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Frigo Tale’s

cerchio intorno a lui, potevamo comprendere. Alla fine di ogni lettura io, Calante e Amoddio sembravamo scimmie impazzite di fronte un casco di banane mature. Grugnivamo partecipi e solidali, con la verità nelle nostre mani. Un democratico esperimento di comunicazione tra specie che qualsiasi uomo di buona volontà si sarebbe sforzato di capire, se solo lo avesse voluto. Cose, senza dubbio, al di fuori dell’umana comprensione. Cose che mantennero la gente a una dovuta distanza di sicurezza. Needermayer lanciò i fogli per aria quando venne il mio turno. Poi lessi qualcosa. Qualcosa che, come tutti, mi era costato un sacco di vino e un sacco di tabacco. Cose che avevano a che fare col diavolo, con le mie donne passate, con i miei fallimenti. Cose del genere. Cose di tutti. Lessi quella roba guardando dritto negli occhi della gente. Gente distante e partecipe. Urlai a Sparagna, il nostro ideale di vita ben vissuta, che gli volevo bene nonostante tutto. Gli urlai di avvicinarsi, gli dedicai qualche poesia e lui ci raggiunse sull’altare. Con coraggio aprì le gabbie dello zoo, e il patto tra l’uomo e la scimmia mi sembrò finalmente completo. Non sembravamo poi così diversi adesso che mangiavamo tutti dalla stessa ciotola. Scesi dall’altare lasciando il dubbio delle “vagine vibranti” negli occhi di qualche ragazza mischiata alla “gente”. La messa era finita. Andavamo in pace. Calante scattava fotografie. Il napoletano ridanciano, l’unico a seguire tutta la funzione dalla prima fila senza timore, ci aspettava sorridente. Lo abbracciammo e andammo a rubare dell’altro da bere, prima di issare l’ancora verso la prossima meta: Frigolandia.

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