La Nazione 150 anni Empoli

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Le edizioni locali

De Anna: Così nacquero le redazioni di provincia Il “fuori sacco” e i megafoni che annunciavano il ritorno in edicola del nostro giornale I “pionieri” di una grande avventura nel racconto di colui che seppe trovarli e organizzarli

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egli anni Quaranta la redazione delle province era formata da quattro redattori sotto la guida di Giuseppe Cartoni il cui figlio, Mario, sarebbe poi diventato un noto cronista giudiziario. Fra questi era Nicola Della Santa, almeno finché non fu richiamato sotto le armi. Fu allora che entrò in scena un personaggio destinato a organizzare le redazioni provinciali così come sono ancor oggi, sia pure con ben altra consistenza di pagine e di giornalisti. Si trattava di Gastone De Anna, figura mitica del giornale, al quale si deve – assieme a Giordano Goggioli, ad Alberto Marcolin, e ai grandi direttori Russo e Mattei – il rilancio del dopoguerra che permise a La Nazione di raggiungere negli anni Cinquanta le centomila copie.

Gastone de Anna (al centro della foto, in ginocchio) tra i colleghi Rosario Poma e Paolo Marchi. Alle loro spalle circondano Wanda Lattes redattori e cronisti de La Nazione alla fine degli anni Sessanta.

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e Anna ha oggi novant’anni, non uno di meno. Ma anche una memoria di ferro e una lucidità invidiabile. È capace, perfino, di divertirsi a raccontare quegli anni. Ha conservato l’ironia, la capacità di narrare e fare sintesi, che ne fece un grande giornalista. Com’era il clima in redazione? “Scansonato, ironico, divertente. Ma lavoravamo tutta la notte senza pause. L’editore era Favi, l’amministratore Gazzo, era tutto un gioco di parole.” Come organizzò il lavoro? “Dove era possibile contattavo i vecchi corrispondenti e riaprivo i vecchi locali. Altrimenti cercavo edifici e uomini nuovi. Nel ’48, quando Favi morì, tutte le redazioni dei capoluoghi di provincia erano riorganizzate.” Qualche nome di allora, qualche collega? “Passaponti a Pisa, Chiantini a Siena, Coppini ad Arezzo e poi Dragoni e Piero Magi. A Spezia Reggio che poi passò il testimo-

ne al figlio, il conte Vitelleschi e poi Bassi a Perugia. E ancora Ciullini a Pistoia, Del Beccaro a Lucca, Valleroni e Pighini a Massa, Rossi a Grosseto. Mauro Mancini diresse la prima redazione di Prato. Poi divenne inviato speciale assieme a Piero Magi, e più tardi a Piero Paoli e Raffaele Giberti che ricordo con immenso affetto, veniva da Spezia. Intanto cresceva anche la redazione province a Firenze. Era tornato Della Santa, poi arrivarono Gianfranco Cicci, Nereo Liverani, Romolo De Martino, Enrico Mazzuoli, Aldo Satta, Giancarlo Domenichini, Tiberio Ottini, Giuseppe Mannelli, Luigi Scortegagna, Rossi, l’indimenticabile Piero Chirichigno, Franco Ignesti e una splendida segretaria, la signorina Giorni, che divenne un po’ l’anima di quell’ufficio. Si andò avanti così sino alla fine degli anni Sessanta quando arrivarono giovani come Enrico Maria Pini, Riccardo Berti e Maurizio Naldini. Spero di non aver dimenticato nessuno.”

Come lavoravate? “Al contrario di oggi. Tutto il materiale viaggiava col fuori sacco, e in base alle ore in cui arrivava era controllato e titolato in redazione. Fu solo con il computer che le redazioni presero a organizzare le loro pagine direttamente. L’impaginazione poi partiva dalle nove di sera con la prima edizione che veniva chiamata “Nazionale”. Poi si passava alle province più lontane come Spezia, Perugia, Grosseto, e un po’ alla volta si arrivava a impaginare Prato. Quindi, alle tre di notte veniva preparata l’ultima edizione, quella che i fiorentini trovavano in edicola al mattino. Intanto i primi corrispondenti erano diventati giornalisti professionisti, accanto a loro erano vari collaboratori, poi assunti come giornalisti anche loro, mentre la rete si infittiva fino a raggiungere anche i paesi più piccoli e sperduti.” Quando fu concluso il lavoro di organizzazione? “Praticamente mai, continua-

va giorno dopo giorno. Però, alla fine degli anni sessanta La Nazione dominava totalmente il suo territorio di diffusione, e cominciavano anche le edizioni di Sarzana con Osvaldo Ruggeri e di Pontedera con Orazio Pettinelli. Era poi arrivato dal Nuovo Corriere un ottimo amministratore, Ivo Formigli, che già aveva collaborato con Favi”.

Rimpianti? Lo rifarebbe quel lungo lavoro? “Subito. Credo di essere nato per svolgere quell’attività. Eravamo una grande squadra, un gruppo di amici che riuscivano a lavorar bene divertendosi. La redazione era sempre affollata di personaggi famosi che venivano a trovarci. Per segnalare notizie, per commentarle, semplicemente per scambiare due idee. Potevano essere attori o personaggi della televisione, atleti, uomini politici. Ci sentivamo forti, i lettori del resto, ci davano ragione.”


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