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Intervista ad Andrea Concas

soggetto o una tecnica e semplicemente diventare molto abile in ciò che hai praticato.

L’interazione scienzato-artista è interessante. Lei ha citato Leonardo da Vinci, un esempio davvero classico, e mi sembra che negli ultimi cent’anni artisti e scienziati abbiano discusso se si debba essere uno scienziato o un artista, ma penso che questo sia un errore: gli scienziati fanno affidamento sull’arte perché è davvero importante, e ne abbiamo già accennato: se si raccolgono solo dati, semplici numeri, non vi è possibilità di comprensione per gli esseri umani. Bisogna avere in mente un’immagine di riferimento per poter comprendere, e l’atto artistico può trasformare una cruda informazione in un concetto comprensibile soprattutto per coloro il cui ambito è estraneo a una data specializzazione scientifica. E qui torniamo alle considerazioni che abbiamo fatto sulla conoscenza, la sfera della conoscenza umana è così vasta oggi che se ci occupassimo di una scienza e al mondo ci fossero solo cinque persone in grado di comprenderla potrebbe sì essere interessante o importante ma, se non fosse possibile comunicarla al resto del genere umano, il suo valore ne verrebbe grandemente sminuito, sarebbe quasi inutile. La comunicazione è la parte artistica, bisogna estrapolare l’essenza di un argomento e renderlo comprensibile: perché è importante? Come funziona? Se si vuole attirare quante più persone possibile in un campo specifico e renderlo accessibile, e permettere ad altri che sono esperti in altri campi di mettersi in contatto con te e incontrarsi su uno stesso livello. Vi è molto lavoro da fare per visualizzare i concetti scientifici, e credo che l’arte sia un grande mezzo per realizzarlo: vedi una scultura interessante e cominci a porre domande. E penso questo sia il modo in cui lo scienziato incontra l’artista. E d’altra parte gli scienziati sono proprio coloro che scoprono le novità. Ricorro sempre volentieri all’esempio della fotografia. La fotografia fu sviluppata come un processo chimico: dapprima furono i chimici a trovare le corrette trasformazioni chimiche per ottenere un composto fotosensibile e il giusto sedimento su una lastra e l’esposizione e l’ottica. Si trattava solo di chimica e fisica. Ed ecco che si ha un nuovo strumento, e gli artisti lo provano per esplorare diversi modi di utilizzarlo anche se questi modi non si rivelano d’immediata utilità forse nemmeno in senso economico, ma scoprono qualcosa di nuovo che cambia la visuale artistica, proprio come l’avvento della fotografia ha cambiato il mondo della pittura. Questo è sicuramente un processo interscambiabile, poiché allo stesso modo si può dire che non fu l’artista a inventare l’IA, fu lo scienziato, ma infine ecco un nuovo strumento, qualcosa di nuovo da utilizzare e l’artista lo ha sperimentato.

R. P.: Oggigiorno nel mondo dell’arte l’IA è considerata uno strumento, come un pennello per il pittore. Nella sua opera Deepdream lei ha sperimentato qualcosa di nuovo: ha creato un’opera d’arte che è il ritratto di un ritratto, lo ha reinventato ed è passato alla fase successiva creando un’istallazione quale Us

Mike Tyka e Refik Anadol, Archive Dreaming, installation view, Salt Galata, 2017. Courtesy Mike Tyka.

and Them. Mi piacerebbe conoscere il processo mentale, l’idea che l’ha portata dal realizzare sculture in metallo che sono comunque un oggetto fisico in termini tradizionali, al creare opere d’arte, ritratti e installazioni generate da IA. Per lei come artista c’è una differenza sostanziale tra l’idea e la forma finale di una scultura, di un’opera realizzata secondo il metodo tradizionale e un’opera generata con IA?

