G. Guzzardi - L’Attimo di quiete tra una folata di vento e un’altra
l’ignoto a caccia di cristalli e di camosci o segnarsi con la croce guardando alla montagna con sopportazione e timore arcano, ma a me piace pensare ai monti come un luogo dove camminare, continuare a respirare e sentirmi immerso nel silenzio, dove guardare il panorama ogni volta diverso oltre la propria valle, dove sentirsi liberi da ogni affanno, come in un ultimo Shangri La. Perché è frustrante semplicemente pensare che non si è più liberi di percorrere il territorio, chiudersi la porta di casa alle spalle e prendere la via dei monti. Soprattutto una montagna libera dalla confusione, dai mezzi meccanici e dal rumore, una montagna libera da moto e quod, elicotteri e motoslitte, croci di ferro e altre brutture “in memoria di”, che gratificano soltanto la vanagloria di chi le ha pensate. Una montagna libera dallo scempio di un utilizzo irrispettoso e ai soli fini dello sfruttamento delle risorse naturali. Una montagna libera dallo squallore stile costa adriatica e dal concetto imperante di speculazione. Una montagna libera come immagine ancestrale, affinché possa esistere ancora un lembo di territorio intatto a cui poter guardare, nelle aspirazioni dell’uomo verso la scoperta e l’ignoto che non tramonteranno mai. continua…
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