Pino Pascali. Il libero gioco della scultura

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Più che ironizzare sull’immaginario e sull’iconografia sessuale, credo che Pascali iniziasse a fare il verso alla ricerca formalista plastica e pittorica a lui coeva, quella delle cosiddette “tele estroflesse”: una pratica avviata in Italia da Burri, poi rifinita da Castellani e da Mauri e sviluppata in senso più tridimensionale dallo stesso Pascali e da Bonalumi proprio in quegli anni. Nessuno di questi artisti era sconosciuto a Pascali: Burri godeva di grande stima presso la generazione di Pascali e nell’ambito della Scuola di Piazza del Popolo, intorno a cui gravitava lo stesso Mauri; Castellani e Bonalumi, dal canto loro, pur lavorando a Milano, erano ben conosciuti a Roma anche per via delle mostre che avevano tenuto presso la galleria La Tartaruga, mostre che naturalmente Pascali aveva visitato. Rispetto alla ricerca aniconica e impegnata degli artisti milanesi, quella di Pascali sconfina evidentemente in una parodia di alleggerimento: le sue sono Veneri nere in costume da bagno... I pezzi anatomici risentono dunque di un universo variegato di riferimenti iconografici, storici e stilistici. La serie si colloca a metà tra sintagmi pop e ancestrali, legati da un unico intento parodistico. Per Bruno Corà si tratta di dee della fertilità, di archetipi femminili della Magna Madre,21 come del resto per Alberto Boatto, che le definisce proiezioni totemiche del desiderio di un adolescente eccitato, 22 mentre per Enrico Crispolti si tratterebbe di totem privati, semplici, domestici del corpo femminile.23 È certo che questi pezzi di donna evocano analogie con il magico, il primitivo, il rituale, alludendo a forme primarie della femminilità. In tal modo Pascali toglie da queste icone la patina del consumo: ciò che era stereotipo sessuale si fa totem. Per altri versi, se proviamo a guardare queste forme secondo un’ottica privata e domestica, forse potremmo interpretarle come ciò che vedrebbe un neonato che guarda la madre: una grande bocca che lo bacia, grandi seni che lo allattano, un grande grembo che lo accoglie. I tagli delle figure in tal senso sarebbero giustificati dal campo di visione dell’occhio infantile. I pezzi anatomici si potrebbero in sintesi definire come visioni scaturite dallo stupore originario dell’artista-bambino nei confronti della figura della donna e della nitidezza della forma plastica.

6. Donne All’inizio degli anni sessanta e per tutto il decennio diversi artisti trattano il tema della bellezza femminile stereotipata, dell’icona sexy, della Venere classica rivisitata in chiave contemporanea. Non che il tema fosse nuovo nella tradizione della scultura e della pittura, ma in questo periodo ci fu una sorta di consapevole distinzione tra il cliché e le sue rivisitazioni. Non si trattava solo di raffigurare la bellezza femminile così come ogni l’epoca 32

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