Dostoevskij e il Vangelo di Giovanni Le fasi più importanti del Martinismo
Cenni di teologia apofatica e teosofia ermetica
Loggia Martinista "Silentium"
Info e contatti: loggiasilentium@gmail.com
La Fenice è il notiziario della Loggia Martinista "Silentium" dedicato agli studi sul Martinismo e sulla Tradizione.
È uno spazio di incontro fra quanti, animati da interno desiderio, vogliono condividere la propria esperienza con coloro che sono in cammino o si apprestano a farlo, nel solco della Tradizione
L'editing e la pubblicazione online sono a cura di:
Iperion S:::I:::I:::
La revisione dei testi è stata curata da:
Eros S:::I::: Bes S:::I::: Sator S:::I:::
Samas S:::I::: Hathor I:::I:::
La Sezione artisticoletteraria è curata da:
Samas S:::I:::
Hanno scritto su questo numero della rivista:
Iperion S:::I:::I::: Bes S:::I:::
Antares A:::I::: L. Valentini
La responsabilità degli articoli è lasciata interamente ai singoli autori e non impegna, per il loro contenuto, la Loggia Martinista "Silentium"
Il presente notiziario:
non ha carattere di periodicità
non contiene pubblicità
non è in vendita
ha diffusione esclusivamente online
La Fenice
No 11 Estate 2024
Editoriale
‒ I dieci anni della Loggia Martinista "Silentium" di Iperion S:::I:::I:::
Rassegna Martinista
‒ Purificare la Luna (Iperion S:::I:::I:::)
‒ Gli strumenti martinisti e il pantacolo (Bes S:::I:::)
Sentieri della Tradizione
‒ Dostoevskij e il Vangelo di Giovanni (Antares A:::I:::)
La Parola ritrovata
‒ Le fasi più importanti del Martinismo (Nebo M:::P:::)
Contributi
‒ Cenni di teologia apofatica e teosofia ermetica di Luca Valentini
Petali
- Interventi e recensioni (a cura di Samas S:::I:::): Ottava di Bingen, Dario Chioli, Darean ÅM Isman, Iset
Vita Fraterna
- La loggia martinista "Silentium" e i suoi Gruppi
- Calendario operativo
non diffonde o scambia informazioni sulle attuali condizioni politiche/economiche/sociali del Paese
non costituisce testata giornalistica o prodotto editoriale ai sensi della legge 62/2001.
Alcune immagini o testi sono tratti da internet e, pertanto, considerati di pubblico dominio Qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti di autore, vogliate comunicarlo via mail (loggiasilentium@gmail com) e saranno immediatamente rimossi
La Fenice Editoriale
I dieci anni della Loggia Martinista "Silentium"
di Iperion S:::I:::I:::
Accendi un fuoco e io l’avverto; sussurri un rito e io l’avverto sorrido per la tua bellezza e tu mi baci: non è Magia, non è Amore, non è Arte, è il vento dell’Anima Una che siamo da sempre. (L Valentini, Fuoco e Venere)
Cara lettrice, caro lettore, sono trascorsi dieci anni da quando la Loggia Martinista “Silentium” è stata installata presso la collina di Pescara, ospite, allora come ora, di diverse strutture massoniche amiche.
Dieci anni non sono sicuramente tanti ma, guardando indietro, non possiamo dire che sono mancate vicende, incontri e circostanze tali da consentire di scrivere e raccontare una storia, seppur breve.
Il fatto di essere ospitati in una struttura non indica che la “Loggia” è un luogo oppure un locale dove delle persone si riuniscono, ma sono le persone che - unite dal medesimo vincolo iniziatico e condividendo lo stesso obiettivo - costituiscono la “Loggia” . Giusto per chiarire, il vincolo iniziatico non è rappresentato dalla cieca e, alcune volte, terrificante obbedienza a qualcosa o qualcuno, ma esprime la serena condivisione di un ’esperienza, mantenendo fede all’obiettivo comune che nel Martinismo è unico: “la reintegrazione” .
Quindi, si può dire che il vincolo iniziatico è la messa in pratica del primo versetto del salmo CXXXII: “Ecce quam bonum et quam jucundum, habitare fratres in unum!” . Non possiamo ora tradire l’incipit di tutte le storie.
C’era una volta… la Loggia “Silentium” installata nel settembre 2014 presso la collina di Pescara, il cui Filosofo Incognito era ed è chi scrive queste note: Iperion. Dal 2014 al 2019 la Loggia Martinista “Silentium” , unitamente ai suoi Gruppiche in questo quinquennio aveva creato nel Centro e Sud Italia, Isole comprese –operava e collaborava con una struttura che col tempo si mostrava “difforme” dalle iniziali rassicurazioni e aspettative. In considerazione di queste “difformità”, a fine dicembre 2019, la Loggia Martinista “Silentium” decideva di interrompere tale rapporto collaborativo.
La Fenice Notiziario martinista Estate 2024
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In pratica, circa 45 fra fratelli e sorelle costituenti la “Silentium” , comunicavano, singolarmente, la loro “ messa in meditazione” .
Fra questi, “l’iniziatore” della Loggia
“Silentium” , Iperion, considerate le suddette "difformità" , rinunciava a tale qualifica, riprendendo il suo precedente status iniziatico di S:::I:::, già acquisito dal 2002.
Allo stesso tempo, avendo Iperion la responsabilità della Loggia (cioè delle persone che a lui (a me) facevano riferimento, in quanto da lui (da me) associate e iniziate) cercava una struttura martinista per poter operare nella “regolarità” .
È così che avviene l’incontro fra Iperion
S:::I::: e Rigel S:::I:::I::: (in possesso dei pieni poteri iniziatici conferiti da Nebo S:::I:::I::: (Francesco Brunelli), il 05.12.1976).
Da poco tempo Rigel S:::I:::I::: era stato anche nominato Gran Maestro dell’Ordine Martinista Cohen.
Il 01.02.2020, in Perugia (non “ per corrispondenza”), Iperion è consacrato (non “riconosciuto”) Iniziatore e investito dei pieni poteri iniziatici.
In pari data a Iperion S:::I:::I::: viene consegnata la bolla di fondazione e governo della Loggia Martinista
“Silentium” presso la collina di Pescara e vengono ricostituiti i Gruppi da essa dipendenti.
Nell’occasione si aggiunge il Gruppo “Eirene” presso la collina di Alessandria e fanno il loro ingressi nuovi fratelli e sorelle provenienti dalla Liguria, dal Veneto, dalla Toscana e dall’Umbria.
Il 7 e 8 marzo 2020, in Albano Laziale viene convocato un congresso straordinario per regolarizzare ritualmente gli appartenenti alla “Silentium” , appena in tempo perché dalla mezzanotte dell’8 marzo con decreto del Presidente del Consiglio scattano le misure straordinarie per l’emergenza Covid, limitando gli spostamenti individuali oltre i confini regionali.
Le attività della Loggia Martinista “Silentium” con i suoi Gruppi proseguono anche durante tali restrizioni, approfittando di “buchi” normativi, convocando i successivi congressi il 24 e 25 ottobre del 2020 e il 16 e 17 ottobre 2021.
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In questi due anni scarsi, si tenta una stretta collaborazione con l’Ordine Martinista Cohen, ma a causa di insormontabili disposizioni statutarie, si decide che la Loggia Martinista “Silentium” continuerà, per il momento, i suoi lavori in autonomia, senza alcuna dipendenza da Ordini, Riti, Obbedienze, fratrie spirituali e da qualunque chiesa.
Per completare la sua struttura che ormai coinvolge sorelle e fratelli sparsi sull’intero territorio nazionale sono costituiti il Capitolo degli Iniziati Incogniti e il Convento dei Superiori Incogniti. Nell’inverno 2021, vede la luce il primo numero del notiziario martinista “La Fenice” e nell’estate 2023 viene creato il sito web della Loggia Martinista “Silentium” . Al notiziario “La Fenice” hanno collaborato e collaborano anche appartenenti a strutture martiniste amiche - come Gabriel S:::I:::I:::, Gran Maestro dell’Ordine Martinista (c.d. di Venezia) e Rigel S:::I:::I:::, Gran Maestro dell’Ordine Martinista Cohen – nonché studiosi indipendenti di ermetismo e alchimia come Luca Valentini, presente con un suo intervento in questo numero.
Non è da sottacere la sezione letteraria “Petali” (che ha fatto sorridere qualcuno) che – molto apprezzata –vede la collaborazione di scrittori, pittori, poeti, musicisti e romanzieri il più delle volte non inquadrati in alcuna struttura iniziatica, ma i cui lavori ripercorrono un sentiero di ricerca dello Spirito, di conoscenza e di crescita interiore.
Come esposto, il percorso della Loggia Martinista “Silentium” non è stato privo di “pietre di inciampo” che hanno permesso di riportare l’attenzione, momentaneamente distratta dagli scialbi eventi esterni narrati, all’essenziale, al percorso di esperienza individuale per dare una risposta a quella interiore “inquietudine divina” che nel Martinismo è chiamata reintegrazione. Quindi, non possiamo che estendere un quadruplice e fraterno abbraccio, di fronte le Nostre Sante Luci, a tutti coloro che hanno contribuito a condurci hic et nunc, dove e come siamo.
Iperion S:::I:::I:::
La Fenice Rassegna Martinista
Purificare la Luna
Iperion S:::I:::I::: - Loggia "Silentium" - Collina di Pescara
Non dormire sotto i cipressi, / poiché non c’è sonno nel mondo. / ... / Il corpo è l’ombra delle vesti / che coprono il tuo essere profondo / Viene la notte, che è la morte / E l’ombra svanì senz ’ essere. / Vai nella notte solo un contorno, / uguale a te senza volere / Ma nella Locanda dello Stupore / ti tolgono gli Angeli il mantello. / Prosegui senza mantello sulle spalle, / con quel poco che ti copre / Allora gli Arcangeli del Sentiero / ti svestono e ti lasciano nudo. / Non hai vesti, non hai niente, / hai soltanto il tuo corpo, che sei tu. / Infine, nella fonda caverna, / gli Dei ti svestono ancora / Il tuo corpo cessa, anima esterna, / ma vedi che sono a te simili. / ... / L’ombra delle tue vesti / Rimase tra noi nella Sorte / Non sei morto tra i cipressi. / ... Neofita, non esiste morte.
