KETOS/N.7/Maggio 2019

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K ETOS

N. 7/ Maggio 2019

JDC MAGAZINE

Le scogliere coralline


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In questo numero SCIENZA

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TARANTO CULLA DEI CETCAEI

NATURA

12 CURIOSITÀ

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COME E’ PROFONDO IL MARE Le scogliere coralline

L’EUROPA CHE UCCIDE

RUBRICA

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10 COSE DA SAPERE SU… La bioluminescenza

JDC NEWS

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È PRIMAVERA: A Taranto sboccia la cultura del mare

SPAZIO APERTO

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LA POSTA DEI LETTORI FOTO RACCONTACI


A cura di: Carmelo Fanizza Presidente e Fondatore JDC

Vittorio Pollazzon Responsabile Team e Autore Stefano Bellomo Responsabile Team e Autore Francesca C. Santacesaria Redattore e Autore Aldo Rizzo Autore Pasquale Bondanese Autore Roberto Crugliano Autore Alessandro Console

Grafico Elena Montrasio Editor

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TARANTO

CULLA DEI CET

6


O

TACEI

SCIENZA Da quanto tempo ci sono i delfini a Taranto? La risposta è molto semplice: i delfini a Taranto e nelle acque del suo Golfo ci sono da sempre. Racconti tra verità e mito svelano la loro esistenza nel nostro mare da ancor prima che la città di Taranto fosse fondata alcuni secoli prima di cristo. E con un balzo in avanti, le storie dei pescatori testimoniano la continua presenza nel tempo di grandi balene e delfini nelle acque in cui abitualmente navighiamo. Così il mare di Taranto e dei territori che si affacciano sul Golfo sembrano da sempre essere l’habitat prediletto da diverse specie di cetacei ma alcune domande sorgono spontanee. Sono qui solo di passaggio o il Golfo rappresenta la loro casa? Vengono qui solo per nutrirsi o questa è anche un'area importante per la loro riproduzione? Stenelle striate, tursiopi, grampi, capodogli e delfini comuni. Queste le specie che comunemente incontriamo. Di tutte queste specie la stenella striata, il tursiope ed il grampo sono risultate residenti nel nostro mare in quanto le ritroviamo durante tutto l’anno e le osserviamo in molteplici comportamenti, dal riposo alla caccia, dal “travelling” (ovvero nello spostamento verso altre aree) alla socializzazione. Per tutte e tre le specie più volte abbiamo avuto la fortuna di osservare la presenza di cuccioli accompagnati dalle loro madri. 7


Capodogli

Grampi

dalla coda e sono

Stenelle striate

Tursiopi

già in grado di nuotare per seguire la madre che dopo la nascita accompagna il piccolo verso la superficie per farlo respirare. In questa operazione talvolta, la madre, è coadiuvata da altre femmine,

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Non abbiamo mai assistito al momento del parto di un cetaceo in natura e, in generale, la comunità scientifica, sa davvero poco di questo meraviglioso momento in mare aperto. Ciò che si sa del parto è che, per tutti i cetacei, è

generalmente imparentate con lei e che vengono definite zie. Per le prime ore di vita la pinna dorsale del delfino non è ancora ben robusta e issata verso l’alto ma è ripiegata su sé stessa. Ecco, questo è proprio lo

podalico, ovvero, i piccoli nascono

spettacolo a cui abbiamo potuto


SCIENZA

assistere: cuccioli di poche ore di vita,

circa i 6 anni di età. Tra una gestazio-

accompagnati dalle madri con cui nuotano un po’ affannati e che dolcemente li aiutano a rimanere a galla e respirare. Per riconoscere i cetacei in questo stadio d'età, a pochi giorni di vita, osserviamo anche le grinze fetali, delle pieghe della pelle, caratteristica comune un po’ anche ai bambini neonati.

ne e l’altra vi è una pausa di 2-4 anni.

Le femmine di stenella striata, tursio-

Stenelle striate e Tursiopi hanno una vita sociale molto intensa, definita come “fission-fusion”. In due parole, la vita sociale di questi animali è caratterizzata dal continuo incontro e separazione dei gruppi familiari che, nella nostra area, si uniscono per socializzare e si separano per cacciare. I cuccioli di queste due specie, una volta

pe e grampo raggiungono la maturità sessuale più o meno nello stesso periodo, ovvero tra i 6 e i 12 anni di vita, la gestazione ha una durata di circa 12 mesi e danno alla luce, quasi sempre, un solo piccolo. Il periodo dello svezzamento è di circa 16-18 mesi ed i cuccioli, che siano essi femmine o maschi, rimangono legati alle loro madri sino a

diventati sub-adulti a poi adulti, se maschi tendono a separarsi dal gruppo di origine per unirsi ad altri gruppi o ad altri individui dello stesso sesso e della stessa età, continuando a vivere in una società molto dinamica e fluida. Discorso un po’ diverso per quanto riguarda i grampi, i quali hanno una società un po’ meno dinamica, in cui le 9


femmine tendono a rimanere maggiormente con il gruppo di appartenenza.

