CIE SORALINO
WWW.SORALINO.COM di Caio Sorana Clément Malinè francese, nasce da una famiglia di marionettisti, ha cominciato col diablo, poi in un festival ha visto uno spettacolo dove c’era la scala d’equilibrio e, folgorato, ha deciso che sarebbe stato quello il suo futuro. Io invece sono un giocoliere
italo-brasiliano, innamoratissimo della giocoleria, e dopo anni di allenamento, e pochi di università, ho scelto di frequentare la scuola di circo Fratellini, a Parigi. Lì, in classe, ho incontrato Clément e nel 2015 abbiamo fondato la Cie Soralino, un duo centrato sulla complicità, sempre intimo, buffo, che sfida l’equilibrio, che crede nella semplicità delle azioni capaci di far emergere la complessità e l’assurdità del lavoro circense. La meccanica dello spettacolo che abbiamo portato a Scenica, dal titolo InBox – se lui tira io spingo se io spingo lui tira, è costruita sul nostro equilibrio, sulla nostra complicità e sul tipo di manipolazione che facciamo con le scatole, a tratti coinvolgendo il pubblico, pur rimanendo sempre noi due i protagonisti dello spettacolo. Durante la fase di creazione cercavamo inconsciamente un oggetto al quale legare le nostre due discipline e nel corso di una call per un progetto in Cina abbiamo iniziato a lavorare con dei cubi, poi con delle valige, fino a quando qualcuno ci ha suggerito di provare con le scatole di cartone: è stata un’illuminazione! Gli attrezzi di circo sono spesso oggetti molto importanti, costruiti con molta cura, a cui affidiamo la nostra vita e la nostra sicurezza, come le scale, le cinghie, il trapezio. Ci piaceva invece l’idea di un materiale molto povero, semplice, leggero e facilmente reperibile, riconoscibile da chiunque nel mondo. Negli 11 paesi in cui ci siamo esibiti Inbox ha funzionato ovunque; in strada, in teatro, sotto chapiteau, con un pubblico di tutte le età, e tutti ci hanno detto che “è geniale fare di un oggetto comune qualcosa di speciale”. In scena siamo arrivati a impilarne 29 quasi 30, una pila veramente alta. Ma stiamo pensando di puntare ancora più in alto utilizzando delle scatole rinforzate. In scena entriamo indossando degli impermeabili, un capo d’abbigliamento normale che però senza i pantaloni diventa automaticamente strano, un po’ “scollato” dalla realtà, che crea curiosità e interrogativi. Che poi è la nostra maniera di vedere il circo: c’è l’idea di assurdo inteso come piccolo “spostamento” degli elementi normali, come quando prendo un bicchiere, prendo una bottiglia e verso l’acqua per terra: gli elementi sono tutti lì, ma c’è una cosa spostata che tradisce l’aspettativa e sorprende. Questo è interessante. Per noi il circo è legato a questi piccoli spostamenti delle menti, alla necessità e al momento: se la clava cade io la prendo, se il corpo cade per terra fa una capriola e si rimette in piedi. E poi i chilometri, il furgone… le chiacchierate. J U G G L I N G M A G A Z I N E NUMERO8 1 D I C E M B R E 2 0 1 8
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