(Fernando Pessoa, Iniziazione, 23 May 1932)
L’iniziazione è un’introduzione sulla via, è un percorso che conduce il neofita dal mondo del manifesto, del sensibile, al mondo dell’immanifesto, dell’occulto, ma non per questo meno reale del primo. Tuttavia, questa introduzione nell’occulto, questo passaggio dal manifesto all’immanifesto, non riguarda tanto un modo diverso di intendere il “mondo intorno a noi” , quanto, piuttosto, un nuovo modo di intendere il “mondo in noi” .
Si tratta, infatti, sub specie interioritatis, di avere una nuova visione di noi stessi, si tratta di assurgere a nuova vita o a Vita Nova, come direbbe il Poeta, si tratta –come abbiamo sentito pronunciare dal nostro iniziatore, il giorno in cui siamo stati ammessi nella Loggia Martinista "Silentium" - di risvegliarci dal lungo sonno che ci ha accompagnato durante la nostra esistenza, si tratta – ancora - di “ricevere la fiamma ardente che ci consentirà di vincere la potenza delle tenebre” .
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Quando da postulanti e uomini di desiderio abbiamo ascoltato queste parole, allora ha avuto inizio il nostro percorso iniziatico.
Quel giorno, nel normale stato di coscienza e un po ’ frastornato, il postulante, divenuto associato, suppone di non aver compreso niente o di aver appreso poco.
Invece, il seme del suo albero è stato ben piantato e si svilupperà a perfezione con il solo rispetto di quelle poche e basilari regole, mentre le successive iniziazioni faranno il resto.
È un seme che con l’aiuto dell’acqua, del giusto calore del sole, dell’aria e del rifugio della terra, crescerà sino a divenire un possente albero, per dare i suoi fiori e i suoi frutti.
I simboli e gli stimoli, ricevuti durante l’iniziazione, gli insegnamenti ricavati dalle tornate di loggia ed i lavori, fungono da semi per l’inconscio dell’associato ed è per questo che si utilizzano dei simboli di facile assimilazione, capaci di incidere, a livello subliminale, l’immaginazione del neofita.
L’iniziazione che ci pregiamo di aver ricevuto - con l’ammissione alla Loggia Martinista "Silentium" - non è l’iniziazione virtuale che caratterizza altre organizzazioni, ma è un’iniziazione reale in cui, oltre ad un corpus rituale, vi è un carisma trasmesso dall’iniziatore al discepolo, quella fiamma ardente che ci viene consegnata, per il tramite dell’iniziatore, alla presenza dei Maestri Passati che ne sono i garanti e testimoni.
Ricevuta l’iniziazione, il cammino che si prospetta per l’Associato, e comune ad ogni martinista, consiste nel purificare la Luna.
La pratica di purificazione è comune a tutti i percorsi iniziatici, a partire dall’antichità.
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Ad esempio, non sappiamo molto delle tecniche utilizzate nel pitagorismo, ma è certo che la pratica principale consisteva in una serie di purificazioni, applicate a diverso livello.
Il famoso silenzio imposto da Pitagora ai neofiti era una delle pratiche di purificazione che è stata travisata nel tempo, magari impedendo ai neofiti di prendere la parola in talune circostanze e ambienti.
Invece, il silenzio pitagorico era più un liberarsi dal superfluo, da un modo di pensare ed esprimersi fuorviante e dispersivo a causa di un linguaggio analitico, per dare spazio a un più illuminante pensiero sintetico, capace di lasciar cum-prehendere le leggi riconducibili all’Uno, alla Causa Prima.
In altri ambiti, la purificazione è stata fraintesa e accumunata ad una modalità di penitenza per pervenire ad una ostentata promessa salvifica da un non meglio specificato peccato o colpa, magari tramandato dalla notte dei tempi.
La purificazione deve essere per l’iniziato, e dunque per il martinista, l’inizio di un percorso per mettere a nudo la sua parte più intima.
Più precisamente occorrerà parlare di autopurificazione perché l’opera è essenzialmente individuale.
Purificazione della parte più “bassa” della sua natura, finché tutto ciò che è sovrastruttura sia disfatto.
Purificazione di quella parte che noi chiamiamo personalità, che non è l’individuo permanente, l’Io spirituale, il nostro Sé, ma l’Io apparente, l’insieme cioè delle qualità e delle caratteristiche che l’individuo raccoglie attorno a sé durante il corso di ognuna delle sue molteplici vite.
Sono tutte maschere che sovente trasporta con sé vita dopo vita, tutto ciò che riprende quando torna ad incarnarsi, tutto ciò che l’individualità raccoglie attorno a sé durante la vita terrena.
Ecco che allora: - purificare la Luna è quella decisione cosciente, quell’atto di volontà che ci consente di scartare tutto ciò che è temporaneo e che appartiene alla personalità inferiore;
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- purificare la Luna significa che le passioni e gli appetiti del corpo, le emozioni inferiori che ci sballottolano come nave senza nocchiero in gran tempesta, atti i cui moventi provengono dall’esterno, devono essere conosciuti, dominati e tenuti sotto controllo; - purificare la Luna è un lavoro di spersonalizzazione che può riassumersi nelle seguenti massime: io non sono il mio corpo, io non sono le mie emozioni, io non sono i miei pensieri.
Come ci ricorda il G::: M::: P::: Giovanni Aniel, questo processo di spersonalizzazione è un farsi vuoto affinché la pienezza dell’Incondizionato cominci a fluire in sé. È questa una vera impresa di alchimia interiore, di trans-umanazione o, per usare le parole di L.C. de S.M., è opera di elevazione verso le superiori regioni spirituali.
È la rigenerazione, preludio all’opera di reintegrazione e identificazione con la Vita Una auspicata da Martinez de Pasqually.
A questa natura originaria, in cui l’iniziato si trova in armonia con il suo Principio, deve condurre il percorso iniziatico, a ciò il martinista deve finalizzare i suoi pensieri, le sue parole e le sue azioni.
In questa sintesi unitiva, come dice il Ph::: In:::, l’immagine divina si riforma, l’anima umana si rigenera, le bellezze dell’ordine si riscoprono e la comunicazione tra Dio e l’uomo è ristabilita.
Hic et nunc, Iperion S:::I:::I:::
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Gli strumenti martinisti e il pantacolo
Bes S:::I::: - Gruppo "Anubi" - Collina di Palermo
La parola "strumento" deriva dal verbo latino instruĕre che significa "costruire", "disporre in battaglia", "organizzare" e "provvedere"; il verbo è anche all’origine della parola "istruire"
Instruo a sua volta deriva dal protoitalico strowo, termine presente contemporaneamente nelle lingue protoindo-europea e inglese antica che è rimasto nel verbo inglese to strew: " spargere " .
In-strowo nel suo significato originario è quindi “ spargere dentro”.
Se vogliamo costruire qualcosa sembra che dobbiamo costruire qualcosa dentro di noi.
Realizzare uno strumento è costruire una parte dentro di sé.
Fare in modo che uno strumento lavori significa al contempo realizzare qualcosa in noi.
Il rapporto tra tecnica e sapienza, ossia i due campi in cui strumento e istruzione agiscono, è qualcosa indagato da sempre.
Hermes uccide la tartaruga con la tecnica per trasformarla in uno strumento musicale – la sapienza qui è togliere dalla vita la sua caducità rendendola eterna.
Per Anassagora all’esperienza segue la sophia, infine la techne – io vedo attraverso l’esperienza che accade il ripetersi di un fenomeno, quindi lo comprendo e, infine, lo gestisco.
Per Aristotele il processo segue un ordine diverso: comprendo come curare una malattia e produco una conoscenza su quella malattia; la conoscenza superiore a tutte è quella metafisica che lo stagirita chiama filosofia prima e che conosce tutte le conoscenze.
Galileo Galilei, e il paradigma scientifico a lui attuale, sostiene che si comprende davvero una regola della natura, per Galileo sempre e comunque attraverso il linguaggio della matematica, quando posso creare una macchina con quella regola.
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Da allora la macchina e il laboratorio sono la prova che la scienza è vera, ovvero che alle frasi della scienza corrisponde un fatto della realtà: se la macchina funziona, infatti, la teoria non può che essere vera.
Ma poi il concetto di verità inizia a depotenziarsi attraverso l’entropia e con esso prima la macchina, poi la tecnica e gli strumenti, infine la sophia. Esistono gli errori strumentali, l’osservatore che condiziona il fenomeno, il parity argument: cosa accende il fiammifero?
Lo sfregamento, la superficie sulfurea, la mia intenzione, l’ossigeno dell’aria? Il rapporto tra strumento e apprendimento si logora, diventano due cose da che erano una, il soggetto si separa dall’oggetto.
Alla base del lemma strowo vi è l’azione.
Vi è azione quando costruiamo qualcosa che prima non c ’ era, quando ci muoviamo.
Vi è azione nella scienza, nella filosofia e in un Ordine.
Vi è azione contro una corda, che per suonare deve essere pizzicata.
Martin Heidegger ci dà una definizione dell’agire, pura e al contempo ermetica: «agire è portare a compimento».
Nella sua idea è sottostante che il portare a compimento massimo è esattamente vivere, l’existentia.
Io esisto ora ed esisto per portare a compimento il fatto che io esista.
Esisto in quanto Da-sein, esser-ci, un trattino tra l’essere, la cui vicinanza
ritroviamo nel silenzio, e l’essere qui, l’estasi temporale.
Nella nostra attualità l’azione è legata all’utile, al funzionale, a una serie di enti fuori da noi.
Si tratta di ricomporre la radice di tecnica e sophia, di strumento e apprendimento e riscoprire che l’azione pura corrisponde alla pura esistenza.
L’esistenza del nostro essere martinisti, la nostra Grande Opera, è scritta in un foglio; in questo, il pantacolo, troviamo delle indicazioni simboliche chiare ma con-fuse, ossia "fuse insieme" come direbbero Cartesio e Leibniz, attraverso le quali ognuno si interroga costantemente.
