Juggling Magazine #75, june 2017

Page 30

foto di Rebecca Ihle Parole che non trovo di Greta F. (la danzatrice)

PRIVATE MATTER di Tiziano Massaroni La questione del pubblico, per quanto “denunciata” ormai da tutti i bandi dello spettacolo, da quelli Europei fino a quelli Regionali, rimane un tabù. È difficile ammettere che il pubblico non vada più a teatro (o molto, molto meno) se per teatro s’intende quello d’arte e non quello commerciale (cinetelevisivo), divisione che ben sottolineava anche Pietro Valenti (Ert) ritirando il premio come migliore direzione organizzativa agli ultimi premi UBU. Il pubblico vero non esiste più (escludo da questo ragionamento il circo contemporaneo). Esiste un agglomerato tra amici, amici d’amici, parenti, genitori per i bambini, operatori di settore, scolaresche per didattica, anacronistici abbonati e sprovveduti accidentali. Ma di pubblico e repliche si parla specificatamente in ogni bando di finanziamento a sostegno di teatri, festival e compagnie. Nonostante l’apparente paradosso tutto continua ad andare avanti, sempre più barcollante. Si, certo, come potrebbe fallire un settore dell’arte così importante in un sol botto? Non che chiuderanno i teatri, ma i teatri non saranno più teatri d’arte o di pensiero, ma di puro intrattenimento, teatri commerciali. Le responsabilità non sono mai di qualcuno in particolare e nemmeno in generale, non sono della gente, non sono della società, non sono degli organizzatori, non sono degli artisti - o lo sono di tutti - e se scendessimo ad un grado riflessivo ancora più profondo si perderebbe sicuramente anche la distinzione a cui facciamo riferimento ora, tra teatro di pensiero e teatro commerciale, tra bene e male. Credo si debba semplicemente ammettere l’evidenza, assumendosi il rischio dell’inattuale, come il bambino che si accorge del Re nudo. Io avverto che non si intercetta il nuovo - cambio qui solo apparentemente discorso - se non per convenzioni ovvero premi, opinioni, appartenenze. La struttura del vincente o dell’eliminato (retaggio questo sì, contemporaneo) configura quel solito piccolo mondo mitopoietico che si deve proteggere dal tabù. L’ingombro del pensiero selettivo blocca così, in qualche modo, la maggior parte della sperimentazione, in senso artistico ma anche organizzativo. Non credo che si debba inventare cose nuove, ma ripetere cose passate con un pensiero altro. Ogni inizio è una ripetizione (Deleuze) ma in condizioni necessariamente sempre diverse. Con Teatri di Nicchia (progetto di Teatro Or e Associazione Serapias) che abbiamo sviluppato a Pomarance (PI) con il sostegno economico

www.jugglingmagazine.it

e umano del Comune abbiamo scelto di utilizzare, senza voler essere una novità per questo, i teatri come ambienti per prove, residenze e seminari, e di andare in scena in case private, palazzi storici, musei, negozi, pensando a questi luoghi come un metateatro dove creare una vera e propria Stagione Teatrale. Ci siamo orientati su questa strategia di audience development (?) per ridare vita a un mondo teatrale che si sta sempre più ghettizzando, con derive autoreferenziali. Al pubblico si favorisce sempre di più l’accesso ai grandi eventi, dimenticandoci che la produzione del pensiero è una gioia ben più grande di quello che può dare il puro intrattenimento. Il coinvolgimento diretto di proprietari di case, di attività lavorative, di luoghi di cultura e storia, ha la forza di attraversare trasversalmente la società coinvolgendo gruppi di persone vicine per complicità d’interessi e di affetti, permettendo loro un incontro con le arti performative contemporanee, che in altri luoghi non avverrebbe sicuramente. Andarsi a prendere il pubblico, mostrargli un’alternativa, anche molto complessa - perché qui non si tratta di arruffianarsi gli spettatori - non sottintendendo mai che esistono cose per intelligenti e cose per meno intelligenti. Questa distinzione nasce da chi si sente detentore del sapere non certo dalle persone che tutto possono e vogliono vedere, perché il vedere è sempre innocente, a differenza del guardare. La modalità di parlare in luoghi quotidiani di linguaggi contemporanei riduce anche la progressiva frustrazione che quest’ultimi hanno creato allontanandosi dalle persone e non chiarendo mai la fondamentale questione sul significato: il contemporaneo non è un mes-


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.
Juggling Magazine #75, june 2017 by Juggling Magazine - Issuu