dell’efficienza produttiva e altamente peggiorativo per quanto riguarda il mondo dell’immaginazione. Al di là della grave perdita della capacità del disegno.

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Il libro di Franco La Cecla “Contro l’architettura” accusa l’architettura di essersi ridotta a puro marchio e strumento mediatico. Cosa pensa lei di questa tesi?

Ha ragione, ma non deve prendersela con l’architettura ma con gli architetti.

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Lei polemizza spesso sull’uso che si fa del termine “creatività”. Perché?

Perché una volta era una capacità divina e comunque eccezionale ed oggi la si attribuisce indifferentemente a tutto: cioè la si riduce a nulla.

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Si parla sempre di grandi architetti e di grandi progetti: auditorium, teatri, stadi, stazioni, grattacieli. Perché invece il genio architettonico non si cimenta più con l’edilizia popolare?

Perché il nostro governo ha rinunciato ad occuparsene da anni e perché l’edilizia popolare richiede un rigore progettuale ormai sconosciuto alle prospettive di successo mediatico. (di Roberto Sanna)

Vittorio Gregotti si è laureato in architettura nel 1952 al Politecnico di Milano. Dal 1953 al 1968 ha svolto la sua attività in collaborazione con L. Meneghetti e G. Stoppino. Nel 1974 ha fondato la Gregotti Associati, di cui è presidente. Dal 1997 è membro del BDA (Bund der deutschen Architekten) e dal 1999 è membro onorario dell'American Institute of Architects. Nel 2000 ha ricevuto la medaglia d’oro della Presidenza della Repubblica quale “Benemerito della scienza e della cultura”.

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