La nostra Grande Opera scritta nella pergamena del pantacolo è anche la storia dei martinisti che costantemente si sono interrogati e hanno tracciato i simboli fuori e dentro di loro sino ad arrivare alla sophia che salva, alla Gnosi.
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Come tutti i movimenti umani, l’origine nell’essere non ha bloccato la controversia, lo scontro, il separarsi e l’unirsi; il limarsi insomma, affinché i simboli dell’Opera siano sempre più chiari, affinché questi siano il nostro portare a compimento.
Per portare a compimento ci siamo dotati di strumenti, estensioni del nostro corpo che, in alcuni casi, sono esattamente a contatto con quest’ultimo.
Tra questi la maschera, il mantello e il cordone.
Se ricordiamo la radice comune di strumento e apprendimento possiamo fare delle analogie tra ciò che indossiamo, e che quindi ci appartiene, e i simboli dell’opera nel pantacolo.
Il cerchio è in analogia con il cordone – separa un interno da un esterno, un sopra da un sotto, ma a seconda di come viene tracciato il cerchio può chiamare invece di allontanare, può unire la dimensione superiore a quella inferiore.
Ognuno di questi lavori lo segniamo con un colore diverso, il nero che divide tutto (l’assenza di colore), il bianco che unisce tutto (la presenza di tutti i colori), il rosso che inizia (nella scala dei colori, dopo l’infrarosso che non vediamo, è la luminosità della Rubedo che attesta l’inizio dell’alba).
Il triangolo superiore è in analogia con la maschera, perché è il nuovo viso che ci permette di guardare la strada, la direzione, la missione.
Il triangolo superiore è estroiettivo, centrifugo, ci fa vedere fuori dal corpo, in modo da comprendere dove andare.
Il triangolo inferiore è in analogia con il mantello, perché è ciò che ci protegge, che ci rende invisibili, che calma le acque.
È il femminile dell’umidità, della meditazione, della preghiera al quale si contrappone il maschile della vista, il secco, la teurgia.
Questi due simboli, come i due triangoli, si uniscono tra loro incrociandosi.
Quindi la visione deve compenetrarsi al silenzio, la strada alla sosta, il fuoco alle acque.
Chi avanza nella strada sa inoltre che ciò che vede non può colpirlo, perché è protetto.
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Il pantacolo iscrive al suo interno una croce e noi stessi, quando iniziamo e terminiamo i nostri lavori, ritualizziamo il segno della croce.
Questo perché gli strumenti che ci coprono non sono inerti, ma sono stati trasmessi da iniziatore a iniziato e sono attivi
Essi agiscono sui nostri quattro corpi, ma anche sulla nostra ascesa e la nostra costanza.
Essi, inoltre agiscono nel presente, quando i due assi si incontrano.
La Grande Opera è compiuta nell’istinto, nelle emozioni, nei pensieri e nella volontà.
In alto come in basso.
Assieme all’esagono vi è un esagramma che emerge tratteggiato dal segno grafico del pantacolo.
Esso coincide alle sei sephiroth centrali dell’albero della vita con Tiphereth al centro e come le sette sephiroth ci dice su cosa veniamo istruiti: sulla Luna, su Marte e su Giove; su Mercurio, su Venere e su Saturno.
Tutti illuminati dal nostro Sole interiore.
Questi è al centro dell’esagono, il luogo del punto, analogo all’alba che indossiamo.
Nasciamo e moriamo nella luce. La luce del trilume è quella che ci ha fatto avvicinare al Tempio.
E il nostro pianto al Sole quando nasciamo, la purezza del bianco originario.
Come il punto è senza dimensioni ma con il compasso disegniamo il cerchio a partire da esso, e la costruzione architettonica dell’intera figura.
Il pantacolo rappresenta il microcosmo e il macrocosmo.
L’iniziato e l’eggregore.
Il cerchio è quindi la catena: recitiamo nel rito giornaliero «sono il vostro cerchio, siate il mio cerchio, siamo un cerchio».
I due triangoli sono il maschile e il femminile che sono presenti entrambi tra gli iniziati, fisicamente e interiormente; ma anche i lavori che compiamo, da quelli umidi a quelli secchi, dalla ritrazione all’azione affinché prenda forma l’esagono e brilli il Sole di Tiphereth come fuoco (le luci del tempio), come aria (l’incenso), come acqua (la coppa) e come terra (l’altare).
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In tutto questo, però, gli strumenti sono mezzi abili, come direbbe un tibetano, attraverso i quali la nostra veste possa splendere più luminosa e noi acquisire un corpo di gloria.
Nasciamo e moriamo senza strumenti, quindi, se vogliamo di nuovo servirci della etimologia, nasciamo e moriamo senza essere istruiti.
E quindi a cosa serve questa a prima vista inutile fase strumentale di mezzo?
Ogni strumento, come nella storia del Mago di Oz, ci insegna a capire che non ne avevamo bisogno.
Che la nostra vista guarda già lontano.
Il nostro corpo è già protetto.
I nostri pensieri più alti sono ben connessi ai nostri bisogni primari.
Ciò che ci muove, quello che nel medioevo si cristallizzò nei vizi e nelle virtù che conosciamo, rappresentato dai pianeti, è già puro.
Teniamo già una spada nella nostra mano destra.
Profumiamo già di incenso e la nostra scienza è già luminosa come il trilume.
Siamo però qui per ricordare.
E da martinisti lo facciamo ogni giorno.
Siamo qui per ricordare che un tempo possedevamo un ’alba bianca e come nel canto della perla abbiamo dimenticato la nostra origine: noi siamo figli di Re.
La Fenice
Dostoevskij
DSentieri della Tradizione
e il Vangelo di Giovanni
Antares A:::I::: - Loggia "Silentium" - Collina di Pescara
alle oscurità del passato emergono segnali apparentemente insignificanti che, se approfonditi e interpretati, permettono di rileggere e rielaborare avvenimenti in realtà fondanti, diversamente destinati ad un ingiusto oblio
Tale è il caso di alcuni particolari incastonati nell’imponente opera del massimo scrittore dell’Ottocento e forse di tutti i tempi: Fëdor Dostoevskij.
Il primo di questi è la scoperta che Dostoevskij aveva strutturato il travolgente anelito di libertà e di redenzione ed il continuo e sofferto cammino religioso e spirituale dei suoi personaggi quasi su un ’unica lettura: il Vangelo di Giovanni
Tra tutti i libri del Nuovo Testamento che egli leggeva continuamente, infatti, si contano ben 58 note sul Vangelo di Giovanni, 12 su quello di Matteo, 7 su quello di Luca e solo 2 su quello di Marco
Temi dominanti di questo Vangelo sono l’amore per il prossimo, la fratellanza tra gli uomini e la rivelazione della verità.
Tale evidenza, però, poteva anche essere casuale, stante la molteplicità di Autori che, nei secoli, hanno tratto ispirazione per le loro opere da questo potentissimo strumento di conoscenza spirituale e di avvicinamento alla porta della Mente di Dio.
Ecco, allora, comparire quasi con naturalezza e pudore un secondo, importante particolare: la copia del Vangelo che Dostoevskij portava sempre con sé e che leggeva continuamente gli era stata donata l’11 gennaio 1850 durante l’esilio a Tobol’sk, in Siberia, da una delle affrante e stremate mogli dei Decabristi ivi deportati venticinque anni prima!
I Decabristi erano dei progressisti russi che, nel dicembre del 1825, anticipando di quasi un secolo la rivoluzione d’ottobre, tentarono un’insurrezione contro lo Zar Nicola I, nell’illusione di poter realizzare quegli ideali di libertà e di uguaglianza già riconosciuti in altri Stati europei dell’epoca.
La loro rivolta fu però sedata nel sangue. Poco, in verità, rispetto a quello che sarebbe stato versato nel secolo successivo sulla gelida terra della Grande Madre Russia: la maggior parte dei Decabristi fu infatti imprigionata e deportata e solo qualche irriducibile fu giustiziato.
La modalità di acquisizione dei Vangeli canonici da parte di Dostoevskij, tuttavia, non poteva essere frutto del caso e rappresenta un fatto a dir poco sensazionale.
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Intanto, dimostra come lo scrittore fosse stato a stretto contatto con i Decabristi e come la sua fertile mente fosse a conoscenza degli ideali più avanzati dell'epoca, in senso politico, sociale e religioso.
Poi, suggerisce come vi potesse essere un comune riconoscimento del Vangelo come strumento di elevazione spirituale da parte dei Decabristi così come di Dostoevskij.
Infine, evidenzia come egli fosse in qualche modo attirato dagli ideali non solo laici ma anche religiosi del progresso sociale come componente ineludibile del percorso verso l’attuazione di una società ideale, una sorta di Città del Sole fondata sull’amore, sulla libertà e sulla verità.
Questo apparentemente esile legame delinea meglio l’identità socio-politica di Dostoevskij, classicamente legata alla sua appartenenza al moderato gruppo riformista fourierista del Circolo Petraševskij, la quale non implicava alcuna configurazione estremista né rivoluzionaria. Lo scrittore desiderava, invece, analogamente ai Decabristi, ma attraverso differenti strumenti, efficaci ed urgenti provvedimenti sociali per l’abolizione della servitù della gleba, della censura, dell’oppressione e della povertà.
In una lettera scritta dall’esilio al fratello, parlando dei condannati politici in generale e dei Decabristi in particolare, scriveva con ammirazione:
“
…è pur gente straordinaria. Forse è la gente più capace, più forte del nostro popolo, ma queste forze possenti periscono invano, periscono in modo illegale, irrevocabile ”
Sotto il profilo spirituale, l’orientamento religioso di Dostoevskij potrebbe essere quindi vicino a quello di un Cristologo Giovannita. Egli nutrì infatti una dichiarata devozione non solo per il messaggio del Cristo, ma per la sua figura simbolica, che realizzava in sé, a suo modo di vedere, tutti i principi spirituali per il bene dell’uomo e dell’umanità
In tal senso, perseguendo la ricerca di una sua personalissima Luce Interiore, Dostoevskij cercava nei suoi personaggi una finanche dolorosa “ conoscenza del cuore ” , che andasse anche oltre quanto affermato dalla ragione, essendo il Cuore fonte primaria della consapevolezza spirituale e dell’unione con il Creatore.