M. T.: Vi è una grande differenza. Per la scultura molecolare parto con un’idea specifica da realizzare e ho già in mente una specifica immagine di ciò che deve rappresentare. Può non essere perfetta ma è molto accurata. Voglio realizzare una determinata immagine, ne proietto il disegno nella mente e procedo a dare forma al metallo o al vetro o a qualsiasi altro materiale seguendo l’idea che ho avuto. Con l’IA è diverso perché si tratta soprattutto di una interazione con il mezzo, un’esplorazione dello strumento, e quindi non parto affatto da un’idea preconcetta. Potrei dire che avevo in mente di creare ritratti ma senza avere in mente uno specifico ritratto o una specifica persona da ritrarre. Così raccolgo dati da Internet, essenzialmente fotografie, avvio il sistema su quei dati e poi lo lascio libero di agire. A questo punto si produce un’oscillazione altalenante in cui si genera qualcosa e tu osservi e reagisci – questo mi piace, questo no, e ottimizzi l’algoritmo: cambi qualcosa, trattieni qualcos’altro, e rigeneri andando avanti e indietro. Infine, qualcosa lentamente si evolve, qualcosa che tu non avevi previsto, ti piace, interagisci. In un certo senso è come schizzare della pittura su una tela: non sai esattamente come e dove andrà a cadere. Infine, recuperi il controllo e lo passi al sistema. In questo caso il sistema è lo schizzare della pittura, l’atto fisico. E nel mio caso è un sistema computerizzato, un sistema che ha dinamiche sue proprie e fuori dal mio controllo. Lasci che proceda e poi intervieni con le tue scelte, scelte artistiche, ne cambi le traiettorie ma senza mai avere un controllo totale. Con il sistema di IA, così come con una pennellata, il risultato finale è una specie di scoperta, ma il rapporto con l’IA è molto diverso perché non potrai mai sapere esattamente quale sarà il risultato finale, tuttavia, vi è un gran processo artistico dietro le scelte che man mano vengono fatte. Ho generato migliaia, letteralmente migliaia di ritratti, alcuni brutti e confusi, altri semplicemente che non mi piacevano. Alla fine, ne ho scelti tra venti e venticinque che realmente mi piacevano, con i quali interagire, e una parte importante del processo artistico è costituito proprio da questa scelta.

R. P.: Scienze e tradizione. In questa prospettiva, quale è la differenza sostanziale tra creare una scultura in ottone e un’opera con IA?

M. T.: Quando creo una scultura è una scultura scientifica, ed è sicuramente molto più tradizionale in termini storici. Ma nessuna scultura generata con IA è scientifica.

R. P.: So che tutti glielo chiedono, ma vorrei avere il suo contributo diretto: può illustrarci la procedura nella creazione di Us and Them?

M. T.: Come lei ha già accennato, Us and Them è stata la continuazione di un’opera precedente. Mentre stampavo tutti quei ritratti pensavo alle implicazioni della tecnologia in campi non artistici e consideravo l’abilità di generare immagini che rappresentano esseri umani e testi che sembrano realmente scritti da esseri umani, e tutto questo ha avuto e continua ad avere effetti gravi sulla politica. È già successo con Internet e in occasione delle elezioni USA del 2016 con una gran manipolazione dell’opinione pubblica. Questo non accadde con l’uso dell’IA, non ancora, ma c’erano persone su Internet che si fingevano reali, esprimevano opinioni personali e semplicemente twittando hanno usato i social media per fare propaganda. Così il punto di vista di una minoranza ha potuto avere una grande risonanza. Una volta era possibile fare propaganda solo top-down, così un governo che poteva vantare un certo potere sugli organi di stampa, poteva diffondere le proprie idee, per così dire, dall’alto in basso. È del tutto plausibile che vi siano stati anche casi di propaganda bottom-up – dal basso in alto, ma Internet ha creato tutto un nuovo metodo per farlo. Puoi fare propaganda bottom-up in un’altra nazione, per esempio, semplicemente creando account che sembrano corrispondere a persone reali. E tu sei portato a pensare di poter condividere quelle idee – e tutto questo influenza il tuo pensiero e il tuo voto. È un nuovo meccanismo molto potente, nel bene e nel male, ed è un modo