Meno e Bip 2017

Grazie alla foto-identificazione, tecnica di monitoraggio, siamo in grado di riconoscere ogni singolo individuo della popolazione di Tursiopi e Grampi e dall'analisi dei dati possiamo studiare le relazioni mamma-cucciolo per diversi anni ed osservare quando, una stessa mamma tursiope o una mamma grampo, mettono al mondo un nuovo cucciolo nell’arco della loro vita. Così possiamo raccontarvi la storia di Meno e Bip, mamma grampo ed il suo cucciolo, che abbiamo osservato a pochi giorni dalla sua nascita e che presentava evidenti grinze fetali sul suo corpo. Li abbiamo osservati per la prima volta insieme a settembre 2017 e con grande meraviglia abbiamo riosservato il piccolo Bip, cresciuto tantissimo, nell’estate del 2018 sempre di fianco la sua grande mamma. E ci sono anche Surf e Mario, un’altra storia di una mamma Grampo (Surf) ed il suo piccolo (Mario) che per la prima volta sono stati osservati insieme nell’estate del 2018 e ad aprile 2019 il “piccolo” Mario è stato riavvistato, in un primo momento, nuotare da solo tra le onde di prua incuriosito dalla nostra imbarcazione. Subito dopo al suo fianco mamma Surf che lo osservava da lontano. In realtà, non ci di deve stupire del fatto che, in pochi mesi, i cuccioli siano cresciuti molto di stazza e corporatura. Il latte materno dei cetacei è tra i più nutrienti del mondo animale e 10

Surf e Mario 2018

Mario 2019


SCIENZA 2018

consente ai piccoli di crescere in fretta e diventare abili nuotatori nel più breve tempo possibile, sia per poter affiancare il resto del loro gruppo familiare, sia per poter scappare da eventuali predatori come i grandi squali o le orche. Per quanto riguarda le altre due specie osservate nel nostro mare, ovvero i delfini comuni ed i capodogli, non possiamo affermare tanto quanto affermiamo per le altre specie. i delfini comuni, purtroppo, vengono avvistati raramente e mai con cuccioli mentre, i capodogli sono stati avvistati con cuccioli ma ad oggi non abbiamo la certezza che le acque del Golfo di Taranto vengano utilizzate da loro come Nursery. Nel luglio 2016 abbiamo incontrato per la prima volta un cucciolo di qualche anno e lo abbiamo rivisto poi nell’ottobre seguente accompagnato dalla sua unità di altri sei

individui. A settembre 2018, un nuovo cucciolo più piccolo ed accompagnato anch’esso dalla sua unità di 6 individui, diversa però da quella osservata nel 2016. Questo conferma l'idea che le nostre acque calde e ricche di cibo rappresentano un habitat importante per queste unità, le quali, sono quasi sicuramente costituite da individui di sesso femminile. i capodogli hanno una struttura estremamente matriarcale e un nuovo nato di sesso femminile non abbandonerà mai la sua unità e rimarrà all’interno della stessa per tutta la sua vita. I legami tra gli individui di una stessa unità, infatti, sono fondamentali nella vita di questi giganti degli abissi a tal punto che si realizza un vero e proprio baby-sitting quando una madre si immerge nelle profondità per cacciare e le altre femmine del gruppo accudiscono e proteggono il piccolo nell’attesa dell’emersione della madre.

Il Golfo di Taranto, quindi, si presta ad essere una “culla dei cetacei”, un luogo da proteggere e valorizzare al meglio. Stefano Bellomo 11


Come è PROFONDO il mare…

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LE SCOGLIERE CORALLINE ECOSISTEMI COMPLESSI. Si tratta di esacoralli, dell’ordine Scleractinia, con uno scheletro di carbonato di calcio (CaCO3) la cui sedimentazione porta alla formazione dei coral reef. Ogni corallo è formato da migliaia di individui identici definiti polipi, ognuno dei quali è grande solo pochi millimetri. Il colore giallo-marrone della maggior parte dei coralli è dovuto alla simbiosi con dinoflagellati (Symbiodinium microadriaticum), microscopiche alghe per lo più unicellulari e flagellate. UN PO’ CIASCUNO. Le alghe grazie alla fotosintesi forniscono al polipo energia sotto forma di zuccheri, producono ossigeno ed eliminano anidride carbonica che potrebbe danneggiare lo scheletro calcareo dei polipi. In cambio, il polipo offre sostanze nutritive (fosfati, nitrati ecc.) e protezione per le alghe ospiti. AL CALDO DEI TROPICI. La temperatura che non deve essere mai inferiore ai 18-20°C. Per questo motivo la maggior parte delle barriere coralline è collocata nella fascia intertropicale con particolare abbondanza intorno l’Equatore. PAURA DEL BUIO! Per la sopravvivenza delle Zooxantellae simbionti e quindi degli stessi polipi la luce è fondamentale. Per tanto la profondità non supera mai il limite della zona fotica.

