Dalla scrofa semilanuta alle Signorie
El bisson
Ancora Bonvesin scrive che un abitante su dieci era un religioso e lui stesso faceva parte dell’intraprendente ordine degli Umiliati. Il loro nome dice tutto del loro originario stile di vita frugale improntato alla preghiera, al digiuno, alla non violenza. Dichiarati eretici nel 1184 da papa Lucio iii, qualche tempo dopo furono reintegrati da Innocenzo iii e da allora si occuparono della lavorazione della lana, fondarono manifatture tessili e con i robusti profitti diventarono banchieri e ottennero l’incarico, che li rese assai potenti, di gestire la tesoreria e di riscuotere i tributi. Il loro ordine fu abolito alla fine del Cinquecento da Carlo Borromeo. I Visconti, intesi come governanti, furono dodici, di cui nove con il titolo di signore: Ottone, Matteo i, Galeazzo, Luchino, Giovanni che fu anche arcivescovo, Azzone, Matteo ii, Galeazzo ii, Bernabò; tre con il titolo di duca: Gian Galeazzo, Giovanni Maria e Filippo Maria, utimo prima degli Sforza. Il loro stemma gentilizio era un accigliato serpente con tanto di corona con in bocca un bambino che diventò ed è tuttora il blasone ufficiale della città, nonché logo dell’Alfa Romeo, dell’Inter e della Fininvest, che nelle fauci del mostro al posto del povero fanciullo, ha inserito un fiore. Come spesso accade diverse leggende si intrecciano. C’è chi sostiene che proprio Ottone durante la seconda crociata abbia sconfitto Voluce, un feroce guerriero saraceno e, a perenne ricordo della sua impresa, abbia adottato la sua insegna: un serpente che divora un cristiano. Ma la più accreditata narra che nelle acque del lago Gerundo, situato a cavallo tra l’Adda e il Serio, vivesse il drago Tarantasio che divorava animali e bimbi e ammorbava l’aria col fetore del suo alito e che per questi orrendi crimini – soprattutto la fiatella/respiro? – fu fatto fuori senza pietà. Ma fu eliminato dal Visconti, da Federico Barbarossa o, come sostengono i più devoti, da san Cristoforo? Non è dato saperlo con certezza è però opinione comune che, chiunque sia stato, abbia fatto sparire pure il lago, che non esiste più, ma si può vedere un esemplare in marmo della mitica creatura nell’altorilievo a destra della porta centrale del Duomo, all’altezza degli occhi (Tav. 17). Altri raccontano di un cavaliere sconosciuto che schiacciò un pisolino in un prato e, al suo risveglio, trovò nell’elmo che stava per indossare una vipera che si allontanò senza morderlo. Per riconoscenza la scelse come icona.
17. Drago Tarantasio, Duomo di Milano.
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