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Nemico dell’astrattezza del razionalismo moderno, egli rispettava pienamente la libertà dei suoi personaggi, anche attraverso la scoperta della sorprendente ricchezza e differenziazione dell’Essere, che suscita sempre ammirato stupore quando lascia intravedere l’Ordine Superiore del Creato.
Attraverso la realizzazione di questa straordinaria architettura di pensiero, l’Uomo non può sottomettersi ad un ’arida conoscenza umanistica o scientifica, perché è naturalmente portato ad affermare con gioia, anche nel mondo reale, l’esistenza e la presenza dell’Essere Supremo.
Lungi dall’astrattezza di un’improbabile santità, in un alchimistico “Solve et coagula” , la ciclicità della trasmissione di un elevato messaggio spirituale che muore per risorgere in un nuovo germoglio, è paradigmaticamente esemplificata in uno dei personaggi più amati de I Fratelli Karamazov: lo Starec Zosima.
Questi cessa di esistere putrefacendosi in senso letterario per poter fruttificare in Alëša Karamazov, suo seme spirituale, il quale solo in quel momento di transizione realizza di vivere in un mondo reale, per connaturarsi finalmente nella fisiologica filiera del ciclo morte-resurrezione umana e cosmica.
Solo chi muore realmente come lo Starec, infatti, può produrre un frutto vero, che matura solamente elidendo in se stesso tutte le asperità e sviluppando la propria interiorità in maniera definitiva e compiuta.
Affascinato dal misterioso senso del reale che unifica i percorsi, sfuggendo alla tentazione di un assolutismo spirituale, Dostoevskij, traccia per ogni suo personaggio la via per raggiungere una propria verità e non gli preclude alcuna possibilità di scelta
Fermamente contrario a ogni forma di schiavitù, ogni parola delle sue opere celebra la gioia della libertà dell’uomo, per qualsiasi strada essa venga raggiunta, purché intimamente validata dall’aderenza al messaggio di Verità del Cristo.
L’onestà, la bontà, l’unitarietà: grazie a questi piccoli e grandi miracoli del vivere umano quotidiano si condensa in un ’unità spirituale ed in una proiezione prototipica l’operato dei più salienti personaggi dei suoi scritti.
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“La bellezza salverà il mondo” , leggiamo ne L’Idiota, laddove questa è intesa come naturale forma di armonia del Manifestato, consonante e perfetto equilibrio tra Uomo e Cosmo, ordine in cui ogni cosa trova il suo posto, la sua stabilità e la posizione centrale sull’Albero della Vita. Sebbene egli ci riporti talvolta al tema del doppio - Myškin e Ragožin ne L’Idiota ne sono un esempio - Dostoevskij sostiene, in Memorie del Sottosuolo, come l’Uomo autentico sia in realtà unicamente quello interiore che, purtroppo, in quel particolare momento della vita politica, sociale ed economica russa, era costretto a vivere in una dimensione forzatamente isolata, introvertita ed individualista
all’ascolto di un messaggio spirituale di Ordine Superiore e incamminandosi verso l’incondizionata accettazione dell’altro nell’esercizio del più puro sentimento di amore per l’Umanità, fino all’estremo sacrificio del proprio essere.
Emblematico, in tal senso, è il personaggio di Raskol’nikov, in Delitto e Castigo, paradigmatico prototipo del percorso umano e letterario di Dostoevskij stesso, che stabilisce per sé una legge diversa da quella degli altri e si abbandona alle seduzioni di un ’astratta costruzione mentale sfortunatamente in senso decisamente abietto, antietico ed amorale. Appare allora l’ateismo, lo scisma (raskol’ in russo), il diniego non solo dell’eguaglianza e del rispetto dell’altrui libertà, in questo caso del legittimo diritto alla vita della sua pur egoista e avara vittima Lizaveta, ma anche l’umana negazione dell’esistenza dell’Assoluto nel Finito, della coincidenza tra il Cielo e la Terra, della complementarietà tra il Creatore e le sue creature.
Dimensione oscura che assurge al voto di sacrificio della propria esistenza, al fine di adempiere a una ineluttabile missione, archetipo di Bob Arctor, indimenticabile personaggio di A scanner Darkly di Philip Dick, l’Uomo di Dostoevskij trova una dimensione esistenziale solamente ponendosi
Dalla vanità di ogni azione abietta e amorale, comincia, allora, il percorso di molti personaggi dostoevskiani, nei quali inizia a sgretolarsi quel perverso meccanismo che aveva portato a segregarne il pensiero nelle oscure prigioni del pensiero individualistico.
Questa cupa atmosfera interiore, pur tuttavia, per un attimo d’immobile equilibrio, sottende magicamente a un tenue spiraglio di luce
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Il cuore si apre alla speranza della rinascita, spinto dalla necessità imperante del recupero dei valori della propria e dell’altrui umanità
Il canto dei Giusti, come nella Passione di S.Giovanni (BWV 245) di Bach, si diffonde nobile ed alto nel cielo color cobalto.
Raskol’nikov allora accetta, come il suo creatore Dostoevskij, un Vangelo dalle mani di una donna, la giovane prostituta Sonja Marmeladov, che lo aveva seguito amorevolmente sino all’esilio siberiano, com ’ era costume dell’epoca per molte compagne dei deportati.
E lo ripone sotto il cuscino, sottintendendo con questo gesto che, pur se il Libro Sacro racchiude in sé un’inestimabile Verità, questa potrà essere avvicinata solo a tempo debito e dopo l’ineludibile e sofferto cammino di purificazione
Essi riescono, con la sincerità e la semplicità del proprio cuore e con il loro disinteressato esempio, spesse volte doloroso, a rischiarare l’anima di quegli sfortunati compagni di percorso che hanno momentaneamente perduto la Via.
In tal modo, assurgono al fondante ruolo d’innesco di una sorta di circuito virtuoso animato da un amore universale e profondo, volto all’edificazione di una sublime e primordiale unità tra gli uomini, di una schiacciante e definitiva vittoria sulla negazione che, grazie alla loro opera, si estingue e muore, come Kurtz in Cuore di Tenebra di Joseph Conrad.
Questi personaggi non catechizzano chi gli sta vicino, ma risvegliano maieuticamente le loro capacità di pensare ed agire fuori dagli schemi usitati, spesso distorti, suggerendo un modo di essere endoergonicamente spiritualizzati e armonizzati con il prossimo e con il mondo Lungi da ogni schematismo e dal sogno di una società ideale scevra dal peccato e dalla sofferenza, Dostoevskij si fa umile ma profondo servitore di un puro cristianesimo delle origini, dove contano i muti gesti che scaturiscono dal profondo di un cuore finalmente rischiarato dalla Luce di un benevolo Creatore.
Compaiono così, a meglio definire il pensiero di Dostoevskij, sfolgoranti personaggi secondari, latori di metodologie e messaggi profondamente spirituali, tratteggiati con garbo ed eleganza sullo sfondo corale della complessa architettura delle sue opere.
In tal modo, l’empatia e l’armonia con il Manifestato e l’amore per le più umili e sventurate Creature realizza in sé l’ideale di un’Umanità sì dolente, ma per sempre libera dal giogo dell’oscurità perché finalmente affratellata ed in cammino verso un comune obiettivo
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Tale ruolo è molto spesso delegato a devote, indulgenti e tolleranti figure femminili che agiscono poco, come il saggio di Laozi, ma aiutano molto i loro fratelli in difficoltà ad intravedere l’inizio del cammino verso la Luce, nella sincera e devota convinzione di edificare il Tempio del bene e nella ferma e incrollabile certezza dell’esistenza di un comune Creatore.
Dostoevskij credette infatti fermamente nell’innegabile presenza di quella singolare bellezza interiore che ogni essere umano, anche il più miserabile, il più sfortunato, il più incapace custodisce nel profondo del cuore.
E di come questa bellezza sia un esclusivo dono del Creatore che ognuno ha il dovere di onorare svelandolo e mettendolo a disposizione della comunità.
E come, per realizzare questo, non sia possibile non sbagliare, ma come, in virtù o indipendentemente da ciò, sia diritto e dovere di ogni Uomo continuare a camminare sempre avanti, verso la propria Stella, per poter portare tutti insieme finalmente al compimento la Grande Opera
Antares A:::I:::
La Fenice La Parola ritrovata
Le fasi più importanti del Martinismo
Nebo S:::I:::I::: (Francesco Brunelli 1927-1982)
Il presente scritto di Nebo S:::I:::I::: è apparso sulla rivista Conoscenza del 1972, alle pp. 2126
La rivista Conoscenza nasce nel 1963 come espressione, a carattere bimestrale, del Centro Studi Esoterici ed Iniziatici, con sede in Firenze, Via San Zenobi 89.
Negli anni, sempre su impulso del suo direttore, la rivista ha mutato il suo iniziale indirizzo esoterico e iniziatico divenendo l'organo ufficiale di una delle tante "chiese gnostiche".
L'articolo che segue, precede di otto anni la pubblicazione del testo Il Martinismo e l'Ordine Martinista, pubblicato da Francesco Brunelli per i tipi della perugina Volumnia editrice; unitamente a Tutti gli uomini del Martinismo di Gastone Ventura (Aldebaran
S:::I:::I:::), sono testi ancora oggi fondamentali per chi voglia avere delle indicazioni su cosa sia il Martinismo.
I libri pubblicati successivamente sono molto spesso un collage dei due già citati, con le debite aggiunte e/o omissioni, per avvalorare interpretazioni personali
Questo articolo è pregevole perché:
- illustra, in poche righe, i diversi momenti che hanno caratterizzato nel tempo il Martinismo; - evidenzia che ai tempi di Martinez le donne erano ammesse nei Cohen, dove, al pari degli uomini, raggiungevano il massimo grado di Reau +Croix (invece, tre secoli dopo si discute ancora sul ruolo delle donne);
- riporta una missiva di Louis-Claude de Saint-Martin a Nicolas Antoine Kirchberger,
barone di Liebistorf, con cui Saint-Martin ribadisce la fedeltà all'essenza dell'iniziazione trasmessagli da Martinez, sebbene vi sia ancora chi sostiene il contrario, per puro spirito di contraddizione; - chiarisce e conferma che il Martinismo è unico - così come noi sosteniamoindipendentemente dalle pratiche rituali atte a realizzarne i presupposti teorici, definendo con epiteti canzonatori chi questa unicità non la comprende - e il più delle volte - non vuole comprenderla, ostinandosi a parlare di "martinismi"; (sempre per mero spirito di contraddizione) - allude (sempre Brunelli), inoltre, agli "Iniziatori" che travalicando i limiti del buon senso si sentono un dio (minuscolo) in terra. Ma questa è un 'altra storia.