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Sistemi complessi, quelli delle scogliere coralline, in cui specie diverse si ritrovano a coesistere.

LA LORO DISTRIBUZIONE La distribuzione delle barriere coralline è limitata ai mari tropicali, identificata dall’isoterma dei 20°C ed è compresa tra i 30°N e i 30°S di latitudine. Con un’estensione totale di circa 600.000 km2 i reef corallini sono presenti in tre regioni geografiche principali: l’Indo-Pacifica che include Filippine, Indonesia e Malesia, oltre ad Africa e alle Hawaii (Coral Triangle); la regione dell’Atlantico Occidentale, dalla Florida al Brasile; il Mar Rosso. Questa suddivisione biogeografica implica la presenza di comunità differenti in ogni area. Secondo uno studio la regione Indo-Pacifica rappresenta la più ricca, con oltre il 75% circa di tutte le specie di coralli ermatipici conosciuti. 14

L’ecosistema viene mantenuto in un gioco di equilibri tra prede e predatori in cui non vi è mai un vincitore assoluto: una specie vince su una seconda ma risulta perdente nei confronti di una terza. L’elevatissima competizione che si crea favorisce i processi di speciazione e di conseguenza l’incremento della biodiversità, rendendo tali habitat degli “hot spot” con una grande varietà di specie animali e vegetali. Oltre alle fanerogame marine come il genere Thalassodendron e mangrovieti, tra i produttori primari ricordiamo numerose alghe rosse incrostanti, come quelle del genere Porolithon considerate tra le principali alghe biocostruttrici dei coral reef, e le alghe verdi del genere Caulerpa o della specie Halimeda tuna.


NATURA

Paracanthurus hepatus

Siganus stellatus

Diadema setosum

Fondamentali, per limitare l’insediamento e la crescita di alghe che potrebbero ostacolare la sopravvivenza dei coralli, sono i consumatori primari. Ricci di mare, crostacei, molluschi e varie specie di pesci sono fra i più attivi erbivori del reef. Ad esempio il Diadema setosum, un riccio nero dai lunghi aculei velenosi, che rappresenta il più importante pascolatore dei reef. E ancora il pesce chirurgo (Paracanthurus hepatus) chiamato così per la presenza di una lamella tagliente sulla coda, ghiotto di alghe a tallo grosso, il pesce coniglio (Siganus stellatus) che si nutre di macroalghe, e i pesci pappagallo (Scarus cretensis) che utilizzano la bocca robusta a forma di becco per rompere i coralli duri e nutrirsi delle Zooxantellae.

Risalendo la rete trofica troviamo i consumatori secondari. Tra queste specie, la stella Acanthaster plancii predatore delle scogliere coralline, in grado di ingerire i polipi provocando lo sbiancamnto (bleaching) del corallo. Altri “corallivori” sono i pesci farfalla appartenenti alla famiglia delle Chaetodontidae (Chelmon rostratus) che utilizzano il loro muso sporgente per nutrirsi dei polipi dei coralli. I pesci balestra (Balistes capriscus) con la loro piccola bocca soffiano sul fondale sabbioso costringendo i piccoli invertebrati ad uscire dal substrato e a diventare prede. Ed i pesci angelo (Pomacanthus imperator) della famiglia delle Pomacanthidae che si nutrono di zooplancton e piccoli invertebrati, oltre a spugne, alghe e coralli. 15


