Jug n. 38
20-03-2008
14:32
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Angeli i inpalcosce Estratti dell’intervista a Daniele Finzi Pasca pubblicata in Il Circo in Teatro
Qual è stato il suo primo incontro con il circo?
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foto di Eddy Mottaz e Valérie Remise
Il circo può “raccontare”? Se col termine “circo” intendiamo lo spettacolo classico sotto il tendone con animali, non lo so. Il mio teatro acrobatico racconta sempre qualcosa. Un acrobata che sale sulla scena racconta con intensità qualcosa di magico e mitologico. Non una storia lineare, ma per associazione di idee. E il virtuosismo dell’acrobata può in qualche modo mettere lo spettatore in una situazione di totale apertura, perché ti sorprende. Se in quel particolare Il Circo In Teatro momento uno riesce a dipingere un a cura di Alessandro Serena gesto, una parola, un’allusione, troverà Quaderni dello Spettacolo 84 un terreno propizio. Quindi i miei spettaTeatro Donizetti, 96 pagine coli sono fatti per raccontare qualcosa, In quest’opera, concepita per far anche se qualcosa di impalpabile, capire quanto le discipline chiamate trasparente. Credo che la materia circensi abbiano formato un’ossatura umana degli acrobati è qualcosa importante dello spettacolo dal vivo di particolare. Sono uomini della in generale, lo spettro degli interventi scena che si specializzano su sinè ampio e comprende prospettive gole azioni che continuano a sia storiche e attuali, sia relative cesellare per anni per perfezionaall’iconografia ed ai documenti, re tre minuti di numero. Un che alle modalità estetiche approccio veramente particolare, e registiche, con l’ambizione, più che dei perfezionisti di un’azione soddisfare le curiosità in materia, minimale ma complessa, a volte di stimolare ulteriori riflessioni. azzardata, ai limiti del possibile. Interventi di: A. Serena, M. V. Vittori, Ma a me piace soprattutto la fraM. Locuratolo, F. Ferla, A. Giarola, gilità, il gesto che non si compie G. Cristoforetti, D. F. Pasca totalmente, la caduta, l’incertezza, in particolare se raccontata da chi è capace di gesti incredibili. Quando il grande acrobata sa danzare la propria fragilità, ritorna ad essere un eroe umano in un mondo dove siamo bombardati da eroi invincibili, dominanti. L’acrobata clown è l’eroe perdente, straordinario nella sua eterna sfida, nel suo perdere, inciampare, e riprovare a rialzarsi.
Difficile dirlo. Quello che viene chiamato circo è un’invenzione recente. Quando Astley codificò questa forma, poco più di duecento anni fa, fece convergere in un cerchio le discipline equestri, la comicità e le acrobazie. Ma gli spettacoli di cui mi occupo si possono definire piuttosto di teatro acrobatico. E l’acrobazia in se stessa è una materia antica, primordiale, che ha permesso all’uomo di tentare di reinterpretare la realtà, sfidarla, conoscerla. Da questi tentativi derivano i giochi di equilibrio, la sfida con le belve feroci, il desiderio di volare, di competere con le leggi della gravità. L’acrobazia ci permette di comprendere e danzare sulla scena delle cose, dei significati, che in qualche modo possiamo chiamare “misteri”. Mi piace pensare che per l’umanità la figura dell’acrobata corrisponde a ciò che per gli dei è l’angelo. Gli dei inventano gli angeli per dialogare con gli umani in un mondo intermedio, in un cielo a metà. Noi per dialogare con gli dei, inventiamo le arti degli acrobati e gli acrobati quali interpreti dei nostri desideri.
In cosa risiede l’essenza di uno spettacolo circense?
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l teatro acrobatico
Dalle mie parti, in Svizzera, il celebre Circo Knie, arrivava (ed arriva) ogni anno a cavallo di novembre e dicembre, nel periodo delle prime nevicate. Si muoveva con il treno. Gli animali venivano scaricati dai vagoni e camminavano lungo le strade della città per arrivare al luogo dove era montato il tendone. Veder passare questo serraglio, sentire l’arrivo del circo, la sua partenza sono tra i ricordi di infanzia più belli. Il senso di un vagabondare di gente strana. Per me il circo è qualcosa che viene dall’oriente, che proviene da terre magiche. È sempre stato un po’ come il portatore di qualcosa di esotico, inafferrabile e allo stesso tempo profondamente umano. Per me il circo è semplicità. Quello che faccio non è circo ma gli è molto vicino.
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