(nota a cura di Iperion S:::I:::I:::)
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Il Martinismo è una delle forme occidentali con cui si riveste la Iniziazione Una e sotto tale aspetto va attentamente esaminato e studiato.
Ma sul Martinismo, inteso nella sua più ampia accezione, esistono pareri, punti di vista, terminologie che lo rendono estremamente confuso nella comprensione del suo messaggio, delle sue tecniche e delle possibilità ch'esso offre agli uomini di «desiderio» e di «volontà».
Il presente schema, presentato al congresso Martinista italiano del '72, vuole apportare chiarezza nel problema stabilendo í momenti più importanti del Martinismo.
In pratica, quasi tutti definiscono il Martinismo come una dottrina filosofica, un movimento di idee ed un Ordine costituito per propagandarle, che si riconnettono a Louis-Claude de Saint-Martin da cui avrebbero avuto origine.
Egualmente si definisce con il termine di Martinezismo quella corrente di idee, quella visione del mondo e quell'insieme di pratiche rituali atte a realizzarne i presupposti teorici, stabiliti da Martinez de Pasqually, il Maestro di Louis-Claude de Saint-Martin.
Con il termine di Willermozismo si indica l'adattamento massonico di queste che ne fece Jean-Baptiste Willermoz.
Ciò chiarito, diciamo subito che accettiamo tutte queste definizioni, ma solo per indicare alcuni momenti del Martinismo che vediamo come una corrente unica iniziatica su cui si innestano, di volta in volta, tecniche e particolari teorie e particolari «adattamenti» dei diversi Maestri del Martinismo stesso e ciò in armonia e conseguenzialmente con la teoria dei Superiori Incogniti, Uomini liberi, liberati, in possesso di ogni potestà iniziatica, teorizzante, tecnica, rituale ecc. ecc.
È evidente che da quanto detto emerge che per noi il Martinismo è unico, unico ne è il filone anche se le forme, le tecniche, gli adattamenti, divergono nel corso delle età ed in rapporto al mondo profano su cui opera ciascun Iniziatore.
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Sottolineo questa visione e questo punto di vista perché esso è in realtà la chiave della comprensione globale del Martinismo, delle apparenti differenze, degli indirizzi diversi, ma mai contrastanti nella loro essenza.
Se manca questa comprensione globale, questa visione totale che spazia e si incrocia necessariamente con altre «forme» della iniziazione integrandosi in esse a formare un tutto unico, se manca –ripeto – questa comprensione globale… allora casca l'asino.
E l'asino non solo casca ma letteralmente «rovina» quando per effetto di una imperfetta iniziazione (per effetto di una imperfetta realizzazione della Iniziazione sarebbe meglio dire) un Superiore Incognito Iniziatore in possesso di una trasmissione valida, travalica i limiti del buon senso ritenendosi un dio (minuscolo) in terra pretendendo che tutti giurino nei suoi… insegnamenti (?!) che purtroppo non sono che quelli strettamente legati alla sua comprensione delle cose e delle cose dietro le cose, alla sua cultura, e sottolineo, alla sua struttura psicofisica e conseguentemente alle sue possibilità.
Il Martinismo è strettamente legato all'insegnamento di Martinez de Pasqually, di cui ci occuperemo altra volta più diffusamente, il quale a sua volta operò una sintesi delle conoscenze iniziatiche nell’area occidentale includenti la cabbalà, la gnosi, l'alchimia ecc... ed a cui dette una specie di «veste» cristiana per poter avere un linguaggio comprensibile
nell’ambiente in cui svolgeva il suo lavoro di Iniziatore e di Istruttore.
Non riuscire a distinguere la unicità della fonte attraverso le diverse manifestazioni esterne di essa ed attraverso le diverse forme di tecniche consigliate (strettamente legate alle diverse strutture psicofisiche), significa non aver acquisito quella comprensione iniziatica indispensabile per chi ha raggiunto un certo livello di realizzazione in senso reale e non soltanto a parole.
Ed è proprio per questo che lasciamo i cani addentare l'osso se altro non sono in grado di fare.
L'osso resterà sempre il loro massimo ideale! Ed i loro latrati l'accompagnamento «giusto e perfetto».
Ai cani latranti per l'osso sarà sufficiente ricordare la seguente lettera scritta da Louis-Claude de Saint-Martin al suo amico e corrispondente Nicolas Antoine Kirchberger.
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E si noti bene che Saint-Martin aveva abbandonato le tecniche insegnategli dal suo Maestro Martinez de Pasqually!).
«La nostra prima scuola (quella di Martinez) aveva delle cose preziose. Io sono anche portato a credere che Pasqualis, di cui mi parlate e di cui vi debbo dire che era il nostro Maestro, aveva la chiave attiva di tutte quelle cose che il nostro caro Boehme espone nelle sue teorie e che non ci stimava ancora in grado di sostenere tutte queste alte verità. Possedeva ancora delle conoscenze che il nostro caro Boehme non conosceva, o non ha voluto far vedere di possedere quali il pentimento dell'essere perverso su cui il primo uomo era stato incaricato di sorvegliare. Questa idea mi sembra degna d’essere inclusa nel piano universale delle cose benché io non ne abbia avuto alcuna dimostrazione positiva eccezion fatta della sua comprensione intelligente.
Quanto a Sophia ed al Re del mondo, non ci ha fatto alcuna rivelazione, lasciandoci con le nozioni ordinarie su Maria e sul demonio. Tuttavia non potrei darvi assicurazione ch’egli non ne avesse conoscenza, anzi sono ben persuaso che prima o poi vi saremmo giunti se lo avessimo conservato per un tempo più lungo, mentre la morte ce lo ha rapito mentre cominciavamo a marciare di conserva.
E così il silenzio del vostro amico Divonne, su questo punto non prova niente, dato che questo amico non ha seguito la nostra scuola… Da quanto sopra emerge che si può far benissimo un eccellente matrimonio tra la nostra prima scuola e quella dell'amico Boehme.
È a questo ch'io lavoro e vi confesso che trovo i due sposi così ben armoniosi ch'io non conosco nulla di più completo...» (Saint-Martin a Kirchberger 11 - 71796).
Saint-Martin che, secondo gli incompiuti, ha creato una cosa «differente», confessa con pieno candore che malgrado tutto, egli resta fedele alla essenza della iniziazione trasmessagli di Martinez!
Ed ecco i «momenti» del Martinismo. a) Martinismo primitivo o martinezismo. Ha come ispiratore Martinez de Pasqually e come espressione l'Ordine dei Cavalieri Massoni Eletti Cohen dell'Universo, includenti la classe segreta dei Reau +Croix in cui bene precisare, erano ammesse anche delle donne.
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Questa precisazione comporta la necessaria deduzione che per raggiungere il massimo grado dell'Ordine non era necessario l'appartenenza alla Massoneria in quanto le donne allora non vi erano affatto ammesse.
Sul problema delle donne nel Martinismo e nel Martinezismo rimando agli atti del Congresso Martinista di S. Leo del 1969. L'iter iniziatico proposto da Martinez, consisteva in una pratica progressiva di natura magico-teurgica.
b) Martinismo antico.
Ebbe due ispiratori che crearono due scuole con tecniche completamente differenti.
1) Jean-Baptiste Willermoz, discepolo diretto di Martinez, creò l'Ordine dei Cavalieri Beneficenti della Città Santa di Gerusalemme, modificando l'Ordine massonico della Stretta Osservanza Templare. La tecnica seguita era prevalentemente ritualistica ed operativo-massonica. Da segnalare che secondo il costume dell'epoca si ebbero delle degenerazioni in pratiche spiritualistiche soprattutto nella zona di Lione.
L'originario insegnamento teorico di Martinez venne conservato e celato nei gradi segreti dei Professi e dei Grandi Professi i quali ultimi prendevano anche il nome di Silenziosi Incogniti (S.I.).
2) Louis-Claude de Saint-Martin, discepolo diretto come Willermoz, abbandonò anch’esso le tecniche operative Cohen collaborando dapprima
con i C.B.C.S. per staccarsi successivamente da ogni ritualità di tipo massonico e per praticare la via cosiddetta «cardiaca» ad indirizzo mistico-filosofico. Mentre sia i Cohen, sia i C.B.C.S. operavano nell'ambito della Massoneria superiore, L.C. de Saint Martin, si indirizzò verso il mondo profano ove praticamente operò sino al termine della sua vita. Creò dei gruppi che Robert Amadou, noto studioso e storico del Martinismo, chiamò degli «Amici Intimi» in cui sembra si perpetuasse la trasmissione del grado di Cohen di Sovrano Giudice (S.I.).
Necessariamente sottolineiamo che le opere di Saint Martin erano adottate come testi validissimi dai C.B.C.S. e che sovente soprattutto nell'Europa orientale e nel Nord le due scuole si confusero assieme dando vita alla cosiddetta Massoneria di Saint Martin.
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c) Martinismo moderno.
Papus fu il riorganizzatore principale (se non l'unico) di tale forma di Martinismo che si diffuse notevolmente nel periodo antecedente la prima guerra mondiale e che talvolta assunse anche aspetti competitivi con la Massoneria. Il suo indirizzo non fu certamente unico anche se in esso possono notarsi delle tinte spiccatamente gnostico cristiane o massoniche a seconda dei raggruppamenti.
d) Martinismo contemporaneo.
Ha come primo ispiratore e riorganizzatore Robert Ambelain. In esso permangono indirizzi differenti ereditati dal Martinismo moderno che, come si verifica particolarmente in Francia, giunge a degenerazioni mistico-cristiane.
È chiaro che entro i limiti di un articolo è sufficiente l'esposizione dello schema e non il suo svolgimento od i relativi commenti.