Scarus cretensis

Alvinella pompejana

Chelmon rostratus

Balistes capriscus

Sparus aurata

Diplodus sargus

Dentex dentex

Epinephelus marginatus

Seriola dumerili

Sphyraena sphyraena

Triaenodon obesus

Carcharhinus melanopterus

Carcharhinus amblyrhynchos

Acanthephyra eximia

Pomacanthus imperator

Acanthephyra eximia

Oblada melanura

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NATURA Ma allo stesso tempo, anche i coralli sono predatori, nello specifico filtratori che si nutrono di plancton. Risalendo ancora la rete trofica troviamo i consumatori terziari. Essi si cibano tipicamente di consumatori secondari, ma non solo. Tra questi orate (Sparus aurata), occhiate (Oblada melanura), sarago maggiore (Diplodus sargus), dentice (Dentex dentex) e diverse specie di cernie (Epinephelus sp.). Proprio queste ultime, unitamente a specie della famiglia Carangidae come la ricciola (Seriola dumerili), e i barracuda (Sphyraena sp., famiglia Sphyraenidae) sono considerati bioindicatori di buon stato di salute dell’ecosistema. All’ultimo anello della rete trofica, parliamo quindi dei predatori di vertice, troviamo gli squali. Considerati anch’essi rappresentanti di elevata qualità ambientale e salute dei reef, fra le specie più comuni ricordiamo lo squalo pinna bianca (Triaenodon obesus), lo squalo grigio (Carcharhinus amblyrhynchos) e lo squalo pinna nera (Carcharhinus melanopterus). Come abbiamo visto, la vera ricchezza della barriera corallina è la biodiversità. Fino ad oggi sono state classificate circa 4000 specie di pesci e 800 di coralli, e si calcola che da 1 a 9 milioni di specie tra vertebrati e invertebrati vivono o sfruttano in qualche modo la barriera. L’importanza ecologica di un tale ecosistema risiede proprio nella possibilità della coesistenza di numerose specie che esso offre.

S.O.S CORAL REEF Le barriere coralline sono costantemente minacciate dalle attività umane: lo sviluppo costiero, la pesca eccessiva e l’inquinamento mettono in serio pericolo l’85% del Coral Triangle. Il repentino innalzamento della temperatura degli oceani sta provocando l’espulsione dai tessuti del corallo di Zooxantelle con il conseguente sbiancamento dello stesso (bleaching). I coralli, privi della loro “alga vitale”, diventano estremamente fragili, una condizione che molto spesso ne impedisce il recupero. Inoltre, per l’elevata quantità di CO2 nell’atmosfera, che viene poi disciolta in mare, assistiamo ad un abbassamento di pH negli oceani. L’acidificazione comporta la dissoluzione del CaCO3. e la riduzione della concentrazione di ioni carbonato (CO32-). Come conseguenza si avrà un danneggiamento dello scheletro e una riduzione del tasso di crescita delle conchiglie e scheletri calcarei. Roberto Crugliano 17


L’Europa che uccide Inorridiamo vedendo le immagini del massacro che avviene ogni anno in Giappone, nella baia di Taiji, e distogliamo l’attenzione sugli efferati crimini che avvengono in Europa. Poco lontano da noi, nel nord della Francia e alle isole Fær Øer, Danimarca, ogni anno il mare si tinge del sangue di migliaia di cetacei.

A poco serve sapere che la maggior parte delle specie uccise sono in via di estinzione e quindi protette: la mattanza prosegue a discapito di tutto. 200 è il numero di Globicefali che dall’inizio del 2019 sono stati uccisi lungo le coste delle isole Fær Øer. Una tradizione secolare chiamata Grindadráp, letteralmente “uccisione della balena”, nata con lo

scopo di portare sostentamento alla popolazione e trasformatasi in un gioco a cui tutti possono partecipare. In queste giornate di Grindadráp, si respira quasi un’aria di festa, centinaia di persone accorrono ad “ammirare” questo macabro “spettacolo” mentre pod di globicefali e delfini vengono spaventati e uccisi. I cetacei confusi, storditi e accerchiati con le barche, sono spinti verso la costa dove ad attenderli trovano centinaia di persone che li infilzano dallo sfiatatoio recidendogli il midollo spinale. Una morte atroce che può sopraggiungere dopo minuti di agonia. In queste giornate di Grindadráp, si respira quasi un’aria di festa, centinaia di persone di persone che li infilzano dallo sfiatatoio recidendogli il midollo spinale.

LEGGI PER LA TUTELA DEI CETACEI

In Europa i cetacei sono protetti dalla Convention on the Conservation of European Wildlife and Natural Habitats (convenzione di Berna,1979) il cui obiettivo è quello di conservare la flora e la fauna selvatica e i loro habitat naturali, specialmente le specie la cui tutela dipende dalla collaborazione tra diversi stati. Inoltre, per contrastare queste stragi nel 1992 la Commissione Europea emanò la Direttiva Habitat 18

che ripudia e vieta qualsiasi forma di disturbo cattura o uccisione in tutti gli stati Membri. Ed ancora, a livello mondiale troviamo la IWC (International Whaling Commission), nata nel 1946 per regolamentare l’industria baleniera, che cerca di porre limiti sulla cattura, sui metodi di caccia e sulla definizione di aree protette, muovendosi verso una maggiore tutela dei cetacei.


