Juggling Magazine #44 - september 2009

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Da Nord a Sud è una rubrica con spazi di approfondimento sul vivace ed importante segmento artistico del Teatro di Strada

XXII Mercantia Certaldo (FI) 15/19 luglio 2009 www.mercantiacertaldo.it Intervista a Alessandro Gigli direttore artistico Foto di Marcello Senesi

Ormai sono arrivato alla conclusione che non bisogna più parlare di arte di strada e l’ho già espresso nel manifesto del Quarto Teatro. Credo che dopo tanti anni di crescita di tutto il movimento degli artisti di strada, con 200 festival che esistono in tutta Italia, chi vuole essere promotore di una ricerca, di un approfondimento, debba parlare di teatro senza cercare alcuna altra definizione. L’arte di strada oggi non ha bisogno di promozione particolare, perché ci sono gli artisti, ci sono i festival, ci sono le scuole, eppure spesso manca ancora la qualità, la vita, l’esperienza del teatro, della parola. Quarto Teatro significa andare aldilà delle categorie. Non basta usare i trampoli, usare una maschera, puoi usare tutti gli attrezzi che vuoi, ma mentre finora per la novità, l’entusiasmo potevamo anche confondere gli strumenti con il teatro, credo che ormai questo non sia più possibile. Chiunque deve dimostrare attraverso i suoi “mezzi” di fare teatro, fare vita, intensità emotiva, comunicazione, portare un significato, superare il nostro piccolo mondo teatrale e rapportarsi ad un mondo più grande, solo così si può crescere senza nascondersi dietro le categorie. In una visione in cui il teatro e l’arte non è separata dalla vita quotidiana e dalla società, non parlare più di teatro di strada e parlare solo di teatro significa non parlare più di sud, nord, bianchi, neri, rossi, ideologia, e cominciare a parlare di vita, di esseri umani, di emozioni. Le definizioni a volte coprono delle mancanze, per cui se uno dice “io faccio teatro”, con tutto quello che questa parola ha portato con sé nel corso dei millenni, si trova più spiazzato che dire semplicemente sono un “artista di strada”, espres-

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sione abusata da persone che del teatro non conoscono neanche l’odore. Io ho visto nei Giardini segreti uno spettacolo di un’emozione e di un’intensità estrema, con il pubblico seduto a mezzo metro dall’attrice, lì non sentivo più la differenza tra teatro di strada, teatro di ricerca, etc. Qui a Certaldo ormai c’è teatro, perchè se usassi altre categorie dovrei dire che qui c’è un’insalata russa, un guazzabuglio di generi, ma non è così... In questa infinità di differenze c’è un’identità precisa, che dà la sensazione di essere perfino armoniosa, e la parola teatro di strada è diventato uno dei rami che l’albero Mercantia espone. Il mio sogno sarebbe poter assicurare sempre cose più belle, abbiamo alzato lo standard di accoglienza per gli operatorii, circa 270 tra artisti e tecnici sistemati in due ostelli, alberghi e appartamenti nel borgo, c’è la possibilità di andare in piscina, un punto ristoro con prezzi calmierati rispetto a quelli praticati al pubblico, un catalogo, la rivista, la scuola del Fiano. Ormai abbiamo orientato tutte le nostre risorse in questa direzione e abbiamo smesso di investire su esperienze collaterali, anche se sarebbe certamente interessante fare un vero convegno, o produrre i quaderni di Mercantia, affiancare la drammaturgia dei Giardini segreti con quelle degli spettacoli circensi. Chiaramente tra i presupposti teorici e la realtà c’è la prassi e queste idee non sono ancora pienamente realizzate, ma ci muoviamo in questa prospettiva. Qui ci sono delle street band, il teatro delle marionette, il cabaret e ci chiamiamo ancora Festival Internazionale dell’Arte di Strada. Cosa resta dell’arte di strada sono i valori e gli ideali che ci eravamo prefissi, il teatro di strada poteva essere un momento di ricerca di protesta, poi come tutte le cose quella che prima era ricerca e provocazione diventano istituzione e banalità. Ma restano quei valori, la condivisione tra attori e spettatori, la socialità, l’emozione, la comunicazione cuore e cuore. Credo che Mercantia possa essere un ser-

vizio per tutti, con la promozione e la copertura mediatica aiutiamo anche altri festival a nascere e crescere, produciamo lavoro, per non citare i 180.000 € di compensi che vanno agli artisti. E devo a questo proposito riconoscere la generosità di compagnie che per 1200 € hanno messo su uno spettacolo, rappresentandolo per 5 giorni, e non so se è giusto ancora approfittare di questa generosità che rasenta lo sfruttamento. D’altra parte rinunciare a questo significherebbe ridurre le festa del 20/30%, con la certezza di avvitarsi in una spirale negativa che farebbe implodere un festival dove il tenore della festa è alto e dove il pubblico viene anche per divertirsi.


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