Quello che ci interessa aggiungere è ch'esso trova una sua proiezione nel Martinismo Italiano.
Qui in Italia possiamo distinguere o suddividere le diverse fasi in antica, moderna e contemporanea, mancando effettivamente e praticamente la fase primitiva, infatti solo due o tre Cohen risultano essere esistiti e questi ben presto confluirono nei C.B.C.S.
Il Martinismo antico fu diffuso particolarmente in Piemonte, nella Lombardia e nell'Italia del sud.
Quello moderno ebbe delle caratteristiche particolari perché subì necessariamente la influenza della scuola ermetica italica, basti ricordare che il Maestro Giuliano Kremmerz collaborava alla stesura della rivista martinista «O Thanatos» stampata per due anni dal Banti.
Ricorderemo solo di sfuggita agli amici che si ebbe una scissione in due rami
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Uno proclamò la sua universalità rimanendo così avulso dal Martinismo mondiale, l’altro restò fedele alla linea del Bricaud con Vincenzo Soro che non poté portare a termine l’iniziato processo di chiarificazione per la sua immatura scomparsa a causa di una caduta da cavallo.
Nel Martinismo moderno si ebbero anche, nell'immediato dopo-guerra, delle caratteristiche degenerative, mentre una nuova onda Martinista proveniente direttamente dalla scuola di Robert Ambelain creava dei presupposti per una riunificazione risultata successivamente impossibile proprio a causa della diversità di formazione e di tecniche iniziatiche.
Il primo gruppo infatti accentuava un aspetto operativo individuale e collettivo, mentre l'altro cercava di evitare qualsiasi operatività se non interiore...
Il Martinismo contemporaneo vede la esistenza in Italia di due gruppi principali. Quello proveniente dalla discendenza di Roberto Ambelain e quello che continua il martinismo papusiano pre-guerre mondiali.
Il primo è in possesso di una tecnica individuale operativa e di una tecnica collettiva operativa (su cui si tornerà in proseguo di tempo) su base ermetico kabbalistica.
Nel secondo gruppo non sono evidenziati indirizzi precisi se non una coloritura tradizionalista (Guenon ed Evola) che non è omogeneamente accettala da tutti i membri e ci sembra soprattutto carente di una qualsiasi
tecnica da utilizzare per lo sviluppo verticale dell'essere.
Ambedue i gruppi possiedono tuttavia una regolarità orizzontale iniziatica pur variando anche i «modi» e le «tecniche» della trasmissione.
Per completezza affermiamo che esistono anche i «conservatori» delle tradizioni willermoziste che tuttavia non manifestano una marcata attività per ragioni che non è possibile esporre esulando dal fine della presente nota.
Francesco
Brunelli
La Fenice
Contributi
Cenni di teologia apofatica e di teosofia ermetica
di Luca Valentini
"Così tutte le cose sono ricolme di Dei, quelle sulla terra degli Dei celesti, quelle in cielo degli Dei iperurani, e ogni serie si moltiplica e procede fino ai termini estremi: infatti ciò che preesiste nell’Uno prima di tutte le cose si è manifestato in ogni cosa "
(Proclo, Arte Ieratica, 5)
Chi si accosta allo studio della scienza ermetica nelle sue diversificate varianti operative, reputiamo debba far proprie alcune consapevolezze irrinunciabili, che necessariamente assumono una valenza assolutamente differente rispetto alle credenze fideistiche delle religioni devozionali.
Come ha specificato uno studioso del calibro di Stephen Skinner nei suoi due testi (pubblicati in Italia da Venexia Editrice) sia sulla magia greco-egizia sia sulle tecniche di magia salomonica, l’ambito di scaturigine delle pratiche trasmutatorie, al di là di postumi processi di cristianizzazione o di ebraicizzazione, è da ricondurre al mondo misteriosofico greco – italico – tebano ovvero in quell’humus alessandrino che seppe, nei secoli di passaggio tra il mondo classico e quello tardo antico, far rifiorire il sapere sapienziale delle ancestrali civiltà del Mediterraneo, in tutta la propria essenzialità ieratica.
In tale quadro storico, pertanto, sia le credenze popolari dei culti pagani sia la fede superstiziosa del dio unico galileo, non possono che essere considerate limitanti e fuorvianti nell’ambito di sistemi realizzativi ove la dimensione intellettiva e trascendente devesi palesarsi similmente all’escatologia che fu esplicitata in ambito platonico –caldaico, in ciò che comunemente si definisce “teologia apofatica” : una riflessione iniziatica sul Divino, che opera per negazione, derivando l’aggettivazione dal greco ἀπό φημί, «lontano dal dire», che esprime l’inesprimibile, il Dio, per negazione.
L’Arte nella sua magica poliedricità, ivi si esprime meravigliosamente contro le cristallizzazioni del mondo esoterico dell’800, contro un formalismo
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cerimonialista che depauperava tutta la portata sapienziale di una consapevolezza di un viatico ermetico che non può acquisire valenza alcuna, senza una maturazione, un risveglio del Demone interno, abbinata alla dedizione volontaristica di combattere un’inevitabile battaglia contro la decadenza strutturale, ma, anche e soprattutto, umana del mondo esoterico occidentale:
”Era un momento in cui un curioso spiritualismo mistico, tentava di estrapolare dalla tradizione degli antichi Magi orientali, una parola nuova per la salvezza della civiltà moderna” (J. Péladan, Il Segreto dei Trovatori, dalle note del curatore, Edizioni Arktos, Carmagnola 2013, p. 10).
Si afferma, al contrario, un mondo labirintico ove il mistero trascendente dell’archetipo si ritrova nel sapere arcano che disvela la criptica realtà noumenica degli enti e della Natura, ove, come è risaputo nell’ermeneutica tradizionale, vi è la possibilità per il myste di ricercare l’Oro nei meandri sottili di sé stesso.
La prospettiva apofatica, così come espressa anche nel misticismo cristiano di Meister Eckhart (“Dio è la “negazione della negazione”, e così “nucleo e vertice dell’affermazione più pura ” , ovvero pienezza dell’essere, per cui il finito si colora dell’infinito e il presente diventa l’eterno” - Marco Vannini, Prego Dio che mi liberi da Dio - La religione come verità e come menzogna, Edizioni Bompiani, Milano, p. 31), ci conduce ad un aspetto del Sacro ove teologia, quale meditazione sul Dio, e teosofia, quale conoscenza esperienziale del Dio, ritrovano in una serie di "atti" e di "gesti" di tipo rituale, di natura ascetico – sacrificale, volti alla comprensione del più profondo significato della dimensione ermetica, quale esplicitazione organica ma unitaria, sintesi di domini diversi ma correlati, che attraverso le proprie simbologie, esprime l’occulta corrispondenza tra l’ontologia siderale e la sua realizzazione nel microcosmo umano, nelle cui espressioni sensorie – al di là del dualismo religioso, si possa cogliere il linguaggio prettamente allegorico degli elementi della Grande Opera, che si
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manifestano analogicamente, tramite quella Trascendenza Immanente, per la quale si completano vicendevolmente lo sviluppo spirituale della componente corporea e la determinazione fisica dell’Arcano Divino:
“Divieni più elevato di ogni altezza, e più profondo di ogni abisso; raccogli in te stesso tutte le sensazioni delle creature, del fuoco, dell’acqua, del secco e dell’umido, immaginando di essere dovunque sulla terra, nel mare, in cielo; fa' conto di non essere ancora nato, di essere nel grembo materno, giovane, anziano, o di essere già morto, e immagina le cose che vengono dopo la morte. E, concependo tutte queste cose al contempo, tempi, luoghi, cose, qualità, quantità, tu puoi comprendere Dio” (Corpus Hermeticum XI, 20)
Se, sempre secondo il Corpus Hermeticum (X, 12), la sfera sottile dell’essere umano è gerarchicamente strutturata in un rapporto tra νοῦς intellettivo, λόγος ψυχής animico e πνεῦμα, quale soffio vitale, l’accesso al numinoso si attua proprio nella comprensione teologica di un archetipo apofatico e di un mistero sperimentale ermetico, che si costituiscono quale fondamento occultato nel sangue, nel respiro, nella natura profonda di ogni donna, di ogni uomo.
Si tratta, nello specifico, di comprendere ciò che nel platonismo ed in particolare in Proclo si intenda per teologia dell’androgino, ove non si tratta di speculare sull’origine temporale, l’ἀρχή, ma di realizzare la
“dimensione fondativa dell’intellegibile, l’ὄν assolutamente puro che contiene in sé in forma seminale tutti gli enti” (P. Colizzi, Il sesso di Dio – Proclo e il simbolo dell’androgino, Edizioni Mimesis, Milano 2021, p. 175).
Tali sono le traduzioni in ambito platonico del Bene/Sole in Plotino, quale τέλος (compimento) del mondo intelligibile, dell’Ente senza origine né manifestazioni, ove nessuna alterità si esplicita, ciò che in Damascio diverrà in seguito l’ἐπιβολἡ, la comprensione istantanea, extra-noetica.
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Specifiche dinamiche della palingenesi alchimica determinano, infatti, una caratterizzazione dell’Opus Magicum, concernente una radicale separazione di domini che deve attuarsi in un percorso di tipo iniziatico tra ciò che deve essere inteso come pura conoscenza, cioè come esperienza diretta, come identificazione attiva, silenziosa e operativamente vissuta - a cui va assegnato una netta priorità, e le categorie, non trascurabili, propedeutiche, ma assolutamente secondarie di ciò che è inerente alle interpretazioni accademiche ed ai cogitamenti filosofici.
In ciò sempre Proclo
”…le altre attraverso l’amore divino per il sapere, le altre ancora attraverso la potenza teurgica, che è superiore ad ogni forma di saggezza e scienza umana, in quanto raccoglie in sé i pregi che sono propri all’arte divinatoria ed anche le potenze purificatrici dell’arte perfezionatrice dei riti e, in breve, tutti gli effetti della ispirazione che rende posseduti dal divino” (Proclo, Teologia Platonica, libro I, 25),
ma anche un Evola
”
…l’insegnamento iniziatico considera come un fattore più negativo che non positivo la tendenza della mente a divagare nell’interpretazione e nella soluzione di questo o quel problema filosofico, a metter su teorie, ad interessarsi all’una o all’altra delle vedute della scienza profana” (EA, "Sul carattere della conoscenza iniziatica", in: Introduzione alla Magia, vol. 1, Edizioni Mediterranee, Roma 1987, p. 36),
hanno fissato delle coordinate irrinunciabili e non trascurabili.