completamente nuovo di plasmare l’opinione pubblica. Ne abbiamo avuto un primo esempio nel 2016, ma oggi con l’IA questo meccanismo può essere automatizzato e si possono creare milioni di finti account – falsi individui capaci di creare empatia e di utilizzare una narrativa totalmente simile a quella umana. Tutto questo consente a piccoli gruppi di creare identità artificiali in grado di influenzare un numero sempre più vasto di persone. E ora questa tecnologia sta già funzionando, è in azione. Us and Them fu un’anticipazione di questi avvenimenti. Oggi su Twitter vi sono account che nel loro profile esibiscono foto generate da reti neurali. E sicuramente su Twitter vi sono account che generano tweets completamente falsi. “Deepfake” è un altro esempio del vero e proprio e molteplice abuso di questa tecnologia. Purtroppo la situazione sta peggiorando, e il mondo della politica, i governi, le leggi e i regolamenti sono molto indietro rispetto alle possibilità ormai raggiunte dalla tecnologia. Us and Them è un’opera d’arte che rispecchia questo stato di fatto. È costituita da un insieme di fogli stampati che creano opinioni con immagini di avatar come fossero ritratti di persone reali. Da un punto di vista pratico, volevo scostarmi dal generare arte digitale e farne delle stampe non mi sembrava così interessante. Volevo rendere quest’opera più fisica per uscire dal mondo unicamente digitale perché il mondo reale in cui viviamo è un mondo fisico. E volevo creare qualcosa di reale che fosse possibile toccare e volevo creare qualcosa con cui si potesse interagire e che occupasse un suo spazio nel mondo fisico.

R. P.: Us and Them. Come funziona: le persone possono entrarci o semplicemente girarvi attorno?

M. T.: Si può girarvi attorno e si può entrare. Il foglio scende lentamente. È cinetico ma è molto lento perché se fosse veloce riempirebbe di carta l’intera stanza in una sola settimana, e l’esposizione durava due mesi. E così l’ho realizzata con un tempo abbastanza lento. Ogni foglio scende ogni dieci secondi e poi se ne va e quindi ne arriva un altro e se ne va, e lo spazio interno è fatto in modo che le persone siano portate a riflettere sull’inaffidabilità, sulla menzogna. In Internet le interazioni sono anonime, e l’unica realtà è costituita da due persone che siedono insieme e parlano faccia a faccia in modo tradizionale. È solo tra esseri umani che si crea una vera fiducia. Dobbiamo chiudere per un po’ la nostra connessione Internet e connetterci invece tra noi, gli uni con gli altri perché infine trascorriamo troppo tempo online e dovremmo invece trascorrere più tempo tra noi e in uno spazio reale.

R. P.: Us and Them è un titolo perfetto per quest’opera. Nel mondo dell’arte questi significati profondamente sociali si fanno di giorno in giorno più importanti, e ancor più quando parliamo di IA. Spero proprio sia possibile vedere Us and Them in un’esposizione qui in Italia. E tra ricerca, arte e sperimentazione, quali sono i suoi prossimi progetti? Quali sono le nuove sfide della sua produzione artistica con o senza Intelligenza Artificiale?