CURIOSITÀ

Una morte atroce che può sopraggiungere dopo minuti di agonia. A rendere ancor più spietata la mattanza, il fatto che si tratta di animali intelligenti e sociali, che provano terrore e soffrono nel veder trucidati i propri compagni. I faroesi non risparmiano nessuno: piccoli e femmine incinte sono vittime di questa mattanza. Questa tradizione viene difesa a spada tratta dal governo faroese che in quanto regione autonoma del Regno di Danimarca non fa parte dell’Unione Europea e non è tenuta a sottostare alle sue direttive. D’altra parte, però, la Danimarca, stato membro dell’unione europea, ha sempre ignorato la situa-

caso risulta essere la difficile convivenza tra pescatori e cetacei: gli animali restano intrappolati nelle reti dei grandi pescherecci industriali o di quelle trainate da imbarcazioni più piccole, che agiscono in coppie. I delfini intrappolati muoiono annegati o in alcuni casi vengono pescati vivi e a terminare la strage ci pensano i pescatori a bordo delle navi. Il 90% delle carcasse che regolarmente arrivano sulle spiagge francesi mostrano fratture, code e pinne spezzate e profonde incisioni nella pelle causate dalle reti. Per gli esperti il 2019 sarà un “anno nero” per i delfini francesi con risultati terrificanti alla stregua delle stragi della

zione ed in passato ha addirittura inviato squadre di militari e funzionari della polizia per difendere i cacciatori dagli attivisti e permettere il proseguimento della Grindadráp.

“baia di Taiji” e delle isole Fær Øer. Le autorità francesi, da tempo a conoscenza di questo fenomeno, hanno preso alcune contromisure, come allarmi sonori per spaventare i cetacei, che non sono risultate sufficienti a salvare i delfini da questa mattanza che prosegue con numeri insopportabili.

Un altro tipo di strage è quella a cui assistiamo nel nord della Francia dove, negli ultimi mesi sono stati uccisi oltre mille delfini. La causa in questo

Vittorio Pollanzon 19


10 1.

La bioluminescenza

LUCI NEL MARE

Navigando sul mare di notte, all’infrangersi dell’acqua sulla prua dell’imbarcazione si può assistere ad uno spettacolo inaspettato: migliaia di lampadine che si accendono e fanno brillare il mare. Un fenomeno che incanta ma che pochi conoscono: la bioluminescenza. Milioni di anni prima dell’invenzione della lampadina di Thomas Edison, la natura aveva già dotato alcuni esseri viventi della capacità di emettere luce. La bioluminescenza è legata soprattutto agli organismi marini che nel buio del mare di notte o nell’oscurità degli abissi adottano la luce come meccanismo di difesa o di caccia. Ma riguarda anche animali che popolano la terra: coleotteri come le lucciole e i cosiddetti vermi luminosi. Questo fenomeno permette ad una miriade di organismi di generare luce per nascondersi o farsi notare, per adescare le prede o per evitare di essere mangiati, per comunicare o per muoversi nel buio. 20

2.

IL MECCANISMO

Si basa tutto sul meccanismo della chemiluminescenza: una reazione chimica in cui molecole, prodotte in uno stato eccitato, rilasciano energia sotto forma di radiazione luminosa per tornare nel loro stato fondamentale. La reazione consiste nell’ossidazione della proteina luciferina ad opera dell’enzima luciferasi, con la conseguente produzione di luce. Nei batteri la bioluminescenza è associata al consumo di ossigeno (O2) e quindi avviene solo in condizioni di aerobiosi. Infatti, molti organismi marini, associandosi a batteri, sfruttano questa loro capacità fornendoli più o meno ossigeno a seconda della necessità di accendere o spegnere la luce. Nella maggior parte dei casi, comunque, l’evoluzione ha dotato pesci, cefalopodi, cnidari e altri invertebrati marini della capacità di produrre autonomamente la luce grazie alla presenza di particolari cellule, fotociti, libere o riunite in organi chiamati fotofori.


3.

RUBRICA IL MARE DI LATTE

Correva l’anno 1995 quando un satellite americano in orbita sull’oceano indiano catturò un’immagine molto particolare e per tanti inspiegabile. Un’enorme macchia luminosa nel buio del mare di notte a largo della costa somala. Con un’estensione stimata di 15500km2, quest’area bianca e luminosa incuriosì tantissimi scienziati: non si trattava di nuvole e tanto meno dell’opera dell’uomo. Ma cos’era allora? Sembrerebbe che gli autori di questo spettacolare fenomeno siano i batteri della specie Vibrio harveyi. Questi organismi, grandi in media 2 millesimi di millimetro, moltiplicandosi a dismisura, oltre i 100miliardi per litro d’acqua, potrebbero produrre una luminescenza così potente da poter essere vista dallo spazio! Noctiluca scintillans

4.