Nel merito, si evidenzia tutta l’importanza di una predisposizione attiva alla palingenesi, che non si perda né in cerimonialismi sordi ai richiami sottili dell’anima, a ritualità avulse da un’introspezione, la cui mancanza, denota un misticismo mascherato; indi, la doverosa necessità di affermare l’inesistenza a priori degli Dei e di qualsiasi altra e supposta entità, se non in un rapporto teistico e devozionale, che non appartenga alla visione misterica esposta.
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Teurgicamente, pertanto, il risveglio viene determinato da un autentico atto di reintegrazione dei piani più alti della propria natura, tale azione non producendo affatto una deminutio dei sensi e una estraniazione dal mondo, ma piuttosto realizzando una grandiosa, eroica e virile sublimazione di tutte le componenti cosmiche e umanamente sottili.
Ermeticamente, in pratica, si tratterebbe di rintracciare e di riattivare il potere igneo insito in ogni trasmutazione, nella piena identificazione tra microcosmo, dimensione astrale e ipostasi divine:
”…il fuoco segreto. Questo agente è a sua volta simboleggiato dalla doppia personalità del vegliardo barbuto, che la falce identifica con Saturno e la gamba di legno con lo zoppo Vulcano” (Basilio Valentino, Le dodici chiavi de la Filosofia, Edizioni Mediterranee, Roma 1998, p. 74).
Teologia apofatica e teosofia ermetica, pertanto, si traducono essere un processo di sublimazione ieratica che riconduce l’iniziato dalla molteplicità sensoriale e fenomenica, di natura chiaramente orizzontale, ad una unicità verticale, dinanzi ai cancelli del proprio Genio, indi dell’Uno non definibile, ove il pensiero di pensiero, nòesis noèseos, è il processo misterico – teurgico di trasmutazione completa:
”Sul piano della magia conoscerai un mondo ritornato allo stato libero, intensivo
ed essenziale, in uno stato, in cui la natura non è natura, né, lo spirito, «spirito», in cui non esistono né cose, né uomini, né ipostasi di «dèi» - ma poteri – e la vita è una vicenda eroica di ogni istante, fatta di simboli, di illuminazioni, di comandi, di azioni rituali e sacrificali” (EA, "Sulla visone magica della vita", in Introduzione alla Magia, vol. 1, op. cit., p. 174).
È d’uopo dedurre come lo stato intelligibile primordiale, in cui il principio originario e trascendente risulti essere appunto apofatico, definibile per negazione, non associato a determinazioni categoriali, indi non relativizzato dalle sue ipostasi secondarie, così come espresse nella manifestazione formale, sia l’espressione di una tradizione solare millenaria che presupponeva l’adesione totale al modello divino, un ’azione sacra che trasmuti e sublimi il Caos primordiale in Cosmo, in Ordine Sacro.
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È il ricondurre la molteplicità della Manifestazione all’Unità del Principio, al culto italico del Sol Indiges, il Sole Antenato dei primordi, di Apollo – Helios dei Misteri e della Roma Arcana del Divo Giuliano:
“Il grado supremo della conoscenza, quello che attinge al fine ultimo della vita, sta proprio nell’azione, sacramentale per Giamblico, politico – religiosa per Giuliano. A buon diritto, quindi, quest’ultimo non doveva sentirsi un ‘innovatore’, inserendo nel pantheon greco – romano Mitra, identificato con Helios” (N. GATTA, Giuliano Imperatore, Edizioni di Ar, Padova 1995, p. 49).
In conclusione, è doveroso rammentare come permanga una specifica predestinazione magica capace di annullare lo iato tra l’individualità e l’alterità, riscoprendo in sé, nel prossimo, la manifestazione suprema del Divino, l’affermazione di una palingenesi che rompe ogni vincolo di transitorietà, di sovrastruttura mondana e filosofica, di illusoria fenomenologia sensoria. È possibile ancora aprire la cavità della miniera microcosmica e all’operatore è offerta la
capacità alchimica di liquefare le componenti saturniane che lo separano dal tesoro, come stadio necessariamente fondamentale per accedere ad una dimensione teurgicamente realizzabile:
“A tutti insegnerai che la perfezione ermetica è una Medicina mirabile che gli Dei e i Numi dell’Olimpo sotto spoglie umane portarono sulla terra, tra gli uomini doloranti e feroci, per sanar loro le piaghe cruenti e renderli miti; che Mercurio ne distilla dalle rose fiorenti l’essenza, che Amore la dona ai mortali, se Venere raggiante sorride. ” (G. Kremmerz, "Commentarium", in: La Scienza dei Magi, vol. II, Edizioni Mediterranee, Roma 2003, p. 166).
Luca Valentini
La Fenice
Petali
Il
Mago
Dario Chioli
Dario Chioli, nato a Torino nel 1956, è poeta, scrittore e ricercatore nel campo dell’esoterismo e delle mistiche comparate. Diverse sue opere sono state pubblicate da Psiche, Magnanelli e Lulu, ma la maggior parte dei lavori saggistici e letterari, suoi o curati da lui, si trovano, oltre che su Facebook, sul suo sito www superzeko net, in cui cerca da molti anni di portare il suo contributo alla ricerca di una visione “vivente” della Philosophia Perennis.
Questo racconto risale al 1976 ed è stato poi pubblicato nel volume «La Cantina di Giovampietro e altri racconti» del 2019
Una delle possibili interpretazioni di un racconto, così come di numerose altre forme letterarie o in generale artistiche, è quella di considerare i personaggi non come isole a sé stanti, ma di avere sempre presente una sorta di quadro generale
I personaggi descritti diventano dunque la descrizione di moventi, archetipi, personalità, energie tra loro conviventi e certamente anche interiori.
Questa interpretazione, specie in riferimento alle 'favole' come quella che andiamo a presentare, è stata molto e variamente esplorata, passando dalla psicologia del profondo al simbolismo ermetico senza dimenticare a questo scopo l'imprescindibile studio del mito
Ma si può ben tenere presente in maniera personale: magari si potrebbe riuscire a trovare via via il modo affinché i nostri personaggi interiori siano armonicamente reintegrati, sempre più conviventi, sempre meno conniventi
Che eviti, sotto l'apparenza ingannatrice, I pensieri malvagi che distruggono i meriti
MILAREPA
Viveva nella sua grotta, separato dal resto del mondo, presso la cima di una collina
Talvolta venivano da lui dei paesani per chiedere consigli o sortilegi, ma di rado il mago si faceva trovare. Di lui dicevano che potesse sparire a suo piacimento e farsi trasportare dalle forze occulte dove gli pareva, in un baleno, e per la verità c ' erano occasioni in cui si metteva proprio in testa di non farsi trovare ed allora nessuno riusciva a scovarlo. La sua reputazione era perciò assai grande, e di lui parlavano sempre a bassa voce, quasi che sempre potesse essere lì presente in quel preciso momento in incognito ad ascoltare quel che ne dicessero.
Quel mago peraltro era davvero un mago, non un ciarlatano qualsiasi. Sin dalla giovinezza si era applicato allo studio delle scienze segrete, e gli si erano svelati tutti gli antichi inganni, e conosceva il significato delle formule che i progenitori avevano posto come guida al segreto dell'essere
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Ma il mago, oltre alla scienza, aveva acquistato anche una considerevole dose di presunzione. Potendo infatti comandare a suo piacimento a talune forze della natura, si era formato il convincimento che nulla gli fosse impossibile. Era convinto di possedere tutte le chiavi, di conoscere le ultime profondità del mistero
Un giorno però giunse nei paraggi della sua grotta un uomo, verosimilmente un vagabondo senza alcuna meta precisa. Il mago lo guardò da lontano con curiosità, e decise che gli avrebbe parlato volentieri. Ma l'uomo, pur passandogli davanti, non gli chiese nulla. Ritenendo che non lo avesse veduto, il mago lo salutò Il viandante rispose, sì, al saluto ma subito dopo, coricatosi sull'erba a poca distanza dalla grotta, dimostrò tutte le intenzioni di mettersi a dormire, e infatti si addormentò Il mago fu comprensibilmente sorpreso di quel comportamento, tanto quanto lo sarebbe ognuno se, eremita in un mondo senza più eremiti, contrariamente a quanto è abituale nella società umana non suscitasse negli altri stupore o curiosità alcuna. Lo fissò dunque per un po ' con attenzione, finché non si ritirò nella sua grotta tra i suoi libri e i suoi strumenti.
Dopo qualche ora prese a piovere furiosamente Il mago si ricordò allora del viandante, e s 'aspettava di vederselo comparire da un momento all'altro sulla soglia della grotta per chiedere ospitalità. Ma il tempo passava e l'uomo non si vedeva. Preso da curiosità, il mago andò a vedere se ci fosse ancora e dove avesse trovato riparo, ma lo vide che stava ancora sdraiato per terra, pur sotto la pioggia battente Pensò allora che doveva essersi sentito male e, poiché era un uomo buono, lo trasportò nella sua grotta vicino al fuoco ardente
L'uomo non fece segno di accorgersi della mutata condizione, anche se in verità non aveva proprio l'aspetto di un cadavere, visto tra l'altro che respirava perfettamente. Il mago era sempre più perplesso. Certo doveva essere una persona ben strana, pensò, e si diede da fare per risvegliarlo da quel sonno anomalo I suoi tentativi però non sortirono effetto alcuno Era sul punto di adirarsi e, cosa per lui inusuale, si sentiva assai irrequieto Fece ricorso alle più strane scienze, usò tutto il proprio intelletto, ma lo strano uomo rimase insensibile ad ogni attenzione.
