Juggling Magazine #57 - december 2012

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Circonferenze1.1 a cura di Raffaele De Ritis

Il catalogo è questo (?).

Dell’insieme (se esiste) di pratiche di cui si occupa questa rivista (quali? Quante?), comuni denominatori sfuggevoli e insidiosi sembrano l’infedeltà alle usuali nozioni e luoghi di “spettacolo” e un dialogo interrogativo con l’ambiente metropolitano. Varie suggestioni sono nate dal fertile incontro “Inter(r)iviste”, promosso dall’Institut Francais di Napoli, in cui la collaborazione tra i periodici Juggling Magazine (Italia) e Stradda (Francia), ha dato vita a un’esplorazione sui legami tra arti di strada e urbanistica. Poi, il gioco delle relazioni, delle teorie identitarie, fino alle circonvoluzioni attorno al sentirsi “contemporaneo” e a qual grado, può scatenarsi infinito. Il catalogare può servire ad affermare identità, a rafforzare riconoscimenti giuridici o istituzionali, a distinguersi da alterità sempre troppo vicine e lontane, a illudere su sicurezze. Il dubbio invece, generando domande, fomenta dialogo ed energia creativa. Se giocolieri, clown, acrobati possono rassicurare come una primordiale trinità, essa è solo l’inizio di incroci incerti e definizioni trasversali: compagnia, collettivo, scuola, corso, associazione, residenza, federazione, festival, happening, concorso, raduno, infanzia, clown-dottore, tecniche aeree, regolamenti, parkour, writers, skaters, operatore, formatore, stage, medicina circense, arti aeree, teatro-circo, intensivo, avanzato, intermedio, principiante…: tanto per buttare qualche termine per aria, di quelli che potrebbe riunire l’utopica etichetta “arte urbana”. Viceversa, il gioco delle appartenenze può porsi come risposta rassicurante nel tentativo di catalogazione concreta dello “spettacolo popolare”, definizione di

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recente usata per un’udienza in Vaticano: settemila tra famiglie circensi, madonnari, bande municipali, domatori, padroni di circhi, imprenditori di noleggio strutture, circoli magici, giostre a cavalli, burattinai, pupari, mestieri itineranti, migranti. Una coesione sotto l’ala del culto religioso dominante, forse necessaria a chi vuol ribadire un rapporto con la società da minoranza quasi martire, in un gioco contraddittorio con la necessaria anarchia spirituale dell’”arte urbana”. La festosa circostanza, partendo dall’ecumenico invito di utopia di appartenenza ad un unico mondo, ha determinato, con l’assenza (naturale e non polemica) dell’”arte urbana” di cui sopra, due universi paralleli, probabilmente connotati da distinte problematiche, da diverse forme di relazione con la società e quindi di senso della propria arte. Se in questa millenaria galassia c’è stata una novità recente, da mezzo secolo e più ciò si ha nel diverso rapporto dell’artista circense/di strada/popolare/(dis)urbano con la collettività. Egli è stato per secoli corpo estraneo alla comunità, dunque in un rapporto acritico, apolitico e parassitario rispetto a una società verso le cui tensioni e problematiche il nomade non provava grande interesse: non a caso in varie epoche si deve alla borghesia, nei panni dell’avanguardia o della drammaturgia, la trasformazione del saltimbanco in disegno artistico, satira, segno politico. Ma dagli anni ’60 circa, la novità è che il rinnovamento delle arti circensi ha come suo principale segno la trasmissione non dinastica e la genesi dei suoi protagonisti all’interno della realtà urbana: borghese,

Andrea Macchia

Prove di dialogo tra artista e città

ma anche proletaria, nelle sue varie espressioni ludico/artistiche (studentesca, sportiva, intellettuale). Da quell’epoca, circo e spettacolo di strada diventano anche un atto critico, per il semplice fatto che, oltre al virtuosismo, tentano di veicolare contenuti artistici compiuti, poiché per la prima volta ad opera di membri della società costituita: il bisogno primario di rapporto interrogativo con la società proprio a qualunque artista; un’estetica del dubbio che invece non diviene mai una necessità per la popolazione dello spettacolo nomade dinastico. Essa al contrario ha sempre coltivato profili e progetti apolitici, determinando anche una


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