FESTIVAL DELLA LUCE

Dal rosso accesso di giorno a bagliori blu di notte, uno spettacolo di luci a cui si assiste nei fiumi e mari durante la fioritura di Noctiluca scintillans. Questi sono organismi unicellulari muniti di flagello bioluminescenti, noti anche come "fuoco di mare". Negli ultimi anni la loro presenza e abbondanza è aumentata nei mari di tutto il mondo, regalando scenari inaspettati, festival della luce, che da un lato incantano e dall’altro preoccupano. Infatti, secondo gli esperti questa crescita incontrollata sembra essere un “effetto” dei cambiamenti climatici. Inoltre, le grandi fioriture di Noctiluca possono avere conseguenze sulla catena alimentare: questi organismi sono voraci divoratori di diatomee, il principale cibo del krill competendo con questi ultimi e riducendone la fonte di sostentamento. Quando muore, poi, la Noctiluca rilascia in acqua elevate concentrazioni di ammoniaca che possono portare ad irritazione agli occhi e alla pelle.

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5.

ENERGIA BIOLOGICA

L’uomo da sempre trova la sua ispirazione dall’osservazione della natura ed ancora una volta ne ha preso esempio. Nel 2014, quando le filippine furono colpite da un ciclone e gli abitanti rimasero senza luce, le loro abitazioni furono dotate di secchi di acqua marina arricchiti di plancton bioluminescente, così la luce tornò nelle loro case. Ma non è finita qui, c’è chi ha progettato vere e proprie lampade a bioluminescenza. Una start-up francese Glowee, partendo dallo studio dei i geni responsabili della bioluminescenza nei batteri che vivono in simbiosi coi calamari e con le meduse, ha realizzato “lampadine” di colture batteriche bioluminescenti che grazie alla presenza dei nutrienti necessari per la crescita e la riproduzione dei batteri continuano a fare luce. Hanno sperimentato illuminazioni di vetrine, insegne pubblicitarie, lampioni e segnaletica stradale!

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6.

LUCE PER LA SALUTE UMANA

La medusa bioluminescente, Aequorea victoria nota come medusa cristallo, per disorientare i suoi predatori emette una serie di flash di luce verde. Questa medusa oltre ad avere al suo interno una variante della luciferina chiamata equorina, presenta una proteina accessoria fluorescente, la GFP (green fluorescent protein), che converte la luce blu in luce verde. Questa proteina ha reso la medusa cristallo una star da premio Nobel. Infatti, nel 2008, Osamu Shimomura, vinse il premio Nobel per la chimica per aver isolato e classificato questa proteina. Perché è cosi importante? Bè la GFP funziona come marcatore molecolare, facilmente rilevabile, per lo studio dei processi di crescita e sviluppo cellulare (particolarmente importante per lo studio di tumori e cellule neuronali), per studi di espressione genica e tanti altri aspetti della biologia molecolare. Insomma, la medusa cristallo ha fatto luce su tanti aspetti della natura umana fino ad allora sconosciuti!


7.

I COLORI DELLA BIOLUMINESCENZA

Quando pensiamo a questo fenomeno spesso nella nostra mente appare l’immagine di spiagge ricoperte da scintillii di colore blu. Effettivamente il colore dominante di questo fenomeno nel mare è proprio il blu: queste lunghezze d’onda nell’acqua si propagano a distanze maggiori diventando più visibili. Ma quest’incredibile spettacolo si può tingere di colori diversi: dal rosso al giallo, per arrivare al verde. Un esempio ce lo forniscono i vermi planctonici del genere Tomopteris. Questi organismi sono tra i pochi che, quando disturbati, emettono luci gialle in una raffica di scintille. A colorarsi di verde troviamo un piccolo calamaro, che mentre di giorno usa fotofori blu nelle acque più profonde, salendo in superficie durante la notte si tinge di verde. Gli organismi marini possono ricorrere a filtri e proteine accessorie fluorescenti per variare la lunghezza d’onda delle loro emissioni e quindi il colore della luce visibile.

8.

RUBRICA I LUOGHI ILLUMINATI

Guardare il cielo nel mare che sembra illuminarsi di una moltitudine di stelle e passeggiare nei paraggi di questo spettacolo diventa un'esperienza quasi magica e che in molti vogliono provare. L’Indonesia, l’Australia, la California e le Maldive sono solo alcuni dei posti in cui è possibile farlo. Quello che in pochi sanno è che non c’è bisogno di andare così lontano. Basta fare una passeggiata estiva di notte lungo le coste pugliesi per osservare il mare che si colora di blu elettrico. Ancora meglio se vi concedete un’escursione in canoa o in barca, l’infrangersi dell’acqua attiverà queste piccole creature regalandovi un meraviglioso spettacolo.