A questa vista, lo spirito del mago fu infine dilaniato. Con frenesia abnorme, si mise a tracciar segni, invocare e produrre magicamente effetti mirabili, ma senza alcun risultato Allora scoppiò in singhiozzi e cadde in terra disperato, poiché gli sembrava di non sapere più niente Le sue conoscenze non bastavano a risvegliare un uomo, forse tutte le sue arti non erano che illusioni. Distrusse con rabbia tutte le cose che trovò attorno a sé, e dopo aver distrutto tutto si fermò e guardò ancora quell'uomo. Era perfettamente immutato.
Si mise allora ad osservarlo con tutta l'ostinazione che per anni ed anni aveva impiegato per studiare le realtà segrete, e per giorni e giorni, senza riposo, lo contemplò mentre dormiva
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Finalmente l'uomo si risvegliò. Si sedette, si guardò intorno con avidità, vide il mago e, stupito del suo viso stanchissimo ma attento, lo fissò a sua volta per qualche istante. Si salutarono, poi l'uomo parve trovare improvvisamente una meta e s'incamminò per la sua strada, seguito dallo sguardo del mago Poi scomparve, e il mago scrutava gli orizzonti lontani e meditava, e finito che ebbe di meditare si mise a ridere, e rise, e rise, e per il gran ridere, che s 'accumulava agli sforzi del passato, cadde addormentato.
Dario Chioli
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Trinità: i Tre Soli
Darean ÅM Isman
Andrea Manis (in ambito poetico sotto lo pseudonimo di Darean ÅM Isman e Sir Daremann) nasce a Cagliari nel 1990, città in cui consegue la Laurea Magistrale in Lingue e Letterature Moderne Europee e Americane. Parallelamente alle ricerche di linguistica, coltiva negli anni lo studio dell’arte, della letteratura, della filosofia e in genere di tutte quelle discipline, antiche e contemporanee, volte all’approfondimento dell’essere umano. Si interessa di ermetismo, esoterismo e alchimia, disseminando i suoi testi - perlopiù aforismi e poesie - di simboli e metafore ermetiche. Il suo orientamento artistico trova, peraltro, conferma nella sua attività musicale ormai decennale come bassista e chitarrista. Per contatti: manis andrea@gmail com oppure su Fb: www facebook com/Uebermanis/
Il Poeta non si nasconde: la sua visione gli ispira "euforismi archetipali".
In questo splendido componimento, sempre presente nel suo recente libro "Poesie Ermetiche" (Vol I-V), restiamo in una fase epifanica: le manifestazioni cosmiche descritte non sono solo il risultato di una visione, per quanto superbamente incesellata attraverso trinitarie geometrie e da sensi soprannaturali. Sembrerebbe inoltre emergere insieme all'Epifania la costanza ciclica del viaggio: chissà se la forza dell'una è la stessa forza dell'altra.
Trinità: i Tre Soli
In principio erano Tre i Soli, anelli splendenti sospesi ricolmi del vuoto dell’Assoluto.
Di cui al centro del Due
-Dèi Tre cerchi- Un punto-Luce: Seme sorgente – radianza centrifuga! dell’asse tesa d’un compasso divino
E l’infinito ai due estremi opposti, serpi di sibili biforcuti da cui spire multi-sonore m’ispirano euforismi archetipali!
Tre maschere di Dio – Benedetto tu sia! Uno e Trino entro l’Io: sacri Misteri della Trinosofia. Un ciclo perpetuo incessante vita-morte-rinascita: il Triangolo è l’ombra di una Piramide che vortica su sé stessa; un ologramma danzante di fronte alle sfere riflesse delle Tre lampade solari
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Intorno
Ottava di Bingen
Ottava di Bingen, poetessa dello Spirito, cura la pagina Facebook: https://www facebook com/ildegarda dibingen 963
Nella parola "ringraziare", esprimere gratitudine, "grazia, grazie, grato" è preceduto dal prefisso "ri" che esprime intensità, ripetizione e restituzione: ringraziare è quasi la sintesi del rendere grazia
Perché capacitarsi e dire grazie alla Donna, al Respiro, al Silenzio, ai Venti e così via è probabilmente bene Ma è nella Corrispondenza, nel rendere il vivo tramite il vivo ora, che, tutto sommato, probabilmente è meglio. In tale ottica di ringraziamento presentiamo questa recente poesia di Ottava.
Intorno
Non cerco più l'acqua, non cerco terre migliori, non cerco il raggio che filtra da un rosone, non cerco l'accoglienza nel vento, né fuoco per trovare calore, né sale che conservi il sapore. Non cerco, sono seme in ascolto. Sono canto nell'animo dell'Amato mio
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Kaleidos Iset
I
set, scenografa, pittrice, pagina Instagram: https://instagram.com/ars et magica?igshid=MzNlNGNkZWQ4Mg==
Titolo
“Kaleidos” , tecnica mista su tavola 1mx1m, agosto 2024
Presentazione dell'autrice
""Il cielo è una tavolozza di infinite combinazioni per un pittore, ma lo è anche per chi sa osservare le nuvole che mutano con lo sfondo Ognuno di noi ha necessità di guardare in alto perché potrà trovare il respiro riuscendo a dare una tregua al pensare e al ragionare C'è un momento assoluto in cui usciamo dal nostro stato tridimensionale osservando un cielo, proiettandoci in esso. Sappiamo che contiene tutti i colori, tutti gli stati d'animo, tutti i nostri specchi e tutte le nostre speranze e che lui risponde, in quel preciso momento, come un oracolo. La luce si fa emissaria e parla. ""
Kaleidos
La Fenice Vita fraterna
La Loggia Martinista "Silentium" e i suoi Gruppi
La Loggia Martinista “Silentium” ha cominciato ad operare dal 2014, presso la collina di Pescara, in sedi che di volta in volta vengono poste a disposizione da strutture iniziatiche amiche.
Questo perché nel Martinismo, tradizionalmente, non ci sono quote di ingresso, capitazioni annuali e somme per passaggi di grado. Al più, c'è una equa ripartizione delle spese, qualora sostenute.
Come ogni loggia martinista, anche la "Silentium" , è seguita da un iniziatore, Iperion S:::I:::I:::, che assume la funzione di Filosofo Incognito della Loggia.
La sua linea iniziatica è la seguente: Nebo (Francesco Brunelli) - Rigel (XRMPN)Iperion (FRR).
Iperion è stato associato al Martinismo dall'amatissimo Nicolaus (Nicola Ingrosso), nel 1998, entrando così a far parte dell'Ordine Martinista Universale, dove ha conseguito i tre gradi martinisti durante la Gran Maestranza dell'illuminante Giovanni Aniel (Fabrizio Mariani).
Nella Loggia "Silentium" , dalla sua costituzione, sono stati iniziati al Martinismo 96 fra fratelli e sorelle.
Ovviamente non tutti sono rimasti all'interno della Loggia, soprattutto perché il Martinismo richiede un 'operatività costante e continua, che può non essere alla portata di tutti. Vi è anche chi ha optato per il passaggio in altre diverse strutture.
Per tutti vale il motto "semel abbas semper abbas" non avendo il Martinismo previsto forme affini alla "scomunica".
Durante questo periodo di operatività la Loggia Martinista "Silentium" ha cercato e provato approcci collaborativi con altre strutture martiniste, tutti conclusi.
Quindi, allo stato attuale, la Loggia Martinista "Silentium" è una struttura iniziatica assolutamente libera e indipendente da altri Ordini, Riti, Obbedienze, fratrie spirituali e da qualunque chiesa, pur rispettando ciascuna di tali organizzazioni.
La Loggia “Silentium” opera alla Gloria del Grande Artefice dei Mondi, del Sacro Pentagramma הושהי e sotto gli auspici del Phil::: Inc::: Louis-Claude de Saint-Martin, Nostro Venerato Maestro.
Conformemente alla Tradizione Martinista, la Loggia “Silentium” adotta il simbolismo del ternario: i tre gradi (Associato Incognito, Iniziato Incognito, Superiore Incognito), i tre colori (nero, bianco, rosso), i tre simboli fondamentali (cordone, maschera, mantello), i tre lumi.
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La Loggia Martinista “Silentium” proclama la sua osservanza alle leggi dello Stato, così come l’inderogabile rispetto dei principi di libertà, tolleranza e fratellanza
Allo stesso modo, si oppone a ogni forma di miope, ottusa e umiliante discriminazione: di genere, sociale ed etnica; si astiene dal prendere parte in controversie di natura politica e confessionale nel rispetto del libero pensiero reciproco, individuale e sociale.
Gli insegnamenti, la rituaria e il piano di studi sono conformi a quelli martinisti di estrazione "brunelliana" prevedendo un approccio essenzialmente teurgico occidentale con particolare riferimento alle dottrine sviluppatesi, in diversi periodi storici, nel bacino del mediterraneo e nel continente europeo
È in corso di costituzione il Gruppo “Isis” con sede in Benevento.
Dalla Loggia "Silentium" , negli anni, sono "gemmati" diversi gruppi (ogni gruppo deve essere composto da almeno 4 fratelli/sorelle), ciascuno seguito da un Fratello/Sorella Maggiore
Attualmente, oltre la Loggia "Silentium" che ha sede in Pescara, affidata a Iperion S:::I:::I:::, sono presenti i seguenti gruppi:
"Anubi" - Palermo (Bes S:::I:::)
"Parthenope" - Napoli (Rhiannon S:::I:::)
"Zeteo" - Salerno (Eros S:::I:::)
"Stanislas de Guaita" - Bari (Aydà I:::I:::)
"Nova Lux" - Roma (Samas S:::I:::)
"Eirene" - Alessandria (Aspasia S:::I:::)
"Rosa Mystica" - Sassari (Aurora I:::I:::).
Fratelli e sorelle isolati (laddove non è ancora possibile costituire un gruppo) sono presenti in Toscana, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Umbria e Marche.
Oltre che con la presente rassegnariportante le idee e l’operatività che caratterizzano la Loggia Martinista “Silentium” e i suoi Gruppi - è stato attivato il sito web: www.loggiamartinistasilentium.it che offre notizie e materiali utili ad ogni martinista e a ogni cercatore dello spirito.
In vista di questi ambiziosi propositi, non resta che augurare che la pace, la serenità, e la gioia ardano sempre nei nostri e vostri cuori.
Ora e per sempre.
Iperion S:::I:::I:::
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