M. T.: Appunto, la ricerca sempre. Come le ho detto ho già cominciato a occuparmi del cambiamento climatico e del riscaldamento globale che sono, a parer mio, l’unica grande sfida che il genere umano deve affrontare oggi. È una questione di vita o di morte. Essenzialmente è in gioco l’estinzione della civiltà così come noi la conosciamo, e abbiamo pochissimo tempo a disposizione per rimediare a questa situazione. D’ora in poi, a ogni decade il mondo subirà enormi cambiamenti in termini climatici e ne stiamo già vedendo gli effetti e questa evoluzione andrà sempre più accelerando. Per quanto mi concerne questo è il tema più importante da analizzare e portare avanti oggi. Per dedicarmici ho cambiato settore, e trovo interessante approfondire queste tematiche e affrontare queste sfide. Così per quanto riguarda la ricerca, e poiché mi conosco bene, sicuramente vedrete mie opere d’arte influenzate da quel che ho in mente ora ossia il clima. Ho già fatto un’opera d’arte chiamata Eons realizzata con una machine Intelligence: riguarda proprio il riscaldamento globale, il cambiamento climatico, e illustra quanto noi siamo piccoli, e quanto poco tempo abbiamo trascorso su questo pianeta paragonato all’arco temporale geologico. La Terra ha cinque bilioni d’anni, e noi siamo qui, in termini di civiltà moderna, da solo un paio di migliaia d’anni. Emozionalmente gli esseri umani non possono comprendere quanto infinitamente insignificanti siamo, ma questo è quel che sta succedendo ed è possibile che tra diecimila anni non vi sarà

Mike Tyka, The Babylon Of The Blue Sun, rete neurale, stampa d’archivio, 66”× 50”, 2016. Courtesy Mike Tyka. nemmeno più un essere umano. Per quanto questo possa essere inimmaginabile per noi, è comunque una possibilità reale ed è certo che tra un milione d’anni non vi sarà più un solo essere umano perché se anche fosse sopravvissuto, sarebbe tanto cambiato da essere irriconoscibile. E quest’opera d’arte rappresenta quanto sia breve il nostro tempo: un “blip”. Eons è alquanto relazionata con l’utilizzo dell’IA, e probabilmente produrrò altre opere relazionate al cambiamento climatico. Attualmente sto lavorando a una nuova scultura di una proteina e a un paio di progetti ancora incompleti, e voglio proprio portarne a termine uno sul quale sto già lavorando. Abbiamo parlato di come vi siano diversi modi di visualizzare una proteina, tutti validi, così questa scultura attualmente è costituita da due rappresentazioni della stessa proteina con uno specchio in mezzo e quando la guardi le puoi vedere entrambe sovrapposte l’una all’altra. È un progetto divertente. Ci sono stato su per quasi un anno, ed è quasi finito

R. P.: Speriamo di vederlo presto! Lei vive a Seattle. Ha in programma un viaggio in Europa?

M. T.: Mi piace molto l’Europa. Ho in programma di venirci tra un paio d’anni.

R. P.: Allora aspettiamo lei e le sue opere anche qui in Italia. Intanto mi permetta di dirle che è stato affascinante conoscerla come artista e come scienziato, e avere una visione completa della sua creatività e del suo impegno sociale.

Seattle, 2021

Memo Akten

Memo Akten

«My biggest inspiration is trying to understand the world around me»

www.memo.tv/info/ Sito ufficiale di Memo Atken.

vimeo.com/500024622 Memo Akten, a selection of (camera friendly) work in 4 minutes with voice-over. Memo Akten1, 2 è un artista computazionale, ingegnere e informatico originario di Istanbul, Turchia. Dopo aver conseguito il dottorato di ricerca presso la Goldsmiths University di Londra in Intelligenza Artificiale e Interazione espressiva uomo-macchina (Meaningful Human Control of Generative Deep Neural Networks) è entrato a far parte del dipartimento di Arti Visive dell’Università della California San Diego (UCSD) come Assistant Professor di Computational Art & Design. Memo Akten usa tecnologie emergenti e computazionali per creare immagini, suoni, film sperimentali, installazioni e performance reattive su larga scala. Nella sua produzione artistica è imperante il tema della comprensione della natura e della condizione umana nella loro accettazione più ampia: dalla Terra alle tradizioni, dalla mente all’antropologia. I diversi campi che Akten esplora con la sua arte sono in dialogo tra loro: l’intelligenza biologica e artificiale, la creatività computazionale, la percezione, la coscienza, le neuroscienze, la fisica fondamentale, il rituale e la religione. Ne risultano opere che accompagnano l’osservatore alla scoperta di immagini cariche di contenuti e riflessioni.