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“Il mare appariva come illuminato da sotto la superficie dell’acqua. La luminescenza disegnava sul mare un grande ovale al cui centro sembrava bruciare un falò che andava gradatamente attenuandosi verso le estremità. –Può essere un agglomerato di piccoli animali marini fosforescenti.- osservò un ufficiale...” Jules Verne – 20000 leghe sotto i mari

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RUBRICA

9.

PREDATORI E PREDE

Nelle profondità degli abissi la bioluminescenza può garantire la sopravvivenza o meno degli organismi ed è un utile arma di difesa dai predatori o di attacco delle prede. L’Histioteuthis heteropsis, con il suo corpo ricoperto da fotofori, manda flash improvvisi che depistano i predatori e con nubi luminose espulse dalla sacca dell’inchiostro li indirizza verso falsi obiettivi. I pesci vipera, invece, hanno l’interno della bocca ricoperto di punti luminosi che attirano le prede curiose. Basta chiudere la bocca e il pranzo è servito! Ed ancora i pesci lanterna, come Chaenophryne longiceps, che illuminando l’esca all’apice della loro lenza attirano le prede vicino alla loro bocca.

10.

APPUNTAMENTO A LUME DI FLUORESCENZA

Alla luce della luna piena, le anguille del genere Kaupichphys sembrano ritrovarsi attraverso l’attivazione della loro biofluorescenza. Sembra che queste anguille, generalmente schive, grazie alla loro luminosità escano allo scoperto, si trovino nel buio della notte e si mettano in contatto nel momento della riproduzione. La luce ancora una volta gioca un ruolo fondamentale per la loro sopravvivenza e rappresenta un vantaggio evolutivo: i loro predatori sono incapaci di vedere quel tipo di luce e, quindi, di trovarli nel buio della notte. La luce garantisce così il loro successo riproduttivo. Francesca Santacesaria 25


È primavera

Sboccia la cultura del mare “Per amare la natura e sapere come tutelarla bisogna conoscerla” Con queste parole la professoressa Mancini, Liceo Ferraris di Taranto, ha iniziato a spiegarci le motivazioni che la spingono ogni anno a portare i suoi studenti a bordo delle nostre imbarcazioni. Con poche e semplici parole ha riassunto perfettamente la ragione per cui ogni giorno uscendo in mare ci teniamo a raccontare e condividere con i turisti, gli studenti e tutti i fruitori dell’esperienza le nostre conoscenze. Coinvolgerli nelle nostre attività significa far vedere la natura e il mare sotto una luce diversa, scoprire le meraviglie che nascondono e avere una consapevolezza nuova sul valore della “risorsa mare”. Un piccolo seme da cui possono nascere grandi cose. È proprio in quest’ottica che, a maggio, la “cultura del mare” si è diffusa tra le strade e nei luoghi della città di Taranto, superandone i confini e arrivando a 26

coinvolgere scuole di tutta la Puglia.

Tra libri, cortometraggi e incontri sulla blue economy, Taranto torna a splendere come città dei due mari e noi siamo felici di aver preso parte a questo movimento. Dal 2 al 5 maggio al Castello Aragonese si è svolto “2 mari di Libri-La fiera della letteratura del mare”: storie, racconti e pagine sul mare hanno preso vita riempendo i grandi spazi del castello e riecheggiando nelle menti di molti. Il progetto, nato dall’idea del libro come strumento di crescita e veliero di cittadinanza attiva e responsabile, mira a superare l’idea di Taranto come città dell’ILVA e vuole ampliare e migliorare la qualità della vita della comunità alimentando focolai di conoscenza per mezzo della lettura e del libro. Così, ad esempio, è stata raccontata la storia della “balenottera Mar” una fiaba contemporanea che racconta di onde, trivelle, migranti e solidarietà.


