La Terza Municipalità

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Genova Marassi u Il dopo alluvione

La Questione “Fereggiano” Cosa dicono i cittadini cosa dicono le amministrazioni

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RA OTTOBRE nel 1970 e il Fereggiano si comportò esattamente come ieri: un’ondata di piena che travolse tutto quello che incontrò sulla sua strada. Quarantuno anni dopo la storia si ripete. Forse con più forza. E dopo almeno 18 milioni di euro spesi negli ultimi anni per quella che il presidente della Regione, Claudio Burlando, commissario straordinario di protezione

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civile, e il sindaco di Genova, Marta Vincenzi hanno definito a più riprese la «messa in sicurezza del Fereggiano». La gente della zona ieri ricordava con rabbia le passerelle di rito dei politici. Invece al sicuro, probabilmente, c’è solo una parte del rio che scende da Quezzi verso Marassi, quella sopra a largo Merlo. Tutto il resto, dal 1970, è rimasta la bomba silenziosa che è

esplosa ieri alle 12,17, ora in cui l’acqua melmosa ha cominciato ad invadere le strade. Dicono i tecnici che è colpa della tombinatura dei primi Novecento, realizzata invia Fereggiano quando la città cominciò ad espandersi nella vallata, ma largamente insufficiente alle piene improvvise. Infatti il piano di bacino tutt’ora prevede la costruzione di uno scolmatore per il Fereggiano.

«Ma bisogna avere il coraggio di dire che quel piano è carta e va ripensato in base a quello che ora si può spendere. Non ci saranno mai i soldi per un’opera che negli anni Novanta costava già 50 miliardi e che oggi di milioni potrebbe costarne tra i 50 e i 100» dice con chiarezza inusuale un tecnico, responsabile del dipartimento regionali dei lavori pubblici e dell’edilizia e fino al 2007 dipendente del Comune di Genova. Sarà poco tecnico chiamarlo “tappo”, ma in fondo da tappo si è comportato il punto in cui il rio Fereggiano termina la sua corsa a cielo aperto e si inabissa sotto l’incrocio tra corso De Stefanis e corso Sardegna per poi riversarsi nel Bisagno all’altezza di via Monticelli. «La tombinatura è vecchia. Risale ai primi anni del Novecento, alla prima urbanizzazione della vallata. È situata in un punto strategico per la viabilità e questo ha sem-

pre reso praticamente impossibile qualsiasi intervento di ampliamento »sostiene il tecnico. «Va ripensata tutta questa partita, compreso lo scolmatore». Sì, lo scolmatore del Fereggiano. Canale progettato alla fine degli anni Ottanta e diventato il tunnel senza sbocco di un affare giudiziario e politico che ha travolto due assessori della giunta Campart, Roberto Timossi e Giuseppe Saitta, e che solo di penali al Comune di Genova costò 9 miliardi di lire. Doveva essere lungo tre chilometri e mezzo, scolmare il Fereggiano e deviarlo fino al mare, facendolo passare sotto Albaro. Invece tutto quello che resta del progetto oltre alla previsione ancora attuale del piano di bacino è un canale lungo 900 metri, da San Giuliano fino a via Montallegro, abbandonato al suo destino e ai topi alla fine del 1993 dal commissario prefettizio Vittorio Stelo.


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