Akten ha ricevuto il Prix Ars Electronica Golden Nica per il suo lavoro Forms nel 2013. Ha esposto e si è esibito a livello in-

ternazionale in luoghi come The Grand Palais (Paris), The Barbican (London), Victoria & Albert Museum, Moscow Museum of Modern Art (Mosca), Shanghai Ming Contemporary Art Museum (Shanghai) e molti altri. Ha anche collaborato con celebrità come Lenny Kravitz, U2, Depeche Mode e Richard Dawkins.

Opere e progetti

Per comprendere la sua profonda ricerca dobbiamo comprendere la filosofia di Memo Akten. Questo artista, infatti, ci accompagna per mano a scoprire infiniti nuovi punti di vista della relazione che intercorre tra noi e il mondo che ci circonda.

C’è molta riflessione e una grande carica di spiritualità nelle opere di Akten volte a esplorare temi come la natura, la tecnologia, l’arte e la loro percezione.

Partendo dal progetto Learning to See3 realizzato nel 2017, Akten ci invita a riflettere sul tema della percezione e su come la nostra personale visione sia fortemente influenzata dalle nostre pregresse esperienze e aspettative.

An artificial neural network looks out onto the world, and tries to make sense of what it is seeing. But it can only see through the filter of what it already knows. Just like us. Because we too, see things not as they are, but as we are4 .

Learning to See è un’installazione interattiva in cui una serie di reti neurali analizzano le immagini ricavate da una telecamera dal vivo direzionata su un tavolo coperto di oggetti di uso quotidiano. Il pubblico può manipolare gli oggetti sul tavolo con le mani e osservare sul display, in tempo reale, l’immagine corrispondente reinterpretata dalle reti neurali. Ogni trenta secondi la scena cambia. Le reti neurali sono state addestrate su cinque diversi set di dati che costituiscono i quattro elementi naturali: l’acqua (oceano e onde), l’aria (nuvole e cielo), il fuoco e la terra/ vita (fiori) più le immagini dal telescopio Hubble Space che rappresentano l’universo, il cosmo, la quintessenza, l’etere, il vuoto, la casa di Dio.

vimeo.com/260612034 Memo Akten, Learning to see: Gloomy Sunday. 1. Memo Akten, Learning to See, installazione realizzata con Software personalizzato, PC, fotocamera, proiezione, cavi, stoffa, fili, ed esposta durante la mostra AI / More than Human, The Barbican, Londra, 2019. Courtesy Memo Akten.

vimeo.com/486087661 Memo Akten, “Deep Meditations” .

Il pubblico può decidere quanto tempo vuole interagire con la manipolazione degli oggetti per osservare la proiezione che si crea sul video: qualche istante oppure ore, alla ricerca dell’onda perfetta o della forma del fuoco che più preferisce. Lo scopo non è solo interagire ma indurre un ragionamento sulla “percezione”, e anche la macchina qui ci porta la sua visione basata sulla sua personale “esperienza” ossia i data-set su cui è stata addestrata.

Spirituale, intenso e immersivo è Deep Meditations: A brief history of almost everything in 60 minutes5, un’installazione video e sonora su larga scala. Memo Akten ha creato un film astratto mul-

2. Memo Akten, Deep Meditations, installazione, Sonar+D, Barcellona 2019. Courtesy Memo Akten.

ticanale che vuole essere un inno alla vita attraverso la celebrazione della natura, dell’universo e l’esperienza soggettiva che ne deriva. Questo video è un viaggio realmente immerso tra immagini e suoni che evolvono e cambiano continuamente, frutto del sapiente uso di una deep artificial neural network. L’artista ci invita a riconsiderare e apprezzare il nostro ruolo nel mondo, nell’ecosistema e nell’interconnessione con altri esseri umani e non umani – una connessione continua con il tutto: dal piccolo microbo alla galassia verso una coesistenza equilibrata.