JDC NEWS

In un clima del genere era inevitabile finire a parlare di Blue Economy e dei nuovi modelli di sostenibilità prima in un incontro tenutosi a Monopoli il 9 maggio e poi in una settimana di alternanza scuola-lavoro con i ragazzi del liceo Ferraris. Temi importanti che abbiamo avuto il piacere di affrontare durante la presentazione del libro con l’autore Tom-

Questa è la Taranto vera, non quella della difficoltà, dei problemi connessi al lavoro e soprattutto alla mancanza di lavoro. Taranto non è una città sul mare ma è una città di mare. Ci sono migliaia di turisti,

A rendere gli studenti di tutta la puglia protagonisti nel raccontare il mare, fonte di sviluppo importantissima per il nostro territorio, ci ha pensato il Corto2Mari. La prima edizione del festival del cortometraggio dei mari di Taranto, organizzato dal Liceo Aristosseno (capofila) e di cui siamo felici di essere stati partner, si è tenuta dal 20 al 21 maggio al Teatro Orfeo di Taranto. 35 le opere in gara di studenti delle scuole medie e superiori della Puglia, Basilicata e Calabria e 15 i lavori fuori concorso (di enti e associazioni) che

che stanno entrando a Taranto dalla porta principale: il mare. È importante che la prima cosa che si veda non siano le ciminiere ma i delfini che ogni giorno si affacciano all’arrivo dei catamarani della JDC ad esempio. Per Taranto c’è bisogno di un futuro migliore che questa città merita e che presto avrà.

sono stati proiettati e giudicati nel corso di queste giornate. L’obiettivo del festival è quello di riaccendere l’idea del mare come risorsa fondamentale per lo sviluppo del territorio e creare connessioni tra i vari enti e realtà della filiera del mare.

maso Di Francesco, giornalista del Manifesto. E ancora la presentazione dei sei mesi di “KETOS-JDC magazine”, un’occasione importante per raccontare il nostro lavoro e le ragioni che spingono a realizzarlo.

Rocco De Franchi-consigliere regionale

Francesca Santacesaria 27


La posta dei lettori Sono nata ed ho sempre vissuto lontana dal mare ma ne ho sempre sentita la mancanza. Le mie scelte mi hanno portata ad intraprendere percorsi che in un modo o nell’altro mi hanno condotta a voler vivere a contatto con la natura, il mare e gli animali che lo abitano e, di conseguenza, nella bella città di Taranto. Grazie al campo di ricerca organizzato dalla Jonian Dolphin Conservation e al suo programma di volontariato, ho avuto ed ancora oggi sto avendo, l’opportunità di poter imparare e acquisire molte conoscenze nell’ambito della conservazione marina e soprattutto di vedere ogni giorno quanta meraviglia possano offrire i cetacei del mare di Taranto: vedere esemplari di Stenella e Tursiope emergere dall’acqua e socializzare tra di loro è uno spettacolo da non perdere, una dimostrazione di quanto sia affascinante il nostro pianeta e con quanta cura e rispetto debba essere preservato. A bordo dei catamarani Extraordinaria e Taras, turisti italiani e stranieri ma anche gruppi scolastici, hanno la possibilità di avvistare ben quattro specie diverse di cetacei che vivono nel Golfo di Taranto: l’attività di avvistamento può richiedere a volte poco tempo, altre volte bisogna armarsi di pazienza e nel frattempo imparare dai momenti didattici proposti dai biologi a bordo: la Citizen 28

Science di portare avanti la ricerca, mettere a punto studi scientifici (come la foto-identificazione e la registrazione delle vocalizzazioni tramite idrofono) e conoscere sempre più nel dettaglio informazioni sugli spostamenti e il riconoscimento di queste splendide creature. Tutto ciò è reso possibile ogni giorno grazie alle attività di un team variegato costituito da persone che hanno competenze e conoscenze diverse così da poter unire le loro forze e creare una sinergia vincente. La passione che questi ragazzi mettono nelle loro ricerche e nel loro lavoro la si vede immediatamente quando, parlandoci, ti dicono “Quello che faccio ogni giorno non è un lavoro ma è una passione perché ho la possibilità di fare ciò che amo e proteggere ciò in cui credo”. E hanno ragione: la tutela e la salvaguardia dei nostri mari è estremamente importante poiché essi regolano il clima, generano la maggior parte dell’ossigeno che respiriamo, ci danno nutrimento e tant’altro. Questa è un’esperienza che va assolutamente vissuta e che ci si porta nel cuore perché crea nelle persone una consapevolezza che spesso rimane non ben chiara e nascosta dietro ad abitudini e non curanze.

Clara Mainetti


SPAZIO APERTO

FOTO RACCONTACI Immergersi nella natura. Esplorare, con rispetto, per comprendere. Osservare il mondo con occhio più attento. Entrare a stretto contatto con i delfini, animali simbolo per eccellenza di libertà. Questo è quello che i nostri lettori-voi– avete vissuto a bordo dei nostri catamarani e che ci avete raccontato con queste foto. Per partecipare inviate le vostro foto all’indirizzo mail: lia@joniandolphin.it

Ph: Clara Mainetti

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1 Martina Ficocelli

2 Clara Mainetti

3e4 Agata Protopapa

5 Vincenzo Segreto

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