Siamo invitati a riconoscere e apprezzare il ruolo che svolgiamo come esseri umani come parte di un ecosistema complesso fortemente dipendente dalla coesistenza equilibrata di molte componenti. L’opera abbraccia e celebra l’interconnessione di tutti gli esseri umani, non umani, viventi e non viventi su diverse scale di tempo e spazio, dai microbi alle galassie6 .

Nel 2019 Akten collabora con l’artista di musica elettronica Max Cooper per la performance audiovisiva Yearning for the infinite al Barbican di Londra creando un adattamento di Deep Meditations7 per uno spettacolo che risultò essere per il pubblico “un’esperienza completamente avvolgente e ipnotica”.

Nel 2021 realizza The Awesome Machinery Of Nature8 un corto astratto, una simulazione sperimentale e una composizione computazionale9, commissionata dal Center for Practice & Research in Science & Music (PRiSM) presso il Royal Northern College of Music (RNCM) di Manchester. Memo Akten qui vuole celebrare l’interconnessione delle cose viventi e non viventi: una sinfonia cosmica che ci porta all’evoluzione della vita, della materia, in una danza musicale che unisce e plasma oltre lo spazio e il tempo. Questo lavoro è un’evoluzione della sua precedente serie Simple Harmonic Motion ed è stato presentato in anteprima al Future Music #3 Festival10 .

Memo Akten ci racconta di tutto un mondo attorno a noi e delle sue infinite connessioni attraverso strumenti nuovi. Questo suo legame e connessione con la natura va al di là della sua produzione artistica. Oltre l’arte, Memo Akten ha condotto una ricerca sul costo ambientale e sull’inquinamento generato dal sistema che ruota attorno alla Crypto arte11 promuovendo una riflessione sui consumi di CO2 emessa con le transazioni su blockchain.

www.youtube.com/ watch?v=7oWjgbCXp-o Max Cooper, Morphosis (Official Video by Memo Akten). vimeo.com/569253469 “The Awesome Machinery of Nature: We are all connected”, Memo Akten, 2021.

3. Memo Akten, The Awesome Machinery of Nature, 2021. Courtesy Memo Akten.

Anna Ridler. Photo Bella Riza, 2020

Anna Ridler

L’importanza del dataset nella creazione di un’opera con IA

annaridler.com Sito ufficiale di Anna Ridler. Nata a Londra nel 1985, Anna Ridler1,2 trascorre l’infanzia tra Atlanta in Georgia, USA, e il Regno Unito. Nel 2007 consegue il Bachelor of Arts in English Literature and Language all’Università di Oxford, e nel 2017 ottiene il Master of Arts in Information Experience Design presso il Royal College of Art di Londra. Ha ricevuto inoltre la borsa di studio presso il Creative Computing Institute dell’University of the Arts London (UAL). Artista e ricercatrice, Anna Ridler attualmente vive e lavora a Londra.

Con la sua arte illustra un concetto della dimensione del tempo basato sui ritmi della natura presentandolo con un dinamismo di delicata bellezza, contemporaneamente esplora l’applicazione delle nuove tecnologie realizzando personalmente i dataset che costituiranno il punto di partenza per la realizzazione delle sue creazioni e per nuove narrazioni non scevre da un profondo senso critico nei confronti del mondo dell’arte generato con IA.

Le sue opere sono state esposte e sono presenti in importanti musei internazionali, tra cui il Victoria and Albert Museum e il Barbican Centre di Londra, il Centre Pompidou a Parigi, l’HEK Ba-

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